Mi ero spinta un po' troppo lontano

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MI ERO SPINTA UN PO' TROPPO LONTANO Abitavo in una piccola cittadella irlandese. Anche se piccola offriva ai sui abitanti tutto il necessario. La cittĂ piĂš vicina distava circa venti chilometri, e si allargava lungo il territorio circostante. Il nostro piccolo villaggio, rispetto alla cittĂ , era come una formica a confronto con un elefante. Noi fieri abitanti, ne eravamo molto orgogliosi. Anche se molti miei amici abitavano nella metropoli, dove andavo a scuola anche io, la nostra piccola casetta mi era molto cara. Nelle molteplici giornate di pioggia era sempre bello avere un caldo focolare dove riscaldarsi. Si stava avvicinando Halloween, la mia festa preferita! Mi piaceva molto per una notte travestirmi da pallido vampiro


succhia sangue o da peloso uomo lupo, raggranellare dolci e caramelle per le strade pullulanti di zombie, assassini, licantropi, fantasmi, demoni che vagano alla ricerca dei loro dolci. Era bello passeggiare per le strade osservando le case in tema con zucche intagliate che sprigionavano luce appoggiate sui davanzali della finestre, ragnatele finte che penzolavano dalle grondaie con qualche ragno e grandi gatti neri che scorrazzavano nei giardini. Era una festività davvero suggestiva. Quest'anno i miei amici mi avevano invitato a festeggiare Halloween con loro in città. Il fatidico giorno mi avviai giù per il pendio che portava alla grande città. Pedalavo velocemente ansioso di arrivare. Per l' occasione mi travestì da vampiro. Il mio costume era composto da


un mantello nero all' esterno e rosso all' interno, pantaloni, maglia e scarpe scure lucide. Arrivai appena in tempo. Ron mi disse non appena mi vide: " Hai davvero un bel travestimento. Forza andiamo a prendere dolcetti" Così ci incamminammo per le strade affollate. Grandi grattacieli ci sovrastavano con la loro imponente mole. Via via che camminavamo, raccoglievamo grandi quantità di dolcetti, le strade diventavano più piccole con sempre meno case e meno gente. Io camminavo più lentamente degli altri, perciò ero sempre uno degli ultimi a prendere i dolcetti. Mi fermai a contarli. Quando rialzai gli occhi mi ritrovai da sola nella grande città. I miei amici non si erano accorti che mi ero fermata e quindi, mi avevano lasciato sola nelle silenziose viuzze


periferiche. Disperato cercai di ritornare a casa ripercorrendo le strade da cui ero giĂ passata, ma non ci fu verso. Angolo dopo angolo, casa dopo casa, scoprii di essermi perso. Incominciai a sentirmi crescere in corpo un profondo senso di abbandono. Qui ero solo. Nessuno mi poteva aiutare, avrei fatto meglio a rimanere fermo ritornando dove mi ero perso. CosĂŹ forse i miei amici accortisi della mia assenza, mi sarebbero venuti a cercare. Con un singulto relegai quel senso di abbandono e proseguii titubante girando per le strade illuminate dai lampioni. Ad un certo punto svoltai in un vicolo buio ed inquietante. Sentii un urlo strappare il silenzio. Poi piĂš nulla. Scrutai nel vicolo e vidi grosse ombre attorno ad un corpo steso per terra che si contorceva in maniera orribile. Il corpo


perdeva molto sangue velocemente che si spandeva sulla strada a macchie sempre piÚ larghe. Il mio stomaco non reggeva quella visione assurdamente reale. Indietreggiai lentamente cercando di non fare rumore. Ma inciampai cadendo a terra con un tonfo. Di nuovo silenzio! Niente e nessuno si mosse! Fino a quando uno di loro non si girò guardandomi con aria minacciosa. Iniziai a correre il piÚ velocemente possibile. Credo che in tutta la mia vita non abbia corso cosÏ veloce come in quel momento. Passi. Sentivo le scarpe sulla strada dei miei inseguitori. Il respiro affannoso mi stancava. Li sentivo sempre dietro di me instancabili. A differenza di me. Stavano guadagnando terreno, presto mi avrebbero raggiunto. Scartai di lato e giunsi vicino a una grande


villa. Sembrava abbandonata: aveva grosse travi che sbarravano le finestre e la porta. Il muro da un lato era sovrastato da un grosso albero. Senza pensarci due volte mi arrampicai veloce come un gatto e mi calai dall' altra parte. I furfanti sbucavano proprio ora dalla piccola strada che avevo lasciato e, non vedendomi, proseguirono oltre. Ero salvo. Allegro per lo scampato pericolo mi rimisi in strada. Decisi di chiedere indicazioni a qualcuno. Vagai per la buia periferia per molto tempo. Mi ero spinto un po' troppo lontano, ed ero andato a finire in un quartiere di case dall' aria abbandonata. I lampioni si accesero, e corsi da una pallida pozza di luce all' altra, in cerca di qualcosa dall' aspetto familiare. Rassegnatomi infine all' idea di essermi perso, mi avvicinai ad una casa: avevo visto


guizzare una tenda e ne avevo dedotto che ci fosse qualcuno. Sperando di ottenere delle indicazioni, bussai alla porta. L' uomo che rispose parve stranamente felice di vedermi, come se stesse aspettando me, o qualcuno come me. Mi condusse in una stanza scura. "Dunque nessuno sa che sei qui" disse l' uomo. Udii una chiave girare nella toppa. La luce nella stanza emanava cupe ombre. Sentivo la paura salire dentro di me ed un brivido lungo la schiena mi percosse le membra. L' uomo aveva un aspetto trasandato: indossava una corta camicia strappata sulle maniche e dei pantaloni bucati con macchie di unto. Le sue mani enormi avrebbero tranquillamente potuto strangolarmi senza sforzo. La sua faccia era dilaniata da una profonda cicatrice che segnava tutto il


volto. I suoi occhi vitrei mi fissavano in silenzio. L' uomo fece un passo verso di me. Da quel giorno non fui piĂš ritrovato. Ma continuai a vagare ignorato per la cittĂ ...


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