Condoniamo il futuro. La dolce amara verità di Fabio Magnasciutti.

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Comune di Forte dei Marmi Segretario generale e Dirigente Sotto Servizio Speciale Musei e Satira politica Sergio Camillo Sortino

Enrico Ceretti - Presidente Giacomo Pieve - Vice Presidente Massimo Bertellotti Massimo Galleni Vivaldo Tonini Luca Vagli

Direzione artistica Cinzia Bibolotti Franco A. Calotti

Il Fortino Ufficio Cultura Dirigente Laura Quadrelli

Sponsor istituzionali

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CONDONIAMO IL FUTURO '

La dolce amara verita di Fabio Magnasciutti Intervento critico di Livio Sossi Contributo di Sergio Staino Mostra e Catalogo a cura di: Cinzia Bibolotti Franco A. Calotti Ha collaborato: Eleonora Frediani

8 aprile 2017 - 18 giugno 2017 Museo della Satira e della Caricatura - Forte di Leopoldo I - Forte dei Marmi



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iamo particolarmente felici di inaugurare questa mostra che permette di approfondire l’opera di Fabio Magnasciutti, premiato al Forte nel 2015, autore fra i più interessanti delle giovani

generazioni, il cui talento spazia dall’illustrazione alla pubblicità, dalla satira all’animazione, senza escludere la musica, sua grande passione. Nelle sue illustrazioni satiriche, Magnasciutti ci osserva con occhio ironico e poetico al contempo e ci induce a riflettere sulla nostra condizione umana, troppo umana. Una riflessione sicuramente amara, quella che ne scaturisce, ma mai così necessaria come in questo nostro tempo. Il Presidente del Comitato Satira Enrico Ceretti

Il Sindaco Umberto Buratti



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l guaio di ogni aforisma, di ogni affermazione, – come scriveva Charles Bukowski – è che può facilmente diventare una mezza verità, una fregnaccia, una bugia o un appassito luogo comu-

ne. Negli aforismi disegnati di Fabio Magnasciutti, non v’è dubbio, la battuta spiazzante ed ironica si veste anche di una grande illustrazione. Ed è subito satira. Autentica, cattiva, definitiva. Dal segno inconfondibile. Non si riesce a smettere, sfogliando questi disegni: si vorrebbe assaporarne un altro e un altro ancora fino alla fine. In quel quadrato, sintesi apocalittica di un intero universo sociale, si consumano drammi, si emettono sentenze, si fanno parlare gli animali. Del resto sin dall’antichità, Esopo e Fedro ma anche autori come Trilussa e La Fontaine, hanno fatto “parlare” gli animali e li hanno fatti agire sul palcoscenico della vita. Antropomorfismo a cui non rinuncia nemmeno Magnasciutti, che si serve dei suoi animaletti per confessare verità che noi umani spesso facciamo fatica anche solo a confessare. Non c’è però dialogo con il lettore, i disegni di Fabio Magnasciutti non ammettono replica. Animazioni ad un sol quadro, eppure dinamiche ed argute, che sottolineano le assurdità della nostra politica e della nostra società. Satira solo in apparenza sintetica e immediata, con un fascino da pensiero laterale che si svela sorprendentemente quando si cerca di decifrarne la cifra satirica e umoristica. Cinzia Bibolotti

Franco A. Calotti



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a Satira di Fabio Magnasciutti: Arte generale dei Segni

di Livio Sossi*

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a prima virtù che deve possedere e usare un disegnatore satirico è – lo diceva Claudio Carabba – l’attenzione per tutti gli aspetti della realtà che ci circonda: sociali, culturali, ambientali, po-

litici. è con questa attenzione che Fabio Magnasciutti fotografa il nostro mondo, i nostri vizi, la vita dell’uomo, in un caleidoscopio di immagini, ora graffianti, ora caustiche, ora irriverenti, ora amare, ora poetiche. è così che l’artista, racconta la realtà, i drammi e le miserie dell’esistenza. Il ruolo della satira non può non essere quello di farci riflettere, di farci aprire gli occhi affinché possiamo vedere finalmente l’altra faccia del reale, ed è leggendo le immagini di Magnasciutti che ci vediamo tutti riflessi come in uno specchio. Con lo sguardo poetico e ironico di un osservatore attento, Magnasciutti racconta una società che, tra tensioni e innovazioni, forse non vuole cambiare, o è rimasta per certi versi la stessa. E allora le sue tavole ci fanno ricordare gli adulti / bambini di Vamba, le figure di Giuseppe Scalarini, le vignette di Galantara, i disegni di John Alcorn, la poesia di Quino e della sua Mafalda e gli insetti filosofi di Emilio Isgrò. C’è tanta filosofia esistenziale nelle immagini del nostro artista. La partenza è mentale, concettuale, metaforica. Magnasciutti intreccia i due linguaggi, quello testuale e quello iconico, in un unicum indissolubile che si caratterizza per lo scambio di battute fulminanti tra i due personaggi che solitamente sono i protagonisti delle sue tavole: uomini, animali, fiori, ortaggi, oggetti del quotidiano. Dalla perfetta sintesi dei due linguaggi nasce sempre una micro-situazione narrativa che disvela e rivela ogni volta una profonda, dolce amara verità. Incontriamo personaggi della letteratura come Mary Poppins che offre lo spunto per parlare della * Livio Sossi è

docente di Storia e Letteratura per l’infanzia alle Università di Udine e di Capodistria ed è esperto di illustrazione.

mediatizzazione dell’infanzia e dei danni dello zucchero, come Pulcinella, il cui segreto è riuscire a far ridere la Repubblica Italiana (e quindi tutti noi), o come Amleto: “La diagnosi è non essere” dice lo psicanalista al lettino vuoto. Incontriamo i personaggi dei fumetti, come Batman e Robin. Punto di partenza dell’artista sono ancora (o soprattutto) i giochi di linguaggio da cui nascono, per associazione, le sue tavole. è un continuo, ininterrotto gioco letterario basato sui doppi sensi, sul doppio significato delle parole, come “mi manchi” associato ad una freccia che non riesce a colpire


il cuore; o come incline / inclinare (la margherita inclina il suo stelo incline alla nostalgia); un gioco basato sui cambi di lettera: “blu blu blu / bla bla bla”. (Parliamo solo di te, dirà un pesce verde al pesce blu); “finché morte non ci separi / finché morse non ci separi”; sulle aggiunte sillabiche: orso polare / orso bipolare (Lei è bipolare dice lo psicanalista all’orso polare sdraiato sul lettino); soffio / soffione (“La vita è un soffio” dirà il soffione); molla / mollare (“Non mollare mai”, dice una molla all’altra); occupato / disoccupato (“Di che cosa ti disoccupi?”). Un gioco letterario basato ancora sui proverbi come “Al contadino non far sapere quanto è buono il formaggio con le pere” o “è nato prima l’uovo o la gallina?”: la gallina all’uovo sul lettino dello psicoanalista: “Così è convinto di venire prima di tutto”. E gioca Magnasciutti anche a prendere alla lettera parole e frasi come avere un sogno nel cassetto (il cassetto sogna). C’è ancora il gioco del rovesciamento dei punti di vista: “A leggere certe cose mi vien la pelle d’uomo” esclama l’oca; “Io vi vedo mezzi vuoti” dice il bicchiere di vino. “Vuoi vedere la mia collezione di entomologi?” dice una farfalla alla sua amica. L’uomo è osservato con l’occhio degli animali e degli oggetti e, dell’uomo, Magnasciutti coglie soprattutto le contraddizioni e la stupidità: c’è in una tavola un uomo che afferma: “Solo gli stupidi non cambiano idea. L’ho sempre sostenuto e lo sosterrò sempre”. Quanta umanità è racchiusa in questa immagine e in queste parole! Le frasi pronunciate dagli animali, dai fiori, dagli oggetti sono sempre metafora dei comportamenti dell’uomo, della realtà che quotidianamente viviamo. C’è nelle tavole di Magnasciutti la ricerca del sé, del nostro ruolo nella società. C’è la ricerca amara della verità: ma quale? “Quante ne faccio?” dirà l’uomo alla gente che si affolla intorno a lui. C’è la poesia del girasole che s’innamora della luna. Vi sono elementi ricorrenti nel linguaggio iconico satirico dell’artista: il lettino dello psicoanalista, il dialogo tra i fiori: soprattutto margherite e girasoli, l’uomo primitivo contrapposto all’uomo contemporaneo, il vecchio comunista, le matite, gli ortaggi, i segni di punteggiatura. L’artista spesso gioca con il loro significato: il punto di domanda si rivolge così al punto: “vorrei avere la metà delle tue certezze”. Magnasciutti procede per associazioni: “Così pelato non ti amo più” dice una margherita all’altra


che ha perduto tutti i petali. E ancora: non è facile prendere la vita di petto per due cosce di pollo. Rivisita e scardina i luoghi comuni, rivisita e scardina gli stereotipi. Credo di non sbagliare se affermo che Magnasciutti ha una funzione rivoluzionaria nella satira contemporanea, con il segno inconfondibile della sua sintassi iconica: il fondo di acrilici bianchi, quasi materici che ricordano le spessità calcinate di Isgrò, su cui si adagiano i personaggi; il contorno a matita delle figure che sembrano vibrare sulla tavola e danno il movimento; l’ombra che si allunga a elle e in qualche modo contribuisce a dare rilievo e profondità all’immagine, racchiudendola in uno spazio definito; il lettering, le parole scritte con i caratteri delle vecchie macchine da scrivere; la contaminazione con il fumetto: dell’appendice dei balloon resta qui solo una semplice linea nera che dal testo arriva al personaggio; la perfetta sintesi narrativa che si coglie nell’essenzialità delle figure. Ma anche e soprattutto nella forza straordinaria della sua sintesi comunicativa con cui Magnasciutti ci parla di sogni, di amore (quello, ad esempio, tra una matita che si consuma e un temperamatite; o quello dell’uomo che – siamo nel giorno di San Valentino – ama se stesso più degli altri), di giustizia (“Ho la sensazione di essere giudicato” dice l’uomo allo psicanalista giudice), di morte (diventata virale perché oggi utilizza lo smartphone), di lavoro, dell’esodo dei giovani, di ciò che rimane del comunismo, di libertà dalle gabbie mentali, di stalking, di condoni, di Facebook e del suo uso/ abuso, dell’incontro con l’altro (non è facile giudicare dal colore della pelle un camaleonte), dei migranti, del tempo e dell’attesa, della tecnologia, del terremoto, del futuro dell’umanità. Esprime così il suo pensiero libero, divergente, critico. Lo fa con una satira colta che forse per la prima volta intreccia illustrazione e letteratura. Una satira che si fa poesia dell’uomo e che ci coinvolge tutti in un percorso di consapevole crescita culturale che risveglia le nostre coscienze. La nuova satira di Fabio Magnasciutti è arte generale dei segni.



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el mondo parallelo di Magnasciutti

di Sergio Staino

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a prima cosa che ti colpisce in Magnasciutti è il colore, buttato là come da un bambino incazzato per il troppo affetto. Grumi di colore decisi e polposi, quasi mai stemperati e diluiti in at-

mosfere tenere, escono dalla carta con una forte pulsione, quasi a cancellare il resto che li circonda. Questo è il primo impatto, un impatto visivo e irrazionale, pura emotività. E una vignetta non è una bella vignetta, o perlomeno non è una vignetta che funzioni bene, se non fa scatenare di primo acchito la componente emozionale. Insomma, in un qualunque foglio stampato, la vignetta di Magnasciutti sei costretto a notarla per forza. Una volta, quando i giornali erano pieni di colonne grigio piombo, bastava una piccola illustrazione perché questa si impadronisse di tutto lo spazio, nessuno poteva fare a meno di notarla. Oggi, che siamo sommersi da milioni di immagini in continuazione, dai giornali, dalla tv, dal computer, capita spesso che qualcuno guardi la pagina di un giornale e neanche noti la vignetta. A meno che non sia di Magnasciutti, appunto. Catturato l’osservatore arriva il primo smarrimento: che ci fanno questi oggetti strani, queste cose inanimate, questi animali, questi vegetali (raramente Magnasciutti usa gli esseri umani) in una vignetta? Cosa ci vogliono dire? Ed è qui che l’artista opera il capovolgimento. Le cosine che lui disegna vogliono dirci tante cose ma mai quelle che tu ti aspetti. In genere cose talmente normali da essere imprevedibili e quindi surreali. Allusioni, sottolineature, capovolgimenti e altre esperienze che generano spesso attimi di perplessità. Poi ti catturano e tu ti lasci andare in mondi paralleli, evanescenti, ma pieni di dolcezza e di intelligenza. Questo è il mondo di Magnasciutti, un mondo in cui vale la pena immergersi con curiosità, come in fondo fa un bambino un po’ incazzato per il troppo affetto.


Condoniamo il futuro

il futuro Condoniamo


































































































































Condoniamo il futuro

il futuro Condoniamo


Museo della Satira e della Caricatura Forte dei Marmi LU Tel. 0584 876126 (Sede espositiva) Tel. 0584 280262 (Segreteria) www.museosatira.it - museosatira@gmail.com

© Museo della Satira e della Caricatura, 2017

Il copyright dei disegni contenuti in questo catalogo appartiene all’Autore. I disegni sono qui riprodotti ai fini della documentazione della mostra realizzata a cura del Museo della Satira e della Caricatura di Forte dei Marmi. è vietata qualsiasi riproduzione Il Satiro di Altan simbolo del Museo è © Altan/Quipos

Impaginazione e grafica, editing digitale, eBook: Franco A. Calotti Finito di stampare nel mese di marzo 2017 da Pixartprinting S.p.A. - Quarto d’Altino VE




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