Outdoor Life Web Magazine #10

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OUTDOOR LIFE WEB-MAGAZINE NATURA.AMBIENTE.ESCURSIONISMO.MOUNTAINBIKE



NON CONFONDERE

ritardo e lentezza con disinteresse perché Natura, prima o poi, reagendo a causa e divorando, ti sputerà in faccia

IL SUO INESORABILE EFFETTO



EDITORIALE foto di copertina: Michela Quirico

Gennaio 2013 - Gennaio 2014. Outdoor Life WebMagazine compie un anno. 10 numeri costruiti con passione e fedeltà ad una linea editoriale fuori dagli schemi, senza compromessi. Perché quando la passione scende a compromessi, inevitabilmente scema. E noi siamo sì folli ma non scemi(amo). Ma quel che vogliamo celebrare non è né il compleanno né tantomeno il nostro lavoro. Bensì l’immensa gioia che questo modesto magazine ci ha regalato concedendoci di conoscere ed incontrare persone da tutta Italia. Fotografi, disegnatori, narratori, escursionisti, biker e curiosi. Persone vere, appassionate ed innamorate del loro territorio che ringraziamo per averci mostrato e raccontato. Continueremo così perché Outdoor Life WebMagazine non è il fine ma solo il mezzo.



SOMMARIO 08

FUGGIRE DAL NATALE

...e da un anno complesso: il 2013 - Il Monko

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CENSIMENTO DELLA SENTIERISTICA

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(NON) DORMIRE IN RIFUGIO

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CAPANNA MOGNONE

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A cosa serve? - Redazione

Consigli su come passare la notte - Lorenzo Bassi Pago con piacere - Davide Grimoldi

QUI ETNA!

Base lunare - Gianluca Cavaliere

I DISSIDENTI DELLA NEVE

Noi invece andiamo così - Lorenzo Naddei

IMPREVISTI IN MTB

La vignetta di Paolo Deandrea

IL GIURAMENTO DI IPPOCRATE

Il medico delle bici - Lorenzo Bassi

VALMALENCO Scuola di muntainbàic - Marzia Fioroni



testo de Il Monko www.naturtecnica.com

FUGGIRE DAL NATALE ...E DA UN ANNO COMPLESSO: IL 2013 Lentamente risalgo la lingua d'asfalto che taglia a tornanti il versante sud subendo l'alternanza di ombra-soleombra-sole e freddo-caldo-freddocaldo. Oggi 6 dicembre il Monte di Nese, appena sopra Bergamo, mi appare sempre lentamente più vicino incorniciato dal blu intenso del cielo. Oggi che c'è questo sole meraviglioso quando domani dicono nevicherà. Risalgo ancora lentamente attraversando il paese di Nese finchè l'asfalto lascia strada allo sterrato e lo sterrato al sentiero. Eccola la lama gelida che saetta da NORD da quelle montagne innevate lassù, splendide Orobie, penetrarmi nel collo intriso di sudore. Sono a NORD ora. Taglio il versante lungo un sentiero candidamente innevato e congelato: i tasselli delle ruote spaccano rumorosamente la neve ghiacciata e dietro di me lascio la traccia che il tempo nel giro di qualche giorno cancellerà.

In cima mi aspetta il riposo: a farmi compagnia la lama gelida e il meraviglioso panorama verso NORD. Sono riconciliato con me stesso. Mi sono restituito un attimo di verità. Quando le gambe non bruciano più, sono pronto per scendere giù lungo lo stupendo ed infinito sentiero che mi riporta a Bergamo. Felice. Stasera a cena mia moglie mi aggiornerà sui figli che vanno male a scuola, sulle bollette da pagare, sullo scaldabagno rotto, sui regali di Natale. Stasera, mia moglie, alla fine dell'aggiornamento, mi chiederà: - Beh? Cos'è quel sorriso da ebete che hai stampato in faccia? Non dici niente? Allora io la guarderò senza parlare, lei mi guarderà e sospettosa chiederà: - Non è che, per caso, oggi, invece di andare a ritirare il regalo per i miei, sei andato in bici? -


TECNOLOGIA


testo di Redazione www.naturtecnica.com

CENSIMENTO DELLA SENTIERISTICA A COSA SERVE? Ultimamente Naturtecnica viene sempre più coinvolta in progetti che riguardano il censimento della rete sentieristica con strumentazione GPS professionale. È inutile dire che la cosa ci fa immensamente piacere perché finalmente gli Enti che si occupano di gestione, valorizzazione e promozione delle risorse del territorio, cominciano a fare rete per costruire un sistema sentieristico articolato in grado di soddisfare le esigenze dell’escursionista ma anche quelle di gestione e manutenzione. Purtroppo però la strada intrapresa è ancora lunga. La domanda infatti che ci viene posta più spesso è: - Quanto è preciso il rilievo in termini di metri? Premesso che il sistema GPS non può dare, per una serie di cause intrinseche al sistema e a fattori esterni, la precisione assoluta, quanto questa è in fondo importante?

Importa di più sapere se un sentiero sia sotto i nostri piedi o 4 metri più in là oppure che questo sia effettivamente percorribile a piedi, a cavallo o in bici? L’escursionista non chiede tracce GPS con precisioni submetriche ma vuole essere certo che la segnaletica sia corretta, che il rifugio in cima alla salita sia aperto, che lungo il percorso ci siano dei punti acqua. All’escursionista poco importa se l’area di sosta sia qui o lì a 5 metri, importa che ci sia, visibile, ben tenuta e pulita. Ecco quindi che conoscere le caratterisiche dei sentieri e i punti di interesse che insistono su di essi permette di costruire e tenere sotto controllo un sistema complesso e sempre efficiente. L’Ente certifica e garantisce. L’escursionista apprezza molto. L’Ente viene apprezzato molto dall’escursionista.


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testo di Lorenzo Bassi www.naturtecnica.com

(NON) DORMIRE IN RIFUGIO CONSIGLI SU COME TRASCORRERE LA NOTTE Sì, lo so... Purtroppo, dal punto di vista della capacità di lasciarmi andare tra le braccia di Morfeo, sono ipo-dotato. Il mio sonno è sottile come un foglio di carta velina: ad ogni minimo rumore mi sveglio e per riaddormentarmi poi non basta contare le pecorelle. Scelgo sempre il gregge più numeroso ma, inevitabilmente, quando il recinto è ormai pressochè vuoto, i miei occhi ancora vagano nel buio e i pensieri a rincorrerli. Dicono che sia dotato di un superudito ma di supereroico non c’è nulla, credetemi. Succede così che quella notte il Nonno (chiamiamolo affettuosamente “Nonno” il vecchio sconosciuto che dormiva sulla branda difronte in rifugio) si esibì in una delle più colossali russate che io avessi mai sentito. Cominciò con un respiro profondo che poi progredì sempre di più fino a trasformarsi in una sequenza ritmata di atomici rutti. Ovviamente io sveglio. Cominciai dapprima a fare dei piccoli versi con la bocca per richiamare educatamente la sua incoscente attenzione; il tutto funzionava per una trentina

di secondi e poi il Nonno ricominciava. Passai ad un più corposo e meno educato “OOOOHHHHH”, tipico del tamarro televisivo, senza sortire ahimè nessun effetto. Nonno continuava ad esibirsi godurioso, io sempre più nervoso. Sull’orlo della disperazione notturna, dopo averlo apostrofato con una serie di poco edificanti sostantivi ed aggettivi, successe. Cominciai a pensare che sarebbe bastato allungare il braccio fuori dal saccoletto, cercare la ciabatta che doveva essere appena lì sotto e... Ci misi tutta la forza che avevo e anche di più. Il tiro, nonostante il buio, fu preciso. Nonno smise di russare e il mattino dopo, sfoggiando un sorriso asimmetrico incorniciato da un altrettanto asimmetrico viso, chiese: - È di qualcuno questa ciabatta?- Oh, si grazie, è mia - Chissà come avrà fatto a finire qui??!! - Chissà... Non fate come me. Portatevi i tappi per le orecchie, quelli da cantiere. Per la puzza di piedi invece, non ho ancora trovato rimedio.


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CAPANNA MOGNONE Pago con piacere


testo e fotografie Davide Grimoldi - Mountainclick.it


La Capanna Mognone, posta a 1460 mslm, è un vero e proprio balcone al centro del Ticino, più precisamente in Val Sementina, da cui si può godere una splendida vista sul Lago Maggiore e su tutte le montagne del Vallese e della Lombardia. È una delle prime capanne ristrutturate dal Patriziato, l’Ente autonomo svizzero che, proprietario di beni d’uso comune, si impegna a conservarli e utilizzarli con spirito vicinale a favore della comunità. La Capanna Mognone è uno dei tanti esempi presenti in Ticino di questa attività di recupero e conversione di vecchie baite che, sebbene non direttamente custodite, sono sempre aperte a disposizione degli escursionisti. Diventano così degli ottimi punti di appoggio per lunghi trekking, ascensioni o semplici gite di un giorno. In inverno poi tutto ciò diventa ancora più stimolante per intraprendere piacevoli gite con le ciaspole o con le pelli. L’edificio è quello che gli ultimi alpigiani utilizzavano come cascina ed, una volta ristrutturato, è stato inaugurato nel 1997. Oggi è dotato di 12 posti letto in una camerata unica ed è sempre accessibile. La capanna dispone poi di una cucina a gas, acqua calda, stufa a legna e camino. Gli utenti possono servirsi della cucina per preparare i pasti con ingredienti base trovati direttamente in loco. Tutto ciò ovviamente non è una novità; anche sulle nostre montagne spesso ci imbattiamo in bivacchi non custoditi dove poter sostare e rifocillarci, mantenuti efficienti, salvo rari casi, dall’azione del volontariato. E allora perché la Capanna Mognone mi è rimasta così impressa?





Perché l’uso dei servizi della Capanna non è gratuito ma è necessario “imbucare”, in un apposita cassetta, un contributo. Ho “imbucato” anche io il mio senza aver un minimo di tentennamento perché trovo che sia immensamete giusto contribuire quando un servizio è di qualità. Soprattutto quando, causa le difficoltà logistiche, i costi per offrirlo sono elevati.

Inoltre, scatta anche quel meccanismo psicologico che induce chi “scuce” la moneta a rispettare maggiormente ciò per cui ha pagato. Parlando con gli amici della redazione di Outdoor Life Web Magazine il discorso si è allargato: dal contributo per poter usufruire dei servizi di un bivacco al contributo per poter usufruire dello spettacolo della Natura. Infatti, ogni volta che affrontiamo un’escursione, un giro in MTB, una


discesa in canoa etc... cos’altro facciamo se non assistere e addirittura partecipare allo spettacolo della Natura? Sarebbe giusto quindi “pagare” tale spettacolo come fosse un film al cinema, un concerto, un evento sportivo? Sarebbe giusto installare in prossimità dei punti panoramici una cassetta per un contributo pecuniario in cambio dell’emozioni provate grazie

ad una vista perdifiato? Questi quesiti, volutamente esagerati, hanno solo lo scopo di ricordarci che la Natura è uno spettacolo meraviglioso e gratuito ma non per questo di minor valore. Anzi. E il miglior modo per poterla ripagare è, semplicemente, rispettarla. Davide Grimoldi

fotografo e moviemaker www.mountainclick.it






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QUI ETNA! Base lunare


testi e fotografie Gianluca Cavaliere - Abra Calabria


Le sveglie iniziano a squillare all’unisono! Tutto e’ pronto dalla sera prima. Pochi minuti e siamo gia’fuori con lo zaino in spalla. Incuranti dell’aria alquanto frizzantina incominciamo subito l’ascesa, e dopo poche centinaia di metri, nel buio ancora fitto, il nostro sguardo viene rapito verso valle dalla distesa interminata di luci della città di Catania, ancora addormentata, che ci regala subito il primo scorcio panoramico della giornata. Mentre guadagniamo quota, il buio sembra affievolirsi e sulla nosta destra la linea dell’orizzonte del mar Ionio va delineandosi sempre piu. Pochi minuti ancora di marcia, e mentre la citta’ di Catania spegne pian piano le luci, veniamo subito attratti da bellissimi colori cangianti tra mare e cielo. L’alba e’ prossima! Armati di macchina fotografica approfittiamo dell’ottima luce per fare qualche scatto suggestivo. Incantati ammiriamo il sorgere del sole ed il mar Ionio sulla nostra destra, il golfo, la piaura e la citta di Catania alle nostre spalle, ed infine….”Iddhru” che adesso si rivela in tutta la sua maestosita’, immobile e baciato dal sole che nn si e’ ancora staccato dalla linea dell’orizzonte. Sembra quasi ingelosito dalla nostra scarsa attenzione mostrata nei suoi confronti fin quel momento. Ecco quindi che nn perde tempo a mostrarci subito il suo pennacchio di fumo che dal cratere di sud est si innalza verso il cielo, e che proprio in questo periodo sta offrendo un bellissimo show ai suoi visitatori. Riprendiamo la marcia con il naso all’insù





questa volta, mentre le nostre lunghe ombre vengono proiettate sul terreno, il quale, passo dopo passo, muta sempre più in termini di colori, forme di vita e consistenza dello stesso. Abbiamo già superato i 2000 mt da un pezzo, e di tanto in tanto guardiamo a valle dove tutto diventa sempre piu’ piccolo. La vegetazione e’ pressoché inesistente ormai ed incomincia a predomi-

nare il colore nero tanto da far sembrare il tutto quasi un “paesaggio lunare”. A circa 2500mt, il nero manto vellutato viene spezzato qua e la da grandi macchie bianche. Incuriositi da questo effetto “black and white”, abbandoniamo per un attimo la nostra rotta per ammirare da vicino tale contrasto di colori. In pratica, stiamo letteralmente camminando su immense placche di ghiaccio perenne, che ogni tanto


spuntano dalla coltre di cenere che le ricoprono. A ffascinati dall’ennesimo regalo che solo l’Etna puo’ offrire, e scattate le foto di rito, proseguiamo la marcia. Marcia che, pero’, diventa sempre piu’ faticosa. Infatti, oltre alla consistenza del terreno, piu’ morbido, ripido e faticoso, guardando il gps, ci rendiamo conto di aver gia’ sforato i 2700mt. Quindi, a questo punto, inizia a farsi sentire anche la rarefazione dell’aria

e, da adesso in poi, le soste saranno piu’ frequenti. Nonostante tutto, pero’, alzando lo sguardo in su, vediamo la cima sempre piu’ vicina, il che ci da la carica necessaria per gli ultimi sforzi! Passo dopo passo, arriviamo a quota 2900mt, dove il sentiero e’ interrotto dalla colata di una settimana fa, con un tipo di lava e dei colori diversi dal resto che ci circonda. Decidiamo di attraversarla per riconnetterci al



sentiero. Essendosi solidificata da pochi giorni, i massi di lava sono ancora instabili e molto taglienti, il che richiede piu’ tempo e attenzione nel camminarci sopra. E’ nel bel mezzo di tale passaggio che troviamo un palo, l’unico risparmiato dalla lava fermatasi a meno a di un metro dallo stesso,con un cartello scritto in diverse lingue, a testimonianza che li vi era un rifugio. Trattavasi del rifugio “Torre del Filosofo”, l’ultima opera creata dall’uomo quassù! Dando una sbirciatina al gps, capiamo che stavamo camminando sull’area dove, fino a qualche giorno fa, sorgeva il tutto! Stupiti e affascinati da quanto vedevano i nostri occhi, continuiamo con l’ultimo tratto di scalata che ci fara’ arrivare direttamente sull’orlo dei crateri sommitali. Sono gli ultimi 400mt mt circa, ma anche i piu’ difficili, in quanto dovremo lottare contro un mix di diversi fattori sfavorevoli. Infatti, all’aumentare della rarefazione dell’ossigeno, che va di pari passo con l’aumentare dell’altitudine, si aggiunge la sabbia morbida sotto i nostri scarponi che, unita alle forti pendenze, ci rende il tutto piu’ estenuante. Per rendere meglio l’idea, immaginate di risalire una scala mobile che si muove in senso opposto al vostro. Nonostante ciò, dopo tanta insistenza , pause, foto e tante risate per gli scivoloni presi, finalmente guadagniamo la vetta! Siamo letteralmente a meno di un passo dal baratro di uno dei crateri centrali!

Per il primo minuto circa, visto lo stupore, nessuno del gruppo parla! Le nostre pupille stanno per uscire fuori dalle orbite. Eccoci nuovamente affascinati davanti a cotanta maestosità ed al contempo assaliti da un forte senso di impotenza, sentendoci delle inezie al confronto di quello che i nostri occhi stanno ammirando. Questo e’ l’effetto che tutti provano quando si arriva in cima, specie se per la prima volta! Siamo di fronte ad una delle massime espressioni di spettacolarità e suntuosità da parte di madre natura. Lo strapiombo e’ scioccante! Le continue folate di vento a favore spazzano via il fumo, lasciando intravedere ulteriore strapiombo all’interno del profondo cratere. Di tanto in tanto si sente anche il cupo borbottio che proviene direttamente dal fondo, incutendo timore e stupore tra noi. Qualcuno, ancora sotto shock, rompe il silenzio. L’adrenalina e’ tantissima! Fatte le prime foto di rito anche qui, passo dopo passo incominciamo il vasto periplo dei crateri. Iniziamo quindi a procede sull’orlo di ognuno con andature di sali scendi, quando ad un tratto il gps segnala quota 3343mt. Siamo sul punto piu’ alto in assoluto adesso! Da qui, ci possiamo anche permettere di guardare le nuvole dall’alto verso il basso! Pian piano arriviamo sul versante opposto dei crateri dove vista la direzione del vento, e quindi dei fumi e gas emanati di continuo, e’ impossibi-




-le stare. Si avverte un forte bruciore agli occhi, gola e naso nonché un forte odore di uova marce. E’ l’effetto dello zolfo: infatti il terreno cambia nuovamente colore passando dal nero al giallo. Chiudiamo l’anello del periplo dei crateri ritornando al punto di partenza. Il morale e’ altissimo e ci soffermiamo come per voler catturare le ultime immagini da fissare bene nella nostre memorie, prima della discesa a valle. All’unanimità’, tutti concordiamo che lo sforzo e la fatica di quella bella domenica di fine ottobre, siano stati abbondantemente ripagati con le grandiose immagini ed emozioni vissute lassu’ e che, da adesso in poi, faranno per sempre parte delle nostre vite!

Gianluca Cavaliere

Tour Leader ABRA CALABRIA

www.facebook.com/AbraCalabria



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I DISSIDENTI DELLA NEVE Noi invece andiamo così


testi Lorenzo Naddei - Mountain Kingdom fotografie - M. Quirico, B. Monti, G. Chittaro, S. Zaramella, M. Vannucchi


Ah, i bei tempi andati… Nel 1893 un gruppetto di soci del Club Alpino Svizzero, chi con le racchette da neve, chi con gli sci, compie una delle prime traversate invernali “ufficiali” delle Alpi, nella zona di Glarona. Lo scopo è stabilire quale sia il modo migliore per affrontare la montagna d’inverno e gli sci - manco a dirlo - vengono decretati i vincitori. Sono passati più di cent’anni e se da un lato i praticanti dello sci-alpinismo sono diventati un piccolo esercito, dall’altro i “dissidenti” delle racchette da neve sulle Alpi conoscono, soprattutto fuori dall’Italia, un crescente, inatteso successo. Basti pensare che in Francia le racchette hanno superato nel 2011 tutti gli sport invernali eccetto lo sci da discesa per numero di praticanti, fatturato e indotto. Chi scrive fa parte, entusiasticamente, dei cosiddetti dissidenti: le racchette permettono infatti di affrontare - senza bisogno di grande tecnica - il meraviglioso paesaggio della montagna invernale, alle medie come alle alte quote. Benché infatti parecchi escursionisti si muovano entro o appena al di sopra del limite del bosco, in realtà l’ambiente ideale per le racchette si trova a nostro modesto avviso in alta quota, nei valloni e sulle cime modellate dai ghiacciai. Provate a salire in alta montagna d’estate, e troverete pietraie, ambienti lunari e ghiacciai – ove presenti – in sofferenza, pieni di crepacci che costringono a infiniti aggiramenti. In primavera invece troverete alla stessa quota un paesaggio incantato, dove la neve seppellisce le pietraie, crea dossi e pendii magici, chiude i crepacci e “ammorbidisce” tutto: una meraviglia!







E se tutto questo vi sembra troppo poetico pensate a quanto più comoda e veloce sarà una discesa in neve, quanto più divertente sarà affrontare un pendio per la linea di massima pendenza o scendere per un bosco schivando larici e abeti. Non ci credete? Non vi resta che provare l’emozione dell’alta montagna con le racchette: sarà un’esperienza indimenticabile, a patto di essere allenati, saper scegliere la meta giusta in funzione delle condizioni e di munirvi dell’equipaggiamento adatto. In alternativa, potete sempre affidarvi a una guida o farvi consigliare dai gestori dei rifugi dove le racchette spopolano, quindi soprattutto Francia, Austria, Svizzera e Alto Adige. Qualche meta per cominciare? I gruppi austriaci del Silvretta e dello Stubai, la Val Troncea, i Monti della Luna e la Val Maira in Piemonte, la Val Claree e la Vanoise in Francia… In seguito, potete passare a fare sul serio sulle cime della Val Formazza, del Vallese e degli Alti Tauri fino ad arrivare ai paradisi dell’Oberland Bernese e del gruppo del Rosa. E mi raccomando... nessuna sudditanza verso gli sci-alpinisti!

Lorenzo Naddei

AMM - Collegio Guide Alpine Lombardia MOUNTAIN KINGDOM www.mksentieri.it





52 LA VIGNETTA

Paolo Deandrea www.dpacartoons.it


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54 MOUNTAINBIKE


testi e fotografie Lorenzo Bassi - naturtecnica.com

IL GIURAMENTO DI IPPOCRATE Il medico delle bici


Sto cadendo. Ho perso il controllo. Un istante in cui il tempo si è fermato e ho potuto distinguere chiaramente il terreno che si avvicina alla mia faccia. L’istinto protettivo, che cerca di salvare qualsiasi essere vivente dotato di arti, ha inviato un velocissimo impulso al cervello. Scattano protese in avanti braccia e mani per attutire l’impatto al suolo. Inconsciamente desidero solo ammortizzare la forza con cui il mio corpo si sta infrangendo al suolo. Desidero solo dissipare, dissipare, dissipare. Tutto inutile. Buio. Per un istante mi manca il fiato. Il dolore esplode nel giro di qualche frazione di secondo, il tempo necessario perché l’adrenalina esaurisca il suo anestetico ma effimero effetto. In bocca ho terra e sangue. Un dolore acuto penetra dal ginocchio destro e risale fino al torace. Non respiro. I compagni accorsi in mio aiuto cercano di sollevarmi piano piano. Ma io, scorticato dal dolore, ho una sola ed unica preoccupazione. Che non è il pezzo di incisivo appena ingoiato né il liquido sinoviale fuoriuscito dall’articolazione del ginocchio. Nemmeno l’atroce dolore al costato che mi impedisce di respirare profondamente. Solo una è la mia preoccupazione. Mentre in due mi tengono e mi aiutano a sedermi su un grosso sasso (forse proprio quello contro cui ho sbattuto), io





cerco con il mio sguardo semiassente LEI. La mia MTB. “...l..a... bi...c..i...” Solo questo riesco a dire. “LA BICI” La mia compagna. L’antagonista della mia fidanzata. Perché non importa quanto possa essermi fatto male io piuttosto quanto possa essersi fatta male

LEI, la bici. Lì, nel bosco, pochi istanti dopo essermi schiantanto al suolo e aver ingoiato un incisivo, mentre i miei compagni non sanno se chiamare i soccorsi, solo a LEI io penso. “...l..a... bi...c..i...” Solo questo riesco a dire. E continuo a ripertelo in ambulanza, al pronto soccorso, in sala raggi, dal divano di casa dove sono costretto


dall’ingessatura di un gomito rotto. “...l..a... bi...c..i...” Per questo, tutte le volte che ahimè sono costretto a portare LEI, la bici, dal meccanico ho un senso di angoscia. Temo le diagnosi e ancor di più la superficialità con cui possano venire emesse. Per questo vorrei che tutti i meccanici declamassero il Giuramento

di Ippocrate* perché ciò che io affido loro non è un semplice archibugio meccanico fatto di alluminio, gomma e ingranaggi. È un pezzo della mia passione. È un pezzo di me. (*) Il Giuramento di Ippocrate viene prestato dai medici-chirurghi e odontoiatri prima di iniziare la professione. Prende il nome da Ippocrate considerato il padre della medicina a cui il giuramento è attribuito; la data di composizione non è definita, ma pare certo non preceda il IV secolo a.C.






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testi e fotografie Marzia Fioroni - nosepress.it

VALMALENCO Scuola di muntainbĂ ic


C’è chi la Valmalenco l’ha soprannominata ‘l’Università della MUNTANBAIC’. Io so solo che, quando ci metto tassello, scopro di aver ancora tanto da imparare sulle due ruote.. Ma qualcuno sa bene come si fa a divertirsi qui. Parlo ad esempio di questi tre individui: da sinistra a destra Zergio, Federico e Niccolò. l primo, soprannominato dal Diretur ‘Flow’, è un lariano DOC, abituato sin dalla tenera età a scendere su esposti sentieri calcarei. Per di più ripidi e tenendo con una mano i missultin! Niccolò viene dalla sponda opposta. Del Lario intendo. Vive infatti a Menaggio (per rimanere in tema, Sergio è di Bellano. A giudicare dai nomi dei paesi capite bene anche voi l’originalità di questi lacustri..), ma è un badolla, ossia lavora oltre il confine scfizzero. Ad ogni modo, anche per lui da sempre pane e montagne a 180°. Infine, ecco a voi Federico (nda condotteforzate è il suo nick)! Valtellinico (sempre per citare il Diretur), relativamente da pochi anni in mtb, eppure con un background ciclistico da fare invidia a Moser, Coppi, Bartali e Sam Hill messi insieme. Si dice sia stato morso da una tarantola in tenera età, e da allora il suo peregrinare per cime e sentieri della terra Malenca non si è ancora arrestato. Sarà quindi la nostra guida, e, come ben potete capire, mettersi nelle sue mani non è un gesto esente da rischi, soprattutto per i meno allenati. Ma, pur contravvenendo ai suoi ferrei dettami di cicloalpinista e scalatore dell’impossibile, riusciamo a forza a incastrarlo nella Snow-Eagle, la funivia che da Chiesa in Valmalenco conduce fino all’Alpe Palù.





È così che lasciamo l’afa del fondovalle arroventato del mese di agosto e, con un sol balzo di ben 1.000 m di dislivello, sbarchiamo, nemmeno sudati, a più di 2000 m di quota. Comoda la vita! Slegato Federico, ci lasciamo inghiottire dai sentieri che ci proiettano in ogni direzione della valle, finché non sarà disintegrata anche l’ultima pastiglia.

Già perché i miei freni lavorano parecchio, mentre quelli del trio Medusa (vedeste come s’aggrappano anche ai suoli più ostili!) si scaldano appena. Le loro gomme danzano sulla pietra e, come ballerini di tip tap, saltano da una curva all’altra (o meglio, mi immagino che lo facciano, perchè io, aggrappata alle leve, sudo mille camice per farcela, e non sempre li vedo all’orizzonte).


È comunque un piacere tastare questi trail, osservarli scorrere complessi sotto le ruote. Immaginare come possano essere stati costruiti. Chissà quanto tempo fa, e loro ancora splendidi e vivi. Sentieri di pietra e di terra, di curve e… di guerra (la mia!).. Volendoselo gustare, il paesaggio di quassù è di quelli che raccontano favole. Ci prendiamo il tempo. Oggi c’è silenzio, qualche campanaccio e

molto da osservare… Lontani anni luce la confusione delle piste innevate e i profumi invadenti delle giacche a vento griffate. La musica in filo diffusione ce la mettiamo noi e la Valle sembra oggi più bella che mai. Ogni risalita con la Snow Eagle, ogni tratto di sentiero ci fa scoprire fra i fili d’erba e le fioriture nuove forme della pietra, che tra l’altro da queste montagne è sviscerata dolorosamente da






moglie Paola, anche l’Hotel Roseg), i percorsi flow e i trickette e trackkete dovrebbero prendere forma a breve su questi schermi, allettando in modi diversi mille altre forme di bikers. Torneremo quindi a raccontarvi le prossime evoluzioni di quello che un bike park ancora non è, ma con una sola certezza: nessun pistino potrà mai uguagliare i sentieri della pietra, almeno in fatto di charme e bellezza. Dedicato a Stefano Volponi, Volpe per gli amici, esploratore dei sentieri malenchi e sognatore ad occhi aperti della sua Università della MTB. Ora la sogniamo con lui!

Marzia Fioroni

NosePress





HANNO COLLABORATO Lorenzo Bassi www.naturtecnica.com Il Monko www.naturtecnica.com Davide Grimoldi www.mountainclick.it Gianluca Cavaliere www.facebook.com/pages/Abra-Calabria Lorenzo Naddei www.mksentieri.it Marzia Fioroni www.nosepress.it Paolo Deandrea www.dpacartoons.it

Grazie a Vincenzo Ornito

PROSSIMA USCITA marzo 2014


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ABRA CALABRIA Gianluca Cavaliere

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