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Mappamondo Cow hi-tech Mappamondo Vino in India 30

Anche il vino del canguro vuole saltare in India

Iproduttori di vino di Australia, Europa e Stati Uniti stanno cercando di entrare nel mercato indiano. Nonostante lo sfavorevole regime fiscale, le importazioni di vino in India sono cresciute del 12-13% e rappresentano circa il 35% del consumo totale di vino del Paese in termini di valore, ma solo il 12% in termini di volume. Secondo un rapporto del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA), i maggiori fornitori di vino in India sono l’Australia e l’Unione Europea, che rappresentano quasi il 75% delle importazioni. Il governo indiano ha consentito agli hotel a cinque stelle di importare vini esenti da dazio, mentre gli altri importatori devono pagare un dazio del 150%. Pertanto, la vendita di vini importati si svolge principalmente negli alberghi di lusso. Tra il 2015 e il 2016 l’incremento del mercato del vino indiano è stato del 15%, contro il 9% della birra e il 4% dei superalcolici.

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CONTRACCOLPI IN FRANCIA PER DAZI DI TRUMP

I viticoltori francesi, che hanno visto le loro vendite crollare negli Usa dopo l’imposizione della tassa del 25% da parte dell’amministrazione Trump, chiedono allo Stato e a Airbus un fondo di compensazione di 300 milioni di euro. Il ministero dell’Economia e delle Finanze francese ha stimato che le esportazioni del loro vino verso gli Stati Uniti sono crollate del 44% a novembre 2019 rispetto a ottobre. Per Jerome Despey, presidente del consiglio specializzato Vins de France AgriMer, con questa cifra i viticoltori vorrebbero così compensare i 250 milioni di euro di imposta supplementare affrontata e i 50 milioni di euro di perdite di mercato. EXPORT DI VINO POST BREXIT

I vini dell’emisfero meridionale prospereranno maggiormente nella Gran Bretagna post-Brexit. A parere dell’ultimo Wine Trade Monitor, dell’agenzia di comunicazione alimentare Sopexa, la Brexit darà una spinta ai vini australiani. Ma non solo. La crescita dovrebbe interessare anche quelli cileni e argentini. Secondo gli esperti britannici, nel post-Brexit, oltre ai vini dell’emisfero meridionale, cresceranno anche quelli bio e biodinamici. I consumatori del Regno Unito sono disposti a pagare circa il 38% in più per una bottiglia di vino biologico rispetto a quello tradizionale e, in media, spendono ogni mese 200 milioni di sterline in alimenti e bevande bio. Si prevede anche un trend di crescita per i vini a basso tenore alcolico.

Olio California marchio protetto

Il disegno di legge di Cecilia Aguiar-Curry, componente dell’Assemblea della California, stabilisce che in etichetta la dicitura “California” si potrà usare solo per i prodotti che utilizzano olive californiane. “Questa misura – sottolinea - proteggerà i consumatori e gli agricoltori con informazioni chiare sulla provenienza delle olive e degli oli”. Lo Stato produce il 4% dell’olio d’oliva mondiale da oltre 75 varietà di olive e la domanda è in costante aumento. Negli anni scorsi erano stati introdotti standard severi e l’etichettatura; ora si vuole fare un passo ulteriore. Attualmente una bottiglia di olio d’oliva può essere pubblicizzata e marchiata “California” anche se contiene oli provenienti da altre regioni del mondo, creando confusione nei consumatori e svantaggio competitivo per gli olivicoltori e i produttori di olio locali. “Il nostro Stato – conclude Aguiar-Curry - ha i migliori prodotti agricoli e i più alti standard ambientali e di lavoro del mondo. I consumatori cercano questi prodotti perché li associano alla qualità. Consentendo alle aziende di trarre in inganno i consumatori con l’etichetta California nei prodotti che non vengono coltivati qui, si sminuisce tutto ciò che stiamo realizzando”.

OLIO TUNISINO PUNTA SU MERCATO EUROPEO MALCONTENTO IN SPAGNA PER CALO PREZZI

Continua il malcontento degli agricoltori spagnoli. Chiedono prezzi equi per i loro prodotti, tra cui le olive da tavola e l’olio d’oliva. A loro avviso i prezzi sono rimasti a livelli “insostenibili” e per questo le associazioni di rappresentanza Upa, COAG e Asaja hanno organizzato 21 manifestazioni di protesta in tutto il Paese. Oltre ai prezzi bassi, molti manifestanti chiedono “misure di sostegno” per far fronte ai maggiori costi di produzione (come il recente aumento del salario minimo nazionale del cinque per cento all’inizio di gennaio), alle incertezze del commercio internazionale causate dalla Brexit e dall’imposizione, da parte degli Stati Uniti lo scorso ottobre, di dazi su numerosi prodotti agricoli spagnoli. La Camera Nazionale dell’Unione degli Esportatori di Olio d’Oliva ha chiesto alle autorità tunisine e all’Unione Europea di aumentare la quota di esportazione di olio d’oliva tunisino verso l’Ue, da 56 mila tonnellate a 100 mila tonnellate. Lo sottolinea il presidente Chiheb Slama, giustificando questa richiesta con la domanda d’importazione stimata 50 volte superiore al contingente autorizzato dall’Ue e con il fatto che le quantità esportate dovrebbero raggiungere quasi 250 mila tonnellate per la stagione olivicola 2019-2020. Il settore conta 320mila produttori, 1674 frantoi, 80 unità di confezionamento e 70 esportatori di olio d’oliva confezionato, con più di 60 marchi commerciali.

RiceHouse: dall’agricoltura all’architettura. A colloquio con Tiziana Monterisi su progettazioni con materiali naturali

di Gabriella Bechi

RiceHouse nasce da un sogno: quello di Tiziana Monterisi, architetto, specializzata in progettazioni con materiali naturali, che voleva far dialogare agricoltura e architettura. “Quando dalla Lombardia mi sono trasferita a Biella - dice - sono rimasta affascinata dal paesaggio agricolo, fatto sostanzialmente da risaie, e seguendo le fasi della lavorazione mi sono soffermata sull’ultima: quella della bruciatura della paglia. Ho pensato che l’enorme potenzialità di tutto quello che rimaneva sul campo potesse realmente essere messa a sistema, sviluppando soluzioni concrete e attuabili, nell’ottica di far diventare i sottoprodotti dell’agricoltura una risorsa e un giacimento di energia pulita a favore delle comunità, in termini socio-economici e di sviluppo sostenibile”. Così nel 2016, dopo aver studiato a lungo i possibili utilizzi della paglia, Tiziana Monterisi fonda, insieme al compagno Alessio Colombo, RiceHouse, una realtà imprenditoriale basata sulla valorizzazione dei prodotti secondari della coltivazione del riso, come la paglia e l’argilla, e del risone, come la lolla, la pula, l’acqua di cottura e le ceneri, ricchi di silice, che vengono recuperati ed utilizzati per la produzione di materiali edili: isolanti, intonaci, massetti, finiture, al 100% naturali. Prodotti che garantiscono un elevato isolamento termico, eccellenti prestazioni acustiche, un’alta traspirabilità e un’ottima capacità di regolamentazione dell’umidità interna. Materiali sani, durevoli, del tutto riciclabili, estremamente ecologici, in grado di ridurre e sequestrare notevoli quantitativi di CO 2 dall’ambiente nell’intero ciclo di vita. Dalla natura all’architettura, senza produrre rifiuti, ponendo l’uomo al centro di un processo industriale il più possibile sostenibile. “È necessario iniziare a ragionare in termini di economia circolare - aggiunge l’imprenditrice -. Le materie prime devono essere prelevate dall’ambiente, trasformate, utilizzate, smaltite e re-immesse nell’ambiente stesso da cui sono state prelevate. In alcuni casi la loro gestione diventa addirittura un’attività economica in grado di sostenere la propria filiera industriale e di alimentare le esigenze di un mercato innovativo ed emergente”.

Dal chicco alla casa

Materie prime prelevate da ambiente, trasformate e re-immesse in ambiente

produzione di rifiuti e l’impatto ambientale. Case con elevatissime prestazioni energetiche, che assicurano un comfort termico equilibrato, basato su una minima fonte di energia, normalmente prodotta da fonti rinnovabili, senza la necessità di introdurre alcun impianto di riscaldamento convenzionale, riducendo il consumo di combustibili fossili ed i costi per gli allacci alla rete di distribuzione. Abitazioni che ottimizzano l’apporto passivo del sole, rispettando i canoni della bioedilizia, sfruttando il calore generato dall’utilizzo generale dell’edificio, compensando in tal modo le minime perdite invernali e massimizzando l’efficienza energetica dell’involucro edilizio. Una vera e propria “terza pelle” per chi ci vive! nnn

Il reimpiego dei sottoprodotti del riso ha permesso, inoltre, di disegnare un nuovo processo di sviluppo rurale nei territori più fragili, salvaguardando le produzioni primarie e le risorse ambientali e allo stesso tempo tutelando gli interessi e i profitti delle diverse realtà coinvolte, in primis gli agricoltori. Da qui nasce il brand “Risorsa”, un marchio registrato attraverso il quale si promuove lo sviluppo e la diffusione di case costruite ex novo, preferibilmente prefabbricate, o ristrutturate, con materiali provenienti da scarti di riso, secondo un approccio alla bioarchitettura che minimizzi la

Vigne intelligenti

In Trentino l’azienda di Preghenella ha avviato sperimentazione vitivinicola innovativa

di Paola Castello

Il leit motiv che spesso si sente nel nostro Paese, “Si è sempre fatto così!”, non è adatto ad alcuna realtà imprenditoriale o contesto produttivo, tantomeno a quello agricolo. Essere innovatori in agricoltura è fondamentale e lo sa bene Giuliano Preghenella, viticoltore del Trentino, uno dei vincitori del Premio nazionale per l’innovazione istituito da Confagricoltura. Appassionato di agricoltura da sempre (una passione che ha determinato anche il suo percorso formativo), ha un’azienda vitivinicola di 5 ettari che conduce con il fratello e il padre, tra collina e pianura, nella zona di Roveré della Luna, al confine tra la provincia autonoma di Trento e quella di Bolzano. Un’area a forte vocazione vitivinicola quella in cui si trova la sua impresa e dove la qualità della produzione è fondamentale per essere competitivi, soprattutto se si vuole esportare all’estero, come in questo caso. Fiore all’occhiello dell’azienda è il Pinot grigio, ma non manca una quota di produzione di varietà tipiche del territorio dell’Adige.

Strenuo sostenitore del connubio tra agricoltura e innovazione, Giuliano ci racconta che ha sempre pensato che il mondo dei ricercatori e quello delle imprese agricole dovessero parlarsi di più e ha preso spunto dall’incontro con la Fondazione Bruno Kessler e con Agriot Lab per realizzare concretamente questa sinergia. La Fondazione Bruno Kessler è una realtà del Trentino che promuove, tra le altre cose, la ricerca scientifica, il progresso tecnologico e l’applicazione pratica dei risultati della ricerca, sostenendo progetti di sviluppo. Agriot Lab è uno dei più importanti centri di ricerca della regione, che si occupa di trasferimento tecnologico dell’Unità di Ricerca OpenIoT della Fondazione Bruno Kessler e che studia e implementa soluzioni e prodotti per mettere a servizio del territorio le competenze acquisite in anni di ricerca sull’IoT (“Internet of Things”). Due partner all’avanguardia nel campo della ricerca, a cui si sono aggiunti il consorzio irriguo locale, la Cantina Sociale di Roverè della Luna ed il Consorzio Cavit (Cantina Viticoltori del Trentino), realtà che raggruppa 10 cantine locali, per un totale di 4.500 viticoltori, la cooperativa più grande e rinomata del Trentino. La collaborazione tra tutti questi soggetti ha dato il giusto input all’azienda Preghenella per dare il via ad una sperimentazione. Sono state quindi installate in campo, tra i filari di viti, alcune stazioni meteo e dei sensori, messi a disposizione appunto da Agriot Lab, capaci di rilevare con estrema precisione i livelli di umidità del terreno. Rilevazioni costanti e precise che forniscono dati immediatamente consultabili da smartphone o computer e che consentono di regolare l’irrigazione secondo le reali necessità del terreno. Questo è quanto spiega, con entusiasmo, Preghenella. La raccolta - tramite una rete a basso consumo energetico e ad ampia copertura - di poche e precise informazioni, ma effettuata in modo continuativo e con dati storici facilmente reperibili e confrontabili, permette di capire le caratteristiche del terreno, le sue necessità e come questo reagisca all’irrigazione di precisione. Si tratta di una delle nuove frontiere dell’agricoltura di precisione. Ed è proprio questa, “Nuove frontiere”, la categoria del premio istituito da Confagricoltura per la quale l’azienda trentina ha ricevuto il riconoscimento. Gli esiti dell’introduzione di questa innovazione sono stati abbastanza immediati e misurabili: un significativo risparmio delle risorse idriche, una riduzione dei consumi energetici, nonché un miglioramento qualitativo dell’uva prodotta. La facilità di utilizzo di queste tecnologie inoltre - precisa Preghenella - non ha richiesto particolari competenze o l’ingresso in azienda di nuove professionalità, motivo in più per poter diffondere facilmente questa “buona pratica” anche in altre realtà produttive. E Giuliano, consapevole dei vantaggi dell’agricoltura 4.0, ammette di voler fare proseliti in questo senso e di voler condividere informazioni e conoscenze, nonché la sua esperienza diretta, con altri imprenditori agricoli. È per questo che è molto attivo anche sui social (twitter, linkedin, telegram), promuovendo attraverso questi canali sia la propria azienda, sia la cultura dell’innovazione applicata all’agricoltura. Il riconoscimento conferitogli da Confagricoltura ha dato una grande visibilità alla società e al progetto stesso, che Preghenella spera possa essere replicato altrove. Come ogni innovatore, Giuliano guarda già al futuro e accenna al fatto che sta avviando dei nuovi progetti insieme ai suoi partner. Perché ai sostenitori del “si è sempre fatto così”, Preghenella risponde con “Adesso proviamo a fare diversamente”. nnn

Beesmart

Apicoltura urbana: nella sede di Confagri Parma l’alveare diventa stazione meteo

Quando la tecnologia entra dentro l’alveare, con l’ambizione di salvare l’ambiente e contrastare l’inquinamento. Nasce così l’arnia smart installata nella sede di Confagricoltura Parma in via Magani, zona San Pancrazio; la prima “arnia smart” del Parmense nell’ambito di una partnership tra Confagricoltura Parma e Beesmart Italy che coinvolge anche l’Azienda agraria sperimentale Stuard, per la corretta conduzione della famiglia di api. “L’arnia - spiegano gli ideatori Lorenzo Ovrezzi, Luigi D’Ovidio e Stefano Sarti - è dotata di una stazione meteorologica e di una serie di sofisticati sensori che permettono di raccogliere ed elaborare numerosi dati: tra questi l’umidità, il peso, la temperatura interna ed esterna, il particolato in atmosfera (Pm10 e Pm2,5), oltre ad effettuare il conteggio della popolazione attiva in volo”. “Le api - commenta Mario Marini, presidente di Confagricoltura Parma - oltre ad essere il garante essenziale della biodiversità del nostro Pianeta, sono degli

Da sinistra: Reggiani, Zedda, Ovrezzi, Marini, Sarti e D’Ovidio

affidabilissimi organismi di monitoraggio dell’ambiente. Poter analizzare la loro opera in modo puntuale e preciso permette di utilizzarle come indicatori multispettro di dati ambientali. La nostra idea, contando sull’adesione dei soci di Confagricoltura Parma e di tutti gli agricoltori interessati, è quella di installare le arnie smart in differenti luoghi della provincia in modo da creare una rete di misurazione indipendente, in grado di garantire un monitoraggio costante e raffinate mappe dell’inquinamento dell’aria a livello locale. Collegando i sensori ad un cloud, sarà possibile raccogliere una mole notevole di dati sulla qualità ambientale di una determinata zona, aiutando i decisori e noi agricoltori ad adottare le migliori pratiche”. Pieno appoggio all’iniziativa da parte del Comune di Parma. “Avere un’installazione di questo tipo in città - commenta Sebastiano Pizzigalli, consigliere comunale delegato alle Politiche agricole e ai Rapporti con il Territorio - è sicuramente un valore aggiunto. Le funzioni hanno risvolti potenzialmente interessanti sia per il settore pubblico che privato. In particolare l’analisi dei dati da remoto permette all’imprenditore di capire quando e come intervenire in modo oggettivo e mirato, mentre per un’amministrazione pubblica sono preziosi i dati atmosferici e quelli relativi

all’inquinamento, così da indirizzare parte delle proprie politiche ambientali. Fa molto piacere che questa idea di progetto sia nata e sia stata portata avanti proprio da tre giovani tecnici del territorio”. A sostenere l’iniziativa anche la Regione Emilia-Romagna che già a partire dal 2018, attraverso la partecipazione al Bando PSR 2014-2020 misura 6.2.01 “Aiuto all’avviamento di imprese extra-agricole in zone rurali”, ha riconosciuto alla Beesmart Italy (un’impresa che si occupa di fabbricazione di prodotti per l’agricoltura, la silvicoltura e la zootecnia) l’opportunità di ottenere un contributo a fondo perduto del valore di 15.000,00 euro per realizzare una ricerca in materia di apicoltura e ambiente. È anche grazie a questo contributo che si è potuto sviluppare un prodotto altamente specializzato per il monitoraggio dell’alveare e dell’inquinamento ambientale nel quale l’alveare è inserito. L’arnia smart collocata nella sede di Confagricoltura Parma sarà gestita dall’azienda agraria sperimentale Stuard, che metterà in atto i protocolli veterinari ed effettuerà le periodiche e basilari operazioni di pulizia, al fine di garantire un’efficace lettura dei sensori di bordo che sono stati concentrati in questo alveare di generazione 4.0. nnn

g NELL’ARNIA SENSORISTICA BIOMETRICA E AMBIENTALE

La Beesmart è stata concepita come uno strumento sofisticato per apicoltura sperimentale, strutturalmente costruita sul modello di arnia razionale Dadant Blatt (lo standard più diffuso) a 10 favi mobili. Oltre a consentire le normali tecniche di allevamento apistico, l’arnia è dotata di sensoristica biometrica e ambientale interna ed esterna: insieme ad una stazione meteorologica ed una serie di sofisticati sensori possono essere raccolti ed elaborati importanti dati, tra i quali umidità, peso, temperatura interna ed esterna, il particolato in atmosfera (PM10, PM2,5); contemporaneamente vengono effettuati il conteggio della popolazione di api attiva in volo, in entrata e in uscita.

Il marchio King della start-up dei fratelli Caccia fregia frutti di qualità, succhi, bevande e Prosecco

di Gabriella Bechi

L’ idea è arrivata nel 2016 a due giovani fratelli, Mirko ed Emanuele Caccia che, a Sant’ Oreste, in provincia di Roma, hanno deciso con grande coraggio di investire nella produzione delle melagrane, un frutto poco diffuso in Italia, ma dalle grande proprietà salutistiche e dalle enormi potenzialità di mercato. “Siamo partiti piantando a melograno due ettari di terreno che ci aveva lasciato nostro nonno e commercializzando i primi frutti, nei bar di Roma, utilizzando la macchina di nostra madre. I clienti sono cresciuti rapidamente e presto abbiamo cominciato ad avere richieste anche da parte della GDO - racconta Mirko -. Così abbiamo acquistato altri terreni (oggi siamo a 30 ettari) e abbiamo realizzato una rete di contatti con produttori locali che oggi conferiscono alla nostra azienda frutti provenienti da altri 50 ettari”. Così è nato il marchio King, registrato in tutto il mondo, che identifica il prodotto attraverso uno speciale bollino che lo rende facilmente riconoscibile. In azienda gli agronomi seguono tutto l’iter della lavorazione del frutto per poter offrire ai clienti una qualità unica ed inimitabile, oggettivamente superiore per caratteristiche estetiche (brillantezza della buccia, assenza di graffi, colore intenso) ed organolettiche (gusto ideale, freschezza e corretto rapporto tra zuccheri ed acidi). I melograni vengono coltivati secondo un rigoroso disciplinare di produzione, che garantisce la massima salubrità del prodotto ed il rispetto dell’ambiente. I frutti vengono accuratamente selezionati e confezionati secondo i più severi standard di controllo italiani ed europei (certificazioni ISO 9001 e Global Gap) in una speciale busta di plastica ad atmosfera modificata, ottenuta con una particolare tecnologia brevettata, studiata appositamente per mantenere intatta il più a lungo possibile la freschezza del prodotto. Negli ultimi tre anni l’azienda è cresciuta tantissimo, perciò, per dare continuità e coprire un ampio calendario commerciale, Mirko ed Emanuele hanno affiancato la produzione italiana con l’importazione da Perù, SuInvestimento agricolo e industriale in Tunisia per aumento domanda Melagrane da bere

Melagrane da bere

dafrica, Tunisia, Egitto, Turchia e Spagna, offrendo la possibilità ai loro clienti di avere un prodotto sempre fresco e soprattutto di stagione. L’azienda ha quindi cercato di trovare nuove proposte per tutte le esigenze. “La spremuta di Melograno King - dice Mirko - è stata una delle prime idee che abbiamo avuto e il riscontro dei nostri clienti è stato assolutamente positivo. Questo prodotto è, infatti, l’alternativa perfetta per chi vuole consumare una melagrana in pochi minuti e ottenere tutte le sue proprietà benefiche. Insieme ai frutti diamo al circuito Ho.re.ca. la Spremitrice King, bicchieri a marchio e un apposito kit informativo e pubblicitario”.

Mirko Caccia

Oggi la giovane start-up è la prima in Italia ad essersi specializzata nella produzione e commercializzazione del frutto del melograno e sta pensando a nuovi prodotti, come il succo di melagrana pastorizzato in prossima uscita e un Prosecco al melograno, a cui sta lavorando grazie al bando della Regione Lazio, “Food Innovation Hub”. E ancora il vino, la birra ed i cioccolatini. E, tra i nuovi progetti messi in campo, l’affitto a lungo termine di mille ettari in Tunisia e l’avvio di una azienda per la trasformazione e la commercializzazione in questo Paese, per soddisfare la domanda crescente, differenziando l’offerta con prodotti di prezzo diverso, mantenendo comunque elevati standard qualitativi. Anche l’azienda dei fratelli Caccia ha aderito alla campagna “#iorestoacasa”; per fronteggiare il Coronavirus provvede alla consegna gratuita a casa dei frutti. Le melagrane, ricche di vitamine e sali minerali, sono preziosi per la salute. nnn

Ricordando Filo della Torre

Il premio letterario di Pandolea che onora la memoria ed il settore olivicolo

di Elisabetta Tufarelli

L’ edizione 2020 del premio letterario ‘Ranieri Filo della Torre’, oltre che un evento per ricordare un personaggio importante del mondo dell’olivicoltura e dell’agricoltura nazionale, è stata l’occasione per valorizzare l’olivo e l’olio extravergine d’oliva. Promosso dall’associazione Pandolea - che riunisce le produttrici di olio extravergine di qualità e le donne comunque impegnate nel settore olivicolo e fortemente voluto dalla sua presidente Loriana Abbruzzetti - l’evento ha assegnato i premi ai finalisti del concorso. Per questa quarta edizione sono state coinvolte più di 80 opere in gara, tra poesie, narrativa e saggistica, tra le quali la giuria, presieduta dal giornalista Rai Bruno Gambacorta e di cui hanno fatto parte Fiorella Cappelli e Loriana Abbruzzetti, sono state selezionate le vincitrici. Invece le tesi di laurea, scelte da un comitato di accademici presieduto dal Prof. Riccardo Gucci, sono state 14 e tutte di ottimo livello. La manifestazione è stata inaugurata da Marida Iacona della Motta, moglie di Ranieri, che ha portato il suo saluto. Il giornalista Maurizio Pescari, che ha moderato questa quarta edizione, ha introdotto i reUn’antologia con i migliori racconti e poesie

sottolineato il valore produttivo ed economico dell’olio extravergine italiano. “Nonostante i problemi e le difficoltà, non ultima quella dei prezzi in picchiata - ha detto - c’è un’Italia di successo, creativa e ammirata nel mondo, che va sostenuta e promossa”. La presidente di Pandolea, Loriana Abbruzzetti, ha sottolineato l’importanza, anche attraverso questo premio, di mettere in evidenza il forte legame che esiste tra la terra e la cultura, facendo incontrare questi due mondi, molto più vicini di quanto si pensi, con l’obiettivo di promuoverli e farli crescere quanto meritano. nnn

Pier Luigi Silvestri

latori: Bruno Gambacorta, Stefano Francia, Pier Luigi Silvestri, Maria Lisa Clodoveo, Sabrina Diamanti e Loriana Abbruzzetti. Ha subito ricordato i valori culturali e sociali dell’olio, che sono universali. Ha poi fatto un excursus paragonando il mondo dell’olio a quello del vino, sottolineando come, sul territorio italiano, il verde preponderante sia quello dell’olivo, non della vite. Pier Luigi Silvestri, presidente di Assofrantoi e della Federazione regionale olio di Confagricoltura Lazio, nel suo intervento, ha

g 50 SFUMATURE DI OLIO

“50 sfumature di olio”, è il titolo accattivante per l’antologia edita da Agra, la casa editrice romana specializzata nel campo dell’informazione sull’agroalimentare. Raccoglie le poesie ed i racconti selezionati dalla giuria di questa quarta edizione del Premio letterario Ranieri Filo della Torre, lanciato da Pandolea. D’altronde l’olivo, in tutte le sue manifestazioni, dall’albero all’olio, passando per le olive, sono sempre stati fonte d’ispirazione per gli artisti, in particolare scrittori e poeti. Gli autori hanno scritto poesie e racconti di fantasia o ispirati a fatti di cronaca con oggetto la filiera dell’olio extravergine di qualità. Oltre alle poesie e ai racconti dei vincitori, sono stati inclusi alcuni testi che la giuria ha ritenuti meritevoli di pubblicazione.

Sulle pendici della Sila Greca l’extravergine bio dell’impresa familiare di Leopoldo Bellucci

di Elisabetta Tufarelli

La produzione dell’olio rappresenta un comparto strategico nazionale. Lo è soprattutto in Calabria, non solo perché la regione è la seconda produttrice dopo la Puglia, ma anche perché l’olio extravergine calabrese è un prodotto eccellente, grazie alla particolare collocazione geografica, che ha permesso la sviluppo di tantissime cultivar di olivo diverse. Ecco perché il nostro viaggio ci ha portato fino a San Demetrio Corone, un ridente paese d’origine albanese, sulle pendici della Sila Greca, dove incontriamo Leopoldo Bellucci. “L’azienda - spiega con orgoglio l’imprenditore familiare - nasce nel 1878 e io sono la quarta generazione che, su queste terre, si occupa di coltivazione, raccolta, lavorazione delle olive, stoccaggio, confezionamento e vendita dell’olio”. L’imprenditore ha 49 anni e due figli e la sua impresa consta di 46 ettari di cui 43 olivetati e tre a seminativo, in un territorio dove l’agricoltura rappresenta uno dei settori fondamentali dell’economia. “È proprio così - sottolinea Leopoldo - e per questo gli agricoltori andrebbero sostenuti. Stiamo attraversando un periodo difficile: i prezzi continuano ad abbassarsi e la domanda non sale. Malgrado ciò mi auguro che la situazione migliori permettendomi di crescere ancora”. In quattro generazioni il modo di fare agricoltura è cambiato radicalmente. Eccellenza calabrese

Leopoldo Bellucci (a destra)

L’impresa familiare punta su sostenibilità, qualità e imbottigliamento

“Da quando ho preso le redini dell’azienda - precisa Leopoldo - ho iniziato ad investire apportando cambiamenti e innovazioni per migliorare la qualità dell’olio che produco. Ho anche scelto di puntare sulla sostenibilità e, di conseguenza, ho convertito, dal 1998, in biologico”. L’indirizzo olivicolo, insieme all’attenta e selezionata scelta delle epoche di raccolta e modalità di molitura nel frantoio aziendale di proprietà, si traducono in un olio di eccellente qualità, frutto di operazioni colturali a basso impatto ambientale. L’azienda traccia precisamente la sua produzione: dall’olio confezionato in bottiglia (nei formato da 0,50 e da 0,75) o in lattina si può risalire fino all’appezzamento aziendale, dove le olive sono state raccolte e conoscere anche tutti i passaggi intermedi. L’impresa familiare si avvale, oltre che di una grande esperienza nel settore, maturata in più di 140 anni, delle più moderne tecnologie per la raccolta e la lavorazione delle olive. Molte le varietà d’olivo coltivate tra cui la dolce di Rossano, la Carolea, la Coratina, la Biancolilla, la Roggianella e la Nocellara del Belice. È da queste olive che si estrae un mix eccellente di oro verde, con un sapore fruttato medio, con sentore di erba e note di pomodoro, mandorla, nocciole fresche e un retrogusto di cardo e verdura dolce. L’olio extravergine, oltre ad essere commercializzato all’ingrosso e al dettaglio, viene anche esportato in Svizzera, Regno Unito e Francia. “Quando ho iniziato - conclude l’imprenditore - il nostro olio veniva venduto prevalentemente sfuso. Mi sono impegnato, in questi anni, su tre fronti: la sostenibilità, la qualità e l’imbottigliamento. L’azienda è biologica, la qualità è eccellente e sono riuscito anche ad incrementare il quantitativo d’olio che imbottiglio direttamente dal 2% al 20% e intendo aumentarlo ancora”. nnn Eccellenza calabrese

La ricerca fa il pieno con oltre duecento agricoltori all’evento Fiiaf di Confagri Ravenna

di Barbara Bertuzzi

«L’ agricoltura ha bisogno della ricerca per apportare caratteri migliorativi alle piante, adattandole al territorio e ai cambiamenti climatici: non possiamo permetterci di rinunciare al progresso scientifico». Lo hanno detto Andrea Betti, presidente di Confagricoltura Ravenna e Giancarlo Bubani, presidente provinciale dell’Impresa agricola familiare all’evento “Dai falsi miti alle nuove tecniche di miglioramento genetico”, svoltosi a Ravenna. Bisogna quindi puntare sull’innovazione per favorire la lotta alla calamità numero uno, la cimice asiatica, e a malattie fungine come la peronospora e l’oidio, ma anche per ridurre il fabbisogno idrico delle piante e lo stress vegetativo da eccesso di sale nel terreno, oppure per ottenere una varietà di soia ad alto tasso oleico e persino una di riso resistente al brusone. Non solo. La scienza sta lavorando sulla fotosintesi clorofilliana con l’obiettivo di aumentare la produttività delle colture. «Sono tutte scoperte rese possibili da innovazioni varietali scientifiche, che però rischiano di rimanere chiuse in laboratorio se non si colma il vuoto normativo che tuttora blocca l’applicazione delle nuove tecniche di miglioramento genetico (New breeding techniques - Nbts) in Italia ed in Europa», ha sottolineato Deborah Piovan, dirigente confederale e portavoce del progetto ‘Cibo per la mente’, rivolgendosi a più di 200 agricoltori in sala, ai rappresentanti del mondo dell’impresa e delle istituzioni locali, alla presenza di Carlo Lasagna, presidente nazionale Fiiaf, in

Scienza fondamentale

sieme alla vicepresidente Danila Massaroli e a Luca Ginestrini, direttore dell’area organizzativa nazionale di Confagricoltura. «La ricerca deve essere inserita in un processo sociale e interattivo, per farne conoscere le reali potenzialità al fine di produrre di più e meglio, seppur con minor disponibilità di terreno e in un contesto sempre più difficile. Occorre migliorare la sostenibilità ambientale ed economica delle produzioni impattando sempre meno sull’ambiente. I terreni - è la conclusione di Piovan - dovranno essere utilizzati nel modo più efficiente, riducendo gli sprechi e ottimizzando l’impiego di fitofarmaci attraverso l’adozione della moderna agricoltura digitalizzata». L’evento di Confagricoltura Ravenna ha dato anche il via alla raccolta firme per la revisione della Direttiva UE 2001/18 sugli Ogm, affinché queste nuove tecniche di miglioramento genetico siano escluse dal campo di applicazione della normativa Ue, dando così il via libera alla loro sperimentazione in campo. nnn

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