Outdoor Life web-magazine - 07

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OUTDOOR LIFE WEB-MAGAZINE NATURA.AMBIENTE.ESCURSIONISMO.MOUNTAINBIKE



MI FERMO

per guardare il panorama, la migliore scusa per rifiatare. Anzi. Mi fermo per rifiatare, la migliore scusa

PER GUARDARE IL PANORAMA



EDITORIALE

L’insoddisfazione. Sentimento di profondo disagio che guida al confronto continuo con sè stessi. Prima di tutto. Davanti al bivio bisogna avere coraggio e scegliere, consapevoli che ogni scelta sarà una rinuncia. Si tratta solo di scelte. Accettare che ciò che si è costruito fino ad ora non sia la soluzione migliore ma la più facile. E allora c’è chi sceglie. Al posto in banca si può rinunciare per vivere tra gli alberi sollevati dalle proprie ali verdi. Moderno Barone Rampante. Perché per alcuni la vita fuori dalla porta (outdoor life) vale più di ogni cosa. E la sceglie rinunciando. Noi di Outdoor Life Web Magazine non possiamo che raccontare.



SOMMARIO 08

LE DOMENICHE A PIEDI PER CHI I PIEDI NON HA

L’astinenza da auto crea disagi psicofisici cronici

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RICEVITORE GPS vs SMARTPHONE

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BASILICATA DA SCOPRIRE

24

HO LE ALI VERDI

36 38 50 62

Quale strumento per le attività outdoor? Le Cascate di San Fele Io, moderno Barone Rampante

DONNE DI NATURA

Valeria Ciglia - Imprenditrice agricola

TALEGGIO E RUOTE GRASSE

Nella valle dei formaggi

LA TRAPPOLA DELLA VALLE DEI RATTI

A piedi o in MTB, come preferite

IMPREVISTI IN MTB La vignetta di Paolo Deandrea



testo de Il Monko

LE DOMENICHE A PIEDI PER CHI I PIEDI NON HA L’ASTINENZA DA AUTO CREA DISAGI PSICOFISICI CRONICI Una domenica a piedi. In una Grande Città. Ore 14.00 (4 ore prima del ritorno alla normalità) l'automobilista in gabbia comincia a mostrare segni di insofferenza: la respirazione si fa affannosa, sudori freddi. Ore 15.00 (3 ore prima del ritorno alla normalità) l'automobilista non riesce più a stare seduto sul divano: ha fuso il telecomando in uno zapping selvaggio tanto più che il Campionato di Calcio è finito da un pezzo e in TV non c'è niente. Ore 16.00 (2 ore prima del ritorno alla normalità) l'automobilista, dopo aver camminato nervosamente avanti e indietro per tutta la casa, viene assalito dal panico: tachicardia, senso di nausea, sudori freddi, voglia di scappare. Ore 17.00 (1 ora prima del ritorno alla normalità) il limite è ormai raggiunto: indossa il giubotto, si lega il marsupio in vita (o si tracolla il borsello) e si mette davanti alla porta come un cane che deve uscire per pisciare e cagare. Ore 17.30 comincia a piangere,

apre la porta e corre giù per le scale abbattendo moglie e figli a suon di sberle e pugni. Arriva alla macchina, apre la portiera e si tuffa dentro: solo l'odore familiare di cruscotto, sedili e arbremagique al lampone gli restituiscono serenità. Ma è una serenità effimera. Ore 17.50 di nuovo lo stato di panico si impossessa di lui: accende il motore e inspira godurioso quel soave profumo di diesel. Ore 17.58 inserisce la prima, lascia la frizione e parte: in un istante si ritrova fermo in coda. Comincia a bestemmiare, litigare, elargisce dita medie con la stessa intensità con cui il Papa benedice i fedeli a San Pietro. Si accanisce sul clascson, urla ai ciclisti (che non hanno avuto l'accortezza di tornare a casa prima delle 18.00) "Ti piace la bici, testa di cazzo? Allora stai a casa a guardare il Giro d'Italia!" Ora è felice. Molto. Anche se non sa dove andare. Ma poco importa.


TECNOLOGIA


La redazione

RICEVITORE GPS vs SMARTPHONE QUALE STRUMENTO PER LE ATTIVITÀ OUTDOOR? Spesso, durante i corsi per l’utilizzo dei ricevitori GPS ad uso professionale ed escursionistico che come Naturtecnica teniamo, ci viene rivolta la seguente domanda: “Ma io ho un telefonino con il GPS, posso usarlo per le mie escursioni?” La risposta è: “Sì, puoi usarlo...” Come, ad esempio, puoi usare le ciabatte infradito per andare sui sentieri oppure una bici da corsa per fare downhill. Sì può. Con la consapevolezza che però lo smartphone non è uno strumento “dedicato” come invece un ricevitore GPS è. Di conseguenza porrà all’utilizzatore delle problematiche di difficile soluzione. Vediamole. La delicatezza. Uno smartphone, dal più economico al più costoso, è uno strumento molto delicato: colpi, fango, acqua, vibrazioni ne mettono a dura prova la tenuta. Sono pensati per essere utilizzati in situazioni quotidiane e non per affrontare le difficoltà di un sentiero e le avversità del meteo. La durata della batteria. La batteria degli smartphone è il punto dolente di questi strumenti (e chi ne possie-

de uno lo sa bene). Attivando il GPS la durata della batteria si riduce ad un paio d’ore sufficienti ad affrontare un’escursione a piedi o MTB molto breve. Il rischio è quello di rimanere senza GPS e senza telefono, strumento che in alcune circostanze può essere necessario per chiedere aiuto o per comunicare a casa il proprio rientro ( “butta la pasta che arrivo”). La cartografia. Nella maggior parte dei casi, le applicacazioni GPS escursionistiche per smartphone si appoggiano a cartografie on-line come GoogleMaps. Nel momento in cui non ci sarà più copertura di rete 3G, non sarà più possibile sovrappore la propria posizione su una mappa. E poiché conoscere le coordinate della propria posizione ha senso solo in relazione all’ambiente circostante, perdere il riferimento della mappa, vuol dire perdersi. Per concludere: lo smartphone è uno strumento ideale per accedere a internet, conoscere e preparare un’escursione a piedi o in MTB. Durante l’escursione invece, un ricevitore GPS dedicato è preferibile. Ancora meglio se accompagnato dalla cartina dei sentieri del luogo!


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testi Associazione U uattënniérë fotografie Giacomo D’Elia

BASILICATA DA SCOPRIRE Cascate di San Fele


Ci sono luoghi la cui esistenza nemmeno s’immagina, così apparentemente lontani, nello spazio e nel tempo. Rimangono sospesi nel limbo dell’anonimato quasi a sentirsi inutili. Eppure, poiché la bellezza della Natura è universale, improvvisamente esplodono, si manifestano ed occupano giustamente spazio e tempo nella nostra curiosità. Suscitando interesse e stupore. Così, quando l’Associazione “U uattënniérë” ha contattato la nostra redazione per chiederci se fossimo interessati a far conoscere le Cascate di San Fele, ci è bastato vedere qualche splendida foto di Giacomo D’Elia per dire: “Sì, lo siamo...”. Lo siamo molto. Lo siamo perché lo spirito di Outdoor Life Web Magazine è proprio quello di portare alla luce la bellezza della Natura là dove in pochi la cercano. Ovviamente senza presunzione. Ma quel che noi percepiamo è che l’omologazione, che investe quotidianamente ogni settore della nostra vita, sta inaridendo sempre più l’interesse per luoghi distanti dai soliti circuiti turistici. Luoghi che così tendono ingiustamente a finire sempre più ai margini. Ed è proprio da quei margini che noi vi invitiamo a guardare queste bellissime foto e a leggere la storia delle Cascate di San Fele. Perché anche voi, come noi e con noi, possiate rimanere piacevolmente sorpresi da questo luogo magico di una terra lontana e da scoprire. La Basilicata.





Il Torrente Bradano sgorga dall’Appennino Lucano, in Località Matise di San Fele , provincia di Potenza ( Basilicata ), per confluire nella fiumara di Atella e poi nel fiume Ofanto. Attraversando il territorio del comune di San Fele, il torrente è costretto ad effettuare dei particolari salti di quota che danno origine alle naturali e suggestive Cascate di San Fele. Le cascate prendono il nome “U uattënniérë”, la trasposizione dialettale di “gualchiera”: macchina utilizzata in antichi

opifici costruiti a ridosso delle cascate . Sfruttando la forza motrice dell’acqua, una grande ruota azionata trasmetteva il movimento ad un cilindro orizzontale nel quale erano inseriti verticalmente, le aste dei folloni. Questi terminavano con pesanti magli (o folloni) che,entrando e uscendo da una vasca (dove sul fondo venivano posti i tessuti ), servivano a gualcare la lana. Le proprietà feltranti del panno venivano così rese più compatte e meno ruvide. La Gualchiera di San Fele è rimasta in


uso fino agli anni 40 del secolo scorso. La potenza dell’acqua veniva impiegata anche per il funzionamento di antichi molini, i cui resti ( così come quelli della Gualchiera ), testimoniano l’ingegno e la dedizione al lavoro dei Sanfelesi. Grazie all’impegno e al lavoro dei volontari dell’Associazione “U uattënniérë”, costituita per valorizzare e promuovere il territorio di San Fele, oggi possiamo ammirare alcune delle cascate “ U uattënniérë”, riportate alla vista ed al loro antico ed affascinante splendore.

L’Associazione continua il proprio impegno nel ripristino di ulteriori aree e sentieri attraversate dal torrente. I percorsi naturalistici saranno tutti studiati per apprezzare la straordinaria unicità e bellezza del paesaggio che appartiene alle Cascate di San Fele.




Partenza: San Fele (PZ) Arrivo: San Fele (PZ) Distanza totale: 2,2 km Altitudine massima: 850 m Altitudine minima: 769 m Totale salita: 113 m DifficoltĂ : T

Torrente Bradano

850 800 750

0

0,5

1

1,5

2,2km


SAN FELE

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vedi mappa

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24 NATURA E AMBIENTE


testo Francesco Petronzi fotografie Davide Grimoldi

HO LE ALI VERDI Io, moderno Barone Rampante


Ma bastò una settimana in banca per dire: "No Francesco … questo lavoro non fa per te …" Non mi bastava, avevo voglia di fare di più e di sfruttare quello che avevo imparato all’università. Alla mia ‘occasione’ arrivai navigando su Internet: per essere precisi sulla pagina di presentazione di un corso di "Tree-Climbing". Dopo pochi giorni che frequentavo, capii che quello sarebbe diventato il mio lavoro. Imbrago, corda, moschettoni, segaccio, motosega e partii! Le fatiche del lavoro e i timori di fallire fecero presto spazio all’entusiasmo. Entusiasmo di avere trovato la mia verità. Fondai in breve una piccola società, "Ali Verdi" e cominciai a far conoscere la mia attività consegnando volantini porta a porta spostandomi rigorosamente ed ecologicamente in bicicletta, (Facebook e Internet non erano ancora così utilizzati). Incontrai tante persone del settore, mi confrontai con giardinieri e convinsi proprietari di case e amministratori di condominio. Arrivarono così i primi incarichi. Il lavoro cominciò ad aumentare e, potatura dopo potatura, mi resi conto che il corso di tree-climbing era stato solo l’inizio del mio percorso formativo. Sentii il bisogno di incrementare la mia professionalità allargando il campo delle mia conoscenze. Seguirono quindi altri corsi: arboricoltura ornamentale, potatura, indagine visiva degli alberi con il VTA, abbattimento. E anche oggi, dopo anni di attività, sento che ho ancora molto da imparare e la necessità di tenermi costantemente aggiornato.





Man mano che passano gli anni capisco che la disciplina del treeclimbing è solo una fase di un lavoro molto più complesso, che è quello dell'arboricoltore, colui il quale si prende cura delle piante, dalla loro nascita alla loro (purtroppo) morte. Mi sento una specie di mediatore tra gli alberi e il loro l'ambiente (che è spesso un contesto cittadino); una sorta di ‘chirurgo’ che si trova a dover

fare sovente delle scelte apparentemente radicali, operando con il segaccio e la motosega, ma sempre per il bene di queste fantastiche creature verdi. Il tree-climbing ha lati meravigliosi e lati difficili: è un’attività che ti permette di stare all'aria aperta e a contatto molto stretto con la Natura, ma è anche duro e impegnativo. Richiede un fisico forte e allenato, perché è una pratica che logora e


stanca. E nasconde anche molti pericoli: ogni giorno maneggi attrezzi affilati come segacci e motoseghe, sfiori e giochi con rami e tronchi che pesano quintali, e sei costantemente appeso ad una corda! Ma nonostante tutto ciò, quando i miei piedi toccano terra e sono sporco di resina e segatura, osservo con orgoglio il lavoro che ho fatto. E, carico di adrenalina, mi scopro

a guardare con rispetto e ammirazione l'albero che mi ha appena costretto ad una dura ma fantastica giornata di lavoro. PerchĂŠ, se oggi sono un moderno Barone Rampante, lo devo solo a lui. Francesco Petronzi

Ali Verdi - Pray (Biella) www.aliverdi.it






SI LAVORA CON PASSIONE

seguendo il lento ritmo delle stagioni, non è con l'orologio che si scandisce il tempo ma con la luce ed i colori che riempiono l'aria... Questo è il segreto:

LA NATURA È MAESTRA

Valeria Ciglia Azienda Agricola “Il Mulino” Azzio (VA) Donna di Natura


Non è corretto prendersi giuoco del prossimo quando questo è in palese difficoltà.

PAZZI PER LA MOUNTAINBIKE? LEGGI OUTDOOR LIFE WEBMAGAZINE


38

TALEGGIO E RUOTE GRASSE Nella valle dei formaggi


testi e fotografie Lorenzo Bassi


Solo a condurre la mia utilitaria a Taleggio, Località Sottochiese, è un’emozione. La strada che sale dalla Val Brembana infatti si snoda sottile e soffocata sul fondo di un canyon le cui pareti verticali si tuffano nel torrente che lentamente, da migliaia di anni, le scava. Affascinato dalle capacità ingegneristiche di colui il quale (a me sconosciuto) progettò e realizzò tale strada, comincio a sperare che non arrivi nessuna auto dalla parte opposta. Vengo soddisfatto: non incontro nessuna auto infatti... solo un camion. Mille manovre ma passo. Arrivo a Taleggio, nella terra del formaggio, e, visto che il formaggio fa ingrassare, vengo qui a calpestare i sentieri di questa verdissima valle con le ruote grasse della mia MTB. Grasso contro grasse. Si parte e subito, manco a dirlo, è salita. La meta è lassù, lontana più di 1000 metri di dislivello, sulle morbide vette erbose dei Piani di Artavaggio. E spingo. Le ruote grasse rumoreggiano dapprima sull’asfalto e poi sulla strada bianca che porta ai pascoli e ai rifugi. E salendo inizia lo spettacolo. Uscito dal bosco infatti, si aprono i verdi prati che definiscono la Val Taleggio e la confinano con la Valsassina: alpeggi, bolle di abbeverata e animali al pascolo diventano il paesaggio che mi accompagnerà fino ai Piani di Artavaggio. Non posso che fermarmi spesso a rifiatare (alcuni tratti del sentiero che percorro, pur essendo cementati, mi impongono di scendere e spingere...) occasioni durante le





quali mi godo dei panorami magnifici. Il cielo è ricco di nuvole gonfie e bianche che contribuiscono a dare profondità alla vista. E laggiù si riconosce la forma unica del Resegone “dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in vero lo fanno somigliare a una sega”. Avvicinandomi ormai ai Piani di Artvaggio incontro con sorpresa un cippo di confine tra Stato di Milano e Repubblica di Venezia sul quale mi pare di scorgere la data “1760”. Epoca austriaca. Ne incontrerò più avanti un altro: il sentiero che ho appena calpestato con le mie ruote grasse esiste infatti da centinaia di anni e fungeva da confine tra i due Stati. Natura, Storia e Ruote Grasse... Quando questi tre ingredienti si uniscono, il risultato è ottimo e il morale anche. Manca solo una cosa... “... guardi, signora, mi dia il più puzzolente che ha” “Questo va bene? Bello stagionato...” “Puzza?” “Ma... in che senso?” “Deve sapere che nella mia scala di valori da roditore-formaggio-dipendente più un formaggio puzza, più è buono!” “Ah, ho capito che tipo è lei... Allora sa che le dico? Le do un pezzo anche di questo che è di malga, stagionato 7 mesi, vedrà...” “Ah sì? E come si chiama?” “Non ha nome, ma posso assicurarle che puzza molto.” “Allora lo prendo”. La signora aveva ragione. L’abitacolo della mia utilitaria ancora ringrazia.





Partenza: Taleggio Loc. Sottochiese (BG) Arrivo: Taleggio Loc. Sottochiese (BG) Distanza totale: 27,3 km Altitudine massima: 1740 m Altitudine minima: 738 m Totale salita: 1139 m Totale discesa: 1139 m Senso: antiorario

1900 1700 1500 1300 1100 900 0

5

10

15

20

25 27,3 km


m

PIANI DI ARTAVAGGIO

CORNO DEL BRUCO

FRAGGIO CORNO ZUCCONE

TALEGGIO

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50 ESCURSIONISMO e MOUNTAINBIKE


testi Il Monko fotografie Lorenzo Bassi

LA TRAPPOLA DELLA VALLE DEI RATTI A piedi o in MTB, come preferite!


Quando noi due (Lorenzo e Luca n.d.r.) manifestammo a Il Monko la volontà di andare in MTB in Valle dei Ratti quello, sornione, sorrise. Il Monko: “In bici? Caspita, in bici è tosta salire su di là. Di solito da quelle parti si fa il Tracciolino e poi si sale in Val Codera... cioè, fanno tutti quel giro”. Lorenzo: “Ecco, proprio perché tutti fanno quel giro, noi ne vogliamo fare un altro”. Il Monko: “Ma da dove volete salire?”. Lorenzo: “Pensavamo di passare dalla Diga di Moledana e poi salire a Frasnedo”. Il Monko: “Bellissimo”. Lorenzo: “Ce la si fa?”. Il Monko: “A piedi sicuro”. Lorenzo: “Bene, dove arrivano i piedi, arrivano sicuramente anche le ruote”. Il Monko: “Di solito è il contrario”. Lorenzo: “Cioè?”. Il Monko: “Dove arrivano le ruote sicuramente arrivano anche i piedi”. Lorenzo: “E io cosa ho detto?”. Il Monko: “Lasciamo perdere... Se andate a Frasnedo, passate in Rifugio e salutatemi Livio e Martin”. Lorenzo: “Pensavamo di fare la solita salita fino al Tracciolino dell’ENEL, da lì Diga della Moledana, salita a Moledana e poi da lì a Frasnedo. Dici che ce la facciamo?”. Il Monko: “Massì, tranquilli che ce la fate; oltre Moledana per salire a Frasnedo si spalla per una ventina di minuti...”. Lorenzo: “vabè, venti minuti. Cosa saranno mai?” In quel momento Il Monko, sorridendo, disse: “Già, cosa saranno mai...” e se ne andò salutandoci con la manina.





Io e Luca dovemmo in effetti “spallarci” la bici per “una ventina di minuti”. Come Il Monko disse. E furono “una ventina di minuti” piuttosto faticosi. Come Il Monko non disse. Quell’uomo di emme (leggi escremento). Mentre salivo a piedi verso Frasnedo con la bici in spalla, sentivo Luca pochi metri dietro di me imprecare. E non potevo che dargli ragione. De Il Monko non ci si fida.

Quello odia le MTB. Ma non gli avrei mai dato soddisfazione. Mai. Cominciavo anche a capire quel sorriso beffardo col quale ci aveva lasciato il giorno prima. Quell’uomo di emme (leggi escremento). Ma non gli avrei mai dato soddisfazione anche perché, alla fine, noi, a Frasnedo, pedalando, spallando e sudando, arrivammo.


E mentre noi eravamo lì con il Sig. Livio del Rifugio Frasnedo a mangiarci bresaola valtellinese e formaggio di malga, mentre noi eravamo lì a goderci lo splendido panorama della Valle dei Ratti... insomma... mentre noi eravamo lì, lui invece era là. Là: dove io e Luca lo avevamo ripetutamente mandato nel corso di quella “ventina di minuti”. Il suo scherzo di mandarci nella Trappola della Ratti riuscì solo in parte. Ma quella parte l’abbiamo raccontata

solo a voi. Come solo a voi consigliamo questa gita: per godere della Valle dei Ratti, della quiete di Frasnedo e dell’ospitalità dell’omonimo Rifugio. In MTB se state dalla nostra parte. A piedi se state dalla parte de Il Monko. Fate come preferite. Tanto, in ogni caso, sarete dalla parte giusta.






Partenza: Verceia (SO) Arrivo: Verceia (SO) Distanza totale: 18 km Altitudine massima: 1286 m Altitudine minima: 225 m Totale salita: 1072 m Totale discesa: 1072 m Senso: antiorario

Tracciolino della Val Codera

VERCEIA

1400 1200 1000 800 600 400 0

3

6

9

12

15

18,3km


FRASNEDO

MOLEDANA DIGA DELLA MOLEDANA

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60 LA VIGNETTA

Paolo Deandrea dpacartoons.it


HANNO COLLABORATO Lorenzo Bassi www.naturtecnica.com Il Monko www.naturtecnica.com Associazione U Uattënniérë www.cascatesanfele.it Giacomo D’Elia www.facebook.com/BasilicataDaScoprire Francesco Petronzi www.aliverdi.com Davide Grimoldi www.mountainclick.it Paolo Deandrea www.dpacartoons.it Rifugio Frasnedo www.rifugiofrasnedo.com Grazie a Valeria Ciglia Luca Parnisari

PROSSIMA USCITA 2 settembre 2013


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OUTDOOR LIFE WEB-MAGAZINE a cura di

Naturtecnica

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BASILICATA DA SCOPRIRE Giacomo D’Elia

RIFUGIO FRASNEDO Verceia (SO)


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