Samuele

Page 1

LA MIA PRIMA PAROLA Mi presento sono Samuele e ho undici anni e sono sempre stato molto attivo sin da piccolo ……. . Da piccolo ero molto diverso da come sono ora: avevo gli occhi blu, ero un po’ paffutello, i miei capelli erano neri e con gli anni si sono schiariti un po’. Io sono il figlio primogenito e, se devo dire la verità, sono felice di esserlo per svariati motivi . I miei genitori hanno voluto avere la sorpresa alla nascita e non sapevano se sarebbe nata una femmina o un maschio e credo che siano stati felici quando ci siamo visti la prima volta; anche se ero un po’ bruttino mi dissero : “ Finalmente è nato il nostro SAMUELE”. La mia prima parola segnò il mio destino, infatti i miei genitori capirono subito chi di loro era il mio preferito. Era la persona che giocava più spesso con me, mi coccolava e mi assomigliava di più….. Quelli che ci vedono insieme dicono sempre che io sono la sua fotocopia ….. All’età di nove mesi quando tutti aspettavano dai miei primi versi la parola mamma io ho iniziato a balbettare :” BA BA BA”, fino a pronunciare la parola “babbo” per intero rendendolo così molto orgoglioso e fiero. I MIEI PRIMI PASSI Il mio sviluppo motorio fu molto precoce. Infatti, a soli sei mesi gattonavo e i miei genitori filmavano quasi tutti gli spostamenti della mia prima infanzia, aspettando quel momento.


I miei genitori dovettero mettere i cancellini all’inizio delle scale altrimenti rischiavo di cadere e farmi male, anzi molto male. Impazzirono di rabbia quando seppero che mi alzai in piedi l’unico giorno che fui portato dalla nonna. Per nulla al mondo avrebbero voluto perdersi quel momento. Avevo solo sette mesi e già mi alzavo un po’ in piedi anche se mi piaceva di più stare seduto e gattonare. A nove mesi mia mamma mi ha detto che era bellissimo vedermi girare per casa aggrappandomi un po’ ovunque, e sbattendo, o cadendo ma il modo in cui mi rialzavo era stupendo... E finalmente a soli dieci mesi riuscii a camminare talmente bene che iniziai anche a correre e la mia famiglia poté fare un bel giochino con me …. Il gioco consisteva nel dover correre verso l’adulto senza cadere e quando riuscivo a raggiungere le loro braccia mi facevano balzare in aria per poi riaccogliermi in un forte abbraccio. LA BICICLETTA Vi voglio raccontare un’altra storia: la mia prima bicicletta. Era una piccola biciclettina gialla, con le rotelline tutte nere un bel cartellino, davanti al manubrio, con la scritta dodici; mi ricordo ancora oggi quando salii per la prima volta sulla sella nera e, con mio babbo alle mie spalle, cercavo di pedalare in equilibrio. Mio babbo diceva:” Pippo devi girare i piedi in senso orario!”.


Io ci provavo e finché lui mi teneva riuscivo ad andare, però appena mi lasciava “patapum” ecco che cadevo a terra; sull’asfalto non era un ottimo allenamento perché mi scorticavo la pelle come fosse una fetta di formaggio grattugiata. Allora mio babbo un giorno mi portò in un giardinetto e così quando cadevo non mi facevo tanto male, perché ero sull’erba. Dopo due o tre giorni, sempre sul quel prato, riuscii ad andare da solo in bici anche se ero un po’ traballante e insicuro. ALL’OSPEDALE La prima volta che andai all’ospedale in realtà non me lo ricordo molto bene, anzi non me lo ricordo per niente, me lo posso solo immaginare … ero solo un “cucciolo” e a me piaceva molto arrampicarmi. Ero in camera mia, era pomeriggio inoltrato e mia mamma mi aveva messo a letto nel mio lettino tutto fatto di legno; a me piaceva tanto stare lì perché era pieno di giochi di tutti tipi. Dopo un po’ che ero a letto mi svegliai e iniziai a giocare con i miei peluche poi, stanco di stare lì da solo, mi misi in piedi e nonostante la sponda protettiva mi sporsi talmente tanto che feci un capitombolo sul pavimento. Scoppiai in un tremendo pianto e quando mia mamma mi sentì urlare corse in camera a vedere l’accaduto e mi vide con un lungo taglio nel sopracciglio, così molto preoccupata chiamò l’ambulanza.


Mia mamma chiamò anche mio babbo calmissima, come se non fosse successo niente, e gli disse:” Ciao Davide sono io, ti volevo soltanto dire che sono in ambulanza con Sami e stiamo andando al pronto soccorso!”. Mio babbo subito, trafelato, si affrettò a venire al Pronto Soccorso e fu tanto veloce che arrivò prima di noi. Per mia fortuna non sentì male, mi diedero otto punti e ancora oggi, dopo circa dieci anni, ne porto ancora i segni con una cicatrice. LA SCUOLA ELEMENTARE La scuola elementare è stata in generale una bellissima esperienza, con i compagni non sono mai riuscito a essere molto socievole perché erano delle persone un po’ strane. Però ci furono due ragazzi con cui costruì un rapporto più saldo che ancora adesso va avanti nel tempo …. Questi due ragazzi sono Federico e Lorenzo Pieri: con Fede ho sempre avuto un ottimo rapporto senza litigate, ma con Lori è stato una vera lotta perché bisticciavamo spesso. Io e lui ci siamo dati una “regolata” a fine quinta elementare e posso dire che avevamo pronunciato tante volte la frase:” Tu adesso hai chiuso con me “oppure” tu non sei più mio amico”. E poi il giorno dopo, immancabilmente arrivavano subito le più sentite scuse, altrimenti capitava raramente che il giorno dopo le scuse non arrivassero per cui il nostro salvatore, Federico subito cercava di farci capire che era una cosa stupida litigare per …. sciocchezze banali. Però devo dire che dagli errori si imparano molte cose …. Io e Lori infatti non litighiamo più.


Delle elementari mi ricordo ancora una brutta parola che non so come, uscì dalla mia bocca rivolta ad una mia cara amica di nome Margherita che si mise a piangere. Ricordo i miei compagni morire dalle risate e dire:” Grande Samu!”, ma dentro di me non mi sentivo grande, anzi mi sentivo proprio l’opposto di grande e provai vergogna per come mi ero comportato. Subito non ebbi il coraggio di andare da lei a chiederle scusa, ma poco dopo pensai che fosse la cosa migliore che potessi fare, ma appena mi avvicinai, una barriera impenetrabile di femmine non mi fece passare. Alla fine, per fortuna, riuscii a scusarmi e sì che a quel punto mi sentivo grande. Comunque oltre a questi episodi, mi sono sempre trovato abbastanza a mio agio alle elementari. NOEMI Noemi è mia sorella …… Io e lei ci vogliamo tanto bene, ma siamo gli opposti; e come dice un vecchio proverbio “Gli opposti si attraggono”. Ci cerchiamo sempre per giocare, ma finisce sempre che litighiamo. Dico questo perché se devo essere sincero è un po’ cattiva nei miei confronti, cioè alza un po’ troppo le mani anche se so che vuole giocare. Io però la perdono anche se non mi chiede mai scusa, so bene che non lo farà mai perché è particolarmente orgogliosa e io di questo sono un po’ dispiaciuto.


Devo dire però che quando si contiene ci divertiamo molto e passiamo bellissimi pomeriggi insieme. Mi ricordo ancora una volta, ce ne sono state tante altre, ma questa in particolare me la ricordo molto bene, quando andai in gita a Cervia e costruimmo alcuni aquiloni: pensai subito di portarne uno a casa per lei, che mi corse incontro e mi abbracciò calorosamente. Oppure tutte le volte che partecipo a una gara di judo, e vinco lei mi fa trovare un bel cartellone sul mio letto, con scritto “bravissimo”. Come tutti i fratelli anche noi, pur bisticciando, ci vogliamo un bene dell’anima.

LA GARA DI BIBBIANO


Ecco questo è il mio gruppo di judo: in questa foto non eravamo tutti presenti ed eravamo arrivati tutti primi o secondi … In gara ho ottenuto il secondo posto su tredici persone, alla finale per mia sfortuna non ho vinto perché il mio avversario mi ha fatto una mossa alla quale non ho saputo rispondere, però devo dire che mi sono impegnato molto e per questo sono fiero di me.

BUBU Questo è l’ultimo capitolo … Bubu sembra un nome da bambino piccolo, per alcuni lo può essere, per altri no. Bubu è il mio pupazzetto preferito, è quello che si mette sotto le coperte con me, quello che mi fa sentire al sicuro e, se devo dire la verità, io gli voglio tantissimo bene. Questo perché non è un pupazzetto qualsiasi di quelli che ti danno nelle mani e ti dicono” Ecco tienitelo, giocaci”; no, mi è stato regalato proprio il giorno della mia nascita, quindi ha esattamente la mia stessa età, è cresciuto con me, e se adesso che state leggendo quest’ ultimo capitolo dite “Samuele è un bambinone!” beh fatelo, a me non interessa perché sono fiero di avere un animo sensibile.


PS: era cosĂŹ undici anni fa.

ALDINI SAMUELE


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.