FACCE Umberto Pizzi D’ITALIA Digital Edition
Umberto  Pizzi
MCMXIV
Comune di Forte dei Marmi
UNA PRODUZIONE
DIREZIONE ARTISTICA
Enrico Ceretti - Presidente Giacomo Pieve - Vice Presidente Massimo Bertellotti Massimo Galleni Vivaldo Tonini Luca Vagli
Cinzia Bibolotti Franco A. Calotti
www.museosatira.it/mostre/pizzi
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L’ebook è disponibile gratuitamente all’URL www.museosatira.it/mostre/pizzi/ebook.html
In collaborazione con
Umberto  Pizzi
FACCE D’ITALIA Mostra a cura di Micol Veller Fornasa Testi di Filippo Ceccarelli e Pasquale Chessa
Exhibition planning, web design e progettazione generale Cinzia Bibolotti Franco A. Calotti
12 Aprile - 15 Giugno 2014 Museo della Satira e della Caricatura - Forte dei Marmi
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O 0XVHR GHOOD 6DWLUD FL KD DELWXDWL DO JUDIßR SXQJHQWH GHL GLVHJQDWRUL VDWLULFL H OD mostra di Umberto Pizzi arriva nel posto giusto al momento giusto e nulla ha da
invidiare alle matite più altisonanti. Chi meglio della sua Nikon avrebbe potuto offrire uno spaccato più realistico di questa nostra Italia? E quando, meglio di adesso, nell’epoca in cui “La grande Bellezza” ha trionfato a Hollywood, gli smodati ritratti di Pizzi sarebbero di una contemporaneità disarmante? Volti noti e meno noti che si susseguono a ritmo serrato, dei quali il fotografo ha saputo cogliere l’essenza. Che sia di spessore o semplicemente limitata ad una sfacciata esteriorità sarà il pubblico a stabilirlo. Un pubblico che ci aspettiamo numeroso e pronto ad apprezzare la grande professionalità di questo sagace artista dello scatto. Il Presidente Enrico Ceretti
Il Sindaco Umberto Buratti
Ci metto la faccia di Filippo Ceccarelli
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i metto la faccia, ci metto la faccia, ci metto la faccia... Quante volte si sente, e in quanti lo esclamano, a qualsiasi rango e in qualunque evenienza, dal presidente Renzi al comandante Schettino. E a tal punto ce la mettono e ce la rimettono, questa benedetta faccia, che finiranno per mettercela pure quelli che se ne vergognano; sennonché nel frattempo è andato perso il senso autentico e originario della frase e non si capisce più se metterci la faccia sia un proposito, un vanto o una minaccia, una rassicurazione, un proclama, un atto ostile o una messa di mani avanti, come pure tutte queste cose insieme, ed altre ancora, chissà. Impossibile stabilire precisamente quando tale espressione sia entrata in circolo per poi diventare di moda, e attraverso quali pappagalleschi testimonial in carne, ossa e pixel. Per quel poco che può valere, ricordo di averci fatto caso una decina d’anni orsono, durante le conferenze stampa ai margini di un festival di Sanremo; conduceva Simona Ventura e mentre si accalorava alla tribunetta di tubi Innocenti torna l’immagine e il suon di lei: “Ci metto la faccia!”, e con Simona avevano l’aria di metterci la faccia un po’ tutti gli altri di quella manifestazione, il redivivo Tony Renis, l’agognatissimo Celentano e Bruno Vespa, alle cui cure venne affidato un formidabile dopo-festival al Casinò, con esibizione forzata di Apicella e scatenatissimo duetto di Mino Reitano e Umberto Bossi, pochi giorni prima del coccolone... Era l’anno 2004, e da un bel pezzo, mosso da indubbio e solitario intuito, Umberto Pizzi aveva intrapreso il suo lavoro sulle facce. Un progetto che lui ha sempre preso, vorrei dire vissuto, senza banali ammiccamenti né torve risatine - alternando semmai fiotti di sdegno e scettica rassegnazione. Comunque un impegno faticoso che aiuta a comprendere la trasformazione avvenuta nei rami alti, per così dire, della mondanità italiana. La sua sgangheratissima auto-esposizione risoltasi in una specie di ripresa corporea; donde la smania di mettere la faccia dinanzi allo sguardo fatale di Pizzi con risultati di inusitata rivelazione fisiognomica. Questa rassegna - tanto più significativa quanto più messa a punto poco prima che partisse l’ultima ondata generazionale renziana - comprende quasi tutte facce “politiche”. Le virgolette starebbero lì a indicare come nel corso della Seconda Repubblica il genere si sia esteso e insieme rattrappito, ma la sostanza non cambia. E infatti: quante ne abbiamo viste di queste facce! Nei tg, nei talk-show, nella rete, durante le cerimonie, fra i convegni, allo stadio, alle feste. Non si dirà qui, con sospetto vittimismo, “quante ce ne hanno inflitte!”, ma solo perché nel corso del tempo deve essersi innescata una sorta di ipnosi, o una qualche forma di schiavitù volontaria, per cui facilmente ci si lascia prendere da quei volti predoni: ora compiaciuti, ora euforici, ora derelitti, ora convenzionalmente indignati o furbescamente solidali con il gentile pubblico non pagante. Facce, facce, facce: nient’altro resta, nel fondo della memoria, di quelle visioni per lo più notturne, quando le difese sono più deboli e le radiazioni gamma emanate da quei volti sugli schermi televisivi seguono il corso dei pensieri confusi, delle vane chiacchiere e perfino della
minestra. E allora è possibile che solo Pizzi, la mattina dopo, a freddo, riproponendo quelle stesse facce folgorate nello loro deforme fissità, ci abbia aiutato a riconoscerle per quello che erano veramente. E quindi si è permesso di farcele sopportare, e ci ha consolato e al tempo stesso vendicato, forse anche purificandoci da qualche scoria di rabbia o d’invidia sociale. A Montecitorio, nei primi mesi della nuova legislatura, viene distribuito un prezioso libricino illustrato, conosciuto come “il facciario”, che contiene le foto dei nuovi deputati perché i commessi e i funzionari possano riconoscerli, trattandoli con il dovuto rispetto. Per sua natura, abbondanza e continuità, il “facciario” di Pizzi presenta caratteristiche in qualche misura perfino scientifiche sul ceto politico. Ma la domanda è: quanto è cambiato in termini di faccia e facciata? In questo senso tornano utili - acquistati per due soldi sulla classica bancarella - quattro pesanti volumoni che raccolgono, per le annate ‘60, ‘61, ‘62 e ‘63, gli inserti delle foto in bianco e nero che Il Borghese pubblicava al centro del fascicolo. Si tratta di una raccolta fatta in casa, nel senso che qualche appassionato lettore ha coscienziosamente messe da parte le foto e le ha fatte rilegare. Tra le varie immagini di personaggi del passato contrapposti a quelli del momento (una rubrica che Leo Longanesi aveva lasciato in eredità al settimanale con il titolo “Vecchi fusti e nuovi fusti”) e insieme alle immancabili donne spogliate e ritratte in pose a quell’epoca assai provocanti, le facce dei politici di mezzo secolo fa, fulminate nell’attimo del ridicolo, consentono un interessante paragone e forse perfino una risposta. Ieri Tanassi con le mani nel naso, un classico; Fanfani ripreso dal basso, un autentico nanetto; Moro, goffo sotto la pioggia, che non riesce a chiudere l’ombrello; Nenni flaccido e spelacchiato a torso nudo; Segni alle prese con un ravvicinatissimo moccichino; Saragat incredibilmente spettinato; Malagodi che si lecca le labbra... Ebbene, a costo di figurare come nostalgici e babbioni, l’impressione è che le antiche facce del Borghese conservino un decoro e un’umanità di cui nelle maschere di Pizzi si è smarrito anche solo il ricordo. Con il che la presente rassegna di “facce d’Italia” trasmette piuttosto evidente la sensazione che in questi cinquant’anni il potere non solo ha smarrito i chiaroscuri, ma proprio nell’acquistare colore e bollore si è anche intensamente e inesorabilmente imbuffonito. Non è, o non è solo questione di spudoratezze, smorfie, sbadigli e sguardi di sguincio. E’ che smodati nelle loro euforie, compresi di sé e compressi nei loro stessi personaggi, gli uomini e le donne della Seconda Repubblica che si vedranno qui appresso recano impressi sul viso i segni di un passaggio che è anche estetico. Dal realismo grottesco dei primi anni ‘60 alla grottesca realtà di questo inizio secolo si misura un passaggio profondo, per certi versi cataclismatico, per cui tra il volto e la maschera non c’è più tanta differenza. E adesso non è davvero il caso di farla troppo lunga con il tramonto delle idealità, l’erosione delle culture politiche, la fine delle appartenenze, l’inaridirsi dei radicamenti sociali, ma certo tutto questo, nell’era tecnologica delle visioni a distanza, ha contribuito ad oscurare anche i codici, i comportamenti e dunque perfino i tratti somatici dei protagonisti. Così desiderosi, oltretutto, di metterci la faccia. Bene. Meglio di qualsiasi ritrattista, Umberto Pizzi li ha presi in parola. Ed eccoli dunque oscillare inutili e lievi come coriandoli nel carnevale del primo piano; soli e insieme doppi di se stessi, sospesi tra Cinepanettone e Bagaglino, sgomento e incredulità.
Ladro di anime di Pasquale Chessa
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enere fustigata del 1624 è il quadro di Giovanni Baglione che Federico Zeri teneva sulla parete, entrando a sinistra, nel vestibolo della villa di Mentana. Cosicché l’occhio di ogni visitatore, anche il più distratto al pari del frequentatore assiduo, non poteva evitare di indugiare sul lampo di luce che illumina Venere vista di spalle, colpito dal cortocircuito ottico fra il culo e la faccia. Una rarità diceva Zeri. Ma si rimaneva sempre nel dubbio se il grande conoscitore si riferisse al pittore o alla postura. Capita ora che quell’effetto di spaesamento ritorni alla mente guardando le fotografie di Umberto Pizzi, da giovane reporter poi paparazzo e ora temuto maestro del cafonal italiano. Una in particolare fa funzionare la contrapposizione Baglione-vs-Pizzi, paragone seppure sproporzionato, ma assai calzante se si prende a esempio la Donna maionese al Gilda Club del 1996 e la si immagina appesa a Mentana proprio sulla parete di destra a fare da pendant. L’idea sarebbe piaciuta a Zeri. Perché sulla centralità del culo è stato proprio Pizzi a lasciare una testimonianza indelebile con la sua foto più famosa, certamente la più rappresentativa, manifesto ideologico involontario dell’estetica cafonal al tempo di Dagospia: il culo senza mutande, sorpreso sotto lo strascico multicolore di Versace, della Baronessa Francesca von Thyssen Bornemitza alla festa del conte Giovanni Volpi. Quale è il lapsus? Aver dimenticato un indumento cruciale o aver sollevato troppo la gonna? Basta un clic, infatti, per rubare un tic. Sì, proprio quel lapsus che con una contorsione del pensiero rivela le profondità più indicibili dell’essere umano, è la chiave che ci permette di entrare nel laboratorio ideale di Pizzi come se entrassimo nella caverna di Platone di cui finora abbiamo visto solo le ombre. Sublime denudamento del pensiero. Che ci introduce a una spoliazione simbolica superiore che Umberto Pizzi riesce a rappresentare senza bisogno di spogliare nessuno. Al di là del culo, che qui funziona come uno stemma araldico, è nelle facce di Pizzi che possiamo rintracciare le anime della gente. Un percorso che affonda la sua storia nelle maschere latine di Menandro e Plauto ma che trova la sua grandezza culturale nella fisiognomica rinascimentale. Non fu infatti proprio con l’affermarsi della fotografia che l’arte del ritratto si dissolse con il volto di Dorian Gray? Diventa allora una pulsione irresistibile del pensiero mettere le istantenee di Pizzi alla prova dell’arte. Per azzardare un’altra citazione fuori scala, bisogna tenere presente che da Leonardo in poi la figura dipinta è nel pieno controllo del pittore che vi trasferisce il suo genio, la sua cultura, la sua interpretazione. Pizzi invece può contare solo sul suo clic. Non c’è cultura nel suo gesto. E nessuna consapevolezza estetica. La sua arte, perchè anche per lui di questo si tratta, cioè di una istintiva capacità manuale esercitata con un’alta intensità spirituale, consiste proprio nell’appropriarsi di ciò che fotografa. Un’arte che non ha bisogno di cultura per trasfigurare la realtà. Che tutto si gioca in un lampo, un infinitesimo di secondo, il clic appunto. E non è un caso se la stessa figura verbale venga usata anche dalla critica colta per definire il nascere repentino di un’idea. Geniale ovviamente. Se si comincia dagli accoppiamenti più azzardati c’è in primis la foto di Francesco Cossiga
e Aldo Moro ad uno spettacolo di Renato Rascel al Teatro Sistina, che si tengono la mano in una lontana istantanea del 1977, anni luce prima di Cafonal, hanno lo stesso sorriso fissato nella cultura estetica del ritratto rinascimentale da Raffaello nel suo famoso Doppio ritratto del Louvre, 1518. In piena temperie cafonal, invece, il colorato Philippe Daverio a Cortina del 1990 che rimanda alle tinte manieriste del Ritratto di Amerigo Antinori del Pontormo... Più indietro nel tempo di oggi, la deferenza di Gianni Letta verso Sandro Pertini, in una foto al Teatro Quirino del 1970, non può non essere letta come una citazione testuale dell’inchino del cardinale nipote Ottavio nel celebre quadro di Tiziano, Paolo Farnese e i nipoti del 1546. Non è altrettanto ovvio, ma potrebbero essere studiati insieme per la speciale spazialità della scena, la foto di Helmut Berger, Ursula Andress e Gerardo Amato durante una lite al ristorante la Graticola del 1978 con il meno conosciuto Litigio dipinto da Dosso Dossi nel 1516 conservato nella collezione della Fondazione Cini a Venezia. E farebbero certamente pendant in una mostra ideale il ritratto del 1970 di Pier Paolo Pasolini dopo una partita allo stadio Flaminio con il Bacchino malato del 1594 di Caravaggio. E quanto di Amore e Psiche nel bacio obliquo di Clio Goldsmith e Jerry Hall al Jackie O’ del 1986... E quante Tre Grazie possiamo citare, da Cranach a Rubens, da Botticelli a Tintoretto, da Antonio Canova alle Grandi Terme di Cirene, per attribuire le triadi danzanti di Alberto Arbasino, con Vania Traxler e Sandra Verusio oppure di Valentino e le due modelle o anche la foto d’antan, 1971, di Bernardo Bertolucci con Claire People e Maria Schneider sul portone di via della Lungara... E quante feste da ballo di Pietro Longhi, quanti salotti di Gaspare Traversi, quante cortigiane di Cariani... Nell’istantanea non c’è solo l’istante ma anche l’istinto. Snapshot (colpo sparato all’improvviso senza prendere la mira), escogitata da uno dei padri della fotografia, per nominare l’istantanea al momento della sua invenzione. Colpito! Con l’istantanea il fotografo dilata l’attimo, stabilizza l’istante mostrando ciò che non si vede sebbene sia davanti agli occhi di tutti. Con Pizzi però, rispetto ai grandi dell’istantanea, c’è qualcosa di più. I fotografati non sono passivi davanti al fotografo, al contrario partecipano, si offrono, vittime consapevoli del clic pur di apparire per poter quindi essere. Ridono tutti. Ridono sempre. Ridono con le facce tristi. Un riso paradossale, come se la Melanconia di Dürer si mettesse all’improvviso a sghignazzare. “Morti di fama” è il gioco di parole con cui si lasciano definire su Dagospia. Un nuovo genere sociale che Roberto D’Agostino ha codificato sotto la rubrica Cafonal. Le foto di Pizzi vanno lette come un trattato di fisiognomica contemporanea, una riscrittura del Lavater portatile massimo testo settecentesco, cioè un moderno Compendio dell’arte di conoscere gli uomini dai tratti del volto. Con Pizzi, la fotografia acquisisce la certezza simbolica di quanto e come la faccia sia la forma stessa in cui si definisce il perimetro dell’anima. Un’anima storta, come il legno di cui è fatta l’umanità tutta. Per questo l’infido predone arabo interpretato da Anthony Quinn strappa la camera dalle mani del reporter americano in una scena indelebile di Lawrence d’Arabia, proprio perché ha paura di farsi rubare l’anima. Il fotografo è un ladro di anime. Fra i grandi “ladri di anime” Umberto Pizzi da Zagarolo è il più matricolato.
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Umberto Pizzi
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Io sono un lupo solitario. Mi piace cacciare da solo. Esco di casa al tramonto, con la mia vecchia Nikon sotto alla giacca, e torno all’alba. I fotografi che si muovono in branco non li ho mai capiti.
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Indice delle Fotografie
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Umberto Pizzi Capalbio, 2004, Giuliano Amato Matteo Renzi Venezia, 1991, Palazzo Volpi, Francesca Thyssen Bornemitza Roma, 1990, Serata al Gilda, Donna maionese Roma, 2008, Teatro dell’Opera, Palco reale, Prima per l’Otello di Riccardo Muti, Gianni Letta e Signora Venezia, 1986, Festa Coveri, Palazzo Pisani Moretta, Marina e Carlo Ripa di Meana Roma, 1991, Palazzo Farnese, Cena in onore di Giulio Andreotti nominato Senatore organizzata da Giuseppe Ciarrapico, tavola con Renato Altissimo e Susanna Agnelli Milano, 1982, Castello Sforzesco, Mostra di Valentino, tavolo con Craxi, Matilde Bernabei, Raffaella Curiel Venezia, 1985, a casa di Miranda Bergamo con Gianni De Michelis Roma, 1985, Serata al Gilda, Gianni De Michelis Roma, 1991, Festa sull’Appia Antica, Cirino Pomicino con amiche Cesare Previsti Parigi, 1991, Museo Petit Palais, Premio The Best, Ira Furstenberg, Marina Doria, Ursula Andress e Soraya Roma, 1998, Festa a Villa la Furibonda, Cesare Romiti con amiche Roma, 2000, Cena a Villa Suspisio, Antonio Maccanico, Tommaso Addario, Daniela Traldi Roma, 2003, Compleanno di Lino Jannuzzi al Rist. da Fortunato al Pantheon, Marcello dell’Utri e Vittorio Sgarbi Roma, 2003, Compleanno di Lino Jannuzzi al Rist. da Fortunato al Pantheon, Alfredo Biondi, Stefano Folli, Ruggero Guarini, Gianni Letta Bruno Vespa, Fabrizio Del Noce, Vittorio Sgarbi, Cesare Previti e Denis Verdini Roma, 2012, Festa dei 20 anni del TG5, Silvio Berlusconi, Gianni Letta, Enrico Mentana Roma, 2003, Compleanno di Lino Jannuzzi al Rist. da Fortunato al Pantheon, Gianni De Michelis, Pierf. Casini Roma, 2012, Festeggiamenti per serata finale di Porta a Porta, Bruno Vespa Roma, 2002, Vittoriano, Serata per Italiani nel mondo, Berlusconi con la croce portata dai pompieri di New York Roma, 2009, Atreju, Intervento di Berlusconi Roma, 2009, Nascita del Pdl alla Fiera di Roma, Berlusconi con il coro delle sue Ministre Roma, 2010, Ambasciata Italiana presso la Santa Sede, Silvio Berlusconi e Angelo Bagnasco Roma, 2010, Villa Aurelia, Festa di matrimonio, Berlusconi tra le Deputate Roma, 2004, Berlusconi con Giordano Bruno Guerri, neo direttore dell’Indipendente Roma, 2010, Teatro Santa Chiara, Recita delle Papi Girls Roma, 2010, Silvio Berlusconi ad Atreju Roma, 2003, Sfilata del 2 giugno, il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi Roma, 2003, Sfilata del 2 giugno, il Presidente Azeglio Ciampi e Pierferdinando Casini Roma, 2003, Sfilata del 2 giugno, Gianfranco Fini, Umberto Vattani, Franco Frattini e Mauro Masi Roma, 2003, Golf Club Parco Simone, Festa di compleanno di Laura Biagiotti, danza di Mario D’Urso Roma, 2010, Terrazza di Civita a Piazza Venezia, Compleanno di Romana Liuzzo, Ugo Cappellacci e Gianni Letta Roma, 2005, Hotel Sheraton, Decennale di Alleanza Nazionale, Gianfranco Fini e Maurizio Gasparri Roma, 2010, Festeggiamenti in Piazza del Popolo per l’elezione di Renata Polverini, Presidente della Regione Lazio Roma, 2008, Palazzo Taverna, Totò Cuffaro Roma, 2008, Spazio Etoile, “Pd Anno Zero” Roma, 2008, Cane Sindacalista CGIL Roma, 2005, Ristorante Gusto, il segretario alla giustizia Michele Vietti scherza con Michela Bruni Roma, 2008, Festa Calabresi, Giulio Andreotti e Signora Roma, 2000, Festa a casa di Mario D’Urso per i 70 anni di Fausto Bertinotti Roma, 2009, Fausto e Lella Bertinotti Roma, 2003, Pietro Ingrao 2007, Pierluigi Bersani 2005, Enrico Gasbarra, Walter Veltroni e Piero Marrazzo in Sinagoga 2007, Piero Fassino 2003, Antonio Bassolino e Romano Prodi Roma, 2009, Massimo D’Alema
p. 45 p. 45 p. 46 p. 46 p. 47 p. 47 p. 48 p. 49 p. 50 p. 51 p. 51 p. 52 p. 52 p. 53 p. 53 p. 54 p. 54 p. 55 p. 55 p. 56 p. 57 p. 57 p. 58 p. 58 p. 59 p. 60 p. 61 p. 62 p. 62 p. 62 p. 63 p. 63 p. 64 p. 64 p. 65 p. 66 p. 66 p. 66 p. 67 p. 68 p. 69 p. 70 p. 71 p. 71 p. 72 p. 73 p. 74 p. 75 p. 76 p. 76 p. 76 p. 76 p. 77 p. 78
Roma, Massimo D’Alema e Tarcisio Bertone Roma, Massimo D’Alema e Rosy Bindi Roma, 2008, il Presidente Giorgio Napolitano Gianni Letta e Giovanna Melandri Roma, 2007, Clemente Mastella alla Messa di S.Egidio 2009, Giuliano Amato Roma, 2009, Parlamento, Giulio Tremonti e Piero Fassino Roma, 2009, Scene dal Parlamento, Adolfo Urso; Paola Pelino; Marianna Madia e Massimo D’Alema; Michela Brambilla Roma, 2001, Marcello dell’Utri al Teatro della Bugia Roma, Marta Marzotto Roma, 2000, Terrazza del Vittoriano, Assunta Almirante e Ita Tramaglia Roma, 2003, Micaela Romanini Roma, Donatella Versace Roma, Daniela Santanchè Roma, Assunta Almirante Roma, 2004, Ignazio La Russa al decennale di Alleanza Nazionale Roma, 2010, Umberto Bossi Roma, 2010, Festa della Lega, Roberto Calderoli Roma, 2004, Daniela Santanchè Roma, Alessandra Mussolini giovane ballerina e nel 2005, a Palazzo Wedekind Roma, 2007, Salone Margherita, Maurizio Gasparri e Vladimir Luxuria Roma, 2007, Salone Margherita, Avv. Carlo Taormina e Vladimir Luxuria Roma, 2010, Palazzo Farnese, Carnevale all’Ambasciata di Francia, il Sindaco di Roma Gianni Alemanno con la moglie Isabella Rauti e l’Ambasciatore francese Roma, 2009, Gianni Alemanno Roma, Palazzo Farnese, Festa di Carnevale Roma, 2003, Mario D’Urso Roma, 2010, Marco Pannella Roma, 2010, Mario Franceschini e Walter Veltroni Roma, Walter Veltroni e Bianca Berlinguer Roma, Cesare Romiti e Walter Veltroni Roma, 2008, Cesare Previti e un amico 2009, Mauro Masi e Cesare Geronzi Roma, 2007, il Presidente Francesco Cossiga e Pierferdinando Casini 2002, Pierferdinando Casini Roma, Pierferdinando Casini e Francesco Storace Roma, 2010, Cesare Romiti e Paolo Mieli al Premio Strega Roma, 2008, Carlo Rossella 2007, Giuliano Ferrara Roma, 2011, Oscar Giannino al proprio matrimonio Roma, 2004, Università Lateranense, Laurea Honoris Causa a Giulio Andreotti Roma, 2005, la mano di Giulio Andreotti Roma, 2004, Università Lateranense, Francesco Cossiga e Giulio Andreotti Roma, 2008, Carlo De Benedetti presenta il suo libro al residence Ripetta Carlo De Benedetti e Signora, Mario D’Urso Roma, 2008, John Cabot University, Laurea Honoris Causa a Gianni Letta Roma, 2011, Laurea Honoris Causa a Cesare Romiti all’Università Russa Roma, 2009, il Cardinale Bernard Law a Palazzo Venezia; Dettaglio dell’anello del Cardinale Law Roma, 2004, Cardinali Roma, 2009, Alessandra Torlonia, Mons. Azelio Manzetti e Maria Scicolone Roma, 2009, Giuliano Ferrara e prelati a Palazzo Colonna Party di Gai Mattiolo, Mons. Franco Camaldo 2002, Party al Night club Bella blu, Patrizia de Blank e Don Santino Spartà Roma, Padre Georg Gänswein a Palazzo Ruspoli per la presentazione del libro di Alessandra Borghese Roma, 2014, il primo giorno in Parlamento di Matteo Renzi, Presidente del Consiglio.
Museo della Satira e della Caricatura Piazza Garibaldi, 1 - 55042 Forte dei Marmi LU Tel. 0584 280262 (Segreteria) - 0584 876277 (Museo) museosatira@gmail.com
Il copyright delle foto contenute in questo catalogo appartiene all’Autore. Sono qui riprodotte come documentazione della mostra realizzata al Museo della Satira e della Caricatura di Forte dei Marmi. È vietata ogni riproduzione anche parziale.
Umberto Pizzi FACCE D’ITALIA © Museo della Satira e della Caricatura, 2014
Grafica, impaginazione, editing digitale, eBook a cura di Franco A. Calotti Stampa: Pixartprinting Srl - 30020 Quarto D’Altino VE Catalogo e eBook realizzati nel mese di Aprile 2014
FACCE Umberto  Pizzi D’ITALIA
Con queste parole nel 2009 Umberto Pizzi ha ricevuto il Premio Satira Politica. E oggi, dopo 5 anni, il Museo della Satira di Forte dei Marmi gli dedica una mostra dal titolo “Facce d’Italiaâ€?, dove ritratti sono non piĂš i protagonisti del jet set di un tempo perduto ma della piĂš recente e inquietante storia politica dell’ultimo ventennio. ˆ VHPSUH GLIĂ&#x;FLOH IDUH XQD VHOH]LRQH TXDQGR VL KDQQR PLJOLDLD GL IRWRJUDĂ&#x;H D GLVSRVL]LRQH 1HOOH IRWR HVSRVWH D FRORUL H GL JUDQGH IRUPDWR OH IDFFH esprimono una comicitĂ involontaria (e minacciosa) che col tempo si rivela anticipatrice di piĂš spiacevoli veritĂ . Nella scelta si è privilegiato non solo il VRJJHWWR PD DQFKH OD TXDOLW IRWRJUDĂ&#x;FD /Ă–LQTXDGUDWXUD H LO ODPSR /DGGRve i volti e la luce ricreano la perfetta armonia di un quadro classico, ritratti singoli o di gruppo in un interno, cortigiani, nani e buffoni di corte come in una tela barocca.
Micol Veller Fornasa
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Umberto Pizzi, fotografo è uno dei piĂš accurati narratori del tempo presente. Racconta quello che di solito non si vede, la faccia del potere, anzi le facce del potere, quelle che compaiono tra i cristalli delle feste romane, tra i velluti e i bignè dei salotti, dietro il sipario delle scorte, lungo i labirinti della intramontabile dolce vita romana che è poi terribilmente amara. Ha cominciato i suoi racconti per immagini sui marciapiedi degli Anni ‘50 e ‘60, quando a Roma navigavano regnanti di altri mondi, Onassis, Rockfeller, Agnelli, Ava Gardner. Per oltre 10 anni ha lavorato per l’immenso catalogo di Dagospia. Ha scatWDWR XQ PLOLRQH H PH]]R GL IRWRJUDĂ&#x;H KD LQVHJXLWR OD FURQDFD TXDOFKH YROWD OD storia, e quasi sempre ha trovato la farsa.