Pasinelli fabrizio ottobre 2010

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“UN’IDEA FISSA: MIGLIORARSI” La storia esemplare di Fabrizio Pasinelli, un pizzaiolo che ha sempre perseguito l’obiettivo dell’eccellenza anche quando l’attività andava a gonfie vele. La svolta etico-professionale in seguito all’incontro con Molino Quaglia e alla sua Università della Pizza Un professionista maturo, a tutto tondo. Un uomo che ha lottato per eccellere, che non ha dato nulla per scontato e che ha perseguito l’obiettivo dell’eccellenza anche quando poteva far finta di niente, tanto i clienti non mancavano e il cassetto era pieno. Fabrizio Pasinelli, lombardo del Bresciano, oggi ha 46 anni, due figli e una pizzeria che gira alla grande a Cividate al Piano, provincia di Bergamo, la Pizzeria Al Castello. Un punto di arrivo dopo aver percorso una strada tortuosa, a

volte impervia, ma sempre animato da passione e determinazione. “Sono figlio di operai – ci racconta – e la vita mi ha imposto di rimboccarmi subito le maniche. Così a 14 anni, era il 1978, ho iniziato a lavorare come pellettiere. Otto anni duri, ma in casa c’era bisogno anche del mio contributo”. Nell’86 però la svolta. E Fabrizio, alla ricerca di un impiego più arioso e meglio retribuito, “fa girare il primo pomodoro su una pizza” in una pizzeria di Palazzolo sull’Oglio, provincia di Brescia.

Fabrizio Pasinelli

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Due anni per farsi un’idea del mercato e nel 1988 si lancia, diventa imprenditore. “Con due soci – ricorda – ho aperto una mia pizzeria. Ci siamo indebitati fino al collo e abbiamo lavorato sodo, ma il locale è decollato. Lavorando in proprio ho cominciato a comprendere nelle sue sfumature l’universo pizzeria, nel bene e nel male. Per esempio mi è stato subito chiaro che il mio modo di lavorare funzionava a livello commerciale, ma non era quello che volevo. Non miglioravo, non avevo basi solide e soprattutto non avevo un maestro”. Piano piano, con orgoglio e volontà, Fabrizio Pasinelli alza la testa e inizia a costruire la sua esperienza andando a guardare i più bravi, assorbendone la professionalità. Parla molto anche con i fornitori cercando di decifrare la combinazione per diventare un vero professionista. La pizzeria comunque va sempre meglio, non altrettanto il rapporto con i soci. La separazione è inevitabile e Fabrizio si trasferisce per qualche anno in Umbria, dove si occupa di agricoltura biologica. Nel 1996 il ritorno in Lombardia, dove non ha difficoltà a farsi assumere come pizzaiolo. Gli bastano un paio d’anni per virare di nuovo verso l’impresa di famiglia. Nel 1998 dà vita con il fratello Marcello alla Pizzeria al Castello, dove pianta radici. “I volumi crescevano, la clientela era soddisfatta, ma non lo ero del tutto io – confessa -. Nonostante la


passione per il lavoro e la voglia di evolvere mi sono accorto che non crescevo più come professionista. Ero bloccato, in stallo. Fortunatamente ho conosciuto il grande chef-pizzaiolo Simone Padoan, con cui mi sono confrontato e da cui ho appreso delle iniziative promosse da Molino Quaglia e dalla sua Università della Pizza”. Fabrizio sente di aver trovato la strada maestra e parte in quarta. Nel 2007 partecipa al suo primo corso presso l’Università di Vighizzolo d’Este, di cui diventa un assiduo frequentatore: si iscrive a 5 corsi e partecipa a tutti i simposi PizzaUp. “L’Università della Pizza – commenta orgoglioso dei suoi due Pizzini Fabrizio Pasinelli – mi ha offerto un’opportunità enorme, quella di poter cambiare il mio modo di vedere il prodotto pizza e di realizzarlo. A partire dall’utilizzo degli ingredienti con una precisione al grammo fino all’imposta-

zione della temperatura adeguata. Anche i simposi si sono rivelati fondamentali momenti di approfondimento didattico e di incontro e confronto con i colleghi, tante altre realtà professionali”. La chiusura del cerchio però Fabrizio la deve all’incontro con la Farina Petra di Molino Quaglia. “Devo dire – sottolinea – che ha rivoluzionato la mia mentalità. Da quando la utilizzo, le mie pizze sono cambiate. Oggi le realizzo di formato piccolo, ma con bordo alto per esaltare la qualità dell’impasto e le caratteristiche della farina che sprigiona gli aromi e il gusto del grano. La ricetta che presento ai lettori di Pizza&Food segue questa filosofia. Farina Petra consente inoltre di realizzare impasti che si rivelano digeribili oltre che gustosi. E questo è un aspetto fondamentale per un professionista della pizza. Noi siamo responsabili del benessere della clientela”.

“PIZZA ALLA SCAROLA DEI COLLI DI BERGAMO” Per la pasta: una pallina di pasta da 250 g (impasto con farina Petra) - per la Biga: farina Petra N°3 1.000 g, acqua 440 g. Fermentazione della Biga a 18°-20 °C , minimo 16 ore; - per l’impasto con Biga: Biga 300 g, farina Petra N°3 1.000 g, sale 30 g, acqua 570 g e olio extravergine d’oliva 30 g. Per la farcitura di una pizza: - 5 acciughe siciliane sotto sale; - 80 g burrata pugliese; - 80 g purea di scarola; - 5 g olio E.V.O.; - una spolverata di briciole di Petra.

Procedimento: - Per la base: far sbollentare in acqua leggermente salata la scarola per qualche minuto; quindi porla in acqua e ghiaccio per il mantenimento del colore. Dopo averla passata nell’acqua e ghiaccio frullarla fino a ottenere una soffice emulsione. - Dissalare con abbondante acqua le acciughe e sfilettarle; preparare la burrata a pezzettoni. Per le briciole di Petra, invece, dopo aver cotto una focaccia realizzata con Petra, aromatizzata con olio, sale e aglio, tostarla e frammentarla fino a ottenere delle briciole. - Stendere sulla base della pizza (pallina da 250 g) un velo di crema di scarola precedentemente preparata, poi mettere in forno sino al completamento della cottura. - Tagliare in 8 spicchi la pizza e disporre su ognuno un po’ di burrata e sopra di essa porre un pezzetto di acciuga; ripetere l’operazione per tutte le fette restanti. Infine un’abbondante spolverata con briciole di Petra e un paio di giri di olio E.V.O.

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