Focus Storia n. 150 - Aprile 2019

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Storia SCOPRIRE IL PASSATO, CAPIRE IL PRESENTE

n°150

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aprile

VANITÀ ANTICA

Nel beauty case di una donna etrusca

DALL’ANTICHITÀ AI GILET GIALLI, NELLA STORIA DEI NO E DELLE RIVOLTE C’E DI TUTTO

RIBELLI

16 MARZO 2019 - MENSILE � 4,90 IN ITALIA

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ADULATORI

LE (POCO) MIRABILI IMPRESE DI RUFFIANI E LACCHÈ

PRIMA DELL’EURO

LA MONETA UNICA? UN SOGNO GIÀ PER L’EUROPA DELL’OTTOCENTO

INDOCINA

IL CALVARIO DEL VIETNAM, OSTAGGIO DI FRANCIA E STATI UNITI


Aprile 2019

focusstoria.it

Storia

D

i “No” è piena la Storia. No ai privilegi di un’élite, no al giogo di potenze straniere, no al sopruso politico, all’aumento dei prezzi... Ragioni che hanno in comune il fatto di opporsi a qualcosa (o qualcuno) percepito come ingiusto, e il contesto storico: le rivolte nascono nei periodi di crisi. Possono anche essere reazionarie e corporative. Talvolta, quando una ribellione va in porto, si guadagna il titolo di rivoluzione, ma per riuscirci deve essere stata in grado di raccogliere un vasto consenso, avere un progetto politico e prodotto una leadership. Questo è quanto sappiamo guardando al passato. E oggi? Come considerare le ondate di movimenti “contro” che attraversano il moderno Occidente? Le ragioni del malcontento ci sono, dal 2008 stiamo vivendo anni di crisi. E il Web, che accorpa o divide, amplifica, come mai prima d’ora, la forza delle proteste. Ma rispetto a un passato, neanche troppo lontano, possiamo contare sull’unico antidoto che finora ha dimostrato di funzionare contro estremismi e violenze. Si chiama democrazia. Emanuela Cruciano caporedattore

UNA GIORNATA DA... 12 Medico della

peste

Tra le strade impestate della Firenze del 1348.

L’HA INVENTATO 14 IlCHItappo

di sughero

E come si faceva quando non c’era?

ECONOMIA 18 L’antenato

dell’euro

L’Unione Monetaria Latina del 1865 coinvolse 32 Paesi. La Libertà che guida il popolo (1830) di Eugène Delacroix.

Ognuno dice no a modo suo

Rivoluzioni e rivolte hanno segnato la Storia per cause diverse.

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Gli ultras di Costantinopoli

4 FLASHBACK

42 Le mistiche

6 LA PAGINA DEI LETTORI

8 NOVITÀ & SCOPERTE

16 MICROSTORIA 77 COLD CASE 78 PITTORACCONTI 80 DOMANDE & RISPOSTE 108 I GRANDI DISCORSI 110 UNA FOTO UN FATTO 112 AGENDA

COSTUME 22 Secoli

TUTTI I NO DEI RIBELLI 34 54

Nel 532 d.C. i tifosi dell’ippodromo minacciarono l’imperatore.

In copertina: una fronda francese del 1648.

IN PIÙ...

RUBRICHE

11 TECNOVINTAGE

MONDADORI PORTFOLIO/LEEMAGE

REALYEASYSTAR

150

CI TROVI ANCHE SU:

Nel Medioevo la religione era anche il motore delle ribellioni.

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La guerra dei contadini

Agli inizi del ’500, i braccianti tedeschi contro lo sfruttamento.

50

Ribelli alla rivoluzione

La Vandea, ultracattolica e devotissima al re, sfidò Robespierre.

Sanguinari boxer

I tumulti di una setta che voleva scacciare gli stranieri dalla Cina.

60

Armata di penna

Ruth First, bianca, combatté l’apartheid del Sudafrica.

64

Prima dei gilet gialli

Filo conduttore delle barricate del ’900: il populismo.

68

Atleti contro

Tutte le volte che lo sport è diventato vetrina del dissenso.

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Tutta un’altra musica

Quando rompere col passato si fa cambiando gusti musicali.

di leccapiedi

La piaggeria è antica come il mondo.

ANTICHITÀ 28 Bellezza etrusca

La passione degli Etruschi per la cosmesi.

84 IoPERSONAGGI ballo da sola

Isadora Duncan che sovvertì le regole della danza classica.

SOCIETÀ 88 Strane coppie

Quando dietro un successo ci sono “tipi” male assortiti.

OTTOCENTO 92 L’arte al tempo

di Napoleone

I protagonisti del neoclassicismo (Ingres in testa) in mostra.

GRANDI TEMI 98 Polveriera

asiatica

La guerra d’Indocina (1946-1954).

D’ITALIA 104 IlSTORIE papà

dei souvenir

Giovanni Volpato e i suoi ricordi di viaggio. 3

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O P AM I

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ALBUM/FINE ART IMAGES/MONDADORI PORTFOLIO

COSTUME

I

n una società dominata dai like, in cui il nostro seguito sui social network dà la misura dell’approvazione che generiamo negli altri, è probabile che l’adulazione abbia raggiunto la sua massima espressione. Perché da un lato approvare un post, magari neppure letto per intero, costa a chi lusinga poca fatica, dall’altro l’elogio social rafforza l’immagine pubblica e l’autostima di chi lo riceve. Ma questa forma di manipolazione strategica esiste da molto prima dell’avvento di Facebook, Twitter e Instagram. Anzi, è praticamente connaturata all’uomo: al punto che, come spiegano gli etologi, la deferenza degli scimpanzé nei confronti del maschio alfa non è diversa dall’ossequio dei cortigiani davanti al re di Francia Luigi XIV, essendo entrambi tentativi di ingraziarsi chi è più potente. È anche vero che l’adulazione, e soprattutto il giudizio morale verso di essa, sono cambiati di pari passo con l’umanità. Gli antichi Greci, per esempio, la detestavano, giudicandola una forma di autoumiliazione, contraria al principio 

Ai tuoi piedi

A destra, in un quadro dell’800 la deferenza nei confronti dell’eminenza grigia François Leclerc du Tremblay (15771638), potentissimo braccio destro del cardinale Richelieu. In alto, il quadro allegorico intitolato Gli adulatori di Pieter Brueghel il Giovane (1564-1638): attorno al quadro una scritta recita: “Poiché tanto denaro passa nella mia borsa sono sempre circondato da adulatori”. 22

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IPA/ALAMY

SECOLI DI

LECCAPIEDI Già Aristotele rifletteva sull’atteggiamento da tenere con i ruffiani. D’altronde la piaggeria è antica come il mondo...

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PRIMO PIANO

OGNUNO

DICE NO A MODO SUO

Nel sangue

L’assassinio del rivoluzionario francese Jean-Paul Marat (1743-1793). In alto, la rivolta dei lavoratori di Haymarket, a Chicago, che sfociò in tragedia il 4 maggio 1886.


ALINARI

Rivoluzioni e rivolte hanno segnato la Storia per cause diverse. Sempre nel nome della giustizia.

FINEARTIMAGES/LEEMAGE/MONDADORI PORTFOLIO

I

l cammino dell’umanità è costellato di ribelli: individui o gruppi più o meno organizzati che hanno lottato per un ideale o per un’utopia, cercando di rivendicare diritti oppure di ottenere libertà individuali, politiche o religiose. Talvolta le ribellioni si sono trasformate in veri e propri eventi rivoluzionari che hanno cambiato la storia di una nazione o del mondo intero. Altre volte sono state invece stroncate da poteri che si sono rivelati troppo forti da battere. Nell’antichità, il termine “ribelle” ha quasi sempre avuto una connotazione negativa. Nel XX secolo, invece, in particolare a partire dal secondo dopoguerra, ha cominciato ad assumere anche significati positivi. Oggi, in alcuni Paesi dell’Europa Occidentale (tra cui Francia e Germania), la ribellione è diventata un diritto garantito ai cittadini dalla Costituzione. In alcune nazioni africane come Benin, Ghana e Capo Verde la rivolta è addirittura definita “un dovere” in caso di violazioni della Costituzione stessa. Nell’Honduras, Paese del Centro America, è invece previsto esplicitamente il “diritto all’insurrezione” se un governo usurpa la volontà popolare. Ma come si sono evoluti i concetti di ribellione e di rivoluzione nel corso dei secoli? Lo

abbiamo chiesto a Francesco Benigno, docente di metodologia della ricerca storica all’Università di Teramo. Chi è il “ribelle”? Il concetto di ribellione può essere inquadrato da un punto di vista storico? I ribelli sono tutti coloro che si oppongono a un ordine costituito, che rifiutano l’autorità o la sottomissione nei confronti di qualcuno o di qualcosa, e per questo attuano una rivolta che può essere sia individuale sia collettiva. Sul piano storico resta comunque una definizione assai astratta, che scivola perlopiù nel campo filosofico. Perché ogni ribellione è diversa? Perché differenti sono i regimi contro i quali queste ribellioni sono state messe in atto, diversi sono gli attori e le ragioni che portano alla rivolta. Ogni volta cambiano le epoche e le ideologie, e ciascun evento va inserito nel suo contesto specifico. In comune hanno il fatto di opporsi a qualcosa che viene percepito come ingiusto. È infatti centrale, in questo senso, il tema della “giustizia”. Un ordine viene contestato perché contrasta con un altro ordine di carattere interiore. Il ribelle è colui che ha un ordine interiore che risulta incompatibile con un ordine esteriore (dei governi, di chi detiene il potere). 35

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PRIMO PIANO

FRANCIA 1793-94 ◆ I PROTAGONISTI Cattolici di Vandea vs Governo della Rivoluzione ◆ LE RAGIONI DELLO SCONTRO I vandeiani erano fedeli alla Chiesa e alla monarchia ◆ COME È FINITA Con la sconfitta dei vandeani

Viva il re!

JOSSE/LEEMAGE/MONDADORI PORTFOLIO

Henri Duverger de La Rochejaquelein (17721794), generale vandeano. A lato, inseguimento sulla strada per Cholet, dove nel 15 marzo 1793 avvenne la prima vittoria dei ribelli contro il governo della Rivoluzione.

La Vandea, regione nell’Ovest della Francia ultracattolica e devotissima al re, osò sfidare Robespierre e compagni. E fu dura domarla.

RIBELLI ALLA

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RIVOLUZIONE


Bridgeman/Mondadori Portfolio

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on c’è più nessuna Vandea! È morta sotto la nostra sciabola [...]. Secondo gli ordini che mi avete dato, ho schiacciato i bambini sotto gli zoccoli dei cavalli e massacrato le donne, così che, almeno quelle, non partoriranno più briganti”. È con queste terribili parole che il generale François Joseph Westermann, sul finire del 1793, informò il Comitato di Salute Pubblica circa i progressi della situazione in Vandea, regione francese in rivolta contro il governo rivoluzionario. Il messaggio del “macellaio della Vandea”, come fu soprannominato Westermann, giunse dopo una delle vittorie decisive dell’esercito repubblicano sull’armata vandeana, il 23 dicembre 1793, nel mezzo di una delle guerre civili più

sanguinose che la Francia ricordi. Ma come si era arrivati a tanto?

OVEST IN SUBBUGLIO. Al principio del 1793, la Rivoluzione francese attraversava un momento complicato: dopo la decapitazione di Luigi XVI, eseguita il 21 gennaio, Parigi era finita in guerra contro una coalizione formata da potenze del calibro di Gran Bretagna, Olanda, Austria e Prussia. Per difendersi da questa minaccia, il 24 febbraio la neonata Repubblica reclutò a forza 300mila cittadini. Nei dipartimenti dell’Ovest, il malcontento per la leva obbligatoria si trasformò però in aperta ostilità e la regione più inquieta fu proprio la Vandea Militare, posta a sud della Loira e popolata prevalentemente da artigiani e contadini. «In tali territori

l’esecuzione del re era stata accolta senza enfasi e la Rivoluzione era vissuta, almeno fino ad allora, senza conflitti», spiega Alessandro Guerra, docente di Storia moderna all’Università La Sapienza di Roma. La rabbia dei vandeani covava però sotto la cenere, figlia tra l’altro delle pesanti imposizioni fiscali e dell’introduzione della Costituzione Civile del clero, provvedimento con cui nel 1790 l’Assemblea Nazionale aveva costretto i religiosi a giurare fedeltà alla Costituzione. I “preti refrattari”, cioè coloro che si erano rifiutati di prestare giuramento, furono sostituiti ed esiliati, circostanza che fu vissuta come un attentato alla libertà religiosa dalla popolazione, profondamente cattolica. «In sostanza, la Rivoluzione, con le sue trasformazioni economiche, sociali e  51

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Ruth First, bianca, combatté l’apartheid del Sudafrica con la forza della denuncia. Pagò con il carcere, l’esilio e infine la vita.

No al razzismo

Ruth First ritratta in carcere nel 1966, durante l’adattamento della Bbc di 117 giorni, il libro sulla sua prigionia. Nell’altra pagina, i bagni della City Hall di Johannesburg, con i cartelli che regolavano strettamente il segregazionismo sino ai tardi Anni ’80.

RUTH FIRST PAPERS ARCHIVE

PRIMO PIANO


ARMATA DI PENNA

E

vedere il Sudafrica finalmente libero. La vita in lotta di Ruth, già segnata dal carcere e dall’esilio, fu infatti bruscamente interrotta il 17 agosto 1982 da un pacco bomba.

INDOLE DA REPORTER. Ruth First crebbe a Johannesburg in una famiglia in cui il dibattito politico era all’ordine del giorno. I suoi genitori, immigrati dalla Lettonia, erano stati tra i fondatori del Partito Comunista del Sudafrica, che sposò la causa antiapartheid al fianco dell’African National Congress (Anc), nato nel 1912

con lo scopo di combattere il “potere bianco” degli afrikaner, gli eredi dei primi coloni olandesi. La porta di casa First era aperta a chiunque, senza distinzione di razza e ceto, e così fin da piccola Ruth poté confrontarsi con le tensioni in corso tra la minoranza bianca, che deteneva il potere politico ed economico dell’Unione Sudafricana (sorta nel 1910 dalla fusione di diverse colonie britanniche), e la popolazione nera, privata dei propri diritti, a partire dal voto. Studentessa brillante, si laureò nel 1946 in scienze sociali all’Università del Witwatersrand (a 

IAN BERRY/MAGNUM/CONTRASTO

ra una giornalista e una scrittrice piena di talento, che avrebbe potuto condurre un’esistenza tranquilla nel suo Paese per il solo fatto di essere bianca. Invece, Ruth Heloise First, classe 1925, non approfittò mai della sua condizione privilegiata e, armatasi di penna, scese in campo contro il regime che stava calpestando i diritti della maggioranza nera del Sudafrica, contribuendo a far conoscere a tutto l’Occidente la vera natura dell’apartheid. Suo malgrado, non sopravvisse tanto a lungo da poter

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PRIMO PIANO Da Poujade al Fronte dell’Uomo Qualunque: il ’900 ha avuto le sue barricate. Filo conduttore: il populismo.

PRIMA DEI GILET GIALLI

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SCIOPERO TOTALE. In soli due anni, il poujadismo raccolse oltre mezzo milione di iscritti e organizzò giganteschi scioperi che bloccarono tutta la Francia. Tuttavia la sua parabola fu breve: il movimento si spense alla fine degli Anni ’50 con il ritorno sulla scena politica di De Gaulle e la nascita della Quinta Repubblica. Ma tra le sue file emerse un giovane ex veterano delle guerre

di Indocina e di Algeria: Jean-Marie Le Pen, futuro fondatore del partito di estrema destra Front National. Le Pen raccolse in parte l’eredità populista del “poujadismo” esprimendo, al contrario di Poujade, anche la volontà di governare. Entrambi i fenomeni sono stati capaci di mobilitare il popolo radicalizzando le posizioni: onesti contro corrotti, intellettuali contro gente semplice, la provincia contro la capitale. 

Pierre Poujade nel 1955, durante un discorso di fronte all’Associazione per la difesa dei commercianti e degli artigiani.

GAMMA-KEYSTONE VIA GETTY IMAGES

È

stata definita la più grande protesta popolare europea degli ultimi cinquant’anni. Secondo alcuni potrebbe addirittura segnare il futuro della Francia e del resto d’Europa. Da diversi mesi il “gilet giallo” è diventato il simbolo del malcontento dei francesi per la politica dell’esecutivo e del presidente Emmanuel Macron. Un movimento nato spontaneamente sul Web per protestare contro l’aumento del carburante e che si è poi allargato a macchia d’olio, esprimendo un malessere profondo per la stagnazione del potere d’acquisto dei ceti mediobassi. Le sue manifestazioni di piazza sono sfociate spesso in blocchi stradali con scene di guerriglia urbana, dagli Champs Élysées di Parigi alle città di provincia, fino alle più remote zone rurali. I “gilet gialli” sono l’ultima grande espressione di conflittualità sociale emersa dalle piazze francesi e rappresentano oggi anche la forma più compiuta di populismo europeo. In Francia sono abituati ai grandi movimenti che appaiono all’improvviso con barricate, manifestazioni di piazza e violenze che obbligano talvolta il potere a fare marcia indietro su provvedimenti impopolari. Nel secondo dopoguerra una serie di controlli fiscali decisi dal governo di Parigi sui commercianti e gli artigiani innescò una protesta di massa capeggiata da uno dei padri spirituali del moderno populismo europeo, Pierre Poujade (1920-2003). Fu lui, nel 1953, a dar vita a un movimento che in poco tempo portò una cinquantina di parlamentari all’Assemblea Nazionale.


IERI

THE LIFE PICTURE COLLECTION/GETTY IMAGES

Francia, 1955. Sostenitori di Pierre Poujade protestano in piazza contro il fisco.

OGGI

AFP/GETTY IMAGES

Francia, 2018. Manifestazione di “gilet gialli” con un cartello che recita “La Francia non è in vendita”.


STORIE D’ITALIA ROMA

A Roma, negli anni del Grand Tour, un artista col fiuto per gli affari inventò gli antenati dei “ricordini” di viaggio. Si chiamava Giovanni Volpato.

IL PAPÀ DEI

SOUVENIR

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BASSANO DEL GRAPPA, MUSEO BIBLIOTECA ARCHIVIO DI BASSANO DEL GRAPPA

n viaggio, c’è sempre qualcuno felice di portarsi a casa un mini Colosseo o un Apollo “nano”, parenti poveri di sculture e monumenti famosi. Quella del souvenir è un’abitudine diffusa e popolare che ha radici lontane, ma non tutti sanno che l’ideatore fu un certo Giovanni Volpato, sconosciuto ai più, ma molto famoso fra gli addetti ai lavori. Proprio a lui e alla storia del souvenir archeologico è dedicata la mostra Il classico si fa pop (v. riquadro alle pagine seguenti), voluta fortemente dall’archeologa (nonché curatrice dell’esposizione) Mirella Serlorenzi che scoprì a Roma, nel 2010, quello che restava della prestigiosa fabbrica di ceramica e biscuit del nostro protagonista. Ma procediamo con ordine.

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VOGLIA DI SUCCESSO. Giovanni Volpato (1732-1803) fu un brillante self-made man, pieno di iniziative e con grandi capacità artistiche e imprenditoriali. Un uomo dai molti nomi: nato a Bassano del Grappa (Vi), Giovanni cambiò il cognome Trevisan

Il creatore e le creature

Serie delle Nove Muse, Manifattura Volpato, in porcellana biscuit. A sinistra, ritratto di Giovanni Volpato di Francesco Antonibon (1809-1883).

con quello della nonna materna, Volpato, e, ogni tanto, firmava le sue opere anche alla francese: Jean Volpato o Giovanni Renard, approssimativa traduzione di Volpato. Per aiutare la madre rimasta vedova trovò un primo impiego come


LA SCALATA. Volpato realizzò magistralmente 12 incisioni poi raccolte in tre raffinati volumi, stampati tra il 1772 e il 1777. Il papa, Pio VI, non poteva che esserne soddisfatto. Stimava Volpato tanto per la sua arte quanto per i modi e l’intelligente conversazione. Del resto, pochi artisti potevano rivaleggiare con Giovanni “per l’aggiustezza dei suoi giudizi in materia di belle arti, per cui da ogni dove affluivano da lui consulti”, come scriveva nell’Ottocento Giambattista Baseggio nella Biografia degli italiani illustri. Nel ’700 Roma era meta obbligata del Grand Tour: aristocratici, intellettuali, artisti e collezionisti affascinati dall’antichità classica confluivano da tutta Europa in quel museo a cielo aperto che è la Città Eterna. Pio VI, appassionato di antichità, favoriva in ogni modo gli scavi archeologici, e incoraggiò anche Volpato a intraprendere questa strada. L’artista prese sul serio

SESTO FIORENTINO, MUSEO DI DOCCIA, INV. 1094

fece svoltare la carriera di Volpato, che nel 1771 venne chiamato a Roma per un incarico di prestigio: la riproduzione degli ornati di volte e pilastri delle Logge affrescate da Raffaello in Vaticano.

Tascabile.

La statuetta di un atleta in porcellana, realizzata tra tardo XVIII secolo e prima metà del XIX. Le versioni “tascabili” erano meno care.

CRISTINA VATIELLI/NONE COLLECTIVE

ricamatore, ma poi passò a lavorare per Giuseppe Remondini, a capo di una delle maggiori aziende tipografiche d’Europa e particolarmente forte nella calcografia, cioè nella stampa di incisioni su rame. E qui, “quasi da per sé apprese” l’arte dell’incisione. Nel 1762 lo troviamo a Venezia, prima nella bottega dell’incisore fiorentino Francesco Bartolozzi, in seguito in quella di Joseph Wagner, punto d’incontro dei migliori incisori della città. Per un uomo naturalmente portato per le pubbliche relazioni, non poteva esserci posto migliore: gli si offriva la possibilità di accedere ai salotti che più contavano, come quello dell’ambasciatore inglese Joseph Smith, frequentato dai più importanti collezionisti, intellettuali e artisti di passaggio nella Serenissima. Forte di questo prezioso bagaglio di competenze e relazioni, nel 1767 Volpato aprì una bottega tutta sua. Il lavoro non gli mancava. Ottenne infatti importanti commissioni, tra cui quella con il raffinato editore Bodoni (inventore dell’omonimo carattere tipografico). Con lui realizzò il volume celebrativo per le nozze del duca Ferdinando di Borbone. Il successo di questa iniziativa


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