Costruire e Misurare. II libro - Viaggio alla ricerca delle misure dell'architettura

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COSTRUIRE E MISURARE Dottorato di ricerca in Problemi di metodo nella Progettazione architettonica - VIII ciclo

Mauro

Moriconi

Università degli Studi di Genova Facoltà di Architettura

II LIBRO - VIAGGIO ALLA RICERCA DELLE MISURE DELL’ARCHITETTURA



COSTRUIRE E MISURARE tre libri intorno al problema

Mauro

della geollletria nell'architettura

Moriconi

Dottorato di ricerca in Problemi di metodo nella Progettazione Architcuonica - VIII ciclo ~

'\Wl

UniversitĂ degli S.'tudi di Genova FacoltĂ di Architettura



Ringrazio: il Collegio dei Docenti del Corso di Dottorato in Problemi di metodo nella Progettazione di Genova, che ha seguito questo lavoro; in particolare il professor Luciano Grossi Bianchi e il professor Guido Campodonico, che hanno entrambi seguito lo sviluppo della ricerca; in particolare il professor Aldo De Poli per i suggerimenti preziosi;

Architettonica della Facoltà di Architettura

il profcssor Giancarlo De Carlo e il profcssor Francesco COllOqUIche sono stati di stimolo a riflessioni determinanti;

Venezia

con cui ho avuto dei

la professoressa Orietta Pedemonte che gentilmente ha prestato interrogativi riguardo gli aspetti matematici che Le ho posto, aiutandomi

attenzione a risolverli;

agli

la signora Iolanda Morando e la Segreteria dell'Istituto di Progettazione della Facoltà di Architettura di Genova; la Direzione ed il personale della Biblioteca Carboneri della Facoltà di Architettura di Genova; le Direzioni della Biblioteca Centrale del Politecnico di Milano, della Biblioteca del Politecnico di Torino, della Biblioteca della Facoltà di Architettura di Firenze e della Biblioteca Nazionale di Firenze che hanno mostrato grande disponibilità ad agevolare tempi stretti per consultare i testi.

1lI


IV


PREMESSA

Questa tesi di Dottorato nasce nella convinzione che non sia possibile, per l'architetto, isolare un tema di ricerca e che ogni studio egli intraprenda coinvolga necessariamente la totalità dei suoi interessi. È forse possibile una specializzazione nel campo della storia delì 'archi tettura, così come nell'ambito della sperimentazione tecnologica oppure nella messa a punto di strumenti di pianificazione. Ma l'oggetto di tali forme di sapere è ben diverso da quello dell'architettura, la quale deve avere un orizzonte più ampio. La delimitazione, quindi, di un campo specifico di indagine (in quanto ramo specialistico), non soltantanto non è mai stato l'obiettivo di questa ricerca, ma è stato considerato fin dall'inizio un pericolo da evitare con la massima attenzione. La questione della misura, che rappresenta il fulcro di questo studio, è particolarmente insidiata da tale pericolo. Ogni qual volta si cerca di separarla dalle altre questioni la si incanala in un vicolo cieco che conduce ad un gretto accademismo. Nel passato si era consci di questo rischio e sebbene le riflessioni sulla proporzione, sulle misure dell'architettura, fossero al centro di gran parte delle elaborazioni teoriche, queste non diedero luogo allo specialista della materia. Non è un caso che solo nel diciannovesimo sia apparso un tale personaggio. Ciò conduce inevitabilmente ad una seconda questione: per un architetto la ricerca non è dissociabile dalle sue intenzioni. Quando Robert Venturi propone un tentativo di fare della critica architettonica che sia al tempo stesso un 'eapologia», una spiegazione del suo lavoro, egli intende affermare che in quanto architetto egli si deve inevitabilmente compromettere, deve mettersi in gioco. Se manca la tensione verso questo fine la ricerca rischia di precludersi l'accesso alla costruzione. Rischia di allontanarsi dalla pubblica piazza.

v


Gli effetti di un tale atteggiamento sono devastanti. Da una parte le teorie perdono la possibilità di verifica, dall'altra le prassi diventano routines agnostiche. Gli architetti teorici che, per uno strano paradosso, riescono a costruire, vanno incontro a creare oggetti alienati dal mondo concreto. Il professionismo pragmatico, invece, accetta senza riserve le incongruenze e procede senza una strada e senza nemmeno un sentiero. Il mondo che ne deriva appare sempre più evanescente. Il titolo scelto per questa tesi di Dottorato - Costruire e misuraretestimonia quindi lo sforzo di evitare questi rischi. Si obbietterà, certo, che il problema della misura è quanto di più etereo si possa immaginare. Che sia improponibile parlarne fuori dalla ristretta cerchia degli specialisti, e che nessun'altra ricerca sarebbe meno indicata ad ottenere un risultato pratico. La tesi sostenuta in questo studio nasce dal rifiuto di un atteggiamento che veda il problema sotto questa luce, sebbene si sia coscienti che esso rappresenta il pensiero egemone. L'architettura giunge infatti alla misura solo in quanto diventa un metro per appropriarsi dello spazio, per misurare la terra: una geo-metria. Essa cerca un legame tra le misure significativo in sé, a prescindere dalle contingenze sempre in divenire, perché nasce dall'idea che il costruire sia in sé stesso un atto dotato di senso, un abitare. Se l'architettura perde la capacità di ottenere questo obiettivo rischia di smarrire la sua ragione di esistenza. Allora, come avviene nel mondo contemporaneo, il senso della misura svanisce.

VI


INDICE

COMMENTATO

11testo che costituisce la tesi di Dottorato si articola in tre parti, che sono state chiamate libri perché, nonostante costituiscano un insieme unitario e si completino vicendevolmente, posseggono una loro forte autonomia. I tre libri rappresenteranno tre approcci differenti ad uno stesso problema. Essi ruotano attorno al concetto di misura, cercando di dargli un orizzonte abbastanza ampio da coglierne le molteplici angolazioni. In termini semplificati si può dire che il primo libro cerca di stabilirne il che cosa, il secondo il come e il terzo il perché del problema della misura in architettura.

I LIBRO - MISURE:

LOGICA DELLA MEDIAZIONE.

Il primo libro rappresenta il tentativo di definire una base logica del problema per ridurre le possibilità di equivoco prodotte dalle ambiguità dei termini e dei concetti. Il punto di partenza è riflessione intorno alla differenza tra le misure. Tale differenza può essere isolata prendendo in considerazione due sole misure per estendere, in seguito, il problema. L'idea, già espressa per nel Timeo di Platone, è quella di trovare in un terzo la mediazione di quella differenza essenziale che altrimenti diverrebbe abissale. Partendo da questo principio elementare si cerca di chiarire il concetto di proporzione, definendo una teoria generale che comprenda sistemi apparentemente distanti. INDICE:

Premessa terminologica

5

2

] tre medi del Timeo di Platone

9

3

I tre medi e il quadrato

15

4 4.1 4.2 4.3 4.4

Proporzioni notevoli La sezione aurea La diagonale del quadrato La radice di tre Le proporzioni musicali

23 27 35 39 43

5

Conclusioni

51

VII


II LIBRO - VIAGGIO DELL'ARCHITETTURA.

ALLA

RICERCA

DELLE

MISURE

L'obbiettivo del secondo libro non è quello di un'analisi storica. Non si ricercano rapporti di causa ed effetto né di continuità e discontinuità tra periodi storici, né si vuole essere esaustivi per ogni momento storico trattato. Si propone invece un viaggio attraverso le idee, seguendo una traccia fornita dal problema della misura, cercando delle stazioni per riflettere sui problemi che esse implicano. Anche se le forme di controllo della geometria hanno assunto differenti aspetti nel tempo, non si può parlare di un pensiero in evoluzione. Ogni forma - il canone, il tracciato, la scala di numeri, etc ... - mantiene un valore indipendente dal progresso tecnologico in divenire. Analizzando i resti di teorie e di edifici si ricerca un filo di Arianna, un eterno presente che leghi tra loro architetture per altri versi lontane. INDICE:

Pietre senza parole

5

Vitruvio

41

Art de jometrie

49

Harmonia

59

Le trame di Viollet-le-Duc

75

La simmetria di Le Corbusier

95

Epilogo

117

111 LIBRO - MISURA E MISURE. Il terzo libro si pone l'obiettivo di osservare le misure dell'architetto del costruire dal punto di vista complesso dell' attualità. I sistemi di controllo che il mondo contemporaneo propone (che vanno dal sistema metrico, alla normativa, all'ingegneria) sono in un certo senso in antagonismo con la tradizione dell'architettura, in quanto ne mettono in discussione gli strumenti. Ma se la tecnica contemporanea riesce a risolvere problemi circoscritti, essa non produce una unità del costruire ma una frammentazione sempre più pareellizata. Si vuole quindi dimostrare come la confusione ed il disinteresse sul significato della misura sia un aspetto determinante della crisi nella disciplina. Ci sono due possibili strade: rinunciare al controllo, al disegno, delle misure e ad un principio di unità, oppure battersi per ribadire, sempre e di nuovo, l'unità del progetto attraverso la resistenza al caos. La scelta tra queste due strade è forse ancora aperta.

INDICE:

VIII


Misura

7

Metro

Il

Calcolo

15

Dimensione

23

Norma

29

Spazio

35

Geometria

45

I Appendice proporzione II Appendice

Nota

bibliografica

sul

problema

della

- Calcoli relativi al I libro

IX



COSTRUIRE E MISURARE

II libro

VIAGGIO ALLA RICERCA DELLE MISURE DELL'ARCHITETTURA

Mauro Moriconi



INDICE:

Pietre senza parole

5

Vitruvio

41

Art de jometrie

49

Harmonia

59

Le trame di Viollet-le-Duc

75

La simmetria di Le Corbusier

95

Epilogo

117

Note

121

3



PIETRE SENZA PAROLE

… marbres rectilignes… colonnes verticales… entablements parallèles à la ligne des mers… Le Corbusier1

Il tempio greco lascia senza parole l'architetto contemporaneo. L'enigma che esso pone non riguarda tanto questioni archeologiche, né definizioni stilistiche e sistematizzazioni storiche. Il pensiero greco rappresenta un punto zero della nostra cultura. È conservato nel nostro linguaggio, fa in qualche modo parte della nostra quotidianità. Così leggendo Platone, ascoltando l'Edipo Re oppure osservando la Venere di Milo, si riesce ad avere un contatto con qualcosa che ci appare perfettamente comprensibile. Questo non tanto perché non sussista una differenza tra il mondo che ha prodotto quelle opere ed il nostro, quanto perché questa è colmabile attraverso una sedimentazione continua di interpretazioni. In occidente ciò non avviene per le altre culture arcaiche. Esse ci affascinano ma ci appaiono irrimediabilmente distanti. Eppure il tempio, nel suo insieme, appare più distante perfino delle rovine babilonesi. Ciò che crea lo smarrimento nell'architetto contemporaneo è la difficoltà a riconoscere un intento espressivo nei greci, la ricerca di un'immagine capace di fondare l'aura di uno spazio. Il tempio appare legato alla fissità di un modello che viene ripetuto durante i secoli, con variazioni sfumate, in un processo di distillazione che coinvolge un'ampia area geografica. Il modello ha una base elementare: una rappresentazione sublimata della casa primordiale, un tetto a capanna che protegge una stanza. La grecità rappresenta un momento d'inizio del nostro pensiero. Un inizio è un luogo ove non solo comincia qualcosa, ma dove si dipanano infiniti modi di essere di quella cosa. I costruttori greci vivevano, invero, in questa condizione esistenziale. Un inizio reiterato teso in un atto di fondazione. Luminoso, volto a stabilire, una volta per tutte, un argine al fluire imprevedibile dell'esistenza. Oscuro, intento a cancellare le tracce di un delitto. * * * *

Pietre senza parole

5


Da una parte c'è la natura mossa da leggi imperscrutabili, dall'altra la necessità di dare all'esistenza una struttura razionale, intellegibile. La lotta tra l'ordine ed il caos, che è del resto il fulcro della mitologia, della letteratura e della filosofia greca, sta alla base del tempio. L'architettura all'origine è uno sforzo compiuto da una comunità per dare un segno della sua presenza. Il tempio è una costruzione fondamentalmente inutile. Costa molte energie e non produce alcun vantaggio tangibile, monetizzabile. È una casa offerta ad un dio, ad una essenza e quindi sottratta alle proprie necessità ed è, tra tutte le case, la più costosa! La casa serve per vivere, difendersi dal caldo e dal freddo, svolgere delle funzioni. Ma il segno costruito di ogni civiltà è la presenza di questo spazio vuoto, dedicato alla rappresentazione del mondo. L'architettura, in quanto forma di pensiero, si realizza nella creazione di questa offerta. Prima della civiltà esiste il rifugio, straordinaria creazione millenaria in cui tutto coincide. Dopo c'è bisogno di qualcos'altro. L'architettura in origine è fare un tempio. * * * * La grecità diversamente dalle altre culture arcaiche concentra i suoi sforzi nella fondazione di un ordine razionale. Il tempio, il periptero dorico, rappresenta l'esercizio costruttivo di tale azione. L'istituzione di un modello così preciso elimina con un taglio netto la ricerca espressiva dello spazio. Si rinuncia ai contrasti sorprendenti che caratterizzano le grandi costruzioni delle altre civiltà; contrasti di immagine, di dimensione, di luce. Effetti mozzafiato calibrati con sapienza. I mezzi architettonici dei greci sono infinitamente poveri. La cosa è lì, non c'è trucco: semplicemente un tetto ed una stanza. La percezione dell'oggetto è fredda, tragica. Tutto è indirizzato a meditare sul come quei pochi elementi noti vengono legati. * * * *

L'ordine non può mai avere una vittoria facile, neanche nel giardino incantato del τεµενος. Le relazioni tra le parti ed il tutto variano ogni volta, nonostante gli elementi di base siano gli stessi. 6

Costruire e misurare: II libro


Infatti il modello del tempio non è, come si potrebbe credere, una soluzione ideale ad un problema circoscritto. Il modello si configura piuttosto come una serie di questioni insolute. Sotto l'apparenza di una fissità olimpica si nasconde un mare in tempesta. Ogni parte tende ad imporre la sua differenza rispetto alle altre. Il rischio della contraddizione, dell'imprecisione logica, risulta completamente scoperto perché il modello è un meccanismo predisposto a punire qualsiasi distrazione. Il come del tempio si realizza attraverso un calcolo preciso. Non potrebbe essere altrimenti: fare le cose a occhio, guidati dalla sola µετις, condurrebbe, in tali condizioni, ad una disfatta certa. I greci definivano tale percorso intellettuale συµµετρια, cioè la scienza della commisurazione (la medesima cosa si può chiamare, con un termine più recente, proporzione). La συµµετρια si configura come la via razionale alla composizione. Composizione significa relazione significativa tra le misure. Le misure, nella loro differenza irriducibile, sono legate da una legge che dà loro un significato, una posizione. La συµµετρια non è certo un'invenzione greca ma il tempio greco è forse l'unico edificio che risulta inspiegabile senza di essa. La convinzione che la συµµετρια sia emanazione di una concezione matematica dello spazio è profondamente radicata. Tale convinzione è la principale responsabile di una serie di fraintendimenti che conducono ai vicoli ciechi della mistica numerologica oppure a rifiutare in toto il problema. L'errore di partenza è credere che lo spazio matematico preceda quello architettonico, ovvero che il secondo mutui dal primo gli strumenti del proprio operare. Prima si impara il concetto di punto, di retta… poi si possono disegnare le piante ed i prospetti con il metodo di Monge. Prima si apprende un sistema di ordinate e di ascisse poi si dimensiona l'edificio ricorrendo al sistema metrico decimale. La realtà è ben diversa. La parola geo-metria lo indica chiaramente. La parola parla di una misura-della-terra. Ma la terra prima di essere misurata con i numeri è misurata con il segnare, con il creare punti di riferimento, con il costruire su di essa. Ecco perché prima che si formalizzasse il pensiero matematico l'architettura aveva già dato i suoi capolavori. Non serve nessun misterioso extraterrestre per spiegare Stonehenge. Semplicemente architettura e geometria erano un tutto inseparabile. Solo in seguito è nata una geometria matematica. Infatti ancora al tempo di Vitruvio non esisteva una netta distinzione tra matematico ed architetto. L'architettura è, in questo senso, una geometria, la prima geometria. Ma come si articola di fatto la συµµετρια greca? Le rovine dei peripteri dorici sopravvissuti non mostrano alcun reticolo, alcuna legge inequivocabile. Da un lato la distanza che anche oggi separa il disegno dall'esecuzione, sommata all'azione del tempo, fa sì che il rilievo fornisca dati approssimativi. Sul Partenone, ad esempio, sono stati applicati molti schemi proporzionali contraddittori, ma sostanzialmente non esiste possibilità di verificarne alcuno. D'altro canto le fonti scritte che ci sono pervenute sono insufficienti a dare una spiegazione. Pietre senza parole

7


Ci troviamo come chi ascolti frammenti di un quartetto di Beethoven senza avere cognizione alcuna della teoria musicale che permette ciò. Catturiamo brandelli della forma ma le regole perdute rimangono tali. Se si prendesse un rilievo di un edificio di Palladio, non una pianta ideale, e, senza conoscenza delle fonti teoriche del rinascimento, si provasse ad analizzarne le proporzioni, si arriverebbe alle stesse conclusioni. Siamo nel paradosso di non poter decifrare un oggetto che invece appare fondato su un principio di intelligibilità. Ancora una volta si rimane senza parole. * * * *

Qualcosa però si può ancora dire… L'idea greca di architettura manifesta l'opposizione razionale al caos. Tale idea rimane il tratto distintivo dell'architettura occidentale. Naturalmente essa ha avuto sviluppi assai differenti ma è questo εθος che distingue chiaramente la cultura occidentale da altre. La grecità non induce l'appercezione estetica con un effetto di sorpresa o di prodigio, ma con l'esibizione dell'ordine nell'attimo del cristallizzarsi. È in quel preciso momento, in cui si mostra il riflesso dell'essere, che si provoca la commozione. L'ineffabile sta nel perché di quella formalizzazione non nel come. Come avviene nella tragedia o nella lirica così in architettura la consapevolezza del come, del suo articolarsi, accresce anziché diminuire la pienezza dell'esperienza. Questo è il motivo per cui la teoria, cioè l'anatomia dell'architettura, ha avuto uno sviluppo enorme. La συµµετρια ha rappresentato il nocciolo di tale teoria perché introduce nel campo del dicibile l'idea di spazio. Quasi nessuno mette in dubbio che oggi, in ogni campo del sapere, il modello occidentale vive una crisi profonda. Una crisi strutturale e non congiunturale. Uno stato di crisi è una situazione in cui v'è la necessità di raggiungere un livello superiore, ma esiste anche la possibilità di venire sopraffatti dai problemi ed essere distrutti. Nel campo dell'architettura tale stato ha comportato l'abbandono della συµµετρια d'origine greca, il volgersi ad altro. Si possono distinguere due svolte. Da un lato quella di ritenere il come un dominio dell'indicibile. Ciò ha prodotto l'idea romantica della proporzione. Un'idea che enfatizza un approccio rapsodico al progetto. Altre culture hanno sviluppato un'architettura senza teoria, un pensiero che non seziona il suo corpo, che si mostra tutto intero. Mai però s'era messo in discussione il carattere oggettivo dell'ordine. L'idea romantica di proporzione, invece, demanda a criteri soggettivi la definizione del significato.

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Costruire e misurare: II libro


L'altra strada è quella di credere che il perché sia indagabile razionalmente. La tragedia classica è una somma di avvertimenti contro i pericoli di una tale ipotesi. Questa strada confonde lo spazio esistenziale con quello matematico. Anzi, si nega il primo a favore del secondo; paradossalmente si sovrappone l'efficienza al significato, il mezzo al fine. Oggi non si può mettere in discussione l'efficienza dello spazio matematico per catturare molti aspetti della realtà. Ma per misurare la presenza di un mortale quello spazio è vuoto, non può nulla. Queste due strade, complementari, hanno prodotto il disastro dell'urbanizzazione di questo secolo. L'architettura come geo-metria non è più compresa da nessuno e il risultato è un ambiente smisurato. Il ritorno all'origine, al tempio greco, oltre a essere una categoria fondamentale di ogni attività poietica, si carica di un ulteriore significato: la ricerca di una strada, un sentiero abbandonato che sia ancora percorribile per superare l'attuale stato di paralisi; l'occasione di un punto a capo.

Pietre senza parole

9


Paestum, Heraion II.

Appunti di viaggio ...

Pietre

senza

parole

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Pietre

senza

parole

11


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Paestum, schizzo.

12

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CostruIr

.

e

e misurare:

L

II

libro


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Segesta, schizzo.

A

luogo

TIluogo cambia ma lo sviluppo del modello sembra essergli indifferente. Il periptero mantiene immobili le sue coordinate sia in madrepatria che nelle colonie. Le realizzazioni creano un dialogo a distanza come se ci fosse un canale sotterraneo che collega i luoghi, una fonte Aretusa li alimenta. La sacralità del luogo preesiste all'edificio. Un capo, una roccia micenea, un crinale ... luoghi santi per vocazione. Il greco ascolta e costruisce uno scrigno di pietra per contenere il simulacro di un dio. Istituzionalizzando il fenomeno che trova dà inizio ad una nuova era per quel luogo. TItempio greco nasce da una imposizione astratta al sito. Eppure il pensiero greco è tanto sensibile alle sfumature di un luogo da concepirne la divinità come una sua incarnazione, ogni luogo ha il suo patrono immortale. La differenza tra i luoghi appare tale solo se può essere misurata. Misurare è l'atto dell'isolare una cosa e confrontarla con le altre, traslarla. Un edificio, una permanenza conoscibile che media il succedersi degli eventi, è il metro dello spazio esistenziale: Il sole non conobbe la sua magnitudine fino a quando non incontrò il fianco di un edificio.?

Pietre

senza

parole

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:<.~•• -.

II facciata Est. ,

Costruire

e

Paestum, Heraion

14

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surare

II

Il r o


Selinunte, tempio E.

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luce

Il tempio offre una progressione di intensità luminosa. Una condizione comune in ogni casa, anche la più povera, viene qui sublimata attraverso una trasposizione nel mondo della geo-metria. Le colonne del peristilio annunciano, come in una ouverture, il percorso dal chiaro allo scuro attraverso le scanalature delle colonne, che ne moltiplicano lo sfumato degradare. Il npovooç raddoppia, in tono sommesso, il ritmo della facciata. Il vooç: la penombra, l'UÒ1YtOv: il buio. L'orientamento est- ovest dà un carattere perentorio al meccanismo narrativo. All'alba ed al tramonto le condizioni di soleggiamento sono complementari. La luce si fa raggio ed attraversa i corridoi per l'intera loro lunghezza. Al mattino la statua del dio è illuminata frontalmente da una luce solida. I suoi materiali riflettenti inondano di riflessi la stanza. Al meriggio di ogni giorno si assiste al passaggio di un testimone tra i due fronti. Per un attimo entrambi si trovano in una condizione tra l'ombra e la luce.

Pietre

senza

parole

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Alla sera l'accesso al vcoç avviene in completo controluce e dopo essere entrati ci si trova in una momentanea condizione d'accecamento. Di notte una luce modesta di lanterna accesa nella cella rivela le forme da un'angolazione capovolta. Questo è il modello: la luce nel regno della misura.

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Costruire

e

misurare:

II

libro


Pietre

senza

parole

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Paestum, Heraion II.

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Costruire

e

misurare

II

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Itil

i

J Paestum, Heraion II, schizzo.

F

angolo

L'apparente immobilità del tempio si dissolve ad ogni angolo. La soluzione d'angolo è una manovra di contenimento di una situazione potenzialmente squilibrata. Il modello del tempio presenta una serie di problemi irresolubili nel punto di contatto tra lo sviluppo di due direzioni ortogonali. Nella trabeazione, ad esempio, è noto il cosiddetto conflitto angolare. Il ritmo dei massi squadrati dell'architrave, quello dei triglifi e delle metope, quello dei partiti secondari, subiscono un arresto che si tramuta in variazione. La pavimentazione della m:pta'tacrtç laterale, che spesso ne segna l'asse ha, invariabilmente, le fughe non allineate con quelle del pavimento antistante il npovcoç, Il yctaov del frontone con quello del fianco; il ritmo delle pietre del Kpllmòrol1a... Concentrandosi sul singolo angolo si ha l'impressione di una composizione disordinata, ma nell'insieme questa sensazione scompare. Si rischia una frattura ma poi si ricompone un'unità. Come è possibile ciò? La oou-uerpic non può essere solo una parola! Per induzione si può affermare che il tutto sia controllato ad un livello superiore. Non c'è altra possibilità. Se così non fosse ogni parte si staccherebbe dalle altre, si assisterebbe ad un'esplosione, come un vaso di Pandora scoperchiato, come avviene ... nell'architettura contemporanea.

Pietre

senza

parole

19


20

Costruire

e

misurare

II

b r o


Atene, Partenone.

Pietre

senza

parole

21


22

Costruire

e

misurare:

II

h r o


Capo Sunion.

G

basamento

Primo contatto tra il modello astratto ed il sito è la giacitura sul suolo. Ciò avviene in un'infinità di modi e dipende, ovviamente, dalle condizioni del terreno. A volte poggia sulla roccia viva che viene scavata, o modellata, a volte sono necessarie fondazioni profonde di pietra. A volte risulta drammatico, a volte mormorato, come quando sta su un prato verde.

L'eoeovrnpi«, il piano rettangolare su cui poggia il KPTlmòro/J.u rappresenta il limite tra suolo ed edificato. E un gradino di spessore infinitesimale, una linea, un orizzonte, un punto a capo. La crUJ..4lC'tpw. del tempio comincia da quel rettangolo. Sotto l'eueUV't11ptUc'è un magma in formazione, sopra c'è il mondo del controllo. Mai una tale opposizione è stata affermata in maniera così esplicita.

P ie t r e

s en z a p ar o l e

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C o s t r uir e

e

m i s u r a re:

I I

l ih r o

5


Bassai, Tempio ad Apollo Epicurio, triglifo.

Pietre

senza

parole

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Atene, Teseion.

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C o s t r u ir e

e

In i s u r a re:

I I

Iih r o


Atene. muro Acropoli.

C

materia

Un muro nell'ambiente rurale è un muro di pietre rifinite quel tanto necessario ad ottenere un assemblaggio. L'architettura cerca di ottimizzare il muro per ottenere il massimo di prestazioni. Per fare un muro di pietre ad opus incertum bisogna cavare la pietra e poi adattarla alla situazione costruttiva. Per fare un muro di pietre squadrate bisogna che già dal primo momento si abbia un'idea abbastanza precisa dell'intera esecuzione dell'opera: misure e organizzazione del lavoro. In questa verità banale risiede l'origine dell'architettura. La colonna dorica è unanimemente ritenuta il simbolo del costruire ellenico. Essa trasforma in linea, attraverso un processo costruttivo, la materialità del muro. Il cilindro pieno del fusto fa spazio a quello cavo della scanalatura. L'incontro tra due vuoti si riduce fino a diventare un impercettibile confine, un'idea. Il come della colonna sono lineamenta del cilindro. Il perché sta nell'indicibile confronto tra la linea immaginata e la consistenza bianca della materia. L'erosione del tempo ci restituisce la pienezza di questo momento.

Pietre

senza

parole

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Paestum.

28

Costruire

e misurare:

II

libro


Paestum, metopa del tesoro alle foci del Sele, schizzo.

Paestum, Heraion L

Pietre

senza

parole

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Paestum, Heraion I.

Paestum, Heraion II, schizzo.

30

Costruire

e

misurare

II

h r o


.•••• =.:,::::.:;.. --

Paesturn, schizzo.

B

numero

1,2,3 ... Simboli che rappresentano un universo di rapporti elementari: l'unico, il doppio, la serie. Uno è l'unità. In quanto modello il tempio è un tutto. È possibile riconoscerlo tale sia in un esempio isolato, in cima ad un monte, che in un insieme di varianti riunite nell'acropoli. Il modello è un progetto di unità a lungo termine. Anche le piramidi di Giza o molte altri insiemi d'edifici hanno voluto esprimere un progetto del genere. Ma in nessun caso si è affermato questo principio con tale perseveranza. In quanto oggetto hic et nunc esso raggiunge una nuova unità rispondendo ai problemi posti dal modello. Si manifesta attraverso una configurazione inipetibile. Pietre

senza

parole

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Due è la dicotomia. Due unità riflettendosi diventano complementari e costituiscono una unità più grande, incorruttibile. Due parti, eguali e differenti ad un tempo, si legano e formano una simmetria. La simmetria è essenza del disegno del tempio dorico. Nasce da un principio costruttivo semplicissimo: due falde di un tetto cadendo l'una sull'altra si stabilizzano. Da questo principio seguono una serie di conseguenze che sono sviluppate ossessivamente. L'unica eccezione alla legge è lo spazio dedicato alla plastica che segue il principio a distanza, ricordando la originaria separatezza delle parti. Tre è già la molteplicità. Una serie è una molteplicità che si presenta come una ripetizione di elementi eguali. La serie comincia con tre elementi identici e si protrae fino a numeri ignoti. Tre gradini del xpnmòoxio; diventano una serie minima ed in ciò si riconoscono come un altro tutto. Il tempio greco pone la ripetizione seriale come principio concettuale fondamentale, nonostante i mezzi di produzione favorirebbero la variazione. Una schiera di individui identici ritma lo spazio.

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Costruire

e

misurare:

II

libro


Paestum, Heraion II, vcoรง,

Pietre

senza

parole

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Paestum, Heraion II, nEptO"'tucnC;.

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Costruire

e misurare

II

libro


Paestum, Heraion II, schizzo.

D

assi

È assolutamente evidente che il periptero dorico ha un asse di ouuuerpio; egemone, ma credere che questo sia un dogma è forviante: ogni volta c'è una lotta anche se le conclusioni si assomigliano. L'asse centrale pone la cella al centro di un recinto di colonne. Così oltre al primo asse longitudinale se ne creano due secondari, speculari. Un corridoio delimitato da un lato dal muro della cella, dall'altro dalle colonne del peristilio. Molti segni, nella pavimentazione o nel soffitto, indicano la volontà di segnare un asse. Si verifica, però, un fatto inspiegabile con i criteri moderni: nel periptero dorico la colonna della facciata non è mai in asse con il muro della cella. La fuga prospettica ha una conclusione dissonante! Basterebbe allargare un poco la cella per ottenere un effetto stabile. In un edificio impostato su un reticolo quadrato un tale problema sarebbe risolto in partenza. Infatti nessun architetto dell'ottocento incorrerebbe in un tal rischio, nemmeno Leo von Klenze nel suo Walhalla. Questo fatto non può certo essere considerato un errore. L'effetto è voluto. Ciò che si percepisce è una sorta di slittamento, un movimento delle colonne della facciata rispetto a quelle del fianco. Due partiti architettonici si scontrano apertamente. Le differenze vengono mediate senza essere celate. Questo principio, che si riflette in ogni dettaglio, restituisce l'abisso che separa la concezione dello spazio matematico, assoluto, da quello della proporzione.

Pietre

senza

parole

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36

Costruire

e

misurare:

II

libro


Pietre

senza

parole

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Paestum, Heraion II, naos.

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Costruire

e

m

s ur ar e

II

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E

analogia

La ripetizione di rettangoli simili, sta ,alla base della avaì.,oYHl, altro nome, secondo Vitruvio, per indicare la proporzione. E come la rima nella lirica, la consonanza nella musica: la ripetizione introduce in un ritmo. Rhythm (... ) is the first formal aesthetic relation of part to part in any aesthetic whole or of an

aesthetic whole to its part or parts or of any part to the aesthetic whole of which it is a part' ...

Il ritmo, come comunemente inteso, è prodotto da una sequenza di oggetti, da una ricorrenza di pieni e vuoti. Ma il ritmo è anche qualcosa di più. Esso viene prodotto da una ricorrenza di forme che si ripetono ai diversi livelli di scala. , Come indica l'etimologia della parola, il ritmo è un fluire, uno scorrere. E il respiro della creatura di pietra. Esistono analogie semplici ed analogie composte. La prima di queste, la più semplice, quella che si riconosce intuitivamente, è il quadrato. Il quadrato è presente in vari modi nel tempio dorico. Lo si trova sempre negli abachi, spesso in alcuni brani di pavimentazione, a volte in elementi secondari. Ogni tempio ha un suo ritmo. Se però si cerca, nel tempio dorico, una griglia quadrata si rimane delusi: non c'è. La griglia permette una relazione tra le misure ma uccide la differenza: omologa, appiattisce. Non è un legame tra lunghezze che nascono differenti ma è la moltiplicazione infinita, senza qualità, di una unica misura scelta arbitrariamente.

Pietre

senza

parole

39



VITRUVIO

Dall'antichità l'unica fonte consistente sulla teoria dell'architettura che ci è pervenuta è, come noto, il De Architectura libri decem di Vitruvio.4 Questo corpus di libri ha indiscutibilmente rappresentato nella cultura architettonica dell'occidente un testo fondante, il testo per antonomasia, almeno fino alle porte dell'era moderna. Addentrarsi distrattamente nell'ermeneutica di questo testo significherebbe commettere una leggerezza oggi imperdonabile. Ma anche all'architetto contemporaneo, inevitabilmente ignorante di questioni archeologiche, appare evidente che il concetto di proporzione non è solo una presenza superficiale del testo ma ne rappresenta la spina dorsale. Nel primo libro Vitruvio enuncia una definizione paradigmatica del concetto di symmetria come una categoria fondamentale dell'arte dell'edificare: ITEM

SYMMETRIA EST EX IPSIUS OPERIS MEMBRIS CONVENIENS CONSENSUS EX PARTIBUSQUE SEPARATIS AD UNIVERSAE FIGURAE SPECIEM RATAE PARTIS RESPONSUS. UTI IN HOMINIS CORPORE E CUBITO, PEDE, PALMO, DIGITO CETERISQUE PARTICULIS SYMMETROS EST EURYTHMIAE QUALITAS, SIC EST IN OPERUM PERFECTIONIBUS

La symmetria è il conveniente accordo fra i singoli membri dell'edificio e la loro corrispondenza proporzionale con la figura globale. Come nel corpo dell'uomo la qualità dell'euritmia è commisurata dall'avambraccio, dal piede, dal palmo, dal dito e dalle altre particelle, così è anche nel perfetto edificio.5

Il termine proportio entra in ognuna delle sei categorie che egli dichiara costituire l'architettura6. La definizione dell'Eurythmia poi è così simile a quella della symmetria che si fa fatica a capire le ragioni di una distinzione.7 Si può affermare, senza possibilità di smentita, che la questione del rapporto proporzionale nel progetto d'architettura è il leitmotiv del trattato. Detto ciò se ci si chiede come si genera questa symmetria ci si accorge che Vitruvio non dà alcuna risposta razionale a questa domanda. Vitruvio fa riferimento ad una serie di testi molto famosi all'epoca. Con una sorta di bibliografia,8 ci informa di una produzione letteraria sull'argomento vasta e probabilmente articolata. Questi testi sono andati tutti persi ed i riferimenti di Vitruvio rimangano oscuri. Oltre a ciò bisogna considerare che il testo è probabilmente corrotto ed inoltre mancano le immagini che potrebbero aiutare a comprendere. Né l'archeologia né la filologia riescono a sciogliere gli infiniti nodi interpretativi. L'unica legge sulla proporzione dell'antichità è quella enunciata da Platone e da Euclide ma di questa Vitruvio non fa menzione.

Vitruvio

41


Quello che invece traspare nel De Architectura e che sarà oggetto di dispute per i secoli a venire è un concetto potente: il canone. Il termine di origine greca, che non viene quasi mai nominato da Vitruvio, ha un sinonimo latino nel termine regula, che ha una etimologia analoga.9 La regola indica qualche cosa di differente, diametralmente opposto, alla legge. La legge è una disposizione divina o della natura. La regola è invece una convenzione che, per quanto ampiamente condivisa, risulta in ultima analisi transeunte. La !"µµ#$%&' definita da Platone nel Timeo10 spiega la legge generale per mediare la differenza tra due elementi ma non suggerisce alcun indirizzo su come comporre le parti: crea una scacchiera di riferimento. Quando poi egli passa alla descrizione del cosmo fa un salto logico: non dà spiegazioni precise. Dà per scontati dei passaggi; enunciata la legge i singoli passaggi possono essere omessi. Nei dieci libri , invece, si trovano una serie di precetti sulle misure da adottare - delle regole - ma non si stabilisce e non ci si pone di stabilire alcuna legge generale. Il canone è uno strumento che ha il pregio inestimabile di stabilire dei punti di riferimento. Evita il maggiore pericolo della legge, la sua generalità. Ricercare la legge significa percorrere il con-fine di un certo ambito; significa immaginarne l'assenza, la morte. In tale condizione si tende ad un limite in cui l'autenticità del significato si avvicina all'annullamento del senso. Ciò non è solo un'idea astratta e filosofica, è una questione molto pratica. Nella applicazione della legge si deve, ogni volta, ripercorrere l'intero processo dal generale al particolare. Il canone è la via più sicura alla proporzione. Evita che un Icaro maldestro si avvicini troppo al sole e decreti così la propria fine. Prescrive delle linee di condotta e concede la libertà dell'eccezione. Quest'ultima dovrà essere motivata da un principio di necessità. Quando l'eccezione diventa un gioco fine a se stesso la strada verso il canone è un riferimento negativo, una regola non più condivisa che va trasgredita con logica libertina.

Rilievo metrologico greco.

Vitruvio introduce la symmetria dei templi parlando del corpo umano : AEDIUM

COMPOSITIO CONSTAT EX SYMMETRIA, CUIUS RATIONEM DILIGENTISSIME ARCHITECTI TENERE DEBENT, EA AUTEM PARITUR A PROPORTIONE, QUAE GRAECE '(')*+&' DICITUR. PROPORTIO EST RATAE PARTIS MEMBRORUM IN OMNI OPER TOTOQUE COMMODULATIO, EX QUA RATIO EFFICITUR SYMMETRIARUM. NAMQUE NON POTEST AEDIS ULLA SINE SYMMETRIA ATQUE PROPORTIONE RATIONEM HABERE COMPOSITIONIS, NISI UTI AD HOMINIS BENE FIGURATI MEMBRORUM HABUERIT EXACTAM RATIONEM.

42

Costruire e misurare: II libro


La composizione del tempio è una symmetria; il cui calcolo gli architetti debbono scrupolosamente conoscere ed applicare. La symmetria nasce dalla proporzione, in greco '(')*+&'. E la proporzione è la commensurabilità di ogni singolo membro dell'opera e di tutti i membri nell'insieme dell'opera… È infatti chiaro che nessun tempio potrebbe presentare un sistema di costruzione senza simmetria e senza proporzione; se cioè non abbia avuto un esatto calcolo delle sue membra, come nel caso di un uomo ben fatto.11

Il primo strumento per misurare la terra, per istituire una geo-metria, è il corpo umano: il dito, la mano, il passo, etc. Ogni uomo ha un corpo leggermente differente e se ci si vuole intendere bisogna stabilire un corpo convenzionale a cui fare riferimento, un metro. La singola misura potrà forse essere scelta arbitrariamente, ma le articolazioni tra tutte le misure saranno scelte secondo una qualche regola che faciliti le operazioni da effettuarsi nella vita quotidiana. Questa regola sarà, per l'appunto, un canone. Detto in termini semplificati questa è la genesi di tutti gli antichi sistemi di misura lineari e, contemporaneamente, dei canoni artistici basati sul corpo umano. Si prenda come esempio il sistema metrico anglosassone. Le sue misure possono sembrare relazionate in maniera assai complicata. Se però si compie uno sforzo di razionalizzazione, come ha indicato Scholfield,12 tutto apparirà più semplice. Si consideri la matrice sottostante:

1

2

4

8

3

6

12

24

9

18

36

72

la prima riga è costituita dalla progressione doppia mentre la prima colonna è costituita da quella tripla, gli altri sei termini sono i prodotti dei primi sei.

1

2

4

8

3

6

12

24

9

18

36

72

I termini di questa matrice hanno delle proprietà additive: ogni termine è divisibile per tutti quelli della sottomatrice della quale è estremo;

Vitruvio

43


1

2

3

6

9

18

+

4

8

12

24

36

72

inoltre ogni termine può essere considerato la somma dei due numeri soprastanti, oppure come differenza di due sottostanti (vedi schema).

1

2

4

8

3

6

12

24

9

18

36

72

Per quanto sorprendente possa sembrare, il sistema metrico anglosassone ha una struttura logica del tutto analoga a questa matrice.13 Prendendo come modulo la misura più piccola, il pollice (inch), le altre sei - la mano (hand), il piede (foot), il palmo (span), la yarda e i cubiti (fathom14 ) - assumono tutte una collocazione precisa in questa visione generale. La misura più piccola corrisponde alla parte più piccola dell'uomo, il dito, quella più grande, all'altezza di un uomo alto (un policeman alto 6 piedi15!) 1 in.

2 in.

1 hand (4 in.)

2 hands

3 in.

6 in.

1 ft. (12 in.)

2 ft.

1 span (9 in.)

1 1/2 ft.

1 yard (36 in.)

1 fathom (72 in.)

Ogni canone umano nasce da una logica simile. Anche quello di cui parla Vitruvio funziona così,16 nonostante la sua matrice sia un po' più complessa.17 I vantaggi immediati di un tale sistema sono evidenti: con pochi numeri si possono contare distanze notevoli. Anche il sistema metrico decimale, nato con la rivoluzione francese, offre questi vantaggi. Esso è anzi molto più semplice da manovrare e per tale motivo ha conquistato la supremazia su tutti gli altri sistemi. Il metro umano ha però una proprietà che il metro illuminista non conosce: fornisce un gruppo di misure preferenziali. Con pochi elementi, con il minimo uso di frazioni, si possono concepire tanto le misure di una statua, come quelle di una porta, facilitando una soluzione composta, priva di residui. Ciò perché quelle relazioni di base offrono una varietas che funziona come una tavolozza di colori. Esse nascono da un'idea di spazio discontinua mentre il metro lineare, che nasce dall'idea di uno spazio continuo, è del tutto incapace di dare qualche indicazione in proposito.

44

Costruire e misurare: II libro


Sia chiaro che con ciò non si vuole affermare che il canone metrico sia il prodotto di una teoria matematica. Si potrebbe ipotizzare che i canoni si formino nei secoli secondo un processo, per così dire, di distillazione naturale. Oppure si potrebbe cercare di dimostrare come certi altri canoni siano un lontano riflesso di teorie precise. Difficile prendere una posizione. In ogni caso il canone trasmette una sistema di relazioni senza fornire alcuna teoria. Per questo il canone è lo strumento per il controllo delle misure della tradizione. Così come la regola d'arte assicura uno sfruttamento efficiente dei materiali, il canone assicura un livello minimo di componibilità delle misure. Nell'edilizia povera esso crea un argine contro il caos: e la composizione si compie senza disegno. In realtà la tradizione segue un disegno la cui esecuzione è prevista a lunga scadenza, un progetto collettivo e in una certa misura inconsapevole che si compie nei secoli. Il canone è lo strumento di questo progetto. Sebbene il canone non faccia riferimento ad una teoria, la sua logica risulta intellegibile quando si consideri la sua estensione, il suo mezzo: il modulo. Il modulo si potrebbe definire come una piccola misura 18 commensurabile con altre più grandi secondo numeri interi o frazioni con numeri bassi. Nella concezione antica, infatti, il modulo non è una grandezza che si può moltiplicare indefinitamente. Esso rappresenta una misura che ha un intorno, limitato, di relazioni. Così come i sistemi di misura antropometrici sono pensati per usare cifre piene e piccole, il canone è pensato secondo rapporti semplici e mai rapportato al minimo comun denominatore. Il modo di descrivere le misure di Vitruvio può forse sembrare complicato, ma, in realtà, parte da questa idea che è lontana da quella moderna. Il diametro della colonna potrà essere messo in rapporto all'altezza, all'intercolumnio o alla base. Ma, a parte motivate eccezioni,19 Vitruvio indica le misure utilizzando sempre frazioni semplici e cambiando continuamente scala di riferimento. Si prendano in considerazione le descrizioni vitruviane delle basi della colonna. Vitruvio fornisce indicazioni sulle proporzioni in questo modo: …

UTI CRASSITUDO CUM PLINTHO SIT COLUMNAE EX DIMIDIA CRASSITUDINE PROIECTURAMQUE, QUAM GRAECI #,-*%'( VOCANT, HABEANT SEXTANTEM, ITA TUM LATA ET LONGA ERIT COLUMNAE CRASSITUDINIS UNIUS ET DIMIDIAE. ALTITUDO EIUS, SI ATTICURGES ERIT, ITA DIVIDATUR, UT SUPERIOR PARS TERTIA PARTE SIT CRASSITUDINIS COLUMNAE, RELIQUUM PLINTHO RELINQUATUR. DEMPTA PLINTHO RELIQUUM DIVIDATUR IN PARTES QUATTUOR, FIATQUE SUPERIOR TORUS QUARTAE; RELIQUAE TRES AEQUALITER DIVIDANTUR, ET UNA SIT INFERIOR TORUS, ALTERA PARS CUM SUIS QUADRIS SCOTIA, QUAM GRAECI $%*.&)*( DICUNT.

… si faccia in modo che l'altezza della base col plinto sia 1/2 del diametro della colonna, la sporgenza tangenziale, che i greci chiamano #,/*%', ne sia 1/6 (o 1/4); così la base col plinto avrà per lato 1 e 1/2 diametro di colonna. L'altezza, se la base è attica, si divida in modo che la parte superiore sia 1/3 del diametro della colonna; il resto si lasci al plinto. Tolto il plinto, il resto si divida in 4 parti, e una di esse sia il toro superiore; le altre 3 parti si dividano in 2 eguali e l'una sia il toro inferiore e l'altra la scozia con i suoi listelli, che i greci chiamano $%*.&)*0.20

Vitruvio

45


Se si dà il valore unitario al diametro della colonna le frazioni usate possono essere scritte nella seguente forma: 1

1/2

1/4

1/3

1/6

1/12

L'analogia con quanto visto prima è lampante!

Schema interpretativo di Base attica.

Il disegno che ne risulterà non sarà tanto dissimile da quello ipotizzato (vedi figura). Ogni parte si ottiene frazionando con numeri semplici i sottoinsiemi di cui fà parte. I resti, anche se non valutati, saranno componibili (ad esempio l'altezza del plinto, anche se non menzionata, è uguale ad 1/6 del diametro della colonna). La base ionica è più complicata. Nella sua concezione interviene una divisione per 7 che rompe la progressione tripla. Il 7 non permette la stessa combinabilità prima illustrata; se però viene valutato come la somma di 3 più 4 (e così Vitruvio lo intende21) si possono ritrovare altre rispondenze. La matrice concettuale avrà un salto logico:

46

Costruire e misurare: II libro


1

1/2

1

1/3

1/6

1/7 1/(3+4)

1/21 1/(9+12)

1/4

1/8

1/16

1/(3+18)

ma la costruzione manterrà una certa immediatezza.

Schema interpretativo di Base Ionica.

La base attica è un esempio puro ma può trarre in inganno. Si può pensare che il modulo potrebbe valutarsi come 1/12 del diametro della colonna. Questa logica applicata al secondo esempio darebbe un risultato assai improbabile: bisognerebbe scendere ad 1/336. Una misura difficile da gestire. Il diametro della colonna è spesso preso a modulo perché ha un intorno, per così dire, baricentrico rispetto al progetto. Sta tra la dimensione della facciata e quella delle modanature. Ciò non significa che il modulo è l'unità di misura dell'edificio, la cellula da moltiplicare o dividere indefinitamente, così come avviene nella coordinazione modulare contemporanea. In Vitruvio il modulo non ha mai il significato moderno di un pezzo o una membratura che semplicemente ripetuto 22 costituisca la base compositiva del progetto. Se si procede in questo senso si rischia di non capire. Per Vitruvio ciò che importa è il sistema di relazioni, la symmetria, piuttosto che la possibilità di ridurre tutto il progetto ad un'unica misura. Vitruvio

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Va rilevato anche come le misure dei dettagli, listelli, scozie etc., non vengono fornite. È abbastanza facile inventarli proseguendo secondo operazioni simili , cioè continuando a frazionare con gli stessi numeri, sebbene il comun denominatore aumenterebbe notevolmente.

Schema interpretativo della base ionica di Vitruvio, particolare.

Questa imprecisione, che potrebbe essere sommata a tante altre dei dieci libri, ha forse una sua ragione. Il modulo è come una rete che aumenta e diminuisce continuamente. Il canone antico aderisce a questa logica di dilatazioni e contrazioni, bloccando la definizione ad un certo punto ma lasciando aperte delle possibilità. Ciò però apre dei margini di interpretazione, non solo dei buchi da riempire. La regola non deve, non può invadere questo spazio. La pena che rischierebbe, infatti, è quella di rendere sterile il progetto.

48

Costruire e misurare: II libro


ART

DE

]OMETRIE

Villard de Honnecourt, folio 18 v del manoscritto.

Art de jometrie

49


4


In certi casi, ad esempio nel rosone gotico, l'immagine che il tracciato determina è inequivocabilmente riconoscibile perché concettualmente coincidente con la semplice figura di partenza. In altri casi, ad esempio rispetto alla sezione di una chiesa, una volta che l'oggetto è definito, è impossibile coglieme a occhio la configurazione. In realtà esistono molte specie di tracciati e, anche soltanto limitandosi al manoscritto di Villard, se ne possono individuare diverse. Al tracciato possono venir attribuite diverse valenze. Può funzionare semplicemente come schema che faciliti il passaggio dal bozzetto alla realizzazione, alla messa in opera. In tale maniera verrà controllato in partenza l'ingombro generale, lasciando ad una seconda fase lo sviluppo dei dettagli. Può essere uno strumento di trasmissione del sapere. Attraverso il suo uso si può ritrovare facilmente, nel cantiere come nell'atelier, una conformazione o un'idea: può essere indicato, quindi, come un mezzo per comunicare un'esperienza in mancanza di una strumentazione analitica più elaborata. Si può pensare ad un elemento di un ars memorandi= attraverso il quale si trasmettevano formule sperimentate.» La fissazione di una forma riuscita, sia dal punto di vista estetico che tecnico, può essere trasmessa attraverso immagini semplici, 'senza fare intervenire alcuna unità di misura. Scrivere dei numeri sarebbe stato problematico non solo perché le unità cambiavano da luogo a luogo, ma perché avrebbe presupposto la capacità di chi esegue di leggere, sommare e sottrarre, moltiplicare. Tale capacità nel medioevo non era affatto scontata. Anche ammettendo che i maestri lapicidi avessero una qualche conoscenza della matematica, è un fatto noto che la geometria era almeno fmo a Descartes uno strumento di calcolo non sostituibile dal linguaggio aritmetico. Per calcolare una radice quadrata, o semplicemente un'area, anche l'uomo colto ricorreva ad immediate formule geometriche che sarebbero state difficili da spiegare ma facili da praticare. Del resto ancora oggi un tracciato geometrico può rendere facili operazioni matematicamente complicate. Infine si può ricercare un significato simbolico che associ ad una figura geometrica un concetto filosofico o teologico.» Tutte queste spiegazioni possono essere compresenti ma quand'anche sommate l'una all'altra non giungono a chiarire l'essenza del problema: il tracciato regolatore assicura in prima istanza una relazione tra le parti ed il tutto. I rapporti, anche se non vengono espressi uno per uno, sono regolati da un'idea generale.

TI tracciato controlla lo svilupparsi dei dettagli grazie a pochi punti di riferimento generali. Il suo pregio sta nell'estrema sinteticità dei mezzi concettuali utilizzati. Una volta che la figura generale è impostata si può giungere ai dettagli con semplici operazioni di intersezioni di diagonali: le misure che si ottengono saranno sempre strettamente legate. La sua autorità sarà incisiva. Poco importa se non sarà possibile la veduta frontale nella realizzazione. Anche nella deformazione dello scorcio, le relazioni tra le parti si manterranno intatte: una bandiera a scacchi mantiene la sua identità anche sotto il vento più capriccioso. Poco importa perfino la precisione delle misure. I disegni di Villard dimostrano che la precisione del tracciato è di tipo concettuale e non dipende dall'esattezza metrica con cui è eseguito. Una stella a cinque punte può essere anche deformata, ciononostante continuerà a regolare l'oggetto. Allo stesso modo se si misura una cattedrale gotica si scopre che le tolleranze possono essere sorprendentemente alte. Ciò che è invece fondamentale è la corrispondenza tra il tracciato immaginato sulla carta e il sistema di esecuzione. Bisogna che tale sistema abbia la capacità di assorbire, per così dire, le imprecisioni della mano.

Art de jometrie

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Visione dell'abate Gunzo

Alcuni storici hanno avanzato l'ipotesi= che i maestri lapicidi delle cattedrali gotiche ritrovassero le dimensioni stabilite a tavolino direttamente nel cantiere, attraverso funi tese che disegnavano in scala l: l il tracciato. Ciò poteva avvenire sia nel tracciato della pianta che nell'esecuzione degli alzati e, conseguentemente, in quella degli archi. La spesso citata rappresentazione della visione dell'abbate Gunzo fa immaginare un tempio in costruzione ove una ragnatela di funi permeava lo spazio non finito delle navate. Il cantiere apparirebbe come un gigantesco mandala di pietra. L'ipotesi è suggestiva e lancerebbe un ponte diacronico tra i costruttori delle cattedrali e la leggendaria casta egizia degli arpedonauti, i maestri dell'uso della fune.> Purtroppo sussistono ben pochi argomenti per dimostrarla. Gli schizzi di Villard ci danno, piuttosto, una indicazione contraria: egli mostra soprattutto sistemi per misurare, aiutandosi con gli strumenti tipici con cui il maestro era raffigurato: il compasso, la squadra, la livella, la verga. In tre tavole dell'album sono contenute, in maniera condensata, indicazioni relative a triangolazioni, problemi metrici, costruzioni geometriche. Tali operazioni sarebbero inutili senza un disegno di riferimento, un disegno che misuri l'edificio. Il tracciato regolatore era l'unico elemento che potesse assumere una tal funzione; il disegno quotato è un'idea moderna e, infatti, non compare mai nell'antichità .

Villard de Honnecourt, sistemi di triangolazione.

52

Costruire

e

misurare:

II

libro


Se si usassero le triangolazioni visuali al posto di quelle costruite in loco, si avrebbe una rispondenza più mediata tra tracciato e costruzione. Ma l'essenza rimane la stessa. Il tracciato regolatore è un'operazione che tocca la sostanza dell'esecuzione costituendo contemporaneamente un controllo formale ed un piano di intenzioni. Solo secondo questo indirizzo si spiega la natura bidimensionale del tracciato che altrimenti può apparire una limitazione. Il grafico bidimensionale non è tanto la rappresentazione di una veduta quanto la messa a punto di un programma. L'uso del tracciato regolatore nel medioevo è un fatto che non può essere messo in discussione. Almeno nel caso della fabbrica del Duomo di Milano, si hanno prove documentarie di assoluta evidenza."

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80

Duomo di Milano, successione degli scherni proporzionali secondo Ackcrrnan.?

Il Duomo ebbe una genesi truvagliata, nel quale si avviccndarono diversi maestri. Il punto più delicato delle decisioni fu la scelta di un sistema per determinare le dimensioni della sezione trasversale. La prima decisione, che sopravvisse ad una serie di vicende, fu di adottare lo schema ad triangulum proposto da Annas de Firinburg Il sistema proposto altro non era che un tracciato rcgol.uorc basato su triangoli equilateri. Il fatto che Annas avanzò il suo schema nonostante operasse in terra straniera, esposto agli attacchi di chi non aveva accettato di svolgere un ruolo secondario, fa pensare che egli avesse una tradizione ben salda alle spalle. Non si poteva certo trattare di una invenzione personale. Probabilmente l'organizzazione del cantiere gotico era tale da non essere imbarazzata dall'uso di misure irrazionali. Al di qua delle Alpi fu invece necessario l'intervento di un matematico, Gabriele Stornuloco, al quale fu posto il compito di razionalizzare le misure incommensurabili derivanti dal disegno. Va notato che questa fu l'unica volta in cui, nel medioevo, si richiese un tal genere di consulenza. Dopo che i calcoli furono eseguiti e fu fornito un nuovo disegno, venne chiamato a Milano il maestro Heinrich Parler di Gmund (crede di una famosa famiglia di costruttori tedeschi) a succedere ad Annas, che nel frattempo era stato malamente dispensato. La sua diversa provenienza culturale lo indusse a proporre un altro schema fondato, questa volta, sul quadrato (ad quadratumi: l'idea di base era quella che l'intera sezione fosse contenuta all'interno di un quadrato e le partizioni fossero sviluppate da esso. Lo scontro di idee fu memorabile e costò a Hcinrich la perdita dell'incarico. Davanti alla risposta data da una commissione di esperti egli non ebbe altra scelta che abbandonare Milano:

Dubium: Se questa chiesa, non prendendo in considerazione debba essere eretta ad quadratum o ad Responsio:

Dichiariamo

il tihurio che deve essere costruito,

Irilll1glllllll(1

che essa debba crigcrs: o

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triangulum

II

a figura triangolare e non

oltre."

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d e

j u Jn e r rj e

53


Cesare Cesariano, tavola generale c ingruuduucutu di

lIll

particolare.

Il tracciato del Duomo di Milano è, alla base, molto semplice. Nell'immagine pubblicata da Cesariano, si può facilmente comprendere come da un triangolo principale, che regola l'insieme, si passa a triangoli più piccoli che regolano i dettagli. Questi dettagli saranno elementi costruttivi, come i piccoli Iroruoni, oppure elementi dccorativi, le sculture. I disegni figurativi di Villard troverebbero, in quest'ottica, una relazione strettissima con l'intera concezione del tempio. Si può ipotizzare che egli voglia fornire al lettore una sorta di catalogo di forme e di soluzioni. Villard mette però in guardia contro un uso indiscriminato di queste figure: EN CES IIIJ. FUELLÈS 1\ DES FlCìllRI:S J)E I.'!\RT J)I~ .I0MI:TRIE, MAIS AL CONOISTRE COVIENT AVOIR (ìRI\NT I:SCì!\I<T, KI SI\VOIR VELT DE QUE CASCUNE DOIT OVRER.

In questi fogli ci sono delle figure costruite secondo le regole della geometria, ma chi vuole sapere quale deve usare, deve xtudiarle con molta attcnziouc."

Usare quel catalogo generale.

significa

saper scegliere

in relazione,

naturalmente,

ad uno schema

Villard de l lonnecourt, testa di cavallo c profilo umano a confronto.

Nello stesso folio mostra due figure differenti (un profilo umano ed uno equino) impostate sullo stesso triangolo equilatero. Ciò significa, evidentemente, che il controllo delle misure si può esercitare su oggetti differenti.

54

Costruire

e

misurare:

II

l i Ii r o


In maniera complementare mostra poi due volti frontali, quasi identici, impostati su due figure differenti. Questa può sembrare una contraddizione ma non lo è. La scelta di una geometria piuttosto che un'altra dipende da condizioni generali e il tracciato regolatore non è un canone da applicare meccanicamente, secondo un codice.

Villard de Honnecourt, due teste a confronto.

Va inoltre detto che se la figura di partenza è un triangolo equilatero, non è necessario che tutte le figure siano impostate su triangoli simili: si possono trovare delle relazioni geometriche tra figure iscrivendo una figura nell'altra. Ciò è assai chiaro valutando i rapporti tra le rose geometriche delle polifore delle cattedrali. La compresenza di un triangolo equilatero e di un quadrato è idealmente mediata dal dodecagono, massimo comun multiplo.

00 Dal triangolo equilatero al quadrato.

Nonostante molti siano i suggerimenti un tracciato generale come quello del Duomo di Milano manca dall'album. Un solo disegno, piccolo e laterale mostra un tracciato regolatore sovrapposto ad un edificio. Per giunta, è probabile che lo schizzo riguardi un'opera figurativa: la rappresentazione di un portale. TIperché di tale assenza rimane incerto. Sicuramente il manoscritto ci è giunto mutilo e si potrebbe ipotizzare la mancanza di pagine che mostrino i tracciati regolatori delle piante e degli alzati degli edifici. Oppure si può ipotizzare che il tracciato generale non sia stata una questione che potesse essere messa per iscritto. Villard mostra in taluni casi di non voler dire le cose in maniera chiara e usa un linguaggio metaforico. Emblematico è in tal senso il caso in cui egli usa la metafora di una pera sull'albero per indicare il sistema di misurazione di un punto alto e inaccessibile.

Art de jometrie

55


Villard de Honnecourt: In questo modo si mette un uovo sotto la pera in modo che la pera cada sull'uovo/"

Può darsi che Villard, il quale era venuto a conoscenza, nei suoi lunghi viaggi, di tanti maestri e tante scuole, non volesse svelare i segreti più profondi in maniera accessibile a tutti. In questa ottica i disegni figurativi potrebbero essere visti come un modo esplicito per mostrare dei dettagli, un modo traslato, metaforico per parlare di idee generali, per mostrare le diverse scuole di pensiero sulla proporzione. L'immagine del portale sarebbe, allora, una metafora di una porta che apre ad una concezione più ampia di quella immediatamente visibile.

Villard de Honnecourt, portale.

Tutte queste sono ipotesi. Sembra però improbabile che Villard non conoscesse alcun tracciato applicabile all' architettura visto che è indiscutibile che l'art de jometrie era, nel medioevo, uno dei fulcri della sapienza dell'architetto.

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Costruire

e

misurare:

II

libro


Art de jometrie

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HARMONIA

Il De Re IEdificatoria36 di Leon Battista Alberti si propone l'obbiettivo di rendere trasparente, intellegibile, il processo della concezione dell'architettura. L'armonia, l'ordinato dialogo delle differenze, è senza dubbio alcuno uno dei cardini di tale concezione. L'altro cardine sta nella conoscenza della materialità della cosa. La res aedificatoria è il sinolo formato da questi due semplici aspetti: ... NAM AEDIFICIUM QUOD LINEAMENTIS QUORUM ALTERUM SUSCIPERETUR ...

QUIDEM CORPUS QUODDAM ESSE ANIMADVERTIMUS, VELUTI ALIA CORPORA CONSTARET ET MATERIA, ISTIC AB INGENIO PRODUCERETUR, ALTERUM A NATURA

.. .Anzitutto abbiamo rilevato che l'edificio è un corpo, e, come tutti -gli altri corpi, consiste di disegno e materia: il primo elemento è in questo caso opera dell'ingegno, il secondo è opera della natura" ..

Ciò che Alberti chiama lineamenta è qualcosa di molto ampio, assimilabile a quello che per Leonardo è il disegno. Quest'ultimo non va confuso con il disegno tracciato sulla carta, che, anche se importante, ha carattere strumentale. Lineamenta riguarda i principi logici della concezione della cosa e, in ultima analisi, la natura intellettuale della forma." Alberti dedica ampio spazio alla riflessione sulle questioni materiali della costruzione. Non pone mai in questione l'efficienza pratica dell'architetto, la sua accuratezza tecnica; né mai pone la supremazia di questioni estetiche o culturali, come si direbbe oggi, su questioni tecnologiche o funzionali. Ma quando mette a confronto gli elementi della triade vitruviana egli afferma chiaramente che la terza, la venustas, è ... la più nobile oltre che la più necessaria" ...

La bellezza proviene dall'ornamento e dall'armonia. L'ornamento è importante ma in qualche modo è un fattore secondario, complementare. Il primato della proporzione è indiscutibile. Alberti afferma ciò senza mezzi termini e senza perplessità. La bellezza, quella profondamente radicata, quella che conduce a quello stato di grazia che egli chiama concinnitas, nasce dall'armonia . ... DIFFINIEMUS: UT SIT PULCHRITUDO QUIDEM CERTA CUM RATIONE CONCINNITAS UNIVERSARUM PARTIUM IN EO, CUIUS SINT, ITA UT ADDI AUT DIMINUI AUT IMMUTARI POSSIT NIHIL, QUIN IMPROBABILIUS REDDATUR

... definiremo la bellezza come l'armonia tra tutte le membra, nell'unità di cui fan parte, fondata sopra una legge precisa, per modo che non si possa aggiungere o togliere o cambiare nulla se non in peggio."

Certa ratio significa una legge oggettiva, razionale e spiegabile. Una legge che non permetta che il disegno sia differente da quello che alla fine risulta essere; una legge che conduca alla precisione concettuale. Chi afferma che la bellezza nasce da valutazioni soggettive è, egli dice, un ignorante che nega ciò che non conosce. Alberti non si limita, a dare affermazioni di principio. Egli definisce la struttura logica delle sue leggi. Nel IX Libro, come ha dimostrato Wittkower nel suo celeberrimo saggio," egli affronta questo compito. Ciò che egli propone è qualcosa che da sempre è molto familiare nella composizione musicale: una scala di valori assoluti, una scala musicale.

Harmonia

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La scala, considerata nella sua essenza, è più precisa del canone ma fornisce indicazioni meno determinate per costruire l'oggetto. Anche il canone propone un insieme di valori, ma in tal caso la serie è associata ad un oggetto (ad esempio il rapporto diametro-colonnaintercolumnio). La scala è viceversa indipendente dall'oggetto e, semmai, ne determina, a posteriori, le misure tipiche. In tal senso la scala è più simile al tracciato regolatore. La scala di base della teoria albertiana, un gruppo di rapporti e non già di misure lineari, è determinata da soli quattro elementi: l'unison (rapporto di 1:1); il diapente (rapporto di 2:3); il diatesseron (rapporto di 3:4); il diapason (rapporto di 1:2). La genesi di questi quattro rapporti non viene spiegata nel De Re IEdificatoriaa. Per capirla basta però risalire a quello che per antonomasia è il testo della proporzione: il Timeo di Platone.v Che cosa rende così importanti questi rapporti? Per dirla in termini moderni, essi hanno caratteristiche combinatorie tali da permettere sviluppi com positivi amplissimi. Se si progettano misure basandosi su di essi si ha un'alta probabilità che l'insieme e le parti si incastrino l'una nell'altra senza scarti indesiderati. Come esempio delle potenzialità di questa scala Alberti mostra la genesi di 9 aree,» offrendo una serie di sfumature che vanno da quella più corta (quella quadrata) ad una molto allungata.

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Generazione delle nove aree del De Re Aldificatoria, schema interpretativo.

Le prime quattro corrispondono agli accordi fondamentali. Le altre sei nascono da una doppia applicazione di quegli stessi rapporti. Ad esempio la penultima è formata da un lato pari all'unità e da un secondo pari al diapente del diapason della stessa unità. Le aree si possono facilmente comporre tra di loro. Ma Alberti mette in guardia l'incauto apprendista: comporre non significa semplicemente giustapporre, si deve ragionare.

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C o s t r uir e

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HIS NUMERIS, ET PROMISCUE,

QUALES RECENSUIMUS, SED CORRESPONDENTIBUS

UTUNTUR ARCHITECTI NON UTRINQUE AD ARMONIAM.

CONFUSE

Di questi numeri, su cui ci siamo soffermati, fanno uso gli architetti; non però combinandoli rinfusa, sebbene in reciproche proporzioni armoniche."

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Queste aree possono essere utilizzate per definire la pianta di stanze, le partizioni negli alzati, gli ingombri dei volumi. Le altre esigenze del progetto non saranno mai messe in discussione da questo tipo di scelte. Le sfumature sono tante e si potrebbe ulteriormente ampliarle anche se ciò non significa che tutto può andare bene. Cosa significa, infatti, dire che la bellezza è tale da non dover aggiungere o togliere nulla se non cambiando in peggio? A priori le scelte sono infinite: è il mondo del possibile. A posteriori, quando il laccio delle scelte si è chiuso, cambiare qualcosa significa buttare all'aria tutto, significa dover rivedere l'insieme. Alberti chiarisce, in maniera limpidissima, il senso greco della cruJl~'tpt(l. Per far ciò egli deve scavalcare l'autorità di Vitruvio e cercare delle fonti che diano la spiegazione di una legge. Egli non mette in discussione Vitruvio, non propone mai una sua invenzione, un'idea personale di proporzione. Solo il singolo progetto sarà oggetto di invenzione. Le leggi dell'armonia, invece, sono universali e al di fuori di esse l'architettura, semplicemente, non sussiste. Il lavoro di Alberti è affine a quello di altri architetti che daranno luogo alla grande stagione del Rinascimento. Anche il trattato di Palladio, nonostante la sua carica innovativa, è incentrato sulla proporzione. Il trattato consiste in disegni dotati di numeri e brevissimi testi. I numeri non indicano tanto delle quote dimensionali quanto rapporti significativi tra le parti. Oggi si deve fare uno sforzo per leggerli, ma probabilmente, un tempo era, negli ambienti frequentati dall'architetto, un linguaggio assai familiare." Si consideri la pianta della Malcontenta così come è presentata nel secondo libro= e si immagini di ripercorrerne il progetto.

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La Malcontenta, schizzo.

All'inizio c'è un'idea. Una costruzione a pianta rettangolare dominata da uno spazio a croce; si vengono a formare quattro stanze principali, un grande ambulacro di distribuzione e altri spazi secondari. In ciò nessuna dimensione precisa. Ma quando egli passa alle dimensioni interviene un processo razionale che non lascia nulla al caso. Si deciderà, allora, che la croce abbia un lato corto formato da due unità e quello lungo da tre. La croce sarà scomponibile in tre unison (1/1) e due diapason (1/2). Si supponga poi che gli ambienti situati a nord debbano essere notevolmente più piccoli di quelli a sud e che si debbono ricavare due ambienti ancora più piccoli per ospitare le Harmonia

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scale. L'idea è quella di accorciare il braccio nord della croce: si userà un rettangolo in rapporto di diatesseron (3/4). Questa scelta facilita una nuova soluzione sempre in accordo con l'armonia perché gli ambienti a nord risulteranno formati da un rettangolo in diatesseron (3/4) e uno in diapente (2/3).

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La Malcontenta, schema interpretativo

Questo è lo schema concettuale. I muri sono linee senza spessore, un fil di ferro. Se si prova a dare loro una consistenza, ci si trova di fronte ad un bivio: cambiare i rapporti dei pavimenti, facendo sì che lo schema sia in asse con i muri, oppure rivedere lo schema da capo creando degli slittamenti tra gli ambienti. Palladio pratica la seconda ipotesi, forse perché in tal modo sarà più facile gestire i rapporti tra le partizioni interne.

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La Malcontenta, schemi interpretati vi: scomposizione e ricomposizione della pianta.

Gli slittamenti creano in quest'opera non pochi problemi: la zona laterale dell'edificio e quella centrale, avendo un diverso numero di muri, non coincidono più. La soluzione viene raggiunta rinunciando alla purezza degli ambienti-scala e dilatando di poco la lunghezza della croce. Questo spiega quei due numeri strani ( 7 e 46 e 1/2) altrimenti misteriosi.

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Costruire

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II

libro


Inoltre in facciata viene progettato un pronao, con una pianta che corrisponde all'ottava di quelle descritte da Alberti (un diapason aumentato di un diapente), largo quanto il transetto della croce. L'insieme di tale portico e la croce sono inscrivibili in un doppio quadrato, costituendo un ulteriore legame.

Andrea Palladio, La Malcontenta.

Palladio non spiega questo processo compositivo: il farlo sarebbe troppo lungo e, del resto, per chi sa, pochi numeri sono sufficienti. Palladio non poteva certo immaginare un'epoca in cui la pratica della proporzione sarebbe stata abbandonata. Credere che la scala armonica sia l'unico strumento operativo del rinascimento sarebbe limitativo: l'armonia è un concetto piÚ grande. Non mancano manifestazioni esplicite del tracciato regolatore. Ad esempio Francesco di Giorgio Martini, nel suo trattato illustra la sezione di una chiesa facendo ricorso ad un tracciato, che viene spiegato minuziosamente. Oppure le sue famose piante di chiese, sovrapposte alla figura umana, mostrano le linee di costruzione.

Francesco di Giorgio, sezione di chiesa.

H ar m o n ia

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Il tracciato di Francesco è differente da quelli visti in precedenza. È più concettuale; non definisce tanto una figura simbolica - come una stella o un poligono regolare - ma mostra una vera e propria costruzione geometrica. La difficoltà di linguaggio, l'impossibilità di definire a parole quei numeri che i greci chiamavano CJ.Àoyov, i numeri irrazionali, sono forse la causa di una rinuncia a trattare apertamente il tracciato. Alberti," quando parla dei tre medi del Timeo, dichiara che il medio geometrico: ... PERDIFFICILE EST UBIVIS ADINVENISSE NUMERIS, SED LINEIS BELLISSIME EXPLICATUR; DE QUIBUS HIC NON EST UT REFERAM .

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... è molto difficile in concreto che si trovi il valore numerico; tuttavia si esprime benissimo rappresentandolo mediante linee, su cui qui non è il caso di soffermarsi."

Egli non rinuncia a priori alla costruzione geometrica. Se, nel rinascimento, il tracciato rimane una forma di cui si parla poco, è anche vero che alcuni esempi mostrano una tale padronanza di mezzi geometrici che è improponibile non ammetterne un uso esteso." Certi edifici di Palladio sono spiegabili con l'armonia musicale, altri no. Wittkower per sostenere la tesi di una assenza del numero irrazionale nel rinascimento evita di spiegare l'edificio più famoso del maestro veneto: la Rotonda. Le stanze rettangolari hanno infatti un rapporto 15 / 26 che è impossibile spiegare con i rapporti musicali. L'idea di partenza di quest'edificio è semplicissima. Una cupola (che in pianta vuol dire un cerchio) va inserita all'interno di un volume a base quadrata. Il problema è definire lo spazio residuo tra il cerchio ed il quadrato. La strada percorsa è quella di cingere il cerchio con quattro muri in modo da ottenere 4 quadrati, 4 rettangoli e 4 ritagli. Se poi si pensa a quattro corridoi abbiamo una ulteriore divisione che produce 3 tipi di rettangoli nei bordi.

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Come determinare le misure? Alcuni disegni di architetti rinascimentali mostrano, s'è visto, delle costruzioni geometriche. Non è difficile pensare che anche Palladio se ne sia servito per definire alcune piante o alzati.

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C o s t r u ir e

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m i s u r a re:

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Francesco di Giorgio, costruzione geometrica.

Del resto i numeri irrazionali erano gestiti dai matematici, con grande abilitĂ , utilizzando costruzioni geometriche. Non bisogna dimenticare che Newton ancora non faceva uso del calcolo letterale. Con un procedimento simile a quello indicato da CesarĂŹano.> era, inoltre, sempre possibile razionalizzare e rendere esprimibile a parole i rapporti ottenuti.

Cesare Cesariano, esempi di atn rettangolan

Il rettangolo 15/26 ha un rapporto che si avvicina molto a quello con modulo {3. Sebbene sia impossibile che Palladio ragionasse in termini di numeri radicali, sappiamo che egli suggerisce la costruzione del medio geometrico tra due lunghezze." Ed è proprio tale nozione che sembra suggerire una chiave molto semplice per comprendere le proporzioni della Rotonda.

H ar m o n ia

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La Rotonda, schemi interpretativi (a) e (b).

Infatti se il lato del quadrato misurasse 60 e la stanza d'angolo avesse un lato uguale a 15 - un quarto del tutto - allora il medio geometrico tra 15 ed il restante 45 sarebbe una misura assai vicina a 26. La costruzione geometrica è semplicissima (come si evince dalla figura a). La scelta di questa misura induce altri rapporti geometrici che creano similitudini tra rettangoli (vedi schema b).

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La Rotonda, schema interpretativo.

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La Rotonda, disegno dal Secondo libro

Una volta definito il pattern concettuale il procedimento di attuazione, l'inserimento dello spessore dei muri sfruttando slittamenti, è analogo a quello della Malcontenta. Tutti gli spazi sono interrelati da relazioni proporzionali e ulteriori partizioni dello schema saranno praticate con efficacia.

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La Rotonda, schema interpretativo del progetto realizzato.

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Alberti afferma che la bellezza si ottiene quando non si possa aggiungere o togliere o cambiare nulla se non in peggio. La Villa Almerico, invece, è stata notoriamente costruita con una pianta lievemente differente da quella pubblicata da Palladio (così come avviene in molti altri casi), nonostante i libri siano stati dati alle stampe quando la villa era già ultimata. 52 La variante è presumibilmente dovuta alla necessità di avere un corridoio d'ingresso più grande del previsto. Lo schema di base cambia impostando tale ambiente su un quadrato invece che su uno stretto rettangolo. Per rimettere a posto l'intera organizzazione, Palladio deve provvedere ad una serie di aggiustamenti. Verrebbe da pensare che la realizzazione dell'edificio sia un passo indietro rispetto al progetto; probabilmente Palladio la pensava così; però è impossibile fare un confronto tra un grafico e un edificio in carne e ossa. Ciò che qui importa notare è come gli aggiustamenti della pianta non siano mai dettati dall'occhio o dal puro caso. Anche una deviazione da una soluzione ideale è perseguita con determinazione geometrica. L'idea greca di o ouuerpvc rimane punto di riferimento costante almeno fino all'llluminismo. Naturalmente ciò non significa che sia rimasta una coscienza storica dell'architettura greca. Ciò che rimane è l'idea della possibilità di rendere intellegibile il come dell'articolarsi dello spazio esistenziale. Questa idea fa parte, per così dire, del patrimonio genetico del pensiero occidentale. Ogni invenzione formale, ogni manifestazione dell'arte persegue quest'idea. Ciò è valido anche per quello che riguarda i due maggiori sistemi di progettazione del rinascimento: la prospettiva e l'ordine architettonico.

* * * * La prospettiva non nasce come rappresentazione di uno spazio matematico, così come si può desumere dall'impostazione pre-illuminista di Desargues. Come ha dimostrato brillantemente Wittkower,» e come già aveva intuito Panofsky,> la genesi della prospettiva è subordinata al controllo della proporzione.

Leon Battista Alberti, De punctis et lineis apud pictores.

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Costruire

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La necessità è quella di trovare una relazione tra uno sviluppo bidimensionale delle misure ed un loro dipanarsi nello spazio tridimensionale. In altri termini il problema è controllare come un gioco di rapporti mantenga inalterato il suo valore estetico nonostante la percezione scaturisca da una visione parziale e distorta dell'oggetto o, comunque, una visione non rigidamente determinata. Il metodo della prospettiva è razionale e rigoroso. Alberti nel De Pictura fornisce una definizione della prospettiva in cui viene stabilito un rapporto proporzionale tra l'immagine tridimensionale e quella proiettata sul piano . ... resta manifesto che ogni intersegazione della pirramide visiva, qual sia alla veduta superficiale equidistanie, sarà a quella guardata superficie proporzionale» ...

Tanto più un oggetto è lontano dal punto di vista quanto più la sua proiezione sul piano risulta piccola. La meccanica di tale diminuzione può essere valutata facendo riferimento alla geometria euclidea dei triangoli simili . ... di mano in mano raddoppiando il passato spatio, raddoppierà la diminutione» ...

Se si prendono delle aste verticali equidistanti e si seziona con un piano la piramide visiva di un osservatore, si ottengono dei segmenti che variano secondo una proporzionalità inversa. In altri termini si viene a determinare una sequenza di lunghezze che costituiscono una serie armonica (una serie del tipo 211; 3/2; 4/3; 5/4). Una tal serie riproduce gli stessi valori assoluti che vengono enunciati dalla teoria armonica della proporzione! Questa non è una coincidenza fortuita ma la ragione principale della costruzione prospettica. I teorici della prospettiva, da Piero della Francesca a Leonardo da Vinci, erano ben coscienti di ciò.

Codice Huygens, distanze in prospettiva.

Nella concezione rinascimentale mai e poi mai la prospettiva viene usata per rappresentare un oggetto qualsiasi. La prospettiva, anzi, non rappresenta nulla, piuttosto presenta, preordina una situazione spaziale. La famosa immagine di Albrecht Durer, mutuata da Leonardo, può trarre in inganno. PUÒ sembrare, all'uomo contemporaneo, che egli insegni un modo per ritrarre qualsiasi oggetto. Una tale idea è del tutto forviante. Dtirer ha trattato, giungendo al limite del maniacale, i rapporti armonici tra i vari membri del corpo. La tecnica che egli mostra serve per riprodurre un oggetto che ha in sé,

Harmonia

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naturalmente, rapporti misurabili. L'esercizio di imitazione della natura è quindi imitazione di un oggetto perfetto. Ma se è così allora anche la proiezione darà luogo, nonostante lo scorcio, ad un insieme perfetto.

Rappresentazione prospettica di Albrecht Diìrer

Attraverso la geometria dei triangoli simili, che fonda il sistema prospettico, si otterrà, senza grande fatica, un'immagine le cui misure mantengono legami significativi. L'artista comunque dovrà capire quei rapporti e non limitarsi a scattare una fotografia. In architettura la questione non cambia. DELLA

Albrecht Diìrer, femminile.

SIMM

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proporzioni

del corpo

In qualsiasi punto dello spazio un osservatore si trovi, un oggetto, una costruzione, un edificio, basato su rapporti proporzionali, non perde la sua coerenza metrica> ma la incrementa di nuove relazioni di riflessione: questo è il presupposto della prospetti va rinascimentale. Il visitatore che entra neJ1a chiesa di San Lorenzo non ha quasi modo di osservare i due lati della navata centrale. (... ) Egli si muove lungo la navata tra due serie di arcate che digradano secondo una progressione ben definita. In qualunque punto egli decida di fermarsi, la legge di proporzione in prospettiva è sempre valida."

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La prospettiva non cambia il concetto di proporzione. Afferma, usando i mezzi che la sua epoca offre, un'idea che è sempre esistita: le rispondenze di un'opera architettonica, geometricamente costruita, si percepiscono attraverso il movimento. La maggiore critica che verrà mossa alla proporzione dai teorici dell'illuminismo sarà quella della sua astrattezza: la impossibilità di essere percepita nella realtà. La prospettiva sarà vista in opposizione alla proporzione, in quanto metodo scientifico di rappresentare lo spazio. Forse la prospettiva nasce dalla volontà di riaffermare un tal principio che iniziava ad indebolirsi. Se l'oggetto mantiene la sua armonia, comunque sia esperito, ciò significa che non c'è contraddizione tra la sua percezione e la sua realtà.

* * * * La regola dei cinque ordini rappresenta architettonico nel rinascimento.

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del canone

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Sebastiano Serlio, i cinque ordini.

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A differenza della teoria dell'armonia musicale, l'ordine indica prescrizioni specifiche. Si riferisce direttamente ad un oggetto architettonico e alle sue parti: la colonna. Come dice Summerson= l'ordine fornice una gamma che va dal severo e solido allo snello e raffinato. La scelta dell'ordine è, in questo senso, una scelta di un modo di essere secondo un codice di comportamento. Ma ciò che Summerson non dice è che il significato di tale catalogo di misure è subordinato, almeno nella sua formulazione originaria, allo spazio proporzionale. Nel famoso disegno in cui Serlio indica le cinque colonne messe in fila, vengono anche indicate cinque proporzioni - proporzione quadrata, della metà più, etc. I rapporti delle singole parti, non vengono esplicitati, in questo disegno, perché ciò che importa è mostrare una regola generale ad una guardata sola. Et benché nelle colonne et ne' suoi ornamenti non siano tutte le proporzioni et le misure notate, m.a solamente le principali, per regola generale; nondimeno a suoi luoghi non si mancherà che el tutto non sia notato più minutamente. 60

Quei cinque rapporti non sono casuali: sono dello stesso tipo di quelli noti ad Alberti. Partendo da queste indicazioni è possibile desumere, seguendo una logica nota, le misure dell'intera colonna. L'ordine, presente nella facciata, da il la all'intero edificio, stabilendo rapporti precisi. È una proiezione bidimensionale dello spazio costruito. L'associazione tra proporzioni e colonne ha, quindi, un doppio significato: da un lato crea un legame tra le parti di elementi classici - senza tempo - e dall'altra assicura un controllo delle misure dell'intero edificio, facilitando la composizione con pochi calcoli.

Sebastiano Serlio, una facciata in relazione alla pianta.

Da un lato la fondazione di questo canone, come forse quella di ogni canone, ha le radici nella ricerca delle leggi. Dall'altro si riafferma un punto fermo: non c'è differenza sostanziale tra l'architettura in quanto fatto costruttivo e fatto estetico. Le colonne trasmettono, in senso lato, l'ordine a ciò che sta dietro loro: ai muri, alle altezze delle stanze; servono a gestire le differenti esigenze strutturali e funzionali. Proporzioni e schema costruttivo ancora coincidono. Soltanto più tardi si vedranno facciate indipendenti dall'impianto costruttivo. Se si perde il senso di questo ruolo, i cinque ordini diventano un esercizio fine a se stesso. 72

Costruire

e

misurare:

II

libro


Harmonia

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Ci si farebbe delle illusioni se si credesse che le proporzioni, in architettura, sono il risultato di un ìstìnto."

In pieno XIX secolo Eugène Viollet-le-Duc sente il bisogno di fare un'affermazione di questo tipo. Due secoli prima, forse solo un secolo prima, a nessuno sarebbe venuto in mente di prendere una posizione del genere: il significato geometrico della proporzione era fuori discussione, nessuno avrebbe affermato che la proporzione potesse essere il risultato di un istinto. Che cosa è successo?

* * * * Fino all'inizio dell'età moderna, le forme della proporzione scorrono l'una sull'altra ma essa rimane sempre al centro del pensiero architettonico. Alcune questioni diventano importanti, poi vengono abbandonate, ma un'idea rimane pressoché costante: il legame tra le misure di un edificio deve essere controllato rigorosamente. Con la nascita del mondo moderno questa permanenza decade. TIsenso stesso di questa idea viene messo in serio dubbio e soltanto pochissimi architetti hanno opposto una tenace resistenza al defrnitivo oblio del suo antico dominio. Questa tesi fu già sostenuta da Rudolf Wittk:ower. Egli si accorse di un macroscopico vuoto della storia dell'architettura e si impegnò a colmare una tale lacuna. Wittkower dichiarò apertamente che: il modo di intendere la proporzione da parte degli artisti del XIX e XX secolo sembrerebbe quasi senza precedenti. Credo che se la proporzione (o il principio di ordine) fosse stata esclusivo appannaggio del singolo artista, difficilmente nella storia passata si sarebbero affermati degli astri di prima grandezza in campo artìstico.?

Wittk:ower ritornò diverse volte su tale tesi. Purtroppo non si spinse molto avanti nella spiegazione dei rapporti di causa ed effetto che condussero al decadimento del concetto di proporzione. Non sarà compito di questo studio colmare la lacuna del grande storico. Ciò sia perché la complessità del fenomeno è tale da non renderlo affrontabile in uno spazio così angusto, sia perché questo studio non si occupa, in senso proprio, di problemi storici. Vale la pena, però, segnare alcuni momenti, seguendo l'itinerario che è stato già percorso, molto approfonditamente, da Alberto Perez-Gomez nel suo saggio centrato sull'influsso del pensiero scientifico sull'archìtertura.» Se lo schizzo che si propone sarà certamente lontano dall'essere esaustivo, potrà però aiutare a capire la situazione in cui si trova ad operare Viollet-le-Duc.

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Viollet-le-Duc

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* *

* * Una prima svolta può essere ravvisata quando, verso la fine del XVIII secolo, ha luogo la famosa disputa tra Claude Perrault e François Blondel. Argomento della polemica non fu tanto la questione dell'ordine architettonico in rapporto alle norme degli antichi. In realtà entrambi gli architetti credevono, con sfumature diverse, alla possibilità di mettere in discussione l'autorità degli antichi. Non bisogna dimenticare che entrambi furono membri della Académie Royale des Sciences e che la loro formazione aveva dimestichezza con il nuovo metodo galileiano, e con il dubbio scientifico. Il vero nodo del dibattito è costituito, invece, da un fatto eclatante: per la prima volta un teorico, Perrault, mette in discussione il concetto stesso di proporzione e, sempre per la prima volta, un altro si trova a difenderlo. Perrault stabilì, nel suo Ordonnance des cinq espèces de colonnes selon la methode des anciens, un nuovo modo di dimensionare l'ordine. In primo luogo Perrault rileva come, nonostante tanti autori,' nel passato, abbiano mostrato sistemi per proporzionare gli ordini, non si sia giunti a definire una regola universale. Da ciò, e da altre argomentazioni secondarie, egli deduce che l'ordine produce una bellezza che non è fondata su ragioni convincenti, come la bellezza positiva, ma da ragioni effimere che dipendono dalla consuetudine.

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Ora, è significativo che nessuno, prima di Perrault, avesse messo in evidenza le discrepanze tra le regole che forniscono i diversi trattatisti.v La cosa non dava fastidio alcuno perché tutti erano coscienti che l'obiettivo degli ordini non stava nel fissarne definitivamente le misure. Blondel si rende ancora ben conto di ciò:

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Costruire

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misurare:

II

libro


... sans la doctrine des proportions harmoniques, tous les ordres d'architecture ne sont qu'un amas confus de pierres sans règle et sans ordre . ... senza la dottrina delle proporzioni armoniche, tutti gli ordini d'architettura non sono altro che un ammasso confuso di pietre, senza regola e senza ordine."

Ciò che era importante, come s'è detto ripetutamente, saldamente relazionate tra loro, non le misure in sé.

era che le misure fossero

Perrault inizia a mettere in discussione tutto ciò. Egli afferma che, come il corpo umano può essere pesante o leggero, così gli ordini architettonichi servono a codificare un gamma di rapporti differenti. Il problema non è più, però, controllare, attraverso essi, le misure dell'edificio. Capovolgendo la prospettiva, il problema diventa quello di precisare le misure in quanto elementi di un codice linguistico. La proporzione diventa quindi la caratterizzazione, arbitraria, di questo codice. Quando egli afferma che: ... deux visages avec des proportions différentes peuvent avoir une égale beauté ... ... due volti con proporzioni differenti possono avere un'eguale bellezza= ....

usa il termine antico in una maniera che sarebbe già incomprensibile rinascimentale. Due sono le accezioni possibili che egli definisce.

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I cinque ordini di Claude Perrault

Da una parte il significato matematico del termine, dall'altra un significato artistico che può venir percepito da una persona ben educata all'arte. E infatti l'educazione, il bon gota, che può distinguere la bellezza degli ordini e non più una legge naturale.

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Proporzione, per Perrault, significa qualcosa di indefinito che si esperisce nell'oggetto, e che solo grazie alla conoscenza del codice linguistico, può venire apprezzata. Il termine opposto disproportion, che forse viene coniato appositamente, significa assoluta arbitrarietà rispetto al codice. La proporzione è assimilata, in un modo che allora doveva sembrare blasfemo, alla moda dei vestiti indossati a corte. Come quella non ha niente che possa essere apprezzato positivamente e il mutamento dei dettagli ha un'influenza minima sul tutto. Con questi intendimenti Perrault costruisce il suo sistema per determinare le misure dei cinque ordini. La preoccupazione maggiore di Perrault è quella di semplificare il sistema dei rapporti. Egli usa quello che lui chiama il petit module, un terzo della colonna. La divisione per tre è, evidentemente, l'unico principio certo che serve a determinare tutti gli elementi principali. Della teoria armonica della proporzione non rimane traccia alcuna. Le cinque colonne vengono rappresentate assieme, come sempre, ma una cosa colpisce immediatamente. Nello sfondo, vengono disegnate una serie di righe parallele ed equidistanti. Gli elementi si adattano a tale rigatura. I cinque ordini diventano, in qualche modo, perfettamente intercambiabili. La loro diversità è solo decorativa, ma, da un punto di vista compositivo, è omologata. Una tal rappresentazione è del tutto nuova. Una nuova idea di spazio, continuo ed indefinito, emerge attraverso quelle timide righe.

I cinque ordini di François Blondel

Blondel si rende conto della novità delle idee di Perrault e, anche se non può capire la portata del processo in atto, reagisce con tutte le sue forze . ... cette pensée soit singulière et extraordinaire" ...

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II

libro


Egli, nel quinto libro del suo Cours d'Architecture, critica, in modo razionale e aperto, le posizioni del suo antagonista. Esamina le ragioni di Monsieur Perrault e le controbatte punto per punto. Cardine della sua confutazione è dimostrare la ragione naturale della proporzione. Egli afferma che come altre discipline scientifiche - porta l'esempio della meccanica e dell'ottica - anche l'architettura deve avere un principe stable et constant. Tale principio è da ricercarsi - come nella musica che è anch'essa parte della matematica nell'origine del sistema armonico. Sebbene in architettura non sia possibile giungere ad una definizione con la precisione del metodo assiomatico, proprio delle scienze esatte, è possibile, però, pervenirvi per via induttiva. Attraverso una tale distinzione le opere e gli scritti dei maestri del passato assumono un senso pregnante: la loro frequentazione, non dogmatica, serve a circoscrivere i fondamenti della disciplina per via induttiva. Così le leggi della proporzione musicale, determinanti nelle teorie rinascimentali, sono da prendersi come principio per elaborare nuove forme . ... afin que par l'étude et la méditation l'on en puisse tirer dans la suite une infinité de conséquences et de régles utiles la construction des bàtiments= à

La rappresentazione dell'ordine di Blondel è quindi meno definita di quella di Perrault. Come Serlio, egli non vuole dare delle prescrizioni assolute. Vuole invece lasciare il gioco aperto. Nel disegno sono leggibili solamente le altezze delle colonne in relazione al diametro. Tali rapporti costituiscono una progressione 6, 7, 8, 9, lO pour donner une ideé de Chacun d'eux . Per chi conosce bene la teoria musicale dell'armonia non sarà difficile procedere ed ottenere un buon risultato, mentre per capire l'ordine di Perrault è necessario conoscerne, fin da subito, i dettagli.

Duomo di Milano secondo François Bionde!.

Tra i due architetti sul termine proporzione c'è un'incomprensione profonda. Perrault sembra aver perso i riferimenti con la tradizione rinascimentale mentre Blondel sembra non comprendere, fino in fondo, il nuovo significato nascente. Perrault in definitiva, può essere considerato un'avanguardia del moderno, apre la strada ad una concezione della proporzione ove le misure sono creazione del genio dell'artista. Non è vero, però, che Blondel rappresenti il passato reazionario e che non capisca i mutamenti. Egli mostra spesso una mentalità aperta e problematica. Sebbene egli sia forse l'ultimo apologeta della proporzione musicale, egli è disposto a prendere in considerazione altre forme di controllo razionale delle misure. E significativo, a tal

Le t ra me di Vio l l et - l e -Duc

79


proposito, che utilizzi, tra gli esempi classici, il Duomo di Milano. In tal modo egli dimostra non solo una apertura verso gli edifici gotici, ma anche verso un concetto molto ampio della proporzione, che solo più avanti produrrà i suoi sviluppi. Il suo lavoro teorico getta un ponte attraverso il quale Viollet-Ie-Duc potrà ritornare a riflettere sul problema. La diatriba ebbe un forte influsso sulle teorie successive. In un primo momento sembra che la reazione di Blondel abbia la meglio.w Nella lunga distanza, però, l'approccio di Perrault risulta essere vincente. Quando, cent'anni dopo, l'oggetto della disputa viene ripreso da Etienne-Louis Boullée, la metamorfosi del concetto di proporzione sembra ormai compiuta. Nel suo libro, Essai sur l'art, il termine è quasi scomparso. Egli, a differenza di Perrault, dichiara apertamente che quel concetto non ha il dominio sulla disciplina. Dopo aver rifiutato la possibilità di un rapporto tra musica e architettura afferma: On voit ici que la proportion, quoiqu'étant une des premières beautés en architecture, n'est pas la loi première d'où émanent les principes constitutifs de cet art. Si vede che la proporzione, pur essendo una delle principali bellezze dell'architettura, non è la legge fondamentale da cui emanano i principi di quest'arte.?"

Non solo. Quando azzarda una definizione, affermando che: J'entends par proportion d'un corp un effet qui naù de la régularité, de la symétrie et de la variété. Intendo infatti per proporzione di un corpo, un effetto che nasce dalla regolarità, dalla simmetria e dalla varietà."

egli dimostra di non aver alcuna idea del significato antico del termine. Lo slittamento del termine è indice di un atteggiamento radicalmente mutato. Boullée è in tutto e per tutto il prototipo dell'architetto-artista romantico. Egli inizia il suo libro con una critica frontale a Vitruvio: l'architettura non è arte del costruire, Vitruvio fa un errore gravissimo a sostenere ciò. Architettura è arte del creare immagini, forme che impressionino chi guarda. Il costruire è invece una scienza e quindi, non può essere considerato arte. Se è l'idea, l'immagine, il centro dell'arte-architettura, allora il lavoro paziente della proporzione passa in secondo piano.

Etienne Louis Boulleé, sezione del Cenotafio di Newton.

Il più famoso dei suoi progetti, il cenotafio di Newton, è dominato da una enorme sfera. La geometria della sfera è inequivocabile. 80

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r u i r e e m i s u r a re:

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Tous les points de sa surface sont également distants de son centre. De cet avantage unique, il résulte que sous quelque aspect que nous envisagions ce corps, aucun effet d'optique ne peut jamais altérer la magnifique beauté de sa forme qui, toujours, s'offre parfaite nos regards. Tutti i punti della sua superficie sono equidistanti dal suo centro. Da questa condizione eccezionale risulta che da qualsiasi punto noi osserviamo questo corpo, nessun effetto ottico può alterare la magnifica bellezza della sua forma che, sempre, si offre perfetta ai nostri sguardi." à

La sua forma non può essere disturbata da problemi di ordine costruttivo. Questi saranno risolti in un secondo momento, attraverso il calcolo dell'ingegnere. La cupola del Pantheon è la elaborazione complessa di un principio costruttivo semplice: l'arco. La sfera del Cenotafio, invece, galleggia nello spazio, eterea, inconsistente. A Boullée manca ancora questa parola: spazio. Ma, oggi, essa viene in mente non appena si guardano i magnifici disegni. La proporzione ha, per Boullée, lo stesso significato che la parola spazio ha per gli architetti contemporanei. Egli quando parla di proporzione si riferisce esclusivamente ad una emozione e non ad un sistema di rapporti. Il suo uso del termine inverte, praticamente, la relazione originaria di causa ed effetto. La proporzione, chiamata anche armonia, è l'effetto di principi dell'architettura che Boullée dice di aver scoperto: la regolarità, la simmetria e la varietà. Come si articolino queste tre categorie, però, non vene mai detto. Egli non fornisce misure, né leggi, né canoni. Boullée non lascia nemmeno edifici in carne e ossa, lascia solo pezzi letterari e disegni di grande effetto pittorico ... suggestioni struggenti. Non si può dire che il più famoso allievo di Boullée, Jacques-Nicolas-Louis Durand, sia l'emblema dell'architetto romantico. L'idea di architettura di Durand è indistinguibile dal suo approccio didattico. Il suo lavoro è teso ad escludere qualsiasi elemento non possa essere spiegato in termini positivi. Perciò egli fornisce una quantità di indicazioni, il più possibile circostanziata, sul processo progettuale. Anche per quanto riguarda la proporzione Durand cerca di definire con chiarezza la sua posizione. Egli afferma che si possono distinguere tre accezioni del termine. C'è la proporzione che deriva dalla natura dei materiali, ovvero, in termini moderni, la forma che nasce dal controllo della scienza delle costruzioni e dall'uso. C'è quella che deriva dalla consuetudine che proviene dagli edifici del passato ma che non può essere spiegata in termini positivi. C'è, infine, quella che si può cogliere attraverso i sensi con immediatezza." La razionalità di questa classificazione è però solo apparente. Le tre classi sono concettualmente assai eterogenee e quindi non comparabili. Durand mischia temi del dibattito dei due secoli precedenti. Il significato della terza categoria, ad esempio, è incomprensibile senza il riferimento alla questione delle deformazioni prospettiche e all'influsso che queste hanno sulla percezione. c

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1. N. L. Durand, cinque colonne ed una porta.

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In realtà lo sforzo di Durand è quello di tagliar corto per eliminare un problema che gli appariva improduttivo. Egli vuole arrivare rapidamente ad affermare che: per quanto razionali siano i tipi (di proporzioni) di cui si è trattato, esse sono poco idonee a contribuire al piacere della vista e, di conseguenza, alla decorazione che ha per oggetto tale piacere."

Una tale affermazione è forse passata senza provocare troppo clamore, ma è senza dubbio un punto di svolta. Anche Boullée, in ultima analisi, mostrava rispetto reverenziale verso questo termine. Durand invece giunge, per la prima volta nella storia, a negame la ragione necessaria. Egli afferma che se anche l'architettura si proponesse come fine principale di piacere non sarà la proporzione a ottenere ciò ma una buona disposizione. Egli rifiuta, in modo esemplare, 1'antico significato del termine ma non vuole accettare quello nuovo, che gli deve apparire confuso. In tale situazione come controllare le misure dell'edificio? Egli indica con chiarezza un sistema alternativo: dopo aver tracciato degli assi paralleli equidistanti ed averli tagliati perpendicolarmente con altri assi del pari distanti, si sistemeranno, ad una distanza considerata idonea, i muri sugli assi e le colonne, pilastri ecc. sulle intersezioni degli stessi; dividendo in seguito ogni interasse in due, si piazzeranno su questi nuovi assi le porte, le tinestre, le arcate ecc."

In parole moderne, egli propone di utilizzare un reticolo cartesiano progettuale.

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Dall'album di Maguès, allievo di Durand,

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Uno schema di edificio, pensato con un rapido schizzo, assumerà la sua forma definitiva sovrapponendosi sopra un tale reticolo. Il foglio bianco sarà sostituito da un foglio a quadretti ed il disegno dell'edificio seguirà le linee prestabilite. Secondo il professore dell'Ecole Polytechnique, questo strumento offre un vantaggio inestimabile rispetto ai sistemi del passato: è facile da usare. Se l'insegnamento dell'architettura era sempre stato considerato un processo lungo e periglioso, Durand ritiene di offrire un sistema con il quale l'allievo sarà in grado in pochi mesi di ottenere una composizione ordinata. Vedendo i disegni degli allievi sembra che il reticolo cartesiano permetta davvero ciò. Quello che Durand non dice è, però, che gli elementi si incasellano facilmente l'uno a fianco all'altro a patto di porre delle limitazioni. Ad esempio, nelle tavole del suo trattato, come viene anche dichiarato nel testo, l'unità di misura del reticolo è l'interasse delle colonne. Questo, in un progetto, deve essere sempre uguale. Se si cambiasse questa condizione l'intero sistema entrerebbe in crisi: bisognerebbe ricorrere ad un reticolo con grana più fine. Lo stesso si potrebbe dire per altri elementi. n problema è che tanto più grande è la maglia del reticolo quanto più rigido e lontano dalla realtà sarà il progetto, mentre tanto più piccola è la maglia quanto più indeterminata sarà la scelta delle misure. Durand rifiuta, con la coscienza storica del suo tempo, ciò che in quel momento il termine proporzione riesce a raccogliere. Ma la sua operazione travalica il peso di una questione linguistica: egli effettivamente non capisce più niente del modo antico di controllare le misure.

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J. N. L. Durand, Combinaisons Horisontales.

Per giungere ad una composizione equilibrata Durand si trova a dare forma quadrata a tutte le partizioni che può. In particolare, nelle piante, tutti gli ambienti ove è possibile ricevono una forma quadrata. Una volta che si cancellasse il reticolo sono queste le uniche forme controllate. Ma gli altri rettangoli, quelli, ad esempio, della pianta di un corridoio, hanno una forma che non è determinata da una ragione necessaria: in realtà tali forme sono il residuo di spazio che la ripetizione del quadrato non riesce a coprire.

Le

trame

di

Viollet-le-Duc

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Quando il programma non permetterà più la ripetizione del quadrato, sararanno queste forme indeterminate a prendere il sopravvento. L'unità classicheggiante dei suoi disegni si sgretolerà come un castello di carte. Ciò, comunque, importa poco a Durand perché l'ordine dell'edificio è ormai un in più rispetto alla sua rispondenza a questioni di tipo funzionale.

* * * * Con Boullée il termine proporzione prende pienamente quella che si potrebbe definire usando il termine in senso lato - la sua accezione romantica. La proporzione romantica, ribaltando completamente l'antico significato, è una strada non razionale al controllo delle misure. li termine diventa un passe-partout per indicare un generico equilibrio formale tra le parti dell'edificio, ma un controllo razionale delle misure sarà, d'ora in poi, considerato qualcosa di estraneo all'arte. La determinazione di tale equilibrio diventa una operazione che sta completamente nell'indicibile. Ciò non ha nulla a che vedere con la regola del silenzio dell'antichità. Là la strada per il controllo delle misure era percorsa da pochi iniziati, ma era all'insegna della trasmissibilità, qui, vice versa, la impossibilità di trasmettere questo aspetto dell'architettura è preso come atto fondativo. La proporzione senza né regole né leggi, nata dal genio artistico, emozione visiva che produce un senso di equilibrio, diverrà l'accezione dominante del termine oscurando le teorie del passato che diverranno sempre più incomprensibili. Con Durand abbiamo invece l'abbandono del termine proporzione a favore di una nuova idea di composizione. La sua strada va, però, verso l'esclusione di quello che non sia trasmissibile e, quindi, il problema della proporzione, che viene visto sotto la luce romantica, viene sostanzialmente accantonato. In realtà l'idea romantica di proporzione e lo spazio assoluto della nuova scienza sono due facce della stessa medaglia. Non è un caso che Durand dedichi alla memoria del suo maestro Boullée e di Gaspar Monge il monumento autobiografico.v I due opposti sono da relazionarsi ad un nuovo mondo. Uno spazio continuo e indifferenziato, molto simile allo spazio assoluto egemone nella scienza e nella tecnica, prenderà il posto dell'antico approccio.

* * * * Viollet-le-Duc afferma che la proporzione non può essere il risultato di un istinto, intendendo prendere le distanze sia dal nuovo significato che il termine ha assunto, sia dal suo rifiuto. Nei suoi testi cerca di esprimersi a favore di una inversione di tendenza e combatte una battaglia contro il pensiero dominante. La sua manovra di attacco è brillante e articolata. I. In primo luogo Viollet-Ie-Duc abbandona sorprendentemente l'ordine archìtettonico, che gli appare, ormai, un terreno sterile. E vero che già da tempo il problema dei cinque ordini non scatenava le grandi passioni, ma quando si parlava di proporzione il riferimento ad essi era inevitabile. I due termini erano diventati quasi assimilabili. Viollet-le-Duc spezza questa continuità ponendosi in netto contrasto con l'insegnamento dell'Eco le des Beaux-Arts, ove invece i cinque ordini rimanevano un dogma. 84

Costruire

e misurare:

II

libro


A tal proposito egli polemizza con Quatremère de Quincy sostenendo che: . .. l'architettura non sia schiava di un sistema ieratico di proporzioni, modificarsi continuamente e trovare applicazioni sempre nuove."

ma al contrario possa

Ciò che si deve fare per contrastare le definizioni dell'accademico Quatremère, che gli paiono vuote ed inconsistenti, è ridefinire completamente i termini della questione. li significato di proporzione va al di là dei rapporti fissi, costantemente gli stessi 78 dell'ordine, architettonico. Essa è, al contrario, qualcosa che serve a misurare edifici differenti. E un concetto che si adatta ad un evolversi di situazioni. Sia detto chiaramente: Viollet-le-Duc non nega mai autorità all'architettura classica. Solo se si pensa ad una contrapposizione tra neo-greco e neo-gotico, la sua posizione sembra contraddittoria. In realtà egli ricerca un'idea di ordine più profondo di quello dell' accademia. Egli cerca l'origine del significato classico, interrogando la fonte greca, mentre l'accademia cerca un dogma immutabile. I Greci avevano una parola per designare ciò che noi intendiamo per proporzione: oouuetpio, Si devono intendere per proporzioni i rapporti tra le parti ed il tutto, rapporti logici, necessari e tali da soddisfare parimenti la ragione e gli OCChi.79

Per questo la sua idea di proporzione è complessa e non ci sarà mai una sua tavola retorica con le cinque colonne. !'I

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Viollet-le-Duc, Dorique

Forse l'abbandono di un concetto di proporzione legato ai cinque ordini sembra oggi un fatto ovvio e marginale. Mettere in discussione quel concetto di classicità, il dogma dell'Ecole des Beaux-Arts di Quatremère de Quincy, fu invece un'azione di grande impatto che minò quello che sembrava un sistema incrollabile. L'Ecole des Beaux-Arts non gli perdonerà mai un tale attacco. Quando nel 1863, nominato a sorpresa professore dell'Ecole, iniziò le sue lezioni fu accolto da urla e fischi e fu costretto a dimettersi.

Le

trame

di

Viollet-Ie-Duc

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Viollet-le-Duc, Maçonnerie

II. È ben noto che il centro del lavoro teorico di Viollet-le-Duc construction, la struttura, dell'edificio.

è volto verso la

Questo suo approccio può apparire in contraddizione con il suo interesse per la proporzione. Sembra infatti che quest'ultima sia inutile alla concezione strutturale e appartenga ad un altro ambito concettuale. In realtà, per Viollet-le-Duc, è proprio questo scarto concettuale l'unica strada per giungere all'architettura. Se, infatti, la concezione strutturale è il fondamento del costruire, che cosa distingue l'opera dell'architetto da quella dell'ingegnere, del costruttore di macchine? Introducendo la sua teoria della proporzione, nel XI Entretien, egli parla dell'enorme indebolimento della disciplina architettonica e mostra l'esigenza di arginarlo. È necessario che gli architetti siano nella possibilità di illustrare i motivi che li portano verso questa o quella decisione; per fare ammettere, per difendere le proprie concezioni, occorre che esse siano dìfendìbilì."

La sua impostazione razionale è volta ad eliminare le questioni formali, stilistiche, dal processo progettuale. Lo stile non è mai accettato in quanto codice linguistico. Egli rifiuta vigorosamente l'idea che all'architetto rimanga il compito di vestire gli edifici con uno stile. Per questo egli non si propone mai, come potrebbe sembrare, come un difensore di uno stile gotico né, tanto meno, neo-gotico. Piuttosto, ammonisce:

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Costruire

e

misurare:

II

libro


·.. gli architetti che si provano oggi ad innalzare costruzioni secondo il modo detto gotico, se vogliono, (come si fa abitualmente) seguire la loro intuizione e comporre senza l'aiuto di un metodo geometrico, si trovano ben presto senza scampo tra difficoltà innumerevoli.81

Viollet-le-Duc fornisce un'altra strada allo stile, in opposizione all'eclettismo Beaux-Art emergente. Lo stile è qualche cosa di complesso, non facilmente definibile in categorie né tanto meno distinguibile da elementi decorativi, che va al di là della necessità immediata di una costruzione. E qualcosa che nasce da una riflessione che prevede un ampio raggio d'azione. La scelta delle misure non può essere né frutto di convenzioni, né di arbitrio del singolo architetto. Deve essere dettata della ragione che fornisca soluzioni a problemi costruttivi. La proporzione nasce da questa esigenza e non riguarda l'aspetto puramente visivo: Si devono intendere per proporzioni i rapporti tra le parti ed il tutto, rapporti logici, necessari e tali da soddisfare parimenti la ragione e gli OCChi.82

La cruflflE'tpW. greca riemerge in un approccio culturale del tutto laico che però non rinuncia a riflettere sull'arte, sull'essenza del costruire. In questo l'architettura ha ancora una ragione d'esistere.

Statica grafica, il diagramma cremoniano.

II!. Ma quale forma deve assumere la proporzione per essere attuale? Viollet-Ie-Duc si rende conto che l'analogia musicale non può essere riproposta. Bisogna cercare un'altra forma, se necessario inventame una nuova. Egli quindi abbandona anche i rapporti numerici per rivolgersi alla geometria. TItriangolo sarà il fulcro della sua strada verso la proporzione. Egli afferma che: un triangolo è una figura del tutto soddisfacente, perfetta, in quanto dà l'idea più esatta della stabilità."

L'idea di stabilità del triangolo è certamente da intendersi come qualcosa di ampio legato a questioni costruttive. Certamente il triangolo è una figura molto attuale nella pratica costruttiva del XIX secolo. Da un lato il triangolo è la figura più usata nelle moderne costruzioni di ferro, dall'altro è

Le

trame

di

Viollet-Ie-Duc

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l'elemento geometrico basilare su cui si regge la statica ottocentesca che usa, è forse superfluo ricordarlo, prevalentemente metodi grafici. Attraverso esso sarà facilitata una via geometrica al controllo delle misure e, contemporaneamente, una affinità, se non una identità, con gli strumenti necessari ad ideare la struttura.

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Viollet-le-Duc, archi.

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I suoi studi storici, poi, lo hanno senza dubbio messo a conoscenza delle triangolazioni medioevali. L'architettura gotica francese è per Viollet-le-Duc il massimo livello della civiltà costruttiva. Il suo sforzo di rivalutazione di un immenso patrimonio avviene sia per via teorica che attraverso una intensa attività di ricostruzione. La sua opera di architetto è infatti, come quella di nessun altro, indistinguibile dalle realizzazioni con cui viene a contatto. La sua architettura si insinua, si fonde, con quella medioevale, e diventa un tutt'uno. Per questo egli cerca incessantemente di mettersi in armonia con le misure degli edifici con i quali viene a contatto. Cerca di ritrovarne le regole perdute. Il suo studio delle proporzioni degli edifici del passato non si ferma, però, alle cattedrali dell'lle-de-France, investe tutti i periodi storici fino alla Grecia antica, diventando un metodo generale. IV. Viollet-Ie-Duc fondamentali:

propone

di valutare

le proporzroni

secondo

tre triangoli

10 il triangolo isoscele rettangolo; 20 il triangolo che noi chiamiamo isoscele egiziano ( ... ); 30 il triangolo equilatero. 84

I tre triangoli sono un tentativo di definire, con un numero sufficientemente ristretto di principi, un indirizzo metodologico. La proporzione non sarà assimilata ad un canone ma ad una legge naturale. Non c'è una proporzione migliore od una peggiore. Le scelte che si compiono dipendono dall'opportunità e dalla sensibilità dell'architetto. L'importante è, ad ogni modo, la coerenza del sistema unitamente alla capacità di sfruttare le occasioni.

88

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Fig. I

Viollet-le-Duc, triangoli fondamentali.

Da questo punto di vista le trame di Viollet-le-Duc sono in netta opposizione con il reticolo di Durand. Bisogna ricordare che al tempo in cui Eugène inizia ad operare, i libri del professore dell'Ecole Polytechnique erano diffusissimi e le sue prese di posizione non potevano che averli come riferimento. Il reticolo di Durand è sempre identico in ogni edificio. Le trame di Viollet-le-Duc sono invece una diversa dall'altra. Egli propone una quantità di esempi ed analisi ma non fornisce uno schema ripetibile. Il sistema del Partenone sarà molto diverso da quello di Notre-Dame. Sostanzialmente le trame di Viollet-le-Duc si possono definire dei tracciati regolatori, anche se sono differenti da quelli visti in precedenza. I tracciati di Villard sono costituiti da un'unica figura mentre quelli di Viollet-le-Duc da un complesso intrico di rette parallele, da una trama. All'architetto razionalista non interessa più l'aspetto simbolico di una figura unitaria. Egli cerca piuttosto di mostrare la determinazione di ogni punto dell'edificio. Il disegno dell'edificio che sfrutti questo tipo di tracciato, ottiene relazioni tra la parti regolate da rapporti ricorrenti. A volte le trame sono immediate, a volte sono più complesse. I tre triangoli possono dare luogo a sistemi misti come a sistemi unitari. L'importante è che, in ogni caso, l'insieme sia riconducibile una regola unitaria. Nell'interpretazione della facciata dell'antico Ospedale di Compiègne una sola inclinazione, che determina la forma del giibel, crea un semplice reticolo di rombi nei vertici dei quali si pongono punti fondamentali del disegno. Nella stessa tavola Viollet-leDue mostra lo sviluppo di un dettaglio determinato dalla stessa inclinazione per indicare come il sistema vada dal generale al particolare.

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Viollet-le-Duc, facciata dell'Ospedale di Compiègne.

Le trame che Viollet-le-Duc fornisce per spiegare le proporzioni delle cattedrali sono assai più complesse. Esse sono costituite da delle ragnatele di linee ove i singoli rapporti non sono facilmente spiegabili per via analitica. Quando ne spiega le ragioni egli si limita a illustrarne le idee di base (nella figura che qui si mostra vengono estrapolati i triangoli spiegati nel testo). Le operazioni secondarie possono essere solo indicate, senza che mai sia necessario descriverle una ad una."

Ciò che importa è che si controlli un principio di unità. Ma questa non va confusa con quella di Durand. Egli cerca una unità che comprenda le differenze della realtà, mentre Durand ha un approccio che tende ad eliminarle. Ciò che preme a Viollet-le-Duc è riaffermare il valore della differenza, della pluralità, nell'architettura. Egli anzi ribalta il problema: la differenza non solo è inevitabile, ma è addirittura necessaria. Viollet-le-Duc afferma che la ripetizione di una sola forma, che dà luogo a somiglianze, è da evitarsi accuratamente: Una delle condizioni da soddisfare, quando si vogliono conferire delle proporzioni felici ad un ordine, consiste nell'evitare le somiglianze, le lunghezze o le superfici uguali in modo diretto. (... ) In effetti, l'occhio comprende le dimensioni unicamente tramite dei contrasti."

Quando egli parla di somiglianze intende riferirsi alla ripetizione, pura e semplice, di dimensioni e di figure in contesti diversi. Naturalmente egli non discute la ripetizione di elementi messi in serie, ma nemmeno la ripetizione di rapporti tra le parti. Le sue trame triangolari, infatti, ricercano quello che egli chiama unità, proprio attraverso la ripetizione di un rapporto dal generale al particolare:

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Schemi interpretativi da quattro tracciati di Viollet-le-Duc .

... unità e pluralità, particolari."

non soltanto

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delle proporzioni,

ma persino

nei minimi

La sua critica è rivolta evidentemente ad altro. Nella pianta della cattedrale di Bourges egli ammira, ad esempio, come gli autori abbiano sfruttato l'esigenza statica di avere una navata più stretta per variare una trama quadrata. La somiglianza da evitarsi è quella della iterazione di un unico elemento. Il controllo della forma impone una razionalità che sia in grado di far coesistere le differenze ed i contrasti. Difficile immaginare qualche cosa di più distante dagli schemi di Durand che si reggono sulla ripetizione ostentata del quadrato. L'orizzonte estetico di Viollet-le-Duc ricerca questa razionalità alternativa, cerca di dimostrarne la superiorità concettuale.

* * * * Le

trame

di

Viollet-le-Duc

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Senza dubbio la strada di Viollet-le-Duc apre nuove possibilità di sviluppo all'antico significato della proporzione e, probabilmente, egli rappresenta un diretto antecedente per comprendere l'impegno di Le Corbusier a rivalutare la questione.

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Fig. 6

Viollet-le-Duc, pianta della cattedrale di Bourges.

Eugène Viollet-le-Duc riprende quanto rimane del tracciato medioevale, ma a differenza di quello, il suo sistema non mostra più alcuna traccia del mondo metafisico che lo circondava. Egli laicizza la proporzione, sapendo che solo in questo modo essa potrà sopravvivere nel mondo contemporaneo. Nel suo atteggiamento non si trova, quindi, alcuna nostalgia verso il passato. Egli dichiara ripetutamente di essere a favore del progresso tecnologico. Ciononostante egli non accetta l'egemonia dalla cultura tecnologica sull'architettura. Noi crediamo fermamente nel progresso, (... ) ma vi sono dei momenti, persino in seno ad una civiltà avanzata, in cui la ragione subisce degli scacchi. (... ) stabiliremo i fondamenti delle arti nel nostro secolo, riconoscendo che a fianco dei fatti materiali, che mutano continuamente, vi sono i principi che sono invarìabilì."

Egli si rende conto che la proporzione, che era stata una idea permanente nel passato, è un punto debole del mondo moderno. Comprende come le misure dell'edificio stiano sfuggendo dalle mani dell'architetto il quale vive oramai nella confusione, nell'indeterminatezza, e rischia la propria estinzione. Egli cerca di ridare chiarezza al problema.

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Costruire

e

misurare:

II

libro




LA

SIMMETRIA

DI

LE

CORBUSIER

Il 30 dicembre 1951, sull'angolo di un piccolo ristorante della Costa Azzurra, ho disegnato, per farne un regalo a mia moglie nel giorno del suo compleanno, il progetto di una «piccola casa per le vacanze» che costruii l'anno dopo sul bordo di uno scoglio battuto dai flutti. Questo progetto (il mio) è stato fatto in tre quarti d'ora. È definitivo. Nulla è stato cambiato; la piccola casa è stata realizzata sulla base di questi disegni. Grazie al Modular, la sicurezza del procedimento fu totale. Esaminando questi disegni, il lettore comprenderà da solo che i dimensionamenti basati sul Modular portano sicurezza, lasciando via libera all'immaginazione creatrice. Il 26 agosto 1954, l'esperienza si ripete: in mezz'ora ho fatto per Roberto, padrone di un piccolo ristorante, il progetto definitivo di cinque « unità da campeggio» da affittare (226 x 226) offrendo riguardo al volume e alla distribuzione interna le stesse possibilità di comfort di una cabina di lusso a bordo di un liner. Mezz'ora! 89

Che cosa è che stupisce Le Corbusier? Qualsiasi architetto che ha sulle spalle un'esperienza trentennale può, in tre quarti d'ora, disegnare una capanna come quella di Cap Martin e far sì che essa funzioni. I tempi tecnici di progetto sono evidentemente brevissimi. D'altra parte il progetto non presenta invenzioni formali o tecnologiche che colpiscano l'osservatore. Se stanno così le cose non si capisce cosa ci sia da vantare. Se si analizzano i disegni della piccola capanna ci si rende conto che essi sono costituiti da una indicazione sommaria di oggetti d'uso e da misure. Il primo dato che salta agli occhi è la precisione di queste misure: non c'è incertezza. Le Corbusier non dice un metro e dieci, come potrebbe fare un qualsiasi operatore edile. Egli dice 1,13 m., oppure 2.26

m. Questa precisione nasce da un lavoro lungo, una recherche patiente. Le Corbusier dice che all'età di 23 anni si trovò, sul tavolo da disegno, a porsi un'angosciosa domanda: «Qual'è la regola che informa, che lega tutte le cose? Mi trovo di fronte ad un problema di natura geometrica; sono in pieno fenomeno visuale; assisto alla formazione di un essere in se. Dall'artiglio si riconosce il leone. Dov'è l'artiglio, dov'è il leone?".

n problema

della misura in architettura si pone sin dall'inizio della sua carriera.

* * * * Vers une architecture - edito nel 1923 - è stato senza dubbio uno dei testi più influenti della prima metà del novecento. In questo libro c'è un capitolo chiamato Les Tracés Régulateurs" in cui Le Corbusier espone il suo sistema di controllo delle misure di un edificio. Nel frontespizio Le Corbusier mette un'immagine della porta Saint Denis di Blondel, mentre il primo disegno del capitolo indica la ricostruzione del tempio primitivo tratta da Choisy. Una facciata del fondatore dell'Académie Royale de Architecture e un richiamo alla preistoria in un libro che acquisì la celebrità come un manifesto del Movimento Moderno, inno alla civilizzazione macchinista!

La

simmetria

di

Le

Corbusier

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Evidentemente, parlando di Movimento Moderno, generalizzazione che porta a fraintendere questo libro.

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L'hornrne primitif a arrèté sun chariot, il decide qu'ici sera son sol. Il choisit une clairière, il ubat le. urbres trop proches, il aplanit le terrai n ulentuur : il uuvre le chernin qui le reliera à la rivière ou il ceux de sa tribu qu'il vient de quitter : il [once les piquets qui rotiendront sa tonte. Il s'entoure d'une palissade dans laquclle il ménagc lino porte. Le -hernin est aussi rectiligne que le lui permettcnt ses ••utils, ~CS bras et son temps. Les piquets de sa tente rlécrivent un carre, un hexagone ou un octogone. La palissude forme IIn rectangie dont les quatre angles sont egaux •• ont drnits. La porte ne la hutte ouvre dans l'axe de l'enclos ot la l',,rte de I'enclos fait iaee il la porte de la huttc.

Le Corbusier, LesTracés Régulateurs . Si impiega pietra, legno, cemento; se ne fanno case, palazzi: questo è costruire. L'ingegnosità lavora. Ma, di colpo, il mio cuore è commosso, sono felice, dico: è bello. Ecco l'architettura. L'arte è qui. La mia casa è pratica. Grazie, come grazie agli ingegneri delle Ferrovie e alla compagnia dei Telefoni. Non mi avete toccato il cuore. Ma i muri si alzano verso il cielo secondo un ordine che mi commuove. Capisco le vostre intenzioni. Siete dolci, brutali, incantevoli o dignitosi. Me lo dicono le vostre pietre. Mi incollate a questo posto e i miei occhi guardano. I miei occhi guardano qualche cosa che esprime un pensiero. Un pensiero che si rende manifesto senza parole e senza suoni, ma unicamente attraverso prismi in rapporto tra loro.92

Da una parte c'è un interesse verso il progresso tecnologico che deve essere assecondato ovunque sia possibile, dall'altra parte c'è il trascendimento del mero fatto materiale che introduce l'architettura nel campo dell'opera d'arte. L'idea egemone negli ultimi decenni è che il Movimento Moderno rappresenti lo sforzo di giungere ad una tabula rasa del rapporto con il passato. Una progettualità che ponga, nel

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discorso artistico, una teoria evoluzionistica: l'attuale spazza via l'antico, lo supera e lo rende inadeguato. Tale idea, che è senza dubbio verificabile in alcune tendenze dell'avanguardia, ostacola gravemente la comprensione della teoria di Le Corbusier. Nodo emblematico del rapporto che egli intrattiene con il passato è rappresentato dalla Grecia antica ed in particolare dal Partenone. Le Corbusier dichiara una completa soggezione rispetto alla lezione che questo monumento impartisce: Oh, ma non esaminiamo questi resti progettati per sbalordire! Subireste con me lo schiacciamento di un'arte incomparabile e sentireste pena ... certo, per tutto ciò che facciamo noi del ventesimo

secolo."

Il Partenone sembra essere considerato una punta insuperabile dell'architettura senza che alcun elemento funzionale sia messo in gioco. .

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Le Corbusier, schizzo del Partenone.

Ma il Partenone non rappresenta per Le Corbusier un' occasione di ricerca storica. Egli vi individua uno stato originario . ... da tempo ha accettato che sia qui la custodia della misura sacra, la base di ogni valutazione artistica."

La condizione contemporanea è per Le Corbusier uno stato da accettare completamente non in quanto rovesciamento del passato, ma in quanto riaffermazione del medesimo, di un'unità originaria che ritorna in eterno. Ciò significa che il fine ultimo del progetto architettonico è collocato al di fuori del dato temporale. Lo è a tal punto che esso può abbandonarsi tout court all'estetica dell'ingegnere, può fare a meno di qualsiasi riferimento stilistico, può rinunciare ai tutti i trucchi dell'architettura dell'Ecole des Beaux-Arts ! Il fine ultimo dell'architettura è al di fuori della storia, ma, ciononostante, non è circoscrivibile nel campo del pragmatico utilitarismo: Le Corbusier si volge continuamente al passato all'ascolto di un sussurro ... Se non si capisce questo intento il suo discorso risulta contraddittorio e inafferrabile. Il fraintendimento di questa idea conduce sia all'esaltazione degli aspetti progressisti, sia, in maniera diametralmente opposta, alla spiegazione in termini idealistici= del funzionalismo di Le Corbusier. Per sostenere questi due approcci è comunque necessario celare un rapporto con il passato che è invece limpidamente enunciato nei suoi scritti. Nel capitolo I Tracciati regolatori Le Corbusier compie un passo decisivo nella sua ricerca dell'origine dell'edificare, del punto zero. La

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Tempio primitivo (da Vers une architecture).

Mostrando il Tempio primitivo= che è una ricostruzione idealizzata di un santuario, egli vuole dichiarare come i primi solchi sul terreno, le prime corde tese, le prime pietre posate, impongano un ordine razionale alla natura. L'architettura non è che ordine, bei prismi di luce. È cosa che ci incanta, è la misura. Misurare. Dividere in quantità ritmiche, animate da un soffio uguale, fare passare ovunque il rapporto unitario e sottile, equilibrare, risolvere l'equazione."

La misura rappresenta il limite del dominio in cui è possibile operare. Al di là di questo limite si apre il caos primigenio, l'imponderabile, la foresta. La lotta contro il caos si ripete in ogni atto fondativo dell'architettura.

Le Corbusier, tracciato regolatore del Campidoglio a Roma.

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primitivo introduce quello che egli chiama il tracciato regolatore. Ma come è fatto concretamente questo strumento?

In Vers une achitecture Le Corbusier sembra indicarne la genesi. Egli mostra l'immagine del Campidoglio, attraversata da diagonali che hanno inclinazioni eguali, o perpendicolari tra loro, per affermare che le forme di quell'edificio son costituite da rettangoli simili. La proporzione si compie attraverso un processo semplicissimo: la ricorrenza di rettangoli simili. Questa idea - che non è certo un'invenzione del giovane Jeanneret - conduce a creare un sistema grafico che sfrutti diagonali parallele. Ogni tracciato regolatore partirà da un rettangolo maggiore e verrà scomposto in rettangoli simili più piccoli. In tal modo la piccola parte verrà relazionata al tutto grazie ad un'analogia di forme,

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Le Corbusier, appunti sulla proporzione aurea.

I disegni delle due facciate gemelle della casa Ozenfant, pubblicati in Vers une architecture, mostrano un esempio di tale percorso. Nei tracciati relativi a questo edificio, similmente ad altri coevi, Le Corbusier procede secondo una serie di diagonali parallele che indicano dei rapporti simili. Ad esempio nella facciata disegnata a destra egli indica con le lettere l B, 2B e 3B una serie di tali ricorrenze.

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Egli cerca di allacciare una relazione tra le parti ed il tutto: la forma della porta d'ingresso uguale a quella dell'intera facciata.

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Casa Ozenfant, schemi interpretativi (a) e (b).

Come giunga a tali diagonali non è invece spiegato. Analizzando le immagini si può avanzare 1'ipotesi che, in questo progetto, egli introduca il tema geometrico che porterà avanti per tutta la vita. Si può presumere che il punto di partenza sia quello di due rettangoli eguali (schema interpretativo a).

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Casa Ozenfant, schema interpretativo (c) e traccia lo regolatore di Le Corbusier (d).

L'indicazione che Le Corbusier fornisce, la scritta moyenne proportionelle, è riferita alla linea inferiore dellafenètre en longeur che divide in due entrambe le facciate.

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Nella parte inferiore si può riconoscere un rettangolo simile a quello di partenza.w Quella linea seziona l'intera altezza in due parti di cui la maggiore é media proporzionale tra la minore e il tutto. Se poi la parte superiore è un quadrato, come sembra, si può affermare che già in questo progetto del 1923 è presente il rettangolo aureo. Tale ipotesi non sembra azzardata in quanto è documentabile che Le Corbusier conosceva il concetto del nombre d'or» già dai primi anni di attività. Cercando di ripercorre la costruzione geometrica, con il compasso alla mano, si possono ipotizzare una serie di operazioni che via via rendono complesso lo schema iniziale fino ad arrivare ai dettagli minuti. Procedendo con diagonali parallele e partizioni semplici è possibile dare una spiegazione delle scelte operate. La descrizione però sarebbe lunga, perché sul tavolo da disegno avvengono operazioni non sempre lineari e non prive di un margine di approssimazione. Ad esempio i due rettangoli di partenza non corrispondo perfettamente agli ingombri delle due facciate. Ciò produce una prima differenza tra la facciata destra - ove lo scarto corrisponde allo spazio di una cornice - e quella sinistra dove invece viene a far parte di un gioco più complesso di rettangoli (il lato estremo viene a cadere nella mezzeria della finestra verticale). Forse è per tale motivo che Le Corbusier rinuncia a spiegare ogni passaggio, come del resto facevano anche gli architetti del passato. Forse i progetti giovanili di Le Corbusier sono da considerarsi l'inizio di una ricerca che arriverà ad una chiarificazione gradualmente. Ciononostante questo modo di comporre - che è comune a tutti i progetti di ville di quegli anni - dimostra un lavoro volto al rigore.

Le Corbusier, I quattro modi di comporre.

In Vers une architecture egli pubblica anche il progetto di Casa La Roche, in cui appaiono gli stessi temi geometrici. Il messaggio è chiaro: stesso sistema risultati diversi. Del resto egli sempre affermerà che: Il tracciato regolatore è un mezzo; non è una rìceua.'?'

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Il tracciato regolatore è solo uno strumento che permette il controllo delle misure, molto più rapidamente di quanto potrebbe fare un calcolo analitico. E un meccanismo creato pe,r giungere alla ricorrenza di proporzioni e, se funziona, dà luogo ad infiniti sviluppi. E come nel gioco degli scacchi dove un numero limitato di regole dà luogo ad infinite partite. In un noto schizzo di qualche anno dopo egli distingue quattro modi differenti di comporre. TI più difficile sembra il più facile perché tutto è contenuto dentro un singolo parallelepipedo: il molteplice giunge ad una perfetta unità. Ciò può avvenire in un solo edificio. Il riferimento è chiaramente alla Villa Garches, che è il progetto propagandato dall'architetto come un esempio di rigore com positivo. Le parti si combinano senza scarti secondo una regola geometrica che viene indicata addirittura con una formula algebrica A:B=B:(A+B). Attraverso l'assenza di misure residue si raggiunge la satisfqtion de l'esprit. Questo stato di grazia non riguarda solo la parvenza, ciò che si vede. E il riflesso profondo di una ricerca del senso del costruire. I tracciati sulla carta con riga e compasso sono come tracciati sul terreno. Sono il primo segno sul foglio bianco: Fare ordine significa cominciare un'opera.'?'

L'armonia visiva è un effetto dell'ordine e non una causa. Fare confusione su questo punto significa ancora andare incontro ad un totale fraintendimento dell'opera di Le Corbusier. L'obbligo dell'ordine. spirito. 102

è una garanzia contro l'arbitrio. È la gioia dello

Il tracciato regolatore

Per il progetto del Mondaneum terri toriale.

Le Corbusier pubblica un tracciato regolatore a scala

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Le Corbusier, Mondaneum, pianta con tracciati di Le Corbusier.

Una facile critica potrebbe essere che solo una eccezionale vista aerea rivelerebbe i rapporti formali; lo sforzo compiuto risulterebbe inutile. La proporzione, però, non è solamente una strada per compiacere la vista.

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Essa svolge, in prima istanza, un ruolo di organizzazione delle misure e, solo in secondo luogo l'ordine diventa un fatto percepibile. L'acustica visuale, come la chiama Le Corbusier, è il risultato del rigore compositivo e non viceversa. Nel progetto del Mondaneum i singoli edifici ricevono dal tracciato generale un intento comune che li accorda reciprocamente. Poi ognuno può suonare la sua melodia, in gruppo o in assolo.

* * * * A un certo punto i tracciati regolatori non bastano più. Perché? Probabilmente Le Corbusier si accorge che questa strada alla proporzione ha possibilità limitate di diffusione. In Vers une architecture si era lamentato di non avere avuto interlocutori tra gli altri architetti. Mi scuso di citare i miei esempi però, malgrado le mie ricerche, non ho avuto il piacere d'incontrare architetti contemporanei che si siano occupati di questo problema: non ho, a questo proposito, provocato che sbalordimento, o riscontrato che opposizione e sceuìcìsmo.t?'

Alla fine degli anni '30 la situazione era un po' cambiata. Ad esempio in Italia le sue idee avevano grande risonanza e anche i tracciati avevano suscitato un certo interesse che culminerà nelle realizzazioni di Terragni. Al di là di ciò, i problemi di comunicazione rimanevano insormontabili quando ci si rivolgeva fuori dalla stretta cerchia degli estimatori. Non è un caso che i tracciati regolatori vengano pubblicati per le ville, costruite per una élite , o, caso limite, per il Mondaneum, che aveva un interlocutore illuminato come Paul Otlet.t= Non esiste tracciato regolatore per la Maison Domino, né per le altre case in serie. Ciò non significa che esse non siano proporzionate: semplicemente Le Corbusier rinunciava a parlarne. La casa in serie significava definire misure standard che potessero essere ripetute in maniera da costruire componenti facilmente assemblabili. L'interesse, ben noto, di Le Corbusier per questo tipo di problemi lo spinse a trovare in questo ambito una soluzione al problema. Il problema poteva porsi in tali termini: cercare un sistema di misura che raggiungesse il doppio scopo di essere efficiente per la standardizzazione e essere l'occasione per una nuova affermazione dell'antico significato della proporzione. Da tali intenti nasce l'idea del Modulor. Nella realizzazione di questo progetto Le Corbusier incontra due tipi di nemici. Da una parte un nemico manifestato, dall'altra uno deliberatamente taciuto. Da una parte il nemico rappresentato dai sistemi che si stavano sperimentando all'interno delle istituzioni ufficiali, i sistemi di normalizuuione. Tali sistemi fanno riferimento alle serie dei cosiddetti numeri normali. Lo scopo di tali numeri è quello di facilitare il più possibile le operazioni algebriche necessarie nei calcoli tecnici, ovvero le quattro operazioni fondamentali, ma anche potenze e radicali, moltiplicazioni per 1t. In sintesi le serie normali sono gruppi di numeri all'interno dei quali si possano effettuare quelle operazioni, ottenendo altri numeri della serie. Essendo matematicamente impossibile, ovviamente, realizzare una tale serie pura, si cercherà di individuare una serie convenzionale che nasca da compensazioni sugli scarti, imponendo determinate priorità. Le Corbusier dichiara apertamente la sua avversione verso le serie per l'edilizia dell'ANFOR (Association Française de Normalisation), al progetto delle quali era stato invitato a lavorare.t= L a

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Rappresentazione della serie dei numeri normali.

Ciò che egli non può accettare nel sistema dell'ANFOR è che questo nasca da un approccio lontano dal mondo del1'architettura. Il problema dell'unità delle misure dell'edificio non è neppure minimamente preso in considerazione da chi progetta i numeri normali. Il risultato che questi sistemi avrebbero dato, che oggi è riconosciuto unanimemente, era stato previsto fin dall'inizio da Le Corbusier. Egli ha cercato introducendo nel dibattito le ragioni dell'architettura di trasformare una situazione potenzialmente molto pericolosa in una grande occasione. Il secondo nemico quasi non appare nelle dichiarazioni di Le Corbusier. È una corrente velatamente antagonista interna a quella grande corrente di pensiero che viene indicata come Movimento Moderno. All'interno dei CIAM Le Corbusier aveva già combattuto una battaglia contro un'idea semplicistica di funzione, raggiungendo un punto di culmine nella polemica indirizzata a Karel Teige.!= Da allora le posizioni all'interno del Movimento Moderno sembrano stemperarsi. Sembra che egli eviti 1'atteggiamento di aspra critica verso altri architetti moderni, che riserva ad altri interlocutori .

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Walter Gropius, casa sperimentale al Weissenhof di Stoccarda.

Ma quando a Le Corbusier sfugge che: 104

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... arrivavo troppo tardi per partecipare al gioco di questi amici. Il problema rimane aperto: Wacbsmann ba adottato uno standard a mo' di scacchiera regolato sul modulo unico di un quadrato. I giapponesi della tradizione banno costruito, durante i secoli, le loro stupende case di legno su un modulo sicuramente più raffinato: il tatami'"

appare chiaro come egli non condividesse gli esperimenti americani di Gropius e Wachsmann. Tali studi sulla coordinazione modulare, che riprendono progetti di prima della guerra, come le case sperimentali al Weissenhof di Stoccarda utilizzano un reticolo di misure assai simile a quello di Durand, sebbene vada detto che Gropius non attacca mai il concetto di proporzione. Apparentemente il reticolo ortogonale è il veicolo, lo strumento, per misurare le parti dell'edificio attraverso quello che viene chiamato modulo. TI valore che la parola modulo assume si distacca completamente dal significato antico che il termine aveva. Una definizione come quella di Wachsmann: Il modulo è l'unità astratta fondamentale di un valore di misura che, con moltiplicazioni, sottrazioni o divisioni, determina numericamente il sistema geometrico di un ordine modulare immaginato. 1011

appare quanto meno ambigua. In realtà è il sistema geometrico immaginato, a determinare concettualmente il modulo, e non viceversa. Il reticolo ortogonale è il prodotto diretto di un'idea di spazio. Tale idea non coincide affatto, nonostante l'uso di una parola antica come modulo, con il significato antico di proporzione. Infatti Vitruvio non fa mai riferimento ad un reticolo che, come s'é visto, sarebbe assai difficile da applicare alle sue misure. Le Corbusier avverte ciò e decide di combattere il reticolo ortogonale sul suo stesso terreno. TI suo progetto verrà chiamato infatti Modul-or (modulo della section d'or) per indicare, con un lievissima polemica, l'obiettivo che si propone. La sua grille des proportions - un reticolo che non è un reticolo - si propone come rete di relazioni che facilitino sia la scelta di misure efficienti che le corripondenze tra le forme dell'edificio. Una misura armonica su scala umana universalmente applicabile all'architettura e alla meccanica! Ecco sinteticamente i passi che conducono al Modular= I. Le Corbusier percepisce l'opposizione tra il sistema metrico-decimale e il piedepollice anglosassone. Il primo è «indifferente» alla taglia umana.w vale a dire è un sistema convenzionale che non ha rapporti con le misure del corpo umano. Ciò fa sì che tale sistema sia muto per l'architettura, non faciliti la scelta di misure adeguate. Il sistema alternativo del piede-pollice che invece parte dalle dimensioni di un uomo, è svantaggiato nei confronti del metro in quanto difficile da gestire dai moderni sistemi di calcolo. Si rende necessaria, allora, una scala di misure che sia sufficientemente ampia da coprire le necessità del progetti sta e, contemporaneamente, possa essere espressa in metri lineari come in piedi-pollici. II. L'antichità classica ha tramandato la convinzione che nel corpo umano si possano individuare rapporti proporzionali. Questa idea ricopre un ruolo fondamentale fino all'illuminismo quando viene, per la prima volta, fortemente messa in discussione. Nell'ottocento, però, si assiste ad una rinascita d'interesse del problema, in tono certamente minore, che viene a legarsi ad una più generale ricerca di relazioni geometriche tra le varie parti di tutti gli organismi viventi. In particolare il matematico Adolf Zeising ipotizza una proporzione aurea per il corpo umano. Le Corbusier attinge a questa teoria, tramite la conoscenza degli studi di Ghyka, e pensa di sfruttarla come base del suo sistema di misure.

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Le Corbusier, Modular e piede-pollice

Egli fissa una sola misura fondamentale del corpo umano: l'altezza del plesso solare. Partendo da questa, con due operazioni geometriche, si giunge a due prime misure derivate. La prima, 1'altezza di un uomo, è in rapporto aureo con 1'altezza del plesso solare; la seconda, 1'uomo con il braccio alzato, è il doppio della stessa. Andando avanti con le stesse operazioni si ottengono tutte le misure di un nuovo canone umano.

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Rapporti tra sezione aurea e doppio quadrato.

II!. L'idea geometrica sulla quale Le Corbusier fonda il Modular è 1'associazione della proporzione aurea e quella doppia. Essa rappresenta senza dubbio un suo contributo originale e - per quanto è dato di sapere - inedito. Le Corbusier scopre che le differenze tra due serie di misure auree, una il doppio dell'altra, rientrano nelle serie stesse e quindi sono componibili in una serie di modi. Le due serie aumentano le possibilità di relazioni e corrispondenze."! Da questi principi nascono le due celebri serie rouge ebleu. Un uomo sta al centro di queste misure, un uomo alto sei piedi. La prima serie è generata dall'altezza del suo ombelico, la seconda da quella di una sua mano alzata. I progetti di Le Corbusier del dopoguerra saranno tutti disegnati con queste misure. Il Modular insieme.

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è un sistema di misure, un libro, un oggetto e tutte queste cose messe

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Al di là delle apparenze il Modular vuole essere un sistema aperto. Non è costituito tanto da una sequenza di misure quanto dalla dimensione concettuale che le genera.

Le Corbusier, le misure del Modulor

Esso viene definito come uno strumento: Outil a piacer sur le table a dessin a coté du compas. Come il compasso esso serve a controllare la proporzione. Anche qui non deve sorgere l'equivoco di scambiare il mezzo per il fine. Mentre lo strumento è una invenzione, un fatto transitorio, la proporzione, il nocciolo della geometria dell'architettura, è, come s'è visto, qualcosa di essenziale che affonda le sue radici nell'origine del costruire. Le Corbusier non sembra aver dubbi al proposito: essendo la matematica rifi utata. 112

fuori causa, solo la mia soluzione

(la mia invenzione)

può essere

Se si utilizza lo strumento senza aver capito ciò si è fuori strada. L'esperienza dei tracciati regolatori non è perduta né il Modular è mai presentato come alternativa. Il ruolo di direttrice visiva della diagonale, che poteva sembrare prevalente, viene ridimensionato, mentre emergono con purezza le questioni proporzionali. Quando Le Corbusier usa le serie numeriche pensa immediatamente alle figure che esse possono creare, e non ha più bisogno di disegnare alcun tracciato perché ha completamente assimilato le relazioni fondamentali. Le due serie costituiscono una scala di valori. Ma a differenza della scala musicale le misure sono relative e non assolute. In questo modo egli pensa di fare un passo avanti rispetto al tracciato che dava rapporti e le cui misure erano legate alla singola situazione. Ma il Modular sarebbe uno strumento muto senza il tirocinio sulle corrispondenze di forme simili. I giochi non sono che uno stadio avanzato di questo faticoso lavoro. Pensate forse che il Modular sia un toccasana per i maldestri o i disattenti! conduce ad errori, elirninatelo! 113

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Le Corbusier è cosciente che le possibilità di successo del suo strumento sussistono solamente se esso viene interpretato ogni volta che viene messo in atto (ciò vale tanto per i supposti utenti quanto per lui stesso). Ecco perché i due libri che Le Corbusier pubblica assumono una fisionomia assai diversa da un manuale tecnico. Nel primo testo ne espone la tra vagliata genesi, senza celarne i punti deboli, illustrando poi alcuni progetti. Nel secondo mette a confronto sue valutazioni con quelle di altri (significativamente il sottotitolo è La parola agli utenti ). Questa strana e complessa struttura è volta ad ampliare le possibilità interpretative anziché a ridurle. Le Corbusier fornisce la chiave per riconsiderare ipotesi scartate e, quindi, per ripercorrere l'intero processo in maniera inedita. In questo modo le sue scelte sono poste su un piano scientifico: sono intelligibili e possono essere confutate. Gli altri sistemi di standardizzazione nascono da una convenzione che assume efficacia quanto più viene accettata impersonalmente. Ciò è coerente perché l'obiettivo della coordinazione modulare non è quello di creare relazioni significative tra le misure ma è quello di evitare quel problema per concentrarsi sui mille ed uno problemi di natura pragmatica. Wachsmann afferma: ... i problemi della forma hanno un'importanza secondaria, perché sul piano scientifico, tecnico, economico e sociologico cominciano a svilupparsi le forze detenninanti del nuovo ordinamento. l 15

Il significato artistico dello spazio sarà una questione che il singolo architetto potrà o non potrà affrontare, una questione altra. Le Corbusier seppure lontano da ogni sorta di formalismo, percorre una strada opposta. Il senso del costruire poggia sul significato esistenziale dello spazio; solo perseguendo questo principio si può cercare una soluzione ai problemi contingenti; solo un semplice scatto all'origine scioglierebbe gli ostacoli= prodotti dalle incongruenze del luogo comune. Non ha senso distinguere un significato artistico da uno tecnico nell'architettura. Il Modulor è una chiave per accedere a quel principio; in questo senso esso apre la porta dei miracoli. Come viene usato il Modul.or? I giochi mostrati nel testo sono un laboratorio in cui sperimentare in vitro le relazioni formali tra le due serie.

Le Corbusier, giochi con il Modular.

In questi schemi Le Corbusier ritrova e sviluppa le corrispondenze su cui aveva lavorato nell' an teguerra. 108

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L'Unité d'abitation è il primo progetto in cui lo strumento viene sperimentato. Non è riscontrabile un preciso tracciato regolatore della facciata.!" TIpunto di partenza per il proporzionamento è senza dubbio la cellula. L'elemento fondamentale dell'Unité di Marsiglia: il quadrato (in facciata) contenente una famiglia. Questo è un prodotto significativo del Modulorv"

Ma non è solo una questione

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La sezione trasversale della cellula ha un rapporto di 2,26 x 3,66 m, un rettangolo aureo su cui si impostano tutte le partizioni dell'appartamento (vedi figura a). Inoltre lo spazio a doppia altezza ha una sezione dove il doppio quadrato gioca un ruolo primario (b). Altre figure non sono riconducibili ad un'unica forma ma sono il prodotto di un'aggregazione. La rue interior, ad esempio, è larga 2,96 e alta 2,26 metri. Un tale rettangolo, che può apparire incomprensibile, è invece carico di possibilità. Può essere scomposto in due rettangoli aurei m 1,13 x 1,83 più un doppio quadrato m 2,26 x 1,13, oppure in un quadrato m 2,26 x 2,26 più due rettangoli aurei m 1,13 x 0,70 (c). Le partizioni potrebbero andare avanti. Un rapporto tra due misure del Modulor da luogo ad infinite scomposizioni. Ogni parte dello spazio, compresi gli spessori dei muri, intrattiene relazioni di questo tipo con il tutto. Per l'intera Unité: Sono bastate quindici misure. Quindici! Glorifichiamo questa prodezza dei numeri.'!"

Con quindici misure si possono controllare

tutte le misure che sono incalcolabili.

TIprogetto del sistema denominato brevet 226x226x226 utilizzato per i progetti di Roq et Rob può apparire come una contraddittoria concessione al reticolo cartesiano. In realtà esso rappresenta il tentativo più estremo di Le Corbusier di contrapporvisi. Un unico elemento costruttivo, ripetuto in tre direzioni perpendicolari, definisce una maglia cubica. Però la scelta della misura m 2,26 fa interagire tale reticolo con le misure armoniche del Modulor. TIquadrato di base è scomposto con i rapporti del tipo illustrato poc'anzi. Infatti la maglia quadrata non appare più negli elementi minori mentre nelle piante e nelle prospettive diventa appena riconoscibile. Addirittura la scelta delle volti ne per la copertura stabilisce

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una direzione prevalente, indifferenziata.

contraddicendo

completamente

il principio

di crescita

Le Corbusier, brevet 226x226x226.

Le Corbusier, Roq et Rob, schizzi d'interno.

In ultima analisi il reticolo viene assorbito dallo spazio proporzionale. Quanta differenza con il modulo di Wachsmann! La proporzione non è un ostacolo alla varietas che nell'opera di Le Corbusier si afferma con una quantità di invenzioni formali che può far sembrare la sua ricerca contraddittoria. Non è rintracciabile alcun tracciato regolatore di Le Corbusier case Jaoul. Ciononostante sarebbe facile disegnarne uno. Esso potrebbe essere sovrapposto sia al prospetto che alla sezione. Infatti in queste case il prospetto altro non è che una sezione speciale. Ogni pianta è impostata su un rettangolo ottenibile sommando un quadrato più un rettangolo aureo. Le distanze tra i tre muri portanti sono 2,26 e 3,66 metri, mentre l'altezza all'imposta delle volte misura 2,26 metri; quindi la sezione trasversale è impostata su un rettangolo aureo ed un quadrato. Questi due rapporti di base danno il la della composizione in maniera che ogni altra misura trova, nelle varie soluzioni, un suo assetto armonioso. Il mobilio fisso è assoggettato alle stesse regole della facciata. C'è un processo che muove dal generale al particolare e viceversa.

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Maisons Jaoul, schema interpretativo sovrapposto a pianta.

Maisons Jaoul, schema interpretativo sovrapposto a prospetto e sezione.

A differenza delle maisons Jaoule, la Chapelle a Ronchamp sembra completamente progettata con forme disegnate a mano libera e proporzionate ad occhio. Le Corbusier mette in guardia da una simile ipotesi dicendo: Modulor

ovunque. dell'edificio. 120

lo sfido il visitatore a mettere, a caso, le dimensioni

alle differenti parti

In questo edificio egli traspone realmente in architettura le sue esperienze pittoriche e scultoree. I due campi artistici sono sempre visti come due mondi affini che hanno in comune un medesimo linguaggio geometrico. Del resto egli dichiara ripetutamente che il suo interesse per i tracciati regolatori si sviluppa contemporaneamente nelle prime case come nei primi quadri. La forma libera si imposta su un tracciato logico altrettanto rigoroso della forma rettangolare. La differenza sta nel gesto della mano. Tracciando il segno o plasmando la materia si sperimenta, in maniera immediata, quel limite tra ordine e caos che con riga e compasso si esperisce con freddo distacco. Mentre il pittore gestisce personalmente l'intero processo dell'opera l'architetto deve concertare una moltitudine di individualità attraverso indicazioni precise. La

simmetria

di

Le

Corbusier

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Nel muro sud questo concetto assume una presenza fisica: la struttura portante in c.a. nascosta dall'intonaco bianco lega, come un tracciato regolatore, il succedersi delle bucature.

Le Corbusier, Chapelle a Ronchamp, struttura in c. a ..

prospetto del muro sud sovrapposto a

A Ronchamp Le Corbusier getta un ponte tra le arti in maniera estrema. Volumi curvi governati da generatrici rettilinee.!"

Non una forma libera all'interno di un insieme strutturato, come avviene in quasi tutti gli altri progetti, ma una struttura di proporzioni all'interno di un dispiegarsi imprevedibile delle superfici.

* * * * La ricerca di Le Corbusier rappresenta contemporaneamente un momento centrale e un'eccezione assoluta per l'architettura del XX secolo. Da un parte è, indiscutibilmente, uno dei più intluenti autori contemporanei, dall'altra è quello, unico tra i grandi maestri, che fa della teoria della proporzione un elemento fondativo del suo operare. Anche una conoscenza approssimativa delle teorie dell'architettura, dall'antichità alle porte dell'Illuminismo, rivela come la proporzione abbia rappresentato, se non il primo, uno dei nodi fondamentali della disciplina. La modernità invece sembra aver abbandonato l'argomento relegandolo, nei migliori dei casi, nell'ambito delle curiosità oppure negandone completamente la validità. Le Corbusier compie con grande immaginazione una resurrezione in due tempi. In primo luogo, seguendo la via aperta da Viollet-Ie-Duc, ripropone la proporzione privandola delle connotazioni metafisiche e cosmologiche dei sistemi antichi. Facendo ciò la mette al riparo dalle critiche più violente di cui era stata oggetto. Le tracé régulateur (... ) n'y a ici ni mystique, ni mystère; il y a simplement une rectification, une ... apuration des intentions que le plasticien a mis dans son reuvre.122

112

Costruire

e

misurare:

II

libro


I tracciati regolatori rappresentano una via razionale al rapporto significativo delle misure .

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Chapelle a Ronchamp, schizzi.

La

simmetria

di

Le

Corbusier

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Un rapporto lontano tanto dalla proporzione del mondo romantico quanto dal reticolo di marca durandiana. La teoria della proporzione viene quindi posta su un piano scientifico, trasmissibile e intellegibile.

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Chapelle a Ronchamp, schizzo dell'interno.

In secondo luogo riconsidera l'intero problema in rapporto alla consistenza materiale del costruire. Il Modular rappresenta un contenimento ragionato di misure, combinabili secondo un ampio spettro di possibilità . Mentre l'architetto piÚ imprevedibile del novecento mostra con la sua opera che la proporzione non è il mondo sterile dei numeri, il teorico non si limita a vagheggiare un'idea ma scende nei dettagli del problema. Ne scrive quando può e lascia un patrimonio esteso. 114

Costruire

e

misurare:

II

libro


Durante la sua vita compie un lavoro enorme per giungere a questo risultato. La storia dell'architettura non è stata in grado di rilevarne la portata= probabilmente per motivi molto piÚ profondi di quanto possa apparire. Sotto quest'ottica diventa palese il motivo per cui Le Corbusier appare cosÏ fiero nel mostrare la sua minuscola casa di vacanza, che viene pubblicata nell'opera completa assieme a progetti enormemente piÚ grandi.

La

simmetria

di

Le

Corbusier

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EPILOGO

Alla fine di questo viaggio - come in tutti i viaggi di architetti - rimangono appunti, schizzi e rilievi. .. un diario di bordo. Si è cercato di comprendere meglio il significato di alcuni termini che sono associati al controllo delle misure dell'architettura. Il punto di partenza e quello d'arrivo però coincidono: l'oggetto di studio è l'edificio, la cosa non la parola. Si è cercato attraverso i testi perché le misure, una volta realizzate in pietre e calce, diventano qualcosa che sfugge all'analisi. Il primo capitolo parla di questo problema, riflettendo sul tempio greco che pur essendo per antonomasia il regno della misura mette in difficoltà chiunque voglia stabili me le regole. Attraverso le parole, si è riflettuto su questioni che sono state al centro degli sforzi di razionalizzazione degli architetti del passato. Si è tentato di recuperare un ventaglio di forme assimilando i termini e ridisegnando, ove possibile, l'oggetto che esse descrivono. Si sono trovati approcci diversi al problema ma non ci si è preoccupati di stabili me le relazioni storiche, l'evoluzione temporale. Non si vuole affermare, naturalmente, che la ricerca storica non sia un lavoro necessario. In quanto architetti, però, ci si pone, in prima istanza, di procurarsi i mezzi per operare mentre per gli storici un tale obiettivo, quando è ammesso, è assai remoto. Il pensiero artistico procede attraverso la memoria ma anche attraverso l'oblio. Stabilire quale dei due versanti sia il più importante risulterebbe più difficile di quanto possa apparire. Stendendo su un piano sincronico forme appartenenti ad epoche diverse, si è cercato di transitare sulla linea di confine di questi due mondi.

* * * * La grande confusione che regna ovunque, produce oggi una richiesta di regole, di norme di riferimento, nella speranza di ristabilire una qualità diffusa del costruire. Uno degli aspetti fondamentali dell'epoca contemporanea è però quello di aver colpito, chi sa se definitivamente, la regola imposta dall'autorità del passato in quanto tale. Per una serie di ragioni, che in parte ho affrontato in questo testo, non credo che su questo punto si possa fare marcia-indietro. Credo invece che sia impossibile, oggi, riproporre la proporzione secondo un unico sistema. Credo che la trasmissione del sapere possa essere veicolata da regole fino a quando si accetta la supremazia della tradizione. Ma questa permette, attraverso i suoi mezzi, una sorta di fluttuazione tra ripetizione ed invenzione. Il rispetto della regola vive allora a fianco ad una sua continua trasformazione. Il mezzo per antonomasia della tradizione, la trasmissione orale, non permette di bloccare quei lievi ma determinanti mutamenti che impediscono alle regole di trasformarsi in una lingua morta. Credo - detto in termini sintetici e, forse, paradossali - che l'epoca contemporanea abbia distrutto irreparabilmente la tradizione millenaria dell'occidente. Affermare se ciò sia un bene o un male è un'impresa che non sono in grado di affrontare. Ma non vedo le opportunità di imporre le antiche regole, senza cadere in semplificazioni aberranti. 117


Il Modulor è l'unico sistema proporzionale che ha esercitato una certa influenza nel XX secolo. Esso, come s'é visto, propone una scala di misure concettualmente diversa da quelle del passato: è un sistema aperto ove è sempre possibile giungere alle fonti, all'origine, per ricominciare da capo. Credo che questa rimanga la sua forza. Il Modulor non ha avuto un futuro perché sono venute a cadere alcune condizioni di base. In primo luogo esso ha spostato l'attenzione sulla standaridzzazione, nascendo da una riflessione sui sistemi attuali di produzione. A distanza di pochi decenni, però, tale problema ha acquisito un ruolo di secondo piano relativamente ai problemi dell'edilizia. L'industria non pone più la richiesta di un sistema globale ma chiede la soluzione di problemi relativi, infinitesimali, che siano relazionabili ad un numero più alto possibile di microsistemi e di esigenze già operanti nel mondo della produzione. Il Modulor, nato durante la ricostruzione post-bellica, presupponeva la possibilità di imporsi come sistema egemone. Solamente in questi termini avrebbe avuto la sua chance di riuscita. La crisi di questa motivazione tecnica si è trascinata dietro le altre istanze del Modulor, che ha assunto la fisionomia di una macchina inutile. In secondo luogo Le Corbusier pensava il Modulor in relazione alla globalità della sua opera, compresa la battaglia sui tracciati regolatori. Una volta che si dimenticasse l'intero processo e si recepisse solo il prodotto finito, l'aspetto esteriore del suo sistema, tutto si decomporrebbe rapidamente. Le Corbusier prevedeva questo pericolo dicendo ironicamente: ... le Modulor,je m'en fiche'P ...

Il Modulor è una regola che non è tale. Sebbene il giudizio dato da Einstein - tanto amato da Le Corbusier - chiarisca l'idea che lo produce: ... rende facile il bene e difficile il maìe!" ...

esso non è affatto facile da usare. Richiede uno sforzo concettuale che incessantemente volga l'attenzione all'origine del problema. Usare le misure del Modulor senza compiere quell'itinerario diverrebbe una corveé senza senso. Descrivere le invenzioni geometriche di Le Corbusier è importante per capire il processo che le ha generate. Però, ovviamente, nulla può sostituire l'esperienza dello spazio. L'acustica visuale è un fenomeno da sentire al di là -della coscienza dei sistemi proporzionali, un po' come un brano di Mozart può essere ascoltato con un livello minimo di conoscenza delle leggi dell'armonia classica. Compito dello specialista è approfondire lo studio di quelle leggi, mentre il fruitore può anche abbandonarsi al mistero dell'opera compiuta. Ma il mistero dei suoi spazi sta al di là del rigore della misura non al di qua=

* * * * Rimane da chiedersi se alla fine di questo viaggio esista una qualche possibilità di ritorno o piuttosto ... non si incorra nel rischio di smarrirsi in un deserto inanimato. Perdersi è oggi un rischio non solo dell'architettura ma di tutte le forme del pensiero. Se un canone architettonico, nonostante la pressante domanda, non appare all'orizzonte, sembra invece che si avrà a che fare con una quantità sempre maggiore di informazioni contrastanti. Una massa enorme di immagini, di parole, di bits. 118

Costruire

e

misurare:

II

libro


Eppure per orientarsi in questo mare aperto sarà ben necessario trovare dei punti di riferimento. Qualche cosa che rimane fermo quando tutto si muove. Il senso di questo viaggio va visto in relazione a questa necessità. Infatti il moto che lo produce si potrebbe definire, citando il titolo di un film di Wim Wenders, un falso movimento. Ciò che si ricerca nel mutevole cambiare delle forme è la ricorrenza di una medesima idea, che viene reiteratamente ribadita, nonostante tutto. La crUJlllk:'tpta greca.

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C o s t r u ir e

e

m i s u r a re:

I I

Ii b r o


NOTE:

Pietre senza parole I Charles Edouard Jeanneret, Lettera a Willia/lt Ritter, Ncubabclsberg, l m~U7.O1911, archivio Fondation Le Corbusier, Parigi (da Giuliano Gresleri, Dal diario al progetto - I Curnet l-o di Le Corbusier, in «Lotus Intemational» n. 68, Milano, Electa, 1991, pago 12). 2 Da Christian Norberg-Schulz, Louis I. Kahn, immagine e idea, Roma, Officina, 1980, pago 12. 3 James Joyce, A portrait of the artist as a young man, Leipzig, Bernhard Tauchnitz, 1930, pago 245 (trad. il. di Cesare Pavese, Dedalus - ritratto dell'artista da giovane, Milano, Adelphi, 1976, pago 251 ... il ritmo - disse Stephen - è il primo rapporto estetico formate tre le varie parti di un tutto estetico oppure di un tutto estetico colle sue parti o con una sola oppure di una qualunque delle parti con. il tuI/o estetico al quale questa appartiene).

Vitruvio In questo scritto è stata utilizzata prevalentemente la traduzione moderna di Vitruvio: Architettura (trad. il. di Silvio Ferri), Roma, Palombi, 1960 (Versione con testo a fronte, incompleta e ristretta ai primi sette libri). Ad essa si farà riferimento nella indicazione del numero delle pagine, se non altrimenti specificato. Le altre due traduzioni moderne utilizzate sono: Dcll'architetturo (trad. il. a cura di Giovanni Florian), Pisa, Giardini, 1978; De Architectura Libri X (trad. il. di Luciano Migouo), Pordenone, Studio Tesi, 1992. 5 Vitruvio, De Architectura ... , op. cit., Lih. I, 11-4, pago 56-57, per la trad. il. anche G. Florian Dell'architettura, op. cit., pago 15. 6 Ivi, Lib. I, II, pp. 48-61. Si riportano le sei definizioni ovc il problema dei rapporti e della conunisurazione è sempre presente, talvolta come Iauo qualitativo, talvolta, nelle ultime due, come calcolo quantitativo: «L'architettura pertanto consta della ordinatio, in greco '!aE,lç, della dispositio che i greci chiamano Ota8Em.ç, della eurythmia, della symmetria, del dI'COI' ed infine della distrilnitio che in greco si dice 4

orxovouiu. La ordinatio è la subordinata misura dei membri dell'edificio considerati ad uno ad uno e il giusto rapporto della proporzione generale rispetto al modulo (PROPORTIONIS AD SYMMETRIAM COMPARATIO). Essa si basa sulla quantità, in greco 1WOO'!llç la quale consiste nel calcolo deduttivo dei moduli dai membri dell'opera, e nella m'monica esecuzione dell'insieme in relazione alle singole parti di ciascun membro. La dispositio è l'adatta messa in opera delle cose, e l'elegante esecuzione dell'edificio nelle varie composizioni (ELEGANSQUE COMPOSITIONIBUS EFFECTUS OPERIS), dal punto di vista delle qualità. Le figure della dispositio - in greco t8Eat - sono tre, iconograìia, ortografia, scenografia (... ). L'icnografia consiste nel giusto uso del compasso e della riga (CIRCINI REGllLAEQUE): essa ci presenta il disegno delle forme sul piano. L'ortografia è l'immagine della facciata, e dell'opera futura disegnata secondo le proporzioni (RATIONIBUS OPERIS FUTURI FIGURI\). La sccnognuia è lo schizzo della facciata e dei Iati in iscorcio, colla convergenza di tutte le linee al centro del compasso. (... ) L'eurythmia è la leggiadra figura ed il commisurato aspetto dei membri nella composizione (COMMODUSQUE IN COMPOSITIONI13US MEM13I<OIWM ;\sl'r:CTlIS): si oli iene quando i membri dell'opera sono bilanciati, per cui l'altezza rispetto alla larghezza, la larghezza rispetto alla lunghezza, l'insieme risponde ad un principio di xymrnctria (ET ;\1) SlIMMMvl OMNI;\ RESPONDENT SUAE SYMMETRIAE) (la trad. di quest'ultimo passo è stata rivista dnìl'a.). (La definizione di symmetria è citata nel testo). Il decor è il bell'aspetto dell'opera, composta da membri ben calcolati (PI<013ATIS REBUS) e cornmisurati con gusto e sapienza. ( ... ) La distributio consiste nella misurata attribuzione di materiale e di area, e nella oculata parsimonia di spesa nel costruire (SUMP1lJS RATIONE TEMPERAno)>>. 7 Ibid. Il problema di chiarire la differenza tra i due termini è stato un luogo di dibattito almeno fin dalla traduzione di Daniele Barbaro. 8 Ivi, Lib. VII, Pr.-14, pago 252-255. 9 La parola canone deriva dal greco xnvrov che significa bastone dritto, rigu, squadra (S. Ferri, voce canone, in Enciclopedia dell'Arte Antica, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1965) ed è verosimilmente utilizzato in un ambito geometrico o edilizio. Anche la parola regola, questa volta dal latino regula significa da principio 'assicellu di legno', lISS()Òll/{/ alla nozione di linea retta (G. Devoto, Avviamento alla etimologia italiana - dizinario etimologico, Firenze, Le Monnier, 196R, nuova ed. Milano, Mondadori, 1990).

No t c

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In arte la parola canone è associata allo scultore greco Policlcto, per via di un suo trattato intomo al canone umano che è citato anche da Vitruvio. Tale trattato è perduto ma rimangono testimonianze. Galeno così lo descrive: «... Policleto dopo aver esposto in questo suo libro tutte le proporzioni.del corpo, convalidò la sua teoria con un'opera, costruendo una statua secondo i precetti da lui esposti e la chiamò con lo stesso nome dello scritto, Canone. Del resto, che la bellezza del corpo stia nella giusta proporzione (in gr. cnuuerpmv) delle parti è opinione di tutti i medici e filosofi» (da Pitagorici. testimonianze e [rammenti, a cura di Maria Timpanaro Cardini, Firenze, ed. Nuova Italia, IlJ58, pago 18). IO Anche la parola regola, dal lat. regula, è associata alla nozione di assicella di legno, quindi alla nozione di linea retta (G. Devoto, Avviamento alla etimologia italiano ... , op. cit.). Il Vitruvio, De Architectura ... , op. cit., Lib. I1I, 1-2, pago lJ2-lJ5. 12 P. H. Scholfield, T/w theory of proportion in architecture, Cumbridge, Cambridge University Press, 1958, in particolare si veda il secondo capitolo, Vitruvius and tlie tlteory ofproponion, pp. 16-32. 13 Ivi, pago 28. 14 Ilfathom, similmente al cubito latino, ha il significato originario della larghezza delle braccia aperte, includendo le mani, da una punta del dito più lungo a quella opposta. Attualmente è usato per misurare le profondità marine (d:'1l1'O"çfimlEnglisn Dicuonaryi. 15 Le Corbusier, Il Modulor /I, L'Archiiecture d'Aujourd'hui, Boulogne SUI' la Mer, 1955 (trad. it. Il Modulor /I (la parola agli utenti). Seguito de « il Modutor», Mazzotta, Milano, I(J74). 16 p, H. Scholfield, T/w theory ofproportion ... , op. cit. 17 Ivi, pago 24. 18 La parola deriva dal latino modulus, che è diminuiivo di niodus che significa misura. In G. Devoto, op. cit., si veda anche nota-scheda su/modulo, a cura di Attilio Pctruccioli. in Ludovico Quaroni, Progettare un edificio, Milano, Mazzetta, 1977, pp. 173-177. 19 Vitruvio, De Architectura ... , Lib. 111,V 1-2, pago 108-10<). Vitruvio indica una soluzione nel caso si debba dimensionare un tempio partendo da un ingombro prcxtabilito. «Questo sistema in pratica si svolgerà così. Il fronte del terreno stabilito per il tempio, se dovrà essere tetrastylos, si divida in parti undici e mezza oltre i plinti e le sporgenze delle basi; se sarà di sei colonne in diciotto parti; se oktastylos in ventiquattro e mezza. Di queste parti, sia nel tetrastylos che nello hexastylos e nell'oktastylos, se ne prenda una e quella S(U';1 il modulo. Uno di questi moduli sarà la base della colonna, tutti gli intercolumni .. _». 20 Ivi, Lib. III, V 1-2, Pago 122-123. 21 Ivi, Lib.lII, V 3-4, Pago 122-125. 22 A. Petruccioli nota-scheda su/modulo in Ludovico Qu.uoni, Progcuure un edificio, op. cit., pp. 173177.

Art de jometrie 23 Il manoscritto di Villard de Honnecourt è riprodotto fotograficamente in Carnet de Villani de Honnecourt, Paris, 1986 (trad. il. a cura di Chiara Formis, Disegni del manoscritto conservato alla Biblioteca Nazionale di Parigi, Milano, Jaca Book, 1988). 11taccuino è stato scritto da Villard, nella sua formulazione originale, presumibilmente intorno il 1225-50. Successivamente è appartenuto ad almeno due altri maestri che hanno aggiunto annotazioni e disegni, La citazione, ovviamente appartenente al primo autore, è tratta dal tolio I v, nell'edizione conxulrata tav, 2, trad. il. pago 127. 24 Quanto fosse importante tale regola è stato indagato da di veri autori, in svariate occasioni. Si rimanda, ad ogni modo, al celeberrirno articolo di Paul Frunkl, 1'I1e secret o/, medie val mason, in «The Art Bulletin XXVII», 1945, pp. 46-65, ed anche, dello stesso autore, a 1IIe Gothic. Literary sources and lnierpretation Trougtli Eight Centuries, Princeron, Princcton Un, Press, I ()60, Le prove documentarie sono tante. Ad esempio in Pierre Du Colornbicr, Les Cluintiers des cathédrales. Ouvriers - Architectes - Sculptores, Paris, Picard, IlJ53, a pago lJ() è citato l'articolo VI del Livre des Métiers di Etienne Boileau che dice «tant aides er vallctx ù lcur métier comme il lcur plait, pour tant qu'ils ne montrent à nul d'eux nul point de lcur mcstier». Oppure in Bechmann Roland, Villard de Honnecourt. La pensée technique au XliI siècle l'I sa conununication, Paris, Picard, 1993, è ricordato come ancora nel XVII secolo Mathurin Jouxse pubblicando il suo libro (Le secret d'architecture, La Flèche, 1642) fu accusato di pubblicare i segreti della corporazione e portato in tribunale. 25 Roland Bekmann, Yillard de Honnecourt .... , op. cit., in part. Cap. VI II - Lesfigures Énignuitiques de l'Art de la "lometrie ", pago 316. La geometria è invocata nei giuramenti pervcnutici che i maestri facevano quando entravano nella corporazione (le costituzioni sono in versi), Il manoscriuo Regio (I:i()O) inizia con questo motto: Hic Incipiunt constitutiones anis geometrie secundum Euciidc. ll manoscriuo Cooke dice: il y li sept sciences liberales (... ) l'une est la base de toutes, lÌ savoit 111 science de géametric.

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Costruire

e

misurare:

II

libro


Roland Bekmann, Villard de Honnecourt ... , Op. cit., I ()(J3. In part. Énigmaiiques de l'Art de la "Iometrie", pp. 305-360. 27 Ivi, paragrafo intitolato Un mémento de traés géo/llétriljues, pp. 313-315. 26

Cap.

- Les figures

VIII

28 Anche qui il campo sarebbe assai vasto. In questa sede il problema non verrà preso in considerazione perché ci allontanerebbe dagli obiettivi di ricerca. Ciò non significa, comunque, che si voglia negare l'esistenza di una struttura simbolica nell'arte medioevale. 29 Ad es. si veda Pierre Du Colombier, Les Clumtiets ... , op. cit. 30 Democrito riferendosi ad essi dice: di non aver trovato persona che li possa superare nell'arte di tracciare le linee dalle figure e di dirnostrarne le proprietà (da Matila Ghyka, Le nombre d'or, riies et rythmes pythagoriciens dans la développement de la civilisation occidentale - 2 vol., Paris, 1927, pago 66, trad. il. dell'A.). 31 Si veda al proposito, il celeberrirno articolo di Jamcs S. Ackerman, Ars sin e scientia nihil est - Gothic theory of Architecture at the Cathedral of Milan, in «The Art Bulletin», XXXI, l 949, pp. 84-111. 32 Gli schemi sono tratti da James S. Ackerman, op. cit., pago 89. Le lettere sotto i disegni hanno il seguente significato: a) Progetto del 1390 che impiegava l'unità di misura di IO braccia, dallo schizzo di Antonio di Vincenzo. (b) Progetto del 1391 che impiegava l'unità di misura di 14 braccia, dal disegno di Gabriele Stomaloco. (c) Progetto del 1392, proposto da I Icinrich Parlcr di Gmund (ricostruito dal testo). (d) Progetto accettato nel 1392 che trasforma il progetto di Siornaloco (triangolo uaueggiato) e impiega un modulo di 14 braccia fino all'altezza di 28 braccia per passare ad un modulo di 12 braccia. 33 James S. Ackerman, op. cit., pago 108, D: UTRlIM ECCLESIA II'SA NON C:OMPlITANDO IN MENSURA TIBURIUM FIENDUM DEBEAT ASCENDERE AI) QlIAI)RATUM AN AD TRIANGULUM? / R: DECLARAVERUNT QUOD IPSA POSSET ASCENDERE l ISQl IE AD TR I!\N C,l II.l 1MSIVE USQlIE AD FIGlIRAM TRlANGULAREM ETNON ULTRA (trad. il. dell'a.). 34 Villard de Honnecourt, Manoscritto ... , op. cit., lùlio I() v, trad. il. tav. 38, pago 131. 35 Ivi, folio 21, trad. il. tav. 41, pago 133.

Harmonia 36 Leon Battista Alberti, De Re Aedificatoria, scritto prcsumibilmente negli anni 1443-52 (I edizione a stampa a Firenze nel 1485, trad. il. con testo a fronte a cura di G. Urlandi, Polifilo, Milano, 1966). 37 Ivi, Lib. I, Prologo, pago 14-15. 38 Ivi, Lib. I, Cap. I, pago 20-21. Si veda anche la seguente definizione: ATQUI EST QUIDEM LINEAMENTI MUNUS ET OFFICJlIM l'RAESCRml~RE AEDIFICIIS ET PARTIBUS AEDIFICIORUM APTUM LOClIM ETCERTlIM NUMEIWM DICìNUMQlIE MODlIM ETGRATUM ORDINEM, UT IAM TOTA AEDIFICII FORMA ET FIGURA I/'SIS IN I.INEAMENTIS CONQl IfESCAT. NEQlJE HABET LINEAMENTUM IN SE, UT MATERIAM SEQUATlIR, SED EST IlllHlSMODI, lIT· EADEM PLURIMUS IN AEDIFICIIS ESSE LINEAMENTA SEN11AMUS, l rI3I UNA ATQl lE EADEM IN ILLIS SPECTETUR paRMA, HOC EST, UBI EORUM PARTES ET PAR'11UM SINGULARl 1M SITl IS ATQUE ORDINES INTER SE CONVENIANT T011S ANGUUS TOTISQUE LINEIS. La funzione dei linea menta è di assegnare agli edifici e alle parti che li compongono una posizione appropriata, un'esatta proporzione, una disposizione conveniente ed un armonioso ordinamento, di modo che tutta la forma della costruzione riposi interamente nel tineamenta stesso. Né il lineamento contiene nulla in sé che dipenda dal materiale: è bensì tale da potcrsi riconoscere invariato in più edifici, nei quali si riscontri immutata un'unica forma, nei quali cioè le parti che lo costituiscono, la collocazione e l'ordinamento di ciascuna di esse corrispondono esattamente Ira loro nella totalitù degli angoli e delle linee (Lib. I, Cap. I, pago 18-21). 39 Ivi, Lib. VI, Cap. I, pago 444-445, dal latino: ... TERTIA OMN/l 1M DIGNISSIMA ET PERQUAM VALDE NECESSARIA. 40 Ivi, Lib. VI, cap. II, pago 446-447. 41 Rudolf Wittkower, Architectural Principles in the Age ofHumanism, London, Academy Edition, 1962 (trad. il. Principi architettonici nell'età dell'umanesùno, Torino, Einaudi, I %4). In particolare è fondamentale ai fini di questo studio il VI capitolo - Il problema del/a proporzione armonica

nell'architettura. Per approfondimento si rimanda al primo Libro della presente Tesi di Dottorato. Leon Battista Alberti, De Re Aedificatoria, op. cit., l.ib. Xl, cap. V, pago R24-R2!J. 44 Ibid., Libro IX, VI, pago 828-829. 45 Wittkower spiega ampiamente il caso di San Francesco delle Vigne ovc lo schema di base viene indicato da Francesco Zorzi che non è architcuo (Rudolf Wittkowcr, Principi orchitcttonici ... , op. cit., pp. 102-106 e pp. 149-150 ove è riportata la lettera dc 110 Zorzi). 42

43

No

l

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Si consideri anche il fatto che il grande rnecenate di Palludio, Daniele Barbaro, è anche l'autore di una traduzione di Vitruvio con un ricchissimo commenturio. Egli mostra di avere una conoscenza molto approfondita in tema di proporzioni, quasi maggiore dello stesso Palladio. 46Andrea Palladio, I quattro libri dell'architettura, Venezia, Dorninico de' Franceschi, 1570 (rist. ano Milano, Hoepli, 1980), Lib. II, pago 50. 47Alberti dice anche: DIAMETRIS ETIAM FINIUNDIS INNATE SUNT QUAEDI\M CORRESPONDENTIAE, NEQUICQUAM TERMINAR! POSSUNT, SED CAPTANTUR RI\DICIBUS ET POTENTDS.

QUAE NUMERIS

Per la determinazione di tali dimensioni vi sono anche particolari proporzioni naturali, le quali non si possono definire mediante numeri, sebbene vengono ricavate con radici e potenze (Leon Battista Alberti, De Re Aedificatoria, op. cit., Lib. IX, VI, pago 828-82lJ). 48Ivi, Lib. IX, VI, pago 832-833. 49Francesco di Giorgio spiega puntigliosarnente come costruire il tracciato: E per volere dimostrare alcune altre geometriche proporzioni, commensurazioni de' tempi navali oblanghi.fuuo prima uno quadrato d'equali lati ne/quale da angulo ad angulo si tirino due linee diagonee, e la basa del quadrato divisa in quattro equali parti, e dal partimento C D si tiri due rette linee terminanti alle linee diagonee, con una linea transversa A B. Di poi si tiri un seinicirculo dalle estremità delli anguli della basa, passante la sua altezza all'intersecazione delle linee diagonee X dove lo linea del circulo passante interseca per M N, tirate in quel loco le transverse linee, sarù iusta alterru alla larghezza delle navi laterali; di poi si pigli una linea passante per lo mezzs) del maggiore e minor quadrato, e due altre dal ponto medio della basa o passanti l'intersccazionc del/e rette linee e diagonee, e vadino a trovare la estremità della porzione del semicirculo, e quella parte cile resta dentro 11//11 porzione, cioè E F, sarà modulo a tutto il tempio; e due altre linee dal ditto ponto Q, e l'lidi insino 111/11 quadrata altezza della B intersecando per lu S: questa sarà la largliezra e II1te7W del/a por/a. LII qual meilesima larghezza si dia al summo puteo overo lanterna del 1010. Perché il diamitro del/Il 1}(I.mOl'eI"Olatitudine di tutto il tempio si trovi parti sette del modulo E F, e l'altezza del minore quadrato A il C D saria parti 5 /12, e li l'altezza di parti 41/2, si tiri la linea O P, in mezzo della quale si ponga il centro pigliando 111 circumferenzia dallo P. E questa sarà la somma altezza di tutto il tempio. E se circulazionc di 1010 si avesse a fare, non debbano passare le sue diritte linee la sommità del maggior quadnuo tirando la sua proporzionai volta per altezza quanto ricerca il suo diatnitro. E la piramide del puteo a beneplacito dell'anefice. E così il tempio con ragione e l'attezza e le larghezze saranno commensurate, sì come per la figura e disegno si nuinifesto (da Francesco di Giorgio Martini, Trattato di architettura civile e militare, scritto presumibilmente negli anni 14R 1-14lJ2, edizione critica a cura di Corrado Maltese e trascrizione di Livia Maltcse Dcgraxxi, Milano, Polifilo, }lJ(i7, I ternpli, M 40 v - M 41, pago 399-401). 50Cesare Cesariano, De Lucio Vitruvio Pollione de Architectura Libri dccem traducti de Latino in Vulgare affigurati, commentati ... , Como, 1521, rist. anast. Munchcn, Wilhclm Fink, 1%9 con intr. di Carol Herselle Krinsky, Lib. VI, pago 98. 51Andrea Palladio, I quattro libr! ... , op. cit., Dell'alter:« del/e stanze, cap. XXIII, pago 53. 52Per il rilievo del costruito si fa riferimento a Camillo Scmcnzato, La Rotonda di Andrea Palludio, Vicenza, Centro Studi Andrea Palladio, IlJ6R e, anche, a R. Cavcxe, Andrea Pulludio, La Rotonda, Milano, Electa 1990. 53Rudolf Wittkower, Immagine e idea, Einaudi, Torino, IlJlJ2 al Cap. V - Btunclleschi e la "proporzione in prospettiva», pp. 221-246. 54 Erwin Panofsky, The Cm/ex Huygens and Leonardo d« Vinci art tlieorv, London, Studies of the Wanburg Institute, 1940 (reprint Westport, Greenwood Presso I (n I l. From the point of vielV of the Renaissance. nuuhenuuicu! perspectivc 1\lIIS not only a guarantee (lF correctness but also. and perhaps even niore so, a guarantcc ofaesthet« perjection; it was abandoned by periods which shared the Renaissance belie] in naturulisni II'IIile no longer sluiring the Renaissance enthusiasmfor harmony (p. 1(0). 55Leon Battista Alberti, De Pictura, da Rudoll Wittkowcr, Immagine e idea, op. cit., pago 226. 56Leonardo da Vinci, da Rudolf Wittkower, Inutuigin« e idea, op. cit., pago 234. 57Ivi, pago 237. 58Ibid. 59John Summerson, The classica l Language ofArchitecture, London, Mcthuen & Co. Ldt., 1963 (trad. il. di L. Moscone Bagilli, Torino, Einaudi, 1970), pago 26. 60 Sebastiano Serlio, I sette libri dell'architettura, Venezia, Francesco de' Franccschi, 1584 (rist. anast. Sala Bolognese, Forni, 1987) pago 127. 61Ibìd.

124

Co s t r u ir e

e

l1l

i s u r a re:

I I

I i b r ()


Le trame di Viollet-le-Duc Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc, Entretiens sur l'architecture, Paris, A. Morel, 1863-72 (trad, it. di Laura Majocchi, selezione a cura di Maria Antonietta Crippa, Conversazioni sull'architettura, Milano, Jaca Book, 1990, pago 55-56)0 62 Wittkower Rudolf, The Changing Concept of Proportion, in «Daedalus» (winter 1960), 1960, (trad. it. Il mutevole concetto di proporzione in Immagine e idea, op. cit. pago 189-190)0 63 Alberto Perez-Gomez, Architecture and the crisis of modern Science, Cambridge, Masso, MlT Press, 1983 (tit. originale La Genesis y superacion delfuncionalismo en architectura, Editorial Limusa, 1980, tradotto in ingl. e rivisto dall'autore). 64 Ivi, pago 300 65 François Blondel, Cours d'Architecture enseigné dans l'Académie Royale d'Architecture. o0- 5 parties en 1 vol., Paris, P. Auboin et F. Clouzier, 1698 (la citazione, tradotta in it. dall'a., è presa dall'antologia a cura di Françoise Fichet, La théorie architecturale a l'age classique: essai d'anthologie critique, Bruxelles, Pierre Mardaga, 1979, pago 144)0 In realtà, l'autore del passo citato è René Ouvrard, (Architecture Harmonique, ou Application de la doctrine des proportions de la musique l'architecture, Paris, 1679)0 Blondel, come si può facilmente verificare, dichiara però di condividere pienamente questa posizione e la fa propria o Nel testo, per la sinteticità del discorso, non si è ritenuto necessario dichiarare la esatta provenienza della citazione o 66 Claude Perrault, Ordonnance des cinq espèces de colonnes selon la methode des anciens, Paris, J. B. Coignard, 1683 (esiste una trad. it. in L'ordine in architettura, Aestetica Reprint, Palermo, 1991; le presenti citazioni sono però tradotte dall'a.) da La théorie architecturale..., op. cit., pago 2380 67 François Blondel, Cours d'Archuecture..., op. cit. (citazione da F. Fichet., La theorie architecturale.,., opo cit., pago 150)0 68 Ivi, pago 1600 69 Alberto Perez-Gomez, Architecture and the crisis. oo, op. cito, capo II - Geometry and architectural meaning in the seventeenth and eighteenth centuries, ppo 85-161. 70 Etienne Louis Boulleé, Architecture. Essai sur l'art. 1793 circa (testo oro da F. Fichet, La théorie architecturale 000'op. cit., pago 477; trad. it. a cura di Aldo Rossi, Architettura. Saggio sull'arte, Padova, Marsilio, 1967, pago 77)0 71 Ivi, pago 474 (trad. it. pago 66)0 72 Ibìd. 73 Si riportano le definizioni di Durand: Si possono classificare le forme e le proporzioni in tre classi; quelle che derivano dalla natura dei materiali e dall'uso degli oggetti per la cui costruzione s'impiegano; quelle che l'abitudine ha reso in qualche modo un bisogno per noi, quali le forme e le proporzioni degli edifici antichi; infrne quelle che, più semplici e più determinate di altre, debbono avere la nostra preferenza, per la facilità che abbiamo di coglierle, Solo le prime sono essenziali: ma esse non sono così rigorosamente defrnite dalla natura delle cose che non vi si possa aggiungere o levare qualcosa (ooo) per la loro semplicità appagano maggiormente l'occhio e lo spirito, e nello stesso tempo risultano economiche alla costruzione. In Jacques-Nicolas-Louis Durand, Précis des leçons d'Architecture données a l'Ecole Royale Polytechnique - II vol., Paris, 1817 - 19 (trad. it. a cura di E, D'Alfonso, Lezioni di Architettura, Milano, CLUP, 1986, pago 39)0 74 Ivi, pago 450 75 Jacques-Nicolas-Louis Durand, Partie graphique des Cours D'Architecture faits a l'Eco le Royale Polytechnique depuis sa réorganisation, Paris, 1921 (trad. it. a cura di E. D'Alfonso, Lezioni.,., op. cit., pago 185)0 76 Alberto Perez-Gomez, Architecture and the crisis. oo, op. cit., pago 2980 77 Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc, Dictionnaire raisonné de l'architecture française du XI au XVI siècle, Paris, A. Morel, 1868 (trad. it. di Adriana Maria Colombini Mantovani, a cura di Maria Antonietta Crippa, L'architettura ragionata, Milano, Jaca Book, 1981, pago 213)0 78 Antoine Chrysostome Quatremère de Quincy, Dictionnaire d'Architecture, Paris, 1789 (trad. it. Venezia, 1801125 di cui una selezione è rist. a cura di Vo Farinati e G. Teyssot in Dizionario storico di architettura, Padova, Marsilio,1985), voce proporzione, pago 241. L'espressione è riportata letteralmente da Viollet-le-Duc. 79 Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc, Dictionnaire ooo, pago 2110 80 Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc, Entretiens ooo, op. cito, pago 49 o 81 Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc, Dictionnaire 000'op. cit., pago 2240 82 Ivi, pago 211. 83 Ivi, pago 2130 84 Ivi, pago 2140 61

à

Note

125


85 86 87 88

Ivi, pago 220. Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc, Entretiens ...• Op. cit., pago 66. Ivi, pago 74. Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc, Dictionnaire ...• Op. cit., pago 241.

La simmetria di Le Corbusier Le Corbusier, Il Modulor 2 (La parole est aux usagers) suite de "Le Modulor", Boulogne sur la Mer, L'Architecture d'Aujourd'hui, 1955 (trad. it. Il Modulor Il (la parola è agli utenti). Seguito de «Il Modular», Mazzotta, Milano. 1974. pago 239). 90 Le Corbusier, Le Modulo r. Essai sur une mesure harmonique l'echelle humaine applicable universellement à l'architecture et à la mécanique, Boulogne sur la Mer, L'Architecture d'Aujourd'hui, 1948 (trad. it. Il Modulor. Saggio su una misura armonica su scala umana universalmente applicata all'architettura e alla meccanica, Mazzotta, Milano. 1974. pago 24). 91 Esistono tre scritti di Le Corbusier dedicati ai tracciati regolatori. Il titolo Les tracés régulateurs è stato dato a due saggi differenti. Il primo apparso nella rivista e firmato Le Corbusier-Saugner, L'Esprit Nouveau n° V. 1921, pp. 563-572. Il secondo. a cui si fa riferimento nel testo, costituisce un capitolo di Vers une Architecture, Crés, Paris, 1923 (trad. it. a cura di Pierluigi Cerri, Pierluigi Nicolin e Carlo Fioroni, Verso un'architettura, Longanesi, Milano. 1973. pp. 49-64). Questo è molto simile al primo: differisce. sostanzialmente. per i tracciati pubblicati. Di questo saggio c'è, poi, una variante nella seconda edizione del libro. di un anno posteriore. Il terzo saggio. firmato insieme a Pierre Jeanneret, appare con il titolo Tracés regulateurs, nel numero monografico della rivista «L'Architecture Vivante», numero monografico Le Corbusier et Pierre Jeanneret - deuxième série, 1929. pp. 13-23. I primi due differiscono di poco mentre il terzo va considerato decisamente un saggio differente. 92 Le Corbusier, Vers ...• op. cit., pago 123. 93 Le Corbusier, Viaggio in Oriente. (trad. it. dal manoscritto del 1911 di Mirella Gresleri-Coppola a cura di G. Gresleri), Marsilio, Venezia. 1984. pago 297. 94 Ivi, pago 292. 95 Una critica di questo tipo è stata mossa ad esempio da Paul Turner (in La formatioti de Le Corbusier, Bruxelles. Mardaga, 1987) che ribalta la lettura funzionalista dell'opera di Le Corbusier, arrivando a sostenere la tesi di una geometria ideale a scapito della riuscita tecnica e funzionale dell'edificio. 89

à

En réalité, l'usage des formes géometriques par Le Corbusier révèle une attitude profondément idealiste et formaliste (pag. 182). 96 Le Corbusier doveva considerare questa immagine molto importante se nel libro L'Atelier de la recherche patiente, Paris, Vincent Fréal, 1960 (trad. it. La mia opera. Torino. Boringhieri, 1961). una monografia sul suo lavoro curata da lui stesso, la userà per rappresentareVers une Architecture. 97 Le Corbusier, Vers ... , op. cit., pago 130. Nello schizzo di studio n. 7848 conservato alla Fondation Le Corbusier si può verificare come ciò avvenga anche nella facciata di destra. In generale per quanto segue sono stati utilizzati gli schizzi di Le Corbusier editi in The Le Corbusier Archive - 32 volI. (a cura di H. Allen Brooks), New York/Paris, Garland/Fondation Le Corbusier, 1982-84. 99 Non convince la tesi di R. Herz-Fischler (Le Corbusier's "Regulation lines" [or the Villa at Garces (1927) and other Early Works, in «JSAH». March 1984) in cui si sostiene che: «la sezione aurea fu introdotta (da LC) a causa dell'influenza esercitata dal libro di Ghyka pubblicato nel 1927» (trad. il. dell'a., pago 53) e quindi non rintracciabile nei progetti precedenti a tale data. In primo luogo è un dato comprovato che già dall'inizio degli anni dieci s'era creato a Parigi un movimento d'interesse verso questo tipo di proporzione. Non si può ammettere che pittori come Juan Gris, Jaques Villon, Marcel Duchamp, Ferdinand Léger, i quali intitolarono una grande esposizione collettiva del 1912 "Salon de La Section d'or". non avessero nemmeno una pallida idea dei problemi compositivi che essa comporta. Possono, tuttavia, aver coerenza le tesi di W. A. Camfield (Juan Gris and the golden section in «The Art Bullettin», March 1965) il quale sostiene che non è rintracciabile un uso schematico del rapporto aureo nei quadri di Gris, ma che la sua pittura è incentrata su un sistema di ripetizioni ritmiche vorticose intimamente legato alle possibilità offerte dalla section d'or. Le Corbusier ha avuto contatti con questi ambienti. Con essi condivide le idee estetiche e i suoi tracciati sembrano riproporre un approccio simile. In secondo luogo le tesi di Herz-Fischler contrastano con un'analisi anche sommaria dei tracciati regolatori dei progetti precedenti al '27 che. come si mostra in questo scritto. portano inequivocabilmente l'impronta della sezione aurea. Inoltre lo schizzo dei voyages d'Allemagne, riprodotto nel testo. dimostra come Le Corbusier fosse a conoscenza, fm dal 1911. del significato geometrico della Goldmass. 98

126

Costruire

e

misurare:

II

libro


E' invece probabile che LC giunga ad una maggiore consapevolezza del significato matematico del problema dopo tale data. Del resto egli stesso dà questa versione dei fatti: molti anni dopo il suo (di Le Corbusier) articolo su L'Esprit Nouveau, appaiono i libri di Matila Ghyka (... ) non era preparato per potervi far seguire praticamente alla dimostrazione matematica (l'algebra delle formule), mentre le figure che, di fatto, sono l'oggetto considerato gli sono immediatamente chiare. (Il Modulor, op. cit., pago 27). 100 Le Corbusier, Vers ... , op. cit., pago 52. 101 Ivi, pago 151. 102 Ivi, pago 52. 103 Ivi, pago 62. 104 Si veda G. Gresleri, Il progetto del Mondaneum, in AA. VV. Sulle tracce di Le Corbusier, Venezia, Arsenale, 1989, pp. 92-113. 105 Le Corbusier, Il Modulor, op. cit., pp. 31-32, pago 34, pago 40 etc. 106 Le posizioni all'interno dei primi quattro CIAM, prima che la linea di Le Corbusier prendesse il sopravvento, furono tutt'altro che unitarie. Si veda a questo proposito il saggio di Giorgio Ciucci, Il mito Movimento Moderno e le vicende dei C/AM, in «Casabella 463/464», Milano, Electa, pp. 28-35. Per quanto riguarda la polemica Le Corbuiser- Teige si veda il saggio di Thilo Hilpert, Una polemica sul funzionalismo: Teige-Le Corbusier 1929, sempre in «Casabella 463/64», pp. 20-26. 107 Le Corbusier, Il Modulor, op. cit., pago 52. 108 Konrad Wachsmann, Wendepunkt im Bauen, Wiesbden, Otto Kraussaopf, 1959 (trad, it. di Paola Rotti, Una svolta nelle costruzioni, Milano, Il Saggiatore, 1960, pago 55). 109 Si rimanda, per una conoscenza approfondita dei problemi, all'analisi di Dario Matteoni, La ricerca di un'idea di proporzione: il Modulor, in Parametro n. 85, Apr 1980, pp. 12- 37. 110 Le Corbusier, Il Modulor, op. cit., pago 20. 111 Nel primo libro di questa tesi di Dottorato si può trovare una spiegazione più approfondita dell'aspetto geometrico. 112 Le Corbusier, Il Modulor, op. cit., pago 181. 113 Ivi, pago 128. 114 Ivi, pago 179. 115 Konrad Wachsmann, Wendepunkt ... , op. cit., pago 47. 116 Le Corbusier, Il Modulor, op. cit., pago 15. 117 Non convince l'ipotesi di tracciato regolatore avanzata da Jacques Sbriglio (L'Unité d'Abitation de Marseille, Parenthèses, Marseille,1992, pago 102). Sbriglio parte da uno schizzo di Le Corbusier, in cui viene indicato senza dubbio un tracciato per una soluzione della facciata differente dalla realizzazione. L'ipotesi che deriva è però assai complicata e, ammesso che sia rispondente alla realtà, non può essere assimilata ai consueti schemi. Del resto al Congresso sulla proporzione LC presenta un tracciato per una soluzione dell'Unité di Nantes ma non accenna ad alcuno schema per quella di Marsiglia già realizzata. 118 Le Corbusier, L'Atelier ... , op. cit., pago 159. L'élémentfondamental de l'Unité de Marseille: le carré (enfaçade) contenant une famille. Ceci est un prodit significatif du Modulor (trad. it. dell'a.). 119 Le Corbusier, Il Modulor, op. cit., pago 138. 120 Le Corbusier, Ronchamp, Stuttgart, 1957, pago 118: Modulor partout. le défie le visiteur de mettre spontainément des chiffres dimensionnels sur les diverses parties de l'edifice (trad. it dell'a.). 121 Ivi, pago 119: Des volumes courbes réglés par des géneratrices rectilignes (trad. it. dell'a.). 122 Le Corbusier e Pierre Jeanneret, Tracés Régulateurs, op. cit., pago 13. 123 Una rara eccezione è rappresentata dal saggio di Rudolf Wittkower, Il Modulor (raccolto in AA. VV., Sulle tracce di Le Corbusier, op. cit., pp. 10-19), in cui si presenta una penetrante lettura dello studio di Le Corbusier.

Epilogo 124 Citazione da una conferenza di Rudolf Wittkower, da Bruno Zevi, l sistemi Proporzionali Sconfitti a Londra, in «L'Architettura- cronache e storia n° 3», Roma, 1957, pago 508. 125 Le Corbusier, Il Modulor, op. cit. 126 Chiarificatrice, a questo proposito, è la breve prefazione di Francesco Venezia a Le Corbusier - Eros e Logos (di Bruno Messina, Napoli, Clean, 1987) pp. 7-8.

Note

127



FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI:

Avvertenza: Le fotografie, i diagrammi e i disegni indicati come schemi interpretativi e come schizzi, senza ulteriore specificazione riguardo alla fonte, sono ad opera dell'autore.

Paestum, Heraion II, 1991. Capo Sunion, Poseidonion, 1993. Selinunte, 1991. Paestum, schizzo, 1992. Segesta, schizzo, 1991. Segesta, schizzo, 1991. Paestum, Heraion II, facciata Est, 1981. Paestum, Heraion II, facciata Ovest, 1981. Segesta, 1991. Paestum, Heraion II, 1991. Paestum, Heraion II, schizzo, 1991. Selinunte, tempio E, 1991. Segesta, 1991. Atene, Partenone, 1993. Selinunte, tempio E, 1991. Capo Sunion, Poseidonion, 1993. Cave greche di Selinunte, 1991. Bassai, Tempio ad Apollo Epicurio, 1993. Bassai, Tempio ad Apollo Epicurio, triglifo, 1993. Atene, Teseion, 1993. Atene, muro Acropoli, 1993. Paestum, 1981. Paestum, metopa del tesoro alle foci del Sele, schizzo, 1992. Paestum, Heraion I, 1981. Paestum, Heraion I, 1991. Paestum, Heraion II, 1991. Paestum, schizzo, 1991. Paestum, Heraion II, naos, 1991. 129


Paestum, Heraion II, peristasis, 1981. Paestum, Heraion II, schizzo, 1991. Paestum, Heraion I, 1991. Paestum, Heraion II, 1991. Paestum, Heraion II, naos, 1991. Delphi, Apolloion, 1991. Rilievo metrologico greco, Oxford, Ashmolean Museum da Sigfried Giedion, The Eternal Present: a contribution on constancy and change. The Beginnings of Architecture, New York, 1962 (trad. it. L'eterno presente: uno studio sulla costanza e il mutamento. Le origini dell'Architettura, Milano, Feltrinelli, 1965) pag. 504. Base attica, schema interpretativo da Vitruvio (Lib. III, V, 1/2). Base Ionica, schema interpretativo da Vitruvio (Lib. III, V, 1/3). Base Ionica, ipotesi di dettaglio da Vitruvio. Villard de Honnecourt, folio 18 v del manoscritto. Villard de Honnecourt, dal folio 15 v (particolare), rosone. Visione dell'abate Gunzo, da Pierre Du Colombier, Les Chantiers …, op. cit., pag. 90. Villard de Honnecourt, folio 20 v (particolare), tav. 40, sistemi di triangolazione. Duomo di Milano, schemi dei progetti per determinare la sezione trasversale secondo le ipotesi di James Ackermann (Ars sine scientia…, op. cit., pag. 89). Cesare Cesariano, De Lucio Vitruvio Pollione de Architettura Libri decem…, op. cit., Lib. I, pag. XV, Duomo di Milano (tavola generale e particolare). Villard de Honnecourt, folio 18 v (particolari), testa di cavallo e profilo umano a confronto. Villard de Honnecourt, folio 18 v (particolari), due teste a confronto. Villard de Honnecourt, folio18 v (particolare), tav. 41, portale. Ste Chapelle a Parigi da un disegno di Viollet-le-Duc confrontato con uno schema interpretativo dal triangolo equilatero al quadrato. Villard de Honnecourt, folio 21 r (particolare), tav. 41, sistema di triangolazione. Villard de Honnecourt, folio 18 v (particolare), portale. Generazione delle nove aree del De Re Ædificatoria, schema interpretativo. La Malcontenta, schema interpretativo. La Malcontenta, schema interpretativo. La Malcontenta, schemi interpretativi: scomposizione e ricomposizione della pianta. La Malcontenta dai Quattro Libri dell'Architettura di Andrea Palladio da I quattro libri…, op. cit. Francesco di Giorgio, studio per la sezione di una chiesa, da Francesco di Giorgio Martini, Trattato di architettura civile e militare, 1481-1492 c.a (edizione critica a cura di Corrado Maltese e trascrizione di Livia Maltese Degrassi, Milano, Polifilo, 1967), fol. 41, tav. 233. La Rotonda, schema interpretativo. Cesare Cesariano, Esempi di atrii rettangolari, da , De Lucio Vitruvio Pollione de Architettura Libri decem…, op. cit., Lib. XII, pag.98. 130


Francesco di Giorgio, costruzione geometrica, gabinetto degli Uffizi, n. 329 r, disegno riprodotto manualmente da AA. VV. (a cura di Joseph Rykwert e Anne Engel), Leon Battista Alberti, Milano, Olivetti / Electa, 1994, pag. 498. La Rotonda, schema interpretativo (a) e (b). La Rotonda, schema interpretativo. La Rotonda, disegno di Andrea Palladio da I quattro libri…, op. cit., II Lib., pag. 19. La Rotonda, schema interpretativo del progetto realizzato Leon Battista Alberti, De punctis et lineis apud pictores, Lucca, Biblioteca Statale (cat. 15), da AA. VV., Leon Battista Alberti, op. cit., pag. 284. Codice Huygens, fol. 38r. da Erwin Panofsky, The codex Huygens …, op. cit. Albrecht Dürer, rappresentazione prospettica da Institutionum Geometricarum libri quattuor cum figuris, Paris, 1532. Albrecht Dürer, proporzioni del corpo femminile da Della simmetria dei corpi humani, libri Quattro (trad. it. di M. Gio. Paolo Saladiano), Venezia, Domenico Nicolini, 1591 (rist. ana. Milano, Mazzotta, 1973). Sebastiano Serlio, la prima rappresentazione degli ordini da I sette libri …, op. cit., Lib. V, pag. 129. Sebastiano Serlio, una facciata in relazione alla pianta da I sette libri …, op. cit., Lib. V, pp. 153-54. Claude Perrault, Les proportions, dalla sua traduzione di Vitruvio Les dix livres d'architecture, Paris, 1673 (da F. Fichet, La theorie architecturale …, op. cit.). I cinque ordini di Claude Perrault (da F. Fichet, La theorie architecturale …, op. cit.). I cinque ordini di François Blondel (da F. Fichet, La theorie architecturale …, op. cit.). Duomo di Milano secondo François Blondel da G. Germann, Einführung in die Geschichte der Architeckturtheorie, Darmstdt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1980 (trad. fr. Vitruve et le Vitruvianisme. Introduction a l'Historie de la Theorie Architecturale, Lousanne,

Press

politechniques et Universitaries Romandes, 1987, pag.170). Etienne Louis Boulleé, sezione del Cenotafio di Newton. da A. Perez Gomez, Architecture and the crisis of modern science, op. cit., pag. 46. Jaques-Nicolas-Louis Durand, cinque colonne ed una porta, particolare da Planche 1re, da Precis …, op. cit. Dall'album dell'allievo Maguès, conservato all'Ecole Polythecnique da W. Szambien, Jean-NicolasLouis Durand (1760-1834): il metodo e la norma nell'architettura, Venezia, Marsilio, 1988, pag. 90. Jaques-Nicolas-Louis Durand, Combinaisons Horizontales, Plache 2, da Precis…, op. cit. Eugène Emmanuele Viollet-le-Duc, Entretiens …, op. cit., Dorique, Pl. II. Eugène Emmanuele Viollet-Le-Duc, Maçonnerie, da Entretiens…, op. cit., pl. XXII. Applicazioni del diagramma cremoniano, da Luigi Cremona, Le figure reciproche della statica grafica, Milano, 1872 da Edoardo Benvenuto, La scienza delle costruzioni e il suo sviluppo storico, Firenze, Sansoni, 1981, pag. 796. Eugène Emmanuele Viollet-le-Duc, Construction, Dictionaire…, op. cit., fig. 32 bis, pag. 114. 131


Eugène Emmanuele Viollet-Le-Duc, triangoli fondamentali da Dictionaire…, op. cit., pag.215. Eugène Emmanuele Viollet-le-Duc, facciata dell'Ospedale di Compiègne, da Dictionaire…, op. cit., fig. 12, pag. 239. Schemi interpretativi sovrapposti a quattro tracciati di Viollet-le-Duc da Dictionaire…, op. cit. e da Entr…, op. cit. Eugène Emmanuele Viollet-le-Duc, pianta di Bourges, da Dictionaire…, op. cit., fig. 6. Le Corbusier, frontespizio dell'articolo Tracés Régulateurs, da L'Esprit Nouveau, op. cit., pag. 563. Le Corbusier, schizzo del Partenone, da Vers une architecture, op. cit., pag. 182. Tempio primitivo da Vers une architecture, op. cit., pag. 54-55. Le Corbusier, schema interpretativo del Campidoglio a Roma, da Vers une architecture, op. cit., pag. 60. Le Corbusier, appunti sulla proporzione aurea, da Les voyages d’Allemagne - Carnets (4 voll. e 1 vol. con trascrizioni), edizione a cura di Giuliano Gresleri, Milano/Paris, Electa/Fondation Le Corbusier, vol. 4 folio 8. Casa Ozenfant, Parigi, 1923; schemi interpretativi (a) e (b). Casa Ozenfant, Parigi, 1923; schema interpretativo (c); tracciati regolatore di Le Corbusier (d) da Vers…, op. cit., pag. 62. Le Corbusier, I quattro modi di comporre, da L'Atelier de la recherche patiente, Paris, Vincente Fréal, 1960 (trad. it. La mia opera, Torino, Boringhieri, 1961). Le Corbusier, Mondaneum, Ginevra, 1933, pianta con tracciati di Le Corbusier, da Tracés Régulateurs, op. cit., pag. 21.. Rappresentazione della serie dei numeri normali, serie fondamentale 10 secondo Kienzie, da Ernst Neufert, Bauordnungslehre, Wiesbaden, Berlin, Bauverlag, 1965, pag. 27. Walter Gropius, casa sperimentale al Weissenhof di Stoccarda, 1927, da Anna Mangiarotti e Paola Lampignano, La progettazione architettonica per sistemi e componenti, supp. di «Aria e acqua» n° 7, Milano, 1984, pag. 62. Le Corbusier, Modulor e piede-pollice da da Ronchamp - Oeuvre de Notre-dame du Haut, Stuttgart, Verlag Gerd Hatje, 1957, pag. 122. Rapporti tra sezione aurea e doppio quadrato, schema interpretativo. Le Corbusier, le misure del Modulor da Mario Matteoni, Il Modulor, op. cit., pag. 27. Le Corbusier, giochi con il Modulor, da il Modulor , op. cit., pag. 39. Unité d'abitation, schemi interpretativi. Le Corbusier, brevet 226x226x226, da Le Corbusier et Pierre Janneret. Œuvre complète (a cura di W.Boesinger e O. Stonorov), Zürich, Verlag für Architektur Artemis, 1937-1966. Le Corbusier, Roq et Rob, schizzi d'interno, da Œuvre complète, op. cit. Maisons Jaoul, schema interpretativo sovrapposto a pianta da Œuvre complète, op. cit. Maisons Jaoul, schema interpretativo sovrapposto a prospetto e sezione da Œuvre complète, op. cit. Chapelle a Ronchamp, schizzi, 1991. Le Corbusier, Chapelle a Ronchamp, prospetto del muro sud sovrapposto a struttura in c.a., da Ronchamp …, op. cit., pag. 96. 132


Chapelle a Ronchamp, schizzo, 1991.

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