L’avventura di Biancaluna
C’erano una volta in un paese lontano, un re ed una regina, che desideravano un figlio maschio che potesse diventare un valoroso cavaliere. Un giorno la regina rimase incinta e pensò che finalmente si avverasse il suo sogno. Quando però, venne a conoscenza che il suo bambino non era un maschietto come da lei desiderato, rimase spiazzata. L’unica persona che riuscì a calmarla fu la madre: la convinse che la cosa migliore era proprio che fosse una ragazza perché si sarebbe confidata con lei e il loro rapporto sarebbe stato speciale. Dopo qualche tempo la bambina venne alla luce e i genitori le diedero il nome di Biancaluna perché aveva in viso la lucentezza della Luna, nelle notti in cui rischiara il cielo. Purtroppo la regina ben presto si ammalò e venne a sapere dai medici di corte che non ci sarebbe stato per lei modo di salvarsi. Così fu. Il marito, disperato, sapendo che Biancaluna avrebbe avuto bisogno di una madre, decise di risposarsi, ma la donna da lui scelta era tanto bella d’aspetto quanto crudele d’animo. Possedeva un vaso magico che le diceva sempre chi era la più bella del reame, ma un giorno non le disse più che era lei; nominò una fanciulla dallo splendore simile a quello della luna. Lei capì subito che si trattava di Biancaluna: l’invidia le ribollì dentro, come un vulcano che stesse per eruttare. Ordinò ad un cacciatore di sua fiducia di uccidere Biancaluna e di portarle i polmoni in uno scatolone con intorno la carta regalo. Il cacciatore partì subito in cerca della ragazza e la trovò seduta su un prato a raccogliere fiori mentre diceva: «Un fiorellino…un altro fiorellino…». Fece per avvicinarsi quando Biancaluna per strappare un fiore con tanto di radice, gli diede una gomitata sul naso. A quel punto la fanciulla, vedendo il cacciatore dietro di lei, iniziò a correre nella direzione opposta. Il cacciatore, per non subire le ire della regina, uccise un maiale, gli prese i polmoni e li impacchettò come la matrigna aveva ordinato. Intanto Biancaluna si aggirava spaventata da una parte e dall’altra, cercando di orientarsi. All’improvviso, inaspettatamente, nel folto bosco, un autobus vecchio e maleodorante si fermò proprio davanti
a lei. Senza porsi troppe domande ci salì sopra e disse: «Meno male che porto sempre con me il deodorante!» e cominciò a spruzzarlo in giro fino a terminare l’intera boccetta. Ad un certo punto l’autista disse: «Prossima fermata: casetta dei sette topolini». Biancaluna scese subito, pensando che quello fosse un nome originale per una villa…pur sempre una casa sarebbe stata! In realtà cercò e cercò, ma della villa dei sette topolini non trovò traccia…non c’era ombra di nessuna casa. Ad un tratto si accorse che tra due funghetti spuntava la miniatura di una casa con sette topolini che giocavano sul prato: forse era il gioco perso da un bimbo. A quel punto Biancaluna scoppiò in lacrime, le mancava la sua casa e si sentiva sola. Pianse per un bel po’, finché stanca e sconsolata si addormentò. Sognò la sua mamma che l’accarezzava, la rassicurava e le prometteva che avrebbe avuto una vita felice, piena d’amore. Le disse che avrebbe fatto alla sua bambina dal viso di luna un ultimo regalo: al risveglio per magia la casetta dei sette topolini sarebbe diventata grande abbastanza perché lei vi potesse entrare e trovarvi riparo. Biancaluna riposò tranquilla tutta la notte, certa che la sua vita sarebbe presto cambiata. I primi raggi del sole la svegliarono e, appena aprì gli occhi, si trovò di fronte una graziosa casuccia. La porta era aperta, entrò e vide sette topolini che ballavano tra loro allegramente. Pensò: «Allora il gatto non c’è!» Decise di buttarsi nella mischia per dimenticare i dispiaceri e le paure della giornata. I topini la accolsero ben volentieri ed ascoltarono la sua storia: la matrigna cattiva che la voleva morta, il cacciatore, la faccenda della gomitata, il pullman puzzolente nel mezzo del bosco ecc… Si misero d’accordo in questo modo: mentre loro durante il giorno andavano al lavoro, lei avrebbe svolto le faccende di casa e preparato da mangiare; in cambio l’avrebbero ospitata per tutto il tempo che avesse voluto. Nel frattempo la matrigna cattiva seppe dal suo vaso magico che la più bella era ancora Biancaluna. Il cacciatore l’aveva ingannata, la ragazza era ancora viva, e con le sue arti magiche scoprì che viveva con i sette topini. Progettò un nuovo piano: travestita da contadina, le avrebbe offerto un’arancia avvelenata, in quanto a differenza di sua cugina Biancaneve era allergica alle mele.
Arrivata alla casetta, bussò più volte prima che Biancaluna aprisse, dopo essersi assicurata che era solo una povera contadina. La ragazza le offrì un tè caldo e chiacchierarono amabilmente di prodotti di bellezza e centri estetici. La contadina per ringraziarla del bel pomeriggio trascorso insieme le regalò un’arancia dal suo cestino. La poveretta certo non immaginava che la simpatica contadina fosse in realtà la sua perfida matrigna. Biancaluna ne mangiò solo uno spicchio e cadde per terra priva di sensi. La matrigna ridendo malvagiamente se ne andò, pensando di aver finalmente risolto tutti i suoi problemi. Quando verso sera i topini tornarono a casa, trovarono Biancaluna in quelle condizioni e pensarono fosse morta: la misero dentro una bara di marzapane, chiesta in prestito ad Hansel e Graetel, sotto un grande albero di ciliegio, con intorno tante candeline. Un giorno passò di lì un bellissimo cavaliere, si fermò per riposarsi un po’ e notò la bara illuminata. La bellezza di Biancaluna lo colpì a tal punto che non resistette a baciarla. Quel bacio pieno d’amore fece svegliare la principessa che, ancora intorpidita, esclamò: «ULLALLA’!! Che bel cavaliere!!!» e raccontò anche a lui per l’ennesima volta la sua storia. I due si innamorarono, si sposarono e andarono a vivere nella casetta insieme ai topini. A proposito, la matrigna continuò ad avere problemi con il suo vaso magico e si rassegnò a ricorrere alla chirurgia estetica. Scrittori: Ciro, Ginevra, Sara e Viola Correttore di bozza: Ciro Tecnica di scrittura: fiaba a ricalco.