Testo di paura

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IL MISTERO DELLA CASA ABBANDONATA Abito in un quartiere con poche case, mi ritrovo spesso a giocare con i miei amici a pallone. Di fronte a casa mia, c'è una villa, con grandi finestre rotte e luride, le pareti color cenere sono ricoperte di edera e, all'ingresso, c'è un imponente portone con il battente che risalta agli occhi dalla brillantezza dell'oro. Il tetto è dominato da numerosi corvi che gracchiano giorno e notte. Quando provo a chiedere qualcosa ai miei genitori, riguardo a questa casa, loro cercano sempre di cambiare discorso. Un giorno, mentre stavo giocando, il pallone finì dentro la staccionata della villa, mi feci coraggio e suonai il campanello. C'era scritto qualcosa, ma non riuscii a leggere perché la scritta


era stata rovinata dalla pioggia. Poi, ad un certo punto, sentii un cigolio, la porta si era aperta. Ne uscì fuori un uomo. Era basso e stava zoppigando, poi cominciò a parlare:” Cosa vuoi?” mi chiese in tono sgarbato. “Mi è caduto il pallone nel suo giardino” risposi io. Lui si chinò per raccoglierlo. Diedi una sbirciatina all'ingresso per osservare l'interno. C'era una lunga scalinata, solo questo riuscii a vedere. Poi tornai a casa. La notte mi girai e rigirai nel letto, mi venivano per la testa immagini di creature spaventose che mi mettevano i brividi. Decisi di andare alla finestra e di guardare le stelle, ma il mio sguardo andava sempre a quella strana dimora. Vedevo delle ombre che sembravano mi stessero guardando.


L'ansia mi fece diventare il respiro affannoso e, con il cuore che mi batteva all'impazzata, decisi una volta per tutte di andare a coricarmi. Lo stesso accadde la seconda notte. Ma la terza, decisi di andare a vedere che cosa nascondeva quella casa misteriosa. Mi coprii per bene e, con una torcia in mano, mi avviai al lato opposto della strada. PiĂš mi avvicinavo e piĂš sentivo rumori cupi che mi avvolgevano. Finalmente mi trovai davanti alla staccionata, la scavalcai e atterrai al lato opposto. La terra era molto morbida, si sprofondava, poi guardai e non ci volevo credere: c'erano dei... dei.... dei cervelli! Cercai di urlare ma mi trattenni. Mi feci coraggio e bussai alla porta che, con il suo solito cigolio, si aprĂŹ. C'era ancora quell'uomo che in tono


sgarbato mi chiese:” Cosa vuoi?” Mi inventai una scusa:” Potrei usare il bagno?” Evidentemente non si ricordava di me perché mi fece entrare. Continuavo a girarmi attorno facendo luce a tutto, c'erano delle ombre che mi stavano guardando, l'uomo si girò di scatto e, i suoi occhi color rubino mi fissarono a lungo. Poi si spalancarono delle fauci con dei lunghi canini appuntiti e sporchi di sangue. Ancora una volta non riuscivo a respirare e caddi a terra. Prima di svenire, però, sapevo che la mia vita era arrivata al limite. E tutto fu buio.


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