MOOB Magazine / Issue No.10

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Editor & Creative Director_ Mattia Attanasio

Art Director_Vincenzo Del Vecchio Photo Editor_Giuseppe Morales Marketing & Advertising Director_Giuseppe Granata Graphic Studio Direction_Francesco Caricati

Editorial Cordinator_Francesco Li Volti Editorial Content Manager_Fabrizio Pinci

Redazione

Francesco Li Volti, Fabrizio Pinci, Chiara Pizi, Vittoria Pinto, Noemi Gesuè, Andrea Di Giorgio, Flavio Russo, Martina “Liz” De Santo, Sara Esposito, Ilaria Pesenti, Leonardo Ciccarelli.

Illustratori Francesca Pannone, Lorenza Bruno, Vincenzo Del Vecchio, Pasquale Angerame, Valerio Scarpitti, SistoAntonio Amato

WWW.MOOBMAG.COM moob@moobmag.com Copyright © 2014 MOOB magazine inc. All rights reserved.Reproduction in whole or in part without permission is prohibited. The name MOOB magazine and the logo, there off are registred marks. 4


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ANNA PERROTTA GIUSEPPE COTUGNO DAVIDE SOL SARA CENCETTI ALBERTO RODRÌGUEZ

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8what about? Food porn Chiara Pizi

10 Shameless

Da Bertone a Zerocalcare passando per star Wars Sarah Galmuzzi

12 Netflix

La nuova era dello streaming Vittoria Pinto

24 Virgil Abloh

16 Ruby Rose

il burattinaio di Mr. Kanye West made in Los Angeles. Martina Liz De Santo

La cattiva ragazza australiana

Noemi Gesuè

INDICE 6

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Perchè tutti vogliono Supreme? Fabrizio Pinci


20 La filosofia di Asap Rocky! Fabrizio Pinci

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New generation Coldplay Flavio Russo

#9 sett/ott

42 34 Star Wars Hello, it’s 45 milioni di sterline al giorno.

Episodio VII

36 Rick Genest:

46 Jiro: il sushi è arte

Chiara Pizi

Non Chiamatemi “Zombie Boy”

Andrea Di Giorgio

Federica Mandara

Francesco Li Volti

32 H&M e Co.

le collaborazioni di lusso Chiara Landi

40 50 Sfumature di Joker

Francesco Cotugno

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“Food porn”: mangiare con gli occhi, e giocarsi il resto degli organi. Chiara Pizi

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i ricordate quando per conoscere le ultimissime tendenze bisognava assistere ad una sfilata di moda, sentire il parere di quell’importante critico, oppure osservare il comportamento delle star sbattuto in prima pagina? I tempi sono cambiati, amici miei; ormai, per scoprire che cosa va di moda non serve molto impegno: non devi fare altro che barcamenarti tra filtri, tag e hashtag ! Di cosa sto parlando? Non giocate agli intellettuali con me! Sappiamo tutti che queste paroline magiche non hanno altra funzione se non quella di sventolarci davanti al naso il comportamento in voga al momento, e tutto a portata di pollice! Ormai, se hai uno smartphone, puoi venire a conoscenza di tutti gli atteggiamenti che è necessario che tu osservi, se vuoi ricevere l’approvazione della comunità social. Grazie ad una connessione Internet hai l’opportunità di sapere se, in quel periodo dell’anno, è più appropriato pubblicare su Instagram una fotografia del tuo gatto o una delle tue gambe sullo sfondo di un paesaggio marino; se è necessario versarti addosso un secchio d’acqua per supportare

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la ricerca oppure se è meglio solidarizzare con le vittime degli attacchi terroristici, se dopo aver fatto sesso è meglio una sigaretta o un selfie, se uno scatto all’interno di un Hard Rock Café è ancora trend, oppure se il finto disinvolto devi farlo con in mano un bicchiere di Starbucks! Insomma, non abbiamo nemmeno il tempo di domandarci quale sia l’orientamento modaiolo in vigore che subito vi ci catapultiamo dentro! E, ultimamente, ho notato che, appena effettuo l’accesso su di un social network, non faccio altro che precipitare in pietanze e leccornie varie ed eventuali. Crepes traboccanti di cioccolata, ripieni con dieci strati di salumi, panini che racchiudono hamburger dallo spessore vertiginoso, sandwich conditi di formaggi di tutti i tipi, torte di ogni misura e ricolme di creme dalla svariata provenienza, pizze che più grandi c’è solo uno stadio e coppe di gelato all’ultimo trigliceride. E’ inevitabile chiederci che cosa passi per la testa dei nostri amici: e non ci vuole molto per capire che non gli è presa nessuna passione per la nouvelle cuisine, o un improvviso raptus di mettere al corrente il prossimo del loro pranzo. Si stanno semplicemente attenendo alla novità del momento, il tormentone #foodporn.


Non sto parlando di strampalate pratiche sessuali che hanno come protagonista il cibo; mi riferisco alla condivisione spasmodica di fotografie con soggetto gli alimenti più disparati. L’hashtag #foodporn può accompagnare gli scatti di pietanze preparante dai maestri del gourmet; può essere applicato alle foto di chi si è improvvisato chef nella propria cucina, oppure immortalare l’utente un secondo prima che impugni forchetta e coltello! E non importa l’origine delle vivande, non importa la quantità, non importa il prezzo; è necessario soltanto che nella foto risultino succulente al punto da farti assalire dalla voglia di tuffatrici sopra senza ritegno. La scelta dell’appellativo “foodporn” non è infatti un caso; alla vista di prelibatezze presentate in modo così seducente, si innescherebbe in chi lo guarda un desiderio del tutto simile all’impulso sessuale. E se si tratta di condividere sporadicamente con gli amici l’ammirazione per una cenetta prelibata, fin qui tutto normale e sano. La problematica sorge nel momento in cui la pubblicazione di foto di alimenti appetitosi, ma sempre più grassi e calorici, assuma caratteri di compulsività, con effetti inaspettati quanto gravissimi. Studi recenti hanno infatti dimostrato che trovarci quotidianamente dinanzi ad immagini di manicaretti da colesterolo alle stelle attiverebbe nel

nostro cervello uno stimolo a soddisfare la fame in maniera molto più abbondante del necessario. Si chiamerebbe “fame visuale” quella che ci pervade quando visualizziamo su di uno strumento digitale una ghiottoneria di qualsiasi genere; e non importa quanto ci possiamo sentire consapevoli delle nostre azioni, vorremo appagarla istantaneamente. Per farlo, poi, ci accontenteremo di cibo spazzatura, poiché più facilmente reperibile; contraddicendo tutti i dettami firmati Expo, davanti ai cui stand tanto ci piace fare i selfie. Non è allora una sorpresa che questo fenomeno vada ad incrementare i casi di obesità e di disturbi alimentari; e non lo è nemmeno che venga sapientemente sfruttato dalle multinazionali per accalappiare clientela in proporzioni sempre maggiori, noncuranti delle conseguenze. Come arginare il fenomeno? Ricordandoci che la sfrenata messa in vetrina della meraviglia della propria vita sui social è il più chiaro segnale di insoddisfazione interiore. Se sono così perdutamente innamorato, passo il mio tempo con la persona che amo, non a fare selfie; se ho così tanta fame, e non voglio semplicemente dimostrare come sono spensierato al ristorante, non lascio il piatto si freddi. Come agire perché la frustrazione non ci coinvolga, per uscire vivi dalla guerra all’ultimo falso sorriso? Condividere di meno, e vivere di più.

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S H A M E L E S S Sarah Galmuzzi

Da Bertone a Zerocalcare passando per Star Wars

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i può racchiudere un anno in una manciata di battute? No. Però ci si prova. Almeno a raccontarne per suggestioni assolutamente semiserie i momenti più rappresentativi, quelli per i quali, forse, lo ricorderemo. Mancano all’appello -naturalmente per ragioni di spazio- rivoluzionarie notizie scientifiche come quella che ci spiega perché i peni dei nostri fidanzati sono sensibilmente più corti di quelli dei loro nonni. Mancano altresì i ricordi di un anno molto doloroso, e quello perché si prova a sorridere sempre (nonostante quella faccenda dei peni, naturalmente). Mancherà sicuramente tanta altra roba, ma se volete mandatemi due righe, a gennaio si recupera. Attico. Quello di Tarcisio Bertone, naturalmente. Grazie al cardinale emerito scopriamo che in un appartamento di 300 mq che gratta il cielo, ci si può sentire incredibilmente vicini a Dio. 10

Banksy, icona contemporanea senza volto, ci regala Dismaland, un parco a tema angoscia, l’unico che non fa rimpiangere di essere stati bambini. Rigorosamente vietato ai minori di 18 anni. Ciaone è l’hastag dell’anno. La conferma che dall’invenzione della stampa a caratteri mobili ad oggi, potevamo solo peggiorare. L’Accademia della Crusca ha un moto di viscere: c’era da aspettarselo prima o poi. Dario Fo, nobel per la letteratura nel 1999 dichiara di voler lasciare il suo immenso archivio -mezzo secolo di scritti e locandine- alla gelidissima Svezia. Che con tutto quel freddo si conservino meglio? Emoji, il giallino che ride fino alle lacrime rappresenta secondo la Oxford University, gente che ne sa, l’umore del 2015 appena trascorso. Cosa ci sia esattamente da ridere, però, ancora non è molto chiaro. Food è il tema che domina l’Expo, l’evento dell’anno che prometteva di sfamare il pianeta. La fiera


milanese ha restituito all’Italia –almeno per qualche mese- una credibilità da spendersi anche oltreoceano. Isole comprese. Google ci regala dal primo settembre un font tutto nuovo. Una scelta riuscitissima che ci fa immediatamente dimenticare il precedente. Il motore di ricerca che deve il suo nome ad un moccioso novenne cambia faccia. Ed è molto più carino. Halloween ha in serbo un colpaccio per gli amanti dei Simpson: Bart viene ucciso da un vendicativo Telespalla Bob. Ma, come nella migliore tradizione dei film gialli –e l’aggettivo non è usato a casoil morto non è mai morto. Insetti, fortunatamente abbastanza morti, vengono di diritto inseriti nella nostra alimentazione, arrivano sulle nostre tavole, guarniscono i nostri piatti. Dice, scusa, ma quando ti mangi i gamberi con tutta la buccia non è la stessa cosa? No. Lorenzo –Jorge- vince il Moto GP. Una competizione che passerà alla storia per il politically scorrect. Valentino Rossi e Marc Marquez se le danno di santa ragione, ma alla fine tutto finisce a tarallucci, milioni di euro, e vino. Moira degli elefanti, la regina dei circhi, un culo poderoso esposto al Guggenheim ci lascia dolcemente portandosi nella tomba il mistero di cosa si nascondesse sotto il suo toupè. Gli animalisti esultano. Nobel per la pace 2016: da Caterpillar, la gustosissima trasmissione di Radio2 parte un’insolita candidatura. La bicicletta: economica, ecologica, democratica. Insomma, pedalare per resistere. OMS. L’organizzazione mondiale della sanità avvia una vera e propria campagna terroristica mettendoci in guardia da carne rossa, pomodori, caffè, olio, pinoli. Cioè pure i pinoli. Un attentato in piena regola, alla salute mentale naturalmente.

Che ci sia dietro la lobby dei respirariani? Peanuts che sbarcano al cinema. Grandi grandi e non fanno per niente ridere. I bambini non ne colgono il senso, i grandi rimpiangono il guizzo del caro vecchio Sparky. Morale della favola: ai figli di Schulz ci piacciono i soldi. Quarant’anni fa la morte di Pier Paolo Pasolini. Considerato uno dei maggiori intellettuali italiani ci lascia una mole considerevole di scritti di cui tutti, grazie ai social network, siamo in grado di snocciolare titoli e massime. Reggiseno perfetto? Te lo consiglia lo scanner. Ad Hong Kong i grandi magazzini piazzano dietro gli specchi sofisticati body scanner che ti palpano virtualmente le tette consigliandoti la lingerie più adeguata. Polcelloni tle punto zelo. Star Wars capitolo 7. I fan della saga si sono attrezzati già da luglio con spade laser ed elmetti rinforzati fuori ai cinema. Ci saranno sempre le scimmie? Sì. E pure Harrison Ford, che tiene ancora meravigliosamente botta. Terra gemella. Scoperto un pianeta del tutto simile alla terra che gira attorno al sole e pare avere caratteristiche abitabili. Parte il conto alla rovescia per spedirci suocere, portinai e operatori di call center. Naturalmente con biglietto di sola andata. Universitari di tutto il mondo, unitevi: nasce la Siffredi Hard Academy, l’università del porno ideata e creata dal più grande attore del mondo dell’hard italiano. Studiare non è mai stato così eccitante. Volkswagen trucca i test sulle emissioni e immette sul mercato milioni di auto eco-incompatibili. L’irreprensibile Germania è sul banco degli imputati: quando si dice la macchina del fango. Zerocalcare, il fumettista amatissimo e vibrante è candidato al Premio Strega. Dopo Gipi nel 2014, il fumetto torna a far rima con letteratura.

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l a n u o v a e r a d e l l o s t r e a m i n g

I l c o l o s s o d i s e rv i z i st r e a m i n g a r r i va i n i ta l i a c o n u n a va st i t Ă d i s e r i e t v , f i l m e d o c u m e nta r i ( p r o d o t t i d a l l o st e s s o N et f l i x ) dav v e ro i nv i di a b i l i .

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Quando nacque nel 1997, la società scorso Netflix è atterrato in Italia, con un cataloamericana chiamata Netflix offriva go di contenuti ancora un po’ limitato per i gusti un innovativo servizio di noleggio sofisticati dei fiction-addicted; ma va giorno dopo via internet di DVD e videogiochi giorno ampliandosi con ultimissime uscite, inteche sfruttava il corriere postale per grate fin dal 2011 da autoproduzioni originali di la distribuzione e la restituzione. In pochi click si altissimo livello – si pensi al successone di House poteva sottoscrivere un abbonamento e noleggiare of Cards, in Italia un’esclusiva Sky ma prodotta film che arrivavano direttamente a casa propria, proprio da Netflix, e serie tv attesissime come Dagoderseli comodamente sul divano e poi rinviarli redevil con la Marvel, e Narcos. Le opzioni di letteralmente al mittente. La piattaforma era co- abbonamento soddisfano le varie richieste della nosciutissima negli Stati Uniti e andava già forte clientela: sono tre le fasce di prezzo, che dipenquando, poco più di dieci anni dopo, la società dono in primo luogo dalla qualità audio e video e decise di rivoluzionarsi; il servizio diventò fruibile dalla velocità di riproduzione del filmato, e in più direttamente online, il primo di streaming a pa- anche dal numero di dispositivi da cui è possibile gamento, on-demand e illimitato. Nel giro di altri accedere contemporaneamente al servizio. C’è da sei anni, gli abbonati al servizio di Netflix sono dire comunque che i prezzi variano di poco e sono aumentati vorticosamente in tutti i continenti, decisamente contenuti per quello che Netflix proraggiungendo attualmente circa i 70 milioni. Il pone di offrire. Non è difficile quindi capire perchè servizio online permette la sottoscrizione di un in pochi anni stia scalando la vetta per diventare abbonamento con un account completamente la prima pay-tv online europea; vasto ventaglio di personalizzabile, grazie a cui la stessa piattaforma scelte, possibilità di personalizzare i propri consuimpara a conoscere i nostri gusti e a proporci nuo- mi, completa autonomia di utilizzo, nessun canavi contenuti sulle basi di quello che ci interessa di le, solo la vostra richiesta nel momento esatto in più. Non è possibile la fruizione in modalità offline cui la richiedete. E questo grazie al suo piccolo per cui è sempre necessario segreto, la struttura dei serun collegamento internet, i ver Netflix che codifica fino GRAZIE AL SUO contenuti non possono essea 120 volte lo stesso titolo re scaricati e conservati, ma PICCOLO SEGRETO, prima di distribuirlo in rete, l’on demand ci permette di raggiungendo una molteplicità di codifica ai massimi stoppare e ricominciare a LA STRUTTURA DEI storici. Cosa chiedere di più vedere i video anche su al- SERVER NETFLIX tri dispositivi personali per alla tua tv? CODIFICA FINO non perderne neanche un minuto. Sembrerà di star A 120 VOLTE LO Vittoria Pinto guardando un un blu-ray disc più di quanto ci si pos- STESSO TITOLO PRIsa immaginare: contenuti MA DI DISTRIBUIRLO IN esclusivi, lingue originali ALL DRAGONS e formati audio e video di RETE, (2015-in corso) ultima generazione. Grazie RAGGIUNGENDO al Binge Watching, tutte le stagioni delle serie tv pre- UNA MOLTEPLICITÀ DAREDEVIL senti nel catalogo multi(2015-in corso) DI CODIFICA AI mediale di Netflix sono già concluse, per cui non sarà MASSIMI STORICI. DUEÑOS DEL PAdifficile rimanere incollati RAÍSO allo schermo per ore intere guardando un episodio dietro l’altro. Netflix è di- (2013-in corso) sponibile su tutte le tipologie di device fissi e portatili, e molte tv sul mercato sono già predisposte EL SEÑOR DE LOS CIELOS per l’installazione del programma. Il 22 ottobre (2015-in corso) 14


GRACE AND FRANKIE (2015-in corso)

HEMLOCK GROVE (2013-2015)

HOUSE OF CARDS GLI INTRIGHI DEL POTERE (2013-in corso)

JESSICA JONES (2015)

LILYHAMMER (2012-2014)

SENSE8

(2015-in corso)

TURBO FAST (2013)

UNBREAKABLE KIMMY SCHMIDT

(2015-in corso)

VEGGIETALES IN THE HOUSE (2014)

WET HOT AMERICAN SUMMER: FIRST DAY OF CAMP (2015-in corso)

MARCO POLO (2014-in corso)

NARCOS

(2015-in corso)

ORANGE IS THE NEW BLACK (2013-in corso)

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RUBY ROSE : LA CATTIVA RAGAZZA AUSTRALIANA.

Dalle passerelle al piccolo schermo. Ascesa e controversie del nuovo volto e icona gay del momento. 16


“Quando sei una modella c’è sempre qualcosa di in tiro e lei indossava i pantaloni della tuta, un mate che vogliono cambiare. Vogliono qualcuno di glione e delle Converse sporche. Non era come più magro, di più alto, di più bello. Invece MTV quando hai davanti una donna in un abito da sera vuole che tu sia te stesso”. L’idillio tra Ruby Rose, e la trovi incredibilmente elegante. Eppure, ho modella ventinovenne australiana e bellissima, e pensato, “oh mio Dio, devo sposarla. Chi è?” Persl’ente televisivo musicale per eccellenza, va ormai onalità eclettica, versatile e brillante, Ruby trova avanti da anni. E ’ solo il 2009 quando Ruby parte- finalmente il suo posto come VJ del piccolo schercipa ad MTV News e MTV’s The Lair, program- mo e volto principale di MTV ,fino a vincere il mi che la portano ad intervistare personaggi di premio australiano ASTRA Award come miglior spicco sulla scena musicale e le permettono di met- personaggio femminile dell’anno (complice anche tersi in luce come conduttrice e intrattenitrice. E’ il viaggio in Kenya, lo stesso anno, con lo scopo di frizzante, spigliata e magnetica; conquista il pub- insegnare l’inglese nelle scuole africane). Ma MTV blico australiano e diventa un vero e proprio idolo e l’Australia sono solo un trampolino di lancio in per teenagers e giovanissimi. E come dimenticare direzione della Grande Mela, dove registra Ruby il suo ruolo di co-presentatrice a Milano durante Rocks New York, in occasione degli MTV Video gli MTV EMA 2015, in compagnia del talentuoso Music Awards. Il 2010 è un anno particolarmente Ed Sheeran? M a prima di MTV, prima di Ameri- proficuo, che la vede nel ruolo di commentatrice, ca’s Next Top Model, prima di Orange is the new assieme a Michael Bublè, alle Olimpiadi invernablack, chi era Ruby Rose? Ruby nasce in Australia li di Vancouver, inviata dall’ente televisiva Foxtel, nel marzo 1986 da una ragazza madre. I continui ed è sempre il 2010 che la vede designer di una linea di abbigliamento in spostamenti e le insicurezcollaborazione con il noto ze che accompagnano ogni Un tempo avrei voluto marchio australiano Milk cambio d’età portano Ruby essere maschio. and Honey. Ruby ha ormai a trasformarsi in un’adoVolevo operarmi. accantonato definitivamenlescente introversa e continuamente bullizzata dai Oggi invece scelgo te la carriera da modella compagni di scuola. Ruby che l’aveva portata alla riracconta in molte interviste a che genere appartenere balta nel 2002 e si dedica di aver subìto violenze ver- ogni mattina alla moda, alla musica e alla bali e fisiche che l’avrebberecitazione. Diventa famoro perfino portata al ricovero in ospedale all’età sissima anche in Italia per la sua partecipazione di 16 anni. Abiti da rocker, capello sbarazzino, al telefilm Orange Is The New Black, dove intertrucco marcatissimo. Ruby fa di tutto per vestire preta il ruolo di Stella, una carcerata buddista e un look androgino che le calza a pennello, e che di origine australiana, personaggio che viene innon snatura la sua femminilità ferina ed aggressi- trodotto nella terza stagione. Un’artista poliedrica va; “ho sempre saputo di essere lesbica, anche alla e versatile, una donna femminile e trasgressiva. scuola primaria. Sapevo di non essere interessata Ruby Rose è ironicamente diventata la punta di ai ragazzi, mentre provavo qualcosa per le donne. diamante di una rete, MTV, che fino agli anni ’80 Quando ho iniziato le superiori e l’ho detto a mia “preferiva” censurare i videoclip di cantanti di comadre, lei ha semplicemente risposto ‘Lo so, l’ho lore. Ricordiamo che nel 1983 Michale Jackson sempre saputo. Un tempo avrei voluto essere ma- faticò ad entrare nella playlist dei video di MTV, schio. Volevo operarmi. Oggi invece scelgo a che e in quegli anni l’ente televisivo si è spesso dovuto genere appartenere ogni mattina”. Icona nella co- difendere da gravi accuse di razzismo. Se le cose munità LGBTQ , oggi Ruby è felicemente fidan- sono, ad oggi, in un certo senso cambiate, è prozata con la stilista Phoebe Dahl, e la loro coppia prio perchè la presenza di questi personaggi unici, è una delle più amate al mondo. Phoebe racconta sul grande e piccolo schermo, ci dona quel pizzico di aver conosciuto Ruby ad un barbecue tra ami- di sale che ci fa sentire vivi. Mentre i bulli omofobi ci e di essere stata colpita dalla sua passione per sono sempre più presenti sui divani delle loro case, gli animali –sono entrambe animaliste convinte seduti a guardare impassibili il mondo che cambia NdR- oltre ad averla trovata bellissima. R uby dal e si evolve. Senza di loro. canto suo confessa; “È stato sicuramente amore a Noemi Gesuè prima vista. E la cosa divertente è che io ero tutta 17


Perchè tutti vogliono Supreme? La storia e i segreti del successo del brand di streetwear piÚ forte del momento.

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Lo streetewear si è affermato in modo sempre più netto negli ultimi anni. Soprattutto grazie all’affermarsi dell’hiphop come main social culture i nuovi personaggi pubblici supportano questa cultura di strada che negli anni ‘90 era considerata degli emarginati. Tra la miriade di brand che stanno esplodendo senza dubbio il migliore è Supreme New York di James Jebbia, un vero e proprio culto dello streetwear. Ma da dove deriva tutto questo successo? Il primo store Supreme apre a New York, più precisamente in Lafayette Street a Manhattan, nel 1994. La caratteristica più importante era il modo in cui fosse arredato. I capi disposti sulle pareti laterali e al centro un grande spazio libero così che i giovani skater potevano entrare nello store senza scendere dalla tavola. Tutto è nato così, dall’unione della passione per i vestiti e l’appartenenza ad una cultura giovane e dall’enorme potenziale. Il marchio, dalla caratteristica scritta bianca su fondo rosso, si ispira all’arte propagandistica di Barbara Kruger. Con la sua semplicità e il suo immediato impatto, è riuscito a radicalizzarsi con una velocità incredibile, diventando un vero e proprio simbolo, come ad esempio l’opera di Obey. James Jebbia è molto polemico verso la miriade di definizioni che vengono date al suo lavoro. Nelle sue poche e rare dichiarazioni ai giornali la parola che più viene citata è Qualità. Qualità del lavoro, dei materiali, delle idee. Definire Supreme come un semplice brand per ragazzi che fanno skate è davvero un insulto a tutto ciò che esso rappresenta. Jebbia ha voluto trasportare nel tempo quella cultura alla quale lui e tanti altri appartenevano. La musica, l’arte, la ribellione, gli slogan, tutto è concentrato in Supreme. Come lui stesso afferma, i propri shop sono il luogo dove gli uomini possono mostrarsi “cresciuti” pur restando fedeli alle loro origini. Non si vendono vestiti, si vende un pezzo della propria vita, un pezzo di storia. Prima, quando esisteva il solo store di New York, indossarne un capo significava far parte della città, smettere di essere estraneo e integrarsi in un

mondo completamente nuovo. Numerose sono state le partecipazioni dei più diversi artisti come Rammellzee, Larry Clark, Richard Prince e fotografi e designer come Futura 2000, Adam Kimmel, Jean-Michel Basquiat. Inoltre Supreme è famosa per le tante collaborazioni con i marchi più importanti i quali Nike, Air Jordan, Vans, Clarks, The North Face, Playboy, Levi’s, Timberland, Comme des Garçons. Dietro questa mentalità c’è una brillante idea di business. La Supreme è una di quelle imprese che attuano il cosiddetto guerrilla marketing. Le collezioni vengono rilasciate tramite diversi drop, in edizione strettamente limitata. Questo termine, però, non piace molto a Jebbia poiché a detta sua il motivo principale dei drop limitati è “evitare di lasciare in magazzino roba che nessuno vuole”. In realtà questa tattica ha reso i capi Supreme una vera e propria rarità, e ciò che è raro affascina ed è voluto. Le sue collezioni sono diventate i nuovi IPhone: molte persone fanno la fila per intere notti, campeggiando davanti ai soli nove store in tutto il mondo. Lo shop online, quest’autunno, è andato sold out in meno di un minuto. Tutto ciò ha portato alla nascita di veri e propri affari, infatti molti cercano di entrare in possesso dei pezzi più rari per poi rivenderli a 4-7 volte il prezzo originale. Ad esempio una felpa che nel negozio si trovava a 300$ si rivende online per 700-900$. Pur diventando un prodotto di fama mondiale, il brand Supreme New York tiene comunque fede alla vision iniziale di Jebbia, e pare che non abbia intenzione di distaccarsene. Qualità prima di tutto, chi indossa Supreme indossa una cultura, una città, una storia.

Non si vendono vestiti, si vende un pezzo della propria vita, un pezzo di storia

Fabrizio Pinci

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L A F I LO S O F I A D I A $ A P R O C K Y I L

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T E R Z O

M I L L E N N I O

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I M M A G I N AT E D I C R E S C E R E N E L L’ H A R L E M D E G L I ANNI ’90. DROGA, OMICIDI E DISCRIMINAZIONE R A Z Z I A L E E R A N O A L L’ O R D I N E D E L G I O R N O , U N L U O G O I N C U I I L S I G N I F I C AT O D I N O R M A L I T À V I E N E C O M P L E T A M E N T E S T R AV O L T O . N O N D E V E E S S E R E FA C I L E P E R U N G I O VA N E R A G A Z Z I N O N E R O C R E S C E R E L Ì , N É TA N T O M E N T O U S C I R N E , S O P R AT T U T T O S E I T U O I G R A N D I E S E M P I ( PA D R E E F R AT E L L O ) C I S I S O N O FAT T I R I S U C C H I A R E F I N O NEL PROFONDO.

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ualcuno però ce l’ha fatta, stiamo parlando di Rakim Meyers, meglio conosciuto dal grande pubblico con lo pseudonimo di A$AP Rocky. Rapper, attore, produttore musicale e icona fashion. Nel giro degli ultimi cinque anni Rocky ha avuto un’ascesa incredibile, passando dalle case popolari di New York ai grandi alberghi a cinque stelle. Fortuna? Decisamente no, ciò che lo contraddistingue è una personalità unica, di quelle che al primo sguardo capisci subito che sia destinato a qualcosa di grande. La sua infanzia non è stata di quelle che i bambini meritano. Rakim (in onore del leggendario rapper), quando aveva solo 13 anni perde il padre, arrestato per spaccio di droga, e il fratello maggiore, anch’egli spacciatore, ucciso in un agguato. Non gli resta che la giovanissima madre e la sua musica, con la quale era entrato in contatto quando aveva otto anni. I lavori e le sistemazioni scarseggiano, soprattutto per una giovane madre sola col suo bambino, quindi sono costretti a girare tutti i centri d’accoglienza di Manhattan, cambiando letto quasi ogni settimana. In tutti i modi A$AP ha cercato di aiutare la madre, anche provando ad entrare in quel mondo che meschinamente si era portato via il padre e il fratello. C’era un problema, però. Rocky aveva un viso troppo pulito, troppo bello ed in più vestiva bene, non era utile agli spacciatori. Gli anni successivi sono stati completamente dedicati alla musica, unico rifugio da quella continua battaglia che era la sua vita. Il 2005 è un anno importantissimo poichè entra in contatto con una 22

L E PI Ù I M PO RTA NTI M A I S O N L O CE R CA NO CO M E PR O PR I O TE S TI M O NI A L . NE L L A M U S I CA, CO M E NE L L A V I TA , H A U N A S PE TTO M A NI A CA L E PE R L’ E S TE TI CA E I DE TTA GL I . L A S U A È L A CL A S S I CA S TO RIA DE L GE NI O A RTI S TA . CR E S CI U TO A D H A R L E M , DA S O L O CO N L A M A DR E , CO M I NCI A A S CR I V E R E V E R SI A L L’ E TÀ DI O TTO A NNI PE R DI S TR A R S I DA Q U E L M O NDO CRIMINALE CHE LO CIRCONDAVA. una figura che sarà per sempre centrale nella sua vita, Steven Rodriguez (in arte A$AP Yams), colui che ha spinto Rocky al successo al quale è oggi arrivato e fondatore della crew A$AP Mob. Nell’ Ottobre 2011 esce il suo primo mixtape Live. Love.A$AP., grazie al quale riscontra un notevole successo, tale da firmare un contratto di due anni per 3 milioni di dollari con RCA Records e Polo Ground Music. Oltre al suo contratto discografico Rocky fonda una sua Label, chiamata A$AP Worldwide insieme ad A$AP Yams. Nel giro di quattro anni la sua ascesa ha raggiunto livelli inimmaginabili, rendendolo uno dei personaggi pubblici più in voga del momento. Con il


suo ultimo album At.Long.Last.A$AP ha confermato le sue doti di artista su più fronti, come per esempio quello di talent scout. Nella maggior parte dell’album sono, infatti, presenti collaborazioni con un giovane musicista inglese, Joe Fox, che Rocky ha scoperto tra le strade di Londra, mentre questi suonava la chitarra in cambio di qualche spicciolo. La sua musica si caratterizza per temi strettamente personali. La sua Harlem non è mai stata dimenticata, e quelle notti nei centri d’accoglienza hanno formato un carattere forte e determinato. Più di una volta viene citata e raccontata la vita nel suo quartiere, a volte con immagini davvero raccapriccianti come quella cantata nel brano Pharsyde, nella quale il movimento dei corpi dei ragazzi appena uccisi viene paragonato all’ Harlem Shake. Dalle strade si passa poi al lusso e al successo. Soldi, fama e viaggi intercontinentali. Altri temi fondamentali sono le donne, le droghe e la moda. Rocky è uno degli artisti con la platea femminile più ampia ed il suo rapporto con l’altro genere è caratterizzato da continui alti e bassi. Rappresenta appieno il moderno Don Giovanni, pronto ad innamorarsi e corteggiare ma che facilmente perde interesse e stimoli nello stare con la stessa persona. Accanito sostenitore della marijua-

na, dice di aver provato tutte le droghe esistenti, tranne la cocaina. Spesso citata è l’LSD e i diversi acidi, che gli danno ispirazione nello scrivere, così come le donne. I due temi vanno sempre a braccetto. La questione moda se la porta indietro da bambino, lo sappiamo. Negli anni ha stretto amicizia con i più grandi e innovatori stilisti americani, come Alexander Wang e Rick Owens, affermandosi presto come una vera e propria icona di stile. Recentemente è diventato testimonial per Dior, indossando in anteprima tutti i capi della maison. Il suo gusto nel vestire sembra non avere confini. Non esistono dresscode, va dal pantalone largo e felpa fino ad uno smocking con mocassini, sembra che tutto gli stia bene e sia fatto apposta per lui. Tempo fa ha detto di non seguire dettami, cerca di abbinare i capi di diverse firme per creare un connubio armonico totalmente personale. Questo amore per la moda non è però mirato ad alcun tipo di ritorno economico, ma per semplice amore della bellezza. Una vita da vero e proprio dandy! Fabrizio Pinci

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VI R G I L

ABLOH

I L B U R A T T I NA I O D I M R . K a N Y E W ES T M A D E I N LO S A N G EL E S .

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L

o stilista americano che veste il mari- usurate dal tempo. Trovo della bellezza in ciò. Ma to di Kim Kardashian oramai detta la vengo da una cultura che preferisce le cose pure, moda anche in tutta Los Angeles e di incontaminate. Il mio lavoro è fondere questi due conseguenza in tutti gli States. E ades- opposti e cercare di creare qualcosa di nuovo.” Con so sta arrivando in Europa... Nasce nel queste parole, Virgil commenta le sue creazioni. 1980 a Rockford, Illinois. Dice che la sua casa è Uno stile nuovo che parte dalla rivisitazione di Chicago ma Virgil Abloh non sta un attimo fermo qualcosa di vecchio? Sembra tutto molto bello ma e di case ne ha una in ogni parte del mondo. Lau- anche già visto e già sentito. Però - c’è un però - a reato in ingegneria, ha ottenuto un master in ar- Virgil il merito di avere delle idee non da “merchitettura alla Illinois Institute of Technology nel catino dell’usato” ma da boutique a cinque stelle. lontano 2003. Lì non ha solo appreso le maggiori Una linea sportiva, dinamica, divertente adatta a informazioni sul design ma ha anche scoperto il tutti, progettata per tutti. Uno streetwear salato concetto di lavoro in collaborazione, studiando che piace, insomma. Lo scorso anno è stato anche con il più grande director di Bauhaus, Mies Van nominato - come se tutto il successo già ottenuto der Rohe, nel campus da lui progettato (“That was non fosse sufficiente - per il prestigioso LVMH Prilike church to me” - “Era come una chiesa per ze 2015 ed, insieme a Craig Green, ha rappresenme” lui stesso ha dichiarato). Tra le 25 persone più tato lo streetwear principalmente al maschile in potenti dello streetwear, Abloh è il direttore crea- mezzo a una caterva di personaggi del fashion sytivo di Kanye West, ha una sua galleria d’arte da stem al femminile. Purtroppo, il 22 maggio scorso mandare avanti e una sua label, la Off-White (che, alla Fondazione Luis Vuitton, la giuria ha puntato tra l’altro, è di stanza qui in Italia, a Milano per tutto su Marques’ Almeida e a lui sono stati conseesattezza), ma di tempo sembra averne ancora in gnati i 300mila euro in palio e le chiavi per il lanabbondanza per poter ispirare le nuove generazio- cio della propria etichetta nell’Olimpo dei grandi ni di ragazzi allergici al desk job. Riguardo al suo marchi di moda. Certo, Abloh non può lamentarsi lavoro per West, poche incertezze: le linee studia- del ruolo svolto durante gli LVMH 2015: trovasi te, il rapporto con il corpo e con i tessuti non sono tra gli 8 prescelti è sicuramente motivo di vanto per chi fa della moda il certo da pivellini. Abloh sa il fatto suo e Kanye A V I R G I L I L M E R I T O suo mestiere e per chi fino a ieri era pressapWest non poteva trovare un alleato migliore D I A V E R E D E L L E I D E E poco l’ombra di qualper la sua label. Mentre N O N D A “ M E R C A T I N O cun altro. Virgil Abloh la Off-White, che porè pronto al lancio: da ta la firma esclusiva di D E L L ’ U S A T O ” M A D A burattinaio diventa priAbloh, è tutta un’altra mo attore. E con ottimi B O U T I Q U E A C I N Q U E faccenda. Altro non è risultati. che la continuazione di S T E L L E un altro lavoro, Pyrex Martina Liz De Santo Vision, una linea lanciata nel dicembre del 2012. Nel 2012, Virgil Abloh altro non era che un emergente ma la sua linea era già sold out grazie all’attenzione dei più prestigiosi grossisti. Nonostante le critiche, al lancio della sua ultimissima collezione una cosa era certa: un nuovo bruciante sold out che ha lasciato tutti senza parole. Può essere che il rapporto con rapper del calibro di Kanye e A$AP Rocky abbiano aiutato i primi passi da solista di Virgil Abloh? Non si riesce a definire dove finisca l’aiuto di Kanye per Abloh e dove cominci ciò che Virgil Abloh ha fatto per il Signor Kardashian. O forse si tratta di semplice e mutuo scambio? “Mi piace lo stile shabby, le sneakers sporche, le cose

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Virgil Abloh è pronto al lancio: da burattinaio d i v e n ta p r i m o a t to r e . E c o n ot t i m i r i s u lta t i .

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N EW GEN ERA TIO N C O L D P LA Y. C a m b i a n o , p r o va n o , s i r i n n o va n o . C h h a i l “ A u n f o

r i s M a r t i n e so c i n n o a p p en a r i l a s c i a to lo r o u lt i m o a l b u m H e a d Fu l l o f D r e a m s ” , ’e sp lo si o n e d i c o lo r i r m a to a u d i o .

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ra i sudditi di sua maestà la Regina di Inghilterra ve n’è uno che non perde occasione per tenere la bocca chiusa. Poco male dico io, perché malgrado il proverbiale vizio di sparare sentenze a destra e a manca, questa persona con il più nobile degli orifizi ci lavora e anche terribilmente bene. Il suo nome è Noel Gallagher, di professione musicista, già membro degli Oasis di cui ha firmato praticamente tutti i capolavori, attualmente cantante solista. Tra le tante perle di Noel, che con regolare cadenza ci tocca leggere, ce n’è una degli ultimi mesi rimasta particolarmente impressa nella mia mente: “il Rock non è morto, è ibernato”. E sebbene l’ex Oasis non sia generalmente prodigo di complimenti nei confronti dei più, stavolta non sembra aver peccato di malignità. Come dice lo stesso Gallagher, l’ultima buona annata del Rock risale a dieci anni fa, quando imparammo a conoscere gli Arctic Monkeys, i Kasabian, i Libertines

L ’i nte rp retazion e d i “Amaz in g Grace” d i O bama è stata i n ser i ta n el b ran o ch e da il titolo al l ’ a l b u m. ed altri gruppi che hanno segnato almeno un lustro con degli album che in molti hanno consumato. E’ chiaro quindi come la musica, o sarebbe meglio dire il mercato discografico che ne muove i fili, stia andando da un’altra parte. Chi sembra cadere sempre in piedi, in barba a rivoluzioni e cambiamenti sono i Coldplay, usciti il 4 dicembre con il loro ultimo lavoro di studio “A Head Full of Dreams”. Nel corso degli ultimi quindici anni infatti la band londinese è sempre riuscita ad assorbire le nuove tendenze discografiche e a riproporle in sede di registrazione. Anche stavolta non è stata da meno, proponendo un album ricco di suoni digitali e con campionature che in qualche caso ricordano i pezzi più funky di artisti della nuova generazione dell’elettronica come 30

i c o nc erti dei C oldpla y rim a ngono a lc uni tra gli spettacoli più c o involgent i della m usic a c o ntem pora nea . SBTRKT o Skrillex (ascoltate ad esempio “Army of one”). Di certo i Coldplay non hanno mai incarnato l’anima dura e pura del rock, ma veder ballare lo scorso novembre Chris Martin in stile Justin Timberlake sul palco degli American Music Awards, ha sicuramente colto di sorpresa molti fan della prima ora. Il brit-pop che tanto aveva influenzato le prime produzioni non esiste più e non esistono più nemmeno i Coldplay di quegli anni. Ma lungi dall’essere una critica nostalgica, questa è probabilmente la vera forza di Chris Martin e soci: non essere mai uguali a loro stessi. La loro storia musicale dall’album d’esordio “Parachutes”, passando da “X & Y” e “Mylo Xyloto” appare un percorso in divenire coerente con se stesso, sempre connesso ai cambiamenti che l’industria discografica negli anni ha subito e di cui “A Head Full of Dreams” è la naturale prosecuzione. I Coldplay cambiano senza stravolgersi, camaleontici ma mai rivoluzionari. Spiccano nel nuovo LP le collaborazioni con Beyoncè e con il sopraccitato Noel Gallagher, più una speciale “partecipazione” alla title track dell’album, quella del presidente degli USA Barack Obama. L’interpretazione di “Amazing Grace” che il primo cittadino americano ha dato durante il funerale del reverendo Pinckney, sostenitore attivo del partito democratico statunitense, vittima di un omicidio a sfondo razziale lo scorso mese di giugno, è stata inserita nel brano che da il titolo all’album. La band Britannica a partire dal 2016 sarà inoltre protagonista di un super tour mondiale, di cui sono state per il momento rese note ben venti date e che li vedrà impegnati nei principali stadi europei e sudamericani. Si comincia il 31 marzo da


Buenos Aires e si continua per tutto il mese successivo nella sola America Latina (spicca tra le date previste quella nella spettacolare cornice del nuovo Maracanà). Dal 24 maggio sarà poi il turno dell’Europa: si parte da Nizza e si prosegue a ritmi serratissimi in una tournèe che toccherà Barcellona, Amsterdam, Berlino, Manchester e Londra dove si esibiranno per ben due volte nel tempio del calcio (ma anche della musica) di Wembley. A bocca asciutta per il momento i fan italiani che si auspicavano un ritorno nel nostro paese, dopo la fantastica esibizione da sold-out tenutasi a Torino

nel 2012. Si spera comunque in un’estensione del tour, magari in concomitanza con l’annuncio delle date che si terranno in Nord America e che non sono ancora state rese note. Tappa italiana o meno ci aspettiamo comunque qualcosa di assolutamente unico, perché rock o elettronica, adesso come quindici anni fa i concerti dei Coldplay rimangono alcuni tra gli spettacoli più coinvolgenti della musica contemporanea. Flavio Russo

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H & M a n d C o . L e c o l l a b o r a z io n i di lusso C h e a p è

H & M

m o n d o . b a s s o

l ' i n n o v a z i o n e h a

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&M è uno dei brand più amati del mondo, con un’identità e uno scopo ben preciso: creare vestiti, ispirandosi ai grandi delle passerelle ma a prezzi accessibili a tutti. L’azienda prende il via nel 1947, quando Erling Persson decide di aprire un negozio vicino Stoccolma, “Hennes”, che vuol dire “per lei”, vendendo solo abbigliamento femminile. Nel 1968, con l’acquisizione della Mauritz Widforss, specializzata in capi per la caccia e la pesca, iniziano le vendite anche per uomo, diventando così ‘Hennes&Mauritz’, meglio noto come H&M. Da allora, l’inar32

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C o l l a b o r a z i o n i

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restabile marchio lowcost ha conquistato circa 3.200 punti vendita in 54 paesi, tutti di proprietà e rigorosamente nella migliore posizione commerciale: Oxford Circus a Londra, la Fifth Avenue a New York , San Babila a Milano. Oltre al marchio H&M, il gruppo include COS, Monki, Weekday, Cheap Monday, H&M Home. La vera e propria svolta, però, avviene nel 2004 quando H&M rivoluziona il mondo della moda, avviando delle designer collaboration con stilisti di fama mondiale e style icon. Il brand svedese abbatte così le barriere tra l’haute-couture e lo street fa-


shion, reclutando alcuni tra i nomi più blasonati dell’alta moda che hanno firmato le loro collezioni per H&M. Il primo ad inaugurare quella che poi, oggi, è diventata una consuetudine è stato Karl Lagerfeld nel 2004, con la sua capsule collection, che in molte città andò sold out nel giro di un’ora. Composta di 30 articoli, con un prezzo medio di 81,95 euro (di molto inferiore rispetto ai costi dei capi personali della maison Chanel). L’anno seguente è stata la volta di Stella McCartney, Elio Fiorucci e Solange Azagury Partridge. Mentre alcune tra le più grandi Maison non sembrano essere d’accordo nello svendere il proprio nome e la propria immagine per un marchio come H&M,che produce abiti per la massa, Stella McCartney dichiara, invece, di essere orgogliosa di poter offrire i propri capi anche a chi magari non ha la possibilità di acquistarli a prezzo regolare. La linea proposta da McCartney per H&M, ripropone i 40 look più celebri presi dalle sue passate collezioni e riadattati per l’occasione a tessuti che si rifanno a quelli originali anche se molto più economici. La grande firma del 2006 è Viktor&Rolf che presenta il primo abito da sposa targato H&M. Ancora, hanno collaborato con il titano svedese dell’abbigliamento fashion ma cheap and easy nomi importanti tra cui, Roberto Cavalli nel 2007, Rei Kawakubo e CommedesGarçons nel 2008. Nel 2009 è il turno di Matthew Williamson, la cui collezione è stata la prima ad essere messa in vendita in tutti gli store del gruppo. Nello stesso anno H&M stringe altre importanti collaborazioni, quella con il brand di accessori Jimmy Choo, e con Sonia Rykiel che propose anche la sua prima linea di lingerie. Nel 2010, la tanto attesa firma dell’alta moda per H&M è quella di Lanvin, il cui stilista affermò in più occasioni che mai avrebbe ceduto una partnership di questo tipo. Si vede che poi ha cambiato idea! Stessa cosa aveva dichiarato Donatella Versace, che nel 2011, però cede al fascino di H&M con la sua collezione composta di 100 articoli. E’ la volta nel 2012 di Marni e della Maison Margiela, che reinterpretò per il brand alcune precedenti collezioni. Il 2013 è stato, invece, l’anno di Isabel Marant, che ha proposto la sua prima collezione di moda uomo, ispirata ai capi ideati nel corso della sua carriera. Ma è il 2014 l’anno dei bilanci. Il colosso svedese, infatti, festeggia i 10 anni delle sue limited edition delle Designer Collaboration, per celebrare le quali, H&M presenta un libro che ripercorre la storia

di ogni collezione, rivela come il marchio low cost abbia contribuito a diffondere il lusso a prezzi più abbordabili, spalancando le porte del mercato griffato a tutti. Nel 2014 H&M lancia la limited edition annuale firmata, questa volta, Alexander Wang: 30 anni, direttore creativo di Balenciaga, è il primo designer della moda Usa a creare una capsule collection per H&M. Una collezione contrassegnata dal ritmo metropolitano, abiti per un uso funzionale e quotidiano, arricchiti da dettagli i-tech. Come sempre accade quando H&M mette in vendita le linee di abbigliamento realizzate da grandi nomi della moda internazionale, anche per la collezione firmata Balmain, ultima arrivata,abbiamo assistito a code davvero impressionanti. “Voglio parlare alla mia generazione: questo è il mio obiettivo principale come designer”, ha spiegato Olivier Rousteing, direttore creativo di Balmain. “H&M mi ha dà la possibilità unica di accogliere tutti all’interno del mondo di Balmain. Questa collaborazione per me è stata un passo del tutto naturale: H&M è un marchio nel quale tutti si riconoscono.”La classe dell’alta moda e la grinta dello streetwear si fondono dando vita, inevitabilmente, ad uno stile unico, opulento e diretto, sensuale ed energetico al tempo stesso. Perfettamente in linea con la collezione, è la cornice in cui questa è stata presentata: un ex banca di Wall Street trasformata in una futuristica stazione metropolitana; a sorpresa i Backstreet Boys hanno tenuto a battesimo il lancio globale di Balmain x H&M. Aver conquistato alcune tra le più importanti firme dell’alta moda internazionale, da sempre rivolte ad una clientela elitaria: questo è certamente uno dei più grandi successi di H&M! Il sogno di poter comprare un abito firmato Lagerfeld o Versace, grazie ad H&M non è più solo un sogno. Un’idea che ha dato vita, negli anni, a delle collezioni, frutto di interessanti fusioni ed esperimenti tra materiali e tessuti diversi; una scommessa che ha dato l’opportunità a due mondi, apparentemente così lontani, di contaminarsi a vicenda stupendo tutti, stilisti compresi, per i sorprendenti capi prodotti e i vertiginosi risultati delle vendite. Chiara Landi

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HELLO, IT’S 45 MILIONI DI STERLINE AL GIORNO. “SE PROPRIO DEVO PIANGERE, PREFERISCO FARLO CON

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ADELE”


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i sono personaggi dello show business dalle sette statuette ai Grammy Awards del 2012, che, per far parlare di sé, devono pre- all’Oscar alla migliore canzone per Skyfall, il passentarsi ai concerti vestiti totalmente so è stato veramente breve. E che abbia deciso di di carne animale, devono sparar fuori allontanarsi per un po’ dai riflettori per riprendedal reggiseno del frappé alla fragola o re in mano la sua vita, dedicarsi al suo bambino dondolare nudi su di una palla da demolizione. e alla sua felicità, non ci sembra più così incomPoi, sempre nel mondo dello spettacolo, c’è chi prensibile. è convinto che all’arte poco importi che tu abbia Quattro anni di pausa per Adele, ed eccola rio meno un bell’aspetto, che gli scandali della tua tornare con Hello, il singolo da un milione di vita privata vengano sbattuti in prima pagina me- downloads in una settimana e che condurrà il glio di altri. C’è chi su questo non ha dubbi: l’arte nuovo album, 25, in giro per trentasei città d’Eunon si è, l’arte si fa. E in un tripudio di esibizioni ropa. Sono queste le tappe della terza tourneé condite da sextoys giganti, rivenire del talento, della cantante, il cui esordio avverrà a Belfast il 29 quello vero e autentico, sembra del tutto impossi- Febbraio 2016 e calerà il sipario il 13 Giugno ad bile. Poi, un giorno, una ragazzina di diciott’an- Anversa. Ultimamente si sente molto parlare di 25 ni, brufoletti e qualche chiletto di troppo, firma e della sua Hello; è sorto un nuovo gioco interattiun contratto con la XL Recordings; e convince il vo per cui chi non ha mai ascoltato mezza canzomondo che quel talento, forse, da qualche parte, ne di Adele si diverte a schernirla sulla sua pagina lo si può ancora scovare. Facebook per il contenuto non propriamente alAdele aveva tredici anni quando cominciò ad ap- legro delle sue canzoni. A queste persone faranno passionarsi al soul, lasciandosi ispirare da artiste pure piangere; a lei, invece, fruttano 45 milioni di come Etta James ed Ella Fitzgerald. Dopo aver sterline al giorno. Adele certamente non canterà completato gli studi in una nota scuola di canto di violette e di prati in fiore; ma c’è chi preferisce londinese, non passò molto perché le grandi eti- piangere su di un’eccellenza del soul, piuttosto chette discografiche adocche sui tre accordi della chiassero su My Space i A F E R M A R L A N E A N C H E ragazzina che agita il sevideo delle sue esibizioni. dere in diretta nazionale. UN INTERVENTO ALLE Ma è dal 2008, anno della C’è chi, all’intrattenimenC O R D E V O C A L I ; pubblicazione di Chasing to, sceglierà sempre l’arte. Pavements, che il nome di D A L L E S E T T E S T A T U E T T E Chiara Pizi Adele non è più suonato così sconosciuto. Il succes- A I G R A M M Y A W A R D S so del singolo ha lanciato D E L 2 0 1 2 , A L L ’ O S C A R la cantante al primo posto delle classifiche degli Stati A L L A M I G L I O R E Uniti e di mezza Europa, C A N Z O N E P E R S K Y F A L L , aprendo la strada al boom I L PA S S O È S TAT O di vendite di 19, quel disco di cui furono vendute V E R A M E N T E B R E V E . sei milioni di copie; quello che le ha fatto ottenere il Grammy, e una causa dall’ex fidanzato. In fondo, il merito del suo trionfo sta solo nel fatto che lui le avesse spezzato il cuore, non è così? Il successo di Adele si è prevedibilmente consolidato con 21; sfiderei chiunque a dire di non aver dedicato ad un ex sgradito Rolling in the deep! Ma è Someone like you a raggiungere le cime della Billboard Hot 100, a far vincere alla cantante nove dischi di platino; secondo fonti accreditate, a far vendere il suo album, nel 2011, esattamente ogni sette secondi. A fermarla neanche un intervento alle corde vocali; 35


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RICK GENEST: NON CHIAMATEMI “ZOMBIE BOY”

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IL MODELLO CANADESE È ORMAI S U L L A C R E S TA D E L L’ O N D A G R A Z I E A L L E S U E A P PA R I Z I O N I P U B B L I C H E CHE ANCHE SE LUI NON VORREBBE, D E S TA N O S E M P R E S C A L P O R E . MA CHI È ZOMBIE BOY?

30 anni, di La Salle, Quebec, e cresciuto a Chateauguay, scoperto da Lady Gaga e dallo stilista Nicola Formichetti per il video musicale Born This Way, Rick “Rico” Gesnest è sicuramente un modello fuori dal normale. Fotografatissimo, seguitissimo e invitatissimo, The Zombie Boy, così viene definito dalla stampa, ha il corpo ricoperto per l’ottanta per cento da tatuaggi. Ma non è facile parlare di un individuo che - pur se disposto a darsi in pasto al pubblico in ogni modo possibile - ha ricoperto la quasi totalità del proprio corpo con disegni che l’uomo comune definirebbe “terrificanti” se non “disgustosi”. A guardarli meglio i tatuaggi possiedono un’assurda bellezza, nel loro tentativo di rappresentare una tavola anatomica, un corpo scarnificato come nelle raffigurazioni di San Bartolomeo (scorticato e crocifisso, con la pelle appoggiata sulla spalla a mo’ di toga). Ci sono le costole su cui si arrampicano come nella migliore tradizione Zombie decine di insetti, vermi, larve, millepiedi. Piccole opere d’arte realizzate quasi tutte dal suo tatuatore di fiducia, Frank Lewis. 139 ossa umane, 176 insetti, un mix di muscoli marciti e lembi di pelle in decomposizione sono tatuati sul suo corpo facendo di lui il primo cadavere vivente della storia. “I miei tatuaggi simboleggiano la vita attraverso la morte, o la morte attraverso la vita”, afferma Rick. Non è l’uomo più tatuato al mondo, sia chiaro, ma certamente ha il record per il più gran numero di insetti disegnati sul corpo. Calpesta il mondo delle passerelle da quasi cinque anni; grazie alla popolarità ottenuta, Genest è diventato testimonial della collezione Dermablend della Vichy e della campagna promozionale della collezione autunno/inverno 38

di Thierry Mugler. Successivamente Genest, insieme a Lady Gaga, è anche apparso nelle sfilate di Mugler. Genest è inoltre apparso in un servizio di Vogue Hommes Japan, fotografato da Mariano Vivanco e in GQ Style. Nel 2013 ottiene una parte nel film 47 Ronin con Keanu Reeves mentre nel 2014 è testimonial anche per L’Oreal, che però lo fa comparire nella sua versione “originale”, cioè “ripulito” dai tatuaggi grazie all’utilizzo di un particolare cosmetico, il Dermablend Pro. Da adolescente, gli è stato diagnosticato un tumore al cervello. All’età di 15 anni, ha subito un complicato intervento ad alto rischio con una bassissima probabilità di sopravvivenza. A causa della posizione del tumore, le sue opzioni erano desolanti : la cecità, la morte o la vita su un respiratore come un vegetale per il resto della sua vita. Rick batte le probabilità ed è sopravvissuto indenne, vivo, e pronto per iniziare la sua nuova vita... Ma il modello cadavere non è solo questo. Ha una ragazza dal viso angelico con cui ha partecipato a diverse pubblicità, vive in Canada, ma il suo agente afferma che è impossibile trovarlo lì. La sua passione più grande? Il suo boa, che è una lei, che ha anche un nome, chiaramente non banale, Lucy-fer. Con Lucy-fer si esibisce durante il suo show il Lucifer’s Blasphemous Mad Macabre Torture Carnival Uno spettacolo tendente al macabro, dove Rico è il fachiro più amato, uno show ideato da lui stesso per dare voce alla sua anima Freak , con la collaborazione della fidanzata. Tanti i progetti, tante le idee su di lui. Lo si può incontrare mentre passeggia per le vie di Milano intento a cercare


di spaventare qualche ciclista, oppure nelle boutique d’alta moda di Parigi. Una personalità libera, come lui si definisce, che attraverso il suo aspetto prova a insegnarci che il bello non è un concetto puramente estetico, ma è qualcosa di più complesso. Disegnatore, sta pensando di ideare una sua linea di vestiti, infatti è possibile vederlo sempre con degli occhiali da sole da lui delineati. Con tutti quei tatuaggi Zombie Boy è sicuramente un personaggio eccentrico, fuori dal comune,

a tratti stimolante. Rico non fa paura anzi, dagli stilisti è considerato glamour, soprattutto in abito scuro, e per molte donne sta diventando un vero e proprio sex symbol. E se sotto quella tela sadica ci fosse una dolcissima persona con particolari gusti fiabeschi? No, con Rick Genest non si scherza. Lui è Zombie Boy.e. Francesco Li Volti

139 OSSA UMANE, 176 INSETTI, UN MIX DI MUSCOLI MARCITI E LEMBI DI PELLE IN DECOMPOSIZIONE S O N O TAT U AT I S U L SUO CORPO

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50 Sfumature di Joker

A t r e a n n i da l l ’ u s c i ta d e l J o c k e r ta r g a t o H e a t L e d g e r , e c c o l ’ a r r i vo d e l l a n u o va v e r s i o n e d e l c a t t i vo più “comico” della DC COMICS. 40


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Tutti noi conosciamo Joker, il principe pagliaccio del crimine, nemesi principali del supereroe Batman. Il suo essere freddo, insensibile, folle, sadico, pungente, violento e omicida lo hanno reso personaggio cult nel mondo dei fumetti. Quel sorriso beffardo, le guance ricoperte di rughe e cicatrici, i capelli verdi, in netto contrasto con l’abito viola, sono tutti elementi che risaltano nella nostra mente fin da quando eravamo bambini. La fortuna di Joker nella cultura di massa si deve però alle trasposizioni cinematografiche che si sono succedute negli anni. Nel film Batman del 1989 diretto da Tim Burton, Joker è stato interpretato da Jack Nicholson. In questa pellicola si lascia al personaggio maggiore fedeltà al look del fumetto, arricchendone il profilo con un’impronta #gangster. Pur essendo un criminale senza scrupoli, Nicholson è elegante e raffinato e fa dell’astuzia la sua arma migliore, dimostrando di avere una psiche contorta e aggressiva, ed emulando il carattere originario del personaggio con dell’humour e delle battute pungenti. Questa interpretazione è stata accolta con diverse critiche positive, soprattutto dalla fetta di fan fedeli ai comics. Nel film Il Ritorno del Cavaliere Oscuro del 2013 diretto da Christoper Nolan è il turno di Heat Ledger, la cui versione di Joker appare molto più realistica da quella precedente. Il volto bianco, le labbra rosso rubino e i capelli verdi non fanno parte del suo aspetto naturale: si tratta di semplice trucco facciale che il criminale applica al suo volto come una specie di pittura di guerra. Il ghigno malato è inoltre accentuato da due cicatrici che dagli angoli delle labbra si estendono fino sulle guance. Il risultato è un vero e proprio #folle, che l’attore australiano definì «uno psicopatico senza coscienza delle sue azioni, un sociopatico assoluto, un assassino di massa a sangue freddo, con zero empatia». Ledger trascorse sei settimane di preparazione isolato in una stanza d’albergo, creando una voce iconica ed una camminata leggermente ingobbita. Molti sostengono che l’attore, morto poco dopo aver

ultimato le riprese, avrebbe assistito impotente ad un acuirsi della propria depressione. Il ruolo gli valse la vittoria di un Oscar postumo come miglior attore non protagonista, e contribuì al successo della pellicola. Ora toccherà a Jared Leto, trasformista degno dell’Academy, dare nuova luce al Joker sui grandi schermi in Suicide Squad di David Ayer, la cui uscita è prevista per agosto del 2016. Qui si è completamente stravolta la figura del personaggio dei fumetti per dare spazio a un criminale #rock. I capelli decolorati fino a diventare verdi, le sopracciglia pressoché inesistenti, il pallore lunare del corpo, la dentiera di ferro e i numerosi tatuaggi sul petto scoperto di Leto ci lasciano immaginare che anche questa interpretazione sarà unica nel suo genere. Basti pensare che l’attore si sia talmente calato nel ruolo del killer da spedire alla collega di set Margot Robbie un ratto vivo, e a Will Smith alcuni proiettili veri. Francesco Cotugno

Ledger trascorse sei settimane di preparazione isolato in una stanza d’albergo, creando una voce iconica ed una camminata leggermente ingobbita.

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S ta r Wa r s : episodio VII I l R i sv e g l io d e l l a Forza

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A r r i v a i n I ta l i a il 16 Dicembre l ’ e v e nto c i n e m ato g r a f i c o dell’anno

È

l’evento cinematografico, e non, più atteso dell’anno. Ma diciamo anche degli ultimi 10 anni! Era ormai il lontano anno 2005 quando uscì “Star Wars Episodio III: la vendetta dei Sith”, ultimo capitolo della seconda (ma cronologicamente prima) trilogia di Star Wars. Ed è a distanza di 10 anni che si riaprono gli scenari intergalattici della saga più amata della storia del cinema grazie al nuovo “Star Wars VII: il risveglio della forza”, in uscita il 16 dicembre. Dopo aver riportato in auge e dato nuova linfa alla saga di Star Trek, a J.J.Abrams (il celeberrimo padre di Lost) è stata affidato l’arduo compito di riprendere la storia da dove si era interrotta. Poco si sa, nessuna notizia deve trapelare, ma diciamocelo, il trailer diffuso già fa venire la pelle d’oca. Cerchiamo di fare ordine nella cronistoria della saga ideata da George Lucas, perché in effetti, per i pochi fan non accaniti potrebbe sembrare un po’ confusa. Era il 1977 quando uscì appunto “Star Wars: una nuova speranza”, distribuito in soli 32 cinema, per poi fare il botto grazie ai passaparola dei fan. D’altronde come può non appassionare una storia fatta di spade laser, bestie pelose e navi spaziali? Nell’arco di sei anni uscirono anche i due episodi successivi, “L’impero colpisce ancora” e “Il ritorno dello Jedi”, andando così a concludere quella che viene definita la “Trilogia Ufficiale”. Si, perché la cosa più strana di questa saga e che questi tre episodi non erano, narrativamente parlando, i primi della storia, bensì il IV, il V ed il VI. Infatti, dopo ben 16 anni prese vita la “nuova trilogia”, con lo scopo di spiegare le origini dei personaggi che avevano fatto breccia nel cuore di tanti appassionati. Per molti fu in disastro, tant’è che i più accaniti fan nutrono un odio recondito nei confronti dei nuovi (ormai vecchi) film. I motivi? Sicuramente la storia. Se la trilogia originale era incentrata su avvincenti combattimenti

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Da rthVa der è il cat t i vo per eccellenza, h a a lzato l’ast icell a a l i vell i ta l i da r en der lo ineg u agl i abile, e l a “ l inea co m ica”, s agace mente aff idata a lle s p r izza nt i e sca nzon ate b at tute di Ha n Solo, è stata b a n a l izzata da u n person aggio ca r icatu r a le co me Ja r Ja rBin ks. tra le forze del male e del bene, i prequel sono pieni di trame e figure politiche, che alla lunga confondono ed annoiano. DarthVader è il cattivo per eccellenza, ha alzato l’asticella a livelli tali da renderlo ineguagliabile, e la “linea comica”, sagacemente affidata alle sprizzanti e scanzonate battute di Han Solo, è stata banalizzata da un personaggio caricaturale come JarJarBinks. Per non parlare poi della mancanza di pathos (d’altronde si sapeva già come sarebbe andata a finire) e della grande aspettativa che inevitabilmente si era creata. Giustamente ora leggendo queste poche, e sicuramente non esaustive righe, vi starete chiedendo: “perché questo nuovo film dovrebbe essere migliore?” Premettendo che chi vi scrive ha già in tasca il biglietto per il 16 dicembre, ha la camera piena di minifigures e Boba Fett come portachiavi, è giusto citare, parafrasando, il fumettista Zerocalcare che in una sua ultima vignetta ha scritto: “perché i due minuti del trailer sono più fighi di tutta la seconda trilogia messa insieme, perché vada come vada il 16 avrò il cuore in gola insieme ad altre 200 persone in una sala illuminata solo dalle nostre spade laser” Amen. Andrea Di Giorgio


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Jiro: il sushi è arte! O N O J I R O D A 8 7 È P R O P R I E TA R I O D I U N P I C C O L O RISTORANTE A TOKYO DOVE È POSSIBILE ASSAPORARE IL SUSHI MIGLIORE DEL MONDO.

Da tempo ormai avevamo detto addio alla tanto amata dieta mediterranea, da decenni simbolo di ottima cucina e giusto equilibrio tra gusto e benessere per lasciar posto alla più sbrigativa e “rivoluzionaria” cucina importata dai cugini americani. Ma anche l’era dei fast food pare sia tramontata, la nuova frontiera del “cibo di tendenza”ormai è made in Japan. La tradizionale cucina del Paese del Sol Levante è sbarcata in Occidente riscuotendo un più che meritato successo anche tra gli amanti del Mc Donald’s conquistando con i suoi sapori delicati anche i palati più affezionati ai tanto amati hamburger con patatine. Chi infatti non ha provato almeno una volta, spinto dalla curiosità, ad entrare in uno dei tanti ristoranti giapponesi della propria città ed ordinare uno di quei piatti dai nomi impronunciabili? I ristoranti non sono però tutti gli stessi e c’è chi della tradizione, aldilà della moda e delle tendenze, ne ha fatto un must della propria cucina divenuta simbolo di qualità e storia. Stiamo parlando di Ono Jiro proprietario di un ristorante tre stelle Michelin a Tokyo dove prepara personalmente ogni sua creazione. Per gran parte dei suoi 85 anni Jiro ha lavorato meticolosamente per perfezionare ogni sua ricetta lavorando impeccabilmente dalle prime ore del giorno fino al calar del sole nel suo piccolo ristorante alle porte della grande capitale. Il suo tempio, il Sukiyabashi Jirō è situato infatti nei sotterranei di un palazzo accanto alla stazione di Ginza. Niente sfarzo,niente presentazioni esaltanti o pubblicità accattivanti, nulla di tutto ciò per il profeta del sushi che con dedizione e umiltà porta avanti il lavoro iniziato alla giovanissima età di nove anni. Da sempre gestisce il suo piccolo angolo di paradisco culinario insieme al figlio e alcuni fidatissimi collaboratori

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LE IDEE MI VENGONO SOGNANDO, DI NOTTE MI SVEGLIO PERCHÉ HO I M M A G I N AT O N U O V I M O D I PER POTER CREARE SUSHI.

ai quali ha tramandato i propri segreti e trasferito la propria passione. Di poche parole,pacato e diligente cosi è descritto il re del sushi da coloro che hanno avuto l’onore di poterlo incontrare. Ebbene si, Jiro Ono nonostante la fama e il grande successo riscosso in tutto il mondo, pare sia piuttosto restio a concedersi alla stampa e alle brevi domande dei suoi seguaci. Il suo mondo è lì, dietro ai fornelli o meglio dietro al coltello per sfilettare il pesce. Uno chef come tanti all’apparenza, ma che nasconde un segreto formato da anni di esperienza e dedizione senza mai abbandonarsi al successo che dal 2008, anno del premio che gli è valso 3 stelle Michelin, ha travolto il suo piccolo locale. Si badi bene infatti che quello di Jiro Ono non è certo un castello o una reggia ma un piccolissimo spazio diviso tra cucina e sala che ospita 10 tavoli posti in fila indiana. L’esclusività della location non è data solo dalla sua singolare ubicazione e dalla ristrettezza delle sue dimensioni ma anche dalla difficoltà che ne deriva per prenotare anche solo un posto. Occorrono mesi e mesi di preavviso per potersi accomodare alla corte del re del sushi al modico prezzo di 30.000 yen ovvero quasi 200 euro. Un importo ragionevole per gli illustri colleghi dello chef che hanno giudicato il costo “giusto” in base al rapporto con la qualità dei prodotti e del servizio. Venti è infatti il nume-


ro fisso delle portate: si inizia con i pesci più classici (tonno, calamaro, sgombro) per passare dal pescato del giorno e finire poi con i sapori forti (anguilla, riccio di mare, uova di pesce), tutto secondo la tradizione culinaria giapponese. L’eccezionale etica lavorativa di Jiro ha attratto giornalisti e curiosi di tutto il mondo tanto da spingere il regista americano David Galb a Tokyo per girare un documentario di 83 minuti sulla vita del mastro orientale distribuito in esclusiva per l’Italia

da Feltrinelli Real Cinema e proiettato nelle sale il 27 novembre 2013. Jiro è l’esempio indiscusso della tradizione e della cultura che si celano dietro le piccole cose, chi avrebbe mai pensato che un boccone di sushi potesse nascondere una così antica forma d’arte tramandata da più di 80 anni! Federica Mandara

NEL FILM JIRO VIENE DIPINTO COME UNO SHOKUNIN, OVVERO UNA PERSONA CHE OGNI GIORNO RIPETE GLI STESSI GESTI. SI SVEGLIA, PRENDE I MEZZI PUBBLICI PER RAGGIUNGERE IL SUO RISTORANTE E INIZIA A M E T T E R S I A L L’ O P E R A .

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