Focus Extra n.86 - Primavera 2020

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LE MONOGRAFIE E GLI APPROFONDIMENTI SU TEMI DI GRANDE ATTUALITÀ PRIMAVERA

2020

IL NOSTRO

CORPO

COME FUNZIONA

Organi, tessuti e miliardi di cellule lavorano senza sosta e in modo coordinato. Dal cervello al cuore, dai polmoni ai muscoli, i segreti di una macchina meravigliosa.

COSA GLI FA BENE

Mantenersi in salute dipende anche da noi. La dieta, lo sport e le buone abitudini che allungano la vita e ci permettono di viverla sempre meglio.


I 5 sensi

LE NOSTRE FINESTRE SUL MONDO Un sistema di sensori ci mette in relazione con l’esterno, donandoci la vista, l’udito, il gusto, l’olfatto e il tatto.

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li organi di senso informano il cervello di ciò che accade attorno a noi, consentendogli di valutare la situazione e reagire in modo appropriato. Sono cinque (occhi, orecchie, naso, lingua e pelle), e ciascuno percepisce un certo aspetto dell’ambiente circostante attraverso cellule chiamate recettori, che raccolgono i segnali e li trasformano in un impulso nervoso, che viene inviato al cervello. SPECIALIZZATI. I recettori sono molto

specializzati: ne esistono di diversi tipi e ognuno è sensibile soltanto a un certo stimolo. Così, i fotorecettori della retina (la membrana sensibile al fondo del bulbo oculare) percepiscono solo le onde luminose, mentre i chemiorecet-

5 i sapori che le nostre papille gustative possono percepire. Sono il dolce, l’amaro, il salato, l’acido e l’umami, il gusto tipico della cucina orientale.

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tori, presenti sulla lingua e nel naso, sanno distinguere le sostanze chimiche con cui vengono in contatto, trasmettendo al cervello sapori e odori. La pelle, poi, è costellata di recettori tattili, capaci di capire se sono premuti oppure stiracchiati, di nocicettori (che sentono il dolore) e di termorecettori, sensibili alle variazioni di temperatura. Nell’orecchio, infine, ci sono i recettori acustici, per le onde sonore, e quelli statocinetici, responsabili dell’equilibrio, una sorta di senso supplementare. NEL CERVELLO. Le aree somatosensoriali del cervello sono quelle che ricevono gli stimoli dagli organi di senso e li decodificano. Ne esistono diverse, ciascuna dedicata a un particolare tipo di sensazione. Il cervello è

poi in grado di integrare le informazioni e di collegare gli stimoli fra loro, dando un senso alla miriade di segnali che riceve e restituendoci un’immagine coerente dell’ambiente, fatta di luci, suoni, profumi... VISTA E COLORI. Negli esseri umani,

le aree del cervello dedicate alla visione sono molto più estese rispetto a quelle degli altri sensi. Alcuni studi indicano che il primato della vista sia legato a certe mutazioni genetiche che si sono verificate nei nostri antenati circa 23 milioni di anni fa. Grazie a queste mutazioni, abbiamo iniziato a vedere il mondo a colori, ma abbiamo perso un po’ di capacità olfattiva.


DURI D’ORECCHIO I suoni più gravi che possiamo percepire hanno una frequenza di 20 hertz; i più acuti arrivano a 20.000. Altri animali hanno un udito molto più raffinato. I gatti arrivano a 65.000 hertz e i cani a 45.000. A TRE DIMENSIONI A differenza di altri animali, per interpretare il mondo noi ci basiamo soprattutto sulla vista. Osservando gli oggetti da un prospettiva un po’ diversa, i due occhi danno una visione in 3D. PROFUMI E MEMORIA Si stima che possiamo percepire circa 10.000 odori diversi. L’olfatto è anche un potente attivatore dei ricordi, perché i centri cerebrali a esso dedicati sono connessi con quelli della memoria. SAPORI PER PROTEGGERCI Nel corso dell’evoluzione, il gusto ci ha indicato quali cibi mangiare e quali rifiutare. Molte piante velenose, per esempio, sono amare. Per questo il gusto amaro è ancora sgradito a molti.

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IL SENSO DIFFUSO A differenza degli altri sensi, i recettori del tatto non sono localizzati in un solo organo, ma distribuiti su tutta la pelle.

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COMBATTERE L’INQUINAMENTO

CASALINGO Scuole, palestre, uffici.... Nei luoghi chiusi respiriamo un’aria peggiore di quella esterna. Persino in città.

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rascorriamo il 90% del nostro tempo nei luoghi chiusi, ed è qui che respiriamo la maggior parte degli inquinanti. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, infatti, l'aria negli ambienti indoor è tutt'altro che salubre e può essere più inquinata rispetto a quella esterna persino nelle città. Il motivo è che nelle case, negli uffici, nelle scuole o nelle palestre, alle polveri e ai gas che penetrano dall’esterno, attraverso porte e finestre si somma una miriade di altre molecole nocive prodotte

internamente. Il Comitato scientifico sui rischi ambientali e sanitari della Commissione Europea ne ha contate 900, suddividendole per tipologia, fra quelle generate dalla combustione (di sigarette, ma anche di caminetti, stufe a pellet e fornelli), i composti organici volatili (che si sprigionano dai materiali edili, dagli arredi ma anche dai prodotti per la pulizia della casa) e gli allergeni, legati alla presenza di polvere, muffe e animali domestici. Complessivamente, si stima che in Europa il 2,7% delle malattie sia in qualche modo legato all'esposizione all'inquinamento indoor. Si tratta perlopiù di patologie respiratorie (asma, infezioni, allergie), malattie cardiovascolari, ma anche di alcuni tumori. A differenza di quanto accade per l'inquinamento dell’aria esterna, tuttavia, i singoli possono fare molto per ridurre la concentrazione delle molecole nocive in casa (vedi box nella pagina seguente). E CHE NESSUNO FUMI! Secondo la Euro-

pean Respiratory Society (Ers), la misura più efficace per migliorare la qualità dell'aria nei luoghi chiusi è non fumare e non permettere ad altri di farlo. Test condotti nelle case degli europei mostrano infatti che in quelle di chi fuma le concentrazioni di polveri sottili, formaldeide, benzene e altre sostanze dannose sono di gran lunga superiori. E questo accade anche quando sono presenti altre sorgenti importanti di inquinamento, come per esempio le stufe a pellet. Scrive in proposito la Ers: «In Scozia e in Irlanda, anche in abitazioni che usano combustibili solidi per il riscaldamento, livelli di PM2,5 considerati insalubri si riscontrano soltanto in presenza di fumo di sigaretta». E andare a fumare sul balcone non basta a risolvere il problema: studi condotti all’Istituto dei Tumori di Milano hanno accertato che chi adotta questa soluzione dovrebbe restare fuori alcuni minuti dopo aver fatto l’ultimo “tiro”, perché i suoi polmoni continuano a emettere sostanze nocive per qualche tempo dopo aver finito la sigaretta. 86 FocusExtra | 19


Inquinamento Chi fuma in balcone dovrebbe aspettare qualche minuto prima di rientrare perché i suoi polmoni, con la respirazione, continuano a emettere sostanze nocive Chi utilizza sigarette elettroniche dovrebbe avere le stesse cautele: anch’esse, infatti, emettono sostanze inquinanti, seppure in misura inferiore rispetto alle sigarette tradizionali. INQUINANTI NASCOSTI. Ma se il fumo è

l’inquinante numero uno, altre sorgenti casalinghe non vanno sottovalutate. I bastoncini di incenso, per esempio, emettono quantità importanti di benzene, che è un cancerogeno. La formaldeide, anch’essa cancerogena, può sprigionarsi in piccole quantità da tappeti e tende, colle, pitture e carte da parati, prodotti per la pulizia della casa, smalti e indurenti per unghie, insetticidi, e persino computer e fotocopiatrici. I prodotti per la casa e quelli per il bricolage emettono anche tricloroetilene e tetracloroetilene, due sostanze contenenti cloro, irritanti per occhi, naso e bocca e potenzialmente tossiche per il sistema nervoso. E attenzione anche alla cucina: i “classici” fornelli a gas (parecchio più inquinanti di quelli elettrici o a induzione)

emettono biossido di azoto, mentre i cibi in cottura sul fuoco possono generare idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), che favoriscono i tumori, e acroleina, una sostanza irritante. Dalle muffe che possono formarsi negli ambienti umidi si sprigionano poi altre molecole, anch’esse irritanti. La polvere e il pelo di cani e gatti sono infine gli allergeni per eccellenza, e fanno starnutire e star male chi è sensibile alla loro presenza. PERICOLOSI MIX. Va precisato che, se nessuno in casa fuma, raramente tutte queste molecole raggiungono livelli di allarme. Gli esperti invitano però a non sottovalutare gli effetti che il mix di inquinanti potrebbe avere sull'organismo e la maggiore suscettibilità di soggetti particolarmente sensibili: i bambini, gli anziani e chi già soffre di allergie o altre malattie croniche. L’indicazione, quindi, è di fare il possibile per ridurre l’inquinamento indoor, con abitudini e stili di vita. Margherita Fronte

Gli inquinanti indoor più comuni e la loro provenienza

Un decalogo per difendersi

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Non fumare in casa e non permettere ad altri di farlo.

Aerare i locali almeno due volte al giorno e aprire sempre le finestre quando si cucina.

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Seguire le indicazioni riportate sulle etichette dei prodotti per la pulizia della casa e non mischiarli.

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Nella scelta di pitture e materiali per ristrutturare l’abitazione, optare per prodotti a bassa emissione.

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I purificatori d’aria dotati di filtri Hepa costituiscono un valido ausilio per ridurre l’inquinamento indoor, purché si abbia cura di sostituire i filtri quando necessario. Anche gli aspirapolvere con filtri Hepa aiutano a contenere l’inquinamento.

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CLASSI DI COMPOSTI Polveri sottili

PRINCIPALI SOSTANZE PM10, PM2,5 e PM0,1

PRINCIPALI FONTI Processi di combustione, polvere, caminetti e stufe a legna, carbone o pellet

Assicurarsi che gli impianti del gas e tutti i dispositivi che bruciano gas o altri combustibili siano ben installati, e curarne la manutenzione.

Idrocarburi alifatici

Propano Butano Esano Limonene

Combustibili, detersivi, propellenti ad aerosol, refrigeranti, basi di profumi, aromatizzanti

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Idrocarburi alogenati

Cloroformio Cloruro di metilene Pentaclorofenolo

Propellenti ad aerosol, pesticidi, refrigeranti, sgrassatori

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Idrocarburi aromatici

Benzene Toluene Xilene Naftalene

Vernici, pitture, colle, smalti, lacche, detersivi, bastoncini di incenso (benzene)

Idrocarburi policiclici aromatici (Ipa)

Benzo-a-pirene

Fumi della cottura dei cibi

Alcoli

Alcool etilico Alcool metilico

Detersivi per finestre, vernici, diluenti, adesivi, cosmetici

Aldeidi

Formaldeide Acetaldeide

Fungicidi, isolanti, germicidi, resine, disinfettanti, arredi a base di truciolato

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Evitare l’uso di incensi, deodoranti per ambienti e candele profumate. Alcune piante da appartamento aiutano a ripulire l’aria dagli inquinanti, e in modo particolare dalla formaldeide. Molto diffuse e facili da mantenere, sono: dracena, aloe, clorofito, crisantemo, gerbera, peperomia, sansevieria e ficus.

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Tenere gli animali domestici fuori dalle camere da letto.

Controllare l’umidità, che non dovrebbe superare il 40-50%, ed evitare il più possibile la comparsa di macchie di muffa.


Il sistema immunitario

1% la percentuale di globuli bianchi sulla totalità delle cellule del sangue. Il restante 99% è costituito da globuli rossi, che trasportano ossigeno.

FABBRICA DI CELLULE Il midollo osseo contiene le cellule staminali ematopoietiche, da cui nascono tutte quelle del sangue, inclusi linfociti e macrofagi.

ESAME DI MATURITÀ La milza è situata nella parte sinistra dell’addome e contribuisce alla produzione di linfociti maturi.

ORGANO DI GIOVENTÙ Il timo è essenziale alla maturazione dei linfociti T, ma regredisce dopo l’adolescenza.

Se il sistema sbaglia bersaglio

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LE CASERME DEI LINFOCITI Piccoli e ovoidali, i linfonodi sono centinaia, collocati a diversi livelli del sistema linfatico. In caso di infezione, qui si formano i linfociti maturi che vanno poi all’attacco del nemico.

Bsip Sa/Alamy /Ipa (2)

Autogol. A volte il sistema immunitario sbaglia bersaglio, e indirizza il suo attacco contro tessuti dell’organismo a cui appartiene, invece che contro nemici esterni. Le malattie autoimmuni sono dovute a questo malfunzionamento, che può interessare moltissimi distretti: dal tessuto connettivo (nel caso del lupus eritematoso), alle articolazioni (per l’artrite reumatoide), alle cellule che producono insulina (nel diabete di tipo 1). Le malattie autoimmuni colpiscono il 5% della popolazione, ma due volte su tre i pazienti sono donne, forse per una maggiore reattività del sistema immunitario femminile. Purtroppo non esistono terapie risolutive, anche se molte di queste malattie possono essere controllate bene con i farmaci.


UNA DIFESA MOLTO SOFISTICATA

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er difendersi dagli agenti nocivi presenti nell’ambiente, il corpo utilizza due tipi di meccanismi. Il primo è costituito da barriere fisiche, come i peli delle narici (che bloccano l’ingresso di particelle di grandi dimensioni) e le cellule che tappezzano le vie respiratorie che, grazie ai loro prolungamenti, respingono le impurità presenti nell’aria che respiriamo. Il secondo meccanismo, molto più raffinato, è il sistema immunitario: un vero e proprio esercito di cellule (note nel complesso come globuli bianchi) specializzate nell’attaccare e distruggere virus e batteri, e che può anche inattivare le molecole tossiche di certi veleni. Esistono molti tipi di globuli bianchi, ciascuno con un ruolo ben preciso.

1. IL NEMICO Un virus ci ha attaccato! Ecco come risponde il sistema immunitario.

2. BUON APPETITO I macrofagi divorano il virus ed espongono alcune sue proteine sulla loro superficie. Queste proteine (chiamate antigeni) sono riconosciute dai linfociti B.

3. ARRIVANO I NOSTRI! I linfociti B si trasformano in plasmacellule, che iniziano a produrre gli anticorpi.

Un variegato esercito di cellule può raggiungere ogni angolo del corpo per annientare i nemici che arrivano dall’esterno.

ATTACCO E DIFESA. Quando siamo

sotto attacco, l’esercito si muove seguendo due schemi: la prima linea è costituita dalle cellule dell’immunità innata, ovvero da neutrofili, basofili, eosinofili e macrofagi. Questi ultimi sono piuttosto grossi, e letteralmente divorano i microrganismi patogeni. I primi tre, invece, producono sostanze che danneggiano o distruggono i nemici, e molecole che chiamano all’azione i linfociti: le cellule della seconda linea che costituiscono il ramo più specializzato del nostro esercito. Ne esistono di due tipi: i linfociti B producono anticorpi che si legano agli agenti infettivi e fanno sì che i macrofagi possano riconoscerli e distruggerli con maggior efficacia. I linfociti T, suddivisi in varie

sottocategorie, potenziano ulteriormente la risposta immunitaria, per esempio distruggendo le cellule infettate dai virus, al fine di evitarne la replicazione. MATURAZIONE. Come tutte le cellule del sangue, anche quelle del sistema immunitario sono prodotte dal midollo osseo. I linfociti maturano poi a livello dei linfonodi, strutture di forma ovoidale, grandi da pochi millimetri a 2-3 centimetri, collocate a diversi livelli del sistema linfatico. Anche la milza produce linfociti maturi, mentre il timo, situato davanti alla trachea, è indispensabile per lo sviluppo completo dei linfociti T durante l’infanzia e l’adolescenza.

4. ENERGICO AIUTO I linfociti T collaborano alla risposta, producendo molecole che danneggiano il virus oppure divorandolo, in modo simile ai macrofagi.

5. TAGGATO! Gli anticorpi aderiscono sulla superficie del virus e ne segnalano la presenza ai macrofagi e ai linfociti T. 6. UNA MEMORIA DI FERRO Alcuni linfociti B si trasformano in cellule di memoria: se incontreranno ancora il virus, la risposta sarà più rapida.

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Il sistema immunitario

L’ARMA POTENTE DEI

VACCINI (A TUTTE LE ETÀ)

Ne abbiamo 25 a disposizione. Addestrano il sistema immunitario a reagire in modo mirato e grazie a essi si salvano 5 persone al minuto.

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no strumento semplice, sicuro ed efficace per proteggere la popolazione da malattie pericolose: così l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) definisce i vaccini. Nel suo libro Immunità e vaccini (Mondadori), Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Istituto Humanitas di Rozzano e immunologo di fama mondiale, ne parla come dell’intervento medico a basso costo che più di tutti ha cambiato la nostra salute. Ricordando anche che per Rino Rappuoli, tra i principali scienziati al mondo nella ricerca in questo campo, si tratta della «migliore assicurazione sulla vita dell’umanità». Non sono esagerazioni: insieme al miglioramento delle pratiche igieniche, i vaccini hanno cambiato il volto di molte malattie infettive che hanno tragicamente accompagnato la nostra storia. Grazie a loro, nel 1979 è stato possibile eliminare in tutto il mondo il virus del vaiolo e ci stiamo lentamente avvicinando a questo risultato anche per la poliomielite. L’Oms stima che ogni anno i vaccini salvino tra i due e i tre milioni di vite umane: circa cinque al minuto.

COME FUNZIONANO. I vaccini “adde-

strano” il sistema immunitario a reagire in modo mirato contro gli agenti infettivi, così da sconfiggerli immediatamente, prima che inizino a fare danni, qualora dovessero infettarci. Essi stimolano infatti la formazione di particolari cellule (i linfociti della memoria), che consentono alle nostre difese di attivarsi prontamente contro virus e batteri che

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abbiamo già incontrato. Normalmente queste cellule si formano in seguito alla malattia, ma i vaccini riescono a ottenere lo stesso risultato in altri modi. «Si somministrano gli agenti infettivi, trattati in modo che non siano in grado di scatenare la malattia, oppure singole porzioni dei microrganismi, capaci comunque di stimolare il sistema immunitario», spiega Antonio Ferro, vicepresidente della Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica. «Nei vaccini per la difterite e il tetano, invece, il vaccino è costruito a partire dalle tossine rilasciate da questi batteri, che sono poi le vere responsabili della loro pericolosità». COME SI SCELGONO? Oggi disponiamo

di 25 vaccini, da quello contro il colera a quello contro la varicella, passando per gli anti-epatite, l’antinfluenzale, i vaccini contro tifo e febbre gialla e così via. A stabilire se e a chi siano utili sono una serie di considerazioni legate sia alla distribuzione geografica delle malattie (il vaccino contro la febbre gialla avrà senso nelle zone tropicali di Africa e Americhe, ma non in Italia), sia alle caratteristiche epidemiologiche. «Prendiamo l’influenza: i dati ci dicono che colpisce soprattutto i bambini sotto i cinque anni, ma che i decessi riguardano perlopiù le persone con più di 65 anni», afferma Antonietta Spadea, direttrice dell’Unità di Tutela e promozione della salute del distretto 14 dell’Asl Roma 1. «Per questo in sanità pubblica finora si è scelto di offrire gratis la vaccinazione agli over 65 e non agli un-

Il nuovo piano vaccinale entrato in vigore nel 2017 prevede anche, nel secondo anno di età, il vaccino contro la varicella.

der 5, anche se si sta discutendo la possibilità di estenderla ai bambini». In Italia, a stabilire le modalità è il Piano nazionale di prevenzione vaccinale. LA TABELLA DI MARCIA. Nel primo anno di vita, il piano prevede la cosiddetta esavalente (contro difterite, tetano, pertosse, poliomielite, epatite B, Haemophilus influenzae di tipo B), da effettuare in 3 dosi a tre, cinque e undici mesi; e poi il vaccino contro il meningococco B (tre dosi) e quello contro il rotavirus, responsabile di una delle forme più frequenti di gastroenterite nei bambini (2 dosi). Nel secondo anno di vita, tra i 13 e i 15 mesi, si somministrano invece la vaccinazione trivalente contro morbillo, parotite e rosolia (in 2 dosi), più il vaccino contro la varicella (sempre 2 dosi) oppure la tetravalente contro le quattro malattie, più la vaccinazione contro il me-


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ningococco C. L’anti-varicella è una delle novità del piano vaccinale attuale, in vigore dal 2017, e la sua introduzione ha stupito chi considera la varicella una malattia fastidiosa ma non grave. «Questa infezione, invece, può dare complicazioni, rare ma importanti, come la cerebellite, un’infiammazione del cervel​ letto», spiega Spadea. «Inoltre, il vaccino per la varicella sembra avere un effetto protettivo nei confronti dell’Herpes zoster, il fuoco di Sant’Antonio». L’IMPORTANZA DEI RICHIAMI. A sei anni

troviamo i richiami contro difterite, tetano, pertosse, polio, morbillo, parotite, rosolia e varicella, e durante l’adolescenza – tra 12 e 18 anni – quello contro il meningococco C (anche nella forma quadrivalente, che protegge anche contro i ceppi A, W e Y), più la vaccinazione contro l’HPV, il papilloma virus, responsabi-

le di infezioni che possono provocare il tumore del collo dell’utero e altre forme di cancro (vulva, vagina, ma anche ano, pene e tratto orofaringeo). La vaccinazione, che fino a qualche anno fa riguardava solo le ragazze, è ora prevista anche per i maschi, perché in questo modo si riesce a contrastare con più efficacia la diffusione del virus, che avviene per via sessuale. In età adulta, infine, basta il richiamo ogni dieci anni del vaccino contro difterite, tetano e pertosse, mentre sopra i 65 anni il piano prevede vaccinazioni contro pneumococco ed Herpes zoster e, una volta all’anno, contro l’influenza. IN VIAGGIO. Vaccinazioni specifiche sono poi raccomandate per chi si reca in Paesi a rischio per particolari malattie (colera, encefalite giapponese, encefalite da zecche, epatite A, febbre gialla, feb-

bre tifoide, rabbia). Gli esperti di medicina del turismo raccomandano di andare dal medico 4-8 settimane prima della partenza, così da valutare i rischi del viaggio e programmare gli interventi più opportuni. Infine, un capitolo a parte riguarda le donne in gravidanza. Sia il Piano di prevenzione vaccinale sia il ministero della Salute sottolineano quanto siano importanti – e sicure – alcune vaccinazioni anche in questa fase della vita: l’antinfluenzale è raccomandata in qualsiasi epoca della gravidanza, mentre l’antipertosse va fatta tra le 27 e le 36 settimane, allo scopo di proteggere non tanto la mamma quanto il suo bambino. Nelle prime settimane di vita, infatti, i neonati non possono ancora essere vaccinati, ma la pertosse contratta dai piccolissimi può dare complicazioni anche gravi. Valentina Murelli

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L’apparato urinario

L’ACQUA DI CUI ABBIAMO

BISOGNO Le necessità di ciascuno sono molto variabili. Attenzione però ai segnali che manda il corpo: anche una disidratazione lieve è dannosa.

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ossiamo stare qualche settimana senza mangiare cibi solidi, ma senza bere il corpo va in tilt in pochi giorni. Accade perché siamo fatti di acqua: ogni singola cellula ne è letteralmente piena, il 60-70% del nostro peso è composto da liquidi (da bambini perfino di più, si arriva al 75%). L’acqua garantisce che tutto il corpo funzioni ed è il fiume interno in cui tutto scorre: essendo la principale molecola del sangue, essa trasporta i nutrienti e l’ossigeno alle cellule e porta via scorie e tossine, poi eliminate tramite le urine. È inoltre indispensabile per digerire e per mantenere costante la temperatura interna, ed è un cuscinetto ammortizzatore nelle articolazioni e in organi delicati come l’occhio e il cervello, che letteralmente “galleggia” nel liquido. Se perdiamo più acqua di quella che introduciamo, ci disidratiamo. SE IL CORPO È ALL’ASCIUTTO. Basta perdere il 7%

dei liquidi per avere le allucinazioni, con il 10% in meno si entra in coma. Ma anche una disidratazione più leggera fa male. Se abbiamo perso dal 2 al 5% della nostra riserva idrica siamo più stanchi, deconcentrati, di umore nero e vittime di frequenti mal di testa. La disidratazione, poi, compromette la funzionalità muscolare, portando a crampi e ad alterazioni nell’attività di uno dei muscoli più importanti, il cuore, con la comparsa di tachicardia. Più spesso però la disidratazione è lieve, ma cronica. E quindi subdola e difficile da riconoscere: i segnali possono essere la stitichezza (perché l’intestino assorbe tutta l’acqua che può dalle feci, che si induriscono) e qualche infortunio di troppo (perché i muscoli sono affaticati e cartilagini e articolazioni all’asciutto vanno incontro più facilmente a distorsioni, stiramenti e così via). Inoltre, la pelle diventa secca e può comparire l’acne, perché non si riescono a eliminare le tossine a dovere. L’indicatore più evidente è ovviamente la sete, accompagnata dalla bocca secca: compare già quando la disidratazione è allo 0,5% ma alcuni la sentono meno. 64 | FocusExtra 86

IL COLORE RIVELATORE. Una spia infallibile è il

colore delle urine: se sono trasparenti o giallo paglierino è tutto a posto, se sono scure significa che bisogna bere, perché i reni stanno cercando di risparmiare acqua. Questi organi infatti sono la centrale di smistamento principale dei fluidi del corpo, e devono mantenere il giusto equilibrio. Spiega Giuliano Brunori, presidente della Società italiana di nefrologia: «Quando l’acqua scarseggia, i reni la risparmiano e concentrano le urine, ma ciò aumenta il rischio che si formino calcoli, perché le sostanze nelle urine possono precipitare più facilmente e aggregarsi in “sassolini”. Se poi la disidratazione si protrae, il volume del sangue scende, i reni sono poco irrorati e quindi funzionano male, fino all’ insufficienza o al blocco». QUANTO DOBBIAMO BERE? Le necessità di acqua cambiano a seconda dello stile di vita, delle caratteristiche individuali e delle condizioni esterne: chi mangia molto saporito deve bere di più, per eliminare l’eccesso di sale. Lo stesso vale per chi fa sport e deve reintegrare i liquidi persi sudando. «Molto critica è la temperatura corporea, perché per ogni grado in più perdiamo circa un litro d’acqua: con una febbre a 38, quindi, il fabbisogno sale a tre litri», dice Brunori. «Qualcosa di simile accade quando fa molto caldo: in inverno può bastare anche un litro d’acqua al giorno, in estate invece ne serve parecchia di più». L’idratazione è ancora più importante durante le ondate di calore, ovvero i periodi caratterizzati da temperature particolarmente elevate, sempre più frequenti per via del cambiamento climatico. «In quei giorni si può verificare una disidratazione temporanea che può compromettere la funzionalità dei reni e contribuire alla comparsa di un’insufficienza renale», conclude l’esperto. «I più a rischio sono gli anziani, che avvertono meno la sete e difficilmente bevono a sufficienza». Elena Meli


Si devono assumere più liquidi se si fa sport, se fa caldo, se si mangiano cibi salati e quando si ha la febbre.

La fastidiosa cistite dell’infezione, potrà essere prescritto il trattamento più adeguato». La terapia si basa su antibiotici, che devono essere specifici per il tipo di microrganismo che determina la malattia. MIRTILLI. Bere almeno un litro e mezzo di acqua al giorno, curare molto l’igiene personale e non trattenere la pipì sono tutte abitudini che prevengono il disturbo. E poiché, soprattutto nelle donne, la cistite può manifestarsi nelle 24-72 ore dopo aver fatto sesso, lavarsi bene e svuotare la vescica dopo un rapporto riduce i rischi. Nel 20% delle persone che soffrono di cistite, il disturbo è ricorrente. In questi casi i medici consigliano degli esami per verificare la presenza di malformazioni delle vie urinarie, che potrebbero favorire l’infezione. Studi recenti dimostrano poi che gli integratori a base di mirtillo rosso aiutano a prevenire le cistiti ricorrenti, perché i flavonoidi contenuti in questi frutti impediscono la colonizzazione delle vie urinarie da parte dei batteri. M.F.

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La cistite è un’infezione delle vie urinarie causata quasi sempre da batteri. Più comune nelle donne (il 30% va incontro ad almeno un episodio nella vita), passa senza lasciare tracce se trattata con i giusti farmaci, ma se è sottovalutata e si protrae per mesi può invece danneggiare i reni. I campanelli d’allarme che devono far sospettare una cistite sono peraltro piuttosto chiari: bruciore durante la minzione, dolore al basso ventre e le urine torbide sono tutti segnali a cui prestare attenzione. Nei casi più seri, poi, si può arrivare alla presenza di sangue nelle urine, a volte accompagnata da febbre, debolezza e malessere. «Se si manifestano i sintomi, è fondamentale rivolgersi tempestivamente al medico», spiega Susanna Esposito, presidente dell’Associazione mondiale per le malattie infettive e ordinario di Pediatria all’Università di Perugia. «Solo attraverso l’esame delle urine e l’urinocoltura, mirati a identificare il batterio responsabile

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IL SESSO

L’apparato riproduttivo

È UN VERO TOCCASANA

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Facendo l’amore a tutte le età e due volte a settimana, proteggiamo il nostro organismo. E ci regaliamo un grande benessere psicologico.

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rotegge il cuore, abbassa la pressione, rafforza il sistema immunitario, allevia il dolore, riduce lo stress e migliora l’umore. La medicina sembra non avere dubbi: il sesso è un toccasana. Negli ultimi anni, numerosi studi scientifici hanno indagato gli effetti dell’attività sessuale, dimostrando che la gran parte delle persone ottiene benefici fisici e psicologici. Purché si prendano tutte le precauzioni per non contrarre malattie sessualmente trasmissibili, fare l’amore sembra dunque uno dei modi più piacevoli per mantenersi in salute.

UN OTTIMO ESERCIZIO. I cardiologi, per

esempio, considerano il sesso un ottimo esercizio per rafforzare il cuore e allontanare i rischi cardiovascolari. Dal punto di vista fisico, infatti, l’atto sessuale equivale in media a 15 minuti di cyclette. «L’attività sessuale è consigliata a chiunque non soffra di gravi cardiopatie: se una persona può fare due rampe di scale, allora può fare anche sesso; anzi, dovrebbe farlo più spesso perché è terapeutico», conferma Emmanuele Jannini, andrologo e professore ordinario di Endocrinologia e sessuologia medica all’Università “Tor Vergata” di Roma. Non solo. Si è scoperto che il sesso e le coccole aiutano anche a ridurre la pressione arteriosa. Mentre avere rapporti sessuali frequenti (almeno una o due volte a settimana), potenzia il sistema immunitario, stimolando la produzione di immunoglobuline A (IgA), i preziosi anticorpi che si trovano nelle mucose. Gli studi più recenti confermano infine che l’eiaculazione protegge gli uomini dal tumore alla prostata.

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ORMONI BENEFICI. Ma non finisce qui.

Fare l’amore innesca infatti una cascata ormonale con effetti positivi anche sulla psiche. «Un’attività sessuale completa e soddisfacente aumenta i livelli di testosterone che, oltre a rafforzare ossa e muscoli, svolge un ruolo importante nella regolazione dell’umore ed è un potente antidepressivo naturale», spiega Jannini, che non esita a definire il testosterone «il re di tutti gli ormoni». Sebbene la maggior parte degli studi sul testosterone siano stati condotti sugli uomini, gli esperti ipotizzano che possa avere benefici analoghi anche nelle donne.

L’attività sessuale induce, inoltre, il rilascio di ossitocina, dopamina, endorfine e altre “molecole del benessere” con il potere di alleviare l’ansia e lo stress, nonché di conciliare il sonno. Provare uno stato di beatitudine dopo avere fatto l’amore, così come crollare addormentati, sono reazioni molto comuni indotte da queste sostanze. Le endorfine, inoltre, alleviano il dolore proprio come un analgesico. Grazie al rilascio di ormoni che inducono esperienze di benessere, un rapporto sessuale può avere un effetto calmante, antidolorifico e antidepressivo simile a quello di alcune droghe, ma senza effetti collaterali né rischi di assuefazione. Sebbene la possibilità di sviluppare una dipendenza patologica dal sesso (in inglese, sex addiction) sia oggetto di dibattito fra gli specialisti, in realtà secondo Jannini non dovremmo mai preoccuparci di farlo troppo, bensì di farlo troppo poco, rinunciando così ai tanti benefici riconosciuti dalla medicina, di cui si può godere appieno con almeno due rapporti a settimana. MAI SMETTERE. Un altro mito da sfatare è che il sesso si addica solo ai giovani. «In realtà, avere una vita sessuale soddisfacente è importante a tutte le età», afferma Jannini. «Anzi, sono proprio le persone più in là con gli anni a ricevere i benefici maggiori, perché l’attività sessuale può supplire alla minore efficienza dell’organismo nel mantenerci in salute». Alcuni studi recenti, per esempio, hanno mostrato che più a lungo si resta sessualmente attivi, più a lungo si preservano la memoria e alcune funzioni esecutive superiori, come la capacità di prendere decisioni. Secondo una ricerca pubblicata sul Journal of Gerontology, negli anziani che non rinunciano al sesso si osserva infatti una maggiore crescita dei neuroni dell’ippocampo, la regione del cervello associata alla memoria. Inoltre, proprio come avviene con l’attività fisica, un’attività sessuale regolare aiuta sia a preservare le funzionalità degli organi riproduttivi, sia a mantenere vivo il desiderio. «Per questo, quando parliamo di sesso, si dice spesso che chi si ferma è perduto», avverte Jannini, invitando a non rinunciare ai molti benefici che può regalare una sana e viva sessualità. Giancarlo Sturloni

Un’attività sessuale completa e soddisfacente aumenta i livelli di testosterone che, tra l’altro, è anche un potente antidepressivo naturale.

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