3 minute read

SIMONA QUADARELLA

GRAZIA SIMONA QUADARELLA

DALL’ALTO, LA NUOTATRICE SIMONA QUADARELLA SPECIALIZZATA NELLE GARE DI RESISTENZA A STILE LIBERO; L’ATLETA DURANTE L’ALLENAMENTO.

72 Aveva 14 anni quando il suo allenatore, Christian Minotti, capì che Simona Quadarella sarebbe stata un’atleta fuoriclasse: «Per me tu puoi andare alle Olimpiadi, ma devi fidarti di me». Lei oggi non ricorda che cosa gli rispose: «Non avevo ancora vinto niente di importante, solo qualche medaglia ai campionati italiani, ma ricordo che dopo la sua frase mi buttai in acqua e l’allenamento andò meglio. Fu l’anno che segnò una svolta nella mia carriera». Molto dopo, nel 2016, quando non si è qualificata alle Olimpiadi di Rio de Janeiro, ha pianto. Oggi arriva ai Giochi di Tokyo come una delle favorite negli 800 e 1500 stile libero. Eppure Simona, 22 anni, stella del nuoto italiano, tre ori negli ultimi campionati europei, uno negli ultimi mondiali, è la ragazza di sempre, forte ma anche molto umana, non l’atleta-robot.

Piange ancora?

«Mi è capitato tante volte nelle ultime settimane, mentre ero a Livigno, lontana da casa, a preparare le gare. Sono sincera: a volte la lontananza la senti».

Dietro a una campionessa non c’è quindi solo razionalità.

«Io ho sempre agito molto di pancia. E nella vita sono una coccolona, mi piace abbracciare le persone. Sono sempre stata così, fin da piccola».

Forse è anche questo il suo talento, che le ha permesso di raggiungere il tetto del mondo. Da chi ha ereditato la passione per l’acqua?

«Dicono dal nonno Giovanni. Era di Siracusa e aveva costruito una casa davanti al mare, di fronte a un isolotto. Lo raggiungeva sempre a nuoto».

Chi le ha trasmesso, invece, la voglia di fare sempre meglio?

«Erica, mia sorella maggiore. È un mito: ora vive in Arabia Saudita, fa l’ingegnere chimico, laurea con 110 e lode. Da piccola nuotava, faceva gare: il mio obiettivo era raggiungerla, magari batterla. Una competitività che mi ha aiutato a crescere nel nuoto. Ora ci sentiamo con le videochiamate, parliamo molto e non siamo più abituate a litigare. Peccato torni in Italia fra poco, quando sarò già partita per Tokyo e, per le regole Covid in Giappone, non possa vedermi gareggiare».

Non è da tutti arrivare alle Olimpiadi. Qual è la sua carta vincente?

«La leggerezza, sia fuori sia dentro l’acqua. In vasca riesco a prendere il ritmo dopo pochi metri, nuoto con leggerezza, non di forza. E ho sempre affrontato la mia carriera con più leggerezza possibile. Durante l’anno non sono una che va a vedere i risultati delle avversarie: in fondo conta poco, ce la giochiamo alla fine».

I 1500 stile libero sono una gara lunga, di resistenza e di equilibrio di forze: per vincere bisogna essere resistenti e pazienti. Lo è anche nella vita?

«In realtà no, anzi: quando c’è un problema comincio a innervosirmi e cerco di risolverlo in qualsiasi modo. Ma forse il lockdown mi ha aiutato: non potevo fare altro che avere pazienza. E quando sono stata contagiata dal Covid, a metà ottobre, ho dovuto interrompere la preparazione e ripartire da zero».

Il nuoto è uno sport individuale: in vasca si allena con più di 70 chilometri alla settimana, sempre a sfidare se stessa. Si deve amare la solitudine per emergere?

«In realtà in acqua ci si sente soli, ma non si è mai soli. Durante la gara posso contare solo sulle mie forze fisiche e mentali, ma durante gli allenamenti ho la strada spianata da chi mi è accanto: la squadra, la famiglia e tutti quelli che credono in me. Non è che questo renda più facile raggiungere l’obiettivo, ma è uno stimolo: se vinci lo fai per te, ma anche per chi ti è vicino».

Del clan che la sostiene fa parte il suo fidanzato, Alessandro Fusco, anche lui

nuotatore. Sul suo profilo Instagram ho visto una vostra foto molto romantica. «Sì, ce l’ha fatta una mia amica per caso. Sembrava venuta male, ma in realtà è bella. Dopo le Olimpiadi voglio regalarmi una lunga vacanza con lui».

Siete entrambi atleti. Questo non crea una pericolosa competizione?

«No, vedere i progressi e le vittorie dell’altro è sempre uno stimolo per migliorarsi. E poi tra nuotatori ci capiamo. È come se parlassimo la stessa lingua, non accadrebbe se avessi un fidanzato che fa tutt’altro». ■

© RIPRODUZIONE RISERVATA

GUIDO DE BORTOLI/GETTY IMAGES FOR ADIDAS ITALY Foto

This article is from: