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Alcuni, dagli uccelli ai cetacei, hanno dialetti regionali
DUETTO si trova alla biforcazione della trachea. Mentre gli insetti possono usare tecniche del tutto differenti come la stridulazione, la produzione di suoni con lo sfregamento di due parti del corpo: è ciò che fanno i grilli, strofinando due parti delle ali. Un violino, insomma, più che le trombe dei mammiferi. Riuscendo a emettere suoni ritmici con una precisione incredibile. «Con pochissimi neuroni producono sequenze ritmiche e riescono a sincronizzarsi in modo più preciso di quanto facciamo noi umani», commenta Ravignani.
Un gibbone dalle mani bianche, primate asiatico in pericolo. Si è visto che possiede il senso del ritmo e può sincronizzarsi in duetti tra maschi e femmine.
Una capacità da non sottovalutare. Non basta infatti emettere suoni per fare musica. Tutti gli animali “sonori” hanno, in misura variabile, una qualche forma di controllo su ritmo, melodia, timbro o tutte e tre le cose insieme. Basta questo per parlare di “musica animale”? «Il discorso è complesso perché lo è la definizione stessa di musica: persino l’opera 4’33’’ di John Cage (oltre 4 minuti di silenzio, ndr) lo è, ma di certo non ci aiuta a definire la musica umana o capire meglio quella animale», puntualizza Ravignani. «Ci sono studi, però, che hanno provato a spezzettare la musica in tutte le sue componenti di base (battito regolare, melodie che si ripetono, percussioni, capacità di sincronizzarsi...). Se confronti questi mattoncini con i suoni prodotti dagli animali scopri che solo gli esseri umani hanno il pacchetto completo, ma che ogni singola componente sembra trovarsi in almeno una specie animale che la usa».
SENTI CHE RITMO!
Questo significa che ci sono per esempio animali con qualità ritmiche. Primati come i gibboni e gli indri, i più grandi lemuri del Madagascar. «Probabilmente non imparano sequenze melodiche, ma la ritmicità del loro canto è una delle più vicine agli esseri umani che abbiamo mai visto». Ravignani ha studiato il senso del ritmo degli indri e, in un’altra recente ricerca, ha visto che maschi e femmine di gibboni dalle mani bianche si sincronizzano in duetti di coppia, emettendo note a intervalli regolari che si ripetono. Al contrario, ci sono specie che puntano tutto sulla modulazione invece che sul ritmo: gli elefanti, sia asiatico sia africano, sono un esempio. Possono generare una vasta gamma di suoni di solito nella laringe (la più grande tra i mammiferi), con le corde vocali, ma potendo modificarli attraverso la proboscide. Ma perché impegnarsi tanto per cantare, poi? Saper modulare la voce e produrre melodie permette di avere una gamma espressiva più ampia, e in molti animali (uccelli soprattutto) è anche un segno di fitness e quindi un modo per assicurarsi una compagna. Anche il senso del ritmo può segnalare la propria qualità alle potenziali partner: è il caso per esempio degli iraci del Capo, erbivori diffusi in Africa. I maschi eseguono lunghe e complesse canzoni, per affermare il proprio rango e attirare femmine. E si è visto che hanno un maggiore successo riproduttivo se riescono a tenere meglio il ritmo nell’esecuzione delle loro canzoni di corteggiamento. Andare a ritmo può anche servire per cementare un legame sociale, come avviene nel duetto dei gibboni.
FOCHE “COPIONE”
Per molti animali le vocalizzazioni sono innate. Ma altri imparano la musica: molti uccelli apprendono i loro canti dagli adulti. Mentre non sono tanti i mammiferi capaci di apprendimento vocale. «Negli scimpanzé l’apprendimento vocale è limitato o nullo. Lo mostrano invece gli umani, alcuni cetacei tra cui i delfini, gli elefanti e i pipistrelli. E poi i pinnipedi, cioè le foche», continua Ravignani. Come noi, anche le foche producono suoni usando la laringe ed elaborano questi suoni usando il tratto vocale superiore. Quello che è strano è che riescono a farlo anche quando sono sott’acqua, ad alte pressioni e con i già citati problemi di aria. Come facciano è, per ora, un mistero. Però di sicuro possono apprendere nuovi suoni. Esperimenti condotti con foche grigie hanno mostrato che riescono a copiare sequenze di suo- ni di toni diversi, con movimenti del tratto vocale (come noi, che cambiamo la forma della bocca per pronunciare diverse vocali).
Uno studio, pubblicato su Science, ha visto come orche, delfini o focene (sotto) producono suoni in diversi registri usando l’aria nei passaggi nasali, che attraversa le labbra foniche e le fa vibrare.
UNA CANZONE PERSONALIZZATA
Fa piuttosto impressione a noi umani, poi, il fatto che alcuni animali abbiano sviluppato diversi “dialetti” regionali. Accade ad alcuni uccelli, in cui le canzoni appaiono leggermente differenti a seconda delle zone in cui vivono. È una conseguenza del già citato apprendimento vocale, con cui gli uccelli imparano dai genitori o dagli altri individui: una variazione nell’esecuzione può essere appresa dagli altri esemplari locali e diventare diffusa. Si è visto che persino un uccello come il diamante mandarino, che personalizza le proprie canzoni a livello individuale per spiccare ancora di più nella competizione per le femmine, ha in realtà sviluppato dialetti locali. Le peculiarità regionali non sono comunque un’esclusiva degli uccelli: casi simili si ritrovano anche nei mammiferi, per esempio nelle orche. Una comunità di orche dell’oceano Pacifico Settentrionale, note come Srkw (Southern Resident Killer Whales), ha addirittura tre dialetti distinti in un gruppo che conta meno di cento esemplari in totale. La natura è fatta dunque di molte musiche diverse, di cui stiamo iniziando a capire similitudini e unicità. «Fino a pochi anni fa c’erano i ricercatori che studiavano i suoni degli uccelli, che non parlavano con quelli che studiavano i suoni degli anfibi o degli insetti. Uno degli obiettivi del mio lavoro è sempre stato quello di unificare gli studi sul ritmo e sulla musica animale, perché è importante avere una visione unitaria dell’evoluzione dei suoni animali», conclude Andrea Ravignani. In fondo ritmo e melodie esistono su questo Pianeta da ben prima che arrivassimo noi a dar loro un nome. E capire che cosa lega il frinire del grillo ai complicati canti degli uccelli è un modo per capire anche qualcosa su di noi, animali musicali e chiacchieroni.
Sopra a sinistra, un grosso maschio di foca grigia su una spiaggia tedesca. Si è visto che le foche sono capaci di apprendimento vocale: una capacità diffusa in pochi mammiferi.
Con qualche trucchetto e grazie alla tecnologia si può ricostruire il proprio albero genealogico.
di Massimo Manzo