Piero Gabrieli sulla stampa 2009

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In collaborazione con Piero Gabrieli

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5 regole per fallire Questo mese vi sveliamo alcuni comportamenti da evitare per non incorrere nel rovinoso fallimento della vostra impresa

Piero Gabrieli È partner della DPC, società di consulenza in direzione aziendale e controllo di gestione, specializzata in alimentazione e arte bianca, con sede a Padova, e direttore marketing di Molino Quaglia Spa. Esperto di tematiche economiche e amministrative, ha maturato una solida esperienza nell’area di controllo di gestione ed economia aziendale. Inoltre è docente in amministrazione, finanza e controllo e marketing per numerose aziende pubbliche e private, apprezzato per la qualità della sua didattica efficace e stimolante. Per informazioni: Il Laboratorio Tel. +39 0429 649110

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rendiamo un pasticciere che abbia un’azienda artigiana a conduzione familiare, per esempio Gino, e supponiamo che decida di far fallire la sua azienda. Ecco un modo semplice per riuscirci in breve tempo. Gino dovrà mettere in atto questi 5 comportamenti: 1. risparmiare nell’acquisto delle materie prime 2. risparmiare nella visibilità del suo locale; 3. rinunciare alla formazione del personale di vendita o di produzione; 4. abbassare i prezzi per vendere di più 5. riempire i banchi di vendita con sempre più prodotti senza dare una logica all’assortimento. Ecco come un consumatore vivrebbe la pasticceria di Gino dopo che egli avrà portato a termine le cinque azioni precedenti. Prima di entrare Un’insegna nella quale non è comunicato apertamente che la pasticceria è artigiana e una vetrina confusa, poco accattivante, male illuminata e con una prevalenza di prodotti industriali rispetto a quelli di produzione propria. All’interno Illuminazione insufficiente, esposizione confusa dei prodotti e scarsa attenzione per i dettagli igienici nelle parti di lavoro del banco. Gino probabilmente nella sua ricerca del risparmio a tutti i costi avrà dimenticato che la cura nei dettagli è essenziale, non solo per dare valore a ciò che si vende, ma anche per giustificare prezzi di vendita in continua crescita a causa dei maggiori oneri a carico delle piccole imprese. E quindi sarà diventato superficiale nella gestione dei tempi che precedono l’apertura al pubblico e quelli dopo la chiusura, tralasciando di far riordinare e pulire adeguatamente dopo una giornata di lavoro. E in una tale

situazione di illuminazione, che in parte attenua il brutto del disordine e del non perfettamente pulito, anche chi vende diventa un po’ sciatto, finendo per presentare il prodotto senza valorizzarlo. Non come un gioiello, frutto del mestiere del pasticciere, ma piuttosto come un cibo da trangugiare in fretta per persone che hanno sempre fretta perché non hanno di meglio da fare. Quindi locale poco visibile, nel quale sono esposti prodotti poco visibili e che per questo motivo sono venduti da personale poco preparato (perché Gino oltretutto risparmia nella sua formazione), che non trova stimoli a vendere un prodotto umiliato fin dalla sua nascita nel laboratorio retrostante. Sì, perché Gino, soprattutto in anni così duri, ha pensato bene di spendere di meno raccattando sul mercato materie prime scadenti, convinto che poche migliaia di euro all’anno di risparmio sulla lista della spesa gli risolvano il problema delle vacanze. Peccato che poi se ne sia dimenticato presto, perché per attrarre più clienti ha tenuto fermi i prezzi in una situazione di generale aumento dei costi fissi. Quindi niente vacanze, meno clienti e generale disaffezione al lavoro dei suoi collaboratori, in una pasticceria dove il prodotto diviene sempre più insignificante e anonimo. Finalmente fuori “Ma è possibile che abbia speso 10 euro per queste poche pastine?” pensa il nostro consumatore, uscendo dalla pasticceria di Gino con un triste vassoi, incartato frettolosamente in una confezione tanto diversa e lontana dal suo modo di vivere, vestire, comunicare. È l’inizio della fine per la pasticceria di Gino.


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Non il solito “tarocco” Quali sono i motivi d’acquisto dei clienti? Da un fatto di vita reale, qualche suggerimento per far leva sull’interesse di chi frequenta il vostro locale

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l taclè esiste sul mercato da almeno quattro anni, ma ne sono venuto a conoscenza solo ora. Almeno nella provincia di Padova non mi era mai capitato di vederne uno. Viene dalla soleggiata Sicilia ed è il risultato di un incrocio tra Arancio Tarocco e Clementino. Dal primo il taclè ha preso le dimensioni, e quasi tutto il resto dal clementino; il risultato è un frutto profumato, dolce e aromatico, pigmentato e ricco di vitamina C. Matura da metà dicembre a marzo. La buccia è liscia e sottile, ha una consistenza soffice ed è mediamente aderente alla polpa. Quest’ultima, come la buccia, si presenta di un colore arancio intenso con screziature rossastre. Non mi sarei accorto della sua presenza sulla bancarella dove abitualmente facciamo la spesa se la signora Teresa, abile venditrice, non me lo avesse presentato nel modo giusto, approfittando di un momento di incertezza tra me e mia moglie su quale tipo di frutta acquistare. Teresa sa che in famiglia compriamo abitualmente arance e mandarini. Sa anche che due dei nostri figli vanno spesso a scuola con un frutto in saccoccia per la merenda di metà giornata. Mi ha convinto a chiedere il taclè perchè ha ben formulato le prime 10 parole: è come un tarocco senza semi dal gusto di clementino. In un baleno ho immaginato il profumo dell’estate in frutto che basta mangiarne uno per essere sazio, facile da pulire anche senza l’uso del coltello e facile da consumare fuori casa perchè non ha semi. L’ho provato alla fine del pasto domenicale ed effettivamente anche il gusto risponde alle aspettative, perchè associa il succo ricco del tarocco al profumo intenso e aperto del mandarino. Non so se chi ha

pensato a questo incrocio lo abbia fatto per dare un servizio al consumatore, ma certo è che ciò che mi ha fatto nascere la voglia di provarlo è stato proprio l’accento sul fatto che non ha semi e che si sbuccia facilmente. Quindi la motivazione d’acquisto non è dipesa dal gusto, ma dalle funzionalità del frutto nel momento del suo consumo. Mi chiedo quanti come me siano sensibili a questo tipo di considerazioni, ma è certo che oggi il valore del servizio associato al consumo di un prodotto alimentare è un fattore determinante del suo successo commerciale. Perché anche il consumo di un cibo rappresenta il tassello di uno stile di vita che evolve verso dinamiche di essenzialità e benessere. Si ritorna alla sana abitudine di comprare cose buone per non dover buttare via nulla, si scelgono cibi più semplici e gustosi, si vuole mangiare più sano anche negli spuntini fuori casa e nei pasti rapidi al lavoro, si è alla ricerca di novità alimentari per non cadere nella routine anche nei momenti di relax. E come per il taclè anche la pasticceria vive di mode, spesso risultato della riscoperta e della reinterpretazione in chiave moderna di antiche abitudini alimentari, costruite in tempi nei quali la sana alimentazione era una necessità per affrontare in buona salute lavori prevalentemente manuali e di grande dispendio energetico. Ma perchè una moda non banalizzi la novità nel banco del pasticciere, questi deve saperla presentare e motivare nel modo adeguato, come la logica del taclè: è il solito tarocco con il sapore del solito mandarino ma è grande e senza semi.

Piero Gabrieli È partner della DPC, società di consulenza in direzione aziendale e controllo di gestione, specializzata in alimentazione e arte bianca, con sede a Padova, e direttore marketing di Molino Quaglia Spa. Esperto di tematiche economiche e amministrative, ha maturato una solida esperienza nell’area di controllo di gestione ed economia aziendale. Inoltre è docente in amministrazione, finanza e controllo e marketing per numerose aziende pubbliche e private, apprezzato per la qualità della sua didattica efficace e stimolante. Per informazioni: il Laboratorio Tel. +39 0429 649110

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Ancora il prezzo Il prezzo è il fulcro di qualsiasi attività d’impresa, e ha un significato determinante verso i soggetti con i quali l’impresa interagisce Piero Gabrieli È partner della DPC, società di consulenza in direzione aziendale e controllo di gestione, specializzata in alimentazione e arte bianca, con sede a Padova, e direttore marketing di Molino Quaglia Spa. Esperto di tematiche economiche e amministrative, ha maturato una solida esperienza nell’area di controllo di gestione ed economia aziendale. Inoltre è docente in amministrazione, finanza e controllo e marketing per numerose aziende pubbliche e private, apprezzato per la qualità della sua didattica efficace e stimolante. Per informazioni: il Laboratorio Tel. +39 0429 649110

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l prezzo è la somma dei costi di gestione, degli ammortamenti e dell’utile dell’imprenditore. Visto che in una piccola impresa i costi di gestione difficilmente diminuiscono, gli ammortamenti dipendono da investimenti già effettuati o ancora da effettuare, l’unica situazione nella quale i prezzi di vendita potrebbero scendere sarebbe quella in cui l’aumento delle vendite in quantità sostenesse il livello degli utili per soddisfare le spese personali dell’imprenditore. Il contesto di mercato odierno tende però alla diminuzione dei consumi. Quindi il prezzo dei prodotti artigianali non può scendere. O per meglio dire se nel mix di prodotti venduti qualche prezzo scende, il prezzo degli altri prodotti deve risalire più che proporzionalmente, in modo da portare a un valore medio dello scontrino di vendita più alto. Ho espresso più volte tale concetto su queste pagine, ma questa volta la considerazione che ne deriva non è solamente di natura economica. Infatti il prezzo di vendita è il fulcro intorno al quale si sviluppa ogni attività di impresa ed è letto in modo diverso dai diversi soggetti con i quali si instaurano relazioni commerciali. Prendiamo ad esempio i clienti: il prezzo di ciò che acquistano misura le aspettative di qualità e di servizio. Per i fornitori di materie prime, invece, un livello più alto dei prezzi praticato dal loro cliente significa maggiore solvibilità, perché se il prezzo di vendita copre tutti i costi in maniera adeguata, allora sarà difficile che in futuro si manifestino situazioni d’insolvenza. Il medesimo ragionamento lo fanno anche le banche.

Quando analizzano il bilancio di una piccola impresa considerano il valore totale dei corrispettivi annui come se fosse il prezzo di vendita di un singolo prodotto e valutano la capacità di reddito rapportando a questo prezzo di vendita ideale tutti i costi imputati al conto economico. In questo modo comprendono se la crescita delle vendite si accompagna a un riallineamento continuo dei prezzi rispetto ai costi, oppure se la crescita è solo espressione di maggiori vendite via via meno remunerative. È evidente che nel primo caso la banca sarà più propensa ad affidare il suo cliente, perché egli dimostrerà di essere capace di guidare i propri clienti verso prodotti più pregiati prestando attenzione alla qualità. Oggi viviamo in un mercato caratterizzato da gravi incertezze dovute a una crisi finanziaria senza precedenti e le aziende familiari che stanno soffrendo maggiormente sono quelle che non trovano più credito bancario, perché nel tempo non hanno saputo favorire la crescita dei prezzi di vendita lavorando sulla qualità. Oggi si trovano ad avere un prodotto scadente, un’immagine vecchia, un rapporto con la propria clientela basato esclusivamente sul basso livello dei prezzi e soprattutto vivono la condizione frustrante di chi non vede aumentare le vendite in quantità neppure abbassando i prezzi. È arrivato quindi il momento di affrontare il cambiamento in un mondo che è già cambiato. Oppure di ritirarsi per evitare che i risparmi accumulati vadano in fumo.


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L’effetto rosso delle fragole… Piero Gabrieli È partner della DPC, società di consulenza in direzione aziendale e controllo di gestione, specializzata in alimentazione e arte bianca, con sede a Padova, e direttore marketing di Molino Quaglia Spa. Esperto di tematiche economiche e amministrative, ha maturato una solida esperienza nell’area di controllo di gestione ed economia aziendale. Inoltre è docente in amministrazione, finanza e controllo e marketing per numerose aziende pubbliche e private, apprezzato per la qualità della sua didattica efficace e stimolante. Per informazioni: il Laboratorio Tel. +39 0429 649110

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Spirito d’osservazione e slancio propositivo sono fondamentali nella vendita. Scopriamo cosa si può fare per soddisfare cliente

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artedì ore 15.30, un pomeriggio di marzo grigio di pioggerellina, sottile e spazzata da un vento fastidioso. Poca gente in giro per la piazza del piccolo centro, meno del solito, perché il tempo uggioso toglie gli entusiasmi e la voglia di uscire. Finalmente entra un signore. È di corporatura robusta e rotonda e veste in modo informale, con abiti comodi, ma non alla moda. Lo osservo: ha una gestualità “corposa” (me ne accorgo dall’ampio gesto della mano che saluta spostando l’aria come se fosse solida) e cammina con un’andatura calma e misurata, come se non avesse fretta. Dopo essersi guardato attorno, si avvicina al banco e con voce lenta e profonda mi chiede un consiglio per un regalo da portare ad un amica. Penso di proporgli una confezione delle nostre praline artigianali, ma, prima ancora di parlare, mi accorgo che il suo sguardo è attratto dallo spazio nel quale ho riposto i “cestini” di pasta frolla alla frutta: pasticceria mignon disposta ordinatamente in righe da 5 in un vassoio d’acciaio lucente, con i toni caldi della pasta frolla e quelli accesi e vivaci della frutta. Dal giallo dell’ananas al verde dell’uva, all’arancio del melone del Salento, per poi arrivare al rosso brillante della fragola, al rosso sangue della ciliegia fino al rosso amaranto dell’amarena. Una gioia per gli occhi, specialmente in una giornata così grigia. Colgo così l’occasione per sottolineare che i nostri

mignon alla frolla si prestano bene per comporre una confezione regalo di bella immagine. Ma non ricevo un’impressione d’entusiasmo, per quanto lo sguardo sia ancora fermo su quei dolci, spostato verso quelli con la frutta rossa. Allora ne prendo uno con la fragola e, posandolo con le pinze su un piattino, lo avvicino a lui; gli faccio notare la bella forma della frolla e gli parlo della farina usata dal nostro pasticciere, una farina ricca del sapore del grano, perché macinata a pietra, impastata con il burro per dare friabilità e gusto e dare equilibrio all’acre della fragola e al dolce delicato della crema. «Voglio che l’assaggi. Capirà perché la scelta degli ingredienti è tanto importante» gli dico avvicinando il piattino perché possa degustare il mio capolavoro. Leggo la curiosità nei suoi occhi. Tocca la base del dolce soffermandosi sulla rugosità della frolla, poi prendendolo con tutte le dita della mano sinistra lo annusa e, infine, lo porta alla bocca. Lo osservo masticare con grande concentrazione e dallo sguardo comprendo che gli piace. «Ottimo, mi prepari un vassoio da 6 righe, una per tipo». In totale 30 mignon. Ma cosa sarebbe accaduto se in questo caso non avessi proposto di assaggiare? E se non avessi osservato il comportamento del cliente? E se il cliente non fosse stato attratto dal rosso delle fragole? Ne parleremo nel prossimo numero. (continua)


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In collaborazione con Piero Gabrieli - Foto locale: ®Costa Group.net

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Il tipo “cinestetico” Un po’ di psicologia ci può aiutare a capire meglio il cliente che ci troviamo di fronte. Sarà quindi più facile centrare le sue esigenze con la massima soddisfazione per entrambi Piero Gabrieli È partner della DPC, società di consulenza in direzione aziendale e controllo di gestione, specializzata in alimentazione e arte bianca, con sede a Padova, e direttore marketing di Molino Quaglia Spa. Esperto di tematiche economiche e amministrative, ha maturato una solida esperienza nell’area di controllo di gestione ed economia aziendale. Inoltre è docente in amministrazione, finanza e controllo e marketing per numerose aziende pubbliche e private, apprezzato per la qualità della sua didattica efficace e stimolante. Per informazioni: il Laboratorio Tel. +39 0429 649110

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ì, la storia non è scritta a caso, perchè riassume una serie di comportamenti messi in atto da una particolare categoria di clienti. Sono quelle persone che hanno sviluppato un canale di comunicazione basato sull’uso dei sensi più “materiali”: il tatto, l’olfatto e il gusto. Nella PNL sono classificati come persone cinestetiche, cioè poco inclini alle fantasie e impazienti se si tratta di ascoltare. Sono persone con i “piedi per terra”, che in periodi di crisi economica, come quelli che stiamo vivendo, sono meno preoccupate dal futuro, perchè vivono caratterialmente nel presente. Hanno infatti una predisposizione a vivere alla giornata, godendo di quanto possono permettersi oggi, perchè poco sensibili alle paure di un futuro nero. Il cliente “cinestetico” si riconosce dalla sua gestualità, dinamica e “corposa”, sembra raffigurare con i gesti la fisicità delle cose che descrive, dal modo di camminare, calmo e misurato, come se non avesse mai fretta, dal modo di parlare, con voce lenta e profonda. Se lo si osserva mentre fa la coda, in attesa del suo turno, la sua postura è apparentemente rilassata, e dimostra un atteggiamento accomodante nei confronti degli altri. Se il suo sguardo punta verso il basso vuol dire che sta riflettendo prima di assumere una decisione. Durante la conversazione accade con frequenza che tocchi il braccio o la spalla del suo interlocutore, come per sottolineare le parole. Alle domande risponde dopo aver riflettuto, mai di getto, esprimendo apertamente ciò che pensa. La comunicazione del cliente “cinestetico” è ba-

sata sulla descrizione dei sapori, dei gusti, degli accostamenti di cibi e bevande, sulla consistenza del cibo, sugli aromi e sulle spezie, sui contrasti di sapore. Egli è particolarmente orientato alla sperimentazione gastronomica come mezzo di appagamento e di piacere. Per comunicare con un cliente “cinestetico” è necessario parlare in modo concreto, con parole che “descrivono” le sensazioni che egli proverà toccando, annusando o degustando il prodotto. Questa tipologia di cliente, che predilige prodotti dal gusto deciso e ricco, è attratto dai profumi e dalle piccole degustazioni. Il rosso e le sue declinazioni sono il colore preferito, perchè esprime calore e passionalità. I clienti rientranti in questa categoria sono attratti dai cibi assortiti, esposti con ordine e pulizia. Sono colpiti da quelle zone del negozio caratterizzate da una ricca esposizione di prodotti e dai colori delle confezioni, soprattutto se di tinta scura. Prediligono le colorazioni del rosso e dell’amaranto. Nella gamma dei dolci, dei salati e delle confezioni, risaltano al loro occhio quelle che presentano questi colori. Nella proposta di vendita è indispensabile evitare di sottoporre alla loro scelta prodotti o oggetti che non siano ricchi e ben assortiti. Preferiscono le dimensioni medio-grandi (per esempio le torte e la pasticceria monoporzione di grande dimensione). Sovente preferiscono il cioccolato fondente a quello al latte. Se si vuole attrarre questo tipo di clientela è indispensabile disporre di addetti alla vendita che invitino alla degustazione.


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Questione di gusto Piero Gabrieli È partner della DPC, società di consulenza in direzione aziendale e controllo di gestione, specializzata in alimentazione e arte bianca, con sede a Padova, e direttore marketing di Molino Quaglia Spa. Esperto di tematiche economiche e amministrative, ha maturato una solida esperienza nell’area di controllo di gestione ed economia aziendale. Inoltre è docente in amministrazione, finanza e controllo e marketing per numerose aziende pubbliche e private, apprezzato per la qualità della sua didattica efficace e stimolante. Per informazioni: il Laboratorio Tel. +39 0429 649110

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Ecco

finalmente la ricetta per una comunicazione efficace:

eliminare il superfluo perchè emergano le caratteristiche sensoriali nobili delle materie prime di qualità

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milio, pasticciere, posiziona i prezzi di vendita al pubblico in una fascia di qualità alta e medio-alta, con un assortimento che si compone di prodotti a prezzo elevato e di proposte meno care che, logicamente, introducono a quelle più care, compra materie prime di qualità e prezzo alti, allinea la qualità dell’immagine e della presentazione dei prodotti al valore delle materie prime, eleva la qualità finale dei suoi dolci anche attraverso la sperimentazione; le vendite aumentano costantemente nel tempo, perchè i clienti soddisfatti tornano per ricomprare quello che già conoscono e per lasciarsi incuriosire dalle nuove proposte; con il passare del tempo si formano le condizioni per adeguare i prezzi di vendita ai costi fisiologicamente crescenti, perchè i clienti pagano il prezzo giusto in relazione alla qualità che viene loro offerta. Maturano così le cause che portano a una crescita motivazionale dei collaboratori, che provano stimolo a migliorare le tecniche di lavorazione e di vendita, con evidenti segni di maggiore cura dei dettagli e attenzione verso le esigenze del cliente. La gratificazione commerciale spinge il titolare a essere attento alle novità del mercato e a costruire un assortimento che esprime i valori della sua azienda. La clientela percepisce attraverso l’immagine e il gusto il valore di un professionista che produce con cura e amore, perchè quando vende il suo prodotto sta vendendo la parte più preziosa di sè stesso: i suoi valori. Contrariamente alla logica esposta nella prima parte di questo argomento (vedi pagina 52), i nessi causali descritti qui costruiscono un circolo virtuoso, che favorisce la crescita professionale e la crescita economica

dell’azienda artigiana, perchè si alimenta della soddisfazione della clientela. In questa situazione, diversamente dalla prima, il nostro Emilio, personaggio della mia fantasia, ma dai tratti realistici, non è partito da un fattore tecnico (il W della farina) per scegliere il posizionamento del prezzo di vendita dei suoi prodotti, ma ha basato la sua “strategia” aziendale sul fattore di sintesi che più di ogni altro spiega la qualità alimentare: il gusto. Al cliente comunica, non con incomprensibili tecnicismi o con noiose dimostrazioni di saccenteria, ma piuttosto con la leva del confronto: tra quello che mangio oggi e quello che mangiavo da bambino, tra il sapore e i colori della frutta di stagione e quelli della frutta fuori stagione, tra il dolce e il dolciastro, tra l’equilibrio degli ingredienti e l’alchimia delle scorciatoie produttive. La ricetta del successo della pasticceria artigiana è proprio questa: togliere il superfluo perchè emergano le caratteristiche sensoriali nobili delle materie prime di qualità, in un equilibrio che esprime la sensibilità del pasticciere, con connotati artistici che lasciano percepire il valore del dolce attraverso il gusto. Nel mio esempio la scala del gusto è lo strumento di comunicazione più efficace, non quella del W della farina, perchè la soggettività del gusto dà oggettività all’apprezzamento collettivo del prodotto. Come dire che, se una cosa ci piace, ci facciamo garanti nei confronti delle persone alle quali suggeriamo di provarla, innescando un passaparola positivo che diffonde il buon nome della pasticceria e dei suoi dolci. Il difficile di questa ricetta è solo non temere di fare un passo indietro per proporsi in modo nuovo.


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Il costo della qualità quando si ha una visione chiara degli obiettivi, le attività quotidiane si conformano ad una logica che mette ordine nella gestione Piero Gabrieli È partner della DPC, società di consulenza in direzione aziendale e controllo di gestione, specializzata in alimentazione e arte bianca, con sede a Padova, e direttore marketing di Molino Quaglia Spa. Esperto di tematiche economiche e amministrative, ha maturato una solida esperienza nell’area di controllo di gestione ed economia aziendale. Inoltre è docente in amministrazione, finanza e controllo e marketing per numerose aziende pubbliche e private, apprezzato per la qualità della sua didattica efficace e stimolante. Per informazioni: il Laboratorio Tel. +39 0429 649110

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gni pasticciere che si rispetti deve condurre la sua azienda chiarendo prima di tutto a se stesso dove vuole arrivare. Una visione del futuro che si vuole costruire è indispensabile per comunicare ai clienti messaggi coerenti, con prodotti che interpretano i valori dell’azienda. La qualità è un possibile obiettivo, oggi sicuramente il più utile per l’artigiano alle prese con le difficoltà che nascono in un mercato a domanda calante. Ma quanto costa la qualità? A questa domanda è necessario dare una risposta tanto quanto avere una chiara visione del proprio futuro. E per farlo bisogna interrogarsi su cosa si aspettano dalla nostra offerta i clienti, oppure quale offerta desiderano i clienti insoddisfatti dei nostri concorrenti. Quindi non esiste una qualità ma esistono tante qualità quante sono le tipologie di clientela a cui vogliamo o possiamo rivolgerci. La qualità così intesa dipende strettamente dalla localizzazione della pasticceria ed è un concetto economico più che un concetto produttivo. In quest’ambito però la qualità, qualunque sia il suo livello, fa la differenza rispetto a quella analoga dei concorrenti se è comunicata attraverso lo strumento del gusto. Ma andiamo con ordine: qualità di un prodotto alimentare è la somma dei costi sostenuti per produrre e vendere quel prodotto realizzando un risultato economico che permetta di pagare gli interessi sui debiti bancari, le imposte sul reddito e garantire all’imprenditore artigiano un utile netto che copra le sue esigenze personali e gli permetta di accumulare risorse per finanziare almeno in parte la crescita della sua azienda. Il problema posto in questi termini somiglia ad un’equazione matematica, ma non è così. Infatti la somma dei costi e dell’utile netto

è il prezzo di vendita di quel prodotto e se il prezzo di vendita non è accettato dalla clientela allora i costi diventano una perdita secca, perché le vendite non coprono tutta la produzione. In questo senso si spiega l’affermazione che la qualità deve essere definita posizionando il prodotto ad un livello di prezzo in linea con la capacità di spesa e di apprezzamento dimostrato dalla clientela di riferimento. Poi la qualità individuata deve essere trasformata in costi, determinando quali materie prime utilizzare per dare il massimo gusto in rapporto al prezzo e quali volumi vendere per coprire i costi fissi, responsabili della qualità del servizio. Quindi: Qualità dell’offerta = Qualità del prodotto + Qualità del servizio. Tale equazione mostra ciò che non a tutti è evidente. Per guadagnare di più l’artigiano deve realizzare un prodotto riconosciuto come buono dai suoi clienti spendendo i risparmi di costo legati ai maggiori volumi di vendita nell’acquisto di materie prime di alta qualità. Il circuito causale corretto è il seguente: fisso il prezzo di vendita sulla base del tipo di clientela alla quale si rivolge il prodotto > individuo le quantità realisticamente vendibili sulla base della localizzazione e delle superfici disponibili > calcolo quando mi resta dopo aver coperto la quota di costi fissi, di interessi passivi e di utile lordo per l’imprenditore > acquisto le migliori materie prime compatibilmente con i soldi che residuano e scegliendo ricette che comunicano ai clienti un gusto che fa la differenza. E’ una strategia diversa dalla ricerca inutile di maggiori volumi, che sono conseguenza di prezzi bassi praticati su prodotti che utilizzano materie prime scadenti perché devono costare sempre di meno. (continua)


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Dal maggiore al migliore In tempi di crisi, dobbiamo riformulare il rapporto qualità/prezzo, considerandola come la somma dei benedici del cliente Piero Gabrieli È partner della DPC, società di consulenza in direzione aziendale e controllo di gestione, specializzata in alimentazione e arte bianca, con sede a Padova, e direttore marketing di Molino Quaglia Spa. Esperto di tematiche economiche e amministrative, ha maturato una solida esperienza nell’area di controllo di gestione ed economia aziendale. Inoltre è docente in amministrazione, finanza e controllo e marketing per numerose aziende pubbliche e private, apprezzato per la qualità della sua didattica efficace e stimolante. Per informazioni: il Laboratorio Tel. +39 0429 649110

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issare il prezzo di vendita prima di conoscere i costi delle materie prime è un’operazione non giustificabile con i mezzi della matematica, perchè il prezzo è la somma dei costi, che quindi devono essere noti per poterne effettuare il calcolo. Questo approccio però non è del tutto efficace per la piccola impresa, soprattutto in periodi nei quali le motivazioni di acquisto dei consumatori sono condizionate pesantemente da fattori emotivi. Il posizionamento del negozio in una fascia di prezzo adeguata allo standard di vita dei propri clienti è quindi essenziale per individuare il livello qualitativo dell’offerta, non in termini di servizio ma di prodotto, perchè è proprio quest’ultimo ad essere oggetto di valutazioni emotive piuttosto che razionali. Ciò significa che in periodi di crisi, come quello che viviamo, il rapporto qualità/prezzo è determinante per tenersi a galla in un mercato che si comporta come un mare in tempesta. Il circuito causale descritto nel numero precedente definisce il rapporto qualità/ prezzo dal punto di vista dell’imprenditore e rappresenta la sintesi dei comportamenti virtuosi in tempo di discontinuità della domanda (crisi). Questa riflessione è importante, perchè il lato negativo della crisi non è la caduta della domanda, che se si verificasse con regolarità creerebbe attesa di una ripresa, quanto piuttosto la discontinuità e imprevedibilità delle vendite, che creano un contesto di incertezza nel quale le decisioni gestionali non maturano. Mi spiego: il prezzo è la somma dei costi e dell’utile dell’imprenditore, mentre la qualità (intesa come somma di qualità intrinseca del prodotto alimentare e del livello del servizio) è la somma di tutti costi sostenuti per produrre e vendere.

Quindi la qualità che è al numeratore non comprende l’utile dell’imprenditore, che invece è compreso nel prezzo che è al denominatore della frazione. In termini matematici questa composizione del rapporto porta sempre ad un risultato minore di 1 e quindi crea la percezione che il prodotto sia caro perchè il prezzo è maggiore della qualità. Allora il rapporto qualità/prezzo deve essere formulato diversamente: al numeratore la qualità percepita dal cliente e al denominatore il prezzo di vendita. La qualità così considerata non è più una somma di costi, ma piuttosto la somma dei benefici che il cliente ritrae dal suo acquisto. La domanda che dobbiamo porci a questo punto è: quale aspetto comunicare di questa qualità perchè le aspettative coincidano con il livello di soddisfazione? In periodi di incertezza la comunicazione della qualità passa attraverso la percezione immediata della qualità intrinseca dell’alimento. Perchè in momenti di incertezza spende più di frequente chi parte da una visione più concreta della realtà, chi è meno incline all’introspezione, chi trae piacere dal consumo immediato più che dal risparmio. Tutto ciò è coerente con la teoria dei cicli di vita del mercato, che descrive i comportamenti d’acquisto in periodi di saturazione (come quello odierno) opposti diametralmente a quelli dei periodi di crescita: oggi i clienti cercano un buon rapporto qualità/prezzo, mentre una volta privilegiavano il rapporto quantità/prezzo. Siamo passati dall’epoca dei volumi a quella della qualità, quando non è più vincente cercare di vendere soltanto più prodotti degli altri, quanto piuttosto vendere prodotti migliori rispetto ai concorrenti. (continua)


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GESTIRE LA PICCOLA E MEDIA IMPRESA

Cosa cercano i clienti? PERCHÉ LA SOSTA IN PASTICCERIA NON SIA UN’ABITUDINE BISOGNA MATURARE LA CAPACITÀ DI INCURIOSIRE E VENDERE PRODOTTI DI GRANDE QUALITÀ Piero Gabrieli È partner della DPC, società di consulenza in direzione aziendale e controllo di gestione, specializzata in alimentazione e arte bianca, con sede a Padova, e direttore marketing di Molino Quaglia Spa. Esperto di tematiche economiche e amministrative, ha maturato una solida esperienza nell’area di controllo di gestione ed economia aziendale. Inoltre è docente in amministrazione, finanza e controllo e marketing per numerose aziende pubbliche e private, apprezzato per la qualità della sua didattica efficace e stimolante. Per informazioni: il Laboratorio Tel. +39 0429 649110

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ualità fuori o qualità dentro? Oppure qualità fuori e dentro? Dobbiamo sfruttare la vendita da impulso o fidelizzare il cliente facendo in modo che torni a ricomprare? Queste e altre domande affollano la mente dei pasticceri artigiani e spesso la risposta non appare semplice. Un libro di recente pubblicazione sui meccanismi della nostra mente sbalordisce con l’affermazione che il 90% dei pensieri umani sono ricorrenti, cioè uguali tutti i giorni, e il 90% di questi pensieri ricorrenti sono negativi, cioè riguardano aspetti dannosi o presunti tali legati alla nostra vita. Ma la maggior parte di questi pensieri negativi non descrivono la realtà fuori di noi, ma nascono dalle nostre incertezze e dai nostri timori. Gli autori del libro giungono alla conclusione che il ripetersi dei medesimi pensieri produce lo stress da routine e la sovrabbondanza di pensieri negativi genera ansie che ci impediscono di sfruttare le opportunità offerte dalle relazioni con l’esterno. Se ciò è vero, allora è altrettanto vero che la clientela alla quale si rivolge il pasticciere è composta da esseri inquieti e stressati, confusi dalle innumerevoli informazioni che non sono filtrate da una competenza tecnica in fatto di alimentazione. Gente che entra in pasticceria per una pausa di rilassante isolamento dai problemi di ogni giorno, per concedersi un lusso di breve durata, ma di intenso pia-

cere. Chiamiamola pure un’evasione dalla routine che però nel tempo rischia di diventare a sua volta routine. Con il rischio di disaffezionare il cliente e renderlo aperto a proposte commerciali concorrenti. Diventa quindi importante maturare la capacità di incuriosire e nello stesso tempo vendere prodotti di qualità più elevata. Ma tornando alle domande precedenti, la qualità che i clienti cercano ha un duplice aspetto: qualità fuori, cioè il contesto di vendita fatto di pulizia, ordine, luce, immagine dei luoghi e delle persone che vi lavorano, precisione del servizio, e così via. E qualità dentro, cioè gusto associato a digeribilità di ciò che si consuma. In poche parole un bel contenitore (il negozio) e un buon contenuto (il prodotto). Non dimentichiamo, infatti, che quando presentiamo un prodotto dobbiamo renderlo accattivante nella confezione, nell’esposizione, nel bilanciamento cromatico, perchè stiamo parlando alla testa dei clienti con lo scopo di far nascere in loro l’impulso all’acquisto. Ma una volta avvenuto l’acquisto, e successivamente il consumo, la decisione di riacquistare nasce nella pancia, perchè il consumatore è guidato dal gusto per decidere se ciò che ha mangiato gli è piaciuto oppure no. Quindi il gusto diventa, al di là delle parole e delle immagini, strumento di comunicazione necessario per guadagnarsi la fedeltà della clientela e poter contare sul fatto che ricompri ciò che hai provato la prima volta. (continua)


Lepaginedegliesperti La consulenza

gestire la piccola e media impresa

Guardatevi intorno Alcune riflessioni sul contesto in cui viviamo e sullo stile di lavoro (e di vita) dei clienti ci possono guidare nell’ideare prodotti vincenti Piero Gabrieli È partner della DPC, società di consulenza in direzione aziendale e controllo di gestione, specializzata in alimentazione e arte bianca, con sede a Padova, e direttore marketing di Molino Quaglia Spa. Esperto di tematiche economiche e amministrative, ha maturato una solida esperienza nell’area di controllo di gestione ed economia aziendale. Inoltre è docente in amministrazione, finanza e controllo e marketing per numerose aziende pubbliche e private, apprezzato per la qualità della sua didattica efficace e stimolante. Per informazioni: il Laboratorio Tel. +39 0429 649110

112 Dolcesalato

E

ora che siamo alla fine facciamo un passo indietro, più indietro della prima puntata sul costo della qualità. Contenitore e contenuto comunicano valore con l’immagine e fidelizzano il cliente con il gusto. Ma è necessario che a monte la visione di ciò che si vuole produrre e comunicare sia chiara, perché il successo di un prodotto non si improvvisa. Anche quanto nasce da circostanze fortuite deve maturare in un contesto di competenze che trasformano le opportunità in vendite. Mi riferisco alla necessità di definire uno stile a monte del prodotto. Un marchio di fabbrica che renderà riconoscibile il prodotto per elementi di coerenza che lo riconducono all’assortimento del quale fa parte. Oggi però non basta distinguersi con tratti di diversità rispetto ai concorrenti, perché le motivazioni di acquisto nascono da considerazioni complesse che spingono a scegliere prodotti più disparati con in comune elementi estetici e funzionali considerati tasselli dello stile di vita individuale. Questo è oggi il problema di ogni artigiano: partire dal tipo di cliente al quale rivolgersi per mettere a punto un assortimento, passare da una visione della propria attività che focalizza il prodotto a una che parte dal cliente per costruire i prodotti più adatti. In questo senso è utile cogliere tutte le occasioni per uscire dal laboratorio e osservare le vetrine dei negozi che vendono generi diversi dagli alimenti. Non solo vetrine lungo i marciapiedi, ma anche quelle virtuali nel web. Perché forma, colori e contenuti di un prodotto da

forno di successo nascono da una filosofia sempre più simile a quella di un divano di Ikea o di un lettore musicale della Apple. Prevale in questi come in altri oggetti di larghissimo consumo l’assenza di fronzoli ed elementi inutili: un’assenza che non equivale a povertà di funzioni o mediocrità delle materie prime, ma che è il risultato di un risparmio di costi reinvestito in parte per migliorare la qualità delle materie prime e in parte per rendere il prezzo più accessibile a fasce sempre più larghe di consumatori. In questo modo la semplicità diviene un plus che non sacrifica le prestazioni funzionali e che comunica con immediatezza lo sforzo del produttore che vuol privilegiare la sostanza rispetto alla forma fine a se stessa. Nè più nè meno che il messaggio indirizzato con sempre più forza dalle grandi industrie attraverso i media: semplificare per vivere meglio, consumare di meno, ma di alta qualità, con un occhio alla salute e un occhio alla linea, circondandosi di oggetti dai colori uniformi, possibilmente chiari, dalle forme semplici e lineari, per trarne sensazioni di rigore, ordine e pulizia formale, per smorzare il disagio degli stress quotidiani. Ma se questa è l’immagine del mondo che ci stiamo costruendo e se la risorsa più preziosa è un pò di tempo libero da concederci in salute fino a tarda età, potremo più accettare che i dolci per dimensione, forma, decori, elementi nutrizionali e ingredienti siano in contrasto con lo stile dei vestiti, delle auto, dei mobili e di quant’altro usiamo per vivere?


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VERSO UNA PASTICCERIA EVOLUTA In collaborazione con Molino Quaglia Spa

Altri suggerimenti e spunti per aumentare le vendite in pasticceria

Molto più che pasticceri

SCOPRIAMO LE DIFFERENZE TRA I SESSI NELL’ATTEGGIAMENTO D’ACQUISTO PER POI PASSARE ALL’ESPERIENZA DI UN CONSOLIDATO CONCESSIONARIO PADOVANO. INFINE LO SPUNTO DI UNA RICETTA VALORIZZATA DALLA FROLLA

QUELLO CHE LE DONNE DESIDERANO...

A

vete mai riflettuto su quanto in media un cliente si ferma nella pasticceria prima di concludere un acquisto per asporto ? E avete notato se c’è differenza tra uomini e donne ? Molti studi hanno ormai dimostrato che l’atteggiamento degli uomini differisce di molto da quello delle donne nel modo di spendere il tempo dedicato agli acquisti. In particolare l’acquisto di prodotti alimentari è attività più gradita alle donne piuttosto che agli uomini. Questo significa che una coppia maschio-donna che entra per acquistare dei dolci vive nei minuti di permanenza davanti al banco sensazioni e stati d’animo profondamente diversi. Nel senso che nella maggior parte dei casi è l’uomo a manifestare fretta e a volte senso di insofferenza al passare del tempo. Questa analisi è importante perchè la vendita aumenta tanto più quanto si è capaci di trattenere un cliente davanti al banco (naturalmente non in coda). Al contrario una coppia di donne o più donne in gruppo, che non vivono lo stress di avere un uomo accanto durante gli acquisti, sono più rilassate e quindi sono

portate a soffermarsi più a lungo nella scelta di cosa acquistare. La diapositiva confronta l’atteggiamento degli uomini rispetto a quello delle donne mostra graficamente i tempi medi di permanenza nel punto vendita. Questi tempi, ricordo, si riferiscono alla vendita per asporto e non alla somministrazione. Quindi se la vostra clientela è composta da tante coppie uomini-donne si rivelerà molto utile disporre nel punto vendita sedute, o postazioni audiovisive o materiale di lettura per tenere impegnati gli uomini e mettere le donne in uno stato d’animo rilassato che le predispone maggiormente ad acquistare. P. Gabrieli



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VERSO UNA PASTICCERIA EVOLUTA In collaborazione con Molino Quaglia Spa

Suggerimenti e spunti per aumentare le vendite in pasticceria

Fare la differenza LE ORE NON DI PUNTA SONO IL MOMENTO IDEALE PER INCURIOSIRE I CLIENTI, MAGARI COINVOLGENDOLI IN GRADITE ESPERIENZE SENSORIALI COME DISTINGUERSI NELLA MASSA?

S

i parla tanto di visibilità e di capacità di distinguersi. Per vendere di più e attrarre la clientela migliore. Ma quante pasticcerie possono distinguersi in un centro urbano di uno dei tanti paesi di provincia? Se nella piazza di un paese si aprono le porte di cinque o più tra bar e pasticcerie, come si fa a mostrarsi diversi? Spesso si pensa che la clientela da attrarre a scapito degli altri sia quella delle colazioni mattutine, oppure la gente dell’aperitivo serale, o ancora le famiglie che di domenica acquistano il vassoio di paste. E a volte si gioca sui prezzi al ribasso, erroneamente considerati “concorrenziali”. E invece non funziona proprio così. La differenza non si può fare nelle cosiddette ore di punta, perché i clienti che frequentano la pasticceria in quei momenti della giornata o della settimana sono guidati da abitudini difficili da scardinare. Abitudini e “riti” che sono lo stile di vita del cliente e che contribuiscono a costruire la sua immagine sociale. Invece le ore non di punta, che peraltro sono le maggiori nella settimana, rappresentano l’occasione più favorevole per mettersi in mostra e per stimolare i confronti. È in queste ore che si gioca la concorrenza tra attività di vendita similari, perché l’atteggiamento del cliente è diverso. Chi compra in questi momenti della giornata ha più tempo a disposizione, è alla ricerca di un acquisto più gratificante. Forse cerca un bel regalo, oppure un’idea per la

serata, o semplicemente è attratto da una bella vetrina e decide di provare una novità. Negli orari di scarsa frequentazione è importante offrire qualcosa di diverso, perché in quei momenti le differenze sono visibili. Esempio: Gianni, pasticciere in un paese di 5mila abitanti, titolare di una pasticceria di antica tradizione, riscopre la ricetta dei riccetti, gustosi bocconcini di pasta frolla comunemente preparati anche in casa per la colazione della mattina o lo snack pomeridiano. Gianni ha capito che un dolce semplice e conosciuto esercita un’attrazione alla quale è difficile resistere, perché nasce da ricordi di infanzia e di famiglia ai quali tutti sono sensibili. “Ma per dare evidenza a ciò che è ovvio è necessario costruire un contesto inusuale, nel quale l’ovvio risalti” pensa ad alta voce Gianni; e partendo da questo pensiero organizza un piccolo evento per il lancio dei suoi riccetti. In una zona ben illuminata della sua sala, nel tardo pomeriggio di un martedì qualsiasi, impasta in diretta la sua pasta frolla e quando entra un cliente lo invita a toccarla, ad annusarla, ad assaggiare un tocchetto di pasta ancora cruda. Gli spiega perché certi profumi emergono e altri no, perché usa il burro, perché l’accurata scelta della farina evidenzia il gusto corposo del grano. Poi ne inforna un po’ e il profumo del biscotto inonda il negozio. I fortunati clienti ne acquistano per casa e ne parlano, perché hanno compreso la qualità di ciò che mangeranno in modo semplice e con un’esperienza sensoriale coinvolgente. Piero Gabrieli



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VERSO UNA PASTICCERIA EVOLUTA In collaborazione con Molino Quaglia Spa

Le lezioni di marketing di Piero Gabrieli

Dolce stile di vita IN UN’EPOCA IN CUI INTERNET E I SOCIAL NETWORK HANNO VARIATO I PARAMETRI DELLA COMUNICAZIONE OCCORRE UNA RIFLESSIONE SULLE ODIERNE ABITUDINI DI VITA PER SINTONIZZARSI CON LA PROPRIA CLIENTELA IN TERMINI DI GUSTO E LINGUAGGIO

F

uori dalla porta di casa, seguendo i marciapiede, si arriva nel centro del paese: da soli o in compagnia si può spendere un po’ del proprio tempo libero consumando un caffè e un dolce, per accompagnare conversazioni sui temi più disparati. La socialità è propria degli esseri umani ed è sempre motivo di crescita e allargamento di vedute. La tecnologia delle comunicazioni senza fili ha potenziato la nostra capacità di conversare e scambiare informazioni; fino a qualche anno fa gli unici congegni senza fili capaci di scambiare parole, testi e immagini in modo simultaneo e bidirezionale erano gli esseri umani, con il limite però che questa simultaneità era limitata alla breve distanza nella quale la contemporaneità di queste azioni è umanamente possibile. Oggi, invece, le attività messe in atto inconsapevolmente durante una conversazione tra amici o tra persone che hanno rapporti di lavoro sono possibili tra persone fisicamente lontanissime, che però grazie a internet comunicano in tempo reale e bidirezionalmente con parole, testi e immagini. Non solo con il computer, ma anche con il telefonino, ferme o in movimento. Soprattutto gli adolescenti hanno costruito sistemi di comunicazione e di relazione sociale che sarebbero impensabili senza la tecnologia e che risultano a loro naturali e spontanei come fare due chiacchiere al bar. Queste considerazioni sono determinanti per comprendere come mai oggi sia complesso interpretare le esigenze dei consumatori e trasformarle in prodotti che li appaghino.

Perché un arredamento in perfetto stato appare “vecchio”? Perché la dimensione di un dolce deve essere cambiata? Perché certi accessori per il consumo del dolce diventano indispensabili? Perché deve essere riconsiderato il tempo medio di permanenza al tavolo? Perché certi gusti non vanno ed altri sono apprezzati? Perché cresce l’esigenza di sapere quali sono le materie prime in ciò che mangiamo? E soprattutto perché i problemi legati alla vendita di un prodotto di pasticceria somigliano sempre di più ai problemi legati alla vendita di un capo di abbigliamento o di un articolo elettronico o addirittura di un viaggio? Le risposte a queste domande ed altre del medesimo tenore sono tutte riconducibili a considerazioni sullo stile di vita dei clienti di ogni pasticceria. Il dolce, come il pane, come la pizza sono diventati elementi dello stile di vita individuale così come lo sono un abito, un telefonino, un’autovettura o un viaggio. E quindi arredamento, servizio, prodotto, confezione, comunicazione e vetrina devono essere studiati coerentemente a seconda della tipologia di clientela che frequenta ciascuna pasticceria. In quest’ottica il gusto di un prodotto dolciario è una determinante di successo per le vendite, alla pari del modo di organizzare i vassoi all’interno del banco di vendita. In queste pagine si è parlato tanto nei mesi passati dei singoli elementi del gusto, che in un’accezione totale rappresenta la sintesi degli aspetti sensoriali. Nei prossimi numeri rifletteremo su come trasformare il gusto in strumento di comunicazione. (continua). P. Gabrieli


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VERSO UNA PASTICCERIA EVOLUTA In collaborazione con Molino Quaglia Spa

Gli appunti di marketing di Piero Gabrieli

Parla con i sensi SIAMO CONTINUAMENTE COLPITI DA MESSAGGI COMMERCIALI. A FARLA DA PADRONE L’IMMAGINE, CHE PERÒ DIFFICILMENTE ARRIVA A STIMOLARE TUTTI I SENSI. IL PASTICCIERE, INVECE, HA TUTTE LE CARTE PER UNA COMUNICAZIONE EFFICACE E COMPLETA

N

el numero precedente mi sono soffermato sul rapporto tra gusto e comunicazione. La comunicazione commerciale è un processo che s’instaura tra chi trasmette un messaggio e chi lo deve ricevere e nasce dalla volontà di far sì che chi lo riceve reagisca come vorremmo. Per questo la comunicazione è un’attività fondamentale per gestire un’attività commerciale e perchè sia efficace è necessario definire bene il tipo di messaggio (cosa dire) e le modalità d’espressione (come dirlo). Infatti il problema più frequente in una comunicazione inefficace è proprio il fatto che chi la riceve non ne comprenda pienamente il senso o addirittura capisca una cosa diversa. È inevitabile che ciò accada in una qualche misura, perchè ognuno di noi ragiona per schemi e modelli costruiti su immagini mentali che si formano nella mente più velocemente della comprensione della parola scritta o orale. Per questo motivo le tecniche di comunicazione più comuni si basano su elementi che colpiscono i diversi sensi. Primo tra tutti la vista, poi l’olfatto, il tatto, il gusto e l’udito a seconda dei mezzi utilizzati. Per esempio la pubblicità sulla carta stampata privilegia l’immagine rispetto ai commenti di testo, perchè l’immagine stimola più rapidamente il cervello del

lettore. Questo mezzo di comunicazione però non può far leva sull’olfatto, sul tatto e sul gusto se non in forma mediata attraverso le immagini e le parole. Naturalmente una comunicazione che colpisce i 5 sensi è più efficace di una che ne colpisce solo alcuni. L’artigiano che lavora nel settore alimentare, come per esempio il pasticciere, è in una condizione ideale per comunicare efficacemente il valore di ciò che vende, perchè realizza prodotti che se sono buoni parlano da sè. Tuttavia è importante che i sensi dei clienti siano colpiti secondo una sequenza ordinata in modo che la percezione del buono sia completa e non solo riferita al momento della masticazione. L’ordine dei sensi, se così vogliamo chiamarlo, deve tenere conto del prodotto inserito nel contesto nel quale è venduto o consumato e quindi la priorità di ogni senso deriva dall’importanza relativa tra prodotto e ambiente. Quando diciamo che il gusto comunica da sè vogliamo proprio significare che il gusto, inteso come equilibrio delle 5 sensazioni umane, deve essere costruito secondo una logica che deve adattarsi alla sequenza con cui il nostro cervello percepisce gli stimoli esterni nell’ambiente nel quale avviene il consumo o l’acquisto. Cioè olfatto, vista, udito, tatto, palato. (continua). P. Gabrieli




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La pizzeria, un’impresa I gusti dei consumatori si evolvono verso livelli di qualità di servizio sempre crescenti. Lo sviluppo dell’attività si deve quindi attuare investendo in formazione del personale, comunicando il valore dei propri prodotti e aggiornando la tecnologia in cucina fluenzato dal diffondersi di strutture di vendita di grandi dimensioni gestite da colossi della grande distribuzione org anizzata. Questo fenomeno ha causato effetti disastrosi per quegli impre n d i t o r i che non ne hanno

di Piero Gabrieli

compreso in pieno la portata e che si

Le vie della crescita

sofia della qualità a favore del rispar-

sono avventurati in azioni di concor-

In questo modo molti piccoli eser-

mio di costi indiscriminato ed esclu-

renza basate esclusivamente sul ri-

centi, presi dalla paura di perd e re

s i vamente finalizzato a ve n d e re a

basso dei prezzi di vendita.

clientela, hanno abbandonato la filo-

prezzi concorrenziali. Così facendo,

n tessuto economico, quello ita-

U

però, questi imprenditori hanno fre-

liano, in pre valenza costituito

nato gli investimenti e ridotto la qua-

da piccole e medie imprese, nella

lità dei propri prodotti, subendo co-

grande maggioranza a gestione fami-

munque una perdita di clientela a

liare. Nel corso del tempo le aziende

causa del proprio comportamento.

familiari hanno sviluppato capacità

D ’ a l t ro canto, quegli impre n d i t o r i

di pro d u r re a costi contenuti e con

che hanno saputo cogliere l’opportu-

s t a n d a rd qualitativi elevati curando

nità di competere su qualità e servi-

con attenzione il ra p p o rto con il

zio hanno rafforzato la loro presenza

cliente. Negli ultimi due decenni, tut-

sul mercato offrendo prodotti non

tavia, il mercato dei prodotti alimen-

c o m p a rabili con quelli della gra n d e

tari artigianali è stato fortemente in-

distribuzione. Alla luce di queste


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U N I V E RSITÀ DELLA PIZZA – SECONDO LIVELLO Corsi dedicati solo a chi ha già superato il primo livello.

22-23 marzo - Gli impasti indiretti: approffondimento sulla biga 6 aprile - Perfect topping: come scegliere e trattare le materie prime in pizzeria 27 aprile - Marketing e gestione della pizzeria

a che vive nel mercato considerazioni è chiaro che la strada

non sul confronto dei prezzi praticati

dello sviluppo aziendale si ra m i f i c a

da strutture di grande dimensione.

in due direzioni alternative: la cresci-

Ecco allora che il gestore di pizzeria,

ta dimensionale o il salto di qualità.

orientato allo sviluppo e attento all’e-

Le due direzioni, pur essendo alter-

voluzione dei gusti della sua cliente-

n a t i ve, tuttavia non si escludono

la, tende da un lato a migliora re il

completamente a vicenda: infatti il

servizio in sala, ad ampliare la gam-

rafforzamento della propria posizio-

ma dei prodotti, a org a n i z z a re eve n t i

ne sul mercato non può pre s c i n d e re

promozionali e, dall’altro, a innova re

né dagli investimenti per migliora re

l ’ o rganizzazione della cucina inve-

la qualità del servizio e l’immagine

stendo in tecnologia, programmando

aziendale, né dalle modifiche org a-

la produzione settimanale in modo

n i z z a t i ve necessarie per il conteni-

da limitare i tempi morti, migliorando

mento dei costi, che, però, non deve

le condizioni di lavo ro del personale

a n d a re a scapito della qualità del

dipendente e pianificando l’aumento

prodotto.

della capacità pro d u t t i va per sostenere un assortimento più ampio.

Differenziare la qualità

In questo modo l’economia nei costi

La par tita dello sviluppo si gioca

finanzierà gli investimenti in marke-

quindi sulla differenziazione qualita-

ting e i clienti compre ranno attratti da

t i va e

un ra p p o rto qualità-pre z zo più f a vo re vole e non dal p re z zo più basso. Lo

sviluppo

SIMPOSIO PIZZAUP NUOVO APPUNTAMENTO P

er il giorno 31 marzo, presso la sede dell’Università della Pizza di Vighizzolo d’Este (Padova) è in programma la riunione dei partecipanti alla seconda edizione del Simposio PizzaUp. I lavori si svolgono nell’arco di una sola giornata e sono centrati sull’eccellenza della pizza e del pizzaiolo. Spiega Roberta Lara, responsabile UdP: “Intendiamo proseguire il nostro lavoro sulla strada della oggettivazione scientifica della professione del pizzaiolo e della qualità del prodotto pizza”. Saremo presenti anche noi per pro p o rvi, come sempre, una cronaca dettagliata dei lavori. !

della piccola e media impresa inizia con la presa di coscienza che i gusti dei consumatori si evo l vono ve r s o l i velli di qualità del servizio sempre crescenti e si attua investendo in formazione del personale, comunicando efficacemente il va l o re dei propri prodotti e aggiornando la tecnologia produttiva.

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L'anno del rosso Intenso? Le diverse tipologie di clienti sono riconoscibili da comportamenti e gestualità. La metodologia neurolinguistica definisce persone “cinestetiche” quelle che comunicano attraverso tatto, olfatto e gusto. Sono le più inclini ai consumi fuori casa momenti di calo della domanda possono tornare utili tecniche di comunicazione, magari lette frettolosamente quando le cose andavano bene o ascoltate in qualche corso di formazione, frequentato più per curiosità che per il reale desiderio di applicarne i contenuti. Per esempio nei libri di programmazione neurolinguistica si legge che la gente si divide in 3 categorie omogenee rispetto al canale

sa leggerli, di comprendere cosa e

L'identikit

percettivo prevalente. Ci sono le per-

come vendere loro. Ora trasformiamo

È una persona che esprime con il mo-

sone "uditive" che comunicano pre-

la teoria in pratica. Prendiamo ad

do di vestire il suo amore per la vita

di Piero Gabrieli

valentemente attraverso l'udito (pa-

esempio la figura del “cinestetico”.

dinamica ed emotivamente ricca.

rola e lettura), le persone "visive"

Non a caso, perché oggi è la più inte-

Quindi la persona appare informale,

S

iamo in crisi economica. Così

che comunicano attraverso la vista

ressante, in quanto essendo una per-

con abiti comodi piuttosto che alla

raccontano i media e così per

(immagini) e le persone "cinesteti-

sona poco incline a guardare al futu-

moda, presenta spesso corporatura

qualche aspetto tutti noi verifichia-

che" che comunicano attraverso gli

ro (come i "visivi") o al passato (co-

robusta e rotonda. Le donne amano

mo. La crisi però risveglia nei più bra-

altri 3 sensi (tatto, olfatto e gusto).

me gli "uditivi"), è quel tipo di clien-

indossare anche monili e non disde-

vi il bisogno di distinguersi per at-

Ogni tipologia è riconoscibile attra-

te più disposto a spendere perché

gnano il trucco sul viso. Il cliente che

trarre i clienti con un'offerta che giu-

verso elementi di comportamento o

"tanto finché ce n'è, perché preoccu-

appartiene a questa tipologia è mol-

stifichi i soldi spesi. Eppoi anche nei

di esteriorità che permettono, a chi

parsi?".

to aperto al dialogo ed esprime note-


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mendo apertamente ciò che pensa. La comunicazione verso il cliente "cinestetico" è basata sulla descrizione dei sapori, dei gusti, degli accostamenti di cibi e bevande, sulla consistenza del cibo, sugli aromi e sulle spezie, sui contrasti di sapore. Egli è particolarmente orientato alla sperimentazione gastronomica come mezzo di appagamento e di piacere. Per comunicare con un cliente "cinestetico" è necessario parlare in modo concreto, con parole che descrivono le sensazioni che egli proverà toccando, annusando o degustando il prodotto, Questa tipologia di cliente, che predili-

La gestualità

ge prodotti dal gusto deciso e ricco, è

dei rossi. Non a caso la pizza proposta

Il cliente "cinestetico" si riconosce an-

attratta dai profumi e dalle piccole de-

dall'Università della Pizza nasce da un

che dalla sua gestualità, dinamica e

gustazioni.

impasto a base della gustosa e nutriente farina Petra del Molino Quaglia, che

corposa; sembra raffigurare con i gesti la fisicità delle cose che descrive, dal

La pizza ideale

da sola conferisce carattere deciso e

modo di camminare, calmo e misurato,

I clienti rientranti in questa categoria

gusto rotondo, migliorando la digeribi-

come se non avesse mai fretta, dal mo-

apprezzano l'ordine e la pulizia. Sono

lità per la corretta lievitazione.

do di parlare, con voce lenta e profon-

colpiti da quelle zone della pizzeria ca-

Sormontata da spicchi succosi di po-

da. Se si osserva la persona "visiva"

ratterizzate da una ricca esposizione di

modoro dal sapore fresco e dolce, che

vole curiosità verso le ricette e gli ac-

mentre fa la coda, in attesa del suo tur-

oggetti, soprammobili, prodotti, reci-

contrastano piacevolmente con la deli-

costamenti di alimenti e bevande.

no, la sua postura è apparentemente ri-

pienti con cibi e bevande e dai colori

catezza dei ciuffi di mozzarella strappa-

Infatti la sua attenzione è concentra-

lassata, e dimostra un atteggiamento

delle confezioni, soprattutto se di tinta

ti a mano. La superficie dell'impasto è

ta prevalentemente su ciò che gu-

accomodante nei confronti degli altri.

scura. Prediligono le tonalità del rosso

rugosa e piacevole da toccare, con una

sterà in tavola, preferibilmente in si-

Se il suo sguardo punta verso il basso

e dell'amaranto. Nella gamma degli ali-

crosta sottile e croccante che riveste

tuazioni di convivialità, con i familiari

vuol dire che sta riflettendo prima di as-

menti risaltano al loro occhio quelli che

una mollica morbida e ben alveolata. E

o con gli amici. Non si deve infatti di-

sumere una decisione. Durante la con-

presentano questi colori, ma anche gli

in bocca i sapori si amalgamano con il

menticare che il cliente “cinestetico”

versazione accade con frequenza che

alimenti all'interno di contenitori o to-

gusto fresco del basilico e gli aromi ve-

vive la buona tavola come luogo di

tocchi il braccio o la spalla del suo inter-

vagliati di questo colore. Ovviamente

getali dell'olio extravergine d'oliva ste-

incontro per stare in compagnia e

locutore, come per sottolineare le pro-

preferiscono i vini rossi, amano i sapori

so all'uscita dal forno.

mangiare bene, e non solo per ali-

prie parole. Alle domande risponde do-

corposi e ricchi, sono attratti dai dolci

Una delizia salvacrisi per il palato dei

mentarsi.

po aver riflettuto, mai di getto, espri-

che presentano variazioni nella gamma

clienti “cinestetici”.


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www.universitadellapizza.com

Un esteta

al vostro tavolo

Questo mese l’analisi della clientela secondo la metodologia neurolinguistica mette in luce le persone “visive”, una categoria che comunica attraverso le immagini. Vediamo cosa chiedono, come rapportarsi e cosa proporre loro

lizziamo il modo di vivere l'esperienza di consumo di quelle persone dotate di personalità cosiddetta visiva, in quanto percepiscono e giudicano la realtà basandosi prevalentemente su ciò che vedono o immaginano. Le c a ratteristiche descritte di seguito

di Piero Gabrieli

N

el numero precedente ho parlato del rosso e dei clienti che ne

sono attratti. Per evidenza statistica rappresentano circa il 40% delle persone che si incontrano in pizze r i a . Ma l’altro 60%? Il titolare di una pizzeria, per essere un bravo venditore, deve ave re una grande capacità di osserva re e ascoltare i suoi clienti, non solo per interpretarne i bisogni, ma anche e soprattutto per impararare a "parlare la stessa lingua". Ma cosa vuol dire "parlare la stessa lingua?”. Significa ave re la capacità di

c a n a l i z z a re il proprio messaggio sti-

che di vendita più moderne si basa-

non necessariamente devono emer-

molando il canale perc e t t i vo che il

no sulla classificazione dei clienti in

g e re contemporaneamente con la

nostro interlocutore è abituato a uti-

tipologie che hanno in comune la

stessa intensità: tuttavia, se vi sof-

lizzare più di frequente.

modalità di va l u t a re la qualità di un

fermerete a osservare con più atten-

Ma cos'è un canale perc e t t i vo? E

p rodotto attraverso l'uso di alcuni

zione i vostri clienti, vi accorg e re t e

quanti canali percettivi utilizziamo

sensi piuttosto che di altri. Oggi ana-

che un altro buon 40% di essi rientra

per comunicare? Alcune delle tecni-

in questa descrizione.


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food

Il profilo Il “visivo” è una persona che esprime con il modo di ve s t i re il suo amore per l'ordine e la pulizia. Quindi non ha mai un capello fuori posto, veste con abiti alla moda, equilibrati nel taglio e nei colori. Ta l volta è un po’ stravagante, ma mai di cattivo gusto. Non abbonda in monili e gioielli. Insomma, la persona si presenta sobria, elegante, se donna è poco truccata in viso, con taglio di capelli che incornicia il volto esaltandone lo sguardo, spesso sorridente. È ben disposta verso il dialogo, purché non ci si perda in dettagli tecnici sulle caratteristiche del pro d o t t o. Infatti la sua attenzione è concentrata pre valentemente su ciò che vede, e non su ciò che ascolta; anzi, spesso, le parole le scorrono addosso mentre è immersa in visioni immaginifiche su ciò che farà nei prossimi giorni, mesi o addirittura anni.

Ordine e colori Il cliente "visivo" si riconosce anche dalla sua gestualità, vivace e capace di tra-

Parlare descrivendo

nosce loro un maggior valore. Come

smettere entusiasmo, dal modo di cam-

Per comunicare con un cliente "visi-

e cosa vendere a un cliente “visivo?”.

minare, veloce e dinamico, come se an-

vo" è necessario sintonizzarsi sulla

I clienti rientranti in questa categoria

dasse sempre di fretta, dal modo di parla-

sua lunghezza d'onda parlando per

sono attratti dall'ordine, dalla pulizia

re, rapido e deciso. A volte sembra rivol-

metafore, utilizzando parole che "di-

e dall'eleganza sobria.

gersi in modo brusco o autoritario: in

pingono" il prodotto, sforzandosi di

Pertanto sono colpiti da quelle zone

realtà questo gli accade quando la parola

s t i m o l a re la sua immaginazione fa-

c a ratterizzate da un arre d a m e n t o

si sovrappone alla sua immaginazione.

cendo riferimento a scene di vita vis-

semplice e colorato con tinte decise.

Se si osserva la persona "visiva" in coda,

suta. Questa tipologia di cliente pre-

Prediligono le colorazioni del verde,

in attesa del suo turno, la sua postura è

dilige prodotti belli da vedere e rico-

del giallo e dell'arancione. Nella

diritta, rigida, anche se il corpo si muove spesso in maniera rapida, cambiando di

gamma delle pizze, risaltano al loro

posizione. Se il suo sguardo punta verso

occhio quelle che presentano questi

l'alto vuol dire che la sua attenzione è

colori. Nella proposta di vendita è in-

concentrata sulle sue "visioni" e la sua

dispensabile evitare di sottoporre al-

immaginazione sta correndo. Durante la

la loro scelta prodotti o oggetti che

conversazione può imbarazzare l'interlo-

non si presentino in modo sobrio ed

cutore, perché è una persona abituata a

elegante. Preferiscono le dimensioni

guardare dritto negli occhi mentre parla.

piccole (quindi le pizze che non de-

La comunicazione del cliente "visivo" è

bordano dal piatto) e soprattutto le

basata sulla descrizione di ciò che si può

farciture ricche e colorate.

fare con quello che si acquista. Egli è par-

Se si vuole attra r re questo tipo di

ticolarmente catturato dall'aspetto armo-

clientela è indispensabile disporre di

nioso, ordinato, colorato con gusto, delle

un arredamento moderno e chi serve

cose che vede. Apprezza gli elementi

in sala deve mostra re un atteggia-

estetici in quanto concorrono all'armonia

mento sereno e orientato alla positi-

di ciò che lo circonda.

vità.

!






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food

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www.universitadellapizza.com

Con l’assortimento si fidelizza il cliente Analizziamo la ricerca pubblicata nel mese scorso tesa a calcolare il valore di chi frequenta il vostro locale. Una metodologia che però deve tener conto di un fattore chiave: una caduta di qualità e di varietà nell’offerta del prodotto o nel servizio produce un danno economico ben più elevato della perdita di uno scontrino

di Piero Gabrieli

R

i p rendiamo dal numero pre c edente la riflessione su quale sia il

va l o re di un cliente usando come esempio la tabella pubblicata in queste pagine. L’attività presa come paradigma è una pizzeria al taglio localizzata in una cittadina di medie dimensioni (15.000 – 25.000 abitanti) in una zona frequentata prevalentemente da persone che vi si recano per lavo ro o per studio (stazione, scuole, uffici, ospedali ecc.) e parte da un numero di clienti pari a 450 (a inizio 2006) p re vedendo una crescita netta della


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clientela stimata in un numero va r i abile tra 50 (2006) e 10 (2010).

Cres c i ta netta Per crescita netta si intende natura lmente la differenza tra i nuovi clienti e quelli che invece ci abbandoneranno nel corso degli anni. Parallelamente, la spesa media per cliente si ipotizza in crescita dagli iniziali euro 6,00 (2006) per consumazione a euro 12,00 (2010), ed è legata alla vendita di minori quantità e di una maggiore gamma di pizze. Il va l o re di 6,00 e di 12,00 e u ro non deve essere inteso come p re z zo di vendita della pizza e della b e vanda, ma piuttosto come spesa p ro-capite per una consumazione. In altre parole in un gruppo di 4 persone si considera il peso totale delle pizze servite diviso il numero delle persone. In questo modo si tiene conto sia del fatto che ognuna delle quattro persone potrebbe ordinare pizze di diverso

I parametri

una caduta di qualità nel prodotto o

prezzo, sia del fatto che quattro perso-

Nell’esempio si considera un altissi-

nel servizio produce un danno eco-

ne si dividano il peso di tre porzioni.

mo tasso di frequentazione (in media

nomico ben più elevato della perdita

un giorno sì e uno no per cliente) e

di uno scontrino da 6 euro.

Due fasi di calcolo

una spesa media per cliente che cre-

Per il calcolo del va l o re del cliente è

sce nel tempo a causa di un assorti-

i m p o rtante stimare anche l'incidenza

mento che si arricchisce di pro d o t t i

sul pre z zo di vendita dei costi di pro-

di qualità e gusto crescenti. Un as-

duzione (materie prime, energia e per-

sortimento che cambia tematicamen-

sonale di laboratorio, ammortamento

te con qualità e gusto crescenti nel

delle attre z z a t u re di produzione ecc),

tempo rappresenta lo strumento per

che in questa simulazione si pre vedo-

f i d e l i z z a re i clienti che altrimenti,

no crescenti dal 33% al 38%.

proprio per il fatto di dover mangiare

Il calcolo si effettua in due fasi: prima

ripetutamente i medesimi prodotti, si

sottraendo dall'incasso previsto i rela-

stancherebbero rapidamente. Se uno

tivi costi di produzione, come sopra

di questi clienti riusciremo a tenerlo

specificati, poi scontando i margini co-

per 5 anni, il suo valore sarà di 5.016

sì calcolati al costo previsto del dena-

e u ro. Con il rischio però di perd e r l o

ro, in modo da ave re un valore attualiz-

prima se non lo tratteremo bene, an-

zato a oggi, cioè un valore che non ri-

che se spenderà solo 6,00 euro al

sente dell’inflazione.

giorno. La logica di calcolo del valore

Il margine di contribuzione si calcola

medio di un cliente, sia pure applica-

come differenza tra il totale dei corri-

ta in questo esempio a un caso mol-

spettivi e il totale dei costi di produzio-

to particolare e volutamente eccezio-

ne e materie prime e ra p p resenta la ci-

nale, è valida sia per le pizzerie al ta-

fra a disposizione del titolare per paga-

glio sia per quelle con servizio al

re i costi fissi di vendita della pizzeria

piatto, fatti i necessari distinguo per

(affitto, personale di servizio, consumi

le differenti configurazioni dei costi

dei luoghi di somministrazione, impo-

di produzione e di gestione. La sua

ste e tasse, il proprio compenso ecc.).

utilità è quella di evidenziare come

!




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Il pacchetto di qualità Seconda puntata del nostro viaggio nella gestione di una pizzeria. Come comunicare alla clientela i propri valori di eccellenza e quali canali di utilizzare per divulgarli? La strategia migliore è quella di raggruppare i punti di forza e presentarli in blocco quello dei concorrenti, ritenendo che abbassare il prezzo faccia vendere più pizze. In questo momento di mercato è sempre più vero che questo atteggiamento commerciale non di Piero Gabrieli

paga, perché abbassando i prezzi i volumi non crescono in proporzione.

L

a differenza tra rapporto quan-

Una pizza diversa

tità/prezzo e rapporto qualità/

Al contrario, chi è attento al rapporto

prezzo si può descrivere in vari modi.

qualità/prezzo si dà come obiettivo

Il primo l'ho già descritto: la pizzeria

primario la crescita in qualità e quin-

che si dà come obiettivo principale la

di ai clienti non parla di prezzo, ma

crescita dei volumi comunica ai clien-

piuttosto della diversità della propria

ti un prezzo più basso rispetto a

pizza rispetto a quella dei concorren-


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ti. In una fase di caduta dei consumi e in periodi di crisi come quello che stiamo vivendo, questo atteggiamento commerciale richiama nuovi clienti e fidelizza quelli già acquisiti, per quanto i consumi di pizza pro-capite diminuiscano rispetto al passato. A questo proposito tengo a precisare però che la diminuzione dei consumi non è conseguenza dei prezzi necessariamente più alti per pagare la maggiore qualità, ma un effetto delle mutate condizioni del mercato, che spingono i consumatori a essere più attenti a ciò che acquistano e soprattutto a concedersi qualcosa senza sprechi.

Le strade da seguire Torniamo però al punto centrale, il rapporto qualità/prezzo: come comunicare la qualità della propria pizzeria rispetto ai concorrenti? Qual è il canale di comunicazione più efficace? Certamente non la pubblicità su carta, né la spiegazione verbale a ogni cliente di come è preparata la pizza. Nel primo caso, ci vorrebbero troppi soldi in rapporto all'ampiezza dell'area nella quale risiedono i clienti di una pizzeria, nel secondo caso sarebbero necessari tanti camerieri preparatissimi sull'argomento e organizzati per dedicare troppo tempo a ogni tavolo per parlare e motivare oltre che per servire. Neppure una pizza visivamente più curata sarebbe sufficiente da sola

a giustificare un prezzo più alto e una

lità, piuttosto che solo un prodotto di

qualità maggiore. Da questo breve

qualità. Questo pacchetto è compo-

elenco è facile capire che un solo ele-

sto da un contenitore e da un conte-

mento di eccellenza non basta per far

nuto. Il contenuto è ovviamente la

capire ai clienti la differenza di qua-

pizza, il contenitore è tutto ciò che le

lità, e che alcuni dei canali di comuni-

sta attorno: la posizione della pizze-

cazione più comuni non sono efficaci

ria, la pulizia e l'ordine, il servizio in

per far crescere le vendite. Quindi la

sala, il modo di far vivere le attese, i

soluzione sta nel combinare i canali di

tempi per pagare il conto, il menù del-

comunicazione in modo da presenta-

le pizze e delle bevande, l'assorti-

re alla clientela un pacchetto di qua-

mento di dolci... (continua).


La formazione ANALISI DI MERCATO

L’anno del pane Accademia del Pane prosegue la sua campagna per sensibilizzare i panettieri all’approfondimento delle migliori tecniche per l’utilizzo delle farine e dei lieviti per migliorare la produzione del pane e valorizzarlo agli occhi dei consumatori

Per tutto il 2008 non si è fatto altro che parlare di pane. Soprattutto si è parlato male del pane e dei fornai che lo producono. Il pane è troppo caro. Il pane non è buono. Il pane provoca intolleranze. Tra le poche voci a favore del pane e dei panettieri la nostra Accademia del Pane, con gli inviti a tenere duro, tarare i prezzi sull’effettivo valore del pane e, quindi, fare il pane sempre più buono. Come una volta, quando il pane era il frutto del lavoro del fornaio, che trasformava ingredienti semplici e naturali in un alimento gustoso e nutriente. Capace di conservarsi più a lungo senza indurire o rinsecchire fino a diventare immangiabile nel giro di poche ore. Come purtroppo la maggior parte dei pani che oggi si trovano in vendita in tanti panifici. Oggi più che mai il consumatore è attento a quello che compra, perché non è più nelle condizioni di buttare via nulla. È un dato di fatto che le famiglie mangino molto, ma molto meno pane artigianale. In 10 anni infatti il settore dei panifici artigianali ha perso una quota superiore al 30% del mercato. Attenzione, però, perché questo dato statistico non deve

40 IL PANIFICATORE ITALIANO – Gennaio 2009

essere letto nel senso che la gente mangia meno pane, ma piuttosto deve fare riflettere sul perché sempre più consumatori non comprano il pane in panetteria. Infatti le vendite mancate dei fornai sono invece maggiori vendite dell’industria, sottoforma di pani a lunga conservazione o di sostituti del pane. Diciamo subito che il diverso orientamento all’acquisto non è dettato da differenze favorevoli di prezzo, perché il pane in busta a lunga conservazione ed i sostituti del pane (grissini, crackers, gallette, ecc.) hanno prezzi al pubblico spesso superiori a quello del pane fresco di tanti panifici. Invece la propensione sempre maggiore a comprare questi prodotti nasce coerentemente dal significato che il pane ha per tutti noi: deve durare più di un giorno, non deve essere buttato via perché “è peccato” e deve essere non solo accompagnamento ma anche snack gustoso. Quanti pani freschi artigianali hanno queste caratteristiche? Pochi, perché gli sforzi inspiegabili di tanti panettieri per banalizzare il proprio prodotto con ricette diverse da farina+acqua+lievito madre+sale hanno fatto sì che l’unico pane che si conserva a lungo, che non si butta mai via e che si può utilizzare come snack sia proprio quello in busta a lunga conservazione. Peccato che non abbia il gusto del pane della nostra tradizione e che per farlo non serva a nulla l’antico mestiere del fornaio. Allora perché il 2009 sia l’anno del pane, quello con l’anima perché è frutto del mestiere che è fatto di conoscenza sapiente della materia prima e delle lavorazioni, quello che sa del pane di una volta, quello che è buono appena sfornato ed anche dopo un giorno, quello che ci piace tanto mangiare con i formaggi, i salumi e la cioccolata, quello che dopo il gusto pieno ci lascia la bocca pulita, perché l’anno 2009 sia l’anno in cui si parlerà bene del pane e dei fornai, raccogliamo l’invito di chi oggi i pochi soldi vuole spenderli bene: facciamo del buon pane. Nel 2009, ancor più che nel 2008, Accademia del Pane comunicherà per dare più voce e peso a tutti i panettieri che sposeranno la filosofia della qualità vera per dare valore al prezzo del pane. Piero Gabrieli www.reedbusiness.it


La formazione ANALISI DI MERCATO

Le donne comprano diversamente dagli uomini Accademia del Pane prosegue la sua campagna per sensibilizzare i panettieri all’approfondimento delle migliori tecniche per l’utilizzo delle farine e dei lieviti per migliorare la produzione del pane e valorizzarlo agli occhi dei consumatori

Si moltiplicano gli studi sul funzionamento del cervello umano e sui fattori che condizionano i comportamenti di chi acquista. La neuroscienza ha fatto passi da gigante negli ultimi anni ed esistono prove valide per affermare che le donne hanno motivazioni e modalità di acquisto diverse da quelle degli uomini. È quindi importante tenere presenti queste differenze quando si allestisce un’esposizione di prodotti o si definiscono tecniche di vendita capaci di “spingere” l’assortimento di una panetteria artigiana. Come sappiamo la vendita è sempre il risultato del connubio tra un ottimo prodotto ed un’ottima comunicazione del suo valore. La qualità del prodotto in termini di gusto e digeribilità si ottiene utilizzando ottime materie prime e sapendole lavorare nel giusto modo. Questa qualità è riconoscibile in modo eguale da uomini e donne ed

30 IL PANIFICATORE ITALIANO – Febbraio 2009

emerge al momento del consumo. Ma perché questa qualità sia riconosciuta, e quindi diventi motivo del successivo riacquisto, è però necessaria una percezione di valore legata a tutti gli altri fattori della vendita. Sono proprio questi i fattori che colpiscono e influenzano diversamente gli uomini rispetto alle donne. Le donne sono responsabili dell’80% delle decisioni di acquisto e quindi anche nel settore del food rappresentano una formidabile opportunità di crescita. Il motivo di tale elevata percentuale a loro favore risiede in motivi culturali che nel nostro, al pari degli altri Paesi occidentali, vede nelle coppie il prevalere del parere femminile nelle decisioni di ciò che è meglio comprare. Così come spesso anche gli uomini che comprano da soli acquistano in realtà ciò che sanno farà piacere alla donna con cui vivono. Molto spesso però l’assortimento di un panificio è deciso da un titolare di sesso maschile, il quale per sua mentalità non considera che conoscere le motivazioni femminili può fargli vendere di più. Non a caso i panifici nei quali una donna gestisce le vendite e suggerisce cosa esporre e cosa produrre hanno maggiori possibilità di successo. Proverò allora a formulare una serie di semplici regole per mettere a punto un marketing orientato alle donne partendo da moderni studi in tal senso. La prima riguarda l’ottica: una donna è attenta al contesto e sceglie osservando i particolari, mentre un uomo è più concentrato sul prodotto, mostrando una minore capacità di comprenderne la qualità sulla base dei segnali che gli provengono dall’ambiente nel quale è venduto. Un uomo acquista mezzo chilo di pane, una donna acquista mezzo chilo di pani scelti sulla base degli ingredienti, del gusto, degli abbinamenti, della posizione nello scaffale, di quanto ce n’è in un contenitore piuttosto che in un altro, della pulizia, della luminosità, ecc. L’uomo acquista prodotti alimentari in modo lineare e pragmatico, cioè basandosi su scelte limitate e veloci. L’uomo è ripetitivo ed è facile prevederne le mosse. Invece la donna... (continua) Piero Gabrieli www.reedbusiness.it


La formazione ANALISI DI MERCATO

Le donne comprano diversamente dagli uomini Accademia del Pane prosegue la sua campagna per sensibilizzare i panettieri all’approfondimento delle migliori tecniche per l’utilizzo delle farine e dei lieviti per migliorare la produzione del pane e valorizzarlo agli occhi dei consumatori

(continua) Ma perché le donne sono meno prevedibili degli uomini quando acquistano? Perché vedono la spesa in maniera diversa dalla controparte maschile. Alle donne piace comprare perché attraverso l’acquisto realizzano una loro visione della vita, che si estende anche alle persone del nucleo familiare. Mentre l’uomo è più attento alla funzione di ciò che compra, senza preoccuparsi dei risvolti del consumo sullo stile di vita proprio e delle persone che lo circondano. In altre parole, la donna afferma e comunica la propria personalità attraverso ciò che compra. Sia che si tratti di un capo di abbigliamento, sia che si tratti di un alimento. Figuriamoci poi nel caso del pane e dei prodotti da forno in generale, alimenti che inevitabilmente riconducono all’infanzia e al periodo delle cose belle, buone e rassicuranti. Sono elementi di vita che soprattutto la donna si sforza di tramandare e ricostituire. Non importa se vive da single o se ha la responsabilità di una gestione familiare. Certo è che pane

32 IL PANIFICATORE ITALIANO – Marzo 2009

e torte da forno sono ingredienti di un calore umano irrinunciabile. È per questo motivo che profumi, colori e sapori del pane devono essere coerenti con l’idea di qualità che nasce e matura nel cervello femminile. In questo l’uomo si affida completamente, perché nella nostra cultura la realizzazione del contesto è prevalentemente affidata alla donna e la fruizione è fortemente cercata dall’uomo. Questi concetti espressi dalla neuroscienza si traducono in tecnica di vendita, dando un ordine di priorità agli elementi essenziali di un buon prodotto. Mi riferisco alle tre caratteristiche fondamentali di ogni prodotto alimentare artigianale che si rispetti: l’estetica, il gusto e la creatività. In quale ordine comunicarli? Mettiamoci nei panni di una donna che entra in panificio: l’acquisto del pane è un tassello di un puzzle complesso che è la costruzione di una giornata che deve concludersi in modo gratificante. Il pane dovrà soddisfare in tavola e più occasioni di consumo (pranzo, merenda, cena, colazione del giorno successivo e magari più oltre, in forma di fette da tostare e imburrare). Il gusto sarà quindi determinante per il giudizio sulla convenienza dell’acquisto e pertanto dovrà nascere da materie prime di alta qualità, dalle tecniche di lievitazione che lo esaltano e mantenersi in un periodo sufficientemente lungo che va al di là delle 24 ore. Estetica e creatività sono complementi utili del gusto, in quanto danno al pane la capacità di stimolare il desiderio naturale, presente soprattutto nelle donne, di variare tipologia di acquisto per non cadere nella routine. L’estetica, intesa come forma, colore e presentazione visiva del pane, attraverso la dimensione della forma, la rugosità e lo spessore della crosta, stimola e suggerisce modelli di consumo alternativi che si adattano a vari momenti della giornata. La creatività indirizza l’assortimento verso la reinterpretazione moderna di ricette che appartengono alla cultura panificatoria italiana. Quindi, nell’ordine, il panettiere deve comunicare la creatività con l’assortimento, l’estetica con la cura della forma, dei colori e dell’esposizione e infine il gusto con la prova del palato nei momenti di consumo, in casa e a distanza di tempo. (continua) Piero Gabrieli

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La formazione ANALISI DI MERCATO

Petra a colazione. In panificio come in casa Accademia del Pane prosegue la sua campagna per sensibilizzare i panettieri all’approfondimento delle migliori tecniche per l’utilizzo delle farine e dei lieviti per migliorare la produzione del pane e valorizzarlo agli occhi dei consumatori

Il pane è un argomento sulla bocca di tutti. Da sempre, ma oggi, forse per la prima volta, con significati anche negativi che associano il pane a concetti di bassa qualità e di alto prezzo. Quando fino a poco tempo fa il pane era sinonimo di buono e averne non aveva prezzo. Se ciò accade è perché effettivamente negli ultimi 25 anni molti dei pani che il mercaro propone hanno perso tutti gli elementi sensoriali ai quali eravamo abituati: profumo, elasticità, croccantezza e colore della crosta, umidità della mollica, sapore, forma. Il mercato del pane oggi si è appiattito su forme, sapori e consistenze, omogenei al punto da fare cadere nel dimenticatoio utilizzi del pane che un tempo costituivano momenti di pausa giornaliera dedicati ad una alimentazione sana e coinvolgente. Per esempio, la colazione e la merenda: oggi, soprattutto se fuori casa, colazione e merenda sono basate su prodotti dolciari ad elevato contenuto calorico e caratterizzati da un gusto a volte invadente. Non solo se l’origine di questi prodotti è industriale, ma anche nel caso di tanti prodotti artigianali. Ma ci ricordiamo di quando la colazione e la merenda erano a base di pane in abbinamento con alimenti dolci o salati? Pane e marmellata, pane e cioccolato, pane e salame, pane e latte, pane e pomodoro, pane e formaggio, per parlare dei più comuni. La costante di questi abbinamenti era il pane, quello di grande pezzatura con la crosta croccante e la mollica un po’ umida, tagliato a fette, dal gusto rotondo del grano, che poi, alla fine della masticazione, ripuliva il palato di tutti i residui oleosi o grassi tipici del companatico. E soprattutto lasciando come ultimo sapore quello del pane, delicato ma persistente più degli 34 IL PANIFICATORE ITALIANO – Maggio 2009

altri, anche di quelli inizialmente più forti e prevaricanti. Un gusto dolce di grano, costruito con la masticazione e disponibile dopo quello del cioccolato, del salame, del formaggio, e così via. Un gusto dolce e pulito che ci accompagna per molto tempo dopo la colazione e la merenda, trasmettendo un piacevole senso di sazietà. Oggi c’è desiderio di un ritorno alla colazione e alla merenda come queste, perché la necessità di un’alimentazione più semplice e sana cresce di pari passo con l’avanzare del fast food, della colazione consumata in fretta al bar o in casa, degli snack che sono pause di un ritmo stressante di lavoro e di vita. Lo abbiamo sperimentato in più occasioni, ultima fra queste la tappa di 5 giorni al Salone del Mobile di Milano, dove abbiamo servito colazioni e merende a base di pane e di altri prodotti da forno. La proposta era quella di accompagnare una tazza di caffè e latte con un piccolo croissant insieme ad un biscotto di frolla ed una fetta di pane Petra con un velo di burro e marmellata. La cosa sorprendente è stata che tutti hanno mangiato il pane con la marmellata, tanti il biscottino di pasta frolla, pochissimi anche il croissant. E pensare che abbiamo servito più di 500 porzioni. Anche in questa come in altre occasioni sperimentate negli ultimi due anni il gusto del pane è prevalso su tutto e ha fatto riscoprire il senso del buono che appartiene alle cose semplici e gustose. Merito anche della farina Petra, prima di una linea che abbiamo chiamato “del gusto”, perché nasce da grani selezionatissimi, macinati a pietra in purezza, per conservare intatto il gusto del grano dal sacco all’alimento. Piero Gabrieli www.reedbusiness.it


La formazione ANALISI DI MERCATO

Colazione e merenda dal fornaio Accademia del Pane prosegue la sua campagna per sensibilizzare i panettieri all’approfondimento delle migliori tecniche per l’utilizzo delle farine e dei lieviti per migliorare la produzione del pane e valorizzarlo agli occhi dei consumatori

Il pane è un argomento sulla bocca di tutti. Da sempre, ma oggi, forse per la prima volta, con significati anche negativi che associano il pane a concetti di bassa qualità e di alto prezzo. Quando fino a poco tempo fa il pane era sinonimo di buono e averne non aveva prezzo. Se ciò accade è perchè effettivamente negli ultimi venticinque anni molti dei pani che il mercaro propone hanno perso tutti gli elementi sensoriali ai quali eravamo abituati: profumo, elasticità, croccantezza e colore della crosta, umidità della mollica, sapore, forma. Il mercato del pane oggi si è appiattito su forme, sapori e consistenze omogenei al punto da far cadere nel dimenticaio utilizzi del pane che un tempo costituivano momenti di pausa giornaliera dedicati ad una alimentazione sana e coinvolgente. Per esempio la colazione e la merenda: oggi, soprattutto se fuori casa, colazione e merenda sono basate su prodotti dolciari ad elevato contenuto calorico e caratterizzati da un gusto a volte invadente. Non solo se l’origine di questi prodotti è industriale, ma anche nel caso di tanti prodotti artigianali. Ma ci ricordiamo di quando la colazione e la merenda erano a base di pane in abbinamento con alimenti dolci o salati? Pane e marmellata, pane e cioccolato, pane e salame, pane e latte, pane e pomodoro, pane e formaggio, per parlare dei più comuni. La costante di questi abbinamenti era il pane, quello di grande pezzatura con la crosta croccante e la mollica un pò umida, tagliato a fette, dalgusto rotondo del grano, che poi, alla fine della masticazione, ripuliva il palato di tutti i residui oleosi o grassi tipici del companatico. 18 IL PANIFICATORE ITALIANO – Giugno/Luglio 2009

E soprattutto lasciando come ultimo sapore quello del pane, delicato ma persistente più degli altri, anche di quelli inizialmente più forti e prevaricanti. Oggi c’è desiderio di un ritorno alla colazione ed alla merenda come queste, perchè la necessità di un’alimentazione più semplice e sana cresce di pari passo con l’avanzare del fast food, della colazione consumata di fretta al bar o in casa, degli snack che sono pause di un ritmo stressante di lavoro e di vita. Lo abbiamo sperimentato in più occasioni, ultima fra queste la tappa di cinque giorni al Salone del Mobile di Milano, dove Accademia del Pane ha servito agli ospiti di un noto produttore di illuminazione colazioni e merende a base di pane e di altri prodotti da forno. La proposta era quella di accompagnare una tazza di caffè e latte con un piccolo croissant insieme ad un biscotto di frolla ed una fetta di pane Petra con un velo di burro e marmellata. La cosa sorpredente è stata che tutti hanno mangiato il pane con la marmellata, tanti il biscottino di pasta frolla, pochissimi anche il croissant. E pensare che abbiamo servito più di 500 porzioni. Anche in questa come in altre occasioni sperimentate negli ultimi due anni il gusto del pane è prevalso su tutto e ha fatto riscoprire il senso del buono che appartiene alle cose semplici e gustose. Piero Gabrieli

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La formazione ANALISI DI MERCATO

I lavori dell’Accademia Accademia del Pane prosegue la sua campagna per sensibilizzare i panettieri all’approfondimento delle migliori tecniche per l’utilizzo delle farine e dei lieviti, per migliorare la produzione del pane e valorizzarlo agli occhi dei consumatori

Le attività di Accademia del Pane proseguono a ritmo serrato, perché il periodo di incertezza nei consumi richiede maggiore presenza del panettiere a eventi e manifestazioni pubbliche che lo facciano incontrare con i consumatori. Nel corso del 2009 i panettieri di Accademia del Pane hanno partecipato a eventi locali più o meno noti, ma sempre con lo spirito di volere comunicare il valore del pane e del lavoro professionale di chi è attento alla qualità delle materie prime e alla digeribilità dei propri prodotti. Tra gli appuntamenti più apprezzati Tirreno CT a Massa Carrara con Ospitalità Italia e Tempo di pane, nel mese di marzo, poi Pic Chic a Villa Contarini di Padova nel mese di maggio, Ein Prosit a Tarvisio e Valborghetto, la Festa del Pane a Motta di Livenza nel mese di giugno, Gusto e Vita in occasione di una serata con Città della Speranza a Bressanvido nel mese di settembre, all’Expo di Fiera del Garda, fuori salone a Milano in collaborazione con una nota azienda di illuminazione in occasione del Salone del Mobile e, prossimamente, a Golosaria a Torino e Milano. E, nel corso dell’anno, ogni domenica in televisione su Tele NordEst, 15 minuti in prima serata e ogni puntata dedicata a un singolo panettiere. Tante occasioni nelle quali i panettieri di Accademia del Pane hanno potuto constatare con piacere che la relazione con il consumatore è facilmente recuperabile, nonostante le tante e spesso ingiuste critiche sulla categoria. La costante di questi incontri è stata una modalità di presentazione del pane che, a detta degli stessi panettieri, si è rivelata vincente: pane di grande pezzatura, preparato con una farina ricca di gusto, lievitato na60 IL PANIFICATORE ITALIANO - Ottobre 2009

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turalmente e servito in fette. Spesso in abbinamento con latticini, conserve, marmellate e cioccolato. Ma sempre apprezzato dai consumatori se l’assaggio era preceduto da una breve spiegazione sulle caratteristiche del prodotto, guidando la degustazione con richiami al profumo, alla materialità e al gusto del pane. Un altro elemento importante è stato la verifica dell’interesse concreto da parte dei consumatori per le caratteristiche delle materie prime utilizzate nella lavorazione. Farine e lieviti incuriosiscono e se ben spiegati risolvono molti perché quotidiani, che nascono da informazioni prese dalla stampa o dalla televisione. Il ruolo del panettiere è emerso nettamente dal contatto con il pubblico: quello di un professionista dell’alimentazione che deve presentarsi alla sua clientela con competenza e sicurezza, non solo per vendere un prodotto di alta qualità ma anche per dissipare ansie e tensioni che spesso nascono da un’informazione superficiale e a volte scorretta. Un altro fattore di interesse è stato verificare come il gusto di un prodotto, anche semplice come il pane, sia un utile veicolo di comunicazione, che al di là delle parole convince ad acquistare e a parlarne bene. La forza della comunicazione è stata amplificata da un format comune costruito da Accademia del Pane, nel quale ogni panettiere ha presentato il proprio prodotto associando all’insegna del proprio negozio la biga di Accademia e i visual della farina Petra secondo le indicazioni di Comunipane, il simposio tecnico sul pane italiano tenutosi ad aprile 2009. Piero Gabrieli

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07/10/2009 10.44.07


pierogabrieli ________________________________________________________________________

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2009 ________________________________________________________________________ I testi contenuti in questa pubblicazione si possono stampare, copiare e distribuire esclusivamente citando in chiaro il nome dell始autore


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