Costruire e Misurare. III libro - Misura e misure

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COSTRUIRE E MISURARE Dottorato di ricerca in Problemi di metodo nella Progettazione architettonica - VIII ciclo

Mauro

Moriconi

Università degli Studi di Genova Facoltà di Architettura

III LIBRO - MISURA E MISURE



COSTRUIRE E MISURARE tre libri intorno al problema

Mauro

della geollletria nell'architettura

Moriconi

Dottorato di ricerca in Problemi di metodo nella Progettazione Architcuonica - VIII ciclo ~

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UniversitĂ degli S.'tudi di Genova FacoltĂ di Architettura



Ringrazio: il Collegio dei Docenti del Corso di Dottorato in Problemi di metodo nella Progettazione di Genova, che ha seguito questo lavoro; in particolare il professor Luciano Grossi Bianchi e il professor Guido Campodonico, che hanno entrambi seguito lo sviluppo della ricerca; in particolare il professor Aldo De Poli per i suggerimenti preziosi;

Architettonica della Facoltà di Architettura

il profcssor Giancarlo De Carlo e il profcssor Francesco COllOqUIche sono stati di stimolo a riflessioni determinanti;

Venezia

con cui ho avuto dei

la professoressa Orietta Pedemonte che gentilmente ha prestato interrogativi riguardo gli aspetti matematici che Le ho posto, aiutandomi

attenzione a risolverli;

agli

la signora Iolanda Morando e la Segreteria dell'Istituto di Progettazione della Facoltà di Architettura di Genova; la Direzione ed il personale della Biblioteca Carboneri della Facoltà di Architettura di Genova; le Direzioni della Biblioteca Centrale del Politecnico di Milano, della Biblioteca del Politecnico di Torino, della Biblioteca della Facoltà di Architettura di Firenze e della Biblioteca Nazionale di Firenze che hanno mostrato grande disponibilità ad agevolare tempi stretti per consultare i testi.

1lI


IV


PREMESSA

Questa tesi di Dottorato nasce nella convinzione che non sia possibile, per l'architetto, isolare un tema di ricerca e che ogni studio egli intraprenda coinvolga necessariamente la totalità dei suoi interessi. È forse possibile una specializzazione nel campo della storia delì 'archi tettura, così come nell'ambito della sperimentazione tecnologica oppure nella messa a punto di strumenti di pianificazione. Ma l'oggetto di tali forme di sapere è ben diverso da quello dell'architettura, la quale deve avere un orizzonte più ampio. La delimitazione, quindi, di un campo specifico di indagine (in quanto ramo specialistico), non soltantanto non è mai stato l'obiettivo di questa ricerca, ma è stato considerato fin dall'inizio un pericolo da evitare con la massima attenzione. La questione della misura, che rappresenta il fulcro di questo studio, è particolarmente insidiata da tale pericolo. Ogni qual volta si cerca di separarla dalle altre questioni la si incanala in un vicolo cieco che conduce ad un gretto accademismo. Nel passato si era consci di questo rischio e sebbene le riflessioni sulla proporzione, sulle misure dell'architettura, fossero al centro di gran parte delle elaborazioni teoriche, queste non diedero luogo allo specialista della materia. Non è un caso che solo nel diciannovesimo sia apparso un tale personaggio. Ciò conduce inevitabilmente ad una seconda questione: per un architetto la ricerca non è dissociabile dalle sue intenzioni. Quando Robert Venturi propone un tentativo di fare della critica architettonica che sia al tempo stesso un 'eapologia», una spiegazione del suo lavoro, egli intende affermare che in quanto architetto egli si deve inevitabilmente compromettere, deve mettersi in gioco. Se manca la tensione verso questo fine la ricerca rischia di precludersi l'accesso alla costruzione. Rischia di allontanarsi dalla pubblica piazza.

v


Gli effetti di un tale atteggiamento sono devastanti. Da una parte le teorie perdono la possibilità di verifica, dall'altra le prassi diventano routines agnostiche. Gli architetti teorici che, per uno strano paradosso, riescono a costruire, vanno incontro a creare oggetti alienati dal mondo concreto. Il professionismo pragmatico, invece, accetta senza riserve le incongruenze e procede senza una strada e senza nemmeno un sentiero. Il mondo che ne deriva appare sempre più evanescente. Il titolo scelto per questa tesi di Dottorato - Costruire e misuraretestimonia quindi lo sforzo di evitare questi rischi. Si obbietterà, certo, che il problema della misura è quanto di più etereo si possa immaginare. Che sia improponibile parlarne fuori dalla ristretta cerchia degli specialisti, e che nessun'altra ricerca sarebbe meno indicata ad ottenere un risultato pratico. La tesi sostenuta in questo studio nasce dal rifiuto di un atteggiamento che veda il problema sotto questa luce, sebbene si sia coscienti che esso rappresenta il pensiero egemone. L'architettura giunge infatti alla misura solo in quanto diventa un metro per appropriarsi dello spazio, per misurare la terra: una geo-metria. Essa cerca un legame tra le misure significativo in sé, a prescindere dalle contingenze sempre in divenire, perché nasce dall'idea che il costruire sia in sé stesso un atto dotato di senso, un abitare. Se l'architettura perde la capacità di ottenere questo obiettivo rischia di smarrire la sua ragione di esistenza. Allora, come avviene nel mondo contemporaneo, il senso della misura svanisce.

VI


INDICE

COMMENTATO

11testo che costituisce la tesi di Dottorato si articola in tre parti, che sono state chiamate libri perché, nonostante costituiscano un insieme unitario e si completino vicendevolmente, posseggono una loro forte autonomia. I tre libri rappresenteranno tre approcci differenti ad uno stesso problema. Essi ruotano attorno al concetto di misura, cercando di dargli un orizzonte abbastanza ampio da coglierne le molteplici angolazioni. In termini semplificati si può dire che il primo libro cerca di stabilirne il che cosa, il secondo il come e il terzo il perché del problema della misura in architettura.

I LIBRO - MISURE:

LOGICA DELLA MEDIAZIONE.

Il primo libro rappresenta il tentativo di definire una base logica del problema per ridurre le possibilità di equivoco prodotte dalle ambiguità dei termini e dei concetti. Il punto di partenza è riflessione intorno alla differenza tra le misure. Tale differenza può essere isolata prendendo in considerazione due sole misure per estendere, in seguito, il problema. L'idea, già espressa per nel Timeo di Platone, è quella di trovare in un terzo la mediazione di quella differenza essenziale che altrimenti diverrebbe abissale. Partendo da questo principio elementare si cerca di chiarire il concetto di proporzione, definendo una teoria generale che comprenda sistemi apparentemente distanti. INDICE:

Premessa terminologica

5

2

] tre medi del Timeo di Platone

9

3

I tre medi e il quadrato

15

4 4.1 4.2 4.3 4.4

Proporzioni notevoli La sezione aurea La diagonale del quadrato La radice di tre Le proporzioni musicali

23 27 35 39 43

5

Conclusioni

51

VII


II LIBRO - VIAGGIO DELL'ARCHITETTURA.

ALLA

RICERCA

DELLE

MISURE

L'obbiettivo del secondo libro non è quello di un'analisi storica. Non si ricercano rapporti di causa ed effetto né di continuità e discontinuità tra periodi storici, né si vuole essere esaustivi per ogni momento storico trattato. Si propone invece un viaggio attraverso le idee, seguendo una traccia fornita dal problema della misura, cercando delle stazioni per riflettere sui problemi che esse implicano. Anche se le forme di controllo della geometria hanno assunto differenti aspetti nel tempo, non si può parlare di un pensiero in evoluzione. Ogni forma - il canone, il tracciato, la scala di numeri, etc ... - mantiene un valore indipendente dal progresso tecnologico in divenire. Analizzando i resti di teorie e di edifici si ricerca un filo di Arianna, un eterno presente che leghi tra loro architetture per altri versi lontane. INDICE:

Pietre senza parole

5

Vitruvio

41

Art de jometrie

49

Harmonia

59

Le trame di Viollet-le-Duc

75

La simmetria di Le Corbusier

95

Epilogo

117

111 LIBRO - MISURA E MISURE. Il terzo libro si pone l'obiettivo di osservare le misure dell'architetto del costruire dal punto di vista complesso dell' attualità. I sistemi di controllo che il mondo contemporaneo propone (che vanno dal sistema metrico, alla normativa, all'ingegneria) sono in un certo senso in antagonismo con la tradizione dell'architettura, in quanto ne mettono in discussione gli strumenti. Ma se la tecnica contemporanea riesce a risolvere problemi circoscritti, essa non produce una unità del costruire ma una frammentazione sempre più pareellizata. Si vuole quindi dimostrare come la confusione ed il disinteresse sul significato della misura sia un aspetto determinante della crisi nella disciplina. Ci sono due possibili strade: rinunciare al controllo, al disegno, delle misure e ad un principio di unità, oppure battersi per ribadire, sempre e di nuovo, l'unità del progetto attraverso la resistenza al caos. La scelta tra queste due strade è forse ancora aperta.

INDICE:

VIII


Misura

7

Metro

Il

Calcolo

15

Dimensione

23

Norma

29

Spazio

35

Geometria

45

I Appendice proporzione II Appendice

Nota

bibliografica

sul

problema

della

- Calcoli relativi al I libro

IX



Misura e misure

Costruire e misurare: 111 libro


2

Costruire

e

misurare:

III

libro


INDICE:

Misura

7

Metro

11

Calcolo

15

Dimensione

23

Norma

31

Spazio

37

Geometria

47

Note

59

Fonti delle illustrazioni

61


4

Costruire

e

misurare:

II!

libro


6

Costruire

e misurare:

111 libro



MISURA

veryt hi h re the unnicusurab!e. Everything liete promises the measuruble. 1.1' there (/ tlircshald where they e

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Un progetto di architettura è fatto di misure. Misure che organizzano la produzione, dall'insieme relazioni tra le parti ed il tutto di un edificio.

K:Ù1I11

al dettaglio.

Misure che regolano

le

La parola misura implica sempre un approccio razionale alla costruzione. Essa apre però due aree sernantiche distinte: Misura è la trasformazione in quantità di quella cosa che chiamiamo spazio. Misura è una qualificazione di un'opera d'arte. L'operare

dell'architetto

è teso tra questi due estremi poli.

* * * * La prima idea nasce da un processo di astrazione che isola un aspetto della realtà: la dimensione. Questa accezione è fondativa per qualsiasi proiezione matematica dello spazio. Lo spazio viene misurato in quanto viene ridotto a numeri. I sistemi di misura del passato e quelli moderni hanno almeno in comune questo scopo. Anche nel progetto di architettura una tale nozione 0 indispensabile. Il progetto, sia esso disegnato o no, è fatto di misure con le quali si possono controllare sia le quantità di materiale necessario sia i dimcnsionarncnti atti a permettere le attività che si svolgeranno nell'edificio. Le misure sono uno strumento di controllo per quegli aspetti del progetto che potrebbero definirsi tecnici. La teoria che oggi domina lo spazio della tecnica deriva dalla Iormalizzazione dello spazio (sebbene la concezione del fisico inglese sia assai più articolata di quella usata nella quotidianità): uno spazio continuo, ixotropo e omogeneo, privo di qualità perché ogni punto equivale all'altro; in pratica uno spazio a tre dimensioni esprimibile attraverso una tema di assi cartcsiani. La tecnologia usa questo concetto per essere efficace. I greci avevano immaginato un non-spazio, al di là delle sfere celesti, che chiamavano 1tVEU~a a1tElpov, un respiro senza fine, senza ritmo, continuo ed indilferenziato. Lo spazio della morte-. Lo spazio assoluto assomiglia, per certi versi, a questo non-spazio. Esso sta al di fuori della condizione esistenziale.

assoluto di Newton

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* *

* *

Il secondo modo di intendere l'atto del misurare si confronta viceversa con il fenomeno esistenziale. La realtà dello spazio esistenziale sfugge ad una piena comprensione; esso appare irriducibile a formule o a parole. Il misurare però impone un confine entro cui gli eventi si succedono. In tal senso misurare è necessariamente un'operazione intelligibi le. E un'operazione di controllo dello spazio, il quale però rimane un mistero. Mentre per la prima accezione il misurare è un atto che teoricamente non incide sulle cose, per la seconda l'atto di costruire, di cambiare il sistema di relazioni, è un presupposto fondamentale. La parola geometria sembra indicare la via alla misura della terra, Essa non si riferisce solo ad una descrizione astratta, come avviene nelle gcomctric moderne, ma alla presa di possesso di una terra in quanto spazio esistenziale. Il misurare allora può predisporre una coufiguraziunc dello spazio che renda l'inconoscibile più lontano, organizzando razionalmente gli eventi. L'architettura è, da questo punto di vista, una forma di geometria, forse la prima forma di geometria. Infatti, la costruzione di un edificio che con la sua presenza ordini lo spazio circostante, è un modo di misurare la terra. Perché ciò avvenga è necessario che le misure, nel loro articolarsi, siano determinate con estrema precisione concettuale. Bisogna che esse siano legate tra loro, e tale legame sia significativo in sé stesso. Misurare significa creare una 0UIlIlE'tPta.

* *

* * È piuttosto palese che senza le misure non si avrebbe architettura. L'affermazione speculare, che l'architettura non sussiste senza un principio di misura, rischia invece di perdersi in un arcipelago sconfinato. Le misure sembrano un fatto molto concreto, che 0 indispensabile al processo di costruzione dell'edificio, che fanno sÌ che esso possa essere quuntificato sotto ogni angolazione, previsto, progettato. La seconda accezione di misura PU() apparire invece impalpabilc. Non essendo essa definibile una volta per tutte, risulta, in ultima analisi, qualcosa di accessorio. Ma quando ci si interroga sul perché costruire Clisi. Infatti:

un tale schema entra immediatamente in

ciò che il costruire edifici è nella sua essenza, non possiamo neppure chicdcrcclo a sufficienza, meno deciderlo oggettivamente, fin tanto che non pensiamo che un costruire è in s6 un abitare'.

tanto

Detto in termini elementari: costruire senza pensare di abitare diverrebbe un'operazione in cui le mille misure resterebbero cifre prive di senso. Ciò che ci circonda, il modo attuale di costruire, corre sempre di più questo rischio. Lo spazio esistenziale, il territorio e la città, 0 sempre [1iLIun dominio assoluto della quantità. Per il mondo produttivo la qualità non quantificabilc dello spazio, non sussiste. 8

Costruire

e

misurare:

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libro


Se il calcolo controlla le misure come mai contemporaneitĂ rischia di risultare smisurato.

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è fallo nel passato, il territorio della

Qual'è l'unità di misura del nostro tempo? Esiste un punto di partenza comune per i due modi di intendere la misura? Un punto da cui sia possibile ripartire?

misura

9


2

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Costruire

e

misurare

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libro


METRO

li sistema che la tecnica moderna usa per misurare le distanze è il metro di Parigi, mentre, prima si usavano sistemi di misura di origine untropomorfa. Il metro di Parigi nasce durante la rivoluzione francese. Alla commissione nominata dall'Assemblea Costituente partecipavano scienziati illuministi del calibro di Gaspard Monge e Joseph-Louis Lagrange. Il

primo nevoso dell'anno IV nelle 48 sezioni di Parigi fu annunciato l'evento: il 3 sogno di avere un'unica misura si era avverato. Una barra di platino con due tacche fu depositata all'Archives de Sévres come campione a cui far riferimento c da allora questa misura ha conquistato il mondo. Il metro di Parigi si relaziona all'universo, ma in realtà esso è una misura volutarnente arbitraria e convenzionale che non si pone, in alcun modo, di essere in armonia né con esso né con l'abitare. Un quarantamilionesirno della circonferenza della terra non ha alcuna ragione necessaria se non quella di costituire un punto di riferimento che dia una garanzia di inalterabilità. Infatti, quando ci si è accorti che la misura prcscclta non era precisa, non si è cambiato il metro ma si è cambiato il riferimento, in modo da avvicinarsi al campione di platino conservato dentro una teca. L'ultimo campione di riferimento per il metro lineare è costituito dallo spazio percorso dalla luce in 1/2YY.7Y2.45X di secondo. La velocità della luce diventa la grandezza fondamentale a cui far riferimento e l'unità di lunghezza diventa una grandezza derivata. Il metro appare, ove è adottato, più semplice da usare dei sistemi complicati del passato ed è considerato più efficiente. La sua semplicità è frutto di un concetto di misura nuovo. Il metro lineare nasce con uno scopo completamente differente da quello dei sistemi di misura antropornorl'i. Esso deve essere astratto perché serve a misurare un qualsiasi oggetto dato: un sasso come una montagna. li metro di Parigi nasce da una concezione dello spazio lontana dalla vita quotidiana; esso è il figlio primogenito dello spazio assoluto della tecnica moderna. I sistemi antropornorfi servono, invece, per misurare gli oggetti quotidiani che l'uomo costruisce per vivere. Servono per costruire quegli oggetti e quegli oggcui costruiscono lo spazio esistenziale di chi li usa. Questa può apparire come una distinzione metafisica ma in realtà corrisponde ad un fatto molto concreto. La differenza tra questi modi di pensare è enorme. Detto con uno slogan: il metro serve per descrivere, il braccio serve per costruire.

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Una diversa concezione di spazio e di misura sta alla base dei due mondi. Per questo motivo Le Corbusier era così attirato dal sistema inglese, perché vedeva in esso un legame più stretto con le esigenze del progetto. TI metro è impostato sul sistema decimale che corrisponde al sistema di numerazione. Ciò significa che i multipli ed i sottornultipli del metro sono termini di una progressione esponenziale con modulo 10: ... , 1O.n,

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10.2,10.1,

l, 101,102,

...

,1On, ...

Isistemi antropomorfi invece usano uno schema di rapporti in cui una grandezza è divisi bile per certe grandezze secondo Esistono sistemi più o meno semplici. Quello inglese, nel articolati. Esso può essere sistemato secondo una matrice di l

inch

(3 in.)

l

span

(9 in.)

(2 in.)

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(o in.)

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l 1/2 Icct (IX

in.)

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che definirei a scatole cinesi, una gerarchia preferenziale. suo uso antico, è uno dei più questo tipo-:

(4

in.)

2 hunds

(24

in)

2 Icct

l yur d (30 in.)

(X in.) (4X in.)

l f'ut hom

(72

in.)

Tutte le misure potrebbero essere rapportate al minimo comun divisorc di un inch. Una tale riduzione non servirebbe a utilizzare il sistema che, anzi, apparirebbe oltremodo complicato. Nell'uso reale una yard si relaziona alla misura più vicina, a 3 [eet non a 36 inches. Ogni misura ha un suo anello di relazioni che si incastra con un anello più grande. Il sistema antropomorfo è in origine una scala di misure preferenziali che favorisce un'ampia gamma di combinazioni. Il sistema inglese si basa sulla divisibilità per 3 e per 2, favorendo le partizioni più semplici che si possono operare. Uno spazio prodotto da una tal concatenazione di l un g h ezze è meno efficiente per misurare un corpo di forma indeterminata. Tuttavia 4 esso è pi li razionale se visto nell'ottica dell'arte del costruire perché predispone una scelta. Tra le infinite lunghezze possibili, quelle impiegate saranno tra loro componibili Iruuuosamcntc. Sarà più facile costruire un oggetto, una cosa. Una porta minima alta unfathom larga una yard è già prevista dal sistema, mentre progettando con il metro lineare, le indicazioni per giungere ad un dirnensionamento così preciso, bisogna ccrcarle altrove. Il sistema inglese è l'unico sistema anuopornorfico sopravvissuto tra una amplissima varietà di sistemi. Però questa parziale sconfitta del metro di Parigi è più apparente che altro. La concezione tecnico-scientifica ha oggi completamente invaso il campo del piede-pollice inglese.

12

Costruire

e

misurare:

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In primo luogo essa ha operato una semplificazione nella varietà delle misure (inch-foot, yard-mile). In secondo luogo, molto più profondamente, ha snaturato completamente il loro uso. Un sistema antropomorfico è fatto per esprimere misure senza decimali: oggi questa vocazione è completamente abbandonata. Gli edifici di Palladio usavano misure Irazionaric relativamente raramente. Così era in tutti gli edifici del passato. Usare frazioni era una contingenza. Oggi il pollice viene usato con indifferenza rispetto a questa sua natura. Basta guardare un progetto esecutivo anglosassone (dove si incontrano espressioni del tipo 13'- 8114") per rendersene conto.

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Non si vuole certo propone di tornare agli antichi sistemi antropomorfi. Una cosa del genere non è neppure pensabile. Però deve essere chiaro che in questa trasformazione si è perso qualcosa.

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In che misura un edificio viene oggi determinato dal calcolo? Non si parla solo di architettura - in quanto prodotto colto - ma di semplice costruzione, come una palazzina di periferia. Quante cifre sono contenute in una costruzione contemporanea? Tante.

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Il sistema inglese è sopravvissuto perché una logica di mercato ha fatto sì che alle industrie anglosassoni convenisse non cedere terreno alla concorrenza francese e tedesca. Se non fosse per questo moti vo, tutto sommato contingente, il sistema anglosassone sarebbe sparito dalla circolazione. Il metro di Parigi è il vincitore ma, soprattutto, ha vinto un'idea tecnica della misura.

Naturalmente il metro di Parigi ha portato notevoli cambiamenti positivi. Dalla sua imposizione Iu possibile uno scambio di idee su vasta scala, Iu quindi possibile risolvere problemi più complessi come le costruzioni di grandi infrastruuutre, che le misure locali non sarebbero state in grado di affrontare. Inoltre il metro rappresentò il superamento definitivo di altri problemi, come quello della giurisdizione sulle misure che fu tolta ai nohili dei singoli paesi, che potevano cambiarie per Iu vorirc i loro interessi'. Ma i sistemi antropornorfi rappresentavano un mezzo di controllo delle misure che oggi manca nell'edilizia e che, in qualche modo, deve essere sostituito.

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CALCOLO

... quanto più interrogativamente consideriamo l'essenza della tecnica, tanto più misteriosa diventa l'essenza dell'arte.

Ogni elemento materiale dell'edificio contemporaneo analitico che utilizza la matematica e la fisica moderna.

è vagliato

attraverso

un calcolo

6

Anche ammettendo che la gran parte degli operatori edili si basa sull'esperienza più che su un calcolo effettivo, il calcolo differenziale sta all'origine di ogni consuetudine costruttiva. Una matematica qualitativamentc superiore rispetto a quella conosciuta nel medioevo. I calcoli fatti al computer per verificare i vari a per una scala di servizio, sono poi quantitativamente superiori a quelli fatti da Michelangelo per la cupola di San Pietro. Oltre alla scienza delle costruzioni il calcolo scientifico ricopre molti altri ruoli del costruire che vanno dal bilancio termico all'impianto di illuminazione. Sempre di più le misure di un edificio sono determinate della presenza degli impianti. Questi, per quanto semplici, non si possono nemmeno paragonare a quelli del passato.

15


Ogni casa odierna è un intreccio complesso di tubi che si amplia con velocità vertiginosa. Il calcolo degli impianti in un edificio complesso come un ospedale, poi, riempie pagine di relazione. Occuparsi di questo tipo di calcoli non è generalmente compito dell'architetto; essi vengono effettuati da ingegneri, specializzati in singoli rami del sapere tecnico. Il calcolo potrà essere elaborato relativamente ad un problema specifico oppure per un sistema da applicare industrialmente. Però l'architetto che volesse ignorare questa realtà andrebbe incontro al rifiuto delle misure che propone e sostanzialmente troverebbe il suo progetto stravolto. Bisogna che ne tenga conto fin dall'inizio.

* * * * Progettare

un'architettura

e progettare

un motore sono due cose diverse'!

Patte del Movimento Moderno ha riconosciuto la difficoltà di separare due mondi: quello dell'ingegnere e quello dell'architetto. Entrambi edificano ma il primo lo fa per mezze: della logica della tecnica il secondo con

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quella dell'atte. La difficoltà sta nello stabilire un confine tra la pertinenza dell'una e quella dell'altra. Un ambito tende ad invadere l'altro, a rendcrlo subalterno. La tecnica tende a ridurre l'arte a decorazione. L'arte tende a valutare la tecnologia come mero strumento. Da qui nasce uno scontro per conquistare l'egemonia.

Nel momento in cui è nata la figura dell'ingegnere 0 nata anche quella dell'architettoartista; prima non si potevano distinguere in modo netto due figure. L'architetto era responsabile di tutti gli aspetti dcll'idcazionc e dell'esecuzione di un edificio. Anche se sono sempre esistiti specialisti in opere intrastruuurali, fortezze come quelle di Francesco di Giorgio testimoniano un approccio unitario alla costruzione. La separazione si è verificata, per la prima volta, in Francia in quel periodo di grande rivolgimento intellettuale noto come Illuminismo. Le due professioni vennero istituzionalizzate attraverso la creazione di due luoghi d'insegnamento: l'Ecole des BeauxArts e l'Ecole Polytechnique. La prima, legata alle accademie del disegno di origine rinascimentale, la seconda - scuola militare - sviluppo della rivoluzione scientifica. Nello stato moderno l'impronta di queste due scuole sta alla base della formazione dei quadri professionali.

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Costruire

e

misurare:

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Come scegliere tra due modi di edificare tanto differenti? Bisogna ammettere che entrambi possano costruire lo spazio per la nostra esistenza? Se si cerca di definire un campo specifico per gli edifici degli ingegneri - quello delle infrastrutture - si incontra la difficoltà di tracciare un confine. Un grattacielo, ad esempio è infrastruttura? L'idea di edificio-macchina non è legata ad una scala. Essa è applicabile alla più piccola casa unifamiliare o perfino ad una pensilina. li confronto comunque sarebbe sbilanciato. Negli edifici contemporanei non si può più prescindere dalle misure dell'ingegnere mentre quelle dell'architetto non hanno un'utilità tangibile. In un mondo dove l'utile è sempre al primo posto, le misure dell'architetto acquistano un ruolo marginale. In qualche modo l'ingegneria ha assunto una egemonia sull'architettura. Ma se l'ingegneria produce ammirazione, oltre all'efficienza, perché non proclarnarla regina del nuovo spirito? Una tale ipotesi incontra un solo ostacolo oggettivo. Il problema maggiore delle ingegnerie è che esse funzionano molto bene prese singolarmente, ma quando considerate globalmente risultano scollegate. Che continuità

c'é tra lo studio di un impianto di condizionamcnro

e quello di un solaio in

cemento precompresso? L'approccio scientifico deve, per sua natura, isolare un prohlernu in modo da poter verificare sperimentalmente le ipotesi di rappresentazione matematica che lo descrivono. Per quanto riguarda un edificio la cosa funziona abbastanza bene fino a che i problemi prevalenti sono della stessa natura. Un ponte, ad esempio, è determinato da problemi di natura statica. Ma quando si hanno problemi di natura differente si crea un g((jJ, un vuoto che le ingegnerie non sono in grado di risolvere. Anche un acceso sostenitore dei nuovi mezzi di controllo tecnologici come Reyner Banham, ammette con franchezza che lo scontro tra un sistema e l'altro crea problemi enormi . .. .il pannello antiacustico è costituito da distiutc unità rcu.utgoluri, che COlTiSpOIlÒOIlO ad una serie limitata di dimensioni standard. Esso dell'l'mina così il modulo ctteuivo del soffitto ( ... ) siccome le altre componenti del corredo ambientate del soffitto sospeso cominciurono a corrispondere al modulo di questo pannello, si determinò lilla inerzia dimcusionalc che si oppose alle variazioni della grandezza del pannello, e determinò le dimensioni di qualsiasi IlUOVOaccessorio che si aggiungeva al corredo, come i supporti dei tubi Iluorcxccnti. Si vennero a stabilire così gruppi di dimensioni standard al di fuori di qualsiasi progranunazionc o delle coordinazioni modulari volute, che interessarono anche gli altri edifici dove il pannello nmiacustico IlOIlveniva impiegato".

calcolo

17


Vedremo più avanti come anche la coordinazione modulare non può costituire una soluzione per l'architettura. Per ora basti notare come le ingcgncrie rimandino altrove il problema dell'assemblaggio. Ad ogni modo dall'Illuminismo le misure dell'edificio vengono generate da due approcci differenti. L'ingegnere costruisce l'edificio come costruirebbe un motore: con parti assemblate. Progettare un motore significa chiarire la natura dei problemi e cercare una soluzione. Tanto più precisi si è nella definizione dei problemi, quanto più precise saranno le misure. Da questo punto di vista architettura e ingegneria procedono nello stesso modo: problemi e soluzioni. Però, se si riflette sulla natura dei problemi, le due strade si divaricano. Detto in termini che possono apparire paradossali: per l'ingegnere i problemi sono di natura astratta, per l'architetto sono di natura concreta. E vero che un motore a scoppio serve a produrre energia che serve all'uomo per fare qualcosa molto tangibile, ad esempio viaggiare in automobile. Ma l'ingegnere non ha bisogno, mentre progetta il motore, di pensare al viaggio. Egli deve pensare all'esplosione di un quantitativo di combustibile secondo un'equazione. Deve astrarre l'idea di combustione per poterla controllare. Quando l'ingegnere progetta un ponte lo rappresenta in termini di tensioni e di resistenze. Per l'architetto è invece indispensabile pensare lo scopo del progetto: egli deve riflettere su ciò che si fa nell'edificio o, più profondamente, sullo spazio in quanto luogo. Il detto di Le Corbusier, la casa è una niachine à habiter, non deve essere frainteso: non vuol dire che l'architettura è progettata con gli stessi intenti di una macchina. Egli intende dire che nell'architettura deve esserci la stessa conscqucnziuliià tra problemi e soluzioni che c'è in una macchina. Quando Le Corbusier afferma che: ,

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la costruzione È PER TENER SU; l'architettura

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intende, con un'espressione poetica, dichiarare che i problemi della macchina sono differenti da quelli dell'architettura. La casa deve, come una macchina, dare risposte a delle esigenze ma, prima di tutto, deve essere pensata per abitare. Deve essere Iatta in modo che chi vi transita percepisca la profondità del fatto stesso di abitare. Questa differenza rende le misure dell'ingegnere diverse da quelle dell'architetto. La luce di una trave di data sezione è valutabilc, sal vo errori, in termini esatti, in tot metri lineari. L'ingegnere si sforzerà, se è bravo, di cosiruirla con maggiore economia possibile, inventando la via più immediata per giungere a ciò. La lunghezza massima di un porticato non è invece valutabile secondo quantità. Se esso è fatto per dare misura ad un luogo dipenderà dai legami che ha con un insieme complesso di altri elementi. L'architetto si sforzerà di stringere dei legami tra parti differenti, con economia di mezzi, nel tentativo di dare unità ad un edificio. Ci sono edifici progettati come macchine. I tralicci di Suchov o i ponti di Maillard sono macchine perfette che impiegano certi materiali in modo estremo, ai limiti delle loro poxsihilità. L'esilità degli elementi costruttivi produce una sensazione di leggerezza senza precedenti. Ciò riscuote la nostra ammirazione sincera e, a volte, ci sbalordisce. In questi edifici le misure sono determinate da una geometria che facilita il controllo degli effetti della forza di gravità. Iperboloidi o catcnaric sono figure che assccondano la resistenza dei materiali: la forma ouimizzu il rendimento. Per gestire queste figure è necessaria una matematica assai complessa. Solo il progresso della scienza contemporanea permette ciò.

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Ammirare una casa di Palladio è un'altra cosa. La geometria che egli usa è quella generata da semplici rettangoli. Già ducmila anni prima c'erano i mezzi per conoscere quei rettangoli. Non è solo una questione di muri spessi, come sostiene Bunharn. Non c'è nessun progresso nella geometria di Palladio. l numeri che egli indica nel suo trattato sono pochi ed elementari, eppure la rispondenza tra le parti ed il tutto si compie con una precisione mozzafiato. Questa, che si potrebbe chiamare armonia, serve a dare ordine allo spazio, a identificare un luogo. Non ha altri scopi. E una precisione diversa da quella del motore.

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DIMENSIONE

Se si chiedesse ad un architetto quale è, secondo lui, il testo più diffuso della propria disciplina nel XX secolo ci si troverebbe, molto probabilmente, di fronte ad un forte imbarazzo.

Vers une architecture; The Scope of Total Architecture; SpaCC:',time and architecture, Complexity and contradiction in architecture; L'architettura del/a città ... i titoli sono tanti. Eppure c'é un passe-partout cartaceo che apre la porta di qualsiasi studio professionale: il Neufert! Il manuale di Ernst Neufert (con i suoi derivati) mantiene questa supremazia da una cinquantina d'anni con una tiratura che probabilmente soverchia ogni altro libro. Questo testo può essere definito, a huon diritto, la bibbia dell'architetto contemporaneo." Tuttavia c'è un motivo se all'ipotetico intervistato non viene subito in mente questo nome. Infatti la storia dell'architettura contemporanea non ne ha mai riconosciuto l'intluenza: non solo se si va a cercare nei testi generali il nome di Nculert ~ appena citato o addirittura nemmeno compare, ma ci sono pochissimi studi che indagano il fenomeno. Il manuale del Neufert non è considerato altro che uno strumento di lavoro; un neutro strumento, come la calcolatrice, che serve a fornire indicazioni di massima e che non disturba il progetto. Ernst Neufert ha iniziato la sua attività dalla gavetta dd cantiere; poi è stato capo ufficio di Gropius nell'atelier Bauhaus a Dessau; dopo ha rivestito il ruolo di incaricato per i problemi della standardizzazione di Adolf Hitlcr; infine direttore della Technische Hochschule di Darmstat nonché consulente di molte industrie edili e architetto operante negli anni della ricostruzione IO. La sua figura rappresenta l'anello di congiunzione tra l'utopia sociale dd Bauhaus e la politica edilizia della Germania nazistu. Nonostante ciò il suo manuale, la sua opera maxima, passa indenne attraverso il giudizio critico come la sua figura passa incontrastata attraverso mezzo secolo.

li manuale

è in effetti molto differente dagli altri libri. E povero sia di enunciati sia di indicazioni tecniche. Il suo nocciolo consiste invece in una serie organizzata di dimensioni. Dimensioni per tutte le funzioni: servizi igienici, cucine, teatri, garages. Metri lineari. metri quadrati. Esso ha avuto successo perché risponde, in maniera più o meno discutibile, ad una richiesta di un punto di riferimento per il controllo delle misure. E evidente che la sua diffusione è dovuta a ciò. Le misure di Neufert sono associate direttamente alle funzioni dell'abitare, dal cucchiaio alla città. Chi utilizza questo manuale può Iarlo pensando che esso sia uno strumento indifferente ma così non è perché scegliendo certe misure sceglie, per quanto inconsapevolmente,

anche l'idea che le ha prodotte.

* * * * Non c'è dubbio che il diretto antecedente condotte dalla cosiddetta prima generazione

dd Neujett sia rappresentato degli architetti moderni.

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dalle ricerche

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L'Existenz.minimum è la questione emblernatica di queste ricerche. Esso non rappresenta solamente lo stendardo di un ideale che mira ad ottenere un livello accettabile di vita per le fasce sociali più basse. Decretando la: superiorità di un piccolo appartamento organizzato rispetto ad uno vecchio"

moderno ben

si intende dare una indicazione generale rispetto al problema del costruire. Si cerca di spingere il mondo dell'architettura verso una concezione che privilegi l'economia in senso lato; un mondo, cioè, ove l'obbiettivo preminente diventa ottenere il più efficiente risultato con il minimo di energia. Naturalmente tale ohicuivo non può essere considerato una scoperta contemporanea. L'antica utilitas vitruvianu si riferiva ad una stessa esigenza, così le preoccupazioni circa il funzionamento dell'edificio hanno sempre occupato la mente degli architetti, dalle terme romane ai palazzi rinascimcntali. D'altra parte non si può liquidare l'approccio Iunzionalista come unnichilimento della ricerca formale. Da un lato sarebbe assai facile trovare elementi ricorrenti, elementi linguistici, nella maggioranza degli architetti del Movimento Moderno, dall'altro il Iunzionalismo non è l'unica corrente architcuonica ove si possa individuare una tendenza alla riduzione dell'apparato decorativo. Ciò che si impone nella definizione dei parametri dell'Existenz,minirnum è la necessità di dare una base scientifica, sperimentale e quantificabile, alle misure dcll'architcuura. Ernst May lamenta una presunta arretratezza dell'architettura rispetto ad altre discipline tecniche: mentre nel campo assai differenziato, delle scienze ingcgncristiche si opera da lungo tempo con metodi scientifici esatti, I'nrchircuura sino ai tempi nostri si è avvalsa di metodi, diciamo così, sentimentali.'?

Si pone quindi il problema di determinare, attraverso il calcolo, le misure e le forme dell'architettura in base alle funzioni per cui è progettata. Lo slogan [orm [ol l ows [un cti on sarebbe incomprensibile senza un'approccio razionale al concetto di funzione. Certamente tale slogan rappresenta una provocazione nei confronti di una architettura insensibile alle esigenze pratiche. Ma come si potrebbero vincolare le misure affidando all'istinto gli effetti che esse producono? L'ingegnere verifica le misure applicando le scienze esatte, l'architetto deve verificarle con un calcolo derivato delle scienze naturali e sociali. Il Movimento Moderno - che da molti punti di vista

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è composto da tendenze fortemente eterogenee trova in questa direzione una fertile piattaforma di incontro. Ma come si sviluppa concretamente il controllo delle misure secondo una base scientifica?

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Si dovrebbe determinare una mappa dei dati, avere chiari come input di base da una parte le misure dell'uomo e dei suoi movimenti, dall'altra le misure degli oggetti che l'edificio deve contenere. Si dovrebbero valutare le esigenze cercando di individuare dei parametri misurabili per via sperimen tale. Infine si potrebbe sviluppare un ventaglio di soluzioni alternative dal cui confronto, secondo una scala di valori, si perverrebbe alla decisione. Tutte le fasi del processo dovrebbero essere palesi e quindi ripercorribili da chiunque. In estrema sintesi si può dire che questi sono i punti fondamentali di un approccio funzionalista al progetto. Da una parte le scoperte scientifiche, ad esempio quelle relative alla necessità di aria di un uomo, vengono utilizzate come supporto, come stimolo al progettista. Dall'altra si ricercano le misure più efficienti attraverso strumenti di calcolo opportunamente approntati. Ad esempio si può costruire un algoritmo per determinare la quantità di uscite di sicurezza per un teatro. Il calcolo scientifico entra effettivamente a far parte della strumentazione dell'architetto. Ma quando si cerca di comporre le misure che da esso derivano secondo un sistema organico, che renda le scelte di un progetto confrontabili con quelle di un altro, si incontrano problemi che appaiono insormontahiìi.

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In prima istanza è proprio il passaggio tra le analisi e la quantificazione che non riesce a trovare una soluzione convincente. Ad esempio alla base della cucina contemporaneaun tema tipicamente funzionalista - sta il semplice principio di minimizzare le dimensioni, riducendo lo spazio di movimento e rendendo più facile l'utilizzo di un certo numero di utensili. Per progettare la cucina di Francoforte, e per gli altri esperimenti coevi, si è proceduto secondo questa linea di principio. Però il modello finale, sebbene molto preciso nelle dimensioni, non viene spiegato in termini esatti. I vantaggi della nuova cucina vengono mostrati contando sull'immediatezza comunicativa di uno schema o di un film ma non possono essere espressi in Joule risparmiati.

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L'unico dato incontcxtahile è il risparmio di spazio, ma ciò non dimostra che la nuova cucina sia più Iunzionalc di quella tradizionale, al limite dimostra che costa meno. Lo stesso discorso si potrebbe fare per gli studi tipologici di Alcxander Klcin - forse ancora oggi un modello - che si fondano su una comparazione grafica, intuitiva tra le alternative.

È vero

c hc, fuori dall'ambito strettamente architeuonico, si sono sviluppate due discipline volte a controllare le misure mediante un processo scientifico: l'unuopometriu e I'ergonomia. L'antropornctriu si è posta l'obiettivo di fornire indicazioni sulle misure medie dell'uomo. I risultati ottenuti sono assai complessi. Le misure possono variare notevolmente in rapporto all'ambito geografico e a quello temporale. Inoltre i dati sono relativi al sesso, all'età, al campo di attività e persino alla fascia sociale del campione preso in esame. L'idea di poter definire dei parametri dell'uomo normale, coxl come il comportamento normale, è del tutto superata: si ammette che è inevitabile procedere con misure relative ad universi specifici. L'crgonornia (negli USA si chiama human-factor engineering) fornisce invece indicazioni in relazione all'attività, il lavoro, che Yuomo-macchìnu - così viene definito - deve svolgere all'interno dell'edificio. Due premesse

generali caratterizzano l'approccio al progetto. III primo luogo il progellisla deve risolvere i problemi di descrivere i sisrcmi-macchina con metodi rigorosi, sell/.a far ricorso alla logica, all'intuizione o al senso com une, (. .. ) La seconda importante prcmcxsa dell'approccio crgunomico ~ che Il: decisioni progettuali non pOSSOIlOessere prese senza un largo margine di l:JTon:.1.1 dcll'crgouomiu

Ciò significa che anche l'crgonornia ha, a detta degli stessi esperti, una capacità relativa di determinare le misure del progetto. Le due discipline sono strcuamcntc interrelate non solo perché la seconda utilizza i dati della prima, ma soprattutto perché entrambe fondano il loro calcolo su base statistica. Tale calcolo, per definizione, porta a risultati tanto più soddisfacenti quanto più ristretto è l'ambito di applicazione. Infatti l'ergonornia nasce per risolvere problemi particolari nel mondo della produzione industriale, oppure, in campo militare, per raffinare soluzioni relative a microsistcrni come l'abitacolo di un carro armato. I problemi di urchitcuura però sono sempre relativi a

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sistemi complessi, considerati nella loro globalità. L8 soluzioni di rnicrosistemi funzionali creano brandelli di spazio che rimangono isolati senza, paradossalmente, dare alcuna garanzia sul funzionamento globale. Può darsi che con l'ampliamento delle capacità di calcolo del computer si possa ampliare il numero di variabili e conseguentemente avere nuove chances per queste due discipline. L'approccio funzionalista pone però un problema più profondo. Il funzionalista cerca di plasmare lo spazio dell'uomo rispondendo alle sue esigenze e fondando le sue scelte sulla base del calcolo scientifico. Ma per far ciò deve ricorrere ad una astrazione: riduce l'essere uomo ad una meccanismo, una macchina che compie un dato numero di lavori. In questa affermazione non c'è nulla di negativo: considerare l'uomo come una macchina significa astrarre da una realtà complessa un aspetto più semplice e valutario come fosse un sistema completo. Tuttavia ciò rimane legittimo fino a quando si è coscienti che l'astrazione non esaurisce il problema: il controllo razionale dello spazio dell'abitare non si conclude con una tale semplificazione. Le apparenti contraddizioni del funzionalismo dei maestri del XX secolo, da Le Corbusier a Gropius, nascono da un atteggiamento pronto ad abhundonare l'astrazione uomomacchina non appena questa invada l'uomo-esistente. Tale strada non può essere liquidata come la licenza poetica del genio. Un atteggiamento del genere è un'ipotesi metodologica che deve essere compresa nella sua essenza se non si vuole snaturame la sostanza. I disastri più gravi del funzionalismo dogmatico nascono proprio da una tale enorme semplificazione. Ecco perché, sebbene gli obicuivi Iunz.ionalisti - migliorare il comfort dell'edificio - nascono da un domanda di civiltà, la semplificazione del Iunzionalismo è servita da copertura ad un depauperarnento dcll'architcuuru a favore di lino spregiudicato calcolo economico.

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NORMA

C'è un terzo tipo di calcolo che ogni architetto affronta quotidianamente: quello imposto dalle norme. Un'altra selva di numeri, che è fatta di minimi, di indici o di specifiche, costituisce il COl"PUS delle nonne istituzionali. Nelle nazioni avanzate la normativa condiziona in maniera crescente il progetto di ogni edificio. Non rispettare i regolamenti significa rischiare la bocciatura del progetto o, quanto meno, rallentare le operazioni. L'architetto che unteponc la coerenza del progetto al rispetto della normativa è considerato un intralcio e rischia la reputazione. Al professionista-manager è richiesto, detto in termini brutali, di oliare Yiter burocratico per favorire l'edificazione in quanto operazione economica. L'eccezione, la deroga, se non è inevitabile è considerata come un capriccio imperdonabile.

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Anche nel passato si incontra la presenza del regolamento che impone dei vincoli agli edifici. Ma queste norme oltre ad essere quantitativamcntc ben inferiori, erano di natura differente. Per costruire, ad esempio, un portico come quello della Ripa di Genova è stato necessario imporre delle norme. Nella laudatio del Il:n vengono definiti materiali e misure per dare unità ad un insieme che veniva poi eseguito in una moltitudine di interventi." Norme di questo tipo si trovano fin dall'antichità. Esse riguardano generalmente i prospetti e servono per controllare la costruzione dello spazio pubblico, per dotarlo di una unità che altrimenti non avrebbe raggiunto. Oltre a ciò c'erano delle norme giuridiche finalizzate a salvaguardare i rapporti tra le proprietà. Naturalmente questi sistemi avevano una validità limitata all'edilizia comune. Gli edifici di grande interesse erano fuori dalla portata dei regolamenti, erano più importanti. I sistemi normativi contemporanei nascono invece con l'intento esplicito di controllare tutte le dimensioni di qualsiasi edificio. Esse hanno l'obiettivo difensivo di tutelare il cittadino dalle leggi del mercato, assicurando uno livello di comfort solto il quale non si può scendere. Differentemente dal passato il costruuore è considerato un operatore che non ha l'autorità di scegliere delle misure adeguate. Di fatto i minimi dimensionali prescritti dalla normativa diventano le misure normali. Ciò perché il mercato tende ad uno standard inferiore a quello fissato dalle norme. Se, per

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essere chiari, il regolamento comunale fissa un'altezza minima di 2.70 m, sarà assai difficile che si facciano case di un'altezza superiore, perché un'altezza superiore significa un maggior costo.

* * * * Su cosa si fonda la normativa contemporanea? Il calcolo scientifico è il riferimento implicito o esplicito delle norme istituzionali. Si è visto però che esso ha un raggio d'azione limitato, riesce a descrivere microsisterni, ma non può fornire un insieme coerente di misure. Inoltre i parametri che ne derivano definiscono alcuni aspetti ma lasciano delle variabili indeterminate. La normativa però ha bisogno di prescrizioni espresse in cifre facili da applicare e da verificare. Soprattutto essa ha bisogno che le misure non siano in contrasto l'una con l'al tra. Per risolvere questo problema,

per collegare ed unificare le prescrizioni

dei microsistemi,

è nata, sempre in ambito esterno alla produzione edilizia, una disciplina che prende il nome di coordinazione dimensionale o modulare, Questa si sviluppa valutando tre aspetti: il sistema di misura, le serie numeriche c le teorie degli accoppiamenti e delle tolleranze." Attraverso

la loro analisi essa cerca di trovare un compromesso.

In ogni nazione si sono formati, nel dopoguerra, degli istituti alli a studiare il problema e si è giunti a formulare dei sistemi relazionati ai diversi rami della produzione industriale. In Italia, com'è noto, l'Ente Nazionale di Unificazione produce le norme UNI che costituiscono la base della normativa per ogni ramo dcll'induxtria. Anche l'edilizia è stata presa in considerazione dalla coordinazione modulare. Essa può considerarsi la strada contemporanea verso la precisione metrica nella costruzione. Ma il fatto che essa sfrutti delle serie numeriche non può autorizzare a considerarla come una attualizzazione delle antiche scale proporzionali. L'antica proporzione si poneva l'obiettivo di dare un significato alle misure, alla loro differenza, a prescindere da altri fini; le nuove serie si pongono invece l'obiettivo di organizzare dimensioni trovando altrove la giustificazione. Le scale musicali del rinascimento si pongono di ottenere delle ricorrenze di rapporti. Il, I cosiddetti numeri normali invece nascono con lo scopo di facilitare i calcoli fisici. Solo un malinteso, dovuto al Mo dulor di Le Corbusicr, ha reso possibile una tale identificazione. E certamente ragionevole considerare il Mo dul o r un sistema proporzionale, ma bisogna ammettere che esso 0 completamente differente dalle altre serie numeriche. Infatti non è mai stato seriamente preso in considerazione dagli studiosi dei sistemi di unificazione. Nei loro testi la Iigurina con il braccio alzato compare piuttosto come un fantasma. Nel dopoguerra ci sono stati anni di discussioni appassionate; poi, non si sa come, verso gli anni '70 - in Italia un poco più tardi - è sceso il silenzio sulla questione." Può darsi che il problema della industrializzazione edilizia sia superato - oggi l'industria tende a produrre sistemi nessi bili mentre il problema della casa prefabbricata si è notevolmente ridimensionato. Ma la questione 0 più ampia. I problemi posti in quegli anni erano e rimangano aperti, mentre la normativa ha assunto delle soluzioni relative e le ha trasformate in verità indiscutibili. Non è un caso che si sia verificato un incremento poderoso delle norme istituzionali, in Italia come in Europa, proprio mentre il dibattito andava smorzandosi. Da un Iato la normativa ha auinto dalle diatribe accademiche una giustificazione ideologica, dall'altro le ha sorpassate, con un balzo di tigre, annichilendole.

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La semplificazione che essa ha effettuato è stata brutale. Da un rapporto OECE (Organizzazione Europea per la Cooperazione legge:

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i. fine della coordinazione modulare: corrclarc le dimensioni delle parti edilizie nella trama compositiva generale per mezzo di un modulo base; (... ) iii. misura del modulo di base: ldm per i paesi a sistema metrico; 4" per quelli del sistema inglese; iv. funzione del modulo di base; servire come massimo comun denominatore, come incremento unitario, come prima misura per le grandezze della scala modulare, nonché come intervallo dimensionale base del sistema modulare di riferimento: v. fine del modulo base: offrire una base per la correlazione dimensionale delle parti edilizie, onde consentire l'accoppiamento reciproco delle stesse in qualsiasi condizione con il minimo di aggiustaggio'";

In ultima analisi: alla fine di tutte le discussioni rimane una piastrella quadrata di 10 centimetri (o 4 pollici, sic!) di lato da utilizzare come strumento di precisione. Una tale convenzione nasce dalla necessità di trovare in fretta un accordo più semplice e meno compromettente possibile. Le misure della normativa sono quindi tutt'altro che salde. Si basano su un fondamento assai debole. Sono approssimative. Ciò nonostante la normativa si impone con un Iorzu assoluta c assoggetta tutti, anche gli architetti più celebri: le misure dell'architetto d'ora in poi devono scontrarsi con essa.

* * * * La normativa contemporanea è un compromesso tra interessi di origine differente. Ogni legge definisce un ambito di pertinenza c, all'interno di questo, aspira ad avere un dominio sulle altre discipline: norme antinccndio, norme per l'igiene, norme per il calcolo strutturale, etc ... In Italia, paese dalle mille burocrazie, questo aspetto è particolarmente evidente. Che i criteri con cui le leggi sono fatte abbiano un margine più o meno grande di arbitrarietà, poco importa. L'imprescindibile è che all'interno di quell'ambito il progetto legale sia determinahile con il minor scarto intcrprctativo. Si può immaginare di costruire dirnensionando esclusivamente in base alla normativa. Le stanze, le altezze, le scale, le finestre, ogni elemento riceverebbe la sua quantificazione. La quotidianità operativa, di fatto, risulta avvicinarsi vertiginosamente a questa ipotesi; qualora si riuscissero ad eliminare le piccole frizioni tra le pertinenze amministrative, si giungerehhe ad un perfetto combaciare delle norme, di dieci centimetri in dieci centimetri. La normativa non prende in considerazione l'architettura. che gli appare come un amhito remoto. I problemi che essa causa all'unità urchitcuonica dell'edificio, attraverso le prescrizioni dimensionali, gli paiono inisori. La normativa si crede oggettiva e considera l'architettura inconoscibilc perché soggettiva. Essa considera la dimensione come un elemento neutro che riguarda solo l'aspetto funzionale dell'edificio. L'architettura è al di lù delle dimensioni. Quest'idea, che semhra naturale, è però di recente acquisizione. Fino a non molto tempo fa, il dimcnsiouamcuro cru colkgato all'inxicmc dei ragionamenti implicati dalla concezione dell'architettura. NOIl costituiva Ull campo d'intervento autonomo. Erano i dati della costruzione, dell'uso, dell'interpretazione dei modelli che portavano alla definizione delle dimensioni. 19

Oggi semhra naturale che un ispettore di un ufficio imponga al più famoso degli architetti di infittire le sbarre di una balaustra. La legge dice che:

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Il parapetto deve avere una altezza minima di 100 cm ed essere in.uuuversubilc cm di diametro."

Da cosa nasce I.OO m e IO cm? Nessuno lo sa. Ad ogni modo ciò è giustificato

dalla preoccupazione

da una sfera di lO

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... i requisiti di sicurezza e protezione delle cadute verso l'esterno."

Si potrebbero citare migliaia di balaustre importanti che verrebbero messe fuori legge da una tale norma, Oggi, in un intervento di ristruuurazionc, lutti salvi i monumenti vincolati che riguardano altra giurisdizione, è necessario intervenire su antiche balaustre in marmo, come su quelle leggerissime degli architetti moderni. Eppure le cadute verso l'esterno non sembrano rappresentare una calamità nazionale.

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Al di là delle battute: la necessità di rendere un edificio sicuro è importante ma un modo così rigido e gretto di risolvere il problema è senza dubbio sbagliatu e pericoloso. Il dominio della normativa deve essere combattuto con energia. Sconcerta il fatto che in Italia, come in altri paesi d'Europa, siano ancora così poche le voci che vanno in questa direzione. Non se ne parla nelle università, né nelle riviste d'architettura, neppure all'interno degli organi professionali (quando se ne parla lo si fa senza alcun senso critico). La normativa continua a conquistare terreno praticamente incontrastata. Ci vorranno ancora decenni per fare un bilancio delle sue vittime?

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li XX secolo è finito! Lo spazio del XX secolo non è più etereo pensiero, l: presenza tangibile. Quando si dice spazio sembra di intendersi perfettamente, ma non appena si scava, ci si interroga su che cosa significhi spazio, tutto diventa più difficile. Anche se può sembrare inverosimile, il termine spazio è di recente acquisizione per l'architettura. Una volta, certamente prima dell'ottocento, gli architetti usavano questa parola ben raramente. Essa era tuttalpiù nominata come sinonimo di intercolumnio, spatia inter columnas», ma il termine era generalmente patrimonio dei filosofi. Oggi essa viene usata come passe-partout per indicare una qualsiasi indefinita regione dell'ambiente costruito: spazio di servizio, spazio commercia/e, spazio pubblico ... Si potrebbe ipotizzare che ciò dipende dal fatto che la connotazionc degli ambienti è sempre meno chiara. Forse è un sintomo di una cresciuta complessità tipologica. Ma spazio è anche qualcos'altro. Con questo termine si fa riferimento ad una presenza impalpabile.

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Anche se lo spazio può essere fisicamente circoscritto tuttavia esso rimane per sua natura infinito ed intangibile, Lo spazio si dissolve nell'oxcurità c svapora nell'infinito. Per diventare visibile esso deve ricevere forma e contorni sia dalla natura sia dalla mano del l'uomo."

Sigfried Giedion, nel suo celeberrirno Space, tinte and architecture, usa il termine in questo modo. Egli afferma esplicitamente che una concezione spariate non è altro che la

vasta nozione che abbraccia ognifatto architettonico." La spazialità rappresenta un criterio di connotazione di un singolo edificio, della poetica di un architetto o, anche, dello stile di un'intera epoca, Spazio offusca tutti gli antichi termini usati dagli architetti . Non conosco uno studio approfondito che indaghi come questo termine abbia conquistato il mondo dell'archirettura. In questa sede, non sarà possibile fare molta luce sulla questione. E probabile che quando gli architetti hanno iniziato ad imparare il metodo di Monge, quando hanno iniziato a studiare la gcornetria analitica e, la scienza delle costruzioni, abbiano familiarizzato con il concetto scientifico di spazio. E possibile anche, come sembra suggerire Giedion,> che un approccio artistico al concetto di spazio si sviluppi all'interno della storia dell'arte e pervenga agli architetti solo di seconda mano. Ad ogni modo è assai verosimile che l'importanza data al terminenon sarebbe stata possibile senza lo sviluppo che esso ha avuto nella scienza moderna. E attraverso questa che lo spazio è uscito dal mondo della filosofia per entrare nell'uso quotidiano. Se ciò è vero si verifica uno strano paradosso: nella scienza il termine ha un significato meramente quantitativo mentre in architettura la parola interviene proprio quando l'oggetto non è descrivibile in termini quantitativi. Come mai questo slittamento tra ambiti sernaruici? Forse questa inversione di senso nasce da un bisogno profondo dell'architettura.

* *

* * Un tempo c'era una via per pensare all'odierno spazio architeuonico: era la strada della proporzione. Con la nascita della scienza moderna si è combattuta una guerra per il controllo delle misure della costruzione: da una parte la millcnaria proporzione, dall'altra il giovane gruppo, capeggiato dalla scienza delle costruzioni, delle tecniche scientifiche. La tecnologia può analizzare ogni aspetto della costruzione, specializzando le competenze. Può diventare il supporto per rendere più clficieruc il progetto: massimizzazione delle prestazioni, costi più bassi, riduzione dei tempi d'es~cuzione.,. Ora, il problema della tecnica, per quanto riguarda le misure, è quello di coordinare le parti dd progetto che tendono a svilupparsi autonomamente. Bisogna stahilire delle priorità tra una disciplina e l'altra, ma, soprattutto, trovare un minimo 1st B comun denominatore tra le varie _ ... -' .... ~-;"---'~A-

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di spazio assoluto rappresenta la base di questo denominatore perché è comune ad ogni approccio tecnico, Un concetto di spazio, come s'è detto, assai sem pl iIicato rispetto alla complessità delle teorie matematiche che lo hanno prodotto. Un concetto che si possa praticare facilmente. Ogni ragionamento tecnicoscientifico parte allora da un'idea

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semplicissima: una triade di rette orìogonali, dette assi curtcsiani, sulle quali misurare ogni punto dello spazio. Una tale concezione, come già detto, facilita la descrizione di un oggetto ma non dà indicazioni per progettare qualcosa. Riuscire a rendere questo spazio efficiente, eliminerebbe tanti problemi. Come si può giungere a ciò? Bisogna materializzare lo spazio usando un tracciato che ne ricalchi esattamente il sistema concettuale: un tracciato che serva da guida, che possibilmente impieghi una sola misura. In tal modo, ogni tecnologia potrà lavorare, sicura di giungere, in seconda istanza, ad un accordo con le altre. Tale sistema può essere chiamato reticolo cartesiano. Esso riduce ogni lunghezza ad una sola unità, la quale diventa il modulo (parola antica che significava altro). Stabilire l'entità del modulo sarà un passo successivo. Il reticolo quadrato non nasce con la tecnica moderna. Esso si incontra, nel passato, sin dalla notte dei tempi, quando un singolo elemento costruuivo viene ripetuto ed assernblato secondo un piano. Ad esempio, si forma un reticolo quando un pavimento viene realizzato con un solo elemento ripetuto: una piastrella. Mai, però, quell'elemento era preso a fondamento per la composizione delle misure di un edificio. Mai, perché la concezione generale dell'edificio era più importante di un dettaglio come la piastrella. Era considerato prelcrihilc tagliare le piastrelle che arrivare ad un tale paradosso. Nessuno si preoccupava di rare ciò. La tecnica moderna opera invece uno sconvolgente ribaltamcnto: l'obbiettivo è far sì che ogni elemento che costituisce l'edificio abbia un'unica cifra di riferimento. Il modulo moderno deve essere abbastanza piccolo, da poter misurare gli altri elementi e determinarne le dimensioni. Così un elemento secondario come una piastrella può diventare il metro dell'edificio. Se si confronta la pianta della Rotonda di Palludio con quella di un edificio simile tratto dal Précis ... di Durand, si può verificare, in modo cmblcmatico, la distanza che separa il modo antico e quello moderno.

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Ovviamente nessuno oserebbe dubitare che le capacità architcuoniche di Palladio sono infinitamente superiori a quelle di Durund. Non ~ questo il punto. C'è un'irnpostazione metodologica diversa. La pianta di Palladio è uno strumento per organizzare la proporzione. La proporzione presuppone la differenza tra le parti, anche se la determinazione delle dimensioni rirnane unitaria. Lo spazio si dilata e si contrae, assumendo una diversa qualificazione, ma, alla fine, c'è la possibilità di giungere ad una nuova unità, ad un tutto. Lo spazio della tecnica moderna. invece, non concepisce la d~tfef(!I1Z{/. Bisogna che tutto sia confrontabile e valutabile quantitativamcntc, Nell'edificio di Palladio la forma delle stanze, i riquadri tra le paraste, i rettangoli delle finestre, etc ... si compongono ripetendo pochi rettangoli di base. Viceversa negli edifici di Durand il controllo della forma di questi elementi viene intenzionalmente eluso. Ciò che importa è che tutti gli clementi siano rapportabili ad una sola misura, l'intercolumnio. La Rotonda è un edificio che si pone l'obbiettivo di creare una situazione irripetibile. Le misure dei disegni di Durand, invece, possono essere ripetute senza perdere coerenza. Il reticolo è nemico della proporzione, non un fedele alleato. Non è un caso che Durand, il primo architetto a basare la composizione su di esso, sia anche il primo a dichiarare apertamente che le proporzioni sono una questione secondaria, poco importante, per I'architettura.> Il reticolo è la macchina da guerra che la tecnica moderna ha utilizzato contro la proporzione. Alla fine ha vinto contro i cinque ordini, contro le trame di Viollet-le-Duc, contro il Modulor di Le Corbusier. .. ha vinto perché è solidale con il mondo che produce la tecnica moderna. In parole semplici: il reticolo fa risparmiare tempo, quindi denaro. Ciò che si perde risulta essere meno importante di ciò che si acquista. La proporzione, sebbene abbia vinto delle hauag lic, ha perso ogni guerra che ha combattuto. Ciò che le è rimasto, per non perire completamente, è stato continuare a combattere una guerriglia, quasi invisibile. Qual'é il luogo di questa resistenza'! Il luogo è paradossal men te proprio il concetto di spazio. La tecnica moderna può definire lo spazio in termini astratti ma è impotente quando deve prevederlo come luogo esistenziale. Quando si deve progettare un missile terra-aria, per essere chiari, essa procede con efficienza - le proporzioni non servono. Ma quando qualcuno prova a immaginare di vivere dentro il suo spazio, quest'ultimo si ritrae, diventa un termine indecifrabile. È su questo limite che la proporzione si è asxcrragliata: l'intangibilità dello spazio. Ovunque ci sia una richiesta di significato esistenziale, la proporzione ha messo a segno una vittoria sotto mentite spoglie. In questo panorama viene a configurarsi quella che si potrebbe chiamare la via romantica alla proporzione: una terza via, che sta tra la strenua difesa dell'antico concetto ed il suo rifiuto. La proporzione, erede della cuuuerp.« greca diventa, per la prima volta, una strada irrazionale alla misura. Per la prima volta si circoscrive la proporzione come qualcosa di indicibile. Essa non è più controllata né da regole, da canoni, né, tanto meno, dalla conoscenza delle leggi geometriche, ma dal solo tirocinio sulle emozioni. L'architetto socchiude gli occhi e decide che misure scegliere. Senza strumenti, senza calcoli, a mani nude. Egli diventa artista-romantico, un genere di artista che prima nessuna arte aveva conosciuto. L'armonia nasce da un volo al trapezio, senza reti di protezione. L'architetto, che si avvale per tutto il resto dell'appoggio degli ingegneri, decide le sue misure sine scientia. La proporzione romantica abbandona l'antica strada ma, nonostante tutto, mantiene una posizione: mette al centro del suo interesse In spazio in quanto fenomeno esistenziale. La

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proporzione come legame tra le parti ed il tutto, non spicgabile razionalmente necessaria per il risultato estetico, si contrappone al mondo cgcmonc del calcolo.

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* * * * Frank Lloyd Wright e Ludwig Mies vun der Rohc sono i due indiscussi maestri del XX secolo che più di tutti hanno praticato il reticolo. Possono quindi rappresentare due atteggiamenti emblematici per chi voglia sostcncrnc le ragioni. Vediamo quindi di capire come questi due autori, che a differenza di Durund hanno sempre mostrato un certo rispetto verso il termine proporzione, si ponevano di fronte al problema. Wright spesso pone un reticolo sulla proiezione, orizzontale o verticale, per pOI disegnarvi sopra la pianta o gli elevati." Già il fatto che il reticolo non sia sempre quadrato, ma anche rcuangolure, romboidale, triangolare od esagonale, mostra una diversità nei confronti di Durand: per Wright il reticolo è un riferimento assai dilatabile, lontanissimo dalla ricetta didattica. Se poi si va ad analizzare come gli elementi del progetto si rclazionino ad esso ci si accorge della presenza di una quantità di sliuamcnti pressoché infinita. Prendendo, ad esempio, la semplice pianta della casa Zimmerman si nota come alcune parti siano impostate sull'asse del reticolo, altre sui bordi allineati ad esso, altre su un terzo dell'unità di base, altri, ancora, su un mezzo. Il reticolo stesso, che sta alla base del disegno del pavimento, si interrompe a volte a metà, a volte ad un terzo, o anche in frazioni ancora più piccole del suo lato. Se poi si passa alla terza dimensione si può constatare che questo modo di procedere non cambia. Ora, non si può affermare che questo sistema sia dovuto alle licenze che solo un grande artista si può permettere. Sarebbe abbastanza facile regolarizzare una casa di Wright. Basterebbe scegliere una sola opzione di frazionamento dell'unità, tra quelle usate. Certamente si otterrebbe un edificio

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con dettagli e giunzioni tra le parti un po' differenti, ma l'insieme [un zionerebbe pressappoco allo stesso modo. Ad operazione effettuata ci si accorgerebbe, però, di non avere più un progetto di Wright ma una brutta copia. Ciò perché il suo rapporto con il reticolo vive di quella complessità di slittamenti: è attraverso questi che egli giunge alla formulazione della sua idea di spazio. Il breaking the box di Wright sviluppa, a livello delle misure, un breaking the grid. Così come egli parte da una scatola di muri per arrivare alla scomposizione volumetrica, incomincia da un'unica misura per giungere ad una ragnatela di relazioni. Il reticolo, diversamente dall'antica proporzione, non serve a determinare la forma complessiva degli ambienti. Per essere espliciti, non serve per dire che un muro termina lì e soltanto lì, altrimenti l'insieme si sbilancia.

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Wright non usa la griglia per semplificare il lavoro progcuualc, ai fini dell'efficienza tecnica. Anche in ciò è netta opposizione con Durand. Perfino nelle case usoniane, dove i dettagli sono progettati una volta per tutte, egli avverte che il progetto deve essere sempre eseguito da un architetto perché esso deve puntare

sulla comodità e sulla bellezza delle proporzioni" Una situazione inedita, in cui la regola si contraddice, può essere addirittura auspicabile perché stimolerà nuove variazioni. Ecco perché la griglia non è sempre ortogonale, ma giunge anche ad avere angoli di 60 gradi. Il reticolo a volte sparisce del tutto, per essere sostituito da un'altra forma di tracciato. Ad esempio nei disegni della casa S. Fricdman compare una sorta di griglia radiale. Il reticolo perde quindi la funzione di stabilire un patto, una convenzione sulle misure, così come avviene nella tecnica. Assume invece significato in relazione agli incidenti, alle sovrapposizioni di ritmi, che vengono a determinarsi. E indubbio che il fine ultimo del lavoro di Wright è giungere ad un equilibrio inalterabile. Ma attraverso le sue griglie non si può cogliere una legge composi ti va. Perché l'insieme funzioni è indispensabile un lavoro lacci e nodi che si basa sull'occhio.

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Anche la antica proporzione non determina a priori l'articolarsi delle misure e richiede un intervento soggetti vo. Essa però fornisce degli indirizzi precisi con cui dedurre una scelta dall'altra. Per questo, nonostante le apparenze, la ricerca di Wright risulta, dal punto di vista compositivo, più impenetrabile di quella di Le Corbusier.

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* *

La posizione di Mies van der Rohe, certamente differente, forse antagonista, rispetto a quella di Wright, si sviluppa entro una stessa idea di proporzione. Mies è il maestro del Movimento Moderno ove si incontra il reticolo quadrato con maggiore persistenza. Il suo reticolo coincide quasi sempre con il disegno di un elemento della pavimentazione principale. Tale pavimcntazionc, costituita perlopiù da lastre di pietra di ampia dimensione, è un leitmotiv, presente in tutto l'arco del suo lavoro. Anche nell'opera di Mies non tutti gli elementi corrispondono al disegno del pavimento. La struttura però, con rare eccezioni, è rigidamente ancorata ai nodi del reticolo. La sua ossessione per i pilastri a forma di croce, dal Pavilion di Barcellona alla Nationalgalerie, sembra nascere dal rapporto con le fughe del pavimento che segnano, implacahilmcnte, due direzioni ortogonali. La struttura a pilastri crea un reticolo più grande - multiplo di quello del pavimento - in cui si dispongono gli altri elementi. Il reticolo serve poi per dare tensione alle soluzioni di dcnuglio. Queste comprimono nello spazio infinitcsirnalc di una linea, di una fuga, le contraddizioni che nascono dalle differenze. Ciò che il reticolo non spiega, però, è la scelta di una distanza piuttosto che un'altra, la scelta delle relazioni tra un piano e l'altro. Rimandare questa scelta a soli motivi Iunzionuli non fa parte del pensiero di Mies. Quando gli fu chiesto se temeva l'obsolescenza egli rispose:

dei suoi edifici,

Ciò non mi preoccupa. Il concetto (che sta alla base del progetto) non diventerà datato per due ragioni: è radicale e conservatore ad uno stesso tempo. È radicale nel suo accettare la direzione scientifica e tecnologica e sostenere le forze del nostro tempo. lla un carattere scientifico, sebbene non sia scientifico. Usa i mezzi tecnologici, senza essere tecnologia. È, invece, conservatore in quanto non riguarda soltanto la Iunzione ma anche l'espressione. È conservatore perché si basa sulle leggi eterne dell'architettura: Ordine, Spazio, Proporzione."

La griglia di Mies non serve a spiegare né le proporzioni, né l'ordine, né quindi lo spazio. Essa serve a trovare un minimo comun divisorc per ottenere una coordinazione tra tutti gli elementi tecnici del progetto - dalle 25

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travi e pilastri alla piastrella del gabinetto. Ma ciò non implica l'accettazione della tecnica.

dell'egemonia

La tecnica ci promette potere e grandezza insieme: una promessa pericolosa perché l'uomo non è creato né per l'UIlOné per l'altra ..111

Le proporzioni degli edifici di Mies non nascono da uno sforzo di razionalizzazione. Il suo personale ed inconfondibile modo di articolare pieni e vuoti, la sua pianta Libera, si compongono nonostante il reticolo cancsiano, piuttosto che per mezzo di esso. Nei progetti giovanili per un grattacielo sulla Fricdrichstrussc Mics compone l'intera pianta dell'edificio in modo libero, al di fuori dcll'ortogonulità. Nella sua lunga carriera non ritornerà più su un tale affermazione, ma la sua pianta libera conserverà sempre quell'atteggiamento espresso allora in modo cmhlcrnatico. Nonostante il reticolo cartesiano gli elementi si disporranno controllati da un occhio romantico. La ritlessione sulla tecnica moderna è il luogo sul quale si sotfcrrna anche Le Corbusier. Ma mentre questi cerca una via per trovare un sistema di produzione che auualizzi gli antichi valori, Mies van der Rohe accetta il sistema di produzione così come è, cercando un distacco disincantuto. Il reticolo rappresenta per Mies una tabu!a rosa, un foglio bianco, simbolo della perdita di senso del mondo contemporaneo. Come nella musica dodecafonica, ove tutti i valori tonali vengono annullati, solo una estrema tensione può giungere a riallacciare un legame tra essi. Il pensiero di Mies si presta ad essere semplificato, a diventare oggetto di didattica. Ma il rischio di un fraintendimento disastroso è enorme. Con Le Corhusicr si capisce subito la complessità del progetto di architettura, si rischia, semmai, di scambiare per contraddizioni ciò che invece è lucido ragionamento. Con Mics tutto sembra piano, ma ciò non spiega la sua arte. La griglia è il negativo del progetto, un limite al di li'! del quale c'è l'annullamento di senso, un orlo così vicino al baratro. Molti architetti che si ispirano al suo lavoro varcano quel confine, con un piccolo passo, con leggerezza suicida.

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CEOMETRIA

Per un architetto la geometria non è un problema storico né, tanto meno, metafisica. È un problema professionale. Il problema, per essere espliciti, si pone in questi termini: come faccio a scegliere le misure per un edificio; come faccio a convincere me stesso e gli altri - il cliente, la commissione edilizia etc.- che quelle sono necessarie, indixpcnsabili. sono le migliori possibili. Come giungere alla precisione della misura. Una prima domanda che ci si può porre è se è proprio vero che la precisione sia indispensabile all'ambiente umano, all'abitare. L'edificio comune delle città storiche è apparentemente privo di precisione. Il suo progetto, fatto senza architetto, non mostra traccia di alcuna teoria né la sua realizzazione sembra rispondente a leggi. In rcu l t nell'architettura popolare c'era un controllo delle misure basato sulla tradizione. Da una parte i sistemi di misura antropornorli che, come s'é visto, fornivano dei rapporti preferenziali, erano uno strumento efficace e radicato. Dall'altra la tradizione orale che forniva la regola d'arte che, oltre ad assicurare la trasmissione del sapere tecnico, produceva anche una continuità nel di mcnsionarncn to. l due strumenti di controllo erano, del resto, strettamente à

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intcrrclati.

Il iuuo che l'approssimazione metrica e le tolleranze fossero più ampie di quelle a cui siamo abituati deve essere raffrontato ai mezzi di produzione artigianali che ne permettevano un uso assai Ilcssihilc. La larghezza e l'a tczzu delle porte, le proporzioni delle modunature, le dimensioni degli scalini etc., 29 mantenevano però dei legami che riuscivano a creare uno spazio unitario. La precisione delle misure era data da semplici rapporti che ricorrevano in infinite variazioni, costituendo una solida base per l'erezione delle città storiche europee. Il mondo modemo ha programmato una tabula rasa della tradizione. Così il metro lineare ha azzerato i sistemi di misura antropomorfi c le ingcgnerie hanno azzerato le antiche regole di dimensionamento. Oggi la tradizione dei maestri d'opera è innegabilmente perduta. Coloro che progettano le misure delle case comuni sono specialisti istruiti ed un ritorno ai sistemi antichi sembra

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impraticabile. Ciò sia perché le tracce che rimangono della tradizione sono assai esigue, sia perché gli strumenti di produzione sono completamente cambiati. Il problema non è tanto quello di recuperare intellettualmente l'antico patrimonio, quanto quello di trovare degli strumenti, alternati vi alla tradizione, che si pongano gli stessi obiettivi di fondo. Le moderne strategie non sembrano però condurre alla precisione. Viceversa esse spingono verso una molteplicità di informazioni che vengono assemblate con mezzi sempre più approssimativi. I calcoli dell'ingegneria da una parte e quelli statistici, relativi alle funzioni, dall'altra fomiscono soluzioni relative a microsistemi sempre più frantumati, ma lasciano inermi di fronte al problema di concepire l'insieme. Tale compito apparentemente doveva essere svolto dalla coordinazione modulare. Ma questa disciplina mira all'obiettivo difensivo di permettere una convivenza tra i microsistemi piuttosto che un loro armonizzarsi.

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Ma c'è un altro calcolo, che si sovrappone a quelli di cui s'è parlato: il calcolo economico. Sono convinto che l'economia sia sempre stata un fattore determinante per il progetto di costruzione. Ma tale calcolo oggi non soltanto ha conquistato un'egemonia totalitaria, esso è concettualmente cambiato da quello che ha prodotto le città del passato. Il calcolo economico ha bisogno di un progetto dotato di precisione metrica. La definizione delle dimensioni è infatti un passo necessario per convertire in cifre un'operazione edilizia e prevedere i guadagni, evitando i rischi di un investimento sbagliato. La precisione delle dimensioni è valuiabilc in rapporto alla capacità di essere monetizzata. Da questo punto di vista tutti i superi scientifici sembrano ritrovare una nuova, inossidabile, unità. Attraverso essi si può certificare, di fronte all'operatore economico, la qualità dell'oggetto di contrattazione. Il valore totale sarà dato dalla somma delle singole caratteristiche tecniche convertite in denaro. Esse si trasformano in un tot di utile, di rendita; vengono convertite in denaro, in bits nei compu te rs delle banche. Come attuare concretamente una tale conversione" Proporre tutte le volte indagini nuove rappresenterebbe un co~"to non alfrontabile che non garantirebbe, oltre tutto, l'efficacia della previsione. E necessaria, quindi, una piattaforma di riferimento. La normativa istituzionale assolve questo compito. Essa pone su un unico piano i criteri di valutazione dei vari superi facilitando l'entrata nel mercato del bene-edificio. I vantaggi che offre sono evidenti: il calcolo economico può affidarsi ad essa, disinteressandosi dell'effettiva coerenza degli standards. I problemi vengono discussi in

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una sede legittimata, che in quanto tale è in grado di fornire un metro di riferimento stabile. Questa è la ragione per cui la normativa trova un solido terreno su cui crescere. Si crea una convergenza tra il calcolo economico e quello norrnativo. Il calcolo economico sembrerebbe, in ultima analisi, l'unico criterio nel mondo contemporaneo capace di omologare le misure. Paradossalmente tanto più la rappresentazione dell'edificio risulta essere astratta quanto più risulta essere efficiente. Ma nella realtà quotidiana le differenze rimangono e lo spazio che quel calcolo ha generato risulta meccanico, artificiale. L'abitare viene smaterializzato in un insieme di numeri. Quali strade ha intrapreso la cultura architeuonica contemporanea per rispondere a questa situazione? Si possono distinguere, cercando di comprimere le infinite sfumature, tre strade, tre ipotesi metodologiche differenti.

* *

* * Una prima tendenza è quella che si può definire la svolta dell'architetto-manager. L'architetto rinuncia intenzionalmente alla unità del progetto. Organizza le varie competenze, si limita ad operare nei punti di contatto tra una e l'altra. Svolge un ruolo importante tra il capitale finanziario e le ingcgncric specializzare. Egli si presenta sul mercato come un manager con particolari rcquisi ti: ha conoscenze che gli permettono di spaziare tra le discipline più dittcrcmi, senza peraltro essere esperto in nessuna; sa districarsi tra i meandri della normativa istituzionale; collabora al calcolo economico; sa infine dotare l'oggetto prodotto di un adeguato decoro. Quando si presenta al cliente non cercherà di far valere le questioni estetiche per dimostrare la validità del suo progetto. Tali problemi sono soggettivi e quindi sono facilmente attaccabili. Questo sembra essere il modello, forse cstrcmizzato, a cui aspirano le fasce più attive del mondo professionale. In questo modo l'architetto riesce a SUjJN{fI'l:-' l'ingegnere . ... oggi la leadership degli architetti è pcricolos.uncntc miuacci.uu: i clienti hanno poca fiducia nelle sue capacità manageriali e spesso Irappougouo llll projcct manager Ira sé e I'architetto. II rimedio per questo problema è nelle mani stesse della protcssionc archircuonica, che può e deve affrontare, già a partire dalle scuole, temi managcriaìi ed orgunizzat] Vili.

Per far ciò dovrà decadere, nella sua formazione, il primato dd disegno, Il suo obiettivo sarà quello di coordinare le operazioni dei vari specialisti, assecondando le esigenze. Lo spazio sarà determinato in prima istanza da valutazioni tecniche. Le misure dell'edificio saranno oggetto di negoziato": si sceglieranno le misure che, sottoposte alle istanze dei vali agenti, risulteranno più convenienti. Il Beaubuorg di Renzo Piano e Richard Rogcrs è una delle più cmhlcmatichc realizzazioni di questa tendenza. L'edificio, dopo vent'anni, regge ai cambiumcrui della moda. Ma ciò non dipende dalle idee architettoniche con cui è stato propagandato dai suoi autori. Le idee di [abbrica della cultura, la ricerca dello spariojlessibile, la definizione di catalirratore sociale, sembrano tematiche obsolete. Ciò che rende ancora degno del massimo interesse il Bcaubourg è la sua qualità costruttiva, il suo inconfondihile modo di usare l'acciaio. Se si osserva la prima versione del progetto si rimane stupiti dall'enorme salto di qualità dd progetto realizzato.

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Quasi sempre il progetto finale aggiunge qualcosa a quello iniziale. Ma qui il grande cambiamento è determinato da un solo elemento cosuuuivo. Una trovata dell'ingegnere Peter Rice», la gerberette. La g e rb e re tt e è un leva ciclopicu costituita da un unico elemento in acciaio Iu s o. Un braccio è agganciato alle travi mentre /l'allro è ancorato ad un tirante verticale. Il fulcro, in posizione asirnmetrica, si appoggia invece su un esile pilastro. Il sistema permette di controb ilanciure le forti tensioni prodotte dalla trave (che copre una luce di 48 m) rendendo, al conternpo, trasparente la Iucciata. La soluzione del primo progetto, evidentemente, avrebbe richiesto una contruftortatura ben più corposa. Usando la gerberette diventò naturale l'eliminazione dell'articolazione volumetrica del

primo progetto, facendo guadagnare all'edificio finale una forma più semplice e oggi meno datata. Inoltre questo elemento lascia uno xpazio vuoto tra il cuttain wall e il limite della struttura. Questo iato è diventato l'occasione per inserire la scala mobile, da un lato, e gli impianti, i famosi tubi colorati, dall'altro. La gerberette è la chiave di volta su cui poggia l'intero edificio. Anche l'arco rampante è un elemento costruuivo essenziale per ottenere l'effetto etereo delle cattedrali gotiche. Ma c'è una differenza sostanziale tra i due dementi: un arco rampante nasce da un'idea unitaria, solidale con le altre parti dell'edificio, la gerbe rette nasce da una concezione analitica, che separa e riassembla le parti, ma non le unifica. Le misure di un arco rampante erano prodotte da un processo che coinvolgeva tutto l'insieme. L'art de jometrie era il mezzo di questo processo. Se si cambiava anche solo una misura l'insieme andava rivisto. Tutte le misure erano legate. Le misure della gerberette sono legate alla luce della truve ma sono indipendenti dal resto. I piani potrebbero essere più o meno numerosi, più o meno alti. Tanti parametri sono tra loro indipendenti.

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Le gerberettes sono frutto di un calcolo strutturale che non ha legami con altri aspetti dell'iter progettuale. Affermare che l'edificio non è unitario non rappresenta una critica al lavoro di Piano e Rogers. Semplicemente ciò è un risultato di una ipotesi mctodologica. La loro architettura è fatta di pezzi assemblati: E questo è un bel salto rispetto all'ideale classico dell'architettura che vede la costruzione nel suo stato di olimpica perfezione, in cui nulla può essere tollo () aggiunto, ed è un aneggìamento molto coerente con la situazione odierna. (. .. ) In questo quadro pensare e costruire per parti rende tutto più semplice: ci fornisce una struttura, la griglia di cui abbiamo bisogno".

La composizione dell'edificio è impostata su una griglia quadrata di 1,60 m di lato. Tale griglia riesce a fornire l'apparenza di un ordine. Essa è il riflesso involontario, l'immagine allo specchio, dello spazio assoluto della tecnica. Uno spazio vuoto, non significativo. Uno spazio in cui l'uomo entra da estraneo come una mera quantità. Il fatto che il Beaubourg appaia freddo non può stupire. La sua bellezza - esattamente come quella di un motore - è fredda perché non 0 generata con l'intento di costituire un'unità. In ciò il suo sperimentalismo strutturale 0 radicalmente differente da quello delle cattedrali, in cui le scelte tecniche nascevano da un hisogno di spiritualità. La sensazione di freddezza che si può provare di fronte ad una tale costruzione deriva dalla mancanza di un ordine profondo. Le parti, analizzate separatamente e axsemhlatc a posteriori, mostrano, in ultima analisi, un caos incolmabile.

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Si può poi distinguere una seconda strada in cui l'architetto demanda la gestione dcll'upcruzione costruzione ad al tri, a projectman ag ers veri e propri, per concentrarsi esclusivamente sulla gestione della forma del progetto. Nel passato l'architetto che non si occupasse dell'intera realizzazione del progetto era un'eccezione assoluta. Oggi invece ciò rappresenta la situazione normale. L'architetto entra nel gioco della contrattazione proponendo una forma dell'edificio. Il calcolo economico metterà su un piatto della bilancia il costo della forma e sull'altro i vantaggi che tale forma può dare. Il vantaggio più consistente sarà dato dall'immagine, un in-più rispetto ai beni quantil'icabili con cui il prodotto si può vendere. All'architetto sarà richiesto di dare un vestito all'edificio, che dovrà essere adeguato alla situazione. Tanto più l'edificio sarà sotto gli occhi dell'opinione pubblica, quanto più sarà richiesto un vestito alla moda, una trovata che ne renda riconoscibile l'immagine. Tanto meno l'opinione pubblica sarà coinvolta, quanto meno sarà richiesto l'intervento dell'archi tetto-sarto. Alle periferie del villaggio globale il vestito sarà quindi scarno come uno straccio, nei grandi centri potrà invece essere opulento e costoso. Si può certo obiettare che non c'é nulla di nuovo in questa situazione, che anche per Vitruvio l'urchitcuo si occupava di fornire un decoro all'edificio e che anche all'epoca di Augusto l'aspetto esteriore era più importante a Roma che ad Aosta. Oggi però si assiste innegabilmente all'elaborazione di una forma astratta, incoerente tanto con la struttura quanto con la funzione, che . . mal era apparsa pnrna. Esistono due progetti in uno: quello degli ingegneri e dei tecnici, che rende l'edificio più o meno adatto alla situazione, e quello dell'architetto che lo confeziona. Ora, tale dualismo non può imporsi allo stesso modo ovunque: nei centri si assiste alla nascita di forme sempre più bizzarre, in periferia allo svilupparsi di forme sempre più inconsistenti, goffamente incollate sopra l'edificio reale che appare in tutto la sua banalità. Le forme che l'architetto-sarto crea devono rispondere ad uno stile che identifichi il suo disegno.

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L'architetto famoso pone in tutti gli edifici un marchio di fabbrica ben riconoscibile perché questo è ciò che gli è richiesto. Il comune professionista si adatta invece allo stile del momento, cambiando velocemente la pelle. Come nella moda gli stili architettonici si bruciano con rapidità crescente. Caso esemplare è stata l'ondata post-modern. La rapidità con cui questa tendenza è cresciuta ed è caduta è forse senza precedenti. Per cinque o SL:i anni si sono visti crescere Irontoni un po' ovunque, poi l'emergere della moda successiva, drcostructivist, ha operato un processo accelerato di invecchiamento. Nelle periferie italiane, dati i tempi burocratici lentissimi, si vedono ancora crescere edifici già out-moded prima di essere terminati. Così l'architettura entra nell'orbita della moda della società del consumismo. Ciò che decide il costo del vestito è l'opinione pubblica, Yau dience che l'autore riesce a riscuotere. Sfortuna vuole che l'architettura non è così adatta ad essere consumata rapidamente e l'architetto è posto, sulla scala sociale, un gradino sotto agli stilisti delle passerelle. Le misure dell'edificio sono allora determinate da un lato dalle convenzioni dall'altro dalla geometria che l'architetto stabilisce. . Che strumenti usa l'architetto-sarto per definire lo spaxio dell'abitare? Si aprano diverse strade che solo apparentemente conducono in luoghi diversi.

tecniche,

Ci sono architetti oggi che impongono una geometria improbabile alla costruzione. Ciò è accettato perché negli edifici che costruiscono il valore dell'immagine è altissimo. Un architetto di periferia si troverebbe in grande difficoltà a proporre anche un pallido riflesso delle strabilianti forme dei colleghi appartcncuti allo star system. TIlavoro di Peter Eisenman, per esempio, è cmblcrnatico di un atteggiamento di disprezzo verso i valori della costruzione. Egli disegna edifici irnpostundoli su una geometria che prescinde completamente dai problemi razionali della costruzione. Non sempre il gioco gli riesce. Ad esempio nell'edificio a Berlino vicino all'ex Checkpoint Charlie il risultato non sembra superare quello del disegno di una facciata applicata ad un edificio abbastanza canonico. Il progetto per il Research Center della Carncgic Mcllon Univcrsity (in Pcnnsylvania) è invece un esempio perfetto del suo approccio allo spazio, risultato di una lunga ricerca. L'edificio è impostato su una strana figura geometrica, il cubo booleano o la proiezione tridimensionale di un n-cubo. Diversi elementi si intersecano c creano figure complesse che variano continuamente, Il disegno può essere controllato con I'ausilio del computer che permette rapidamente di sviluppare le superfici e di gestire le misure che un tempo avrebbero richiesto calcoli elaboratissimi. La geometria che l'architetto americano propone galleggia nello spazio senza tener conto né degli effetti della legge di gravità, né di altri aspetti tradizionali dell'architettura. Eisenman non si limita a disegnare. Egli tcorizza questa posizione. Egli propugna da anni un nuovo approccio all'architettura, astratto c concettuale. ove le condizioni di base sono sovvertite. In questo mondo, dove si fa fatica a respirare perché anche l'ossigeno è diventato un simbolo, la forza di gravità diventa un elemento secondario. Si assiste ad: ... uno slittamento del concetto di architettura. Il nocciolo del discorso non è come nel passato, in cui l'architettura deve resistere alle forze di gravità, ma piuttosto la maniera in cui tale dominio è

simbolizzato." Eisenman immagina miracolosa che non Poiché:

di vivere liberato dalle leggi della gravità,

grazie ad una tecnica

è importante conoscere, nell'isola aerea descritta da Swilt.

il problema oggi per l'uomo è dominare la couoxccnz.. ... ,li.

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e non la tecnica in sé, che è già sotto il completo controllo. Eisenman pensa davvero di dimostrare, con argomentazioni del genere, che le questioni essenziali della tettonica sono diventate irrilevanti. In realtà gli ingegneri interverranno, di nascosto, con i calcoli efficienti, per sostenere l'improbabile oggetto nato dalle fantasie dell'architetto-sarto. Essi dovranno nascondere la struttura negli anfratti dimenticati dall'architetto. Calcoleranno un sistema di climatizzazione per rendere l'edificio abitabile, disporranno un sistema di illuminazione artificiale per illuminare gli angoli bui. E evidente che con questo lavoro paziente, se non saranno ricordati nelle storie dell'architettura, saranno loro i veri artefici dell'edificio.

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L'architetto-sarto non usa sempre una geometria così platealmente bizzarra. In altri casi ne utilizza una che vuole apparire semplice e razionale, una geometria che sembra unificare in maniera pratica ed economica le differenti misure dell'edificio. Ho già parlato dello strumento di questa geometria, il reticolo quadrato. Qui vorrei aggiungere alcune osservazioni sui suoi recenti sviluppi nella pratica progettuale, prendendo a pretesto un celeberrimo edificio costruito su una riva del Meno, ormai uscito dal vortice della moda: il Deutsches Architekturmuseum progettato da Oswald Mathias Ungers. L'edificio si confronta con una villa fine secolo, che preesisteva distruzioni della seconda guerra mondiale.

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Di tale edificio ciò che viene preso in considerazione è solo l'involucro esterno. Tutto il resto, dalla concezione tipologica all'articolazione degli spazi interni, viene spazzato via e nemmeno nelle pubblicazioni se ne fa menzione. Dell'involucro esterno Ungers prende le due dimensioni dell'ingombro. Queste vengono partite e vengono interpretate attraverso un modulo quadrato. Si confronti il basamento del nuovo edificio con il disegno della facciata: si potrà constatare come non ci sia grande attenzione alla geometria di quest'ultima che viene inscatolata, per usare un'espressione dello stesso Ungers, nel nuovo sistema. Naturalmente, visto che il modulo quadrato nell'edificio originale non c'era, ci sono una serie meticolosa di aggiustamenti che fanno sì che nelle piante in scala 1/100 sembri tutto perfettamente rispondente. Anche Palladio nella Basilica impone un nuovo ordine al vecchio edificio. Ma in quel caso il passo irregolare del sistema preesistente diventa l'occasione per utilizzare la serliana in un modo inedito e stupefacente. La presenza dell'edificio determina lo sviluppo successivo del progetto. Nell'edificio di Ungers, invece, la differenza tra la rappresentazione astratta dell'edificio esistente e la realtà è un incidente di percorso e non cambia per nulla il progetto. Infatti gli aggiustamenti intervengono dopo - come si evince dagli schizzi prepar atori» - e visitando l'edificio si può constatarne la presenza. Per la coerenza compositiva sarebbe stato più naturale abbattere del tutto il vecchio edificio, piuttosto che sostenere l'improbabile tesi che:

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la villa esistente è stata assunta come tema del progetto, essendo essa inserita in uno spazio primario che la circonda."

La geometria di Ungers non è soltanto astratta rispetto all'edificio preesistente, è astratta anche rispetto a quello nuovo. Ogni elemento della costruzione viene piegato ad essa. I pilastri hanno la stessa sezione delle travi, le travi hanno lo stesso spessore sia che abbiano la luce di due metri sia di dieci. Perfino una semplice balaustra è soggetta alla griglia e fa sì che una persona di statura normale non riesca nemmeno ad appoggiarvisi per guardare nel vuoto (la balaustra raggiunge l'altezza di 140 cm). Ungers ci introduce in uno spazio fatto di stanze che si incapsulano una nell'altra. Ciò che sembra spingerlo è l'idea di uno spazio continuo ed indifferenziato in cui l'uomo possa venire immerso. Lo spazio più interno è delimitato da una griglia a forma di filigrana; e questa a sua volta è circondata da uno spazio costituito da una struttura retìcolare."

Come materialmente ci si muova all'interno di questo spazio gli intèressa meno. Credo che chiunque abbia visitato il museo - anche un acceso sostenitore delle sue ideesia rimasto stupito delle due scale con cui si passa da un piano all'altro. Nelle riviste non appaiono mai. Esse sono piccole, male illuminate, costruite con materiali scadenti: scale da blocco d'affitto di periferia. Ben diversa doveva essere la scala della villa ottocentesca. Non posso credere che a uno dei più acclamati architetti tedeschi sia sfuggito un elemento così importante, egli lo ha sacrificato di proposito perché non era abbastanza astratto per creare la continuità dello spazio. La geometria di Ungers è anti-architettonica quanto quella di Eisenman. Entrambi pensano all'architettura come ad una enorme scultura in cui vivere, abbandonando i problemi naturali dell'architettura, umiliandoli. C'è un materiale contemporaneo che, con poca spesa, può assecondarla. Un materiale che si adatta a qualsiasi forma. Un materiale che permette di sovrapporre le misure dell'architetto a quelle dell'ingegnere ... Gli edifici dell'architetto-sarto saranno probabilmente ricordati come l'apoteosi del cartongesso.

* * * * È bene riaffermare che i progetti che ho preso in considerazione non possono identificarsi tout court con la figura professionale a cui li ho associati. Certamente la ricerca dello studio Renzo Piano supera ogni semplice classificazione e non penso si possa circoscriverla con poche parole. Se ho proposto alcune riflessioni su progetti specifici, è stato con il solo scopo di esprimere una critica verso una impostazione metodologica. Il lavoro del singolo architetto, in questa sede, è un aspetto secondario. Inutile dire che non condivido le due strade che ho cercato di delineare. Ammiro la prima ma credo che conduca verso un mondo smisurato ed inaccessibile. La seconda invece mi appare come una farsa incomprensibile, una danza macabra intorno al capezzale dell'architettura. Credo, invece, che ci sia un'altra strada - che non è certo una sintesi delle due attraverso la quale ristabilire un contatto con l'antico modo di concepire l'architettura. Quali sono le coordinate di un tale percorso?

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In primo luogo è necessario constatare l'attuale miseria in cui versa la disciplina, senza nascondersi dietro mistificazioni. Dopodiché bisogna impegnarsi per trovare una soluzione allo stato di crisi in cui versa. Oggi si va incontro ad una situazione senza precedenti. Un mondo ove l'architettura perde il suo antico compito di rappresentare la civiltà e scivola in un ambito sempre più subordinato. Da ciò nascono una serie di difficoltà ad operare che paiono insormontabili. E indispensabile, quindi, un impegno affinché si creino le condizioni di un'inversione di rotta. Certo queste sono cose già dette. In una società moderna, dove nessun principe decide come costruire, è indispensabile che le ragioni dell'architettura acquistino un largo raggio d'interesse. L'architetto deve uscire dagli spazi limitati delle riviste di architettura o dai circoli accademici. Egli deve battersi su diversi fronti. Perché ciò avvenga è necessario che egli si presenti nella pubblica piazza con delle armi in mano. Certamente l'architetto non può trovarsi impreparato né sui fattori tecnici né sulla conoscenza dei mezzi di produzione. E necessario che fin dall'inizio, dalla formazione, si volga verso gli aspetti pratici del costruire, evitando che nella professione debba abbandonare le sue idee perché impraticabili. Pensare di procedere senza le misure provenienti dai molteplici saperi specializzati è certamente un'ipotesi improponibile. Essi danno una garanzia di controllo su tanti aspetti a cui non è possibile rinunciare. Ma ciò non basta. S'è visto come i saperi contemporanei non riescano a considerare le misure dell'architettura nel loro insieme. L'insieme delle misure della tecnica, se risolve problemi particolari, non è in grado di affrontare il problema dell'abitare nella sua interezza. Ciò sia per la complessità sia, più profondamente, per la natura di tale problema. Ciò che si esperisce concretamente, nell'ambiente costruito della quotidianeità, sembra invece mostrare senza pudore un caos incontenibile. La strada verso l'architettura che condivido pone in primo piano il bisogno di arginare questo caos. Senza anteporre la tecnica contemporanea all'antica via. Senza nemmeno costruire un simulacro dell'architettura. Una storia zen racconta la parabola dove un monaco trova ciò che cercava osservando un fenomeno di natura. Dopo una abbondante nevicata l'uomo vede che un tronco d'albero di notevoli dimensioni si spezza sotto un carico pesante, mentre quello accanto, esile e leggero, si flette dolcemente e, prima di tornare nella posizione naturale, lascia cadere la neve. Il primo oppone una resistenza che viene battuta, il secondo sembra assecondare il carico con un cedimento, ma in realtà crea le condizioni affmché questo diventi innocuo. Fuori di metafora l'enorme carico delle esigenze tecniche non può essere sostenuto da un'architettura monolitica. Bisogna che questa sia flessibile come il ramo. E necessario che essa ritrovi l'unità del progetto sfruttando gli interstizi che le contingenze lasciano aperti. Bisogna cercare una strada che porti all'unità pur nel rispetto della complessità. L'obbiettivo sarà perseguire in ogni progetto, piccolo o grande, povero o ricco, in ogni dettaglio e nell'insieme, un dialogo tra le differenze. Resistere al caos non è certo un problema nuovo. Sempre, fin dall'antichità, il problema dell'ordine è stato perseguito accanitamente dall'architettura. Ma la terza strada a cui mi riferisco non cerca il nuovo. Essa cerca invece di ripetere lo stesso principio, nonostante le situazioni siano mutevoli ed imprevedibile sia il loro dipanarsi. Seguendo questa strada bisogna ammettere che il progetto inizia ogni volta da capo, da un inizio dal quale si dipartano le infinite strade del possibile. C'è un idea che attraversa tutta la grande architettura occidentale e che sembra esseme una direttrice. Un pensiero che tende a fare dialogare le differenze delle misure, ordinandole con semplicità, senza cercare di forzarle. Agendo sullo spazio infinitesimale che le divide.

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Tale idea ha un nome: au~'tp{a,

proporzione.

Essa, è vero, appare oggi inutile perché non produce alcun vantaggio pratico. Ma chiedersi a che cosa serva la proporzione è impostare un falso problema. Ammesso, infatti, che la au~'tpla antica non serva a nulla di utile, si dovrebbe stabilire se servire l'architettura significa rispondere alle esigenze di un calcolo utilitario. Si giungerebbe allora alla conclusione problematica che anche l'architettura risulta inutile come la proporzione. Le Corbusier dice che l'architettura è per commuovere. Ma come l'uomo giunga a provare un sentimento così profondo è al di fuori del confine dell'intelligibile. Nessuno strumento può determinare ciò, nessun mezzo serve a ciò. Uno strumento può invece porre colui che lo usa in condizione tale per cui quel confine sia percepibile. L'antica aUJ.l~.lUplacostringe a riflettere sul problema stesso del costruire, in quanto considera le misure - il primo atto della costruzione - come una mediazione delle differenze di cui è fatto lo spazio dell'esistenza. Stabilisce un limite al caos in quanto delimita uno spazio del controllo. Essa serve il costruire senza chiedere nulla in cambio: si flette ad esigenze diverse, ha le capacità di variare infinitamente le sue forme, senza perdere coerenza. Ma questa libertà non permette distrazioni. Essa infatti conduce alla precisione concettuale, perché chi la pratica deve desumere ogni misura, ogni piccolo atto, da altre scelte. Alla luce dei fatti, il XX secolo non ha trovato niente che riesca a ottenere ciò. I pochi architetti che oggi si impegnano, pazientemente, nella ricerca della misura dell'abitare, non possono fame a meno. Le altre strade, le altre sfere di pensiero, se conducono talvolta a dei risultati, hanno demolito l'antica disposizione ad arginare il caos.

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NOTE:

I Louis Isidore Kahn, Silence and Light, conferenza tenuta ul l'l "!'l l di ZlIrig" il 12-2-1')(i'), da l Icinz Ronner e Sharad Jhaveri, Louis I. Kahn complete work lY35-1Y74, Buscl / Buston, Birkhuuscr, l'n7, II ed. I~X7. 2 Max Jammer, Concepts of Space - Thc History Il Theorics o] Spucc il/ Physics, Cambridgc. Muss., Harvard Un. Press, 1954 (trad. il. Storia del concetto di spazio, Milano, Fcluiucll]. 1%3. pag. 17). 3 Martin Heidegger, Bauen, Wollnen, denkcu, conferenza tenuta il 5 agosto 1~51 a Darmstudt nel quadro del Secondo Colloquio su UO//IO e Spazio (trud. il. di Giunni Vuuimo, Costruire abitare pensare in Saggi e discorsi, Milano, Mursia, 1980, pago 3~). 4 P. H, Scholfield, T/w theory ofproportion in arcluiccturc, Cambridgc, Cambridge University Presso 1958. La malrice è qui proposta evidenziundo le misure intere e le misure in inch cs per mostrare siu le semplici relazioni lra un termine e l'altro, sia lu struttura mutcmaticu. Di questa questione si parla, in maniera più ampia nel secondo libro di questa tesi. 5 Si veda Widold Kula, Miary i ludzia, Warszuwu, I (trud. il. di Annu Sulmon Viventi Le misure l' gli uomini dall'antichità ad oggi, Romu/Buri, Lutrcrza, I ~X7), in pan icularc il cap. XXI «Un re, una legge, un mezzo, una misura! », 6 Martin Heidegger, Bauen ... , op. cit., pago 20. 7 Reyner Banham, The Arcliitecturc o] Well-Tell/pered Environnu-nt. l.ondun. Architccturul Presso I ~(,~ (trud, il. a cura di Giovanni Moruhito, Ambiente (' tecnica nrll'arch it ctt ura moderna. Rumu/Bur]. Laterza. l'nX, pp. 226227). M Le Corbusier.Vcrv UTl" Architccturc, Crès, Paris. I ~23 (trud. il. a cura di I'icrluig i Cerri. Picrluigì Nicolin e Carlo Fioroni, Ver,\'O un 'architettura, Longuncsi, Milunu. l'n3. pago I»). 9 Bernard Hamburger e altri, L'architettura l' la complessità del coxtrturr, Convenzioni. dimensioni. linguaggi, Milano, CLUP, 1985, pago 100. IO Si veda la voce Neufert in A. Wiclkcrs, Encyclopcdia or Arrhitccturc, Dcsig». EI/geeneril/g ami Construction, New York, Iley & sons, I~X~, e anche Wolfallg Voigt. UI/O stabil ùucnto in Alsazia: prototipo per la produzione in serie e la standardizzazione, in «Caxahc llu» Il. V,7. aprile l')'){), pago 54. Il Relazione di Walter Gropius dagli alti del Il C.I.A.M. icnutuxi .1 lr.uuol'orte sul MelHI nel 1'J27 (trud. il. a cura di Carlo Aymonino, I p resuppost i sociologir! dl'l/'al/oxxio minitna . in 1.'lIhilazione razionale. Alli dei Congressi C. I.A. M. lY2Y-lY30, Padova, Mursiliu, l'n I I. ed .. Il)X2 VIII ed .. pago IOX). 12 Relazione di Ernst May dagli atti del n C.I.A.M. tcnutosi ;1 I:ranl'llfllrle sul Meno nel Il)27 (trud. il. a cura di Carlo Aymonino, L'alloggio per il livello minimo di vita, in L'abitariou« rariount« .... IIp. cit., pp. ~~-IOO).

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13 Alphonse Chapanis e William K. l loliciu , Euryctop acd i a Britanuica . 15° ed .. l.onduu. Encyclupeduedia Britanniculnc., 1974, voce: Ergonontics and 1IIIII/UlI-./àelor.,·l'lIgl'l'lI('/'illg. vul. 2 I, pa~. 227. Two generai prcmises characteri:e tlu: approarli or th« hiun an-fartors l'I/gl'elleril/g in praticai dcsign work. The first is that the cngcc ncr niust salve thc probl cnts o/, il//eg/'lllill.~ 11111/101'1.1' into III11Cllill1'syst cnis by rigorous scieruific methods ami nOI rely on logic, intiuuiou, or COII/II/INIsensi: (. .. ) The .l'l'COlUIimportunt premise of the human-factors engcenering approach is 111111, typically, dI'sigli dctision l'Wl/wl bc tnadc witliout a great dcal of trial and error ... (trud. il. dell'autore). 14 Luciano Grossi Bianchi ed Ennio Polcgg i. Una cit t ponuulc del tnediocvo. Genova nei secoli X-XVI, à

Genova, Sagep,1979, pp. 57-0(). 15 Si veda, ad esempio, AA. VV. (l'un prefazione di Giuseppe Ciribiui). l.a coo nliuurionc modulare, Padova, Marsilio, 1964. 16 Si veda il secondo libro di questa tesi di Dottorato. 17 Basta osservare gli anni di edizione dei testi citati uc l lu h ib l io g rafi u di Giul iunu Giovannelli, Industrializzazione nell'edilizia - Bibliografia, Firenze. Alinc». Il)1J3. solto la voce Coo nlinazionc modulare, pp. 38-43. 1M Riportato in AA. VV.,La coordinazione niodulare, op. cit., pago 23. 19 Bernard Hamburger e altri, L'architettura ... , op. cit., pago 102. 20 D.M. n. 236, 14 giugno I ')X~, X.l.X. 21 Ivi, 4.1.8. Marco Vitruvio Poli ione, De Architcctura, 111. 111. (trud. il. di Silvio Ferri, /vrrhitcttura, Roma, Palombi, 1960, pago 111). 23 Sigfried Giedion, T/le Eternal Prcsent: a cont ritnu ion 01/ const ancy al/d chang«. 1'111'Begi nnings of Architecture, New York, 19(i2 (trud. il. di Gabricllu Bcrnusconi. I.'I'/en/O p rrsrntr: /lIW studio sulla costanza e il mutamento. Le origini dell'Architettura, Milano, Fcltriuc lli. 1')(i5. pag 510). 24 Ivi, si veda il paragrafo Ricerca dello spazio architcttonuo, pp. ,) I :)-,) I X. 22

25 Ivi, Giedion fornisce una sintetica indicazione Riegl (lo Raumbil d ung s, di August Schmurxow. significato della parola spazio è uvunzutu anche Polytechniques Romunde, I~X(i (trud. in. Elcnicuis pago lO l). 26 Durand dice che le proporzioni ... esse SOl/Opoco

riguardo al cuuccttu di spuio in l Icinrich Wul lfl in, L'ipotesi di una dcrivazionc clall'ambit» sturico del da Pi crrc VOli Mcixx. DI' 111./(1/'11/ ali l icu. Losunne, o/, /vnhit crturc. NL:w York. Vun Nustrund Rcinuld.

Alois nuovo Press 1990,

idonee Il rmu nbui re al piacere del/a vista e. di conseguenza, alla decorazione che ha per oggello tale piacere, .I. N. L. Durund. Précis dcs lcçous d'Architecture - Partie graphique des Cours D'Architccture, I X17 - 21. (tr. il. Le::io/li di Arrhitcttura, Milano. Clup, Ino, pago 81). 27 In realtà per gli elevati è molto frequente una rigutur« orizzontale.

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Frank L10yd Wright da David Larkin c Bruco Brooks Pfcilfcr. Frauk Uoyd Wrigl1/ /Tl1e Musterworks , New York, Rizzoli Int. Puh" 1993 (trud. il. Frank Lloyd Wrigl1/ / I capolavori. pag 170), 29 Citazione presa da David Spueth, Ludwig Mies 1'(//1 der Rohc: a hill!iogra(v cssay . in AA, VV, Ml es reconsidered, New YOl'k, Rizzoli Inl. Puh" 19X(i. r=s 23, When challanged that the earlier buildings [or tlu: CWl/pll,I' II/i.~"/ outnuulcd, Mics answcrcd: l was not afraid of that. T/le concept would bc notbecame outnto dc d [o r /1\lO rcasons. Il is radical and conservative al once, It is radical in acccpting thr scicntifi: ami tcchnological driving alli/ susteining [orces of our time. lt has scientific character, bili in noi scicntijic. l/ Il.1'1'.1' technologicui mcuns, but il is not technology. lt is conservati ve as it is not only conccrned with [unctiou IJ/I/ 1.11,\'(1 \Vi/11 cxpression. 11 is conservative, it is based on lite eternal law of architccturc: Order, Space. Propo nion (trad. il. dell'autore). 30 Ludwig Mies van der Rohe, 19 fogli di un munoscriuo inedito di una confcrcnzu. fogli(l IO, in «Domus» n, 674, luglio/agosto 1986, r=s 18, 31 Robert Emmerson, La filosofia di DI'e AmI' & Partners, in «Cusuhcllu » n, 542/543. gcnnuio/Iebbruio 1988, pag, 52, 32 Bernard Hamburger e altri, L'architettura .. " op, cit. 33 È Peter Rice stesso che dichiuru la paternità di questo elemento. Si veda. in proposito. Pcter Rice, La parte di lago in Domus 749-maggio 1993, pag, 17-24, 34 Intervista di Enrico Morteo a Richurd Rogers, Pensare e costruire per parli / Thinking and building by pieces in «Domus » n, 754, novembre 1993. pag, 24, ' 35 Peter Eisenmun, Carncgic Mello/l Univcrsity, in <.1:1cruquix» Il. 41, Il um C 1'1l nHl[\(lgl'afiL'o su Peter Eisenman, r=s 81. This suggested a displocenient ofIiow architccturc is conccptuolizcd. Thc issuc is no/ nicrrty as il wa.l· in t/le past, that architecture mU.I'1 withstand 1111'[orces gravity, but rathcr thc II/(./I'W('/' in IvI1i('II this overcoming is simbolized (tr. il. dell'autore), 36 Ivi, pag, 80, T/le problem for man today is overcomc tlu: knowlcdg« (tr il. dcll'uutore ). 37 Si veda Pierre-Alain Croset, Oswald Mathias Ungcrs - /I 11/11,1'1'0 tr dosco di architcnura, in «Cusubellu» n, 479, Aprile 1982. 38 Oswald Mathias Ungers, Architettura conte tetna/Arcliitcct urc as /11cnu. Milano, Elcctu. 19X2. pag, Ci3, 39 Ibid, 28

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FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI:

Avvertenza: Le fotografie, i diagrammi e i disegni indicati come schemi interpretativi, senza ulteriore specificazione riguardo alla fonte, sono ad opera dell'autore.

1

Misurazioni antropometriche ("Inviluppo spaziale") effettuate al National Aeronautics and

Space Administration (NASA), da Julius Panero e Martin Zelnik, Human Dimension & Interior-Space, New York, Weston Subtier Pub., 1979 (trad. it. a cura di Enrico Bertini Malgarini, Spazi a misura d'uomo: manuale delle misure utili alla progettazione, Milano, Be-Ma, 1983). 2

Pale da neve alte 122 cm presumibilmente provenienti dall'Uusimaa Occidentale (Finlandia),

Collezione Bertel Gardberg, da AA. VV., The language of wood. Wood - in Finnish sculpture, design and architecture, Helsinki, Museum of Finnish Architecture, 1987. 3

Metro internazionale in platino ed iridio da Luigi Vagnetti, Architettura e Metrologia, in

«Quaderno dell'Istituto degli elementi di architettura e rilievo dei monumenti» n. 6, Genova, Facoltà di Architettura di Genova, 1971, pag. 102 4

Tavola delle unità di misura a Leptis Magna (rinvenuta negli scavi del Mercato di Augusto), da

Luigi Vagnetti, Architettura e Metrologia, op. cit., pag. 75. 5

Dettaglio di un esecutivo in misure anglosassoni, da Joseph Rykwert, Richard Meier - Due

nuove case unifamiliari in USA, in «Domus» n. 681, marzo 1987, pag. 44. 6

Diagrammi di illuminotecnica dal catalogo Photometric data - 95 - i Guzzini, Recanati, i

Guzzini, 1995, pag. 4. 7

Francesco di Giorgio, rocca di Sassocorvaro, da AA. VV. a cura di Manfredo Tafuri e Francesco

Fiore Paolo, Francesco di Giorgio architetto, Milano, Electa, 1993, pag. 137. 8

Sistema SCSD (School Constructions Systems Development), California 1961, da Reyner

Banham, The Architecture of Well-Tempered Environment, London, Architectural Press, 1969 (trad. it. a cura di Giovanni Morabito, Ambiente e tecnica nell'architettura moderna, Roma/Bari, Laterza, 1978). 9

Neilson Reid & Co., Locomotiva di manovra 0-4-0, 1899, da Enrico Castelnuovo, Il progetto

dell'ingegnere filosofo, in «Casabella», n. 520/21, pag. 31. 10

Vladimir Grigor'evic Suchov, Torre di stazione radiofonica, Mosca 1919-1922, da Rainer

Graefe, Ottmar Pertschi, Un ingegnere rivoluzionario: Vladimir Grigor'evic Suchov 1853-1939, in «Casabella» n. 573, pag. 39. 11

Andrea Palladio, La Rotonda, foto aerea da Semenzato Camillo, La Rotonda di Andrea

Palladio, Vicenza, Centro Internazionale Studi Andrea Palladio, 1968. 61


12

Ernst Neufert, una pagina da Bauentwurfslehre, Berlino, 1936, I ed.

13

Alcuni fotogrammi del film sulla cucina di Francoforte, da Joachim Krausse, La cucina di

Francoforte, in «Domus», n. 695, p. 67. 14

Dall'alto in basso: 1) schema dei movimenti nella cucina tradizionale e in quella di Francoforte,

da Joachim Krausse, La cucina … op. cit.; 2) piante di alloggio tipo esposte a Francoforte al II C.I.A.M. del 1929, da Giorgio Ciucci, Il mito Movimento Moderno e le vicende dei Ciam, in «Casabella», n. 463464, p. 29; 3) Diagrammi di Alexander Klein, da Renato De Fusco, Storia dell'architettura contemporanea, Roma-Bari, Laterza, 1979, tomo II, p. 263. 15

Eadwood Muybridge, studi sul movimento, Animal Locomotion, an eloctrophographic

investigation of consecutive phases of animal locomotion, Pennsylvania University, 1887. 16

Confronto tra l'altezza del più alto e del più piccolo abitante dell'Africa centrale, da Julius

Panero e Martin Zelnik, Human Dimension… op. cit. 17

Restituzione ortografica dei prospetti della Ripa, da Ripa porta di Genova, a cura di Ennio

Poleggi, Genova, Sagep, 1993, p. 56 18

Balaustra di Le Corbusier alla Unité d'abitation di Marsiglia.

19

Fotografia della Case Study House n. 22 con veduta di Los Angeles, da Jurg Lang, CSH n. 22,

Pierre Koenig, in «Domus», n. 711, p. 83. 20

Quadranti ortogonali, da Alberto Pérez-Gómez, Archtecture and the crisis of modern science,

MIT Press, Cambridge / London, 1983, p. 281. 21

Pianta di Durand confrontata con la "Rotonda" di A. Palladio

22

Frank Lloyd Wright, Casa Isadore J. Zimmerman, Manchester, New Hampshire, 1950, pianta,

da David Larkin e Bruce Brooks Pfeiffer, Frank Lloyd Wright / The Masterworks New York, Rizzoli Int. Pub., 1993 (trad. it. Frank Lloyd Wright / I capolavori, pag 242). 23

Ipotesi di semplificazione della casa Zimmerman.

24

Frank Lloyd Wright, casa S. Friedman, 1950, da Frank Lloyd Wright, a cura di Bruno Zevi,

Bologna, Zanichelli, 1979, p. 223. 25

Ludwig Mies van der Rohe, pilastro della Neue Nationalegalerie, Berlino 1965-68.

26

Ludwig Mies van der Rohe, studio per un grattacielo di vetro, 1920-21, da Mies van der Rohe, a

cura di Werner Blaser, Bologna, Zanichelli, 1977, p. 15. 27

Ludwig Mies van der Rohe, pianta del Lake Shore Drive Apartments, Chicago, 1948/51,

da Mies van der Rohe, op. cit., p. 124. 28

Medusa, Apolloion di Didima.

29

Schema crono-tipologico, da Luciana e Tiziano Mannoni, Problemi archeologici della casa

rurale alpina. L'Ossola superiore, in «Arcehologia Medievale», VII, 1980. 30

Case nella periferia di Milano.

31

Renzo Piano e Richard Rogers, Centre Pompidou prima versione, da Renzo Piano, Osservazioni

sul progetto del “Cerntre Beaubourg", in «Zodiac» n. 22, 1969, pag. 145. 32

Renzo Piano e Richard Rogers, Centre Pompidou dettaglio della gerberette da Reyner Banham,

Centre National d'Arts et de Culture Georges Pompidou, in «Architectural Review» n. 963. 62


33

La sezione della cattedrale di Milano confrontata con quella del Beaubourg, schizzo.

34

Peter Eisenman, Carneige Mellon University, Research Center, studi geometrici e sezione

dell'edificio, 1988, da «El Croqius» n. 41, 1989, pp. 80-81-87. 35

Peter Eisenman, Carneige Mellon University, ivi, pag. 87.

36

Confronto tra la pianta della Basilica di Palladio e la pianta del Deutsches Architekturmuseum

di Ungers da James Ackerman , Palladio, Harmondsworth, 1966 (trad. it. di Giuseppe Scattone, Palladio, Einaudi, 1972).e da «Casabella» n. 479, Aprile 1982, pag. 53. 37

Deutsches Architekturmuseum a Francoforte sul Meno di Oswald Mathias Ungers, scala

principale. 38

Deutsches Architekturmuseum a Francoforte sul Meno di Oswald Mathias Ungers, da

«Casabella» n. 479, Aprile 1982, pag. 54.

63


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