MONDO
3/ Dicembre 2015 MONDO DE CECCO
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Anche le opere d’arte richiedono un metodo.
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MONDO DE CECCO
Noi di De Cecco difendiamo da sempre il valore di una pasta fatta a regola d’arte. Solo semola di grana grossa impastata a freddo con acqua purissima, essiccata lentamente e trafilata al bronzo, cosÏ come vuole la tradizione. Un saper fare che siamo orgogliosi di aver mantenuto vivo nel tempo e che altrimenti sarebbe andato perduto. Un metodo antico e sapiente che potete ritrovare ogni giorno nel sapore unico della pasta De Cecco.
editoriale di Marco Camplone
L’ESSICAZIONE LENTA DEGLI SPAGHETTI ALL’INTERNO DI UNA LINEA DI PRODUZIONE DE CECCO
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i sono grandi storie e storie belle. Per contro, esistono le storie piccole, quelle brutte, anonime e via dicendo. Di rado, però, si trova una storia da copertina, quella che per originalità e forza espressiva si eleva su tutte, regalandoci un messaggio subliminale. Mondo De Cecco l’ha trovata. O meglio, la storia e Mondo De Cecco si sono incontrate e non potevano fare a meno di piacersi perché hanno lo stesso Dna. La fotografia in prima pagina, scattata con maestria e rara intuizione dal naturalista Francesco Ventriglia Campana, autore anche del testo, racconta la natura che resiste alla prepotenza distruttiva degli uomini grazie, e qui sta il messaggio subliminale, al coraggio, all’amore e alla visione di altri uomini. L’elegante camoscio, erede di un gruppo che ha rischiato l’estinzione, si staglia su una roccia a strapiombo sullo stabilimento De Cecco di Fara San Martino e ci ricorda che l’armonia della natura è il bene supremo. Il camoscio e la fabbrica, la natura e De Cecco. Il numero 3 del nostro house organ esce a poca distanza dalla chiusura dell’Expo, che ci ha visti presenti dal primo all’ultimo giorno nel padiglione Cibus è Italia-Federali-
mentare. Un’avventura lunga sei mesi e ricca di soddisfazioni. Al di là delle polemiche politiche e delle difficoltà iniziali, la kermesse milanese è stata elettrizzante, mai banale, affollata, elegante e con un respiro internazionale di cui l’Italia aveva bisogno. Noi ci abbiamo creduto anche quando tutto sembrava dovesse essere inghiottito dalla voragine delle tangenti e dell’imperizia. Del resto, possiamo dire che di Expo ce ne intendiamo: nel 1883, a Chicago, i macheroni vermicelli della De Cecco vinsero la medaglia d’oro. A ricordarlo ci ha pensato il Filippo Antonio De Cecco nel corso della laudatio pronunciata nell’università di Teramo. Il presidente è stato insignito della laurea honoris causa in Bioscienze e tecnologie agroalimentari e ambientali. Un momento alto per tutto il gruppo De Cecco che, e non poteva essere altrimenti, si è trasformato in evento mediatico. Raccontando se stesso e l’azienda che rappresenta, il presidente ha scelto con oculatezza le parole: «Di mio, alla consolidata dimensione qualitativa della De Cecco, ho aggiunto la mania della crescita: di fatturato, volumi e vendite». Buona lettura.
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Editore F.lli De Cecco di Filippo Fara S. Martino S.p.A. 66015 Fara San Martino (CH) Direttore Responsabile Marco Camplone marcocamplone@dececco.it
Foto di copertina: Il camoscio a Fara San Martino di Francesco Ventriglia Campana
Reg. Tribunale di Chieti n.3 del 16/2/98 Spedizione in a.p. 70% - Filiale di Chieti PP.TT. - Legge 662/96 Numero 3 - Novembre 2015 - Anno XVIII
Direzione / Amministrazione / Redazione Via Filippo De Cecco 66015 Fara San Martino (CH) T. +39 0872 9861 / F. +39 0872 980426 dececco@dececco.it www.dececco.it Design e art direction Leo Margiotti www.leomargiotti.com Stampa Grafica SIVA s.r.l. www.graficasiva.it Articoli Marco Camplone Giorgio D’Orazio Francesco Ventriglia Campana Fotografie Federico Deidda Archivio De Cecco Francesco Ventriglia Campana Collezione Ristorante Mammà Organizzazione Ironman Collaboratori Marco D’Agostino Alessia Rossi Finito di stampare Novembre 2015
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sommario
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06/09 IL CAMOSCIO DI FARA SAN MARTINO
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SALVATORE, LA RAGIONE CE L’HA SEMPRE MAMMÀ
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GUIDA DE L’ESPRESSO
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LAUREA HONORIS CAUSA PER IL PRESIDENTE
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EXPO 2015 DA APPLAUSI UN’ ESPERIENZA INDIMENTICABILE
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43 DI BENEDETTO E PERBELLINI DUE CHEF SUL PODIO
36/37 IRONMAN, GRANDI ATLETI A PESCARA
38/39 IL FASCINO DI UNA STORIA INIZIATA 129 ANNI FA
44/45 ALLARME DELL’OMS: CARNE PERIOLOSA W LA NOSTRA DIETA MEDITERRANEA
47/48 PESCATI DALLA RETE
40/41 DICEMBRE 1962, LA MAGIA DI FARA RACCONTATA DALL’INVIATO DEL GIORNO
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Il camoscio di Fara San Martino di Francesco Ventriglia Campana
SPLENDIDO ED ELEGANTE, SI LASCIA VEDERE SPESSO SULLO SPERONE DI ROCCIA CHE SOVRASTA LO STABILIMENTO DE CECCO
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l camoscio d’Abruzzo, denominato recentemente camoscio appenninico, è sicuramente una delle entità faunistiche italiane più rare e preziose, per cui è particolarmente protetto dalla legislazione italiana. La sua presenza sullo sperone di roccia a ridosso dello stabilimento De Cecco di Fara San Martino, raccontata eloquentemente da queste foto, testimonia l’eccezionale patrimonio naturalistico di questa fetta d’Abruzzo. E’ unanimemente considerato “il camoscio più bello del mondo” per la sua elegante livrea; attualmente i camosci (animali appartenenti al genere rupicapra) vengono divisi in due specie con dieci sottospecie; quello appenninico, nel 1899 fu riconosciuto come appartenente ad una specie di camosci non ancora nota alla scienza da un naturalista tedesco, O. Neuman, che lo battezzò con l’altisonante epiteto di rupicapra pyrenaica ornata, entusiasta per la bellezza del suo mantello, diverso e più “ornamentale” del più comune cugino alpino. All’epoca, l’areale di distribuzione del camoscio appenninico era ristretta a una parte di quello che attualmente è il territorio del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, cioè la zona impervia della Camosciara, nel comune di Civitella Alfedena; infatti la caccia indiscriminata l’aveva fatto estinguere dalle altre vette appenniniche e del timido ungulato sopravvivevano non più di 30-35 esemplari in quella zona proprio perché era una riserva reale di caccia dei regnanti. Nel Capodanno del 1913, una nutrita squadra di cacciatori provenienti dalla Marsica, da Roma e Napoli, armati fino ai denti con i più moderni fucili dell’epoca, alle prime luci dell’alba si avventava sulle coste della Camosciara, ove sopravviveva l’ultimo sparuto gruppo di popolazione del camoscio più bello del mondo, circa 30-35 esemplari. Cos’era successo? Il 31 dicembre 1912, il giovane Regno d’Italia, costretto a tagli di spese per una crisi eco-
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nomica, decise di abolire la riserva reale di caccia della Camosciara, ove appunto sopravvivevano gli ultimi esemplari di camoscio appenninico e di orso marsicano, cui era permessa la caccia solo ai reali e ai loro ospiti. A fine giornata i “nostri eroi” (sic) tornarono a valle con un ricco carniere: una quindicina di camosci uccisi. Per il camoscio d’Abruzzo, animale rarissimo che solo 15 anni prima era stato riconosciuto dal mondo scientifico come specie autoctona, diversa dalle altre popolazioni di camoscio come quella alpina e denominata rupicapra pirenaica ornata, il destino sembrava segnato. Per fortuna, lo zoologo Alessandro Ghigi e il botanico Romualdo Pirotta insorsero indignati da Bologna e da Roma, trovando l’appoggio convinto dell’ingegnere Erminio Sipari di Pescasseroli, parlamentare cugino di Benedetto Croce: dopo una settimana, il loro accorato appello sortì il provvidenziale effetto di un Regio decreto che emanava il divieto di caccia al prezioso animale, scongiurandone l’estinzione. Venivano così gettate le basi del futuro Parco Nazionale d’Abruzzo, che sarebbe nato nel 1922, sancendo definitivamente la protezione del camoscio d’Abruzzo e dell’orso marsicano. Nei decenni successivi, il numero di questi animali si accresceva lentamente, ma un altro grosso pericolo lo corsero durante l’ultimo conflitto mondiale, quando la popolazione locale rimasta senza cibo e i soldati tedeschi a corto di rifornimenti, li cacciarono per sfamarsi. A fine conflitto, come conseguenza, la popolazione di ungulati si era ridotta nuovamente a poche decine di esemplari. Dal Dopoguerra, grazie a una illuminata gestione attuata dall’ente parco, soprattutto a partire dal 1969 per opera del suo entusiasta e lungimirante direttore Franco Tassi, possiamo raccontare una delle storie più belle per la conservazione della natura in Italia: il ritorno del camoscio d’Abruzzo sui monti dell’Appennino centrale, ove stori-
DOPO AVER RISCHIATO L’ESTINZIONE, IL CAMOSCIO, È PRESENTE IN GRAN NUMERO NEI PARCHI NAZIONALI DELL’ ABRUZZO
camente era sempre vissuto. Infatti, la presenza di un’unica popolazione in un’area limitata e poco diversificata da un punto di vista genetico, esponeva ancora questa preziosa sottospecie al rischio di estinzione in seguito ad eventi epidemici o cambiamenti climatici responsabili di modifiche dei nutrienti delle praterie sommitali. Da qui è nato il progetto di reintrodurre il camoscio d’Abruzzo sulle principali catene montuose dell’Appennino centrale: negli anni che vanno dal 1990 al 1993, poco più di una ventina di esemplari di camoscio appenninico, prelevati dalla Val di rose, sopra Civitella Alfedena, sono stati reintrodotti sulla Majella e sul Gran Sasso non senza polemiche da parte di molti naturalisti: ma i fatti hanno dato ragione all’intuizione del direttore Franco Tassi. I censimenti della popolazioni di camoscio della scorso anno hanno dato i seguenti risultati: la popolazione più
numerosa è quella della Majella, con quasi mille unità: a seguire quella del Gran Sasso con quasi 650 esemplari, mentre nel Parco nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise la popolazione è in lento declino. Un’altra positiva iniziativa degli ultimi anni infine è stata la reintroduzione del camoscio appenninico sui Monti Sibillini, ove attualmente i 30 esemplari reintrodotti negli scorsi anni sono più che raddoppiati, ed infine la recentissima immissione di un’altra ventina di esemplari realizzata lo scorso anno sul Monte Sirente. Ora viene da chiedersi: sarà un caso che il branco più numeroso dell’Appennino di questo splendido animale, che vive solo in ambiti di natura incontaminata e selvaggia, abbia scelto le cime sovrastanti Fara S. Martino come suo habitat? Potenza della natura. •
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SULLA MAJELLA C’È LA POPOLAZIONE DI CAMOSCI PIÙ NUMEROSA D’ABRUZZO SI CONTANO ALL’INCIRCA MILLE ESEMPLARI
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LO CHEF
Salvatore, La Ragione ce l’ha sempre Mammà di Giorgio D’Orazio
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chef
di Giorgio D’Orazio
A Salvatore La Ragione, chef del Ristorante Mammà, il riconoscimento Primo Piatto De Cecco 2015 consegnato a Firenze in occasione della presentazione annuale delle Guide de L’Espresso. Ha cominciato in sala ma presto ha capito che la sua vera strada era un’altra, quella della cucina. E così Salvatore La Ragione, classe 1977, ha iniziato a percorrerla nella sua città natale, Vico Equense, dove allora cominciava a far parlare di sé uno chef come Gennaro Esposito. Da cameriere alla Torre del Saracino La Ragione ha conosciuto la quotidianità della ricerca gastronomica di Esposito, la scelta dei prodotti di qualità, la comunicazione gastronomica nel servizio, l’elevazione del cuoco a chef di presenza. Tutti aspetti di un mondo che, così assimilati, hanno convinto La Ragione a lasciare la sala - e gli studi universitari in ingegneria - per la cucina, la sua vera passione e, da allora, la sua vita. Una vita di gusto fianco a fianco con Gennaro Esposito (a parte un periodo di stage da Alain Ducasse) insomma una formazione di calibro che nel 2013 lo ha portato da Marina d’Aequa a Capri, dalla Torre del Saracino al nuovo risto-
rante Mammà firmato da Esposito. Da allora Salvatore La Ragione è uno chef impegnato in prima linea che nel 2014 ha conquistato con Mammà la prima stella Michelin e che oggi riceve un altro importante riconoscimento, il Premio Primo Piatto 2015 conferito da De Cecco con le Guide de L’Espresso. Chef, come ha incontrato De Cecco? «Ho vissuto un percorso di ricerca spalla a spalla con Gennaro Esposito. In quegli anni, per la nostra cucina, c’era bisogno di trovare una pasta di alta qualità e, allo stesso tempo, di enorme affidabilità». Perché avete scelto De Cecco? «Perché in un processo di ricerca si provano tante cose e si ascoltano anche tante favole. Come quelle sul prodotto di nicchia identificato automaticamente come di qualità a fronte del prodotto cosiddetto industriale visto come antagonista. Sono convinto infatti che la cosa importante sia avere un metodo standardizzato di qualità, come nel caso di De Cecco, cosa che dà la possibilità di essere più selettivi, di replicare costantemente la qualità del prodotto. Questa costanza vuol dire affidabilità». Quali sono le caratteristiche che
le fanno scegliere De Cecco ogni giorno? «La garanzia che quel formato di pasta cuocerà sempre in tot minuti e che manterrà nel tempo la propria cottura, rispetto alla quale con De Cecco si riesce ad ottenere una pasta cotta ma al dente, non bisogna lasciarla cruda per farla risultare al dente come accade con altre paste. E poi la De Cecco lega perfettamente al sugo perché è prodotta con semola a grana grossa e trafilata con trafile ruvide di bronzo». Quali sono i formati De Cecco che preferisce? «A casa amo su tutti lo Spaghetto, perché al sugo di pomodoro diventa un emblema della cucina napoletana. In cucina invece mi ha sempre emozionato il Bucatino perché sa dare una serie di sensazioni uniche in bocca. Tra i formati corti amo le Orecchiette, è un formato che esce fuori dagli schemi, rappresenta una consistenza diversa di pasta». Il Premio Primo Piatto 2015 delle Guide de L’Espresso le è stato assegnato però per la ricetta “Fettuccelle con cozze alla saracena e zucchine”. Come è nato questo piatto e perché ha scelto questo formato? MONDO DE CECCO
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a Mammà facciamo una cucina di mare che nasce però da una ricerca incentrata sul territorio, perciò ho sviluppato questa ricetta che lega mare e terra raccontandoli attraverso zucchine e cozze, cozze alla saracena, però. Per questa preparazione è risultato vincente l’abbinamento con le Fettuccelle n. 6 della De Cecco, una pasta lunga più sfiziosa, più larga, che mantiene tenacemente la propria consistenza ma ben si adatta al gesto di arrotolare con la forchetta. Questa ricetta diventa così un simbolo della nostra terra, esprimendo al meglio il concetto di base di tutta la nostra cucina». Ha cominciato in sala ma presto ha capito che la sua vera strada era un’altra, quella della cucina. E così Salvatore La Ragione, classe 1977, ha iniziato a percorrerla nella sua città natale, Vico Equense, dove allora cominciava a far parlare di sé uno chef come Gennaro Esposito. Un maestro riconosciuto da due stelle Michelin che allora, nei primi anni ‘90, sperimentava un’innovazione della cucina tradizionale del proprio territorio. Da cameriere alla Torre del Saracino, Salvatore La Ragione ha conosciuto la quotidianità della ricerca gastronomica di Esposito, la scelta dei prodotti di qualità, la comunicazione gastronomica nel servizio, l’elevazione del cuoco a chef di presenza. Tutti aspetti di un mondo che, così assimilati, hanno convinto La Ragione a lasciare la sala - e gli studi universitari in ingegneria - per la cucina, la sua vera passione e, da allora, la sua vita. Una vita di gusto fianco a fianco con Gennaro Esposito (a parte un periodo di stage da Alain Ducasse), insomma una formazione di calibro che nel 2013 lo ha portato da Marina d’Aequa a Capri, dalla Torre del Saracino al nuovo ristorante Mammà firmato da Esposito. Da allora, Salvatore La Ragione è uno chef impegnato in prima linea che nel 2014 ha conquistato con Mammà
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la prima stella Michelin e che quest’anno riceve un altro importante riconoscimento, il Premio Primo Piatto 2015 conferito da De Cecco con le Guide de L’Espresso. Chef, che significa “pasta” per lei? «Noi siamo gente del sud, quindi pasta per me significa immediatamente cibo, nel senso che è la norma della nostra alimentazione, una fonte primaria per la tavola». Un ingrediente immancabile: che peso ha avuto nella quotidianità e nella professione? «La pasta, per questa sua consuetudine nella nostra dieta, è un alimento che mangi per abitudine da quando sei bambino, ma crescendo comprendi che ciascuno dovrebbe a un certo punto capire che pasta sta mangiando. Per me questa comprensione del prodotto è stata facilitata dal percorso professionale che ho affrontato negli anni. Ho ascoltato e sviluppato tanti argomenti rispetto a questo ingrediente, alla preparazione di un piatto di pasta, alla ricerca della perfezione nella ricetta che passa per un prodotto di qualità». È così che ha incontrato De Cecco? «Tutta la ricerca di cui parlavo, l’ho vissuta spalla a spalla con Gennaro Esposito. In quegli anni, per la nostra cucina, c’era bisogno di trovare una pasta di alta qualità e, allo stesso tempo, di enorme affidabilità. La pasta diventa propedeutica al sugo e non può che essere una grande pasta». Erano anni in cui nascevano o crescevano tanti brand pastai, perché avete scelto De Cecco? «Perché in un processo di ricerca si provano tante cose e si ascoltano anche tante favole. Come quelle sul prodotto di nicchia identificato automaticamente come di qualità a fronte del prodotto cosiddetto industriale visto come antagonista. Tanti falsi miti frutto di una comunicazione sbagliata che non riesce però facilmente a convincere chi
UN’AVVENTURA INIZIATA A FIANCO DI GENNARO ESPOSITO PER I FORNELLI HA LASCIATO GLI STUDI DI INGEGNERIA A SINISTRA E QUI SOPRA, DUE IMMAGINI DEL RISTORANTE MAMMÀ IL TEMPIO DELLO CHEF SALVATORE LA RAGIONE CHE GODE DELLO SPLENDIDO PANORAMA DELL’ISOLA DI CAPRI
passa la propria vita ai fornelli. Sono convinto infatti che la cosa importante sia avere un metodo standardizzato di qualità, come nel caso di De Cecco, cosa che dà la possibilità di essere più selettivi, di replicare costantemente la qualità del prodotto. Questa costanza vuol dire affidabilità ed è un fattore fondamentale per la ristorazione. Per uno chef aprire un pacco di pasta oggi o fra due anni deve dare la stessa garanzia delle caratteristiche di prodotto. E questo succede sempre con De Cecco che sa assicurare alta qualità nella quantità. Non dico che altri pastifici, anche piccoli, non possano riuscire a dare un prodotto di qualità, ma che De Cecco, col suo metodo unico di produzione, sotto questo aspetto risulta per me la migliore, la più affidabile insomma». Quali sono in sostanza le caratteristiche che le fanno scegliere De Cecco ogni giorno? «Faccio anzitutto un esempio. In 20 anni di ristorazione non ho mai usato il timer. Da quando abbiamo cominciato l’avventura a Mammà, che accoglie spesso tantissimi clienti, ho iniziato ad utilizzarlo». Bene, si rende conto di quanto è importante per un ristorante avere la certezza che quel formato di pasta cuocerà sempre in tot minuti e che manterrà nel tempo la propria cottura, come accade con De Cecco? «Quanto alla cottura, poi, c’è chi mangia la pasta cruda e chi cotta ma al dente, e sono due concetti ben diversi. Con De Cecco si riesce ad ottenere una pasta perfettamente cotta ma al dente, insomma non bisogna lasciarla cruda per farla risultare al dente come accade con altre paste. E poi c’è il comportamento con il condimento. La De Cecco non se ne va per fatti suoi ma lega perfettamente al sugo perché è prodotta con semola a grana grossa e trafilata con trafile ruvide di bronzo». Quali sono i formati De Cecco che preferisce, a casa e nel suo ristorante? «A casa amo su tutti lo Spaghetto, perché al sugo di po-
modoro - e potremmo stare qui a parlare di altri eccellenti prodotti De Cecco oltre la pasta, come per esempio i pomodori Corbarino - diventa un emblema della cucina napoletana. In cucina invece mi ha sempre emozionato il Bucatino perché sa dare una serie di sensazioni uniche in bocca. Ed è difficile trovare un bucatino che sia di complemento a un sugo, dal ragù alla cacciagione, perché rimane sempre un formato non ottimale, mentre quello De Cecco diventa di per sé un valore aggiunto del piatto. Tra i formati corti amo le Orecchiette, è un formato che esce fuori dagli schemi, rappresenta una consistenza diversa di pasta e infatti ne ho apprezzato molto l’introduzione nella Pasta mista sviluppata da De Cecco insieme a Gennaro Esposito». Il Premio Primo Piatto 2015 delle Guide de L’Espresso le è stato assegnato però per la ricetta “Fettuccelle con cozze alla saracena e zucchine”. Come è nato questo piatto e perché ha scelto questo formato? «Da Mammà facciamo una cucina di mare che nasce però da una ricerca incentrata sul territorio. E la nostra terra spazia dal bagno in spiaggia alla passeggiata in montagna, perciò ho sviluppato questa ricetta che lega mare e terra raccontandoli attraverso zucchine e cozze. Cozze alla saracena però, diverse dalle classiche impepate o gratinate, perché il sapido del mare della cozza si sposa con la acidità del mosto e ci aiuta a non banalizzare il condimento. Per questa preparazione mi sembrava inadeguato lo Spaghetto, che per me nasce e muore “al pomodoro”, ma anche la Linguina, che non legava come avrei voluto. Vincente è risultato invece l’abbinamento con le Fettuccelle n. 6 della De Cecco, una pasta lunga più sfiziosa, più larga, che mantiene tenacemente la propria consistenza ma ben si adatta al gesto di arrotolare con la forchetta. Questa ricetta diventa così un simbolo della nostra terra, esprimendo al meglio il concetto di base di tutta la nostra cucina». •
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LA CREATIVITÀ DELLO CHEF LA RAGIONE NELLE FETTUCCELLE CON COZZE ALLA SARACENA E ZUCCHINE
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RICETTA DI SALVATORE LA RAGIONE
Fettuccelle con cozze alla saracena e zucchine INGREDIENTI PER 4 PERSONE: - 300 gr di zucchine tagliate a quadretti da circa un centimetro di lato - 1 kg di cozze - 350 gr di Fettuccelle De Cecco - un rametto di timo - 30 cl di aceto - 3 spicchi d’aglio - origano secco q.b. - basilico a foglie q.b. - 200 gr di concassee di pomodoro - 200 cl di olio extravergine di oliva Preparazione: Pulire le cozze e aprirle a crudo a mezzo guscio, porre in una teglia, condire con due spicchi d’aglio tagliato a fette, con il timo sfogliato, l’origano, il basilico, l’aceto e un filo d’olio. Cuocere al forno a 220° per 5 minuti. A cottura, recuperare l’acqua derivata, sgusciare le cozze e frullare il tutto (a piacere conservare qualche frutto intero per decorazione). In una padella, soffriggere il restante olio con uno spicchio d’aglio e peperoncino a piacere, aggiungere le zucchine, cuocere per un minuto, quindi aggiungere la salsa di cozze precedentemente preparata. In abbondante acqua bollente opportunamente salata, cuocere le fettuccelle quindi scolare e mantecare nella padella.
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LA CREATIVITÀ DI MARCO D’AGOSTINO CI PROPONE LO CHEF LA RAGIONE E I FARAGLIONI DI CAPRI
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GUIDE DE L’ESPRESSO
De Cecco incorona chef La Ragione IL PREMIO PER LA PASTA DELL’ANNO AL MAESTRO DEL RISTORANTE MAMMA’ DI CAPRI
È
uno degli appuntamenti più ambiti per il mondo italiano della ristorazione e del vino, una passerella per grandi chef, ristoratori, produttori, per le migliori firme del settore e per un pubblico esclusivo. È la presentazione delle Guide de L’Espresso, per le quali quest’anno si sono accesi i riflettori giovedì 8 ottobre nella consueta e suggestiva cornice della Stazione Leopolda di Firenze. Il Gruppo De Cecco, partner della guida “I Ristoranti d’Italia”, ha assegnato per questa edizione 2016 a Salvatore La Ragione, chef del ristorante Mammà di Capri (Napoli), il prestigioso “Premio De Cecco”, istituito nel 2006 in partnership con le Guide de L’Espresso. Il Premio viene attribuito per “La Pasta dell’Anno” al ristorante che nella sua cucina ha valorizzato con particolare efficacia l’impiego della pasta tradizionale italiana e viene consegnato allo chef per premiare la capacità di esaltare la tradizione e la qualità di uno degli alimenti più rappresentativi della gastronomia italiana, che in tutto il mondo cercano inutilmente di imitare. Salvatore La Ragione lo ha vinto grazie alla ricetta “Fettuccelle con cozze alla saracena e zucchine” per la quale ha utilizzato un classi-
co della De Cecco, le Fettuccelle n. 6. Il risultato è un piatto che interpreta creativamente un connubio tra ingredienti di terra e di mare, come zucchine e cozze, esaltandoli nella composizione grazie all’incontro con uno dei formati lunghi di pasta di semola De Cecco, quelle Fettuccelle che garantiscono struttura alla ricetta, come ha spiegato lo chef, per un piatto innovativo ma dal sapore tradizionale del territorio in cui nasce. Nella ricetta, Salvatore La Ragione ha puntato a valorizzare soprattutto l’elemento delle cozze, proponendole «alla saracena, diverse dalle classiche impepate o gratinate, perché il sapido del mare della cozza si sposa con la acidità del mosto e ci aiuta a non banalizzare il condimento». In questa preparazione, che gli è valsa l’ambito Premio De Cecco, lo chef stellato La Ragione ha spiegato come sia risultato vincente l’abbinamento con le Fettuccelle n. 6 della De Cecco: «Una pasta lunga più sfiziosa, più larga», ha dichiarato lo chef premiato «che mantiene tenacemente la propria consistenza ma che ben si adatta al gesto di arrotolare con la forchetta». Insomma, una vera leccornia per gli amanti della cucina di qualità ma, proprio perché a base di pasta, alla portata di tutte le tavole. • (g.d’o.)
SALVATORE LA RAGIONE CHEF DEL RISTORANTE MAMMA’ DI CAPRI HA VINTO IL PREMIO DE CECCO
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Laurea honoris causa per il presidente di Marco Camplone
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d onorem. Filippo Antonio De Cecco, presidente e amministratore delegato della F.lli De Cecco di Filippo Fara San Martino, ha ricevuto la laurea honoris causa in Bioscienze e tecnologie agroalimentari e ambientali. «Un riconoscimento per l’impegno professionale e per i risultati alla guida di un gruppo industriale che, da Fara San Martino, è arrivato in tutto il mondo facendo sì che le proprie radici siano uno dei motivi ispiratori del successo». Con queste parole, Luciano D’Amico, rettore dell’università di Teramo, il 10 luglio scorso, tra gli applausi dei presenti, ha conferito la prestigiosa onorificenza al capitano di un’azienda che, caso raro, è sinonimo di alta qualità di una gamma di prodotti sempre più articolata: pasta, rossi, sughi, olio e sostitutivi del pane. Filippo Antonio De Cecco è nato a San Valentino in Abruzzo Citeriore, in provincia di Pescara, e nel 1974 è diventato amministratore delegato
dell’azienda capofila del gruppo De Cecco. Nel 1993, dopo aver maturato una ricca esperienza dirigenziale, ha assunto la prestigiosa carica di presidente. La cerimonia della laurea assegnatagli dall’ateneo teramano, contraddistinta dalle note di Gaudeamus igitur, l’antico inno della goliardia, ha avuto il momento clou nella laudatio di De Cecco, una storia di passione per il grano duro e per la qualità della pasta. «Nel 1886 Filippo Giovanni, erede di una famiglia di mugnai, ebbe l’idea geniale di produrre paste alimentari», ha detto il presidente De Cecco davanti a una platea composta da personalità del mondo universitario e politico e da numerosi dipendenti del pastificio e di altre aziende del Gruppo. «Ma questo tipo di produzione aveva due punti deboli: l’essiccazione avveniva al sole ed era legata ai fenomeni atmosferici e, poi, non riusciva a garantire le migliori condizioni igieniche. Per questo inventò, come riportato correttamente sull’enciclopedia
A DESTRA, IL PRESIDENTE MOSTRA CON SODDISFAZIONE IL DIPLOMA DI LAUREA A SINISTRA, È IMPEGNATO NELLA LAUDATIO
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Treccani, un sistema di essiccazione artificiale: immetteva aria calda in una stanza e riusciva ad essiccare la pasta in 24-48 ore, mentre con i metodi vecchi occorrevano 7/8 giorni. Il mio avo ebbe un’altra intuizione vincente: puntò subito sulle esportazioni e, nell’ormai remoto 1883, in occasione dell’esposizione universale di Chicago, vinse la medaglia d’oro e ottenne il diploma al merito con i macaroni i e vermicelli, primo di tanti premi di altissimo valore». Quest’ultimo particolare assume un carattere di grande forza simbolica nel momento in cui l’Expo di Milano, peraltro dedicato all’alimentazione, sta celebrando un successo in cui pochi avrebbero scommesso. Expo che ha visto la presenza continuativa e brillante della De Cecco nel
padiglione Cibus-Federalimentare, vetrina delle migliori aziende italiane del food. La laudatio di Filippo Antonio è stata anche una pagina di storia d’Italia. «La nostra azienda ebbe la forza di superare la devastazione della Seconda guerra mondiale, che portò la distruzione degli stabilimenti di Pescara e Fara San Martino, quest’ultimo prima spogliato di tutti i macchinari e poi minato e fatto saltare dai tedeschi durante la drammatica ritirata. Da allora, sono trascorsi diversi decenni e nessun De Cecco ha mai dimenticato l’insegnamento del fondatore: tecnologia d’avanguardia senza mai rinunciare alla qualità assoluta dei prodotti. Ed è per questo che, malgrado le nuove macchine permettano una produzione velocissima e molto redditizia, noi conti-
UNA FASE DELLA CERIMONIA NELL’AULA MAGNA DELL’UNIVERSITÀ DI TERAMO A DESTRA, FILIPPO ANTONIO DE CECCO CON IL RETTORE LUCIANO D’AMICO
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FILIPPO ANTONIO DOTTORE IN BIOSCIENZE E TECNOLOGIE AGROALIMENTARI E AMBIENTALI nuiamo ad essiccare lentamente la nostra pasta. Ci occupiamo più di qualità che di finanza e i consumatori lo riconoscono e ci premiamo giorno dopo giorno. Di mio, alla consolidata dimensione qualitativa della De Cecco, ho aggiunto la mania della crescita: di fatturato, volumi e vendite». Insomma, l’innata e invidiabile capacità di guardare sempre più in alto. I concetti espressi da Filippo Antonio De Cecco sono stati sottolineati, nel corso della cerimonia, da Dario Compagnone, preside della facoltà, che ha parlato di «perseveranza nella ricerca della qualità e nel controllo dell’intera filiera produttiva, due azioni che necessariamente si intersecano e trovano ragione l’una nell’altra». E dal prorettore vicario Dino Mastrocola, abilissimo
nell’evidenziare l’importanza delle materia prime, semplicemente acqua e semola, degli strumenti e delle tecniche di produzione: trafilatura (quella del metodo De Cecco è solo in bronzo), essiccazione lenta e a bassa temperatura. Conclusi gli interventi, il rettore D’Amico ha consegnato il tocco bordato di verde e la pergamena al nuovo dottore in Bioscienze e tecnologie agroalimentari e ambientali. Un atto che ha trasformato nel più alto dei riconoscimenti la straordinaria passione per la qualità dell’intera famiglia De Cecco e la perseveranza del presidente Filippo Antonio nell’inseguire e raggiungere la crescita: di fatturato, volumi e vendite .
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LA LAUREA HONORIS CAUSA DEL PRESIDENTE SI È TRASFORMATA IN UN EVENTO MEDIATICO
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Expo 2015 da applausi un’esperienza indimenticabile di Marco Camplone
IL TRIONFO DI UNA MANIFESTAZIONE CHE SEMBRAVA DESTINATA AL FALLIMENTO
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crivi Expo e leggi grandi numeri. Punte di 200mila presenze in una sola giornata, milioni di visitatori nel conteggio complessivo di una manifestazione cominciata il Primo maggio e conclusa il 31 ottobre. E, ahinoi, diverse ore di fila, anche due/tre, per entrare nella cittadella di Rho e anche di sette per visitare i padiglioni più celebrati. Chi ha vissuto l’esperienza dell’Expo, sa bene quanto sia stata sospirata e sofferta la visita nelle affascinati location messe su da Italia e Giappone, ma potremmo citare anche Brasile, Germania, Emi-
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rati... Padiglioni da milioni di euro, elaborati da prestigiosi studi di architettura e da multinazionali della creatività. Sul decumano, come sul cardo e sulle altre strade, è andata in scena la capacità italiana, più unica che rara, di fare malissimo nella fase iniziale e poi recuperare alla grande per raggiungere, tra lo stupore generale, il più gratificante dei successi. Concediamoci una sintesi brutale: in sei mesi è stato realizzato quanto si aspettava venisse realizzato in quattro e più anni. Il commissario unico Giuseppe Sala, quando non si era ancora spenta l’eco delle sirene del-
le forze dell’ordine, ha cominciato a lavorare alacremente con un team di notevole qualità, come si evince dai risultati. Si è passati, in un battibaleno, dagli arresti per tangenti allo stupore per la bellezza architettonica dei padiglioni. Dallo scetticismo italico agli applausi internazionali e al compiacimento, quasi di una nazione intera, per essere stati bravissimi. La manifestazione che, per molti, non andava fatta a prescindere e men che meno dopo gli scandali è diventata l’Expo degli italiani, delle chiassose scolaresche, dei turisti cinesi, tedeschi, giapponesi e delle
A SINISTRA, L’ESTERNO DEL PADIGLIONE CIBUS È ITALIA - FEDERALIMENTARE CURATO, A TURNO, DA GRANDI INTERPRETI DELLA STREET ART A DESTRA, LA MAXI BUSTA DI SPAGHETTI SIMBOLO DELLA DE CECCO ALL’EXPO
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celebrity. Da Michelle Obama ai capi di stato Putin e Hollande, dalla divina Sharon Stone a Bono degli U2, dal celeberrimo Giorgio Armani a Massimiliano Rosolino, Michele Placido e Maurizia Cacciatori, al Milan calcio con Sinisa Mihajlovic e Barbara Berlusconi in prima fila. E potremmo continuare a lungo perché, a un certo punto, essere all’Expo è diventato un obbligo e, per chi vive di notorietà, una necessità mediatica. Noi della De Cecco ci siamo stati nel Pesce dell’Expo. Nella testa, per la precisione. Dal primo all’ultimo giorno. Anzi, da molto prima che arrivasse il primo giorno perché il lavoro è stato pianificato nei mesi precedenti. Abbiamo creduto nell’Expo anche quando i Tg e i giornali raccontavamo quanto non avremmo mai voluto sapere: corruzione, arresti, lavori in ritardo, confusione, polemiche. Abbiamo preso casa tra le aziende di Federalimentare, nel padiglione di Cibus è Italia organizzato da Fiere di Parma, ben visibile dall’ingresso di Roserio, incastonato tra i padiglioni del Giappone e delle Fiere di Bologna. Una scelta ponderata perché non avrebbe avuto senso mettersi a sgomitare per uno spazio tutto aziendale, ad esempio, tra gli Stati Uniti e la Germania. Né sarebbe stato in linea
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con la nostra filosofia di alta qualità del prodotto presentarsi a milioni di visitatori come un ristorante stagionale o una balconata per assaggi vari. Expo, per la De Cecco, non è stato un evento. Semmai una continuazione fisiologica di un’attività iniziata oltre un secolo prima. Quando il mondo era tutto un altro mondo, sotto ogni punto di vista, la nostra azienda vinceva la medaglia d’oro, per la qualità dei “macheroni vermicelli”, all’Esposizione universale di Chicago. Era il 1883. Da Chicago a Milano, dal 1883 al 2015, dal passato al presente. Tra tante variabili, una costante: la qualità De Cecco non ha mai subìto la minima venatura. Ci siamo compiaciuti, nei sei mesi dell’Expo, delle attenzioni riservateci dagli operatori di mercato internazionali convocati al padiglione, di volta in volta, dall’organizzazione di Fiere di Parma. L’affetto per la contadinella con i covoni di grano mostrato da migliaia di visitatori, moltissimi stranieri, e i complimenti da loro proferitici davanti al box espositivo sono stati il giusto premio non solo per la presenza sistematica all’Expo, ma per essere De Cecco, un indiscusso simbolo della qualità e del Made in Italy. Un simbolo talmente forte che la maxi busta di spa-
LA DE CECCO PROTAGONISTA NEL PADIGLIONE “CIBUS E’ ITALIA FEDERALIMENTARE” DURANTE I SEI MESI DELLA KERMESSE MILANESE
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ghetti che ha troneggiato davanti al nostro spazio nel piano terra del padiglione Cibus è Italia-Federalimentare è diventato, tacitamente, il punto prescelto dai visitatori per scattare le foto-ricordo. In sei mesi di Expo abbiamo visto di tutto. Confessiamo il disappunto per il ritardo nei lavori riscontrato durante le battute iniziali e confessiamo anche il compiacimento per la frenesia e l’incredibile capacità di recupero messi in mostra dalla macchina organizzativa, soprattutto a maggio, quando è andata in scena una gara contro il tempo. Tutto è avvenuto rapidamente, come in quelle immagini al timeless. Avevamo davanti a noi il gigantesco ingresso di Roserio, il più vicino al nostro padiglione, realizzato per i visitatori in arrivo con i pullman gran turismo e i taxi, desolatamente vuoto perché né gli autisti né i tassisti
lo conoscevano. E, poi, quando lo scoramento stava per prendere il sopravvento, sono comparse le file di visitatori. Ogni giorno più lunghe, quasi che una delle grandi attrazioni di Expo fossero proprie le file. Sei mesi significano tre stagioni. Primavera, estate e autunno. Pioggia, freddo, giornate incantevoli, caldo torrido, ancora pioggia e freddo. Comunque, sempre il tempo giusto per lavorare. I volontari, le hostess, l’esercito degli operai specializzati e gli addetti, a vario titolo, al funzionamento dei padiglioni non si sono mai fermati. Il tutto sotto lo sguardo vigile delle forze dell’ordine, schierate costantemente lungo tutto il perimetro, a guardia di uno degli obiettivi più sensibili del pianeta per quanto riguarda gli attacchi terroristici. E’ andato tutto liscio. Anche di questo, possiamo essere orgogliosi. •
A SINISTRA, UN’ALTRA FOTO DELLO SPAZIO ESPOSITIVO DELLA DE CECCO ALL’EXPO QUI A FIANCO, UN’IMMAGINE DEL BOX ESTERNO SOTTO, FOTO DI GRUPPO DI ALCUNI DIPENDENTI DELLA NOSTRA AZIENDA IN GITA ALL’EXPO
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Ironman, grandi atleti a Pescara di Giorgio D’Orazio
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nche quest’anno è stato firmato De Cecco il successo di Ironman 70.3 Italy, giunto ad una quinta edizione che ha registrato la partecipazione di 2.000 atleti e oltre 25.000 spettatori in una Pescara animata da persone provenienti da tutto il mondo e diventata un palcoscenico internazionale, grazie alla presenza di giornalisti e televisioni. Un palcoscenico di sport, benessere e gusto, andato in scena il 14 e 15 giugno scorsi, in cui il Gruppo De Cecco è stato ancora una volta protagonista. D’altronde un corretto stile di vita, con una sana alimentazione di base oltre alla pratica di attività sportive, è il trait d’union tra De Cecco e la serie italiana di questo frequentatissimo Internazionale del Triathlon, una manifestazione in cui passione per lo sport, tenacia e dolce vita si fondono per dare corpo a un evento unico “made in Abruzzo”, capace di arricchire il patrimonio sportivo italiano e internazionale, durante il quale De Cecco ha ben rappresentato una serie di valori di “qualità della vita” che guidano da quasi 130 anni la tradizione aziendale.
Come di consueto, parte integrante e fondamentale di Ironman è stato il “Pasta Party”, il cuore di ogni evento e il punto di incontro e interscambio sociale tra tutti i triatleti partecipanti, per fare il pieno di energia prima di affrontare la competizione sportiva. Un luogo in cui De Cecco si è fatto come sempre promotore ed anzi ambasciatore della pasta di alta qualità. Gli atleti e gli ospiti presenti a questa edizione di Ironman Italy 2015, hanno potuto gustare infatti la pasta De Cecco nel villaggio allestito in prossimità della Nave di Cascella, direttamente sul mare, e riconoscere in ogni piatto una sapiente e tradizionale qualità che connota tutti i prodotti aziendali e che va ben oltre la pasta. Una gustosa dimostrazione di quel connubio tra cibo e salute che fa di questa storica azienda, anche per tutti gli atleti, un punto di riferimento della migliore qualità alimentare italiana. A Pescara hanno trionfato Jan Frodeno, e tra le donne, Daniela Ryf, due tra i tanti atleti di innegabile spessore tecnico e agonistico ammirati lungo le asperità del circuito cittadino. •
LA PASTA È INDISPENSABILE NELLA DIETA DI UN ATLETA NON A CASO IL BINOMIO DE CECCO - IRONMAN PIACE TANTO AGLI SPORTIVI
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Dicembre 1962, la magia di Fara raccontata dall’inviato del Giorno
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VI OFFRIAMO SOLO IL MEGLIO. PER TRADIZIONE.
I Grani. La nuova linea di prodotti da forno garantita De Cecco. Dalla passione per la qualità e dall’amore per le ricette della tradizione nascono “I Grani De Cecco”. Gustosi snack e pani fragranti, fonti di fibre, da assaporare a tavola e nel tempo libero, che soddisfano anche i palati più esigenti. Perché con De Cecco è facile volersi bene, in ogni momento della giornata.
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COOKING X ART E PREMIO PRIMO PIATTO
Di Benedetto e Perbellini due chef sul podio di Giorgio D’Orazio
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ue chef per un prestigioso riconoscimento attribuito dallo storico pastificio di Fara San Martino. Un premio con cui De Cecco non vuole soltanto celebrare l’utilizzo della pasta, ma intende valorizzare la cucina italiana e chi, come i due chef prescelti ogni anno, è capace di interpretarla e rappresentarla sapientemente. È andato infatti anche quest’anno a due nomi di rilievo, come Patrizia Di Benedetto e Giancarlo Perbellini, il “Premio Miglior Primo Piatto di Pasta De Cecco”, riconoscimento istituito dalla nostra azienda in collaborazione con il Touring Club Italiano e consegnato in occasione della presentazione della guida “Alberghi e ristoranti d’Italia 2016” di Touring Editore, della quale De Cecco è partner, nell’ambito di Cooking X Art, la manifestazione enogastronomica dedicata all’eccellenza in cucina e al Made in Italy del gusto che si tiene in due tappe autunnali a Roma e a Milano, due eventi di riferimento per operatori e giornalisti di settore, nonché per un pubblico di appassionati e curiosi. Nell’appuntamento romano, tenutosi dal 3 al 5 ottobre presso le Officine Farneto, è stato consegnato il premio alla chef Di Benedetto del ristorante “Bye Bye Blues” di Palermo con la seguente motivazione: «“Spaghetti alla chitarra con polvere di bottarga calamari e bieta
saltata”, un primo piatto che unisce orto e mare, sapori dolci e decisi, un piatto semplice all’apparenza che si rivela ampio sul palato. Un piatto di classe, grazie alla sensibilità e alla tecnica fine della chef Patrizia Di Benedetto». Dal 28 al 30 novembre si è svolta invece la tappa milanese di Cooking X Art, durante la quale è salito sul palco di “Via Tortona 32”, per ricevere il premio attribuito da De Cecco, Giancarlo Perbellini del ristorante “Casa Perbellini” di Verona, uno chef che non ha bisogno certo di presentazioni. «Difficile scegliere tra i primi piatti di Casa Perbellini, vincente in un format che toglie del tutto le barriere tra cucina e ospiti. Riso e paste ripiene trovano accompagnamenti esaltanti e per gli spaghetti si apre una finestra che si colora spesso di sapori e profumi del Mediterraneo», si legge nelle motivazioni in Guida. Entrambi gli eventi, organizzati da Witaly in collaborazione con Luigi Cremona che ha consegnato il Premio De Cecco unitamente al direttore marketing del Gruppo, Giovanni Alleonato, hanno potuto contare sull’alta qualità della pasta - e dell’olio - De Cecco, per gli show cooking sul palco, per le degustazioni negli stand, per i corsi di cucina e per le ricette della Food Zone, interpretate di giorno in giorno da importanti chef italiani. •
PATRIZIA DI BENEDETTO NEL RISTORANTE BYE BYE BLUES HA VINTO IL PREMIO PRIMO PIATTO DE CECCO
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Allarme dell’Oms: Carne pericolosa W la nostra dieta mediterranea di Marco Camplone
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alsicce, prosciutto e carni rosse, soprattutto se trattate, possono causare il cancro. Lo dice un rapporto dettagliato dell’Iarc, Agenzia internazionale per la ricerca del cancro, appendice dell’Oms, Organizzazione mondiale della sanità. Se vogliamo, non si tratta di una novità: gli oncologi da sempre consigliano un uso limitato di carne e qualcuno tra loro, come il luminare Umberto Veronesi, predica l’uso esclusivo di cibi vegetali. L’allarme dell’Oms ha scatenato reazioni contrastanti nell’opinione pubblica italiana: dalla fobia per la carne, i cui consumi hanno subìto una flessione rilevante nei giorni successivi alla notizia, alla denigrazione della notizia stessa sui social media da parte dei carnivori impenitenti. La maggior parte degli italiani, però, non ha perso la serenità perché lo studio Iarc, redatto sulla base di 800 studi precedenti, ha riportato in auge i benefici della dieta mediterranea, che è la regina delle nostre tavole. Carmine Pinto, presidente dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), in un’intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica, ha formulato un vero e proprio invito «a tornare alla dieta mediterranea». E poi ha precisato: «La Iarc ha confermato dati che conoscevamo da tempo, ovvero che la presenza di conservanti o di prodotti di combustione in questi elementi è legata ad alcuni tipi di tumore. Per quanto riguarda le carni rosse, è una questione di modalità e di quantità, non esiste una soglia di esposizione oltre la quale ci si ammala sicuramente. Il messaggio che dobbiamo dare è che la carne rossa va consumata con la dovuta modalità, una due volte la settimana al massimo. Il messaggio principale è, invece, un invito a tor-
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re alla dieta mediterranea, che ha dimostrato di poter diminuire il rischio tumore». Dieta mediterranea significa tante cose, significa soprattutto pasta, di cui gli italiani sono grandi consumatori e fini intenditori. Il problema dell’alimentazione sbagliata ha radici profonde e non mancano le implicazioni di tipo culturale. Gli americani usano tantissimo il barbecue, da cui la terribile, per la salute, carne bruciacchiata, e sono assidui frequentatori dei fast food, dove spesso vanno per il gadget del
“SALSICCE PROSCIUTTO WURSTEL E CARNI ROSSE POSSONO CAUSARE VARI TIPI DI CANCRO”
LA PASTA TRIONFA NELLA DIETA MEDITERRANEA CHE VIENE CONSIDERATA APPROPRIATA DAGLI ESPERTI
LO STUDIO PROMOSSO DALL’OMS BOCCIA LE CARNI SIA ROSSE CHE TRATTATE E PROMUOVE LA DIETA MEDITERRANEA
cartoon di successo, attrazione irresistibile per i piccini e soluzione di comodo per i genitori. Gli italiani, al contrario, privilegiano pasta, verdura, legumi, frutta e consumano moderatamente carne, fatte le debite eccezioni. Tra i due stili di vita, il migliore è il nostro. Non c’è dubbio! La sfida è complessa: dobbiamo conservare la cultura del cibo buono e sano, tramandarla alle future generazioni ed esportarla come facciamo, e bene, con tanti prodotti Made in Italy. Ben vengano, quindi, le inchieste e i report che rivelano quanto siano dannosi i wurstel, collocati
dall’Oms nel gruppo 1 delle 115 sostanze che causano il cancro a pericolosità più alta, sulle stesso piano di fumo, amianto, arsenico e benzene. Gli esperti hanno concluso che per ogni porzione di 50 grammi di carne lavorata consumati al giorno, il rischio di cancro del colon-retto aumenta del 18 per cento. E lo stesso legame è stato osservato per i tumori del pancreas e alla prostata. La dieta mediterranea, che è un modello nutrizionale ispirato alle tradizioni alimentari di tre paesi europei, Italia, Grecia e Spagna, e di uno africano, il Marocco, dal 16 novembre 2010 è stata iscritta dall’Unesco, su proposta dell’Italia, nella lista rappresentativa del Patrimonio immateriale dell’Umanità. L’atto ufficiale ha riconosciuto ai sopraccitati paesi l’appartenenza del patrimonio allargandolo, tre anni dopo, a Cipro, Croazia e Portogallo. Quella che è stata la nostra dieta assoluta fino al boom economico degli anni ’50, ma che rimane pur sempre la nostra dieta base, ha nelle caratteristiche fondamentali il basso contenuto di acidi grassi saturi, la ricchezza di carboidrati e fibre, l’alto contenuto di acidi grassi monoinsaturi, derivati principalmente dall’olio d’oliva. Proprio l’olio d’oliva, che contiene grassi meno nocivi di quelli animali, è la poesia della nostra tavola insieme a pasta, pane, verdure, insalate, legumi, frutta fresca e secca. La carne bianca? E’ previsto un consumo moderato, come per il pesce, i latticini e le uova. La carne rossa deve essere una rarità nel piatto. Fidetevi. Con la salute non si scherza. •
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VoI La preparate In 12 mInutI. noI In 24 ore.
De CeCCo. La pasta a regoLa D’arte DaL 1886. Per fare una buona pasta a voi servono pochi minuti. A noi, molte ore. Perché la facciamo seguendo sempre lo stesso metodo antico e sapiente, che usiamo da più di un secolo. Ecco perché con De Cecco siete sicuri di mangiare una pasta italiana a regola d’arte.
ecco perché De Cecco è differente: I nostri processi di lavorazione
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I benefici per voi
Maciniamo solo il cuore del grano per produrre una semola pregiata.
La pasta rimane sempre al dente senza deformarsi.
La semola viene impastata a freddo con acqua purissima delle nostre sorgenti, ed essiccata lentamente a basse temperature.
La pasta mantiene inalterato tutto il suo sapore e le sue caratteristiche organolettiche.
La pasta viene trafilata al bronzo.
La pasta ha una superficie ruvida che trattiene meglio i condimenti.
Per maggiori informazioni www.dececco.it MONDO DE CECCO
Di De Cecco ce n’è una sola.
Pescati dalla rete di Alessia Rossi
De Cecco
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Cotezeg Torre Del Caleo cotezeg A melhor pasta do mundo! Primo e secondo! Caserecce del pastificio De Cecco all’adriatica con pomodorini scottati della tenuta, Frittura di gamberi, calamari e alici di Acciaroli #italia #pasta #mare #italia #cgviaja
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Alex Pentothai De Cecco is everywhere the winner: da Roma a New York garanzia del meglio! Bravi tutti! Mi piace • Commenta • Condividi
Instagram BUONISSIMI!!! #dececco #family #food #crackers
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Eva Kant Dopo trnd…solo lei Pasta De Cecco Mi piace • Commenta • Condividi
Carlo Bracci @braccicarlo @ChiaraAndrea_B compra la pasta De Cecco!!!...Basta quella…!!! Mi piace • Commenta • Condividi
Cristina Magliano La miglior pasta che ci sia!! Mi fai fare sempre bella figura con gli ospiti, il suo sapore è ottimo e il sugo lega magnificamente! Mi piace • Commenta • Condividi
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Giorgio gost fans … e ne troveranno traccia anche nell’anno 6000
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Mario Longo DE CECCO patrimonio dell’umanità!!! Mi piace • Commenta • Condividi
Mauro Brunetti Nessun confronto…gli spaghetti solo DE CECCO Mi piace • Commenta • Condividi
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Giuseppe Joselito ladonato Ma credo che sia proprio un immagine che racchiude l’Italia: cucina, ragazzo, spaghetti De cecco
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Leonardo Tabocchini Da Helsinki, Finlandia. Solo pasta De Cecco e la ordino direttamente dal sito. Quando a casa arriva il DHL con tutti gli scatoloni è sempre una festa.
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Per darvi una grande
pasta italiana selezioniamo i grani migliori del mondo.
Noi di De Cecco produciamo solo
proteico. Da tutto ciò creiamo la nostra
pasta di alta qualità, nel rispetto della
miscela perfetta, la maciniamo nel nostro
nostra tradizione ultracentenaria. Per
mulino e impastiamo a freddo la semola
offrirvi questa eccellenza non basta un
a grana grossa con l’acqua purissima
solo grano. Ecco perché selezioniamo
della nostra sorgente. Dopo la trafilatura
i migliori, raccolti in Italia e in tutto il
al bronzo e una lenta essiccazione che può
mondo, quelli maturati nelle condizioni
durare fino a 48 ore, la pasta De Cecco
climatiche ideali. Ogni varietà viene
è finalmente pronta. È un processo lungo,
scelta per la sua par ticolare vir tù:
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il profumo, il sapore, il colore, l’apporto
che seguiamo da più di 125 anni.
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Dall’amore della famiglia De Cecco per le cose fatte bene nasce una famiglia di oli Extra Vergine di grande qualità. Tra questi, il Classico, un olio dal sapore pieno e gradevole. Il condimento ideale per ogni piatto, con tutto il gusto della qualità De Cecco. Perché di De Cecco ce n’è una sola. www.dececco.it