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LA GRANDE EVOLUZIONE

Lucia Moschella

così dire, Normali. Gli occhi di tutti si abituarono ai crani ridotti, le case di moda ridussero la stoffa di foulard e il panno dei cappelli, i parrucchieri proposero speciali extensions che aumentassero le dimensioni della testa almeno nella percezione) e i costruttori di telefoni ridussero le dimensioni dei propri prodotti.

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A una mamma che fosse stata incinta sarebbe stato chiesto con semplicità “È un Recente?”, e lei con la stessa naturalezza avrebbe risposto massaggiando la pancia l’una o l’altra cosa, come se avesse detto maschio o femmina, ariete o pesci, Carlo o Camilla. Ormai nessuno scongiurava più i Recenti, anzi: non avendo nulla di diverso dai Normali, la società prese, nel giro di una cinquantina d’anni, ad abituarcisi, a voler loro bene, e talvolta, ad amarli.

A cinquant’anni dalla comparsa del primo Recente tutti furono sconvolti dalla nascita di un’altra generazione di bambini. Stavolta, oltre ad avere la testa piccola, erano ricoperti di una peluria scura e densa, e nascevano con le braccia arcuate. Il Consiglio Internazionale alla Comunicazione Delicata si preoccupò immediatamente di definirli “Attuali”, tentando anche di coinvolgere i più emeriti scienziati per uno studio sui nuovi individui. Perché nel frattempo gli Attuali non nascevano solo dai Recenti, ma anche dai Normali: il fenomeno era ingiustificabile. Di fronte all’assenza di risposte, la gente esplose. Si riversarono nelle piazze cittadini di ogni età e schieramento politico, Puristi compresi. Gridavano la totale incapacità della classe dirigente e di quella scientifica. E nel trambusto qualche Recente cresciuto nella menzogna di non essere mai stato un problema, si chiedeva se non fosse stato lo stesso anche per la sua generazione. Se anche la sua generazione non fosse stata un tempo disprezzata come

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