Testo 7

“Il Libro Magico” Il sole stava sorgendo lucente sulla città e, come tutte le mattine, la gente, come svegliato da un lungo letargo, apriva le finestre della propria casa un allegro sorriso ai primi passanti che attraversavano le strade sassone della città di Cesena.

I bambini giocavano a rincorrersi tra gli edifici e le piccole casette che si trovano intorno al parco, immaginando di essere adulti in cerca di lavoro.

“Penso proprio di fare il pescivendolo al mercato!” un altro esclamava “Io il mercante come mio padre, viaggiare per tutto il mondo e diventare un ricco borghese!” “Io vorrei allevare le galline e coltivare la terra!” i ragazzini parlavano con orgoglio dei propri sogni, poi chiesero: “E tu, Francesco, che vorresti

diventare?” “Io vorrei gestire una biblioteca, insomma, fare il bibliotecario!” gli amici lo squadrarono e poi dissero “Quel lavoro è riservato ai monaci della Biblioteca, se non vuoi unirti a loro non potrai mai fare il bibliotecario. E poi, è sicuramente un lavoro noiosissimo!” Lo sconfissero fece sprofondare il ragazzo nella tristezza “Forse avete ragione…” poi si allontanò dal gruppo.

10 anni dopo…

L’oscurità nascondeva l’ombra fugace che avanzava verso la Biblioteca, un piccolo esserino, con brillanti occhi gialli che fissavano i piccoli lumi delle case come se stesse solo aspettando il momento di agire senza essere visto. La creatura oscura si avvicinava pian piano all’entrata dell’edificio ritrovandosi in un lungo corridoio in cui, l’unica cosa che si

riusciva ad intravedere era una luce, lontana, pallida, dietro ad un portone su cui era inciso: “Elephans indus culices non timet”. La piccola ombra si spostò verso la luce proveniente dai plutei della piccola biblioteca oltrepassando la porta. Un libro splendente riluceva in una piccola teca di cristallo nel fondo della stanza che rifletteva piccole sprazzi brillanti sulle pareti; mentre la creatura si avvicinava la luce del libro aumentava fino a farsi accecante, un attimo dopo i vetri infranti delle finestre si trovavano sul pavimento e altre piccole ombre si unirono alla prima creando un piccolo esercito di occhietti splendenti nell’oscurità. La teca cristallina si infranse e, come per magia, il libro scomparì dalla stanza e le piccole creature si polverizzavano una ad una, nelle tenebre della stanza.

Francesco corse tra i corridoi fino ad arrivare davanti al massiccio portone che lo separava dalla Sala del Nuti, tirò fuori un paio di chiavi con un rapido gesto le girò nelle serrature e, con agilità, spinse la porta entrando nella sala.

Aveva promesso che avrebbe protetto il libro come se fosse un tesoro, ed ora la teca era stata distrutta, la magia del libro era nelle mani delle Ombre e presto sentiva che le tenebre sarebbero giunte in città. Doveva recuperarlo e riportarlo in città per fermare i malefici poteri del libro incantato che, se utilizzati con scopi malvagi avrebbero fatto sprofondare l’umanità nell’oscurità, schiavi delle Ombre, le magiche creature che abitavano nei fitti boschi vicini alla Rocca di Cesena.

Il giovane si avvicinò lentamente ai resti del furto: i vetri infranti sparsi per terra, la

teca distrutta e ridotta in una polverina lucente e, i codici penzolanti dalle loro catenelle dondolavano appesi ai plutei.

Nell’aria si sentiva odore di zolfo e il pavimento era ricoperto di una strana melma violacea e scusa che era visibile anche nel soffitto. Francesco ricordò il momento in cui i monaci lo delegarono, visto che stava studiando al seminario, responsabile del potere del libro, che se fosse finito nelle mani di una persona malvagia avrebbe realizzato magicamente tutti i suoi progetti malefici, nutrendosi del suo odio e del suo rancore. Inoltre racchiudeva una raccolta di magici incantesimi che avevano il potere di avverare desideri di ogni tipo e assorbiva le emozioni e i pensieri di chi lo leggeva.

Per proteggerlo ogni sera chiudeva le finestre e la porta con massicci

chiavistelli, voleva custodire gli incantesimi del libro ed ora, come aveva promesso, sarebbe andato nei boschi bui a cercarlo e a proteggerlo dalle Ombre che l’avevano rubato.

Il ragazzo si incamminò verso la foresta e, dopo lunghe ore di ricerca fra i vecchi tronchi degli alberi, scorse i piccoli occhi luminosi di una creatura. Subito le corse incontro e lei, allarmata, fuggì velocemente nelle profondità della Selva.

Al ragazzo però la inseguì fino a ritrovarsi davanti a un prato che non aveva mai visto, come nascosto dalla magia, e il panico prese il sopravvento su di lui vedendo un’orda di Ombre raccolte vicino al libro incantato in cui erano racchiusi incantesimi antichissimi e pericolosi.

Facendosi coraggio, il ragazzo corse incontro al centro della radura, afferrando

il libro e cercando di scappare, quando una piccola Ombra si materializzò davanti a lui cercando di bloccarlo. Un attimo dopo davanti a lui un uomo lo afferrò e lo gettò a terra: la creatura aveva cambiato aspetto ed ora Francesco si ritrovava seduto su un ceppo tagliato, inciampato mentre stava indietreggiando; all’improvviso si rese conto di essere in possesso del libro incantato, lo aprì velocemente e, svegliandolo, trovò l’incantesimo perfetto e pensò che avrebbe salvato così il libro, che avrebbe protetto la propria città dal suo misterioso potere; le Ombre scomparivano una ad una fino a far ritrovare Francesco da solo. Un attimo dopo si trovò nella Sala del Nuti con il libro in mano. L’incantesimo aveva funzionato.

Si era teletrasportato magicamente nella Biblioteca, ed ora,

dopo aver risposto il libro nella teca di cristallo, si sentiva veramente un eroe, e ora forse si meritava il ruolo di bibliotecario, per proteggerli quel santuario della cultura e della storia che tanto amava.