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Enapra Sicurezza sul lavoro Over 65 Ageismo 56
Non discriminare gli anziani
MANGIARE NOCI
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L’età influenza la salute delle persone anziane? Più che l’età è l’ageismo, ovvero la discriminazione che viene fatta in base all’età. Con l’invecchiamento della popolazione mondiale e i costi sanitari che continuano a crescere, i ricercatori dell’Università di Yale hanno analizzato 422 studi in 45 Paesi dal 1970 al 2017, che hanno coinvolto sette milioni di persone della terza età affrontando, in modo specifico, la discriminazione e gli esiti sanitari. Becca Levy, professore di epidemiologia presso la Yale School of Public Health, ha studiato la questione a livello individuale, ma guardando oltre le persone, per vedere come l’impatto dell’età sulla salute si manifestasse a livello sociale e strutturale. In effetti è colpevole proprio l’ageismo, che rende depressi, scontrosi e diventa un enorme salasso per l’economia. La ricercatrice ha stimato che, in un anno, questo tipo di discriminazione nei confronti degli over 60, negli Stati Uniti provoca 17,04 milioni ripercussioni sulla salute, come le malattie cardiovascolari, quelle respiratorie croniche e il diabete mellito, con un prezzo annuale di 63 miliardi di dollari.

Mangiare noci fa bene e può aiutare a rallentare il declino cognitivo nella popolazione anziana. Sono un alimento importante per la nostra salute, una vera e propria miniera di proprietà benefiche, ricche di proteine, grassi e una fonte di calcio e ferro. È quanto emerge da uno studio condotto da ricercatori della California e della Spagna. Sostituire la merenda con qualche noce fa bene. I ricercatori hanno esaminato 42 individui per sei settimane ai quali, al posto di patatine fritte e cracker, sono state servite due manciate di noci. Al termine dell’esperimento tutti i partecipanti hanno visto scendere i loro livelli di colesterolo e di batteri intestinali, riducendo il rischio di malattie cardiache.

DIETA MEDITERRANEA e longevità. Seguire la dieta mediterranea per un solo anno altera il microbioma delle persone anziane, migliorando la funzione cerebrale e favorendo la longevità. Lo ha rivelato una ricerca che ha analizzato 612 anziani provenienti da Francia, Italia, Paesi Bassi, Polonia e Regno Unito. Sono stati coinvolti 323 individui per un anno, che hanno mangiato pane, pasta, frutta, verdura, carne, olio extravergine e il tradizionale bicchiere di vino ai pasti regolari. Il risultato è stato che la dieta mediterranea ha rallentato la perdita di diversità batterica e la produzione di marker infiammatori potenzialmente dannosi, come la proteina C reattiva e l’interleuchina-17, a tutto vantaggio della salute.
MUSICOTERAPIA

I benefici dell’olio d’oliva
La musicoterapia è un toccasana per tutti ed è molto indicata per gli anziani, perché coinvolge l’aspetto fisico, psichico, emozionale e si basa sulla capacità dei suoni di favorire una comunicazione che oltrepassa l’uso del linguaggio, promuovendo l’espressione dei vissuti più profondi. Numerosi studi hanno sottolineato come possa migliorare l’umore, respingendo la depressione. Iniziare un percorso preventivo/ terapeutico con la musica è molto importante per tutti, perché attiva selettivamente i sistemi neurochimici e le strutture cerebrali associati a stato d’animo positivo, regola emozioni, attenzione e memoria, come sostiene Kim Innes, professore di Epidemiologia presso la School of Public Health della West Virginia University.

L’olio d’oliva è una vera e propria fonte inesauribile per la salute umana. Lo conferma una ricerca dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibbc) e dell’Università della Tuscia. Sarebbe l’idrossitirosolo, un componente presente in abbondanza anche negli scarti di lavorazione, ad avere la capacità di “ringiovanire” il cervello degli anziani. Naturalmente presente nell’olio extravergine di oliva, ha forti capacità antiossidanti e protettive sulle cellule. «L’assunzione per un mese di idrossitirosolo - spiega lo scienziato del Cnr Felice Tirone - conserva in vita i nuovi neuroni prodotti durante tale periodo, ancora più nell’anziano, nel quale stimola anche la proliferazione delle cellule staminali, dalle quali vengono generati i neuroni» Ma non solo: grazie alla sua attività antiossidante “ripulisce” anche le cellule nervose riducendo le lipofuscine, gli accumuli di detriti nelle cellule neuronali. «L’effetto dell’idrossitirosolo - conclude - si traduce in un aumento di funzionalità dell’ippocampo». Tra l’altro si apre la strada al possibile impiego degli scarti di lavorazione delle olive, che contengono una grande quantità di idrossitirosolo.
L’ALZHEIMER è una malattia neurodegenerativa che inizia trent’anni prima della comparsa dei sintomi e non è ancora curabile. Per Massimo Tabaton, professore di neurologia presso l’Università di Genova e vicedirettore del Journal of Alzheimer’s disease, occorre giocare d’anticipo mantenendo uno stile di vita sano, a partire dall’alimentazione, insieme all’esercizio fisico costante e ad un regime alimentare corretto. E’ possibile così ridurre del 30% le possibilità di contrarre questa patologia. «E’ noto da tempo – spiega Carlo Ferrarese, direttore scientifico del centro di neuroscienze dell’Università di Milano-Bicocca - che i fattori di rischio per le patologie vascolari, quali ipertensione, diabete, obesità, fumo, scarsa attività fisica, contribuiscano anche a un rischio maggiore di sviluppare l’Alzheimer».

AGRITURISMO LE OCCARE A RUNCO DI PORTOMAGGIORE (FE)
Speciale guesthouse
Immerso nel verde e nella tranquillità della campagna adiacente Ferrara, a Runco di Portomaggiore, sorge un agriturismo veramente speciale: “Le Occare”, una tipica guesthouse, di quelle che si possono trovare in Inghilterra o in Francia, dove regna l’eleganza e il calore dell’ospitalità di una casa privata. Una tipica corte aperta ferrarese, all’interno di un’azienda agricola di 72 ettari appartenente da oltre un secolo alla famiglia degli attuali proprietari, dove si coltivano seminativi, soia, mais e grano, circondata da 4 ettari bosco micorizzato, densamente popolato da uccelli. L’edificio principale, risalente alla metà del 18° secolo, è stato completamente restaurato in maniera conservativa, rispettando integralmente

l’architettura originale e l’ambiente circostante, utilizzando però le tecnologie più moderne. L’arredamento interno, estremamente curato, è costituito da mobili d’epoca appartenenti alla famiglia. Gli ospiti sono accolti in tre grandi stanze matrimoniali e in una suite nella casa padronale. La piccola piscina ed il bosco circostante permettono un piacevole ozio, oppure passeggiate a piedi, in bicicletta o a cavallo e, particolarmente apprezzata, la ricerca del tartufo con i cani. Per la sua posizione, inoltre, adiacente alle Delizie Estensi del Belriguardo e del Verginese, prossima al Parco del Delta del Po e a pochi chilometri da Ferrara, patrimonio dell’umanità dell’Unesco, “Le Occare” rappresenta un’ottima

base di partenza per escursioni naturalistiche e culturali. Ma il vero cuore dell’agriturismo è il piccolo ristorante di charme, volutamente limitato a soli quattro tavoli, arredato con cura, con antiche tovaglie di lino, vasellame e posate d’epoca e cristalleria di classe, aperto anche al pubblico esterno, regno incontrastato della proprietaria, la signora Maria Cristina Maresi, farmacista con la passione per la cucina che, dopo aver lasciato un prestigioso incarico in una multinazionale della chimica, ha ricominciato qui, insieme al marito Giovanni Tosti Meloncelli, un nuovo progetto di vita.
foto di Giampaolo Atzeni

La cucina propone ricette regionali rivisitate, ispirate ai sapori del territorio, principalmente incentrate sui prodotti della fattoria. L’utilizzo delle erbe spontanee, dei funghi, dei tartufi e dei prodotti naturali dei campi, dell’orto e del bosco permette una creativa riscoperta dei sapori tradizionali. Un’attenzione particolare viene riservata alle antiche ricette del territorio, come il Pasticcio di Maccheroni alla Ferrarese, servito nei banchetti della corte degli Este, preparato sul tradizionale piatto di rame, costituito da un involucro esterno di pasta frolla riempito di maccheroni pasticciati con besciamella, ragù, tartufi, eventualmente funghi ed animelle. E poi Cappelletti in brodo, Vellutate, Tagliatelle con il tartufo, Ragù alla genovese, Uovo in camicia con fonduta di parmigiano e tartufo. La struttura dispone anche
LE OCCARE

Via Quartiere 156 Portomaggiore - Runco (FE) tel. 0532329100, cell. 3485633162 email: cris@leoccare.com
di un antico forno a legna restaurato per la cottura del pane, che permette di gustare quello tipico ferrarese, la celebre “coppia” (ciupéta), preparata e cotta come si faceva nel passato. Ma la vera prelibatezza è il Caviale Ferrarese, ovvero il caviale cotto al forno e conservato sott’olio secondo una ricetta segreta del 1500, passata rocambolescamente di mano in mano, fino alla sua scomparsa nel 1972, e che Maria Cristina Maresi ha faticosamente recuperato. Oggi il Caviale Ferrarese è tornato a deliziare i palati dei buongustai. È un marchio registrato, viene prodotto nell’agriturismo “Le Occare” ed è esportato in tutto il mondo.
MONTEVECCHIO PIGNOLETTO DOCG DI SOCIETÀ AGRICOLA CAVAZZI ISOLANI
Nettare bio figlio della storia
Vecchie carte, ritrovate negli archivi di famiglia, documentano che in queste terre, sulle colline bolognesi, la famiglia Isolani produceva vino per le proprie cantine sin dal lontano 1456 e da allora le botti non sono mai state vuote, così che, accumulata esperienza e tradizione, gli odierni discendenti hanno deciso di iniziarne la commercializzazione. Da qui nasce l’etichetta Montevecchio Isolani, prodotto di qualità Doc e per alcune varietà Docg, imbottigliato in numeri molto ridotti, che ha avuto, nel corso degli anni, numerosi riconoscimenti. Tredici ettari di vigneti, situati ad un’altitudine di 210 metri sul livello del mare sulle prime pendici dell’Appennino Emiliano, su un terreno sedimentario argillo-sabbioso che originariamente costituiva il fondo del mare, come testimoniano le conchiglie fossili presenti in abbondanza. L’esposizione a nord-est, pur assicurando una grande luminosità, preserva i vigneti dall’eccessivo calore estivo, consentendo una lenta maturazione dei grappoli, con il massimo accumulo di profumo e sapore. La potatura principale ha lo scopo di mantenere ridotta la produzione a vantaggio della qualità delle uve, mentre quella estiva tende a rimuovere l’eccesso di vegetazione che toglierebbe luce ai grappoli. La coltivazione rispetta il disciplinare dell’agricoltura biologica dell’Unione europea. Le uve coltivate sono quelle tipiche delle denominazioni dei Colli Bolognesi: Pignoletto, varietà autoctona e molto antica della zona, Cabernet Sauvignon e Merlot. Sei le etichette: Pignoletto Superiore Docg, Pignoletto Spumante Docg, Pignoletto Frizzante Docg, Palazzo di Montevecchio, Rosso Bologna e Rosso Bologna Riserva. Il più tradizionale è il Pignoletto Frizzante. Metodo charmat, con la particolarità che la fermentazione inizia direttamente dal mosto per poi continuare novanta giorni in autoclave, il che conferisce al vino molti più profumi di lieviti. È affinato tre mesi in bottiglia. Ottenuto dalle uve Pignoletto prodotte dal vigneto di Montevecchio, ha colore giallo chiaro cristallino con riflessi lievemente verdi, profumo delicato di agrumi e fiori di ligustro selvatico, sapore fresco e armonico, secco. Ideale come aperitivo, accompagna molto bene i primi piatti della cucina bolognese: i passatelli in brodo, i risotti, i piatti di pesce e in particolare i fritti. Trentacinquemila le bottiglie prodotte, con una potenzialità di 60 mila, destinate soprattutto al circuito Ho.re.ca locale e alle altre attività della famiglia. Gli Isolani, infatti, desiderosi di mantenere le vecchie tradizioni, sono oggi impegnati, oltre che nella produzione di vino, in molte e diverse attività, che sfruttano il patrimonio che la storia ha loro regalato. In quest’ottica, nella splendida collina di Montevecchio, a Zola Predosa, nei pressi di Bologna, nei possedimenti di famiglia è nato un agriturismo diffuso: 26 posti letto tra la pittoresca casa colonica la “Torre”, la tranquilla e suggestiva residenza “Il Colmo”, circondata da boschi e prati, e la “Fornacina“, una villetta indipendente su due livelli ricavata da un’antica fornace. Inoltre, è stata creata la “Isolani Meeting”, grazie alla quale le splendide residenze della famiglia sono aperte per accogliere eventi.

RISTORANTE SCACCOMATTO A BOLOGNA
Estro vincente
L’ anima della cucina è Mario Ferrara, chef di origini lucane arrivato a Bologna a 17 anni, dove trovò lavoro presso L’Antica Osteria Brunetti e dove rimase per 3 anni, integrandosi con la città e imparando non solo un nuovo modo di lavorare, ma anche di vivere. Dopo aver consolidato la sua formazione in diverse città del nord Italia, insieme al fratello Enzo, nel 1987, dà vita al ristorante “Scaccomatto” portando a Bologna innovazione e gastronomia della sua terra di origine, la Lucania appunto, allora quasi sconosciuta sotto le Due Torri. “Era una pizzeria messa malissimo - ricorda Mario -. La chiamai ‘Scaccomatto’ perché in quel periodo imparai a giocare a scacchi proprio da mio fratello Enzo”. L’esperimento ebbe un gran successo e da allora il ristorante cominciò la sua continua evoluzione. Oggi, sebbene le radici gastronomiche si siano mantenute, Mario e il suo staff, portano avanti l’idea di una cucina in movimento, sempre aperta alle novità e alle sperimentazioni, che ha i suoi punti di forza nella genuinità, nell’ottima qualità delle materie prime utilizzate e nella turnazione stagionale dei prodotti impiegati. Un menù quindi molto ricco e variegato, che accosta prodotti di mare, di terra e carne, in abbinamenti sempre nuovi e stimolanti, accompagnato dalla ricerca di metodi di cottura sempre diversi che esaltano i sapori originali degli ingredienti. Assaporando le pietanze dello “Scaccomatto”, si apprezza l´estro, ma si percepisce sempre e comunque un forte legame con la terra, con i sapori forti di una tradizione antica. Mario è un maestro nell’ utilizzo delle verdure: nella stragrande maggioranza dei suoi piatti, siano essi a base di carne o di pesce o negli stessi antipasti, vi troverete sempre accanto una verdura di stagione capace di esaltare (o contrastare) la materia prima. Allo “Scaccomatto” vegetali, molluschi, crostacei, mitili, tonno, corzetti, paccheri, cavatelli, piccione, anatra, vitello si compongono in piatti con non più di due-tre ingredienti, trattati con giudizio da un fuoco sapiente e accostati mai per sacrificarsi, ma solo per esaltarsi a vicenda. La seduzione è palatale, e nemmeno l’occhio viene mai trascurato. La presentazione delle pietanze è sempre accattivante e quasi artistica. Tra gli antipasti, Carciofi arrostiti, mandorle, su crema di lattuga e salsa di acciughe, Coscette di piccione, cavolo rosso e salsa ponzu, Gamberi scottati, maionese di cavolfiore e olio alla vaniglia. Tra i primi piatti, Riso allo “zafferano bolognese” ed ossobuco; i Passatelli classici in brodo di cannolicchi e fagioli freschi; lo Spaghettone piccante in salsa acida ai ricci di mare. Tra i secondi, Orecchie e piedini di Mora Romagnola ceci e lumache, piatto dedicato a Christina ed Alex del ristorante “I”Aliança d’anglès 1919”; Agnello dell’Appennino emiliano, carciofo, parmigiano e radicchio tardivo; Calamaro e capasanta arrosto, gel di nero, crema di bietola e mandorle. Infine, tra i dolci, Ricordo francese, lemon parte, gelato al sambuco, terra di olive; Come un millefoglie con zabaione al moscato e salsa di frutti di bosco; Tortino al cioccolato, amarena e arancio. Il servizio è di classe, gentile, attento e riservato. Enzo e il suo staff in sala sono sempre pronti a consigliare gli abbinamenti più calzanti e a proporre i numerosi fuori menù giornalieri. Via Broccaindosso, 63, Bologna


GIUSEPPE MARCHETTI TRICAMO SU EDITORIA E LETTURA
Il tempo dilatato
“È il momento del viaggio in un tempo dilatato, quello in cui ci si concede una lettura diversa, migliore, consapevole. Essere colti, sapere, conoscere, riflettere, essere credibili rappresenta oggi un’opportunità per noi e per tutto il Paese”. Lo dice Giuseppe Marchetti Tricamo già dirigente Rai, direttore di Rai Eri, responsabile del palinsesto di Rai Notte, docente universitario di Editoria e Analisi dell’informazione dell’Università La Sapienza di Roma e storico direttore di “Leggere:Tutti”, l’ottimo mensile di libri e letture di Agra Editrice. Pubblica ora il pregevole volume “Il tempo dilatato” (Ibiskos Ulivieri) che raccoglie i suoi editoriali per “Leggere:Tutti”, proposti in ordine rigorosamente cronologico dal maggio 2005 al marzo 2018. I suoi scritti che coprono un arco temporale di ben 13 anni, accorpati, diventano una meditazione a tutto tondo, sul mondo dell’editoria e della lettura e, di riflesso, sullo stato di salute del Paese, vedendo la parola scritta come la leva per risollevarsi. L’autore comincia con una domanda, antica come quella se è nato prima l’uovo o la gallina. La domanda vecchia, ma estremamente attuale, da cui partire è: “Perché leggere?”. Già, parte tutto da questo interrogativo a cui rispondere è davvero impossibile. A dire il vero la rivista da lui diretta molto a lungo è nata più che da una domanda, da un invito, da un imperativo: “Leggi!”. Leggere è una grandissima occasione, forse - almeno per noi - un dovere. Ha un’innata voglia di conoscenza: “Mi incuriosiscono gli scrittori e la loro vita e da loro vorrei comprendere

come e quando scatta l’ispirazione e come si fa a trasformare un’idea in un successo in libreria”. Nelle 384 pagine del saggio si comprende come l’autore abbia scandagliato a fondo l’argomento editoria, condividendo con i suoi lettori - quelli che appena aprivano la rivista, correvano a leggere subito il suo editoriale - la passione per la lettura e la buona consuetudine di frequentare librerie e biblioteche per scegliere i propri libri, senza cedere alle lusinghe delle classifiche dei più venduti. Anche io ho fatto parte di quei lettori del magazine di Agra che partivano dal suo editoriale, prima di dedicarsi al resto, pungolato dalle sue domande, ricercando la personale “memoria di carta” (titolo di un suo articolo): il primo libro non si scorda mai? E’ vero, il mio è stato senz’altro “Moby Dick” di Herman Melville. E condivido la sua riflessione: “I cosiddetti ‘libri per ragazzi’ in realtà non esistono. Esistono i libri che si leggono da ragazzi e che ciascuno continua a portarsi dentro traendone insegnamenti,
suggestioni, metri di giudizio, parametri - in definitiva - per osservare il mondo e se stessi nel mondo”. Ha attraversato, negli anni di direzione, anche i cambiamenti tecnologici, ha visto affermarsi il digitale, l’e-book, il kindle, ma senza nostalgie retrò, al contrario invitando a cogliere le nuove opportunità che il progresso porta: “Oggi - annota - il mestiere dell’editore non si esercita più soprattutto col cuore (come asseriva in anni lontani, era il 1949, Arnoldo Mondadori in una lettera al ‘Nobel’ Salvatore Quasimodo), ma soprattutto con
DAL BOSCO DISTRUTTO LEGNO PER CASSE ACUSTICHE

Il suono dell’albero
la testa. E gli editori, la testa, devono assolutamente usarla, devono cogliere le infinite potenzialità di Internet, impegnare nuove figure professionali in grado di sfruttare le grandi opportunità offerte loro dalle nuove tecnologie. Insomma l’editoria vuol respirare aria nuova”. Nell’ultimo editoriale di commiato (e di chiusura del volume) paragona la rivista ad un treno che compie il lungo viaggio della vita, delle esperienze, delle letture con scrittori che salgono nei vagoni per fare un percorso assieme. Se il magazine è un frecciarossa, Marchetti Tricamo è stato il suo prezioso capotreno, che non manca di fare un’ultima citazione, con i versi della poesia di Giorgio Caproni ‘Congedo del viaggiatore cerimonioso’: “Credo che sia meglio per me cominciare a tirare giù la valigia”. Per inciso, c’è un verso in quella lirica di una bellezza sconcertante: “Son giunto alla disperazione calma, senza sgomento”. Bando alle inquietudini, perché Marchetti Tricamo ha un approccio giovanile. Ricorda pure, in un suo scritto, un artista amato dai ragazzi, Cesare Cremonini quando canta “L’estate torna sempre, torna sempre, torna qui”. Gaetano Menna P artire da una catastrofe ambientale e trovare il modo di restituire quanto tolto alla natura, grazie al design: è questa la missione della startup Vaia che ha dato vita a “Vaia Cube”, una cassa passiva di legno massello pregiato che permette, senza l’uso di alcun tipo di energia, di amplificare quanto si sta ascoltando con il proprio smartphone (www. vaiawood.eu). Il progetto prende il nome dalla tempesta Vaia, la forte perturbazione che ad ottobre 2018 interessò il Triveneto causando la più grande catastrofe forestale italiana degli ultimi 50 anni. Il maltempo colpì 494 comuni, provocando la completa distruzione di oltre 42 mila ettari di foresta (il 3% della superficie forestale del territorio) e comportando la presenza di circa 8.5 milioni di m3 di legname a terra. “Volevamo trovare una soluzione concreta alla problematica di tutti questi alberi abbattuti e ormai inutilizzabili per le grandi strutture - spiega Federico Stefani, cofounder di Vaia -. Da qui l’idea di usare quel legno, per creare un oggetto di design che potesse anche lanciare un messaggio forte e allo stesso tempo sostenere la ripresa del territorio”. Vaia Cube permette di propagare in maniera completamente naturale qualunque suono inserendo al suo interno il proprio smartphone: “Per noi si tratta di una metafora forte e Giuseppe Marchetti Tricamo

concreta, una cassa attraverso la quale amplificare ulteriormente il grido di aiuto della natura e mantenere alta l’attenzione sul cambiamento climatico - prosegue Stefani - creando allo stesso tempo un progetto sostenibile”. La cassa viene realizzata da artigiani e falegnami locali e nelle Dolomiti il team della startup sta coinvolgendo chi si occupa delle foreste pubbliche per la piantumazione di nuovi alberi. Infatti, Il territorio oggi presenta notevoli dissesti idrogeologici ed è a rischio frane a causa della deforestazione. La startup si fa portavoce di un ulteriore messaggio concreto: con l’acquisto di un Vaia si contribuisce a piantare un nuovo albero e far rinascere così la foresta, la prima piantumazione avverrà all’inizio dell’estate. Un primo grande risultato è stato già raggiunto superando quello che era il primo obiettivo prefissato dei primi 5mila alberi da piantare.
AFFACCIARSI E REGISTRARE
Paesaggi sonori

Con gli abitanti chiusi in casa, per il COVID-19, le città si sono ammutolite. All’improvviso una campana o il cinguettio di un uccello o i colpi ritmici di martello rompono il silenzio quasi assordante; così il silenzio si fa portavoce dij ambientazioni uniche che avevamo soffocato nel rumore stradale. Poi, si sta scoprendo il senso di appartenenza, uniti nell’orgoglio dell’italianità; i canti corali alle finestre - dell’Inno di Mameli, di “Azzurro” di Celentano, di “Ma il cielo è sempre più blu” di Rino Gaetano (a Roma Garbatella), di “Abbraciame” di Andrea Sannino (a Napoli) - uniscono e confortano. Ai balconi ci sono Ai tempi del COVID-19 ICBSA acquisisce e archivia le testimonianze uditive

pure coloro che suonano tromba, chitarra o violino. Giunge ora l’invito dell’Istituto Centrale per i Beni Sonori ed Audiovisivi (ICBSA, ex Discoteca di Stato), di affacciarsi alla finestra, registrare il “paesaggio sonoro” di questi strani giorni e fornire l’audio registrandosi sul sito “locateyoursound. com”. Le testimonianze uditive verranno conservate e studiate da ICBSA, dal Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova e da LYS - Locate Your Sound (l’avanzato sistema di archiviazione sonora della società “mOOviOOle”, che mette in rete i fondi sonori di tutto il mondo). A futura memoria.
FRUTTI GENUINI

Canzoni d’umore N ove canzoni d’umore che raccontano piccole storie tragiche o a lieto fine, scanzonate o un po’ canzonatorie. Un prodotto genuino, come quello appena raccolto dall’orto, che porta il buonumore. “Canzoni d’umore” (Almendra Music) è il terzo album degli Utveggi: un selfie sonoro che prende affettuosamente in giro i luoghi comuni del pop italiano e indirettamente la stessa band, indipendente nel senso più profondo del termine, “indie” a patto di non prendere sul serio l’etichetta e il mondo che simboleggia. Sonorità al crocevia tra progressive, indie, punk, pop e demenziale, con una spregiudicata mescolanza anche di linguaggi come italiano, siciliano e anche giapponese. Il loro è “divertissepunk”, esperimento alieno rispetto ai canoni del rock indipendente italiano, Già il video di “Stupido Otello” - che “si ispira” a Stupido Hotel di Vasco Rossi – fa comprendere il campo d’azione. “La nostra - dicono - è una parodia di noi stessi che cercavamo di spacciarci per band indie”.

“Lotus Sedimentations” (New Model Label) è il concept album della chitarrista e sperimentatrice di Bari Simona Armenise, ispirato alla cultura nipponica (con doppia titolazione inglese - giapponese), realizzato con la collaborazione di Ares Tavolazzi, lo storico bassista degli Area. Il CD è dedicato alla filosofia del fiore di loto, pianta acquatica che, nella cultura orientale, è simbolo di elevazione spirituale; ciò deriva dal fatto che il fiore, pur affondando le radici della pianta nel fango, è in grado di rimanere puro e incontaminato. Ed i brani del disco sono un viaggio affascinante nel proprio mondo interiore, attraverso elettronica e sperimentazione. Si alternano sia sequenze realizzate con software, synth, sia campioni di suoni ripresi ed elaborati e loop machine, sia chitarre con accordature non standard suonate con archetto e chitarra baritona. Lavoro eterogeno - con momenti molto lirici, strutturati e non - che spazia, tra postrock, psichedelia, ambient, nu-jazz nordeuropeo. Fiore di loto
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