Outdoor Life web-magazine - 06

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OUTDOOR LIFE WEB-MAGAZINE NATURA.AMBIENTE.ESCURSIONISMO.MOUNTAINBIKE



SMETTERÒ DI CERCARE

il mio luogo ideale quando non potrò più conoscere il meglio di tutti gli altri



EDITORIALE

Io fuggo via. Alla ricerca di quel che qui non ho e che penso potrebbe aprire mente e cuore. Io fuggo via. Verso un luogo ideale che diffonda alchimie da inalare per aprire mente e cuore. Io fuggo via. Convinto di scoprire, trovare, conoscere, approfondire, inglobare tanto da aprire mente e cuore. Io fuggo via. Sospinto dalla fame di novitĂ , diversitĂ , confonto e mi confronto. CosicchĂŠ il familiare mi risulti splendere ogni volta di una luce diversa. Io fuggo via. E un altro Me torna sempre indietro.



SOMMARIO 08

IL BOSCO DELLE NAVETTE

Lupi e bici nel Bosco delle Navette

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QRMAP

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VESCICHE. MA NON MI FERMO

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LUNGO LA VIA FANCIGENA

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Promozione del territorio in maniera ecosostenibile Imprevisto tra i Monti Tovo e Luvot A passo lento sulle colline toscane

DONNE DI NATURA

Elisabetta Bertok - Freerider

MONTE PIAMBELLO

In MTB alla scoperta della Grande Guerra

TRIANGOLO LARIANO

Il Grande Classico dal fascino senza tempo

IMPREVISTI IN MTB La vignetta di Paolo Deandrea



testo di Enrico Frumento foto di Moreno Vassallo

BOSCO DELLE NAVETTE Lupi e bici nel Bosco delle Navette Il Bosco delle Navette è uno dei pochi boschi del ponente ligure rimasto ancora integro (assieme al Bosco di San Romolo, la Foresta di Gouta, la Foresta di Gerbonte, il Bosco di Sanson ed il Bosco di Rezzonella) ed è posto a ridosso del confine francese e del Parco Nazionale del Marcantour. Il suo nome deriva dal fatto che venisse sfruttato per produrre tavole per le navi nei vicini porti, allora dominati dalla Repubblica di Genova e dal Piemonte (in quest’ultimo caso però solo il porto di Oneglia). Il Bosco delle Navette è un luogo ideale per intraprendere escursioni soprattuo in mountainbike: numerosi infatti sono i sentieri che lo attraversano (di qui passa anche la

famosa “Via del Sale”). Ma la peculiarità più interessante è che non ci sono solo i sentieri ad attraversare in lungo e in largo questo luogo magico: da poco è stato avvistato anche il lupo. E la cosa non stupisce essendo il Bosco delle Navette realmente un posto da lupi! Da tempo scomparso (l’ultimo lupo della zona fu ucciso nel 1927 presso Caprauna) è magicamente riapparso sano e forte, seppure più schivo (viste le brutte esperienze dei suoi antenati). Posto bello, lupi che tengono compagnia, sentieri stupendi e storia. Cosa c'è di meglio per un rilassante giro in bici o a piedi?


TECNOLOGIA


La redazione

QRMAP Promozione del territorio in maniera ecosostenibile Nel numero di maggio di Outdoor Life WebMagazine (vedi), il Monko ci aveva raccontato del suo sentirsi soffocato da cartine, brochure, depliant informativi. Troppo materiale spesso inutile e con un tempo di obsolescenza molto breve. La sua conclusione, non geniale ma congeniale, è quella che bisogna integrare il cartaceo con il web. Vediamo come fare. Tra le tante offerte, oggi presentiamo “QRMap”, un sistema di cartografia che grazie alla tecnologia dei qrcode e degli smartphone presenta notevoli vantaggi. Come funziona? Molto semplice: il cartaceo viene integrato con dei qrcode che l’utente può leggere con il suo smartphone; l’utente entra così in internet, accede ad un sito mobile specifico ricco di informazioni e materiali multimediali (gallerie fotografiche, video, audioguide, mappe di google, file per GPS) che, oltre ad essere aggiornati in tempo reale, non possono per evidenti motivi essere implementati nel cartaceo. Vantaggi? Riduzione dei costi: QRmap cosente di ridurre i formati delle cartine

e quindi i costi di produzione (ecosostenibilità) Più informazioni: l'interazione con un sito internet consente di fornire all'utente infinite informazioni. Dati aggiornati: le informazioni sul sito mobile sono continuamente monitorate e aggiornate. Cartine che non invecchiano mai: l'attendibilità delle cartine si allunga e i costi di produzioni ammortizzati su più anni (ecosostenibilità). Compatibilità: QRmap è compatibile con tutti i sistemi operativi degli smartphone. Il sistema QRmap è quindi ideale per migliorare la ricettività e l’accoglienza di una località turistica: riferimenti di hotel, agriturismi e b&b, noleggio e riparazione di attrezzature, informazioni di servizio come orari dei mezzi di trasporto e centri di primo soccorso, sono monitorati e aggiornati di continuo. In conclusione, il sistema QRMap è un valido strumento per garantire costantemente attenzione ed efficienza: i turisti apprezzeranno il fatto di sentirsi accolti in una località preparata ad ospitarli e a fornire sempre la risposta utile alle loro esigenze.


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VESCICHE. MA NON MI FERMO Imprevisto tra i Monti Tovo e Luvot


testi e fotografie Il Monko


Lo senti sin dai primi passi che qualcosa oggi non funzionerà a dovere. Già all’attacco del sentiero, quando di solito il fondo calpestabile è ben curato per invogliarti a partire, capisci che oggi l’imprevisto è prevedibile. Con i tuoi compagni di gita fai finta di nulla e ti lasci coinvolgere, come sempre, negli inutili e affannosi discorsi dei primi 300/400 metri di dislivello. Ma, in fondo, la tua attenzione, già sempre così blanda per le parole a vanvera che distribuisci e ricevi, è tesa verso qualcosa che punge e provoca fastidio. Lentamente vieni assorbito nella ricerca interna di una motivazione al perché e al come. Qualsiasi discorso intrapreso dal gruppo, dal più becero al più interessante, scivola via senza che tu ne sia minimamente partecipe. Perché ormai la tua attenzione animalesca tende i padiglioni auricolari verso la percezione e la realizzazione di quel che oggi, ahitè, non funzionerà. E sarà così maledettamente stupido. Così maledettamente banale. Ma distruttivo. Piano piano cominci a sentire che il fastidio mentale si trasforma in un fastidio fisico, prima leggero leggero tanto che dentro di te dici “no, non può essere... non può essere...”. E invece è. Il fastidio comincia a trasformarsi in pungente lamento: il derma degli alluci e dei mignoli comincia a soffrire e punge. Scarponi, maledetti scarponi, traditori, indossati decine di volte per centinaia di chilometri.





Passo dopo passo, fingendo la sicurezza di sempre con i compagni di gita, senti il derma che pizzica, punge, irrita. Loro non sanno che è iniziato il tuo calvario e proseguono con gli inutili discorsi, affannati e cardio ritmici. Fingi di seguire: ridi quando ridono, taci quando tacciono, parli quando parlano. Ma sei altrove.

Perché cominci a capire il peggio. Mai ti saresti aspettato che questa semplice gita ai Monti Tovo e Luvot, un semplice mille di dislivello tra boschi di faggio e aperture panoramiche stupende, si sarebbe trasformata nel più imprevedibile dei calvari. Perché, ahitè, ciò che avevi sospettato fin dai primi passi, dopo un paio d’ore di lento procedere, succede. Puttanazza eva.


Il derma irritato e consumato, derma che dovrebbe essere allenato e coriaceo, alla fine si ribella ai tuoi pensieri, passi e scarponi e cede. Si apre. Si squarcia. Esplode. Brucia. Ogni passo diventa una coltellata che incide. Un dolore ipnotico e ritmico.

E quelli parlano e parlano... E tu fingi e fingi... Ogni pretesto è buono per fermarti. “Voi andate avanti... faccio un po’ di foto...” Fotografie dolorose. Di un luogo semplice e meraviglioso. All’imbocco della Valsesia: i Monti Tovo e Luvot.




Partenza: Foresto Valesia (VC) Arrivo: M.te Luvot Distanza totale: 5,9 km Altitudine massima: 1559 m Altitudine minima: 597 m Totale salita: 1027 m DifficoltĂ : EE

M.te LUVOT

M.te TO

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OVO

FORESTO

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24 ESCURSIONISMO

LUNGO LA VIA FRANCIGENA A passo lento sulle colline toscane


testi e fotografie Gianfranco Bracci

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“Come gli ebrei che entrarono nella Terra Promessa solo dopo molte sofferenze, così i pellegrini, affinché possano entrare nel regno celeste del Padre promesso ai fedeli, devono accettare imbrogli dei locandieri, scalare montagne, camminare faticosamente giù per le vallate, sopportare il terrore di essere derubati e le ansie di trovare la strada.” Aymeric Picaud dal “Liber Sancti Jacobi” Nello scorso Aprile, in compagnia di un gruppetto di amici siamo partiti da San Miniato (Pi) per ricalcare in parte le orme dei pellegrini romei che percorrevano la “Via Francigena”. La Via Francigena, Francesca, Francisca, Francexia o di Monte Bardone, rintracciabile nei suoi numerosi diverticoli, soprattutto grazie agli appunti di viaggio di un vescovo di Canterbury (Sigeric), di un abate islandese (Niculas di Munkatvera) e di un re di Francia (Filippo Augusto) di ritorno da una crociata, appare a distanza di oltre un millennio, un trait d’union d’infinito valore sociale e culturale fra il mondo mal interpretato e demonizzato dell’alto Medioevo ed il nostro, così globalizzato, convulso e incerto. Noi abbiamo percorso un tratto della Via messo quasi completamente in sicurezza e segnalato con appositi segnavia biancorossi, oltre che con dei cartelli segnaletici riconoscibili. Ben inteso che agli occhi dei credenti, la riscoperta del “far penitenza” possa apparire quasi obbligatoria, eravamo convinti che anche ai nostri occhi laici, il ripercorrere un tratto dell’antica direttrice medioevale





potesse funzionare almeno quale sana riscoperta del paesaggio tipicamente toscano, della sua varia, talvolta semisconosciuta, quanto affascinante provincia, così ricca di storia e natura che compone l’anima del “bel paese”. Durante il camino abbiamo assistito al connubio, o meglio, allo sposalizio fra il dolce paesaggio della campagna toscana ed i suoi gioielli che ne arricchiscono il valore: mo-

numenti eretti lungo questa direttrice ed in onore di questa. Senza il filtro dei mezzi motorizzati e con l’attenzione del “passo dopo passo”, abbiamo avuto modo di carpire i segreti di un modo di viaggiare di quando “viaggio” era sinonimo d’ignoto, pericolo, vera avventura. Ci siamo convinti che talvolta possa bastare un po’ di curiosità, un pochino di fatica e, zaino in spalla, mettersi in cammino.


Abbiamo permeato tanti paesaggi, uno diverso dall’altro ma tutti debordanti di una dolcezza magica. Dolci campagne spruzzate di antiche mura, muti testimoni di tempi lontani, ci hanno accompagnato per tutto il viaggio che è stato farcito da mille sane emozioni: le svettanti torri di San Gimignano, la bella sorpresa Colle Val d’Elsa. Poi ancora Monteriggioni con la sua intatta cerchia muraria a cui si sono

ispirati gli artisti che con quella hanno cinto la testa dell’Italia! E attraverso campi gialli come sogni estivi, siamo giunti finalmente a Siena, sublimandoci come “l’essere in cammino” di Herman Hesse. Gianfranco Bracci www.gianfrancobracci.it




VADO IN BICI

perché mi fa vivere la natura, gli amici, la fatica e superare i miei limiti... Perché la mia bici è la compagna che ha trasformato la mia vita

IN UN’AVVENTURA FANTASTICA Elisabetta Bertok - Freerider Donna di Natura


VADO IN BICI

e poi sgommo e salto gi첫 dai monti alla faccia vostraaaaa!!! Sempre Elisabetta Bertok - Freerider


36 MOUNTAINBIKE


testi Antonio Trotti fotografie Lorenzo Bassi

MONTE PIAMBELLO

In MTB alla scoperta della Grande Guerra


Come promesso, ecco la prima puntata del nostro viaggio alla scoperta delle tracce della Grande Guerra sulle nostre belle montagne. Massiccio nel suo compatto porfido rosso vivo, noto in Lombardia per le belle pietre lavorate provenienti dalle cave di Cuasso, il Monte Piambello è una sorta di morbido diamante piantato solidamente a nord-est di Varese, nella losanga formata da Valganna, Valceresio, Val Marchirolo e dal ramo orientale del Lago di Lugano. Ed è proprio il suo affacciarsi sul Ceresio che, ai primi del ‘900, ne ha fatto uno dei punti d’elezione per la difesa del territorio lombardo da un’eventuale penetrazione d’oltralpe attraverso la neutrale Confederazione Elvetica. Le belle strade d’accesso alla sommità del Piambello e all’appostamento d’artiglieria “in barbetta” - per dirla con gergo d’epoca – che qui troviamo ancora ben conservato, sono infatti fra le prime opere del sistema difensivo alla Frontiera Nord verso la Svizzera, realizzate diversi anni prima che la Grande Guerra si profilasse all’orizzonte. Durante il conflitto, le strade, gli appostamenti d’artiglieria e le opere accessorie si sono via via infittite, fino a fare di questo monte un baluardo essenziale del dispositivo difensivo. Una postazione capace, grazie ai pezzi di medio calibro previsti, di battere il fianco sinistro della direttrice stradale e ferroviaria del San Gottardo, colpendone con efficacia uno dei punti più delicati, il ponte di Melide, passaggio obbligato per chi avesse voluto raggiungere in armi Como e Milano. Il nostro percorso, uno dei tanti possibili su questa bella montagna, da Bisuschio





raggiunge Cuasso al Monte e l’omonimo sanatorio, oggi centro d’eccellenza per la riabilitazione motoria. Da qui attacca la bella strada militare che, con pendenza costante e numerosi tornanti, ci porta in vetta al Piambello. I cippi odometrici originali ci avvertono della progressione del nostro itinerario e un edificio in rovina, la vecchia casermetta, ci segnala l’arrivo. Malgrado l’eccessiva vegetazione, gli spalti della postazione sco-

perta offrono in più punti magnifici scorci panoramici in ogni direzione, verso la pianura come verso le montagne della Val d’Intelvi, della Svizzera e, a occidente, alle spalle dei Massicci del Campo dei Fiori e del Monte Colonna, la lunga catena del Monte Rosa. A nord scendiamo per sentieri mal tracciati attraversando meravigliose faggete e castagneti, superando un osservatorio in caverna, per raggiun-


gere il suggestivo erratico Sass Boll, prima di ritrovare un tratto di strada militare selciata che serviva le quattro postazioni blindate e le due casermette della Forcorella di Marzio. Di qui prendiamo la strada militare, oggi asfaltata, che aggirando a mezza costa la falda occidentale del monte, raggiunge Boarezzo. Con un altro tratto di strada militare risaliamo nuovamente verso la vetta dove potremmo attardarci a visitare un apposta-

mento in caverna o, piÚ in alto, due appostamenti scoperti con ricovero blindato, ma una deviazione ci conduce, per l’Alpe del Tedesco, sulla strada del ritorno a Bisuschio. Antonio Trotti

conservatore del Museo della Guerra Bianca referente del progetto La Grande Guerra in Lombardia a.trotti@museoguerrabianca.it




Partenza: Bisuschio (VA) Arrivo: Bisuschio (VA) Distanza totale: 29,7 km Altitudine massima: 1089 m Altitudine minima: 360 m Totale salita: 990 m Senso: antiorario

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MARZIO

MONTE PIAMBELLO CUASSO AL MONTE

ALPE TEDESCO

BISUSCHIO


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testi e fotografie Lorenzo Bassi

TRIANGOLO LARIANO

Il Grande Classico dal fascino senza tempo


Inutile lamentarsi del meteo, di questa primavera 2013 così bagnata e delle temperature che non asciugano. Si prende e si va. Magari dove non avresti voluto ma si va. Punto e basta. Allora riscopri percorsi già percorsi, battuti e ribattuti. I Grandi Classici. Quelli che tutti conoscono e che hanno fatto mille volte. Quelli dai quali io cerco di sfuggire. E invece stavolta... cedo al fascino del Grande Classico. Uno di questi è la Traversata del Triangolo Lariano, 35 km circa da Como a Bellagio, pedalando lungo il crinale che unisce, tra gli 800 e i 1500 metri di altitudine, i monti Boletto, Bolettone, Palanzone e San Primo. In questo triangolo di prealpi, i cui vertici sono Como, Bellagio e Lecco e le ipotenuse sono disegnate dai bracci del Lago di Como, si pedala immersi in splendidi boschi di faggio e si attraversano ampie zone di pascolo. La traversata comincia da Brunate (possibilità di prendere la funicolare da Como) e alternando salite morbide a strappi da acidosi e ictus, sale in quota. Tra i numerosi passaggi mozzafiato che questo giro offre il primo è sicuramente quello del “Sentiero dei Faggi” che taglia il versante NORD dei monti Boletto e Bolettone. Oltre al divertimento di alcuni passaggi tecnici per i biker più spericolati, ciò che affascina è la potenza della natura che si esprime nella maestosità del faggio, pianta statuaria ed elegante.





Proseguendo la salita continua inesorabile verso il Monte Palanzone. Il bosco lascia spazio ai pascoli. Lo sguardo si svincola e comincia a spaziare in ogni direzione. Lungo la dorsale si ripetono punti panoramici privilegiati che si estendono su tutto l’arco alpino; non solo, nelle giornate limpide, laggiù in fondo fa capolino la sagoma lunga e morbida degli Appennini. E in mezzo spuntano le sagome dei fallici grattacieli della Milano da Bere (e da digerire se ci riesci...). Dopo un panino alla Colma di Sormano, punto di arrivo del mito ciclistico “Muro di Sormano” e le canoniche foto, si riparte per un ultimo strappo di qualche chilometro che porta alle pendici del Monte San Primo. La salita non è facile per le pendeze e per il fondo della mulattiera sassoso e sconnesso. Si pedala piano allora, a volte si scende e si spinge la bici: e questi momenti servono per godere ancora del panorama. Arrivati in cima, non possiamo che rimanere affascinati da quel che c’è laggiù: i due rami del lago di unisco nel vertice di Bellaggio allungando la prospettiva fino alla Val Chiavenna. E ora giù in picchiata: dieci chilometri di discesa per 1200 metri di dislivello di puro divertimento. All’imbarcadero di Bellagio ci aspetta il traghetto per Varenna, treno e ritorno nella Milano da Bere (e da digerire se ci riesci...). Una gita caldamente consigliata, soprattutto in giornate terse, dove la bellezza della natura si esprime nei colori più intensi e nei panorami più profondi.





Partenza: Brunate (CO) Arrivo: Bellagio (CO) Distanza totale: 35,5 km Altitudine massima: 1414 m Altitudine minima: 210 m Totale salita: 1092 m Totale discesa: 1595 m

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M.TE PALANZONE

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M.TE BOLETTONE


60 LA VIGNETTA

Paolo Deandrea dpacartoons.it


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Idee e soluzioni per la valorizzazione del territorio via Brunico 11 - 20126 Milano www.naturtecnica.com

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