MOOB Magazine / Issue No.7

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Jacket: Gaiola/ De Petrillo Linen shirt: Luigi Lancetti Linen trousers: Versace Jeans Couture 2


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Dress: Gaiola/De Petrillo Shirt: H&M Shoes: Dr Martens 4


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Dress: Gaiola/De Petrillo Ribbed tank top: Calvin Klein

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Dress: Gaiola/De Petrillo Ribbed tank top: Calvin Klein

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Dress: Gaiola/De Petrillo Satin shirt: Milano Moda Sunglasses: Cristian Leroy

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Dress: Gaiola/De Petrillo Satin shirt: Milano Moda Sunglasses: Cristian Leroy

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Jacket: Gaiola/De Petrillo

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Jacket: Gaiola/De Petrillo Pants to skirt: handmade Leather briefcase vintage: Mapas

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Jacket: Gaiola/De Petrillo Shirt: H&M Pants: Daniele Alessandrini Sandals: Massimo Villore

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Jacket: Gaiola/De Petrillo Shirt: H&M Pants: Daniele Alessandrini

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Silk shirt: Tailoring Gennaro Nocera Hat: Borsalino

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Editor & Creative Director_ Mattia Attanasio

Art Director_Vincenzo Del Vecchio Fashion Editor_Luca D’Alena Photo Editor_Giuseppe Morales Marketing & Advertising Director_Giuseppe Granata

Editorial Cordinator_Francesco Li Volti Editorial Content Manager_Fabrizio Pinci

Redazione Andrea Di Giorgio, Flavio Russo, Fabrizio Pinci, Francesco Li Volti,Noemi Gesuè, Giorgia Trematerra, Chiara Camellina, Veronica De Marchi, Agnes An, Camilla Mello Rella,Chiara Pizi, Vittoria Pinto, Giulia Fabbrocini, Andrew Aleotti, Leonardo Ciccarelli, Sara Esposito, Sarah Meraviglia, Alice Capetta, Alessia Maisto, Francesco Cotugno.

Illustratori Francesca Pannone, Pasquale Angerame, Vincenzo Del Vecchio

WWW.MOOBMAG.COM moob@moobmag.com Copyright © 2014 MOOB magazine inc. All rights reserved.Reproduction in whole or in part without permission is prohibited. The name MOOB magazine and the logo, there off are registred marks. 18


GUESTLIST Alessandro Vergata

Giorgia Villa

RocĂŹo Segura

Lynzi Judish

Gianluca Savarese

Francesco Caricati 19


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24 Il destino degli albini africani

30 Michael Jordan

Un uomo diventato marchio. Un marchio diventato uomo.

32 Jared Leto 36 Katy Perry

musica energia e stile

INDICE 20

L’uomo dal multiforme ingegno

34 TIDAL

Un’altro asso nella manica per Jay-z un colosso del capitalismo


#7 apr/mag

40 Apple Watch

52 Nerd

Lo Smartwatch secondo Apple

Come cambiano i gusti

44 Happy Birthday

54 Il Mondo é Minimal

Marvel

Da grandi poteri derivano grandi responsabilità

48 Hozier

50 B...ush! Snoop Dog

Take me to...the top!

26 “what’s up yeezus?”

kanye west

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Q uando usiamo il sesso per nascondere che vogliamo fare soldi, e senza avere idee, e senza essere in grado di scrivere. Fa più moneta discutere sulla questione siriana, o sull’angolo che misurano le gambe aperte di una top model? Infinite sono le strade che i guru del marketing sono disposti a percorrere pur di vincere la battaglia che infiamma il libero mercato; forti del loro mantra “tutto è lecito in guerra e in compravendita”, dal fenomeno virale del momento, fino a picchiare duro sulle grandi questioni dalla sensibilizzazione facile, ogni dato è necessario passare al vaglio pur di essere additati come i più irriverenti, i più provocatori. Tutto, purché il nostro sguardo sul prodotto sia nuovo; tutto concesso, purché si venda. C’è un soggetto, tuttavia, al quale i grandi della comunicazione ritengono non sia necessario rifare il look; un contenuto che va sempre bene così com’è, perché sempre attuale, mai che passi di moda. E di cosa potremmo mai parlare, se non del florido tema del sesso? Sempreverde della pubblicità di ogni tempo, nessuno che abbia mai resistito alla tentazione di utilizzarlo per far della propaganda: correva il 1984 quando Nick Kamen si spogliava in una lavanderia per pubblicizzare il rinomato marchio Levi’s; per non parlare delle grandi firme come Chanel e Dior, che hanno fatto di attori celebri i protagonisti di reclàme che lasciavano ben poco all’immaginazione. I copywriter esperti conoscono a fondo il motivo per cui una scena erotica nel 2015, nel secolo della liberalizzazione sessuale, negli anni di Madonna e Freddie Mercury, ancora ci lasci incollati allo schermo, o su di una pagina di un giornale. I grandi della pubblicità solleticano i nostri sensi per arrivare alla nostra mente, e alla parte più intima di noi. L’atto di puntare gli occhi su di un’immagine erotica è tutto istinto; ma rimanervi stregati è tutta testa. Ad attrarci non è un corpo discinto, ma quello che su di questo vi proiettiamo. In quel momento ci siamo solo noi e le domande che non osiamo porci, le insicurezze, le curiosità, le fantasie; i ricordi. E in quell’ attimo possiamo essere corrotti, infedeli, osceni, tanto è tut-

to nella nostra testa, nessuno ci sente. Combattiamo contro le tentazioni ogni giorno; almeno nella nostra immaginazione, vogliamo giocare a cedervi. Gli esperti di marketing sanno bene che non siamo disposti a rinunciare a quei pochi secondi di stretto contatto con la nostra intimità; è a quel piccolo lasso di tempo che puntano, perché sarà in quell’istante di debolezza, quello in cui ci sentiamo i protagonisti di quello spot, di quel cartellone pubblicitario, di quel servizio fotografico, che compreremo. Un dubbio, tuttavia, fa capolino tra i pensieri di chi porta avanti ogni giorno, con duro lavoro, la messa in atto di un progetto di magazine che non sfrutti esclusivamente il sesso come mezzo primario per catturare l’attenzione dei suoi lettori: i direttori delle più affermate testate di moda e attualità di cui sentiamo parlare e con cui ci rapportiamo quasi nel quotidiano, si servono davvero di accurati studi sulla psicologia umana prima di pubblicare una foto che ritrae, senza censure, le grazie della top model del momento? Un titolo sensazionalistico sul pettegolezzo di turno su quella famosa pornostar, accompagnato da duecento caratteri di dubbia grammatica, è davvero frutto di una speculazione meticolosa degli scritti freudiani? E se si trattasse soltanto di una scontata e banale povertà di argomenti da parte dei nuovi e improvvisati pubblicitari? E se gli storici magazine di moda semplicemente non fossero più in grado di carpire l’interesse del pubblico con argomenti diversi dalla misurazione dell’angolo che formano le gambe aperte di quell’attrice minorenne? Oppure, in maniera molto più scontata, e se la comunicazione in blocco avesse deciso di puntare sulla quantità, sul “like” che fa numero e quindi moneta, piuttosto che sulla qualità, sulla lettura che fa riflettere? E se, banalmente, si fosse deciso di barattare la fiducia del pubblico storico per il clamore della massa dal “click” facile; se ci si fosse venduti per un pugno di views? Passionale, segreto, sentimentale o violento, in qualsiasi accezione lo si presenti, il sesso funziona, il sesso vende. Chi, tuttavia, dà tutto sé stesso per migliorare ogni giorno il tenore dei suoi contenuti, per mantenere salda la fiducia del pubblico, per coccolare i suoi lettori regalandogli spunti di valutazione e sviluppo sempre nuovi, continuerà a sperare in un giornalismo che riprenda consapevolezza del suo oggetto, e cioè l’informazione. L’informazione come fine ultimo di chi pratica il mestiere di scrivere per mettere al corrente, di mettere al corrente per mettere in moto il pensiero, di mettere in moto il pensiero per guardare in faccia alle cose che non vanno, e cambiarle, e rivoluzionare.

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QUELLO CHE NON SAPETE SUL DESTINO DEGLI ALBINI I N

TA N Z A N I A In Tanzania è viva più che mai una pratica a dir poco macabra che unisce gente comune, stregoni, il governo e gli albini.

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albinismo consiste nell’assenza totale di un enzima della melanina che provoca un colore chiaro su tutta la pelle dell’essere umano e può provocare un’elevata suscettibilità dell’epidermide alle ustioni solari e ai tumori della cute. In Tanzania l’albinismo è un fenomeno particolarmente elevato, si pensa a un caso su 1400, molto probabilmente perché è diffusa la pratica dei legami fra consanguinei. Ebbene, mentre nel resto del mondo questi soggetti affetti da tale sindrome sono trattati in maniera rispettosa e sono visti come persone normali, in Africa, e precisamente in Tanzania, gli albini sono perseguitati, evirati, mutilati o direttamente uccisi a scopo terapeutico. Si, avete capito bene, quando un tanzaniano è alla ricerca di un lavoro, ha un problema personale, familiare o di salute, questo, si reca presso lo stregone (o sciamano) di turno, e riceve come consiglio quello di attuare qualche azione disumana nei confronti di persone affette di albinismo. L’ultimo martire legato a questa orribile pratica risale allo scorso 18 febbraio nel nordovest del Paese: un bimbo di un anno è stato ritrovato con le mani e i piedi tagliati poco distante dalla casa in cui era stato

rapito. Non importa che sia una donna, un bambino o un anziano, la parola dello stregone è legge. Questo perché la pratica dello stregone è più antica dell’invenzione della ruota; questa figura è così fondamentale agli occhi della società africana che nemmeno l’ultimo fervente colonialista è riuscito a far dissociare questo esponente di tali pratiche dalla realtà. Persino il capo di Stato, lo stesso Jakaya Kikwete che a febbraio promosse l’arresto di 200 avidi stregoni che per poter preparare le loro fatiscenti pozioni hanno condannato a morte circa 80 albini in meno di dieci anni, possiede un guaritore personale. Molti africani, ricorda la Bbc, ammettono di sputare per terra al loro passaggio «per scacciare il malocchio». Non è bastata nemmeno la costruzione di una statua nel nord del paese, a Sengerema, che raffigura l’amore tra gli africani e gli albini, a dare una scossa alle anime tanzaniane. I “negri bianchi” hanno addirittura adottato l’isola di Ukerewe dove si sono trasferiti in massa per poter vivere senza la paura di ritorsioni future. Tutto ciò sarebbe denigrante per qualsiasi essere umano. Il killer da cui dovrebbero più guardarsi gli albini però, così come in tutto il continente, è il melanoma, non le persone.W F r a n c e s c o L i V o l t i

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E’ stato ultimamente attaccato da Anonymus per essersi dichiarato il nuovo Michelangelo Buonarroti.

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apper, beatmaker, stilista, pittore e produttore discografico. Kanye West, signore e signori. E’ impossibile non conoscerlo, soprattutto di questi tempi. Se l’eco del suo nome non vi è ancora arrivato alle orecchie il suo ego verrà sicuramente a bussarvi alla porta per presentarsi nella sua immensa grandezza. Le opinioni interne ed esterne al mondo dello spettacolo circa questo personaggio sono le più disparate, ma con i grandi geni è sempre stato così. Ehssì, perché Mr. West lo è davvero, un genio. Dopo essersi diplomato all’American Accademy of Arts di Chicago con ottimi voti (a detta sua senza neanche impegnarsi troppo), abbandona la Chicago University per dedicarsi comple-

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tamente alla sua carriera musicale. Kanye è un visionario, riesce ad immedesimarsi nelle nuove tecnologie ed a fonderle con la vastissima cultura hip-hop come mai nessuno riesce tutt’ora a fare, tutto ciò senza mai togliere nulla all’espressività e all’emotività dei testi e dei sounds. Si affaccia al mondo con la trilogia The College Dropout (contenente i tre album The College Dropout, Late Registration e Graduation) ricordata come una delle migliori di sempre, e ad oggi è considerato per numeri l’artista più grande dell’era digitale. Il suo ultimo album Yeezus ha diretto il mondo del rap verso basi fortemente cupe e dure, esprimendo ed eliminando le tenebre che l’artista portava con sé. Ritornando al suo spropositato ego e al vizio del voler far parlare sempre e comunque di sé, per presentare Yeezus ha fatto proiettare il vi-


deo del singolo New Slaves su 60 grattacieli nelle più grandi città del mondo. Tutti poi ricorderanno l’episodio degli MTV Video Music Awards del 2009 nel quale Ye’ strappa il microfono dalle mani della vincitrice Taylor Swift per dichiarare il suo disaccordo e proclamare Beyoncè come sua vincitrice. I geni però sono così, o li ami o li odi. Il 2015 si è presentato come l’anno di Kanye West. Ad inizio anno viene pubblicato il singolo Only One, con la collaborazione di Paul McCartney , nel quale il rapper trascrive una conversazione tra lui e la defunta madre che lo rassicura sulla giusta scelta del suo percorso, in particolare di sua moglie Kim Kardashian e di sua figlia North. Questo brano è solo un’anticipazione di quello che sarà il suo prossimo album, chiamato So Help Me God, la cui uscita è ancora da decidersi. Oltre al titolo conosciamo la probabile copertina e alcuni brani tra i quali Only One e All Day, la cui performance ai BRIT Awards 2015 ha fatto scalpore in tutto il mondo: Kanye si è presentato sul palco dal classico clima borghese anglosassone con 30 compagni, tutti vestiti di nero e ben due lanciafiamme a simboleggiare e rivendicare un lato molto più urban e povero rispetto a quello che veniva presentato agli awards. La primavera però ha dato i Natali anche ad un altro progetto del rapper statunitense, ovvero la sua collezione nata dalla collaborazione con Adidas. Fin dai suoi esordi West si è sempre interessato alla moda e con la ex Nike sono nati i suoi primi progetti, principalmente sneakers, famosissime in tutto il mondo. Le sue conoscenze e la sua esperienza si sono allargate, ed ora è pronto a lanciarsi a tutto pieno sulle passerelle più chic. I concetti che però porta avanti sono ben lontani da ciò che la moda rappresenta, infatti dichiara: «voglio che i vestiti aiutino a vivere meglio, non che i vestiti siano la vita». L’intero guardaroba proposto contiene tutto ciò che di più street si possa trovare, nel quale però è evidente il lavoro di design e ricercatezza che è stato fatto. Si è voluto opporre alla classica sartoria il trend degli ultimi anni, qualcosa che fosse limitless nell’uso e che rappresentasse un po’ tutte le più grandi metropoli del mondo. Nel progetto, Kanye West è stato accompagnato dalla grande esperienza di Virgil Abloh, direttore creativo di Off-White, uno dei brand finalisti al LVMH prize. F a b r i z i o P i n c i

In America è nata addirittura una sua religione,

la Yeezianity!

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“dite che sono più lento, dite che non posso volare più. E’ esattamente quello che voglio da voi” 30


Michael Jordan:

un uomo diventato marchio, un marchio diventato uomo

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Tutti sappiamo che Michael Jordan è uno dei più grandi atleti al mondo, ma in realtà a lui piace definirsi come una macchina da soldi. Questa in sostanza è la descrizione, extra-atletica, che si può fare di un uomo che ha unito sotto lo stesso tetto (il suo) marche del calibro di Nike, Gatorade, Coca-Cola, McDonald’s o Chevrolet. Un patrimonio sconfinato per un uomo sconfinato. Il matrimonio tra Michael Jordan e Nike è sicuramente il più bel sodalizio della storia dello sport-business, sancito alle olimpiadi del 1992, quando sul gradino più alto del podio si presenta con l’asciugamano a coprire lo sponsor tecnico della Nazionale USA, diretto concorrente del suo. Adidas vs Nike. E pensare che Jordan si propose all’Adidas nel 1984, dopo il titolo NCAA con North Carolina. Il giovane Mike amava la marca tedesca, indossava solo i suoi prodotti (tranne in partita perché i Tar Heels erano esclusiva Converse), e così prima del Draft si propone a loro. Secco rifiuto, anche perché le richieste del ragazzo erano esorbitanti. La Nike crede in lui, acconsente, Michael prova un ultimo tentativo, chiede di pareggiare l’offerta, ma da Adidas arriva un nuovo rifiuto e così la terza scelta dei Bulls ottiene carta bianca dalla Nike che lo fa partecipare anche alla progettazione delle sue scarpe che avrebbero poi avuto il suo nome stampato. Grazie a questa trovata di Phil Knight, il numero uno della marca col Baffo, la Nike negli

ultimi 20 anni ha visto moltiplicare per 20 il proprio fatturato, soprattutto grazie a Michael Jordan, vero e proprio simbolo degli anni ’90 anche perché l’immagine tipo di Jordan, la sua schiacciata dalla linea del tiro libero, diviene un logo, il Jumpman, che si stamperà nella testa di tutti. È una rivoluzione nella comunicazione pubblicitaria, è l’equivalente sportivo della famosa foto di Korda che immortalava Ernesto Che Guevara. Come si è arrivati però a questo logo? Per paura. Praticamente nel 1988 il contratto tra Jordan e Nike stava per scadere ed allora Knight, preoccupatissimo, decide di stampare Jumpman sulle Air Max Jordan III in rosso sulle scarpe nere. Dal 1988 ad oggi, queste scarpe sono l’articolo Nike più venduto di sempre. Una mossa geniale. Inoltre, negli anni ’80, le scarpe dei giocatori dovevano essere conformi alla divisa della squadra. Jordan non mantenne questo standard. Lui annientava gli avversari, raggiungeva nuove vette, con delle scarpe che per l’NBA rappresentavano il demonio. Anche quando poi è andato via, per la prima volta, dopo la morte del padre, quando Michael Jordan era più grande della stessa lega, il legame è rimasto con la Nike, ed al suo ritorno la società gli confezionò uno degli spot più belli di sempre: “Sfidatemi, dubitate di me, dite che sono più vecchio, dite che sono più lento, dite che non posso volare più. E’ esattamente quello che voglio da voi” This is Air Michael, baby. L e o n a r d o C i c c a r e l l i

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L’uomo dal “multiforme ingegno” In un mondo saturo di celebrità poliedriche e versatili non stupisce immaginare questo o quel cantante nelle vesti di scrittore/produttore cinematografico/attore modello o quant’altro. Ma come lo fa lui…

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oto al grande pubblico come cantante e compositore del gruppo alternative rock Thirty Seconds to Mars, formatosi nel 1998 a Los Angeles, in realtà Leto mosse i suoi primi passi nel mondo televisivo, diventando celebre con l’interpretazione di Jordan Catalano nella serie del 1994 My So-Called Life. Appena un anno dopo debuttò sul grande schermo nel film Gli anni dei ricordi e in altre pellicole dove ricoprì ruoli secondari ma significativi per la carriera lavorativa (La sottile linea rossa, Ragazze interrotte). Raggiunse però l’apice del successo cinematografico e il plauso della critica con la brillante quanto struggente interpretazione del protagonista eroinomane Harry Goldfarb nel famosissimo e apprezzatissimo Requiem for a Dream del genio Darren Aronofsky (regista stimato e grande amico di Leto, con il quale collaborerà anche in seguito). L’impegno in campo attoriale non ha mai avuto ripercussioni sulla carriera musicale di Leto. I Thirty Seconds to Mars hanno sempre potuto contare sul carisma, la voce e la presenza scenica del loro frontman e fondatore. Cantante popolare, eclettico e camaleontico, attore valente, capace e intenso, Leto ha ricevuto nel 2014 il Golden Globe come migliore attore non protagonista per l’interpretazione del transgender sieropositivo Rayon nel film Dallas Buyers Club (Jean-Marc Valleè). Ormai piacevolmente noto e stimato come interprete, Jared è stato infine recentemente coinvolto in un progetto esaltante e al tempo stesso estre-

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mamente ambizioso; l’interpretazione di Joker nel film Suicide Squad di David Ayer. L’attore/ cantante ha definito l’opportunità una “grande sfida professionale” esacerbata soprattutto dal suo ritenere Joker un personaggio quasi shakesperiano, “un bellissimo disastro di ruolo”. Magari molti non avrebbero scommesso due soldi su questo ragazzino nato in periferia che per aiutare economicamente la famiglia ha cominciato calcando ben altri “palcoscenici” (a dieci anni inizia a lavorare come lavapiatti per un ristorante locale), che ha abbandonato la scuola prematuramente, che strimpellava una chitarra elettrica in un garage con suo fratello alla batteria e tre amici come pubblico. E Jared non è solo un artista a tutto tondo; filantropo e fortemente animalista, vegano e attivo nella lotta al maltrattamento animale, impegnatissimo per la tutela dei diritti delle coppie omosessuali, all’occasione fotografo per il progetto di beneficenza Hope for Haiti Now e promotore della campagna elettorale messa in piedi da Obama per stimolare la partecipazione politica giovanile. State pensando: quanto talento in un sol uomo? Bene. E’ anche facile pensare che forse non esiste un cantante Jared Leto e un attore Jared Leto, e che magari il trucco è proprio questo; essere se stessi. Concetto banale e sempliciotto? Forse. Anche molto retorico. Eppure le cose semplici e banali sono anche le più vere. Sarà dunque altrettanto semplice intendere che Leto nel ruolo di Joker, ruolo “infame” per via dell’eredità che ha alle spalle (Nicholson, Ledger) darà l’ennesima conferma, per chi ancora ne avesse bisogno, dell’immensa versatilità e poliedricità che lo caratterizzano. N o e m i G e s u è


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Katy Perry musica energia e stile! Salvo qualche distrazione‌. la ragazza di Santa Barbara continua a far ballare il mondo

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aty Perry, cantautrice e attrice statunitense, nome d’arte che sta per Katheryn Elizabeth Hudson , ascoltando la sua musica esplosiva e piena di energia non immagineremo mai che da bambina Katy Perry era totalmente coinvolta nell’attività religiosa dei genitori, cantando nella chiesa locale dai nove fino ai diciassette anni. Katy cresce ascoltando musica gospel, sua madre non le permetteva di ascoltare “musica profana” e frequentando scuole e campeggi cristiani. Impara a ballare in una sala di ricreazione a Santa Barbara con maestri ballerini esperti, che le insegnano swing, Lindy Hop e jitterbug. Katy

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lascia la Dos Pueblos High School a soli 16/17 anni, per iniziare la carriera musicale. Inizia a cantare per emulare la sorella maggiore che si allenava con cassette che Katy le sottraeva quando era fuori. I genitori la spingono così a frequentare una scuola di canto, Katy poi continua con la Music Academy of the West a Santa Barbara, dove per un breve periodo studia persino opera italiana. Al momento la ragazzaccia di Santa Barbara dopo il grande successo ottenuto con la sua performance al Superbowl 2015, è impegnata con le tappe dei suoi concerti, il suo The Prismatic World Tour è il terzo in supporto al suo quarto album Prism, in onda poi su Epix e per ogni biglietto venduto verrà devoluto un dollaro


all’UNICEF . Il quarto album in studio pubblicato a ottobre 2013 dalla Capitol Records è stato in gran parte ispirata da artisti musicali dance svedesi come Robyn e per creare il sound desiderato, Katy ha lavorato con il produttore svedese Max Martin, ma anche con Dr. Luke, Cirkut, Greg Wells, Benny Blanco, StarGate (con gli ultimi 5 aveva già collaborato) e con Klas Åhlund, Bloodshy e Greg Kurstin. E’ di poco fa la notizia secondo la quale la cantante abbia divulgato il suo numero di cellulare sui social…Pare infatti che per qualche minuto il numero sia rimasto pubblicato su Twitter e Instagram, causa una “piccola” svista dovuta a un video. Per sbaglio infatti, è stato immortalato troppo da vicino il collare del suo cagnolino, dove era decisamente ben visibile il numero….da chiamare in caso di emergenza. Accortasi dell’errore la cantante lo ha subito rimosso, ma il dado ormai era tratto! Non osiamo immaginare quante chiamate avrà ricevuto la “povera” cantante...con buona probabilità i fan ne avranno approfittato per farle qualche “serenata telefonica ad hoc” magari proprio con qualcuno dei suoi successi. La sexy Kate è arrivata al successo mondiale nel 2008 con il singolo che subito è diventata una hit: I Kissed a Girl, l’album di debutto col suo nome d’arte, One of the Boys, è il trentatreesimo album più venduto del 2008. Katy riceve quindici nomination ai Grammy Awards e detiene il record per il maggior numero di settimane consecutive nella top ten della classifica dei singoli statunitensi: tra il maggio 2010 e il settembre 2011 (69 settimane con cinque singoli diversi). La Perry è senza dubbio poliedrica: cantante, giudice ospite della settima edizione del programma britannico The X Factor, creatrice di sei profumi e anche doppiatrice di…Puffetta! Debutta al cinema nell’estate 2012 con Katy Perry: Part of Me, il 26 giugno 2014 viene premiata dalla RIAA per aver ricevuto più certificazioni digitali in assoluto negli USA e nel 2015 agli Youtube Music Award. Incidenti sulla privacy a parte, la musica e lo stile della Perry sono riusciti a farsi strada prepotentemente nella discografia mondiale, cosa che va detta, data l’offerta enorme è alquanto difficile…al momento oltre ai numeri di telefono dispensati per errore, stiamo decisamente aspettando che il suo prossimo album ci faccia ballare. S a r a E s p o s i t o

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Apple Watch lo smartwatch secondo Apple. “C’ eravamo tanto amati…” è il motto dei tanti appassionati del mondo della tecnologia quando si riferiscono ai prodotti Apple e le nuove uscite concorrenti sempre più originali e multitasking. Eppure con l’avvento dello smartwatch targato Apple è possibile assistere a una novità assoluta, impossibile da paragonare a altri sistemi smart. Con questa mossa, Apple potrebbe aver calato l’asso nella manica del suo dispositivo da polso: a differenza degli altri smartwatch in commercio, quasi tutti concentrati unicamente sui dettagli tecnologici, Apple Watch è innanzitutto un prodotto da indossare e sfoggiare. Perché è sempre stata questa la funzione dell’orologio, anche nelle sue versioni più classiche: adattarsi al look, all’umore e alla personalità del suo possessore.

Disponibilità e prezzi

Durante la prima esposizione del prodotto alla boutique Colette, nel pieno centro di Parigi alla quale hanno partecipato personaggi del calibro Jonathan Ive, Karl Lagerfield e la direttrice di Vogue USA Anna Wintour, sono stati resi noti i prezzi e le tre diverse tipologie di Apple Watch.

•Apple Watch:

da 649 a 1.199 euro per la versione 38 mm, da 699 a 1.249 euro per la versione da 42 mm;

•Apple Watch Sport: 399 euro per la versione da 38 mm, 449 per quella da 42;

•Apple Watch Edition:

da 11.000 euro a 18.000 euro per la versione da 38 millimetri, da 13.000 a 16.000 euro per la versione da 42mm.

L’orologio made in Cupertino ha diviso il lancio del prodotto in due momenti differenti: infatti dal 24 aprile l’Apple Watch è già disponibile in alcuni paesi come Hong Kong, Francia, Germania, Regno Unito, Australia, Canada, Cina, Giappone e USA, a breve uscirà anche nel belpaese. Sarà disponibile solo dall’I Phone 5 in su.

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•Cinturino in plastica: cinturini in diverse

colorazioni, dal verde brillante al rosso, realizzati in fluoroelastomero, flessibile e resistente agli urti. L’aggancio è in questo caso con una speciale clip, simile a quelle dell’ iPod Touch per il fissaggio del cordino da polso.

Il Display non poteva che non essere in retina con una speciale densità di pixel in modo da tradurre l’immagine più qualitativamente chiara. E’ stata La cassa si presenta alquanto bombata, rettan- adottata la speciale tecnologia della Force Touch golare con gli angoli tondeggianti in cristallo di in modo tale da rendere la pressione a cui si sta zaffiri o di ioni( sport edition); la rotella laterale meno pesante possibile. permetterà l’utilizzo delle più delle 1000 applicazioni disponibili e fungerà anche da tasto rapido Batteria per le funzioni basilari. Per la costruzione della cassa sono stati utilizzati tre materiali diversi per La batteria ha un’autonomia di 18 ore, si ricarica quante sono le tipologie: per l’ Apple Watch si da una uscita speciale posta sul lato del prodotto tratta di acciaio lucido inossidabile, in tinta nae ha un ciclo di vita di tre anni. Ha una memoria turale o nero siderale; per l’Apple Watch Sport di 8 GB due dei quali dedicati ai file audio. alluminio anodizzato in argento oppure in grigio siderale; discorso diverso per l’ Apple Watch Edition che con la cassa in oro 18 carati, realizza- Caratteristiche tecniche to con uno speciale processo di lavorazione che lo rende due volte più duro e resistente rispetto Condivisione Digital Touch: gli Apple Watch all’oro classico. possono comunicare fra di loro con un sistema Ogni scocca potrà essere abbinata con un cintu- totalmente nuovo, ma anche particolarmente rino diverso, proprio per rendere omaggio alla sensoriale. Richiamando il contatto con l’apposimoda e allo stile di vita del compratore. to pulsante laterale, è possibile disegnare a schermo un messaggio da inviare: una lettera, uno smiley, un breve disegno. Vi sono poi delle comunicazioni più emozionali: con un tocco si può far capire a una persona di averla pensata, mentre mantenendo premute due dita sullo schermo si invia al partner il proprio battito cardiaco, che verrà fedelmente riprodotto dal ricevente grazie al motore di feedback tattile. Infine, vi è la possibilità di utilizzare Apple Watch come un improvvisato walkie talkie; •Cinturino in metallo: il classico bracciale a maglie e aggancio magnetico oppure l’originale maglia milanese;

Cassa, cinturini e schermo

•Cinturino in pelle: cinturini classici, moderni con aggancio di protezione o loop in pelle completamente magnetici;

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Fitness:

l’orologio intelligente può suddividere le attività salutari in esercizi di fitness o veri


e propri workout. Monitora il movimento, la quantità e la qualità delle attività giornaliere e stimola a non essere troppo sedentari con degli speciali avvisi. Può inoltre tener traccia delle sessioni di cardio o di allenamenti intensivi come la corsa o la ciclette, calcolando frequenza cardiaca e calorie bruciate;

umore in base a colori o design preimpostati, dalle classiche lancette alle immagini spaziali, passando per Topolino. Le funzioni glance permettono di impostare delle schermate di informazioni, dal meteo ai fusi orari, da visualizzare semplicemente scorrendo le dita dal basso verso l’alto sul display.

Mail:

si possono controllare le proprie mail, a Photo e camera: accedendo alle fotografie ci cui rispondere sempre con la dettatura vocale; si ritroverà di fronte a un mosaico. Con la rotella laterale basta effettuare lo zoom per ingrandire ognuna di queste fotografie. Inoltre, vi è la possibilità di comandare alla distanza la fotocamera posteriore del melafonino;

Mappe: sono presenti delle mappe molto simili

a quelle di iOS 8 e OS X Yosemite, tenendo presente come la funzione necessiti della localizzazione GPS di iPhone per operare correttamente. Telefonate: Apple Watch permette di effetAllo stesso modo, è possibile attivare un naviga- tuare chiamate in vivavoce sfruttando microfono e altoparlante. Non essendo dotato di alloggiatore passo-passo; mento SIM, la feature è disponibile solo in abbinato a un iPhone; F r a n c e s c o L i V o l t i

Messaggistica: è possibile partecipare a con-

versazioni iMessage o inviare SMS dallo schermo del device, sempre in abbinato a un I Phone. Per inserire il testo si ricorre alla dettatura vocale, l’unica tastiera disponibile è quella delle emoji; Meteo, calendario e Passbook: così come evidente dalla schermata iniziale, lo smartwatch può accedere facilmente a tutte le informazioni memorizzate su Meteo, Calendario e Passwork, anche da iCloud;

Personalizzazione e glance: l’interfaccia di Apple Watch può essere altamente personalizzata, per mostrare quadranti secondo il proprio 43


DA GRANDI POTERI DERIVANO GRANDI RESPONSABILITà:

H A P P Y BIRTHDAY MARVEL.

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uasi un secolo di emozioni, di fiato trattenuto e di occhi sgranati, quasi un secolo di lotta del bene contro il male. La Marvel spegne le sue settantacinque candeline ricordando con un libro (75 years of Marvel Comics. From the Golden Age to the Silver Screen) di ben 700 pagine i grandi successi che hanno segnato il proprio cammino, ripercorriamone insieme le tappe principali.

WHEN IT ALL BEGAN

Siamo nel 1939 ed un piccolo editore newyorkese di nome Frank Torpey ha appena ideato una delle primissime riviste a fumetti da proporre al suo pubblico intitolata Motion Picture Funnies Weekly, una storia lunga poche pagine che spulcia nella del supereroe Namor, meglio conosciuto come Sub-Mariner. Questo primo esperimento non ottiene grandi successi ma attira l’attenzione di un altro imprenditore della grande Mela: Martin Goodman, il quale ne intuisce le potenzialità ed acquista il progetto. La rivista, limata e potenziata verrà ripubblicata il 31 agosto 1939 con il nome Marvel Comics. A Sub-Mariner si affiancano Angel, Ka-Zar e Torcia Umana. E’ l’inizio della storia dei fumetti più amati al mondo. E’ l’inizio di un’era.

THE GOLDEN AGE AND THE CRISIS Il ventennio 1930-1950 passa alla storia come Età dell’Oro per il fumetto americano (il genere si svilupperà in Europa solo successivamente e con estrema lentezza) che raggiunge alti picchi di popolarità anche per la praticità del suo for46

mato ed i prezzi contenuti. Siamo nel periodo di ripresa post grande depressione, è stato lanciato il new Deal rooseveltiano e gli Stati Uniti, forti della posizione di predominio acquisita nel mondo, iniziano a sentire il bisogno di costruire i propri miti. Dalle matite Marvel spunterà così Capitan America, un gracile cittadino americano a cui viene negata la possibilità di arruolarsi per il servizio militare durante la seconda Guerra Mondiale e che diventerà invece, in seguito ad un esperimento scientifico, il muscoloso e temerario protettore della patria che tutti conosciamo, pronto a lottare conto le potenze dell’Asse per difendere la libertà americana. Questo fecondo periodo sarà destinato però ad un rapido declino dovuto in parte allo scarseggiare di idee da parte dei cartoonist e in parte alla spietata campagna anti-fumetto portata avanti dallo psichiatra tedesco Friedric Wertham, il quale pubblicò numerosi scritti in cui identificava nei fumetti una delle principali cause di delinquenza giovanile individuando nelle storie dei supereroi una serie di messaggi subliminali quali ad esempio una presunta relazione omosessuale tra Batman e Robin ed elementi legati alla pratica del bondage nel personaggio di Wonder Woman.

THE MAN

La Rivoluzione Marvel degli anni ’60 ha un nome ed un cognome: Stan Lee, pseudonimo di Stanley Martin, una delle menti più brillanti nel campo dei cartoons. Nipote dell’editore Martin Goodman inizia a lavorare per suo zio da giovanissimo come ragazzo tuttofare. Passerà poi ai riempitivi per i fumetti di Capitan America, da questo momento inizia a palesarsi il suo talento che si afferma definitivamente nel 1961, anno in cui caccia dal cappello l’idea dei Fantastici Quattro. Dopodiché seguirà un’escalation di personaggi destinati a riscuotere successi sempre maggiori: Spiderman, l’incredibile Hulk, Thor, Ant-Man, Daredevil e molti altri ideati insieme ad altri cartoonists di spicco quali Jack Kirby, Steve Ditko e Bill Everett. Insieme a loro Lee reinventa il genere dei supereroi rilanciando la Marvel ed innovando profondamente la creazione di fumetti; sarà proprio Lee a plasmare il concetto di Retold Origins (riadattamento della storia delle origini dei personaggi della Golden Age senza apportarvi modifiche troppo vistose) e ad ideare un meto-


do più veloce di realizzazione delle storie (passato alla storia con il nome “Metodo MARVEL”) che aumenta l’azione creatrice del disegnatore.

SUPERHEROES OR SUPERHUMANS ?

Il contributo più grande che Lee ha dato è sicuramente l’invito rivolto al mondo del fumetto ad evidenziare l’aspetto umano dei propri eroi. Lo Spiderman marveliano per esempio, è un giovane ragazzo, Peter Parker, che deve prendersi cura della sua zia rimasta vedova e fare i conti con i propri problemi sentimentali; Reed Richards (Mister Fantastic) e Susan Storm (Donna Invisibile) si sposeranno in uno degli episodi de I Fantastici Quattro del 1965 dando vita alla prima relazione sentimentale tra supereroi nella storia del fumetto. Gli Avengers sono innanzitutto esseri umani, i quali portano sulle spalle come qualsiasi persona comune la propria storia e le proprie esperienze di vita, il loro rapporto con la società non risulta sempre facile e la gestione dei propri superpoteri non è sempre semplice. L’acuta lungimiranza di Lee si paleserà inoltre nell’ideazione di Pantera Nera, il primo supereroe d’origine afroamericana.

WHAT ABOUT THE FUTURE ?

Dopo aver sfiorato l’orlo del baratro nel 1996 la Marvel Entertainment naviga oggi a vele spiegate, rafforzatasi sicuramente dopo esser stata acquistata il 31 agosto 2009 dal colosso Walt Disney Company alla cifra di 4 miliardi e 200 milioni di dollari. Il futuro dei nostri supereroi preferiti sembra però relegato al grande schermo allontanandosi sempre di più dalla carta. Anche se la moda dei fumetti (particolarmente i classici ed i pezzi da collezione) sembrerebbe tornata in auge da qualche anno a questa parte galoppando l’onda del vintage e del “vecchio è bello”, le effettive vendite di cartoons vanno diminuendo anno dopo anno e le folle di teenagers emozionati sembrano mobilitarsi unicamente davanti al grande schermo (l’agitazione sale per l’uscita a breve di “Avengers: Age of Ultron” nelle sale di tutto il mondo). Se tuttavia il cinema si propone come nuovo mezzo per tramandare la tradizione dei supereroi di padre in figlio allora, anche se a malincuore, ben venga un cambiamento che assicuri il continuo della tradizione. Nonostante ciò, quelli che Stan Lee definiva i “True Believers” , i veri credenti ed affezionati, rimarranno per sempre, schermi a parte. S a r a h M e r a v i g l i a

La Rivoluzione Marvel degli anni '60 ha un nome ed un cognome: Stan Lee artwork_Pasquale Angerame

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HOZIER: TAKE ME TO…THE TOP! 285 milioni di riproduzioni su Spotify, 7 settimane in testa alle nostre classifiche, 3 dischi di platino, questi e molti altri i numeri che cercano di spiegare il fenomeno irlandese che porterà il suo tour in Italia ai primi di Luglio.

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a letteratura musicale è piena di storie di ragazzini, poco più che ventenni, che un giorno si siedono al pianoforte della casa in cui sono cresciuti e scrivono una canzone che li fa diventare delle star mondiali. Detto così sembra molto più facile di quello che realmente non è, ma la storia di Hozier e di “Take me to church” è proprio questa. Andrew Hozier-Byrne, meglio noto come Hozier, negli ultimi mesi ha letteralmente monopolizzato i nostri padiglioni auricolari. La sua “Take me to church” ha fatto da colonna sonora a pubblicità, programmi televisivi e anche a una spettacolare coreografia con protagonista la stella del balletto russo Sergei Polunin, il cui video firmato da David LaChapelle, regista e autore di tantissime tra le copertine di Vogue, Vanity Fair e GQ , ha raggiunto le 10 milioni di visualizzazioni su Youtube. L’ultima soddisfazione del musicista irlandese è stata cantare la sua Hit in coppia con una Signora della musica, Annie Lennox, all’ultima edizione dei Grammy Awards, dove peraltro era

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in gara per il premio di miglior brano dell’anno (vinto da “Stay with me” di Sam Smith). Eppure Hozier non è solo la malinconica “Take me to church”, in uscita adesso è il nuovo singolo “Someone New”, tratto sempre dal suo album di esordio. Il brano rispecchia a pieno l’altra anima del cantante, e cioè un miscuglio tra l’inconfondibile soul della sua voce, il blues e la cultura musicale americana a cui ammette di essere estramente legato. Gli States paiono per altro ricambiare questa ammirazione, dal momento che il tour americano, che vede Hozier impegnato proprio in questi giorni e fino alla fine di Aprile, sta facendo registrare il Sold Out per moltissime delle date in programma. Un tour infinito che proseguirà poi da Maggio in tutta Europa fino alla fine di Agosto. Hozier sarà in Italia con due date: il 7 Luglio a Pistoia in Piazza Duomo per il Pistoia Blues Festival e il giorno dopo a Milano al Magnolia, dove si prevede il tutto esaurito. F

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artwork_Francesca Pannone


Snoop Dogg, smoking B…USH!

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l titolo è BUSH e, chicca delle chicche, è interamente prodotto dal genio del momento Pharrel Williams. Il connubio tra questi due mostri internazionali non può che essere orgasmico per l’udito, due personaggi la cui impronta marca il territorio con estrema personalità da oltre due decadi. Le sorprese però non si fermano a questo, il progetto del rapper di Long Beach contiene rinomatissime collaborazioni, Stevie Wonder e Charlie Wilson tra tutti. Cosa aspettarsi da questo album? A detta di Snoop, e come dimostrato dal primo singolo estratto Peaches ‘n cream, è qualcosa di completamente nuovo, mai ascoltato o prodotto prima sia dalla scena internazionale che dalle due menti geniali che ci sono alle spalle. La carriera di Doggy è stata molto eterogenea negli ultimi anni, l’ultimo LP interamente hip hop pubblicato è stato Doggumentary, nel Marzo 2011. Nel 2013 sono stati lanciati Reincarnated, suo primo album reggae sotto lo pseudonimo di Snoop Lion, e 7 Days Of Funk, in collaborazione con Dâm-Funk e sotto lo pseudonimo di Snoopzilla. Ciò che viene estratto da queste ultime esperienze è proprio BUSH, un misto di R&B e rap-funk psicadelico. La firma è 50

delle labels Doggystyle Records, Columbia Records, i am OTHERS e rappresenta il tredicesimo studio album di Snoop Dogg. “E’ un progetto fantastico, migliore del mio” ha espresso Williams, riferendosi al suo scorso album Girl, ma non ha voluto dare maggiori informazioni per non rovinare la sorpresa. Se facciamo due passi indietro nel tempo possiamo ritrovare già alcune collaborazioni tra i due artisti, come Beautiful e il famosissimo Drop It Like It’s Hot quindi, come se non bastasse la sicurezza dei loro nomi, abbiamo la prova empirica che ciò che sta per uscire è una vera e propria perla musicale. Peaches ‘n cream non è il solo singolo estratto dall’album, si sono infatti susseguiti So many pros e California Roll. Quest’ultimo è una vera e propria apoteosi del funk: l’inconfondibile timbro di voce di Stevie Wonder e la sua armonica accompagnano il rap rilassato, quasi da thc, di Snoop Dogg. Snoop Dogg ama l’Italia, questo è risaputo, ed in programma ci sono già due date nel Bel Paese. Il 27 Luglio sarà a Napoli, mentre il 28 Luglio parteciperà con Marcus Miller al Lucca Summer Festival. F a b r i z i o P i n c i


Il nuovo album di Snoop Doggy Dogg è in dirittura d'arrivo.

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