Il Terzo Rapporto Aifos - Anno 2011

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AiFOS è un’associazione senza scopo di lucro costituita da formatori, docenti, professionisti, consulenti ed aziende che operano nel campo della sicurezza sul lavoro. La formazione è strumento di prevenzione per la salute e la sicurezza nei luoghi di vita e di lavoro. La rivista scientifica trimestrale “Quaderni della Sicurezza AiFOS” presenta studi, ricerche, analisi e commenti di carattere monografico.

AiFOS - Associazione Italiana Formatori della Sicurezza sul Lavoro c/o CSMT Università degli Studi di Brescia via Branze, 45 - 25123 Brescia tel. 030.6595031 fax 030.6595040 www.aifos.it info@aifos.it

QUADERNi DELLA SiCUREZZA AiFOS - Associazione Italiana Formatori della Sicurezza sul Lavoro

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QUADERNi DELLA SiCUREZZA AiFOS Associazione Italiana Formatori della Sicurezza sul Lavoro

Rivista monografica trimestrale - Salute e Sicurezza nei Luoghi di Vita e di Lavoro

Il Datore di Lavoro e la Formazione alla Sicurezza Rapporto AiFOS 2011 A cura di: Rocco Vitale Francesco Naviglio Presentazione di: Marco Fabio Sartori Introduzione di: Lorenzo Fantini Michele Lepore Commenti: Fabio Pontrandolfi Grazia Nuzzi Cinzia Frascheri Diego Alhaique Giovanni Ballan

n. 4 - Anno II Trimestrale Ottobre - Dicembre 2011

AiFOS Associazione Italiana Formatori della Sicurezza sul Lavoro c/o CSMT Università degli Studi di Brescia via Branze, 45 - 25123 Brescia tel. 030.6595031 fax 030.6595040 www.aifos.it info@aifos.it


PROSSIMO QUADERNO:

QUADERNI DELLA SICUREZZA AiFOS

Formazione dei Formatori alla Sicurezza

n. 1 - anno I

T.U. n. 81/2008

Prima uscita 2012 dedicata alla Formazione dei Formatori alla Sicurezza sul Lavoro

n. 2 - anno I

Valutare i rischi

n. 3 - anno I

Gestione aziendale e salute e sicurezza sul lavoro

n. 1 - anno II

n. 2 - anno II

n. 3 - anno II

I Sistemi di Gestione della Sicurezza tra Certificazione e Asseverazione

La conoscenza dello stress lavorocorrelato

I lavori e la Sicurezza sul Lavoro

n. 4 - anno I

La figura del Formatore alla Sicurezza

Rapporto AiFOS 2010

n. 4 - anno II

Il Datore di Lavoro e la Formazione alla Sicurezza Rapporto AiFOS 2011


Quaderni della Sicurezza AiFOS n. 4, 2011

Sommario Marco Fabio Sartori Presentazione Lorenzo Fantini Introduzione

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Michele Lepore Introduzione Rocco Vitale Il Datore di Lavoro e la Formazione alla sicurezza

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Presentazione del Rapporto 2011 ‐ I datori di lavoro ‐ La dimensione aziendale ‐ Azienda e Sicurezza ‐ La valutazione dei rischi ‐ La Formazione e l’azienda ‐ La Formazione per la Sicurezza in azienda ‐ I lavoratori e la Formazione ‐ Gli strumenti della Formazione ‐ Quali argomenti per la formazione ‐ La Formazione Finanziata ‐ Organismi Bilaterali e Paritetici ‐ Il datore di lavoro, il medico competente e il rappresentante dei lavoratori ‐ Il coinvolgimento e la partecipazione

85 Fabio Pontrandolfi Formazione, informazione, addestramento e aggiornamento in materia di salute e sicurezza sul lavoro Grazia Nuzzi 99 Formazione alla sicurezza, processo dinamico e complesso Cinzia Frascheri 103 È il datore di lavoro il primo ad aver bisogno di formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro Diego Alhaique 113 La formazione alla sicurezza tra luci e ombre in una difficile rete di sostegno al sistema di partecipazione dei lavoratori alla prevenzione Giovanni Ballan 117 Appendice Il datore di lavoro e la formazione alla sicurezza in Veneto



Marco Fabio Sartori

Il presidente dell’INAIL Marco Fabio Sartori si è spento lo scorso 8 novembre e qualche giorno dopo è andato in stampa questo Quaderno. Nato a Busto Arsizio il 31 maggio 1963, aveva 48 anni. Malgrado la grave malattia che lo aveva colpito nel corso del 2010 - e che egli stesso, con coraggio, aveva annunciato pubblicamente - ha continuato ad esercitare fino all’ultimo, con grande passione e coerenza, la guida dell’INAIL di cui era presidente dal 2008. Pubblichiamo questo - ultimo - intervento del presidente Sartori che consideriamo il suo messaggio all’AiFOS ed ai lettori della rivista quale testimonianza di un impegno di vita e di lavoro. Rocco Vitale

Presentazione di Marco Fabio Sartori1

L’indagine curata quest’anno da AiFOS rappresenta la conclusione di un interessante percorso di analisi e conoscenza intrapreso nel 2009 con il primo rapporto dedicato alla percezione diretta dei lavoratori sui temi della sicurezza, e proseguito, lo scorso anno, con un lavoro incentrato sulla figura del formatore. Il focus contenuto nel presente volume ci restituisce più di una ragione per ritenerci soddisfatti dei risultati già raggiunti nell’attività di accompagnamento della rivoluzione culturale in materia di sicurezza sollecitata dal “testo unico” del 2008, e ottimisti per il futuro:  il 77% dei datori di lavoro interpellati si dice convinto che la

sicurezza non sia un costo ma un investimento;  l’89,6% ritiene, inoltre, che la formazione non si riduca a un mero

adempimento burocratico.

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Presidente dell’Istituto Nazionale per l’assicurazione contro gli Infortuni e le Malattie Professionali.

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Rapporto AiFOS 2011 - Presentazione

L’attenzione dimostrata da parte datoriale per il tema di indagine proposto denuncia il corretto recepimento della gran parte delle previsioni di legge in materia di sicurezza. Ancora scarsamente conosciuto e riconosciuto, d’altro canto, appare – dalla lettura dei dati AiFOS – il ruolo formativo degli enti bilaterali e degli organismi paritetici. L’azione dell’INAIL nel sistema di prevenzione è volta, a tale proposito, a radicare l’Ente quale “snodo essenziale” delle relazioni e del confronto tra Istituzioni e con le Parti Sociali: in questo ambito, la valorizzazione del ruolo della bilateralità costituisce un fattore determinante nella soluzione delle problematiche della sicurezza. Il calo costante degli infortuni sul lavoro registrato negli ultimi 10 anni, e confermato dalle stime relative al primo semestre del 2011, deve necessariamente essere associato anche al cambiamento culturale in atto, grazie, soprattutto, allo sforzo formativo ed informativo messo in campo da tutti i soggetti coinvolti nell’impegno in prevenzione. È fatto oramai incontrovertibile che il rischio sia inversamente proporzionale alla cultura e all’informazione: è per tale motivo che occorre moltiplicare sforzi e risorse e sviluppare relazioni sistematiche con tutti gli interlocutori che hanno competenze nel settore. Il quadro legislativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro rafforza la formazione quale cardine del miglioramento dei livelli di qualità dell’azione di prevenzione, impegnando gli attori del sistema – e l’INAIL si “sente” particolarmente impegnato su tale versante – a cercare nuove forme, modalità e strumenti per la formazione stessa e per le attività di aggiornamento e orientamento professionale. Gli interventi formativi offerti dall’INAIL sono affidati a team territoriali integrati di professionalità amministrative, tecniche e sanitarie calibrate per settori di intervento. La formazione, inoltre, è parte integrante di un contesto del mercato del lavoro orientato verso scenari di competizione internazionale, ne accompagna le trasformazioni organizzative dovendo, conseguentemente, elaborare nuovi paradigmi, nuove progettualità e nuove strategie. Crescita culturale e sostegno alle imprese – anche economico – a partire da quelle piccole e medie rappresentano un binomio imprescindibile per garantire l’ulteriore salto di qualità nel contrasto agli infortuni sul lavoro che auspichiamo per il prossimo futuro. 2


Lorenzo Fantini

Introduzione di Lorenzo Fantini1

Tra gli obiettivi che la rinnovata (dai decreti legislativi n. 81/2008 e 106/2009) normativa di salute e sicurezza persegue, va annoverata la crescita del patrimonio professionale delle imprese e dei datori di lavoro, nella consapevolezza – discesa anche dalle esperienze maturate negli anni di vigenza del decreto legislativo n. 626/1994 – che una visione della salute e sicurezza sul lavoro che non tenga conto della conoscenza e della padronanza del tema e della sua rilevanza da parte dei datori di lavoro è per sua natura viziata da incompletezza. Ciò non solo e non tanto in relazione alle imprese “tradizionali” (ammesso che un simile concetto abbia oggi un significato), ma tenendo conto dell’evoluzione e della moltiplicazione delle organizzazioni di lavoro “atipiche”, non sempre riconducibili al classico modello della impresa organizzata in modo verticistico ed operante sempre nel medesimo contesto produttivo. Tale maggiore attenzione alla complessità dell’impresa e del lavoro va coniugata al principio, centrale nel “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro ed espresso – in particolare – all’articolo 299, per cui ciò che conta in termini antinfortunistici è l’effettività nello svolgimento delle funzioni prevenzionistiche e non la formale attribuzione di funzioni e compiti. Ciò impone una gestione della salute e sicurezza nelle imprese moderne che faccia capo ad un datore di lavoro consapevole della necessità di organizzare l’azienda in modo coerente con la finalità di tutelare la salute e sicurezza e non solo di produrre servizi e/o profitto e, quindi, in possesso di requisiti culturali adeguati. In tale contesto, la formazione del datore di lavoro che svolga “in proprio” i compiti del servizio di prevenzione e protezione è ancora più 1

Dirigente divisioni III e VI della Direzione Generale delle relazioni industriali e dei rapporti di lavoro del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il presente contributo ha valore personale e non impegna in alcun modo la Amministrazione di provenienza (circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 18 marzo 2004).

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Rapporto AiFOS 2011 - Introduzione

importante, se possibile, quale elemento prevenzionistico, di quanto lo sia mai stato in passato; ciò sia dal punto di vista strettamente normativo che rispetto al perseguimento in concreto di livelli elevati di salute e sicurezza, in entrambi i casi per la semplice ragione che la gestione della salute e sicurezza moderna richiede conoscenze adeguate alle nuove tecnologie ed organizzazioni del lavoro innanzitutto a chi dispone dei più ampi poteri nelle organizzazioni stesse, in applicazione del principio di effettività, appena richiamato, che – si potrebbe dire, con una semplificazione – impone che ad un potere grande corrisponda una grande responsabilità (e, quindi, conoscenza). Dal punto di vista normativo, già l’articolo 34 del “testo unico” prevede una formazione di “durata minima di 16” e “massima di 36 ore”, a seconda del rischio di impresa, mentre l’Accordo che verrà a delineare modalità e contenuti di tale formazione – al momento in cui si scrive in fase avanzata di perfezionamento in Conferenza Stato-Regioni – identifica un percorso di trasferimento di conoscenze moderno, particolarmente attento ai “rischi emergenti” e, più in generale, alla organizzazione della salute e sicurezza in azienda. Inoltre, la normativa che verrà porrà, senza eccezioni, la formazione del datore di lavoro come essenziale elemento della prevenzione in azienda, come dimostrato dal provvedimento (un D.P.R., al momento in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) sugli “ambienti confinati”, che impone ai datori di lavoro innanzitutto la dimostrazione dell’avvenuto adempimento di obblighi formativi, diretti nei riguardi dei propri lavoratori, ma anche di se stesso. In particolare, la normativa che disciplinerà la c.d. “qualificazione delle imprese” in settori a particolare rischio infortunistico, in attuazione dell’articolo 27 del D. Lgs. n. 81/2008, imporrà alle imprese che vorranno “qualificarsi” innanzitutto la dimostrazione della avvenuta formazione di obblighi formativi diretti non solo nei riguardi dei lavoratori, ma anche degli stessi datori di lavoro. In un simile contesto, attuale e di imminente realizzazione, i dati della rilevazione del Rapporto AiFOS 2011 forniscono uno spaccato dell’esistente particolarmente interessante, che permette soprattutto di apprezzare in che modo il sistema legislativo e la prassi formativa sin qui invalsa abbiano inciso (o, ancora meglio, in che misura e perché non abbiano inciso) sul miglioramento del bagaglio professionale e conoscitivo dei datori di lavoro. 4


Lorenzo Fantini

Ad esempio, significativa appare già la rilevazione relativa al possesso da parte dei titolari di aziende di una scolarizzazione medio-alta, elemento importante ai fini sia della individuazione che delle modalità di erogazione dei percorsi formativi. Ancora, di rilievo sono i dati sui soggetti formatori (in quanto testimoniano una preferenza per il pubblico o la formazione “certificata”) ed incoraggianti quelli sull’adempimento dell’obbligo formativo o di quello di valutazione dei rischi e, ancora di più, sulla diffusione nel campione considerato dei modelli di organizzazione e gestione, moderno paradigma della salute e sicurezza al quale occorrerà sempre più, in futuro, fare ricorso. Infine, dati in “chiaroscuro” emergono sulla consapevolezza da parte dei vertici aziendali dell’importanza della formazione per i propri lavoratori, sulla conoscenza dei ruoli e funzioni degli organismi paritetici, sull’utilizzo dei fondi interprofessionali, mentre chiara è la richiesta di sostegno alle iniziative formative in materia, in quanto sostanzialmente ritenute utili per le imprese. Per tutte queste ragioni e per altre che lascio all’apprezzamento e considerazione dei lettori (non avendo qui lo spazio per svilupparle come meritano) ancora una volta il Rapporto AiFOS si conferma importante strumento per formatori, operatori della sicurezza ed amministrazioni, chiamati a diverso titolo a contribuire alla crescita dei livelli di tutela della salute e sicurezza in ogni ambiente di lavoro.

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Rapporto AiFOS 2011 - Introduzione

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Michele Lepore

Introduzione di Michele Lepore1

L’AiFOS ha sviluppato la ricerca sui “Datori di lavoro e la formazione alla sicurezza” che costituisce il Rapporto 2011, che segue quello del 2010 sul ruolo dei formatori e del 2009 sui lavoratori e la formazione. Le tre indagini concludono il primo impegno che, su indicazione del Comitato Scientifico, l’AiFOS ha svolto mettendo a disposizione degli operatori del settore una serie di dati ed analisi utili ed importanti per lo sviluppo e lo studio della cultura della sicurezza. La salute e la sicurezza sul luogo di lavoro rappresentano oggi uno degli aspetti più importanti e più avanzati della politica sociale dell’Unione Europea. In questo campo le istituzioni europee non si limitano all’aspetto normativo, ma svolgono numerose attività di informazione, di orientamento e di promozione in favore di un ambiente di lavoro sicuro e sano, in collaborazione con l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro. Una buona salute sul luogo di lavoro consente di migliorare tanto la sanità pubblica in generale, quanto la produttività e la competitività delle imprese. Inoltre, i problemi di salute e di sicurezza sul lavoro hanno un costo elevato per i sistemi di protezione sociale. La Commissione europea, attraverso la strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione, propone di ridurre del 25% la percentuale totale degli infortuni sul lavoro entro il 2012. Tale strategia fa seguito alla strategia comunitaria per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro per il periodo 2002-2006. Quest’ultima ha dato i suoi frutti; infatti gli infortuni sul lavoro sono diminuiti nettamente.

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Docente di Diritto della Sicurezza sul lavoro, Facoltà di Ingegneria dell’Università “La Sapienza” di Roma, Presidente del Comitato Scientifico dell’AiFOS, Direttore della rivista Ambiente e Sicurezza sul Lavoro, ed. EPC, da cui sono tratti i punti salienti di questa presentazione.

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Rapporto AiFOS 2011 - Introduzione

Nel quadro normativo italiano, di recepimento delle Direttive Europee, risulta importante il ruolo del datore di lavoro le cui responsabilità sono sempre più legate a carenze di organizzazione del lavoro in sicurezza. Il D. Lgs. n. 106/2009, più noto come “decreto correttivo” del D. Lgs. n. 81/2008, apre la strada ad un nuovo approccio alla prevenzione. Come noto, già l’emanazione del D. Lgs. n. 626/1994 aveva prodotto importanti cambiamenti normativi che nel modo di fare segnarono il passaggio dalla “prevenzione tecnologica” dei decreti degli anni cinquanta – basata sulla sicurezza oggettiva delle macchine, degli impianti e degli ambienti di lavoro – alla “prevenzione di tipo soggettivo e comportamentale” in cui anche il “lavoratore”, e non soltanto “la macchina”, veniva posto “al centro del micro-organismo aziendale”, ai fini della sicurezza. Con l’emanazione dei due D. Lgs. n. 81/2008 e 106/2009, si apre una nuova fase storica che prevede una vera e propria “rivoluzione culturale” in ambito prevenzionistico, consistente nella previsione legale del passaggio dalle “prassi” alle “procedure” (“chi fa che cosa”), che dovrebbe in futuro determinare una maggiore certezza sui compiti e sulle responsabilità di ciascun soggetto e garantire un miglioramento della gestione dei controlli sull’effettiva attuazione di tali compiti. Il cuore di questa “rivoluzione culturale” è rappresentato da tre disposizioni-chiave, che sono state introdotte dal D. Lgs. n. 81/2008. Ci si riferisce all’art. 16, che ha introdotto, per la prima volta nel nostro ordinamento, una disciplina legislativa dell’istituto della delega di funzioni; all’art. 16, comma 3 e all’art. 18 comma 3-bis che hanno regolamentato ex novo gli obblighi di vigilanza dei datori di lavoro e dei dirigenti; ed infine, all’art. 30, che ha regolamentato i modelli di organizzazione e di gestione. Il D. Lgs. n. 106/2009 non si è limitato ad apportare modifiche sostanziali al dettato normativo originario delle suddette disposizioni, ma ha, altresì, sancito uno stretto legame tra le stesse. Questo stretto legame si fonda sulla riformulazione del secondo periodo dell’art. 16, comma 3. Il testo vigente di tale disposizione statuisce infatti che, in caso di delega di funzioni, l’obbligo di vigilanza da parte del datore di lavoro delegante – in ordine al corretto espletamento da parte del dirigente delegato – «si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all’articolo 30, comma 4». 8


Michele Lepore

Dunque, mentre il dettato legislativo originario del D. Lgs. n. 81/2008 prevedeva soltanto che la vigilanza del datore di lavoro si potesse svolgere “anche” attraverso i modelli di organizzazione e di gestione, il testo vigente della norma in esame consente al datore di lavoro di dimostrare l’assolvimento dell’obbligo di vigilanza con l’adozione e l’efficace attuazione del modello di cui all’art. 30. In questa nuova prospettiva, il modello di organizzazione e gestione rappresenta il principale parametro della buona organizzazione della sicurezza. Sul datore di lavoro, e le sue responsabilità, è utile ricordare la recente sentenza della Cassazione Penale, sez. IV del 28 aprile 2011, n. 23292 relativa al caso della morte di un operaio metalmeccanico alla guida di un carrello elevatore. Durante il trasporto di materiale il lavoratore sceso dal mezzo, veniva violentemente investito. Al riguardo, la sentenza ha ribadito il principio secondo il quale “in imprese di grandi dimensioni, come quella in questione, non può individuarsi il soggetto responsabile, automaticamente, in coloro che occupano la posizione di vertice, occorrendo un puntuale accertamento dell’effettiva situazione della gerarchia delle responsabilità all’interno dell’apparato strutturale, così da verificare l’eventuale predisposizione di un adeguato organigramma dirigenziale ed esecutivo il cui corretto funzionamento esonera l’organo di vertice da responsabilità di livello intermedio e finale. Diversamente opinando, del resto, si finirebbe con l’addebitare all’organo di vertice quasi una sorta di responsabilità oggettiva rispetto a situazioni ragionevolmente non controllabili, perché devolute alla cura ed alla conseguente responsabilità di altri. Tale principio va però inscindibilmente coniugato con l’altro, parimenti consolidato, secondo il quale, pur a fronte di una delega corretta ed efficace, non potrebbe andare esente da responsabilità il datore di lavoro allorché le carenze nella disciplina antinfortunistica attengano a scelte di carattere generale della politica aziendale ovvero a carenze strutturali, rispetto alle quali nessuna capacità di intervento possa realisticamente attribuirsi al delegato alla sicurezza”. In linea con tale principio, va ancora affermato che non è condivisibile la linea interpretativa che vorrebbe concentrare la responsabilità sui livelli intermedi, in particolare sul responsabile del servizio manutenzione, che non era intervenuto a rimuovere le carenze funzionali della macchina e sul responsabile del reparto, che non avrebbe adibito un operatore a terra per la manovra del carro porta placche. 9


Rapporto AiFOS 2011 - Introduzione

Infatti, tali soggetti, non portano le responsabilità inerenti alle scelte gestionali generali, ma hanno poteri posti ad un livello inferiore, solitamente rapportati anche all’effettivo potere di spesa. In secondo luogo, la molteplicità delle posizioni di garanzia (oltre il datore di lavoro, il dirigente ed il preposto), consente di affermare che ognuno è destinatario diretto delle norme antinfortunistiche, prescindendo da una eventuale “delega di funzioni” conferita dal datore di lavoro. Ciò ovviamente non esclude che, nel concreto, chiamati a rispondere della violazione possano essere più soggetti contitolari di posizioni di garanzia concorrenti e convergenti rispetto alla medesima finalità prevenzionale, restando peraltro ferma l’esclusiva responsabilità dei soggetti obbligati in proprio dalle norme citate, allorché la mancata attuazione dei relativi obblighi “sia addebitabile unicamente agli stessi”, non essendo riscontrabile un difetto di vigilanza da parte del datore di lavoro e dei dirigenti. Come si vede, i ragionamenti suesposti ribaditi dalla Corte, rappresentano un’autorevole conferma sia del principio generale della responsabilità dei datori di lavoro dovuta per mancanza di ordine strutturale, sia dell’obbligo di questi ultimi di vigilanza sui loro delegati. Ribaltando, infine, i termini della questione, va detto che l’attribuzione di responsabilità penale alla persona del datore di lavoro a seguito di infortuni sul lavoro non impediti, sempre più dovrà essere basata sulla inadeguatezza o inesistenza di una buona organizzazione delle attività di sicurezza nell’ambito dell’organizzazione del lavoro. La finalità, in linea con le indicazioni europee, è quella di raggiungere l’obiettivo principale di ridurre del 25% la percentuale degli infortuni sul lavoro. La legislazione comunitaria deve non solo essere maggiormente applicata, bensì deve anche essere applicata in maniera equivalente in tutti gli Stati membri, affinché tutti i lavoratori europei risultino tutelati ugualmente. Al fine di proteggere il lavoratore, è peraltro essenziale adattare il quadro giuridico all’evoluzione del mondo del lavoro e agli ultimi progressi tecnici. Adattarlo significa semplificarlo e renderlo maggiormente efficace.

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Rocco Vitale

Il Datore di Lavoro e la Formazione alla sicurezza di Rocco Vitale1

Presentazione del Rapporto 2011 Con il Rapporto 2011 si conclude la prima parte della ricerca sulla formazione che ha coinvolto i soggetti aziendali. Si tratta un’indagine svoltasi nell’arco di tre anni che ha riguardato i lavoratori (Rapporto 2009) i formatori (Rapporto 2010) ed i datori di lavoro (Rapporto 2011). I tre Rapporti AiFOS hanno una stretta connessione fra loro, in quanto indagano sul sistema della formazione alla sicurezza sul lavoro, ed i tre soggetti interlocutori delle ricerche, da punti di vista differenti, contribuiscono a delineare un quadro globale e sfaccettato di questa importante tematica. Il valore di queste ricerche è che si collocano nell’ambito dell’indagine, strumento sempre più raro e complesso che cerca di capire e comprendere una realtà nella quale si opera a differenti livelli. L’avvio dei Rapporti è stato pianificato dal Comitato Scientifico dell’AiFOS ed ha visto come diretti interlocutori molti associati, quali formatori, e naturalmente i lavoratori ed i datori di lavoro. I datori di lavoro coinvolti nella ricerca rappresentano un campione che a livello geografico coinvolge l’intero territorio nazionale. La prima domanda che ci siamo posti con un elaborato questionario, composto da un centinaio di domande che hanno permesso di ottenere una serie di dati importanti e significativi, è stata quella di conoscere chi fosse l’autore delle risposte. Si conclude con il Rapporto 2011 questa prima fase che, sicuramente, offre spunti ed analisi che aiuteranno lo svolgimento del lavoro e dell’attività dei formatori alla sicurezza sul lavoro. 1

Presidente dell’AiFOS, sociologo del lavoro, docente di diritto del lavoro Facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Brescia.

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Rapporto AiFOS 2011 – Il datore di lavoro e la formazione alla sicurezza

Capitolo 1 I DATORI DI LAVORO

Spesso, come del resto è prassi, il datore di lavoro nelle sue attività si avvale di collaboratori e consulenti e pertanto la compilazione del questionario non è sempre stata opera diretta del datore di lavoro, ma dei suoi collaboratori. Infatti, hanno risposto direttamente al questionario il 47% dei datori di lavoro, mentre per il 53% hanno risposto coloro che collaborano con il titolare. Bisognerà, dunque, nel corso della lettura dei dati, tenere presente che all’incirca la metà delle risposte sono fornite direttamente dal datore di lavoro e per l’altra metà dai soggetti collaboratori. Figura 1

Ciò, del resto, rappresenta un aspetto interessante e di vitalità della ricerca, nel senso di coinvolgimento del gruppo dirigente ai fini degli adempimenti e responsabilità proprie dei datori di lavoro. Tra i collaboratori dei datori di lavoro che hanno partecipato alla ricerca troviamo le seguenti figure di riferimento in ordine di presenza: R.S.P.P., Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione: 51%; dipendenti: 22%; consulenti: 14%; dirigenti: 8%; preposti: 2%; altri: 4%. Dai dati emerge un quadro complessivo che vede una partecipazione attiva al processo della sicurezza da parte delle figure del sistema aziendale. La presenza del 50% di R.S.P.P. sta a dimostrare come questo 12


Rocco Vitale

soggetto, sia interno o esterno all’azienda, è di fatto tra i principali collaboratori del datore di lavoro. È interessante notare come il 32% sono dipendenti dell’azienda e di questi l’8% dirigenti e solo il 2% preposti, mentre il 22% sono dipendenti che, a vario titolo, collaborano con il datore di lavoro. Abbiamo analizzato il profilo dei datori di lavoro per conoscerne caratteristiche con dati anagrafici e professionali. Come hanno rilevato le ricerche degli anni passati, anche in questo caso, i datori di lavoro sono per il 79% uomini e le donne rappresentano il 21%. Un dato che riflette il quadro nazionale. Come in tutte le ricerche l’età anagrafica degli intervistati ne rappresenta un tratto indispensabile per la lettura dell’intera indagine sia per la valutazione successiva delle risposte. L’età corrisponde ai livelli e stili di vita e quindi le risposte devono essere analizzate ed interpretale alla luce dei differenti livelli di età. Figura 2

L’età media dei datori di lavoro (67%) si ritrova nella fascia di età che va dai 36 ai 55. Suddividendo in due fasce abbiamo il 30,1% che va dai 36 ai 45 anni ed il 37% dai 46 ai 55 anni. Nessun datore di lavoro  non che non ve siano ma, semplicemente non sono presenti in questa ricerca sulla sicurezza  ha un’età compresa tra 18 ed i 25 anni, mentre il 20% ha un’età che va dai 56 anni in su. 13


Rapporto AiFOS 2011 – Il datore di lavoro e la formazione alla sicurezza

Si delinea un quadro complessivamente “giovane” che, in relazione alle tematiche poste dalla ricerca, dimostra di avere conoscenza delle questioni relative alla sicurezza sul lavoro. Per quanto riguarda i settori di attività dei datori di lavoro, troviamo al primo posto i servizi seguiti da settore manifatturiero, commercio, artigianato, trasporti, Pubblica Amministrazione ed Istruzione, sanità e servizi sociali, settore della chimica, agricoltura e pesca: sostanzialmente un quadro rappresentativo dell’Italia terziaria, del commercio e dell’artigianato seguita dal settore manifatturiero. Questi aspetti della ricerca non sono certamente rappresentativi del sistema industriale italiano, ma sono stati utili ai fini dell’indagine per identificare ruoli e percezioni da parte del datore di lavoro. Vedremo in un dato successivo come buona parte dei datori di lavoro svolgano direttamente le funzioni di RSPP a conferma del fatto che la media, piccola e piccolissima industria siano il peso ed il tessuto del sistema industriale del nostro paese. I dati ISTAT del 2008 rilevano 4 milioni e 400.000 imprese di cui il 94% con meno di 10 addetti. Tra queste, le microimprese sono il 47,2% con una media di meno di 4 addetti per impresa. Le grandi imprese con più di 250 addetti sono solamente 3.508. Figura 3

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Rocco Vitale

Sono laureati il 40% dei datori di lavoro, mentre i diplomati rappresentano circa il 50%. Sono pochi, invece, in termini percentuali, i datori di lavoro in possesso di sola licenza elementare o scuola media (7%). Risulta interessante un confronto tra i titoli di studio dei datori di lavoro e dei formatori alla sicurezza (dato recuperato dalla ricerca del 2010). Si tratta di due figure che con responsabilità differenti, di fatto, sono gli artefici delle politiche della sicurezza sul lavoro in azienda. Titoli di studio confronto Diploma scuola media inferiore Diploma scuola media superiore Laurea

Datori di lavoro 13% 47% 40 %

Formatori 4% 51% 45%

Questo parallelismo evidenzia una quasi equivalenza del livello di istruzione corrispondente tra datori di lavoro e formatori e rappresenta un elemento di estrema importanza da cui possono derivare comportamenti e consapevolezze del proprio ruolo  datoriale da un lato e formativo dell’altro  nell’ambito del sistema della sicurezza sul lavoro. Allo stesso tempo, le conoscenze tecniche e normative possedute, possono rendere il datore di lavoro un vero e proprio interlocutore del formatore, col quale elaborare, condividere e comprendere i modelli e le progettualità formative.

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Rapporto AiFOS 2011 – Il datore di lavoro e la formazione alla sicurezza

Capitolo 2 LA DIMENSIONE AZIENDALE

La dimensione aziendale rappresenta un elemento determinante che riguarda tutta la politica della sicurezza nell’ambiente di lavoro. La prima riflessione che emerge dall’analisi dei dati riguarda le dimensioni delle aziende in base al numero di dipendenti. Oltre il 52% delle imprese hanno da 1 a 10 dipendenti e, pertanto, merita un’attenta riflessione il modello applicativo della sicurezza disegnato dal D. Lgs. n. 81/2008 che nel rispetto della norma rappresenta, spesso, un vincolo amministrativo e burocratico alla concreta attuazione delle prevenzione per la sicurezza sul lavoro. Il rischio di adempiere alla norma per i soli aspetti formali è presente, in quanto l’adempimento sostanziale dovrebbe essere semplificato ed efficacemente attuato. La Commissione consultiva nazionale di cui all’art. 6 del D. Lgs. n. 81/2008 avrebbe dovuto elaborare entro la data del 31 dicembre 2010 procedure di standardizzazione per l’effettuazione della valutazione dei rischi. Successivamente, con il D. Lgs. n. 106/2009, veniva affidato sempre alla Commissione anche il compito di elaborare le procedure di standardizzazione per la redazione del Documento della Valutazione dei Rischi. Figura 4

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Rocco Vitale

Si tratta di una scelta consapevole del legislatore che invita a studiare modelli operativi affinché le norme e gli adempimenti previsti dal D. Lgs. n. 81/2008 possano essere efficacemente applicati anche alle piccole aziende ed alle micro aziende che vanno da 5 a 10 dipendenti. Del resto è noto che nelle aziende di medie e grandi dimensioni, che superano i 250 dipendenti (nella ricerca rappresentano il 10,3%), il controllo sociale all’interno dell’azienda rappresentato dalle relazioni tra le parti sociali costituisce un elemento di confronto ed attuazione delle misure di prevenzione per la sicurezza sul lavoro. Risulta evidente che nel sistema aziendale medio-piccolo, che occupano una media di dipendenti che vanno da 11 a 100, pari al 37%, vi siano elementi e soggetti, che a seguito di formazione ed informazione, abbiano presenti quali siano compiti ed adempimenti in ordine all’importanza della sicurezza. Dalla ricerca emerge, positivamente, una consapevolezza da parte dei datori di lavoro sia di conoscenze sia di importanza che assume, per l’azienda, l’applicazione della normativa prevenzionistica. Uno degli strumenti utili ai fini della conoscenza della politica delle aziende è rappresentato dalla certificazione di qualità. Dalla ricerca risulta che circa la metà (52%) delle aziende non ha alcuna certificazione, mentre quella relativa alla qualità UNI EN ISO 9001 è posseduta dal 39% delle aziende. Scarsa è la certificazione ambientale (4%), mentre muove i primi passi (4,6%) la certificazione sulla sicurezza definita dall’OHSAS 18001. Figura 5

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Rapporto AiFOS 2011 – Il datore di lavoro e la formazione alla sicurezza

La richiesta, conseguente, rivolta alle aziende è stata quella di segnalare il possesso o meno di un Sistema di Gestione Salute e Sicurezza sul Lavoro. Ne risulta un’adesione pari al 38%, mentre il restante 62% non ha un sistema di gestione specifico per la sicurezza sul lavoro. Considerando le novità e la non semplicità (ed i costi), anche in relazione alle piccole dimensioni aziendali, dell’implementazione di un Sistema di Gestione Sicurezza sul lavoro, il dato del 39% è altamente positivo ed a ciò non è secondario il ruolo svolto dall’INAIL, cui le aziende possono rivolgersi per lo sconto sui premi solo in presenza dell’adozione di un Sistema di gestione. Si deve poi considerare che, di norma, molte aziende certificate con la qualità UNI EN ISO 91001 proseguano il percorso con la certificazione per la sicurezza e l’ambiente ai fini di attuare un sistema di gestione integrato.

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Capitolo 3 AZIENDA E SICUREZZA

Per prima cosa si chiede al Datore di lavoro se conosce i propri obblighi in materia di sicurezza sul lavoro. Circa il 75% conosce bene sia i compiti che gli obblighi, mentre il 25% li conosce molto poco. Viene rappresentata una buona quota di imprenditori e si tratta di una constatazione che chiarisce come la non conoscenza delle normative prevenzionistiche a carico dei datori di lavoro sia un aspetto grave. Si conferma, ancora una volta, quanto viene costantemente ignorato, ovvero, la necessità che ogni datore di lavoro sia obbligato allo svolgimento di un corso di formazione sulla sicurezza sul lavoro. Del resto è anacronistica la norma che obbliga il datore di lavoro, all’art. 37 del D. Lgs.n. 81/2008, ad assicurare la formazione alla sicurezza ai propri dipendenti verso la quale ha obblighi e sanzioni ma di cui non conosce nulla! Figura 6

Si chiede, a questo proposito, chi sia in azienda a svolgere le funzioni di R.S.P.P. e ne risulta che per il 49% sono gli stessi datori di lavoro a svolgere tale ruolo. Questo spiega anche l’alta percentuale di datori di lavoro che conoscono i propri compiti e responsabilità. Se togliamo i 19


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datori di lavoro che svolgono direttamente il ruolo di R.S.P.P. a tale percentuale, risulta che la percentuale degli imprenditori che hanno scarsa conoscenza degli obblighi e dei diritti dei datori di lavoro sia quasi del 51%. Questa dato conferma ed allarma sulla urgente necessità che anche i datori di lavoro debbano essere formati sui temi della sicurezza sul lavoro, almeno al pari dei propri lavoratori. Il ruolo di R.S.P.P. viene svolto per il 26% da lavoratori interni all’azienda e dal 25% circa da consulenti esterni. Oltre al R.S.P.P. si richiede se l’azienda è seguita da un consulente e ne risulta una risposta positiva pari al 39%. La medesima percentuale dichiara di non fruire di nessun consulente, mentre il 22% dichiara di servirsene occasionalmente. Proprio per il fatto che molti datori di lavoro svolgono direttamente le funzioni di R.S.P.P., viene chiesto se si conosce quale formazione debba possedere il R.S.P.P.. L’85% risponde che i Responsabili devono frequentare i moduli A, B e C previsti dall’Accordo Stato-Regioni. Solo il 15% dichiara di non sapere e di non dover svolgere nessuna formazione. Considerando l’ampio numero di datori di lavoro che svolgono direttamente il ruolo di R.S.P.P., ne consegue, comunque, che circa il 49% dei datori di lavoro non ha idee chiare e precise circa la formazione che deve effettuare il R.S.P.P. Figura 7

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In considerazione del fatto che molti datori di lavoro svolgono le funzioni di R.S.P.P., si chiede di individuare il soggetto responsabile della formazione e del rilascio dell’attestazione con una verifica dell’apprendimento. Il 39% dei Datori di lavoro ha svolto un corso presso istituzioni pubbliche o accreditate presso le regioni, mentre il 28% ha svolto la formazione presso aziende formative private. Vi sono poi le associazioni di categoria che hanno formato circa il 25% dei datori di lavoro, mentre un 8% dichiara di non aver mai svolto nessuna formazione ma di svolgere ugualmente tale ruolo(!).

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Capitolo 4 LA VALUTAZIONE DEI RISCHI

Viene richiesto al datore di lavoro se nella propria azienda ha valutato tutti i rischi presenti e ne ha redatto il relativo documento della valutazione. Ovviamente, il 96% risponde affermativamente e solo il 4% afferma di non aver svolto la valutazione dei rischi e la redazione del D.V.R.. È importante, a questo punto, conoscere il valore che il datore di lavoro attribuisce al processo della valutazione dei rischi. Figura 8

Nell’ambito di una scala di valori da 1 a 5, che corrisponde  per tutte le altre risposte del questionario  a pochissimo, poco, abbastanza, molto, moltissimo, è confortante constatare che il 78,6% dei datori di lavoro attribuisce al D.V.R. un valore fortemente positivo ed utile. Certamente, la percentuale del 20% che della valutazione dei rischi da un giudizio basso-medio dimostra che molti datori di lavoro, non avendo effettuato nessuna formazione, non siano a conoscenza dell’importanza della rilevazione, valutazione e documentazione dei rischi. Si deve rilevare come, dal precedente Rapporto AiFOS del 2009, risulti che il 51,8% dei Rappresentanti dei Lavoratori dichiara di essere stato coinvolto nell’elaborazione della Valutazione dei Rischi. 22


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Ben sapendo che successivamente alla valutazione dei rischi deve essere redatto l’apposito Documento della Valutazione, il 96% dei datori di lavoro ha firmato il DVR. Per approfondire le conoscenze inerenti il D.V.R. è stato chiesto chi, oltre al datore di lavoro deve firmare il documento. La domanda poneva tre opzioni che hanno dato le seguenti risposte: Figura 9 La percentuale di coloro che conoscono bene la norma sono pochi: solo il 9% dichiara che il DVR deve essere firmato anche dal R.S.P.P. e dal Medico competente. Si tratta di coloro, e sono davvero pochi, che conoscono bene la norma che obbliga alla firma i tre soggetti ritenuti responsabili della valutazione e della redazione del successivo DVR. Nelle risposte si premette, sempre, che il Documento deve essere firmato dal Datore di lavoro e dal R.S.P.P.. Si richiede di conoscere chi siano gli altri soggetti che lo devono firmare, attribuendo alla firma il valore di aver partecipato e condividere la valutazione e le misure previste ai fini della prevenzione. Un percentuale pari all’84% dichiara che il DVR deve essere firmato oltre che dal Datore di lavoro e R.S.P.P. sia dal Medico competente e sia anche dal Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza. Si tratta di una prassi consolidata ma erronea: la firma del Documento ne comporta la sua approvazione, mentre il R.L.S. può firmare copia del DVR per ricevuta e non per assunzione di responsabilità in relazione alla sua redazione. Alla stessa maniera un 6% dichiara che il DVR deve essere firmato dal R.S.P.P. e dal R.L.S.. Anche in questa caso siamo in presenza di un errore grossolano, in quanto il Medico Competente deve firmare il documento, mentre per il R.L.S. valgono le considerazioni precedenti. Poco meno del 10% risponde correttamente affermando che il DVR deve essere firmato dal R.S.P.P. e dal Medico Competente (oltre 23


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naturalmente al Datore di Lavoro), ma non coinvolgendo il Rappresentante dei Lavoratori in una azione che non gli è propria per funzione e per ruolo.

Il Coinvolgimento dei Rappresentanti dei lavoratori I medesimi Rappresentanti dei lavoratori hanno le idee non molto chiare sullo svolgimento del proprio ruolo in relazione al Documento della Valutazione dei Rischi. Dal Rapporto AiFOS 2009, riguardate i lavoratori e la sicurezza, si è rilevato come il 46,1% dei R.L.S. abbia firmato il D.V.R. e solo il 17,9% con la formula “per conoscenza”, ovvero per presa visione. Valutazione dei rischi confronto La firma sul D.V.R. è solo per conoscenza Importanza della valutazione dei rischi e grado di coinvolgimento

R.L.S.

Datori di lavoro 6,4 %

17,9 %

78,6 %

51,8 %

Questa percentuale si assottiglia nel parere dei datori di lavoro che, ancora, sono convinti che il coinvolgimento sia attuato mediante una firma al D.V.R. che non è richiesta, ai fini redazionali, ma solo di conoscenza.

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Capitolo 5 LA FORMAZIONE E L’AZIENDA

Coloro che conoscono i sistemi formativi sanno bene che l’analisi del bisogno rappresenta il momento iniziale della progettazione didattica. Diversi sono i metodi e gli strumenti per effettuare una precisa analisi del fabbisogno. Chiedere al datore di lavoro la misura del bisogno di formazione per i lavoratori della propria azienda non significa effettuare una puntuale analisi dei bisogni formativi aziendali. Si è voluto, piuttosto, cogliere il livello di conoscenza e di percezione del bisogno generale di formazione che hanno gli stessi datori di lavoro per quanto riguarda la propria realtà aziendale. Si chiede, preliminarmente, per introdurre la questione quanto il datore di lavoro pensa di conoscere “bene” le necessità della propria azienda in materia di sicurezza. Ovviamente solo il 2% dichiara di non averne conoscenza, mentre il 66% conosce bene i bisogni aziendali ed il 32% dichiara di conoscere abbastanza. Di fatto, poco più di un terzo dei datori di lavoro affermano di non conoscere bene il bisogno di sicurezza e, di conseguenza, di non sapere quali siano le attività di formazione utili per le proprie aziende. Figura 10

Poco meno del 4% dichiara di non conoscere il bisogno di formazione e, implicitamente  per come era posta la domanda  ritiene che la stessa non sia un elemento qualificante. 25


Rapporto AiFOS 2011 – Il datore di lavoro e la formazione alla sicurezza

Per il 96% dei datori di lavoro, che dichiara di conoscere i bisogni formativi aziendali, si hanno differenti livelli di giudizio. Il 16% ritiene di conoscere abbastanza i bisogni formativi aziendali e quasi l’80% si colloca in una fascia tra il molto ed il moltissimo. Si tratta di un risultato estremamente incoraggiante, poiché vi è nei datori di lavoro una grande consapevolezza dell’importanza della formazione che, come vedremo, non riguarda solamente la sicurezza sul lavoro ma anche altri aspetti della vita aziendale. La medesima domanda elaborata nel Rapporto AiFOS 2010 chiedeva ai formatori, quale fosse la propria conoscenza del bisogno formativo aziendale. La conoscenza del bisogno formativo aziendale viene discusso Formatore Datore di Lavoro

poco abbastanza % %

molto %

Moltissimo %

24,3 4,1

25,2 43,8

5,7 36,1

44,8 16,0

I datori di lavoro hanno una consapevolezza che raggiunge quasi l’80%, mentre i formatori solo per il 31% conoscono il reale bisogno formativo aziendale. Ciò significa non solo che vi è, da parte dei formatori, carenza di analisi ma anche che spesso gli stessi non compiono neppure un’approfondita discussione con il Datore di lavoro che gli permetta di conoscere la situazione aziendale in cui andranno a svolgere l’intervento formativo. Figura 11

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Viene, successivamente, chiesto se la formazione dei lavoratori sia importante anche ai fini di favorire l’organizzazione aziendale. Una percentuale del 14% dei datori di lavoro la ritiene poco utile, mentre il 23% la ritiene una priorità. Sommando i giudizi “abbastanza, molto, moltissimo” si ottiene una percentuale poco inferiore del 90%, a testimoniare come la formazione sulle problematiche della sicurezza sul lavoro incida anche sul sistema dell’organizzazione aziendale nel suo complesso. Figura 12

L’indagine prosegue, considerando la formazione come sistema e non nei rispettivi contenuti, e chiedendo di esprimere il proprio parere sul fatto che la formazione sia utile ai fini di migliorare le relazioni tra il personale aziendale. Il 53% dei datori di lavoro ritiene che sia molto importante, mentre un 34,3% la ritiene abbastanza utile; percentuale che assommata a quella di coloro che non la ritengono utile raggiunge circa il 47% delle risposte. Il giudizio dei datori di lavoro si spacca a metà: il 50% ritiene utile la formazione per lo sviluppo delle relazioni e l’altra metà non la ritiene utile. Un dato importante sul quale riflettere e lavorare al fine di poter cambiare gli orientamenti in base all’effettività delle proposte formative ed al loro grado di coinvolgimento dei lavoratori e delle relazioni tra i soggetti. 27


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Figura 13

Viene, naturalmente, chiesto se la formazione è importante per conoscere i problemi della sicurezza sul lavoro. Le domande cui sono stati chiamati a rispondere i datori di lavoro in realtà erano due: la prima chiedeva se la formazione aiuti a capire le necessità della sicurezza, mentre la seconda implicava il giudizio di una formazione utile per la prevenzione della sicurezza sul lavoro. Poco meno del 90% del campione ritiene la formazione utile per la sicurezza sul lavoro. A fronte di un modesto 2% che la ritiene poco utile, si deve osservare come un 11% la ritiene abbastanza: ciò a significare che un 13% ritiene non utile “alcuni modelli formativi sperimentati presso la propria azienda”. Vi sono in questa risposta, correlata ad altre successive, la consapevolezza dell’importanza della formazione ed allo stesso tempo l’emergere di una constatazione dello svolgimento di formazione inadeguata, insufficiente e, talvolta, inutile. 28


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Figura 14

Continuando l’analisi sul sistema formativo si è chiesto se la formazione dei lavoratori abbia un impatto che può essere utile per migliorare le relazioni ed i rapporti verso i clienti. Il 36,6% dei datori di lavoro ritiene molto positiva l’attività formativa del proprio personale che indice sviluppando un migliore rapporto con la clientela. Un’analoga quota (35,9%) la ritiene abbastanza utile, ma non le riconosce molta importanza, mentre il 27,4% ne da un giudizio di inutilità. Figura 15

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Viene infine chiesto se la formazione sia o meno un elemento importante per migliorare il proprio curriculum professionale. Il 41% dei datori di lavoro lo ritiene un elemento importante, mentre il restante 59% lo ritiene poco utile o abbastanza (32,6%), in quanto ritengono che la formazione non rappresenti una specializzazione o qualificazione per i propri dipendenti.

Datori di lavoro e formatori nei confronti della formazione Il rapporto tra la formazione e l’azienda si tramuta nel rapporto personale datore di lavoro e formatore, ovvero tra colui che deve fare la formazione  o meglio, su colui che è identificato dalla norma come destinatario dell’obbligo  e chi la effettua concretamente. La ricerca condotta sui datori di lavoro segue il filo della medesima ricerca, con ambiti differenti e specialistici, di quella svolta per i formatori che pone prima della formazione della sicurezza sul lavoro la considerazione sul valore della formazione. È interessante notare come alle medesime domande  che si basano sugli effetti derivanti dalla formazione  siano state date risposte differenti in coerenza con i rispettivi ruoli, aspettative e professionalità. Si ritiene utile presentare tali raffronti, i cui dati percentuali sono di estrema evidenza e non hanno bisogno di ulteriori commenti. Formazione per favorire l’organizzazione aziendale Formatore Datore di Lavoro

poco abbastanza % %

molto %

Moltissimo %

1,26 14,3

41,32 37,7

29,97 23,4

Formazione per migliorare rapporti con i clienti Formatore Datore di Lavoro

poco abbastanza % %

molto %

Moltissimo %

1,58 27,4

47,95 23,2

27,13 13,4

Formazione per favorire la sicurezza sul lavoro Formatore Datore di Lavoro

poco %

abbastanza %

molto %

Moltissimo %

1,26 2,1

18,61 11,0

49,21 36,6

25,87 50,3

30

11,67 24,7

17,98 35,9


Rocco Vitale

Formazione per favorire e migliorare i rapporti tra i lavoratori Formatore Datore di Lavoro Formazione per migliorare il curriculum professionale Formatore Datore di Lavoro

poco %

abbastanza %

molto %

Moltissimo %

9,15 12.06

25,87 34,3

43,53 37,8

16,40 15,4

poco abbastanza % %

molto %

Moltissimo %

9,15 28,5

36,28 32,6

16,72 8,3

32,49 30,6

31


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Capitolo 6 LA FORMAZIONE PER LA SICUREZZA IN AZIENDA

Considerando il campione rappresentato che ha partecipato alla ricerca e che, quindi, conosce il meccanismo della formazione e della sicurezza aziendale era abbastanza ovvio aspettarsi che nella propria azienda vengano svolti corsi di formazione per i lavoratori. Infatti solo l’1% dichiara di non aver svolto corsi per la sicurezza. Figura 16

Nella ricerca si è chiesto al datore di lavoro di esprimere la propria conoscenza del livello di efficacia della formazione svolta all’interno dell’azienda. In generale, dalle risposte risulta che la formazione svolta all’interno dell’azienda sia la migliore e la più utile. I dati della ricerca, tuttavia, presentano un quadro che deve essere più attentamente analizzato. Solo il 20% dei datori di lavoro dà un giudizio molto positivo sull’utilità della formazione in azienda, percentuale che aggiunta a quella di coloro che, comunque, ne danno un giudizio buono raggiunge il 66,4%. Una percentuale del 33,6 di datori di lavoro, invece, non ne dà un buon giudizio. Si tratta di un terzo delle risposte e certamente questo dato è influenzato non tanto dal fatto tecnico di svolgere la formazione 32


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all’interno di un’azienda (ad esempio nella sala mensa), quanto piuttosto da un giudizio sulla qualità della formazione. Svolgere la formazione all’interno di un’azienda non è sinonimo di una buona formazione, ma solo di un risparmio di tempo che però non ha impedito di dare giudizi, anche, negativi. Presentiamo il confronto tra le percentuali delle risposte ricevute, nei precedenti Rapporti, dai formatori e dai lavoratori. Domanda: È utile la formazione in azienda? Formatori Lavoratori Datore di Lavoro

poco %

abbastanza %

2,52 4,90 4,2

8,52 19,00 29,4

molto moltissimo % % 50,47 49,50 46,2

34,07 26,70 20,3

Si evidenzia come il giudizio più positivo venga dato dai formatori (34,07%), mentre diminuisce da parte dei lavoratori e dei datori di lavoro. Un 50% degli intervistati si colloca in una posizione mediana rispondendo che è “molto utile”, ma sorprende il dato che il 19% dei lavoratori la considerino abbastanza utile a fronte del 29,4 % dei datori di lavoro. Figura 17

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Dato che molti momenti formativi si svolgono in ambienti esterni all’azienda, si è chiesto il giudizio sull’efficacia della formazione svolta in aula presso una sede formativa esterna all’azienda. I datori di lavoro che rispondono che la formazione in aula “vale moltissimo” sono poco meno del 10%, mentre il 33,6% ne riconosce il valore di buona validità. Vi è da rilevare, comunque, come il 56,7% ne dia un giudizio abbastanza piatto, ciò riconosce alla formazione in aula poca e modesta efficacia. Nei Rapporti 2009 e 2010 era stato chiesto ai lavoratori ed ai formatori un giudizio sulla formazione in aula e quale valore gli si attribuisse. Domanda: È utile la formazione in aula? Formatori Lavoratori Datore di Lavoro

poco %

abbastanza %

2,21 14,60 16,4

29,02 32,20 40,3

molto moltissimo % % 53,63 8,90 33,6

10,73 13,40 9,7

In questo caso sono i lavoratori che ne danno un giudizio abbastanza positivo pari al 32,20%, cui corrisponde un 14,60% di “poco utile”. Sono i formatori, maggiormente ancorati al proprio ruolo di docenti in aula, a darne un giudizio di “molto” pari al 53,6%. Figura 18

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In relazione all’efficacia della formazione si è chiesto quale sia stato il livello della formazione pratica in azienda all’utilizzo di attrezzature. Il 75,2% dei datori di lavoro collega la formazione con l’uso delle attrezzature e ne da un valore altamente positivo. Coloro che la giudicano una forma assai scarsa sono solo il 3%, mentre il restante 21,8% attribuiscono a tale tipologia di formazione un valore medio.

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Capitolo 7 I LAVORATORI E LA FORMAZIONE

Questa parte della ricerca chiede ai datori di lavoro se abbiano o meno raccolto il parere dei lavoratori al termine delle azioni formative e di esprimere il proprio giudizio e percezione in merito alla posizione dei lavoratori sulla formazione svolta. Non si tratta quindi del giudizio diretto dei lavoratori (peraltro già affrontato nel Rapporto AiFOS 2009), ma dell’opinione diretta di coloro che hanno adempiuto ai compiti di organizzare la formazione. Figura 19 Ai fini di una efficace formazione si è chiesto ai datori di lavoro se al termine della formazione i lavoratori sono stati sentiti dallo stesso, coinvolti, chiedendone un parere. Il 72,5% dei datori di lavoro afferma di aver chiesto il parere dei lavoratori e solo il 27,5% non prevede nessun coinvolgimento successivo all’azione formativa. Anche in questo caso il coinvolgimento è tutto da misurare e verificare, in quanto il più delle volte questo si limita alla somministrazione dei questionari finali di verifica dell’apprendimento o della valutazione della formazione utilizzati dai sistemi di qualità. Comunque sia, dalla situazione reale risultante dalle risposte date dai datori di lavoro, emerge una consapevolezza dell’utilità e dell’importanza del coinvolgimento dei lavoratori.

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Figura 20

Come prima cosa viene chiesto, ad avviso del datore di lavoro, quali siano la disponibilità e l’interesse dei lavoratori con l’approccio alla formazione svolta. L’83,5% ne dà un giudizio mediamente positivo. Nello specifico, il 43,1% esprime un giudizio molto positivo ed il restante 40,4% abbastanza positivo. Un 8% la giudica negativamente ed un altrettanto 8% risponde che l’interesse dei lavoratori verso la formazione sia moltissimo. Figura 21

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Rapporto AiFOS 2011 – Il datore di lavoro e la formazione alla sicurezza

Oltre all’interesse dei lavoratori verso la formazione, viene richiesto quale sia stato il livello del loro coinvolgimento. Per il datore di lavoro questo dato sta a significare la partecipazione ai corsi: ne danno un giudizio positivo una percentuale pari al 58,9%. Il rimanente 38,3% si esprime in termini neutri di “abbastanza coinvolgente” e solo lo 0,9% ne dichiara un coinvolgimento quasi nullo. Il giudizio sul grado di coinvolgimento dei lavoratori era stato chiesto anche nella ricerca dedicata ai formatori ed, in quel caso, l’84,5% aveva risposto affermativamente. Il fatto che solo il 12,1% dei datori di lavoro condivida il giudizio positivo dato dai formatori dimostra come, probabilmente, il formatore difenda il proprio operato e tenda a dimostrare l’ampio grado di coinvolgimento dei lavoratori nella formazione. Grado di coinvolgimento dei lavoratori nella formazione Formatore Datore di Lavoro

Deve far riflettere il fatto che solo una bassa percentuale di datori di lavoro (il 12,1%, appunto) condivida questo giudizio estremamente positivo espresso dai formatori. Può significare, ad esempio, che il coinvolgimento formativo non sia riuscito, successivamente, a tramutarsi anche in coinvolgimento aziendale. Evidentemente, nel mentre il formatore giudica il solo aspetto del fenomeno a livello della formazione, il datore di lavoro vuole trarre dalla formazione un coinvolgimento dei lavoratori, non formale, ovvero, una sostanziale ricaduta sull’azienda. 38

poco abbastanza % %

5,4 2,8

6,6 38,3

molto %

Moltissimo %

3,5 46,7

84,5 12,1


Rocco Vitale

Figura 22

Viene quindi richiesto, a completamento delle domande precedenti, quale sia stata l’efficacia della formazione ricevuta. Oltre all’interesse generale ed al coinvolgimento è indubbio che la formazione si misuri con la sua efficacia, in relazione alla quale il 64,5% dei datori di lavoro si esprime in termini positivi. Pochissimi, pari allo 0,9%, ne dichiarano la poca efficacia mentre il 34,6% si esprime con il termine “abbastanza” e quindi non con un giudizio mediamente positivo.

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Rapporto AiFOS 2011 – Il datore di lavoro e la formazione alla sicurezza

Capitolo 8 GLI STRUMENTI DELLA FORMAZIONE

La formazione si sviluppa non solamente con la lezione frontale, ma altri strumenti sono utili sussidi sia per il docente che per gli utenti. Si tratta di strumentazioni utilizzate direttamente dal docente o metodologie formative che contribuiscono a favorire l’apprendimento ed alla gestione dell’aula. Al datore di lavoro sono state poste una serie di semplici ed utili domande, tese ad individuare quali siano, per i datori di lavoro, l’utilità e l’efficacia di tali strumenti. Come è stato rilevato da fonti autorevoli  nonché dalla giurisprudenza  molti strumenti utilizzati, anche ottimi e validi, non sostituiscono la formazione, ma sono solo accessori di consultazione, di ripasso, di approfondimento. Ciò fermo restando il fatto che la formazione deve essere effettivamente svolta, anche con modalità differenti. Figura 23

Lo strumento più semplice consiste nelle dispense o nella consegna di opuscoli illustrativi ai lavoratori. Considerando l’alto uso che viene fatto con la pubblicazione di opuscoli, dispense e similari si chiede, innanzitutto, al datore di lavoro quale sia il suo giudizio sulla consegna di opuscoli ai lavoratori. 40


Rocco Vitale

Si nota subito come il 76,4% ritenga gli opuscoli uno strumento che serva abbastanza poco. Nella fattispecie, il 40,3% lo giudica negativamente. Gli opuscoli, invece, sono ritenuti utili dal 17,4% e molto utili dal 6,3%. Il giudizio abbastanza negativo è costituito dalla prassi in uso che vede l’opuscolo sostituirsi alla formazione e quindi, correttamente, non viene giudicato utile. In realtà, su questa tematica si è fatta sempre e spesso molta confusione, che parte dall’errata applicazione della norma. Nel D. Lgs. n. 81/2008 vengono chiaramente definite in due distinti articoli l’informazione (art. 36) e la formazione (art. 37). Si è spesso assistito, invece, all’unificazione di questi aspetti fino ad assimilare in un tutt’uno informazione e formazione. L’efficace applicazione della norma prevede due momenti distinti e differenti. Gli opuscoli possono essere utilizzati in entrambe le situazioni con due finalità differenti: mentre possono essere utili per una parte dell’informazione, non sono sufficienti per la formazione per la quale, come detto, possono essere strumenti di consultazione, ripasso od approfondimento.

La medesima domanda posta nei precedenti Rapporti AiFOS relativi ai formatori ed ai lavoratori presenta queste percentuali di risposte: Domanda: sono utili libretti ed opuscoli per la formazione Lavoratori Formatore Datore di Lavoro

poco %

abbastanza %

molto %

Moltissimo %

31,50 12,62 40,32

38,40 34,70 36,11

22,70 39,43 17,36

7,50 9,46 6,25

Come si vede, le tre grandi categorie dei soggetti ritengono che l’utilizzo di opuscoli, quali strumenti didattici, non sia di grande importanza. Si rileva, in particolare, una quasi simmetrica valutazione da 41


Rapporto AiFOS 2011 – Il datore di lavoro e la formazione alla sicurezza

parte dei datori di lavoro e dei lavoratori sulla poca utilità dello strumento, a differenza, dei formatori. Dalla lettura attenta di questa tabella, dove al centro abbiamo messo i formatori, emerge il percorso tra i soggetti: erogante (datore di lavoro) e ricevente (lavoratore) mediati dal formatore. Figura 24

L’autoformazione dei lavoratori, intesa come momento individuale di lettura di testi o dispense, rappresenta uno strumento utile per la formazione? A questa domanda posta nella ricerca i datori di lavoro danno complessivamente un giudizio negativo (89,7%) e solo il 10,3% si esprime in termini positivi. Questo giudizio è sicuramente condizionato dalle risposte date alla domanda precedente: risultando negativa l’opinione dei datori allorquando venga consegnato un opuscolo, il giudizio viene ulteriormente aggravato se il lavoratore deve in modo autonomo svolgere l’autoformazione utilizzando strumenti cartacei. Si tratta di un giudizio che rivela, anche, la scarsa propensione a considerare il lavoratore capace di svolgere in proprio un’attività culturale autonoma. Un argomento su cui riflettere, che rimanda alla scolarizzazione ed alla scarsa diffusione della lettura nel nostro Paese.

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Rocco Vitale

La medesima domanda posta dai precedenti Rapporti AiFOS relativi ai formatori ed ai lavoratori presenta queste percentuali di risposte: Domanda: autoapprendimento e grado di utilità di formazione Formatore Lavoratori Datore di Lavoro

poco %

abbastanza %

molto %

Moltissimo %

32,12 27,10 65,52

34,38 38,10 24,14

19,56 25,60 5,52

5,99 9,30 4,83

Mentre da parte dei Datori di lavoro viene dato un giudizio del 65,5% di poca utilità dell’autoformazione quale strumento di formazione individuale, lavoratori e formatori condividono questo giudizio solo nella misura del 30% circa. Figura 25

Per superare il concetto di autoformazione e volendo approfondire la tematica della formazione individuale, si richiede al datore di lavoro di esprimere un giudizio sulla validità della formazione svolta a livello individuale dai lavoratori. Anche in questo caso il 58,6% degli intervistati si dichiara favorevole alla formazione in gruppo mentre il 41,4% ritiene utile la formazione individuale. 43


Rapporto AiFOS 2011 – Il datore di lavoro e la formazione alla sicurezza

Non si tratta di una classifica gradualistica, ma piuttosto i datori di lavoro esprimono una valutazione in base alle esigenze sia della specificità della formazione sia delle peculiarità aziendali. Figura 26

Proseguendo nella rassegna degli strumenti utilizzati per la formazione viene richiesto ai datori di lavoro quale sia il proprio giudizio sull’uso dei filmati all’interno dei corsi di formazione. Un giudizio estremamente positivo viene dato dal 53,8% e sono ritenuti abbastanza utili dal 32,2%. Complessivamente si può affermare che l’86% ritiene utili i filmati al fine dell’apprendimento, a fronte di un 14% che li giudica poco utili. Entrando nel merito dello strumento, si deve sottolineare come il filmato non sostituisca la formazione, ma ne possa costituire, affiancandola, un sussidio. L’ultima generazione di filmati come, ad esempio, la serie “Napo” promossa dall’Agenzia Europea della Sicurezza, con la partecipazione italiana tramite l’INAIL, ha introdotto un nuovo sistema di rappresentazione visiva della sicurezza sul lavoro. Da altre domande, si ricava, come siano superati o, meglio, di scarsa utilità didattica i film lunghi, descrittivi e didattici utilizzati fin dagli anni 44


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‘40 negli Stati Uniti e che sono stati fino agli anni ‘70 uno strumento di diffusione della cultura della sicurezza. In questo caso, il giudizio dei formatori non coincide con quello dei datori di lavoro. Sul fatto che la proiezione di filmati abbia un livello di gradimento altissimo è equivalente, mentre le risposte si differenziano di molto se si considera il giudizio “poco efficace”: tale risposta è data dal 33,1% dei formatori, a fronte del 10% dei datori di lavoro. La proiezione di filmati è utile per poco abbastanza % % la formazione? Formatore 33,1 33,4 Datore di Lavoro 10,0 32,2

molto %

Moltissimo %

17,4 40,6

16,1 13,3

Che si tratti di uno strumento abbastanza utile è condiviso da circa il 30% dei datori di lavoro e dei formatori. Se però si chiede quanto sia molto utile vi è una notevole differenza tra formatori (17,4%) e datori di lavoro (40,6%). Nella sostanza i datori di lavoro credono che proiettare un buon filmato sia più accattivante ed utile di una lezione frontale in aula. Figura 27

Viene chiesto ai datori di lavoro di esprimere un giudizio sulla validità della formazione in azienda assistita da colleghi di lavoro con esperienza e capacità. 45


Rapporto AiFOS 2011 – Il datore di lavoro e la formazione alla sicurezza

Quasi l’80% degli intervistati ne da un giudizio molto positivo, percentuale cui si aggiunge il 16,7% che ne dà un giudizio di sufficienza portando la percentuale dei favorevoli al 96,5%. Trascurabile la percentuale (3,5%) che la ritiene poco utile. Queste indicazioni riaprono un discorso sul valore dell’esperienzialità della formazione con la partecipazione dei lavoratori attuata con sistemi attivi di formazione e non di semplici testimonianze, racconti o confronti. La formazioni non si deve limitare alla discussione, ma all’attivazione di processi formativi che si basano sull’esperienza dei lavoratori. I formatori ed i lavoratori, alla medesima domanda nei Rapporti precedenti, hanno evidenziato per oltre il 70% come nella formazione sia utile l’affiancamento sul posto di lavoro. I datori di lavoro aumentano in percentuale confermandone l’utilità. Domanda: per la formazione è utile l’affiancamento sul posto di lavoro?

Formatore Lavoratori Datore di Lavoro

poco %

abbastanza %

molto %

moltissimo %

6,3 5,5 3,5

21,6 21,3 16,7

52,0 50,7 53,5

20,1 22,5 26,4

Vale la pena ricordare, a questo proposito, come i dati dei Rapporti precedenti alla medesima domanda aggiungevano la specifica possibilità di essere affiancati da un esperto. Domanda: per la formazione è utile l’affiancamento di un esperto sul posto di lavoro?

Formatore Lavoratori

poco %

abbastanza %

molto %

moltissimo %

7,2 9,2

28,3 21,5

44,0 42,6

20,5 26,7

Come si vede, il giudizio complessivo non cambia. Diminuisce, tuttavia, nei lavoratori di circa il 10% il giudizio che considera molto utile la presenza di esperti esterni. Ciò a significare come i lavoratori privilegino essere affiancati dai propri colleghi interni più anziani ed esperti.

46


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Capitolo 9 LA FORMAZIONE ON‐LINE

La ricerca non insiste nel dettaglio sul tema della formazione on-line. Si tralascia la fondamentale differenza tra la formazione a distanza e quella in e-Learning, che sarà oggetto di ulteriori approfondimenti. Vengono parimenti escluse quelle forme di utilizzo di CD Rom, anche interattivi o riproposizioni di lezioni non interattive. Le domande poste ai datori di lavoro sono di carattere generale ed abbastanza semplici, in questa fase, al fine di avere un giudizio di carattere complessivo che contribuisca alla conoscenza delle problematiche che, sicuramente nel breve periodo, dovranno essere definite e regolamentate al fine di attuare una formazione seria e responsabile. Figura 28

Sono state richieste, con alcune domande, le valutazioni sulla formazione on-line. Si è chiesto, sulla base di diverse affermazioni, se la fruizione di corsi svolti attraverso l’utilizzo di internet sia una metodologia formativa utile per i lavoratori. Il 16,8% dei datori di lavoro ritiene la formazione on-line molto utile per l’apprendimento. Il 28% la ritiene abbastanza utile e ben il 55,2% la ritiene poco e scarsamente utile. Questo giudizio largamente negativo è la conseguenza delle attuali esperienze e realizzazioni di corsi on-line, che hanno reso tale strumento più commerciale che formativo. 47


Rapporto AiFOS 2011 – Il datore di lavoro e la formazione alla sicurezza

Figura 29

Entrando nel merito della formazione a distanza e dell’e-Learning, che presuppone l’utilizzo della rete e del personal computer, si chiede se è utile solamente per alcune lezioni o tipologie di corsi. Dal negativo giudizio di carattere generale, entrando nello specifico del sistema on-line, le valutazioni si modificano ed il 39,2% dei datori di lavoro ritiene che per singole lezioni o specifici corsi, come ad esempio sui videoterminali od aspetti giuridici e normativi, sia utile la formazione on-line. Il 40,6% dei datori di lavoro la ritiene abbastanza utile, mentre vi è sempre un buon 20,3% che mantiene, comunque, un giudizio complessivamente negativo. Figura 30

48


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Sulla base della loro esperienza si chiede ai datori di lavoro di esprimere il proprio grado di accordo con la seguente affermazione “la formazione on-line è scarsamente utile per i lavoratori”. Il 41,6% dei datori di lavoro ritiene che lo strumento della formazione on-line sia scarsamente utile ai lavoratori. Il 25,5% ritiene che questa metodologia formativa sia abbastanza utile, mentre il 32,8% ritiene che la formazione on-line sia molto utile. Questo giudizio potrebbe essere confermato dalla diffusione dei computer e dalla crescente navigazione in internet e delle conoscenze che hanno i lavoratori, soprattutto i giovani e gli under 50, delle nuove tecnologie informatiche. Figura 31

Si chiede, con serietà, quale giudizio diano i datori di lavoro sul fatto che la formazione on-line non abbia controlli ed in molti casi possa, anche, essere una scorciatoia per lo svolgimento dei corsi. Quasi il 50% dei datori di lavoro conferma il giudizio espresso nella domanda, il 25% crede che ciò sia abbastanza veritiero, mentre il 30% non è in accordo con la domanda. Complessivamente, però, quasi il 75% dei datori di lavoro conferma che la formazione on-line sia difficilmente controllabile e possa tramutarsi in strumento per aggirare le ore d’obbligo della formazione. 49


Rapporto AiFOS 2011 – Il datore di lavoro e la formazione alla sicurezza

Figura 32

Concludendo una serie di domande poste sulla formazione on-line, si richiede se non sia utile una formazione mista aula ed on-line (blended). Pur essendo poco diffusa e sperimentata (a tale proposito si vedano le esperienze ed i modelli didattici AiFOS sulla formazione in azienda che prevedono un uso misto di formazione in aula, azienda ed on-line) la metodologia blended viene apprezzata dall’80% dei datori di lavoro e solo il 20% la ritiene una metodologia poco utile. Sicuramente ci troviamo di fronte ad una chiara indicazione di inversione di tendenza nel sistema formativo che dovrà essere studiata, sperimentata ed approfondita affinché la formazione on-line sia di completamento alla formazione tradizionale che trova la sua essenza nelle lezioni frontali, simulazioni ed esercitazioni in azienda. Formatori e datori di lavoro a confronto sulla formazione in e‐ Learning Vi è ancora confusione sulla formazione on-line, definita Formazione a Distanza, e Formazione in e-Learning. Per e-Learning si intende un modello formativo attivo e realizzato previa collaborazione interpersonale all’interno di gruppi didattici strutturati (aule virtuali tematiche, seminari tematici) o semistrutturati (forum o chat telematiche), i quali operano all’interno di una piattaforma informatica che consente ai discenti di interagire tra loro e con i tutor. Tale modello formativo non si limita, tuttavia, alla semplice fruizione 50


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di materiali didattici via internet, all’uso della mail tra docente e studente o di un forum on-line dedicato ad un determinato argomento, ma utilizza la piattaforma informatica come strumento di realizzazione di un percorso di apprendimento dinamico che consente al discente di partecipare alle attività didattico-formative in una comunità virtuale. In tal modo si annulla, di fatto, la distanza fisica esistente tra i componenti della comunità di studio, in una prospettiva di piena condivisione di materiali e conoscenze, di conseguenza contribuendo alla nascita di una comunità di pratica on-line. A questo scopo, ruolo fondamentale è riservato agli e-tutor, ossia ai formatori, i quali devono essere in grado di garantire la costante raccolta di osservazioni, esigenze e bisogni specifici degli utenti, attraverso un continuo raffronto con utenti, docenti e comitato scientifico. C’è, tuttavia, una difficoltà di comprensione, interpretazione e linguaggio dovuta anche alla scarsa trasparenza da parte del mondo commerciale che tende a creare confusione tra gli strumenti e la loro efficacia formativa. Si assiste, infatti, alla diffusione dell’e-Learning come un’azione tendenzialmente tesa a prospettare una facilitazione dell’assolvimento formale all’obbligo di legge e non come uno strumento che, in maniera differente, deve essere attuato per l’assolvimento sostanziale della norma. Il tema coinvolge più di tutti i formatori ed è di grande utilità una comparazione dei giudizi espressi e raffrontati con le opinioni dei datori di lavoro. Domanda: è sempre utile per la formazione alla sicurezza?

poco %

abbastanza %

molto %

moltissimo %

Formatore Datore di Lavoro

55,7 55,2

26,7 27,9

12,8 12,6

4,8 4,3

Domanda: è scarsamente utile per la formazione alla sicurezza?

poco %

abbastanza %

molto %

moltissimo %

Formatore Datore di Lavoro

19,56 20,28

44,48 40,56

23,66 30,07

5,99 9,09

Domanda: la formazione on‐line è una scorciatoia per svolgere la formazione?

poco %

abbastanza %

molto %

moltissimo %

Formatore

28,08

20,82

18,93

25,55

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Datore di Lavoro

29,29

22,14

25,00

23,57

Domanda: è utile una formazione mista tra aula ed azienda?

poco %

abbastanza %

molto %

moltissimo %

Formatore Datore di Lavoro

13,88 20,00

26,18 32,86

30,91 28,57

23,34 18,57

Sono interessanti i confronti tra i dati rilevati dalle risposte dei datori di lavoro e dei formatori in quanto si evidenzia il giudizio di coloro che svolgono effettivamente le azioni formative ed il committente, su cui gravano obbligo e responsabilità di formare i lavoratori. I pareri ed i giudizi, spesso, sono abbastanza concordi, confermando via via l’importanza e la necessità del confronto tra datore di lavoro e formatore sui temi della formazione nella consapevolezza e nella condivisione degli strumenti da adottare per il raggiungimento di un buon risultato che sia utile per la formazione dei lavoratori.

52


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Capitolo 10 QUALI ARGOMENTI PER LA FORMAZIONE

Questa parte della ricerca riguarda gli argomenti che i datori di lavoro ritengano siano utili per la formazione. Le domande poste sono differenti ed articolate in modo discontinuo al fine di avere un quadro il più realistico possibile sulla valutazione dell’opinione degli stessi datori di lavoro. Nella redazione della ricerca le domande sono susseguenti con una certa omogeneità tra le stesse, differenti dalla cronologia con le quali sono state poste. Figura 33

Gli argomenti relativi ai comportamenti sicuri sul luogo di lavoro sono considerati dall’87,3% dei datori di lavoro molto utili per la formazione. Il 12% li ritiene abbastanza utili e solo lo 0,7% dichiara la loro inutilità. Figura 34

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In una domanda successiva viene chiesto quale sia l’utilità e l’interesse dei lavoratori in ordine alla formazione riguardante le leggi e le norme. Primariamente, si chiede se l’aggiornamento sulla normativa sia utile e solo il 5,6% dei datori di lavoro lo considera molto utile. Tra coloro che esprimono la valutazione “abbastanza” e “molto” si colloca il 75,4% dei datori di lavoro, mentre il 19% lo ritiene poco utile. In questi dati il datore di lavoro parte dal presupposto che i lavoratori abbiano già effettuato una formazione che abbia dato loro i principi della normativa e del diritto e, quindi, sono propensi all’aggiornamento. Figura 35

Passando dalla cultura della sicurezza a livello generale alla cultura della sicurezza relativa al luogo di lavoro, il giudizio dei datori di lavoro si modifica. Considerando la cultura della sicurezza al momento di essere applicata sul luogo di lavoro, e quindi collegata ai rischi specifici, l’85,9% dichiara che una formazione orientata a tale scopo è molto utile, è abbastanza utile per il 12,7% e solo l’1,4% la ritiene poco utile. 54


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Figura 36

Viene chiesto se tra gli argomenti da affrontare nello svolgimento della formazione sia o meno utile trattare la comunicazione e le relazioni aziendali. Il 63,6% dei datori di lavoro ritiene che gli argomenti siano molto importanti ed il 25,7% abbastanza importanti. Circa il 19%, invece, li ritiene argomenti poco utili. Sommando le risposte che ne giudicano l’utilità, si raggiunge una percentuale di quasi il 90% che indica chiaramente come nelle attività di formazione le fasi della comunicazione e delle relazioni in azienda siano un elemento determinante. Figura 37

La formazione, oltre alla produzione, è una delle poche attività aziendali a cui partecipano i lavoratori ed è un’occasione per parlare di loro al di fuori dei temi propri della contrattazione sindacale. 55


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Nel campo della sicurezza sul lavoro è importante la conoscenza dei diritti e dei doveri dei lavoratori ed il 60% dei datori di lavoro la giudica una cosa molto utile. Il 30% esprime un giudizio di “abbastanza utile” ed il 10% crede, al contrario, che sia poco utile. Figura 38

Entrando nel merito della formazione specifica, si chiede quale sia il giudizio in ordine allo svolgimento di una formazione sul corretto uso delle attrezzature utilizzate durante il lavoro. Solo l’1,4% la ritiene poco utile, mentre il 10% la considera abbastanza utile. L’88%, invece, la ritiene utile: di questi, il 48,6% la ritiene doppiamente utile esprimendone il parere di “moltissimo”. Figura 39

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Gli elementi pratici che costituiscono la formazione sono ancor meglio rappresentati allorquando si richiede un giudizio sulla validità della formazione riguardante l’utilizzo dei Dispositivi di Protezione Individuali. L’89,2% dei datori di lavoro esprime un parere positivo (tra questi, il 46% ha risposto “moltissimo”); l’8,6 la ritiene abbastanza utile e solo il 2% la ritiene poco utile. Figura 40

La formazione inerente rischi specifici dell’azienda riscontra il parere di “grande utilità” da oltre il 90% dei datori di lavoro. Ciò non solo a testimonianza dell’importanza della formazione specifica di settore e collegata all’azienda, ma anche come segnale di cambiamento di una tendenza che, nello svolgimento delle attività formative, vede poco spazio dedicato alla formazione specifica. Del resto, nella formazione d’aula, è ben difficile qualora vi siano partecipanti di differenti aziende poter svolgere una formazione specifica relativa ai rischi dell’azienda. Sono utili, in questa direzione, le attività formative relazionali, della comunicazione e degli aggiornamenti normativi. 57


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Figura 41

Se la formazione per l’aggiornamento legislativo dei lavoratori riscontra un certo interesse ed utilità da parte dei datori di lavoro, la pura formazione legislativa viene ritenuta importante solo dal il 6,9% dei datori di lavoro. Il 44,48% dichiara che è abbastanza utile, mentre il 29% la ritiene un argomento poco utile. Figura 42

Ritornando alla formazione specifica, si chiede quanto sia utile la formazione dei lavoratori sulla movimentazione manuale dei carichi. Il 54,9% dei datori di lavoro la ritiene utile, mentre il 38,9% abbastanza utile: complessivamente il giudizio positivo è pari al 93,8%; coloro che, invece, la ritengono poco utile sono il 23,6%. 58


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Trattandosi di un rischio trasversale che riguarda tutti i settori e che produce assenze ed infortuni per mal di schiena fino alle malattie professionali, l’attenzione del datore di lavoro nei confronti della movimentazione manuale dei carichi è commisurata al rischio da eliminare con una opportuna formazione. Figura 43

Alla specifica domanda sull’importanza della formazione sul rischio chimico e biologico, la ritiene utile il 43,7% dei datori di lavoro. Non si raggiungono le percentuali precedenti per il semplice motivo che non in tutte le aziende vi sono rischi di natura chimica o biologica. Considerando la tipologia del rischio si osserva l’attenzione e la valutazione positiva di quei datori di lavoro che impiegano prodotti chimici nelle proprie lavorazioni. Figura 44

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Spesso si pensa che nel lavoro d’ufficio non vi siano rischi e che, quindi, una specifica formazione relativa al lavoro d’ufficio non sia utile. I datori di lavoro hanno, invece, ben compreso le specificità di questa domanda, in quanto ci sono numerose specificità della formazione per lavorare al videoterminale, la movimentazione, il rumore, il microclima, l’ambiente di lavoro, ecc.. Il 57,3% dei datori di lavoro la ritiene utile ed il 29,4% abbastanza utile, mentre solo il 10% la considera poco utile. Figura 45

Le domande relative all’importanza della formazione in azienda si concludono col giudizio sull’utilità della formazione relativa alla gestione delle emergenze, intese come lotta antincendio e primo soccorso. Il 79,7% dei datori di lavoro la considera molto utile ed il 14,7% abbastanza utile. Una percentuale del 5,6%, tuttavia, la considera poco utile. La consapevolezza dei datori di lavoro emerge dalla positiva risposta data, che vede la sua logica nella formazione delle emergenze che superi anche la corretta divisione tra antincendio e primo soccorso. Spesso, coloro che ricoprono i ruoli di addetto antincendio e primo soccorso sono le medesime persone e, quindi, grande attenzione deve essere dedicata alla squadra dell’emergenza composta da soggetti incaricati e formati per le due differenti specificità.

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Capitolo 11 LA FORMAZIONE FINANZIATA

Sono state poste ai datori di lavoro alcune semplici domande ai fini di conoscere il rapporto della propria azienda con l’utilizzo dei fondi interprofessionali ai fini della formazione per la sicurezza. Trattandosi di risorse “gratuite”, ovvero pagate ed accantonate, il loro utilizzo costituisce una fonte importante per il finanziamento della formazione come, del resto, vuole la legge che li ha istituiti (con il prelievo dello 0,3% da versare all’Inps e assegnato ai fondi in modo proporzionale ai versamenti ricevuti da parte delle aziende). Vedremo come al giudizio positivo dell’utilizzo dei fondi  e non poteva essere altrimenti  corrisponda una generale negatività sui risultati ottenuti. La nostra diretta esperienza e partecipazione a più progetti di diversi fondi ci fanno ritenere che deve essere attuata una seria e profonda riflessione sul loro funzionamento e sulla loro utilità effettiva all’interno dell’azienda e dell’intero sistema formativo. Figura 46

Per prima cosa si chiede ai datori di lavoro se abbiano svolto corsi di formazione finanziati utilizzando i fondi interprofessionali. 61


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Il 45,3% dei datori di lavoro vi ha fatto ricorso, mentre il 12,9% rispondendo abbastanza, lascia intravvedere un ricorso sporadico. Chi non ha mai utilizzando i fondi è rappresentato dal 27,3% dei datori di lavoro cui deve sommarsi un 14,4% che lo ha usato poco, a significare qualche volta. Generalmente, si può affermare che ben il 54,7% non utilizza i fondi interprofessionali per la formazione dei lavoratori. Si tratta di una quota enorme che rappresenta quasi la metà delle aziende: il che, in termini semplici, vuol dire che pagano tutti ma solo una metà ne trae beneficio. Figura 47

Indagando sull’utilizzo dei fondi, si chiede il livello delle difficoltà burocratiche ed amministrative riscontrate. Nello specifico si è partiti dalla difficoltà di compilazione dei moduli per la richiesta dei fondi stessi, per non parlare della fase successiva dell’erogazione dei corsi e della loro rendicontazione. Tra coloro che hanno utilizzato i fondi, il 44,7% ha riscontrato una amministrazione burocratica e difficoltosa. Se a costoro si aggiunge il 19,1% che ha trovato l’organizzazione di tali corsi abbastanza burocratica, si arriva ad una percentuale pari al 63,8% che esprime un giudizio sostanzialmente negativo. Pochissime difficoltà nell’utilizzo dei fondi sono state riscontrate solo dal 14,2% delle aziende e poche dal restante 22%. 62


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Figura 48

Per l’utilizzo dei fondi si sono create aziende ed agenzie “esperte” nella richiesta dei fondi aziendali e, soprattutto, nella rendicontazione che ne consegue. Si è quindi chiesto ai datori di lavoro se per l’utilizzo dei fondi l’azienda sia stata contattata o meno da esterni, quali intermediari e consulenti che non chiedono nessun compenso, salvo rivalersi su una quota una volta assegnati i fondi per la loro gestione e rendicontazione. Spesso queste quote arrivano anche al 20% del costo del progetto. Circa il 30% delle aziende è stata contattata da enti esterni che hanno offerto servizi, intermediazioni e consulenze. Una quota pari al 21% ne ha fatto ricorso abbastanza spesso, con ciò portando la percentuale del ricorso ad esterni pari al 50,7%. I datori di lavoro che non sono mai ricorsi ad esterni per l’utilizzo dei fondi sono il 29,7%, mentre il 19,6% vi è ricorso poco. I dati rilevati da questa domanda sono coerenti con le risposte date alla precedente, in quanto le complessità di gestione amministrativa dell’utilizzo dei fondi favoriscono il ricorso ad esterni e ciò evidenzia le difficoltà dell’azienda a farne fronte, direttamente, con le proprie risorse interne. È ovvia l’osservazione in base al quale questo sistema depaupera, ancor più, le risorse destinate alla formazione dei lavoratori, in quanto una quota viene riservata alla mediazione, amministrativa e burocratica, esterna. 63


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Figura 49

Questa domanda è volutamente negativa. Partendo dalla considerazione, sulla base di esperienze ed indicazioni dei datori di lavoro che hanno contribuito alla redazione del questionario, che la formazione finanziata non assolva pienamente alla sua funzione originaria. È stato quindi chiesto ai datori di lavoro di esprimere il proprio accordo con l’affermazione “ i corsi di formazione finanziata siano stati scarsamente utili per i lavoratori”. Sulla loro utilità si è espresso il 14,5%, mentre il restante 85,5% ne ha confermato il giudizio negativo, ritenendoli scarsamente utili. Figura 50

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Il giudizio dei datori di lavoro, complessivamente negativo nei riguardi della formazione finanziata, viene confermato da quest’ultima domanda laddove si indaga in merito al coinvolgimento ed il ruolo svolto dall’azienda. Anche in questo caso la domanda era posta al negativo: quale parere esprime in base all’affermazione che l’azienda non svolge nessun ruolo attivo in caso di corsi finanziati con i fondi professionali? I datori di lavoro dichiarano che per il 53,6% le proprie aziende non sono state minimamente coinvolte. Il 21,7% dichiara di essere stato abbastanza coinvolto ed il 24,6% esprime un grado medio di coinvolgimento.

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Capitolo 12 ORGANISMI BILATERALI E PARITETICI

Il problema della collaborazione con gli enti paritetici o bilaterali rappresenta una questione complessa e dibattuta, non risolta, causa di conflitti, abusi, improvvisazione ed approssimazioni. Mentre nel settore dell’edilizia sono storicamente riconosciuti i comitati paritetici e la loro attività, con l’avvento dei D. Lgs. n. 626/94 prima e n. 81/2008 poi, vi è stato un proliferare di sigle con la conseguente illegittimità di molti “pseudo” enti bilaterali sorti solo per finalità commerciali di business nella formazione. È inutile ricordare che questa situazione è figlia della crisi del sindacato, sia in Italia che in Europa. In merito alla fiducia che i sindacati hanno tra i lavoratori, in una ricerca l’economista Tito Boeri rileva come “solo il 5,1% degli italiani si senta adeguatamente rappresentato dai sindacati e ben il 61,6% dichiara di non nutrire nei loro confronti alcuna fiducia”. Secondo Stefano Livadotti, giornalista dell’Espresso ed autore della ricerca e dell’opera “L’altra casta”, gli iscritti ai sindacati italiani, autoreferenziali e senza controlli, sono circa 11.700.000, di cui il 49,16% sono pensionati. I tesserati “veri” in attività lavorativa sono circa 6 milioni e rappresentano solo il 25% rispetto al totale dei lavoratori. Tra questi lavoratori una gran parte sono quelli del pubblico impiego. Visto, quindi, che circa il 75% dei lavoratori non sono iscritti a nessun sindacato, risulta difficile anche per il datore di lavoro capire e comprendere con chi e che cosa debba fare in merito alla collaborazione con gli organismi paritetici cui fa riferimento l’art. 37, comma 12 del D. Lgs. n. 81/08. Le risposte ad alcune semplici domande costituiscono una prima risposta ad una situazione confusa che i datori di lavoro hanno ben evidenziato. 66


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Figura 51

Per prima cosa viene chiesto ai datori di lavoro se conoscano cosa siano e quali compiti debbano svolgere gli enti bilaterali. Il 32,6% dei datori di lavoro non conosce i compiti dei bilaterali, mentre il 30,6% dichiara di conoscerli abbastanza. Il 36,8% dichiara, invece, di conoscerli. Una domanda similare era stata posta, nel Rapporto dello scorso anno, ai formatori. Vediamone il raffronto: Domanda: conosce il ruolo che svolgono gli organismi bilaterali? Formatore Datore di Lavoro

poco %

abbastanza %

molto %

moltissimo %

43,8 32,6

29,9 30,6

19,9 21,5

6,4 15,3

Sia i formatori che i datori di lavoro esprimono difficoltà e perplessità circa la conoscenza ed i ruoli propri che devono svolgere i bilaterali. Risulta naturale che i datori di lavoro dichiarino per il 15,3% di conoscere moltissimo il ruolo dei bilaterali a differenza dei formatori (6,4%). Ciò del resto è riconducibile al ruolo proprio dei datori di lavoro che nella loro veste sindacale datoriale conoscono i sistemi delle relazioni industriali, del sindacato e degli organismi paritetici. 67


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Figura 52

Quando, però, viene chiesto in modo diretto al datore di lavoro se conosca ed abbia avuto facilità nell’individuare l’organismo bilaterale di riferimento dell’azienda la situazione muta radicalmente. I datori di lavoro dichiarano per il 71,2% di conoscere pochissimo o poco quali siano i bilaterali di riferimento ed il 16,5% dice abbastanza. Complessivamente, la percentuale dei datori di lavoro che ha difficoltà nel sapere quale sia l’ente bilaterale col quale dovrebbe collaborare è dell’87,8%. Solamente il 12,2% dei datori di lavoro dichiara di conoscere bene gli organismi bilaterali. Una semplice osservazione di questi dati dimostra le difficoltà e, spesso, l’impossibilità reale di attuare la cosiddetta “collaborazione”, prevista dal comma 12 dell’art. 37 del D. Lgs. n. 81/2008, con gli organismi paritetici. Figura 53

68


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Sul tema della collaborazione viene chiesto se gli organismi bilaterali abbiano poteri sanzionatori ovvero se la mancata collaborazione dia origine a sanzioni penali o amministrative. In questo caso i datori di lavoro rispondono all’86,1% che non esistono sanzioni per una mancata collaborazione. Il 6,8 % ritiene, invece, che gli enti bilaterali abbiano poteri sanzionatori. Figura 54

Viene espressamente richiesto ai datori di lavoro se conoscano come debba essere svolta la collaborazione con gli organismi bilaterali per lo svolgimento della formazione. Dopo i giudizi sul ruolo, compiti e poteri, nonché difficoltà di sapere quale sia l’ente di riferimento, i datori di lavoro dichiarano per l’81% di non sapere come si debba svolgere la collaborazione. Di questi, il 21,2% dichiara di conoscere abbastanza e poco più del 20% dice di conoscere bene il sistema collaborativo. La domanda non richiede quale, come e cosa sia la collaborazione: ciò che del resto non è ancora oggetto di chiarimenti o modelli formativi condivisi e concretamente attuati. Risulta interessante, anche in questo caso, accostare le risposte dei formatori a quelle dei datori di lavoro. Domanda: Conosce e collabora con gli enti bilaterali? Formatore Datore di Lavoro

poco %

abbastanza %

molto %

moltissimo %

52,5 81,0

25,7 21,2

15,6 14,6

6,3 4,4 69


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Oltre il 50% dei formatori credono difficile la collaborazione con gli organismi bilaterali e, quali esperti della formazione, sono spesso docenti nei corsi promossi dai Comitati Paritetici dell’Edilizia. Sono altri gli enti bilaterali che inducono a difficoltà, in quanto pur dichiarandosi tali, non possiedono le caratteristiche previste dall’art. 51 del D. Lgs. n. 81/2008 alla luce della circolare ministeriale n. 20 del 19 luglio 2011 che ne precisa gli aspetti istituzionali, spesso ignorati, travisati e non applicati. Figura 55

Le domande sugli organismi paritetici si concludono chiedendo ai datori di lavoro se, a loro avviso, detti organismi possano svolgere un ruolo positivo ed importante nell’ambito della salute e sicurezza sul lavoro. Il 43,8% crede poco che gli enti bilaterali e paritetici possano svolgere un ruolo importante, mentre il 27,7% è più possibilista. Solamente il 28,5% crede che un ruolo importante possa essere svolto dagli organismi bilaterali. I formatori, nel Rapporto 2010, confermano il giudizio della scarsa competenza che molti bilaterali hanno in tema di sicurezza sul lavoro. Domanda: Gli enti bilaterali hanno competenze sulla sicurezza e possono svolgere un ruolo importante? Formatore Datore di Lavoro 70

poco %

abbastanza %

molto %

moltissimo %

28,71 43,8

40,69 27,7

18,61 19,7

7,21 8,8


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Gli Organismi Paritetici nell’edilizia La ricerca non indaga nello specifico settore delle costruzioni, laddove è unanimemente riconosciuta la competenza e la validità dei Comitati Paritetici Territoriali. L’indagine si riferisce agli enti bilaterali “tout court” operanti nei settori differenti dall’edilizia. Delle risposte al questionario, emerge come non manchino numerosi datori di lavoro, e formatori, che collaborino con i CPT e con essi sviluppino modelli ed azioni formative per i giovani del settore edile. In modo particolare si segnala come il Rapporto AiFOS 2009 sia stato utilizzato quale parametro per un’analoga ricerca promossa da un Comitato Paritetico a livello territoriale, che ha somministrato sul proprio territorio il questionario proposto da AiFOS ed elaborato confronti tra dati locali e dati nazionali. Sul piano della formazione per i lavoratori extracomunitari è in atto una collaborazione tra l’AiFOS ed un Comitato Paritetico.

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Capitolo 13 IL DATORE DI LAVORO, IL MEDICO COMPETENTE E IL RAPPRESENTANTE DEI LAVORATORI

In questa ultima parte della ricerca si formulano una serie di domande ai datori di lavoro relative ai soggetti della sicurezza che operano all’interno dell’azienda ed in particolar modo in relazione al Rappresentante dei lavoratori. La sicurezza non è compito esclusivo del datore di lavoro, cui spetta sempre e comunque la responsabilità della vigilanza, ma deve essere un’ azione di squadra con proprie competenze e responsabilità. Figura 56 La prima domanda riguarda l’insieme del sistema formativo e viene chiesto ai datori di lavoro se, nella propria azienda, per lo svolgimento della formazione si affidino ad aziende ed enti formativi esterni o al proprio Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione. Il 43,3% delle imprese ricorre ai servizi di aziende esterne, e con esse anche a formatori free lance, consulenti e professionisti. Il 56,7% si affida ai propri R.S.P.P. che, pur non svolgendo sempre e direttamente il ruolo di docenti, si avvalgono della collaborazione di singoli formatori.

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Rocco Vitale

Figura 57

Il medico competente non deve solamente svolgere la sorveglianza sanitaria, ma deve partecipare alla valutazione dei rischi e, nel corso della riunione periodica, dare indicazioni relative alla formazione. Vi sono altri casi laddove, in relazione all’esito della sorveglianza sanitaria, il medico competente deve intervenire sui processi formativi che riguardano i lavoratori ai fini prevenzionistici. Ad esempio, a seguito di visita medica dei lavoratori che utilizzano il computer, il medico competente può inviare il lavoratore alla formazione sui rischi di natura ergonomica. Allo stesso modo, se a seguito di visita medica un lavoratore presenta continui mal di schiena, il medico dovrà richiedere che gli venga erogata una formazione sulla movimentazione manuale. Le risposte dei datori di lavoro indicano per il 44,4% che il medico competente non svolge nessuna attività formativa all’interno dell’azienda. A richieste specifiche, si riscontra che nel 43,8% dei casi i medici competenti si occupano della formazione di primo soccorso. Per altre tipologie corsuali, i datori di lavoro dichiarano che il medico competente svolge attività sull’ergonomia pari allo 0%, sulla movimentazione dei carichi dello 0,7%, sui rischi specifici e corsi generali sulla salute per il 5,6%. 73


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Figura 58

In relazione al ruolo, alle competenze, alle responsabilità del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza si chiede ai datori di lavoro quale sia stata la modalità dell’elezione degli R.L.S.. Il 79,3% dei R.L.S. è stato eletto direttamente in azienda ed il 6,2% è stato designato dalle rappresentanze sindacali. Viene, però, alla luce un dato che conferma come il 13,8% dei R.L.S. non sia presente in azienda in quanto non è mai stato eletto. Figura 59 Si chiede, inoltre, ai datori di lavoro se il R.L.S. abbia svolto il previsto corso di formazione. La stragrande maggioranza (l’86,9%) dei R.L.S. ha svolto il previsto corso, mentre solo l’8,8% non ha svolto la formazione. Un 4,4% dichiara che il corso è in programmazione e verrà svolto successivamente.

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Rocco Vitale

Figura 60

La formazione del R.L.S. è un obbligo a carico del datore di lavoro che, nel 95,2% dei casi vi ha provveduto. Si nota che il 4% dei R.L.S. abbia svolto la formazione di propria iniziativa, mentre lo 0,8% è stato inviato alla formazione direttamente dal sindacato. Figura 61

A titolo di esempio, in relazione all’importanza delle emergenze, si chiede al datore di lavoro se siano stati nominati gli incaricati alla lotta ed alla prevenzione incendi. Il 94,5% dei datori di lavoro ha nominato gli addetti antincendio, il 3,4% ha in programma le nomine e la conseguente formazione, mentre il 2,1% non ha nominato alcun addetto. 75


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Capitolo 14 IL COINVOLGIMENTO E LA PARTECIPAZIONE

A conclusione della ricerca, sono state poste ai datori di lavoro una serie di domande in base alle quali è stato richiesto un giudizio di carattere soggettivo e personale. Tutte le domande sono state poste attraverso la seguente formula: “Quanto è d’accordo sulle seguenti affermazioni?”. Le risposte sono state le seguenti: Figura 62

Viene richiesto se la sicurezza sul lavoro debba rientrare nel processo lavorativo e non esserne una cosa estranea. Si tratta della domanda più semplice ed ovvia: infatti, quasi il 100% del campione risponde affermativamente. Da questa risposta positiva osserviamo comunque come il 63,2% la ritiene molto utile, molto il 26,4% e abbastanza il 9,7%. Non è detto, però, che l’affermazione corrisponda alla reale volontà dell’applicazione. La medesima domanda, nel corso delle ricerche per la redazione del Rapporto AiFOS, negli anni scorsi, con una indagine rivolta ai formatori, ai lavoratori ed ai Rappresentanti dei lavoratori presentava una situazione 76


Rocco Vitale

che viene contestualizzata ai dati emersi dalle risposte dei datori di lavoro. La sicurezza sul lavoro deve rientrare nel normale processo lavorativo e non deve essere una cosa estranea Formatori Lavoratori Rappresentante dei Lavoratori Datori di lavoro

poco %

abbastanza %

molto %

moltissimo %

1,6 2,6 5,7 1,4

1,6 18,9 20,0 12,5

19,0 43,6 40,4 33,3

75,0 35,0 33,9 52,8

Il quadro generale che se ne ricava è abbastanza disomogeneo e differenziato. L’affermazione, a priva vista ovvia, che avrebbe dovuto ricevere una larghissima maggioranza di affermazioni positive subisce differenti giudizi in quanto alla consapevolezza, generale, si assomma le realtà che, di fatto, alla consapevolezza presenta un mondo del lavoro ancora poco attento a questa considerazione. Figura 63

Si chiede ai datori di lavoro se la formazione debba essere svolta effettivamente e non solo per l’adempimento formale all’obbligo di legge. Quasi il 90% dei datori di lavoro condivide questa impostazione, e risulta interessante il confronto delle opinioni di altri soggetti coinvolti nel sistema della sicurezza aziendale come i formatori, i lavoratori ed i Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. 77


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È utile conoscere le esperienze dei lavoratori e fare della sicurezza un elemento naturale e non imposto dalla legge Formatori Lavoratori Rappresentante dei Lavoratori Datori di lavoro

poco %

abbastanza %

molto %

moltissimo %

1,3 3,2 5,0 0,7

1,9 14,0 17,9 9,7

25,2 44,2 41,1 26,4

69,1 38,3 36,1 63,2

I diversi soggetti ne danno un giudizio quasi omogeneo, riconoscendo l’importanza della formazione sostanziale e non considerandola solo come attività da svolgere per mero adempimento normativo. Una consapevolezza che, tuttavia, spesso non vede attuazione pratica e concreta. Figura 64

Argomento collegato all’obbligo della formazione è la sua effettuazione al fine di evitare le sanzioni. I datori di lavoro affermano (24,5%) che la formazione debba essere svolta per evitare le sanzioni. Oltre la metà affermano che non devono essere le sanzioni a determinare l’importanza della formazione. Dai precedenti Rapporti AiFOS emerge un grado indicativo omogeneo e solo i formatori, nella stragrande maggioranza, affermano che la formazione venga svolta al fine di evitare le sanzioni. 78


Rocco Vitale

Molti committenti vogliono una formazione solo per assolvere l’obbligo di legge e per evitare le sanzioni Formatori Lavoratori Rappresentante dei Lavoratori Datori di lavoro

poco %

abbastanza %

molto %

moltissimo %

8,8 9,4 7,5 51,7

17,0 28,6 31,4 23,8

31,6 40,8 43,6 12,6

39,8 21,2 17,5 11,9

Si evince che quasi tutti i soggetti, nei confronti della formazione, abbiano un atteggiamento che collega l’obbligo e le responsabilità alla sanzione. Nella realtà e nelle affermazioni la sanzione è un grande deterrente ai fini della formazione obbligatoria. Figura 65

Viene chiesto ai datori di lavoro quanto condividano l’affermazione in base alla quale la formazione in azienda incida sui comportamenti dei lavoratori. Poco meno del 57% afferma che incide molto e moltissimo e solo il 9% dichiara una scarsa incidenza della formazione sui comportamenti dei lavoratori. 79


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I dati dei Rapporti AiFOS relativi ai diversi soggetti presentano la seguente situazione: La formazione in azienda incide realmente sui comportamenti e sui cambiamenti dei lavoratori Formatori Lavoratori Rappresentante dei Lavoratori Datori di lavoro

poco % 5,7 8,3 11,1 9,0

abbastanza %

molto %

moltissimo %

24,0 31,9 27,9 34,0

35,7 40,5 43,6 31,3

31,9 19,3 17,5 25,7

Si osserva come siano principalmente i lavoratori (60%) ed i loro Rappresentanti (61%) ad affermare che la formazione svolta in azienda incida realmente sui comportamenti della sicurezza in azienda. Figura 66

Viene chiesto ai datori di lavoro se ritengano sia utile che i lavoratori che danno buoni consigli, per migliorare il lavoro e la sicurezza, debbano ricevere un riconoscimento di natura economica. Il 28,9% ritiene che sia una cosa buona ed utile. Vi è un 33% che lo ritiene abbastanza utile, mentre il restante 38% la ritiene una cosa poco utile. Un confronto tra le differenti affermazioni, elaborate sui dati di Rapporti AiFOS 2009, 2010 e 2011 presenta le seguenti risposte: 80


Rocco Vitale

I lavoratori che danno consigli per migliorare il lavoro e la sicurezza devono ricevere un premio di natura economica Formatori Lavoratori Rappresentante dei Lavoratori Datori di lavoro

Poco %

Abbastanza %

Molto %

Moltissimo %

33,4 40,6 39,6 38,0

26,5 26,2 24,3 33,1

25,4 20,8 23,6 18,3

10,7 12,3 12,5 10,6

Una prima osservazione considera come l’aspetto economico non sia l’elemento principale per lo sviluppo della sicurezza in azienda. A prima vista può risultare sorprendente che gli stessi lavoratori ed i loro Rappresentanti affermino che sia poco importante ricevere un premio in denaro. Vi è nella cultura del lavoro una maggiore consapevolezza di quanto comunemente si pensi, ciò confermando l’idea che la sicurezza non ha prezzo e deve essere compito di tutti collaborare per la prevenzione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. La medesima domanda viene fatta, capovolta, ai datori di lavoro cui si chiede se non sia il caso che le aziende virtuose in materia di sicurezza ricevano un incentivo di carattere economico. Figura 68

Complessivamente, oltre l’87% dei datori di lavoro la ritiene una cosa utile. Nella fattispecie, il 61,8 % moltissimo ed il 25,7% molto utile. 81


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Pochi datori di lavoro esprimono un giudizio di poca utilità (12%). A latere della domanda si riscontra come, oggi, l’unico strumento incentivante per le aziende che hanno attuato un sistema di sicurezza sia la riduzione del premio INAIL sui premi assicurativi. All’utilità del contributo (che varia dal 5 al 10%) corrisponde una sua scarsa applicazione, che trova il suo punto debole nella poca, talvolta nulla, conoscenza che hanno i datori di lavoro dei costi assicurativi e specifici in base all’inquadramento assicurativo del proprio personale. I datori di lavoro, del resto, viste le caratteristiche dei partecipanti alla ricerca ed al loro livello culturale hanno la consapevolezza che la sicurezza sul lavoro sia un investimento e non un costo. Figura 67

Si tratta di una affermazione condivisa, ma ciò non significa che sia coerentemente adottata. Il 46,5% esprime un grado di “moltissimo” per condividere questa affermazione, mentre il 30,6% la giudica buona. Complessivamente, il giudizio ampiamente positivo è del 77%. Non mancano le affermazioni contrarie che affermano “abbastanza” (18,8%) e coloro che credono che la sicurezza non sia un investimento (4,2%). Sono dati che non consentono analisi approfondite, ma che confermano due facce della stessa medaglia. Da un lato i datori di lavoro e molti dei loro collaboratori condividono affermazioni giuste e coraggiose in tema di sicurezza sul lavoro, dall’altro, il contenuto di tali affermazioni trova difficoltà di applicazione effettiva in azienda. Resta difficile il passaggio dalle buone affermazioni alla realtà. 82


Rocco Vitale

Ringraziamenti Nella realizzazione delle ricerche che hanno portato alla redazione dei Rapporti annuali 2009, 2010 e 2011dell’AiFOS sulla sicurezza sul lavoro in relazione ai diversi soggetti coinvolti, lavoratori, formatori e datori di lavoro, oltre agli autori, devono essere ringraziati tutti i soci che hanno aiutato e collaborato per la somministrazione dei questionari. Un ringraziamento particolare a tutto lo staff della Direzione nazionale AiFOS che con competenza, pazienza e professionalitĂ ha contribuito allo svolgimento di tutte le fasi della ricerca. (r.v. e f.n.)

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Fabio Pontrandolfi

Formazione, informazione, addestramento e aggiornamento in materia di salute e sicurezza sul lavoro di Fabio Pontrandolfi1

Premessa La normativa in materia di salute e sicurezza, quale risultante dalle ultime modifiche del 2008 e del 2009, assegna opportunamente una valenza centrale agli interventi orientati a far crescere in tutti i soggetti coinvolti (datori di lavoro e lavoratori, siano essi dirigenti, preposti o rappresentanti dei lavoratori) la piena consapevolezza dei rischi presenti in azienda e delle corrette modalità di lavoro attraverso la formazione. Le disposizioni di merito che regolano la materia della salute e sicurezza, nel disciplinare la parte generale e quella speciale sono, infatti, opportunamente affiancate da previsioni inerenti formazione ed informazione. La conoscenza delle macchine, delle procedure di lavoro, dei pericoli potenzialmente presenti e delle modalità per anticiparli ed evitarli è fondamentale: non è, infatti, pensabile che i luoghi di lavoro siano esenti da pericoli, al pari della strada e della casa. La vera sfida non è eliminare il pericolo, ma far sì che esso non si traduca in rischio o che, in ogni caso, questo rischio sia correttamente valutato e gestito e siano adottate le misure per eliminarlo e, ove questo non sia possibile, ridurlo. Uno dei principali strumenti con cui raggiungere questo fondamentale obiettivo è la formazione. La stessa definizione di formazione inserita nel D. Lgs. n. 81/2008 lascia emergere quanto appena accennato: per formazione, infatti, si intende il “processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo

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Responsabile di Confindustria per le materie relative agli affari sociali ed alla sicurezza.

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svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi”. Conoscere per prevenire e gestire i rischi, quindi. Formazione, dunque, è responsabilizzazione di tutti i soggetti che lavorano in azienda, quali componente essenziale del sistema della sicurezza. La specificità della formazione rivolta a ciascuno dei soggetti consente di sottolineare anche un altro aspetto assai rilevante: pur nella convinzione che tutte le persone presenti in azienda sono egualmente parte del sistema di sicurezza, ciascuna di esse ha compiti e responsabilità diverse, che si riflettono anche nella differente impostazione della formazione, generale e specifica e nei diversi contenuti. Il datore di lavoro, i dirigenti, i preposti, gli addetti all’emergenza, i lavoratori, i loro rappresentanti: per ciascuna di queste figure è prevista una formazione distinta e specifica. Anche sotto questo profilo, quindi, il sistema è coerente con la logica organizzativa per la quale ciascuno, in azienda, riveste un ruolo ben preciso, che non può essere confuso con quello di altri. Si conferma, quindi, che una buona organizzazione riposa anche su una corretta e chiara distinzione di ruoli, compiti e responsabilità. Nella stessa definizione di formazione si fa riferimento allo “svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti”: sovrapporre e confondere ruoli e responsabilità è contrario ad ogni logica organizzativa e, soprattutto, ad una funzionale organizzazione dell’azienda. Formazione, dunque, anche come parametro organizzativo, oltre che come essenziale strumento di acquisizione di competenze. Questo strumento, ovviamente, non è da solo sufficiente, in quanto ad esso devono aggiungersi l’addestramento e l’aggiornamento. L’uso corretto delle attrezzature e delle procedure di lavoro, che presuppone l’acquisizione di conoscenza e competenza, è frutto di esercizio volto alla applicazione concreta delle nozioni acquisite, ed è essenziale, al pari della formazione.

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Fabio Pontrandolfi

Così anche l’aggiornamento: il progresso tecnologico, normativo ed organizzativo impone il continuo adeguamento delle conoscenze acquisite e dell’esperienza maturata. Ogni cambiamento della realtà nella quale si opera modifica sensibilmente le condizioni per lo svolgimento di un lavoro in sicurezza. L’introduzione di una macchina più sicura, di una organizzazione migliore o di una regolamentazione nuova, in una logica di maggior sicurezza, devono formare oggetto di apposti interventi di aggiornamento, perché la novità non si trasformi in rischio. La formazione è sicuramente fonte di competitività per l’impresa: il miglioramento del clima aziendale, per effetto di una collettiva presa di coscienza in ordine ai rischi ed alle modalità per gestirli, è il presupposto per un prodotto di qualità migliore, sia dal punto di vista produttivo che di responsabilità sociale. Dunque, può affermarsi che, accanto alla valutazione dei rischi ed alla conseguente adozione delle misure per evitarli o ridurli, la formazione è l’intervento che maggiormente qualifica lo sforzo dell’impresa in vista di un ambiente di lavoro sicuro e produttivo. E si tratta di una misura fondamentale, concretamente realizzabile e verificabile, ben lontana dal concetto indefinito della massima sicurezza tecnologicamente fattibile. La formazione: da onere a investimento Per un’impresa ben organizzata sul piano della sicurezza e della prevenzione, il momento formativo costituisce un investimento e non già un onere. In primo luogo, un gruppo di lavoro adeguatamente formato è il fulcro di un ambiente di lavoro coeso ed unito nella condivisione dei valori aziendali, in una logica di responsabilizzazione degli atteggiamenti e dei comportamenti individuali e collettivi. In secondo luogo, vengono incrementati professionalità dei lavoratori e qualità del prodotto, anche attraverso il rispetto e l’ottimizzazione dei tempi di lavoro e la riduzione degli infortuni. Inoltre, se i valori della formazione vengono interiorizzati e fatti propri, incidono anche sui comportamenti tenuti nella vita privata, riducendo infortuni domestici e stradali. Si ricorda che gli infortuni 87


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mortali stradali e domestici sono notevolmente maggiori di quelli occorsi nei luoghi di lavoro, sintomo dell’incidenza dello stile di vita, della carenza di responsabilità nei comportamenti individuali, della scarsa propensione all’attenzione anche nelle situazioni della vita privata, che non possono non riflettersi nella vita lavorativa. Da questo punto di vista può dirsi che la formazione in azienda riveste anche una funzione latamente sociale. La formazione come responsabilizzazione e strumento di crescita culturale Sul piano organizzativo, la formazione svolge un ruolo fondamentale in quanto consente oggettivamente di alleviare il pesante e decisivo obbligo di controllo da parte del datore di lavoro. Ovviamente non è pensabile che sul datore di lavoro (inteso come persona e non come organizzazione) gravi personalmente quello che la giurisprudenza definisce un “obbligo di attivarsi e di controllare sino alla pedanteria che le norme siano assimilate dai lavoratori nella ordinaria prassi di lavoro”. Vero è, al contrario, che il datore di lavoro deve fornire una formazione, “sufficiente e adeguata”, accompagnata da informazione, addestramento ed aggiornamento, che consenta al lavoratore di essere in grado di svolgere in sicurezza la propria prestazione lavorativa. Formazione è responsabilizzazione e consapevolezza dell’agire: il controllo del datore di lavoro non dovrebbe mai sostituirsi – in quanto “pedante” – all’evoluzione verso comportamenti consapevolmente responsabili. Da qui anche l’importante relazione che sussiste tra il grado di formazione e quello dei comportamenti colpevolmente negligenti dei lavoratori. È evidente che in assenza di sufficiente ed adeguata formazione nessun appunto possa muoversi a chi, privo delle necessarie cognizioni, ponga in essere comportamenti a rischio. Questo non vale, ovviamente, per comportamenti palesemente contrari a norme di buon senso il cui apprezzamento non può dipendere dalla formazione: come nel codice disciplinare gli illeciti particolarmente gravi, legati a valori sociali rilevanti, non abbisognano di specifica previsione per essere sanzionati, così anche palesi violazioni a regole 88


Fabio Pontrandolfi

generali di comportamento dovrebbero essere sanzionabili a prescindere dell’avvenuta formazione. Laddove, invece, il datore di lavoro abbia opportunamente formato i lavoratori, occorre tener conto del fatto che divengono inammissibili comportamenti colposi, in quanto irrispettosi di norme, regolamenti, discipline e di come tali comportamenti debbano rilevare sul piano della distribuzione delle responsabilità. Per questo non si condivide la costante affermazione giurisprudenziale secondo cui il datore di lavoro è incondizionatamente responsabile dei comportamenti colposi dei lavoratori. Il concetto di prevedibilità, laddove esteso ai comportamenti colposi, si avvia pericolosamente verso una responsabilità sostanzialmente oggettiva del datore di lavoro, oltre ad allontanare il sistema da una effettiva diffusione della cultura della sicurezza quale patrimonio di tutti: imprese e lavoratori. La formazione è dunque un formidabile strumento contro tutti i parametri della colpa: negligenza, imprudenza, o imperizia, inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline. Crescendo la responsabilizzazione in ordine all’importanza dei comportamenti sicuri, si abbassano i livelli di negligenza ed imprudenza. Crescendo il patrimonio di informazioni, si riducono i margini dell’imperizia. L’aumento della conoscenza e della piena comprensione delle regole – normative e procedurali – e delle positive conseguenze del loro rispetto ne abbatte la violazione. Questo, in una corretta ottica applicativa, dovrebbe essere idoneo ad escludere la pericolosa deriva verso la responsabilità oggettiva del datore di lavoro, in quanto il rispetto dell’obbligo deve costituire il limite della responsabilità, oltre il quale scatta inevitabilmente quel “comportamento abnorme” che legittima l’addebito esclusivo al lavoratore della responsabilità per l’infortunio eventualmente occorsogli, oltre che delle specifiche sanzioni legate al mancato rispetto dei propri obblighi (art. 20 D. Lgs. n. 81/2008). Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale2, il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia abnorme, ossia posto in essere da quest’ultimo del tutto autonomamente ed in un 2

Da ultimo, v. Cass., sez. 4, 8 agosto 2011, n. 31569.

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ambito estraneo alle mansioni affidategli – e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro – oppure rientri nelle mansioni che gli sono proprie, ma quando la stessa attività sia consistita in qualcosa di radicalmente, ontologicamente lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nell’esecuzione del lavoro. Se è vero, poi, che destinatari delle norme di prevenzione, contro gli infortuni sul lavoro, sono, non solo i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti, ma anche gli stessi operai, giova ricordare, tuttavia, che l’inosservanza di dette norme da parte dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti ha valore assorbente rispetto al comportamento dell’operaio, la cui condotta può assumere rilevanza ai fini penalistici solo dopo che da parte dei soggetti obbligati siano adempiute le prescrizioni di loro competenza. Questa rigorosa e lata interpretazione degli obblighi del datore di lavoro, ponendo i presupposti per una responsabilità sostanzialmente oggettiva, richiedono – al di là di interventi normativi3 o giurisprudenziali correttivi4 – una particolare attenzione all’erogazione di una formazione “adeguata e sufficiente” quale strumento idoneo a prevenire sia i comportamenti inadeguati ed imprudenti, sia l’impropria estensione verso il datore di lavoro di responsabilità altrui. La formazione come organizzazione Il sistema della salute e sicurezza in azienda, ormai imperniato sul concetto dell’organizzazione dopo la direttiva 89/391, trova nella formazione un fondamentale strumento di organizzazione. L’impresa, quale esercizio professionale di attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi, ha in sé il fondamentale concetto dell’organizzazione, che non può che coincidere anche con quella del sistema di prevenzione. Soggetti, compiti e procedure: questo lo strumento per conseguire finalità che, individualmente, non sarebbero raggiungibili. È dunque essenziale al concetto di organizzazione quello della ripartizione dei compiti e delle responsabilità (divisione del lavoro e coordinamento). 3 4

V. art. 18, comma 3bis, D. Lgs. n. 81/2008. V. Corte Cost., sent. 25 luglio 1996, n. 312; Cass., sez. 4, 20 settembre 2011, n. 34373.

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Fabio Pontrandolfi

L’elemento che assegna rilevanza e coerenza al sistema organizzato è la piena consapevolezza e conoscenza di cosa ci si attende da ciascuno degli attori, acquisita attraverso la formazione, che non può non riguardare tutti: nessuno può dirsi esonerato dall’obbligo formativo, pena la sua esclusione dal gruppo organizzato. Il vincolo tra formazione – compiti di ciascuno – organizzazione del lavoro in sicurezza è evidente nelle previsioni del D. Lgs. n. 81/2008. Ciascun lavoratore deve ricevere una formazione generale (art. 37, c. 1) ed una specifica in relazione alle mansioni cui è adibito (art. 37, c. 3). I dirigenti ed i preposti devono ricevere una formazione adeguata e specifica in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza (art. 37, c.7). Una formazione adeguata e specifica è richiesta per gli addetti all’emergenza (art. 37, c. 9). Una formazione particolare concernente i rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita la propria rappresentanza è riservata al rappresentante dei lavoratori (art. 37, c. 10). La consapevolezza dei ruoli e delle relative responsabilità, dunque, è funzionale ad una corretta attuazione di qualsiasi strumento organizzativo. Evidenti anche i benefici sull’attività di controllo del sistema così organizzato. La formazione all’interno dei sistemi o modelli di organizzazione e gestione La formazione è ovviamente parte essenziale di ogni sistema di gestione (art. 30, D. Lgs. n. 81/2008): oltre che obbligo di legge, l’avvenuta formazione assume un ruolo fondamentale nella dimostrazione, che grava sul datore di lavoro, di aver adottato tutte le misure per evitare la commissione dei reati. La colpevolezza del datore di lavoro in materia di tutela della salute e sicurezza si è infatti spostata, dopo la direttiva quadro dell’89, verso gli aspetti organizzativi e gestionali. È dunque a questi che occorre prestare particolare attenzione: una corretta organizzazione non può prescindere da una piena conoscenza e dalla consapevolezza sia dell’esistenza del modello che del ruolo che ciascuno occupa in questo sistema organizzato. 91


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Sotto questo profilo, la formazione è anche presupposto per l’adozione delle misure sanzionatorie senza le quali il modello organizzativo è inidoneo a conseguire le proprie finalità. In coerenza con la giurisprudenza che, nell’individuare il debito di sicurezza del datore di lavoro, riafferma come indispensabile l’obbligo ed il diritto di pretendere il rispetto dei propri obblighi da parte del lavoratore, anche il sistema di reazione alla violazione del modello presuppone un sistema sanzionatorio, pena, appunto, l’inefficacia del modello stesso. La formazione ed il ruolo delle parti sociali Il D. Lgs. n. 81/2008 assegna un ruolo rilevante alle parti sociali. Sono molte, infatti, le norme che coinvolgono gli attori sociali nella parte definitoria ed in quella organizzativa. L’art. 37, nella definizione dei contenuti e della durata della formazione, fa salva la consultazione delle parti sociali (c. 2). Sul piano organizzativo, la formazione di preposti e dirigenti può svolgersi presso gli enti bilaterali o presso le associazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro (art. 37, c. 7bis). Contenuti, durata e modalità della formazione per il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono rimessi alla contrattazione collettiva (art. 37, c. 11). La formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti deve avvenire in collaborazione con gli organismi paritetici (art. 37, c., 12). Alla Commissione consultiva permanente – di cui sono parte anche le associazioni sindacali e datoriali – è affidato, tra l’altro, il compito di elaborare i criteri di qualificazione del formatore (art. 6, c. 8). Rimettere la disciplina della formazione nella materia della sicurezza sul lavoro al contributo, più o meno decisivo, delle parti sociali è segno della consapevolezza del legislatore in ordine alla loro vicinanza ai temi di salute e sicurezza e al ruolo decisivo nei confronti di imprese e lavoratori. La normativa fa rinvio anche agli organismi paritetici (cd bilateralità). Secondo la definizione di legge, sono organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro 92


Fabio Pontrandolfi

comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, quali sedi privilegiate per: la programmazione di attività formative e l’elaborazione e la raccolta di buone prassi a fini prevenzionistici; lo sviluppo di azioni inerenti alla salute e alla sicurezza sul lavoro; l’assistenza alle imprese finalizzata all’attuazione degli adempimenti in materia; ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento. Il Ministero del lavoro ha ritenuto opportunamente di chiarire la portata della norma secondo cui la formazione va operata in collaborazione con gli organismi paritetici se presenti nel settore e nel territorio, individuati con riferimento alla contrattazione applicata dall’azienda. La circolare evidenzia l’esigenza di assegnare la funzione solamente agli enti bilaterali genuini, ossia costituiti dalle associazioni maggiormente rappresentative e firmatarie del contratto collettivo applicato in azienda, quale strumento di supporto alle imprese e ai lavoratori per una corretta gestione delle attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. Il D. Lgs. n. 81/2008 attribuisce agli organismi che siano espressione del sistema contrattuale una serie di rilevanti compiti e funzioni (individuati principalmente all’articolo 51 del medesimo D. Lgs.) a condizione che questi enti abbiano determinate caratteristiche, espressamente individuate dalla legge. I criteri identificativi secondo il Ministero vanno rinvenuti innanzitutto nella definizione dell’articolo 2 del D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 e dell’articolo 2, comma 1, lettera ee), del D. Lgs. n. 81/2008: gli organismi devono quindi essere costituiti “a iniziativa di una o più associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative” nell’ambito del sistema contrattuale di riferimento. Il parametro della rappresentatività, precisa il Ministero, va individuato ricorrendo ai consolidati principi giurisprudenziali in materia, per cui il datore di lavoro è tenuto a chiedere la collaborazione unicamente agli organismi, costituiti da una o più associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative firmatarie del contratto collettivo nazionale di lavoro applicato dall’azienda, in possesso dei requisiti di legge appena richiamati, sempre 93


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che sussistano gli ulteriori elementi – che devono essere entrambi presenti – individuati ex lege (articolo 37, comma 12, del D. Lgs. n. 81/2008), vale a dire che l’organismo operi nel settore di riferimento (es.: edilizia) e non in diverso settore e che sia presente nel territorio di riferimento e non in diverso contesto geografico. Alle stesse conclusioni deve giungersi, conferma il Ministero, ove si tratti di identificare gli enti bilaterali e gli organismi paritetici legittimati a svolgere le attività di informazione, assistenza, consulenza, formazione e promozione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, quali richiamate all’articolo 10 del D. Lgs. n. 81/2008. Il chiarimento appare assolutamente opportuno e corretto, in quanto diretto a salvaguardare la bontà e l’adeguatezza degli interventi formativi, evidentemente qualificati, secondo il legislatore, anche attraverso i soggetti che possono erogare od organizzare la formazione. Inoltre, l’intervento consente di escludere dal novero dei soggetti abilitati tutti gli enti “spuri” e creati “ad hoc”, allo scopo di salvaguardare la genuinità della formazione.

La formazione “sostenibile” L’importanza che il legislatore assegna alla formazione impone che contenuti e procedure per la erogazione siano le più coerenti con l’organizzazione aziendale. Sotto questo profilo, quindi, i contenuti devono essere correlati ai rischi presenti in azienda, risultando del tutto inutile una formazione su aspetti irrilevanti per la sicurezza. Lo stesso, ovviamente, vale per informazione, aggiornamento ed addestramento. Sul piano delle modalità, da un lato va esaltato il ruolo delle nuove tecniche di formazione (es. e-learning) quando questo sia possibile, affidando alle metodiche tradizionali quella parte di formazione la cui erogazione presuppone un rapporto diretto. Anche la misura (in termini di ore) dev’essere modulata secondo i rischi presenti in azienda. Sotto questi profili, le ipotesi di Accordo tra Stato e Regioni – cui la legge rinvia per la definizione di modalità e contenuti – non sembrano ancora coerenti ed adeguati, in quanto limitano la formazione con le modalità di e-learning (quando prevedono un esame finale in presenza) e 94


Fabio Pontrandolfi

prevedono un numero di ore incongruo (soprattutto rispetto alla rischiosità effettiva dei differenti settori presi in considerazione secondo la codificazione ATECO). I rischi principali generati da queste criticità sono, da un lato, che la formazione venga vissuta dalle aziende come un adempimento formale, scoordinato rispetto alle proprie esigenze, e, dall’altro, che il sistema della formazione dia luogo ad improprie forme di business (con oneri a carico delle imprese), contrastante con il ruolo fondamentale che la formazione svolge in materia di salute e sicurezza.

La ricerca AiFOS Ogni ricerca sulle realtà aziendali e sull’approccio alla sicurezza ha il merito di stimolare, da un lato, riflessioni ed attenzione al tema e, dall’altro, di far comprendere il livello di attuazione della normativa, l’impegno profuso nella prevenzione e le possibili criticità e soluzioni. D’altro canto, le ricerche sono nella gran parte dei casi parziali e non riescono a dare una immagine esatta della realtà, visto il variegato spettro di analisi che si presenta all’indagine. In sintesi, tuttavia, sembrano potersi avanzare alcune suggestioni. In primo luogo appare poco diffuso lo strumento dei sistemi di gestione, certificati o meno: molti i fattori che possono incidere sul dato. Sicuramente, gli oneri connessi all’adozione di un sistema, la limitata dimensione delle aziende e, soprattutto, l’assenza di previsioni che diano certezza all’azienda in ordine alle positive conseguenze dell’adozione dei modelli nella considerazione dell’interprete (l’ispettore od il magistrato) non assegnano ancora allo strumento una valenza importante. Un’ulteriore riflessione può riguardare la considerazione del nesso tra formazione e organizzazione. Oltre l’85% degli intervistati ritiene esistente il nesso tra formazione ed organizzazione, confermando, in sostanza, quanto si è affermato in precedenza in ordine alla formazione come strumento gestionale ed organizzativo.

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Ancora, gli intervistati sembrano preferire la formazione erogata in azienda: sicuramente incidono la presenza dei lavoratori in azienda, la minore onerosità e la gestione più facile. Questo conferma che la formazione non dev’essere formale, ma deve tener conto, anche nelle modalità organizzative, delle esigenze aziendali. In questo senso, la formazione on-line (e-learning) e quella erogata in azienda sono nettamente da preferirsi rispetto a quella erogata in apposite aule secondo criteri formali. Da preferirsi, evidentemente, un adeguato mix tra formazione on-line (per la parte teorica) e diretta (per la parte pratica). Ovviamente anche per la parte pratica della formazione viene preferita la sede aziendale. Lo stesso è a dirsi per le modalità della formazione, che vedono preferita l’erogazione in azienda con l’assistenza di colleghi esperti, a scapito della proiezione di filmati e di lezioni “frontali”, in autoformazione o attraverso opuscoli. Molto importanti sono i contenuti della formazione auspicati dagli intervistati: i comportamenti sicuri e la cultura della sicurezza sul lavoro sono nettamente più importanti degli aggiornamenti normativi o della comunicazione. Altrettanto importanti l’utilizzo delle attrezzature e dei dispositivi di protezione individuale rispetto ai rischi specifici aziendali. In questo senso, appare coerente l’affermazione secondo cui la formazione viene ritenuta incidere molto sul cambiamento dei comportamenti dei lavoratori. Altrettanto rilevante la logica dei finanziamenti per chi investe nella sicurezza: l’esito dei bandi INAIL 2010 è testimonianza di questo forte interesse ad un riconoscimento all’impegno in tema di prevenzione. Conclusioni Un adeguato atteggiamento culturale verso i rischi presenti in azienda e la conoscenza dei conseguenti comportamenti corretti e responsabili passano attraverso lo strumento essenziale della formazione. Ed è anche questo uno dei principali indicatori attraverso i quali misurare l’impegno in materia di salute e sicurezza.

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Fabio Pontrandolfi

La formazione, tuttavia, è anche strumento di organizzazione responsabile. Questo il binomio che può portare ad un convinto miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza nelle imprese. I più recenti dati INAIL evidenziano una flessione del 4% degli infortuni sul lavoro in Italia nel primo semestre 2011 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (quando il calo era stato sensibilmente inferiore e pari al -1,9%). L’Istituto assicuratore registra, infatti, una riduzione di circa 16mila casi (da circa 388mila a 372mila), mentre restano quasi immutati gli episodi mortali: 428 vittime rispetto alle 431 del primo semestre 2010 (-0,7%)5. La progressiva riduzione degli infortuni – dato positivo, ma insufficiente fino alla eliminazione di infortuni e malattie professionali – è testimonianza dell’impegno di imprese e lavoratori, delle loro rappresentanze e delle Istituzioni per una sicurezza responsabile e va ora portato avanti ed incrementato, individuando un quadro di obblighi e responsabilità sempre più chiaro, in un sistema normativo notevolmente semplificato, maggiormente attuabile e, quindi, più efficace.

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Dati al 29 settembre 2011.

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Grazia Nuzzi

Formazione alla sicurezza, processo dinamico e complesso di Grazia Nuzzi1

Il mondo del lavoro nel nostro Paese costituisce un sistema complesso, in progressiva evoluzione, caratterizzato dalla precarietà, dalla flessibilità, dalla multietnicità, dai continui mutamenti. In questo contesto è maturata la consapevolezza che alle azioni prevenzionali e di tutela debbano essere affiancate azioni di promozione della cultura della sicurezza che, utilizzando i più diversi canali comunicativi, abbiano come destinatari non solo i datori di lavoro e i lavoratori, ma l’intera organizzazione sociale. Il decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81 (nuovo testo unico sulla sicurezza) più volte richiama l’importanza della consapevolezza e della promozione della cultura della sicurezza e degli adempimenti ad essa collegati. Il principale soggetto vincolato al rispetto e all’attuazione degli obblighi prevenzionali è sicuramente il datore di lavoro inteso come il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore, ossia colui che ha la responsabilità dell’impresa stessa in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa. Tra gli obblighi del datore di lavoro vi è quello di assicurare l’informazione, la formazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori per quanto riguarda la salute e la sicurezza sul lavoro. Il decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81 assegna un ruolo di primo piano ai processi di formazione ed informazione, che vengono elevati da semplici sussidi dell’attività prevenzionale, come era in genere nella legislazione previdente, ad elementi essenziali e fondamentali dell’impegno contro gli infortuni e le malattie professionali, e ciò è dimostrato dal fatto che vengono collocati tra le misure generali di tutela.

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Settore Ambiente ed Utility Confcommercio.

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Per comprendere il ruolo che il D. Lgs. n. 81/08 assegna alla formazione e all’informazione vanno identificate le caratteristiche dei due processi, poiché si tratta di veri e propri percorsi e non di semplici acquisizioni. L’informazione e la formazione non sono qualcosa di statico, di acquisito in modo automatico in una singola fase, ma si configurano come processi dinamici complessi. Se l’informazione è un processo di trasferimento e ricezione di determinate notizie e contenuti, la formazione è un processo di insegnamento ed apprendimento di conoscenze utili per svolgere una determinata attività. La formazione si concretizza, così, nel campo della sicurezza come l’adozione da parte dei soggetti interessati di competenze cognitive, operative e comportamentali che mettano in pratica le regole ed i principi della salute e tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro, al fine di conoscere i pericoli e quelle particolari condizioni che possano causare eventi infortunistici oltre alla possibilità di saper prevenire i rischi e fronteggiare le emergenze. Grandissima importanza ha inoltre, nel Testo unico sulla sicurezza, la fitta rete di scambio di notizie, di informazioni, di contenuti procedurali tra i vari attori del sistema prevenzionale (datore di lavoro, dirigenti e preposti – ove presenti – responsabili e addetti al servizio di prevenzione e protezione, rappresentante per la sicurezza e singoli lavoratori, medico competente, addetti al servizio di emergenza, evacuazione e pronto soccorso). Il datore di lavoro sembra aver acquisito questa consapevolezza della necessità e della rilevanza di questo processo di interrelazioni, come emerge dalla ricerca, tanto che l’86% dei datori di lavoro intervistati ha riconosciuto l’importanza della formazione per favorire l’organizzazione aziendale e l’ 87,5% ritiene che la formazione serva a migliorare i rapporti tra il personale. Quindi solo un modo corretto, tempestivo ed esauriente di trasmettere e ricevere informazioni, cioè la comunicazione tra le parti opportunamente formate, potrà rendere applicativo quanto viene prescritto dalle disposizioni di legge. Non può ritenersi esaustivo, per favorire il nuovo approccio prevenzionale come voluto dal Legislatore, procedere alla nomina o alla 100


Grazia Nuzzi

elezione delle figure individuate dal D. Lgs. 81/08, ma dovranno essere previste procedure applicative per far interagire i vari “ruoli” tra loro. La ricerca ha evidenziato come l’84,3% dei datori di lavoro intervistati, oltre al RSPP, ha coinvolto nella valutazione dei rischi il medico competente e il rappresentante dei lavoratori, mentre il 9,3% ha coinvolto il medico competente ma non il rappresentante (casi di mancata elezione o designazione da parte dei lavoratori) ed infine il 6,4% ha coinvolto il solo RLS (ove presumibilmente, per la natura delle attività non si era in presenza della necessità di sorveglianza sanitaria). L’informazione e la formazione non dovrà essere intesa dal datore di lavoro come un mero adempimento burocratico, di cui interessa, più che le modalità corrette di realizzazione e la verifica dei risultati, una attestazione scritta che ne dimostri l’avvenuto svolgimento. Andrà quindi fatta dal datore di lavoro un’analisi che prenda in considerazione non solo i costi, ma anche i benefici ottenuti. Dalla ricerca emergono dati sostanzialmente positivi. In primo luogo il 99% dei datori di lavoro sentiti ha dichiarato che i propri lavoratori hanno svolto corsi di formazione sulla sicurezza e più del 90% ha giudicato positiva la formazione per quanto riguarda l’uso delle attrezzature di lavoro. Altro aspetto di particolare rilevanza è che l’intero processo di formazione ed informazione come previsto dal decreto e voluto dal legislatore presuppone una partecipazione attiva e consapevole di tutti i lavoratori e non una frequentazione dei corsi passiva e priva di interesse. L’art. 18 del Testo unico sulla sicurezza dispone, infatti, che il datore di lavoro, il dirigente ed il preposto devono richiedere ai lavoratori l’osservanza delle norme e delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di uso dei mezzi personali di protezione, collettivi ed individuali. Il corretto utilizzo degli stessi non può che avvenire attraverso la formazione dei lavoratori. Dai risultati dello studio sono emersi dati decisamente favorevoli in quanto oltre l’80% dei datori di lavoro intervistati ha dichiarato di aver riscontrato disponibilità ed interesse da parte dei lavoratori ad approcciarsi alla formazione, il 60% ha riscontrato un alto grado di coinvolgimento e circa il 70% ha ritenuto efficace la formazione conseguita. 101


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Puntare sull’informazione e sulla formazione è la vera sfida per fare prevenzione, essendo quindi consapevoli che lavorare in sicurezza oltre a tutelare la salute e prevenire gli infortuni, taglia i costi sociali. Complessivamente, dai dati che possono essere desunti dalla ricerca, si può dire che è andata via via evolvendo ed è cresciuta negli ultimi anni la cultura della prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro, andando a sviluppare nelle imprese una sensibilità più diffusa rispetto al passato e il datore di lavoro riveste un ruolo strategico nella diffusione di tale consapevolezza e cultura. Ciò nonostante i datori di lavoro, soprattutto delle piccole e piccolissime imprese, gestiscano da anni con difficoltà, ma anche con estremo impegno, una normativa di non sempre facile comprensione ed applicazione, che non sempre tiene conto delle specificità e delle caratteristiche delle piccole aziende dei diversi comparti e derivante da una legislazione oggettivamente pensata e di più agevole applicazione per le imprese di grandi dimensioni.

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Cinzia Frascheri

È il datore di lavoro il primo ad aver bisogno di formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro di Cinzia Frascheri1

È forte e lacerante il dolore per l’ennesima tragedia sul lavoro2 accaduta proprio nei giorni della redazione di questo contributo scritto. Ma è ancor più lacerante rilevare, divenendo motivo di rabbia mista a sconforto, che tra le persone decedute, ci siano il proprietario dell’azienda e i due figli. Una famiglia già colpita, alcuni anni fa, da un medesimo incidente sul lavoro (grande esplosione in azienda), che in quella circostanza, però solo fortunosamente, non ebbe alcuna conseguenza mortale. Gli infortuni sul lavoro, siano essi mortali, gravi o di lieve entità, non acquisiscono valenza diversa se a rimanerne vittima è un lavoratore o un datore di lavoro; i danni per causa lavorativa sono per loro natura inaccettabili in quanto sempre prevedibili e prevenibili3 e, pertanto, eventi che avrebbero potuto essere sicuramente evitati. È per questo motivo che di fronte ad un infortunio che coinvolge in prima persona il datore di lavoro o un suo familiare colpisce maggiormente, non la tragedia del fatto in sé (che ha l’unico colore del dramma e del senso di fallimento collettivo e sociale), ma la rinnovata conferma dell’ancora diffusa sottovalutazione del pericolo presente nelle attività lavorative, la superficialità nei riguardi delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro, la scarsa, se non assente, padronanza delle nozioni di prevenzione e protezione nello svolgimento 1

Giuslavorista, Responsabile nazionale CISL per la Salute e Sicurezza sul Lavoro. L’infortunio mortale a cui ci si riferisce è accaduto il giorno 12 settembre, in una azienda familiare di fuochi d’artificio nella regione Campania. Nell’esplosione sono decedute sei persone, tra cui il proprietario e i suoi due figli, e tre operai dell’azienda. 3 Analizzando gli infortuni sul lavoro accaduti in questo ultimo decennio (gli studi si possono trovare nel sito dell’Osservatorio infortuni gravi e mortali dell’Ispesl-Inail) si riscontra come i fattori determinanti appartengano, nella quasi totalità dei casi, a carenze di natura organizzativa e, seppur in percentuale molto minore, a carenze di natura tecnico strumentale e strutturale. 2

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delle mansioni lavorative, il non rispetto (o l’assenza) di procedure di lavoro, elaborate secondo regole di tutela. Nell’infortunio sul lavoro che colpisce il datore di lavoro (o un suo familiare) emerge con forza quel ritardo culturale ancora troppo diffuso e radicato nelle realtà lavorative italiane che colloca la sfera della prevenzione tra gli obblighi da assolvere (e, quindi, quando possibile, da aggirare), tra i meri costi da sostenere (e, quindi, quando possibile, da ridurre al minimo), tra le seccature di sola natura burocratica (e, quindi, quando possibile, da evitare o risolvere nel più breve tempo possibile, riducendo il tutto ad una compilazione passiva di carte e ad una sequenza meccanica di firme). La morte del datore di lavoro per infortunio sul lavoro, la morte del proprietario dell’azienda per cause direttamente collegate allo svolgimento delle attività lavorative, è il segno tangibile che, a fronte dei passi significativi fatti in questi ultimi anni in tema di prevenzione, registrando un sensibile decremento dei decessi per causa lavorativa (pur tenendo conto della diminuzione delle ore lavorate), c’è l’altra faccia della medaglia che è rappresentata dall’ampio numero di aziende che, ancora oggi, ogni giorno possono ritenersi a pieno titolo “fortunate” nel non dover registrare casi di infortunio mortale e grave tra i propri occupati, o tra gli stessi gestori. Considerando l’infortunio di un lavoratore, di gravità mortale o più lieve, se di certo non lo si può automaticamente attribuire ad una diretta, precisa e volontaria illegalità del datore di lavoro, di certo però non si può neanche negare la rilevanza della componente legata alla sua colpevolezza. È sicuramente quanto mai sbagliato e segno di retaggio culturale impressoci dalla scuola (che persegue l’errore e non le cause e le mancanze che lo hanno determinato), confondere il concetto di responsabilità con il concetto di colpa, ma purtroppo in Italia questa sovrapposizione e binomio stretto sono diffusi, frequenti e deleteri, a partire proprio dalla dimensione della tutela della salute e sicurezza sul lavoro. Attribuire chiare responsabilità ai soggetti (anche ai lavoratori4), dotandoli di informazioni adeguate, formazione specifica, chiarezza di 4

È importante non sottovalutare che i lavoratori, seppur i soggetti più “deboli” nell’asse della gerarchia aziendale, hanno precisi obblighi, previsti legislativamente a loro carico, espressamente sanzionati (segue)

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ruolo e determinazione del contesto, nel quale svolgere la propria funzione, è una forma di libertà, di riconoscimento di ruolo e di organizzazione efficace, e non certo un’attribuzione potenziale di colpa, alla ricerca preventiva di un capro espiatorio. Però la responsabilità richiede, da parte di chi ne è titolare, la piena e totale gestione e presidio (pur anche quando circoscritta, ma precisamente definita) esercitati con la capacità e la consapevolezza che, da una posizione di forza e di potere, se ben governata, si può presto passare ad una posizione di debolezza e, in questo caso sì, di piena colpevolezza, a fronte di una cattiva gestione del proprio potere, della propria responsabilità. La responsabilità potremmo, pertanto, paragonarla ad una zappa che, se utilizzata in modo adeguato e consapevole (ad esempio in un campo da coltivare) può creare condizioni ed effetti di grande rilevanza, compresa la soddisfazione di averli determinati, ma se utilizzata male (come, ad esempio, la zappa in testa a qualcuno) può determinare conseguenze negative, deleterie e nefaste per chi le ha determinate. Riferendoci al datore di lavoro, egli di certo non è, per il ruolo che svolge, il soggetto che assume su di sé automaticamente l’intera colpa dell’evento che accade, ma di contro, vista la sua posizione di vertice e, pertanto, di responsabilità complessiva, non può ritenersi mai, in nessuna occasione, estraneo all’accaduto. La dimensione della responsabilità porta proprio a questo: non una costante condizione potenziale di colpevolezza, ma una condizione di costante richiamo al presidio delle situazioni, dovendo per questo prevenire e prevedere anche i comportamenti altrui, non sicuramente auspicabili, ma non altrettanto escludibili. Il lavoratore è chiamato al pieno rispetto delle regole e, nel caso d’infrazione, all’essere assoggettato alle previste sanzioni. Ma il lavoratore, proprio per il suo ruolo subordinato ai livelli gerarchici superiori, fino ad arrivare al datore di lavoro, deve poter comunque contare in un sistema incrociato (di regole, procedure, controlli) che possano limitare il suo raggio d’azione, nel caso che questo fuori esca, (artt.20 e 59, del D. Lgs. n. 81 del 2008 s.m.). Con il D. Lgs. n.81 del 2008 s.m. l’elemento della responsabilità posta in capo a tutti i soggetti in azienda (graduata in funzione del ruolo) è stata posta a cardine del nuovo sistema di gestione della tutela della salute e sicurezza sul lavoro prevedendo, difatti, l’obbligo dell’introduzione nel documento di valutazione dei rischi dell’organigramma aziendale (ex art. 28, comma 2, lett.d).

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per qualsiasi motivo, dai binari previsti (per le ragioni più diverse, quali l’esperienza, la sottovalutazione del pericolo, il calo dell’attenzione per stanchezza, l’inclinazione a non seguire le regole, la riduzione dei tempi e delle procedure nello svolgimento della mansione…). È precisa la Cassazione quando, ancora recentemente, è tornata a chiarire che per il datore di lavoro «si può configurare un esonero totale di responsabilità … solo quando il comportamento del dipendente presenti i caratteri dell’abnormità e dell’assoluta imprevedibilità»5, affermando così, di riflesso, che sta al datore di lavoro, per il suo ruolo di figura apicale di totale responsabilità di tutela, non solo predisporre giuste regole e procedure di lavoro, ma anche ipotizzare quelle modalità di contenimento dell’errore “possibile” (non abnorme o imprevedibile) da parte del lavoratore, durante l’esecuzione della mansione, prevedendo per questo un sistema organizzato di gestione e di controlli (predisponendo quindi anche, in modo adeguato, le figure dei preposti e, se del caso, dei dirigenti). A fronte di tale posizione di responsabilità, determinata direttamente dal ruolo del datore di lavoro (si ricordino i criteri previsti per tale figura, espressi nella definizione6 dettata dal D. Lgs. n. 81 del 2008 s.m., così come i precetti fondamentali7 espressi dall’art. 2087 del cod. civ.), l’accadimento di un infortunio che venga direttamente a coinvolgerlo (così come per i suoi familiari), ne aumenta senz’altro, in modo esponenziale, non la colpevolezza (che dovrà essere valutata come in caso di infortunio accaduto ad un lavoratore), ma il grado potenziale di rischiosità presente in quel contesto lavorativo nel quale il datore di lavoro non svolge consapevolmente a pieno il suo ruolo. Il drammatico e ricorrente binomio dell’infortunio del lavoratore e delle mancanze determinate dal datore di lavoro che lucra sulla sicurezza e la salute dei propri dipendenti, viene a cadere di fronte ad un infortunio 5

Cfr. Cassazione Penale, 13 gennaio 2011, n. 685. L’art.2, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n.81 del 2008 s.m. definisce il datore di lavoro: «il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa…». 7 L’art.2087 del cod. civ. recita: «L’imprenditore è tenuto ad adottare, nell’esercizio dell’impresa, le misure che secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori». 6

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nel quale è vittima il datore di lavoro, rafforzando tristemente, invece, una verità ancora diffusa e fortemente radicata (specie nelle piccole realtà aziendali) che pone la tutela della salute e sicurezza tra le questioni di non diretta e primaria attenzione da parte del datore di lavoro e comunque, ancora, di frequente a connotazione esclusivamente (e limitatamente) tecnica, strutturale e strumentale8 e, pertanto, (erroneamente) non di sua diretta ingerenza. A confermarci questo preoccupante scenario sono il susseguirsi degli infortuni (in particolare, come detto, quelli che colpiscono anche i datori di lavoro), ma purtroppo anche i dati che da fonti diverse ci pervengono. In questo senso, la ricerca condotta da AiFOS per il 2011 sembra non smentire le affermazioni fin qui argomentate, tracciando uno spaccato preoccupante nei riguardi del tema della tutela della salute e sicurezza sul lavoro, proprio tra le fila dei datori di lavoro, ed in particolare di quelli che rappresentano oggi il cuore dell’imprenditoria italiana, attraverso la piccola e media impresa9. La popolazione intervistata, sulla base dei dati riportati dalla Ricerca, si attesta su di un livello medio culturale buono, tenuto conto che quasi la metà dei datori di lavoro afferma di avere il diploma di scuola media superiore (di durata quinquennale) e che un altro buon 40% afferma di aver conseguito la laurea. Il dato che emerge (seppur circoscritto agli intervistati) è importante, in quanto (considerandolo un campione rappresentativo) si può ritenere di poter contare su di media di imprenditori scolasticamente strutturati e, pertanto, con una base culturale significativamente solida tale da assicurare che i valori fondamentali del lavoro, dell’economia, del sociale, e del rispetto della vita umana, siano stati non solo intercettati 8

Seppur vigente da ormai tre anni, il d.lgs. n.81 del 2008 s.m. ancora oggi stenta ad essere pienamente applicato nelle realtà lavorative nelle sue disposizioni di natura organizzativa (anziché meramente tecnica), non facendo in questo modo compiere il concreto salto di qualità alle aziende, portandole ad una gestione adeguata e sostenibile, oggi fondamentale per creare quelle condizioni di concorrenza vincente (investendo sulla qualità dei prodotti, dei processi e sulle risorse umane). Dall’analisi degli infortuni gravi e mortali accaduti negli ultimi anni emerge sempre di più in modo costante che le cause sono da attribuire quasi esclusivamente a ragioni di natura organizzativa anziché meramente tecnica. 9 Emerge infatti dalle percentuali degli intervistati che più del 50% dei datori di lavoro che ha risposto alle domande della ricerca AiFOS 2011 ha meno di 10 occupati nella propria realtà lavorativa. Si ricorda che la media degli occupati in Italia si attesta su circa 4,8 occupati per azienda, e che le aziende con meno di 10 occupati rappresentano il 98% del complessivo panorama produttivo italiano.

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episodicamente, ma anche acquisiti (attraverso gli studi) quali colonne portanti di una cultura moderna che tende alla realizzazione di uno sviluppo produttivo e sociale sostenibile, per il bene del pianeta e dei suoi abitanti, a partire dalla nostra nazione e nei riguardi di tutti coloro che vi vivono. Ma se le premesse sono confortanti sul piano della formazione culturale di base dei datori di lavoro, il contrasto con i dati relativi alle risposte specifiche in tema di tutela della salute e sicurezza, è preoccupante, per non dire sconvolgente e sconfortante, ancor più tenuto conto che anche l’alibi dell’“ignoranza” e della “scarsità di mezzi culturali” (spesso richiamati quali attenuante del mancato rispetto delle norme prevenzionali da parte del datore di lavoro), non ha, come emerge, alcuna ragione d’essere nello spaccato specifico delle realtà indagate dalla Ricerca. Commentando solo alcuni dei dati di maggior evidenza forniti dalla ricerca di AiFOS 2011, e mettendoli in relazione, senza alcuna pretesa di giungere ad analisi esaustive, si possono comunque avanzare alcune considerazioni e provare a formulare alcune ipotesi di necessari futuri interventi in tema di prevenzione e protezione, a partire dall’ambito formativo, rivolti nello specifico ai datori di lavoro. Un primo aspetto che emerge, e che deve necessariamente richiamare ad una analisi critica importante, è relativo alle conoscenze di merito, in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, possedute dai datori di lavoro. Dai dati della Ricerca emerge che un 24% degli intervistati (circa 1 su 4), non conosce (ripartendo la risposta tra un più ridotto secco “no” e un più ampio “abbastanza”) gli obblighi espressamente previsti dalla normativa in capo al datore di lavoro in tema di prevenzione e protezione nel contesto lavorativo; così per il dato complessivo pari al 15% (ripartito in un equilibrato risultato tra i “non so” e tra coloro che hanno dato una risposta totalmente errata) riferito alla mancata conoscenza da parte del datore di lavoro di quale formazione obbligatoria sia oggi richiesta, dalla legislazione vigente, per poter svolgere il ruolo di Responsabile del servizio di prevenzione e protezione (Rspp), nel caso non venga svolto dallo stesso datore di lavoro. La già minima e diretta correlazione di questi due dati ci porta necessariamente a riflettere sul tema (non sconosciuto, ma poco 108


Cinzia Frascheri

attenzionato) delle conoscenze, attualmente spesso ridotte, ancorché “necessarie”, da parte del datore di lavoro, per poter avviare un’attività lavorativa, qualunque essa sia, caratterizzata da elevati o minimi livelli di rischio presenti. Come noto, difatti, ad oggi l’obbligo formativo a carico del datore di lavoro (in qualità di discente) è previsto solo nel caso egli intenda svolgere, in prima persona, la funzione del Rspp (ai sensi dell’art.34, del d.lgs. n.81 del 2008 s.m.)10. Esclusa tale situazione, il datore di lavoro può tranquillamente avviare un’impresa (o gestirla, assumendo il ruolo in corso di attività), senza conoscere alcuna nozione di base in tema di tutele per la salute e sicurezza dei lavoratori. È in questo senso, difatti, che l’apparente dato confortante relativo all’affermazione da parte del 51% degli intervistati che sostiene di avere un Rspp specifico (dipendente o consulente esterno), mostra immediatamente il suo limite, non dovendo dimenticare che è solo il datore di lavoro che ha il potere/dovere della «responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva, in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa…» e che quindi tutto dipende da lui (al di là del Rspp), nella realizzazione (o meno) del rispetto degli obblighi di tutela prevenzionale, espressamente previsti dalla legislazione vigente. Un datore di lavoro che ignora i principi fondamentali della tutela della salute e sicurezza sul lavoro (e con essi gli obblighi espressamente previsti per le diverse figure della prevenzione, a partire da quelli a suo carico), non potrà mai essere in grado di poter gestire in modo adeguato la propria realtà lavorativa, pur supportato, in modo anche egregio e competente, da un Rspp o da professionisti al suo fianco. A fronte della profonda e rilevante innovazione introdotta dalla nuova legislazione sul tema che ha definitivamente ed esplicitamente considerato l’organizzazione del lavoro una parte inscindibile delle politiche di tutela, all’interno delle realtà lavorative – parificando la potenzialità di rischio rappresentata dagli aspetti tipici tradizionali di natura tecnica (quali le attrezzature, le macchine, gli ambienti di 10

A tale riguardo non va dimenticato che comunque l’obbligo formativo (attuale) a carico del datore di lavoro per svolgere la funzione di Rspp è di “sole” 16 ore e che nella previsione del nuovo testo dell’Accordo Stato-Regioni (da anni in via di approvazione) sarà di 16 ore, per i datori di lavoro delle realtà lavorative a basso rischio, 32 ore per i datori di lavoro delle realtà lavorative a medio rischio, arrivando a 48 ore (sempre poche), per i datori di lavoro delle realtà lavorative ad alto rischio.

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Rapporto AiFOS 2011 – Commenti ed analisi alla ricerca

lavoro…) alle condizioni di lavoro e alle modalità organizzative di questo – un datore di lavoro che non presidia tali nuovi orizzonti, espone irrimediabilmente la propria impresa (e così lui stesso e tutti i lavoratori) ad una situazione di costante potenziale alto rischio, per la salute e sicurezza, ma anche per l’economica e la resistenza sul mercato della propria attività. Considerato il lungo percorso svolto dalla legislazione prevenzionale in Italia, a partire dagli anni ‘50 (senza trascurare l’art. 2087, ancora vigente, archetipo della salute e sicurezza, contenuto nel codice civile del 1942), non può che risultare allarmante (se non inaccettabile) constatare ancora oggi, attraverso i dati della ricerca in parola, che il 21% dei datori di lavoro (circa 1 su 5) considera il documento di valutazione dei rischi tra il basso e medio valore, quale strumento per l’attività dell’azienda, arrivando alla percentuale del 4% (bassa sul valore assoluto, ma senz’altro inaccettabile perché espressione dei datori di lavoro) riferita al non aver svolto (o non sapere se è stato realizzata) la valutazione dei rischi e, di conseguenza, il documento di valutazione dei rischi e la firma di questo, da parte dello stesso datore di lavoro. Un datore di lavoro che ignora totalmente l’importanza della valutazione dei rischi, del documento di valutazione e, come livello minimo, l’obbligo (sanzionato) previsto a suo carico riferito ad entrambi gli adempimenti, non rappresenta solo un soggetto che infrange la legge, ma un soggetto che colpevolmente (ma forse anche dolosamente) mette in grave rischio se stesso e tutti coloro che lavorano nella sua realtà lavorativa, attentando irresponsabilmente alla salute e alla sicurezza di ciascuno (compreso se stesso). Prospettare, pertanto, un obbligo di conoscenza, da parte del datore di lavoro, delle disposizioni minime in materia prevenzionale, quale prerequisito indispensabile per poter avviare un’attività lavorativa (o per poterla gestirla nel ruolo di datore di lavoro, come definito dall’art.2, del D. Lgs. n. 81 del 2008 s.m.) diviene non solo un’ipotesi da considerare quale proposta innovativa di sviluppo, nel cammino della prevenzione, ma quale intervento fondamentale da dover prevedere, in tempi brevissimi, tra le disposizioni in via di elaborazione nell’ambito delle politiche di qualificazione delle imprese, sulle quali il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, in concerto con le Parti sociali, 110


Cinzia Frascheri

all’interno della Commissione consultiva permanente, sta da tempo lavorando. Un primo segnale, in questo senso, in piena coerenza con quanto detto, è oggi presente nel recente decreto firmato dal Presidente della Repubblica riferito ai lavori in ambiente a sospetto di inquinamento o confinato, redatto quale primo articolato elaborato in applicazione delle politiche per la qualificazione delle imprese (ai sensi dell’art. 27, del D. Lgs. n. 81 del 2008 s.m.). Nel decreto si prevede che un’azienda che intende svolgere la sua attività in ambienti a sospetto di inquinamento o confinati deve obbligatoriamente, non solo essere a norma nei riguardi di tutti gli obblighi specifici previsti in tema di tutela della salute e sicurezza sul lavoro (a partire quindi dalla valutazione dei rischi e dalla redazione del documento), ma anche sul piano della info-formazione specifica, di tutto il personale impiegato, compreso il datore di lavoro, quando anch’esso direttamente impegnato nell’attività. Il segnale che da tale provvedimento ci perviene è senza dubbio di grande rivoluzione, non tanto nel merito specifico della disposizione prevista (comunque di valore importante), ma sul piano del cambiamento culturale che introduce significativamente, ed in maniera esplicita, delle disposizioni a cui il datore di lavoro non solo deve sottostare quali prerequisiti di qualificazione della propria attività lavorativa, ma che giungono a parificarlo, negli obblighi (a partire dalla formazione), a tutti i lavoratori impiegati. Il D. Lgs. n.626/94, così come l’attuale D. Lgs. n. 81 del 2008 s.m., hanno sempre considerato superfluo indicare precise disposizioni che riguardassero il datore di lavoro in prima persona, concentrandosi sugli obblighi a suo carico riferiti alla gestione dell’attività ed agli interventi di tutela nei riguardi dei propri occupati. Una scelta che nel tempo, però, ha portato al consolidarsi dell’errato atteggiamento di molti datori di lavoro nell’individuare quali propri doveri solo quelli espressamente indicati come precisi obblighi soggetti a sanzione e riferiti alla sola popolazione lavorativa, snaturando quella condizione di rigore, naturale ed implicita, propria di un titolare di responsabilità (primo nell’esempio virtuoso) che dovrebbe essere parte integrante, tipica e valoriale di un ruolo di vertice e, pertanto, del ruolo di datore di lavoro.

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Rapporto AiFOS 2011 – Commenti ed analisi alla ricerca

Arrivando a fare un passo indietro, per fare un passo avanti nel cammino della tutela della salute e sicurezza, si dovrà necessariamente, in un prossimo futuro, intensificare gli obblighi a carico del datore di lavoro per i quali esplicitamente se ne prevederà l’applicazione anche nei riguardi della propria figura. In questo senso, un grande merito il D. Lgs. n.81 del 2008 s.m. ce l’ha, avendo ricompreso in modo esplicito tra i lavoratori anche i collaboratori familiari, parificandoli agli alti occupati quali titolari di diritti di tutela, di prevenzione e protezione. Ad oltre cinquant’anni dalle prime disposizioni in materia di tutela della salute e sicurezza dovrebbe risultare quanto mai anacronistico ed inutile chiedersi se oggi i datori di lavoro che svolgono in prima persona l’attività lavorativa utilizzano in modo regolare i dispositivi di protezione individuale, ma purtroppo i fatti sembrano smentire tale considerazione, richiedendo urgenti e puntuali interventi regolativi che richiamino espressamente anche il datore di lavoro al pieno rispetto dei precetti legislativi correlati allo svolgimento dell’attività lavorativa. Chiudendo questo contributo scritto con una domanda provocatoria (ma non troppo), sarebbe interessante chiedersi e, quindi, verificare, ad oggi quanti sono i datori di lavoro che si sono sottoposti (almeno) ad una visita medica preventiva per verificare le proprie condizioni di idoneità alla mansione specifica, quando direttamente svolta.

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Diego Alhaique

La formazione alla sicurezza tra luci e ombre in una difficile rete di sostegno al sistema di partecipazione dei lavoratori alla prevenzione di Diego Alhaique1

La formazione è stata una delle grandi innovazioni introdotte nella nostra disciplina sulla salute e la sicurezza sul lavoro a partire da metà degli anni ’90 grazie all’obbligo di attuare la legislazione europea, in particolare la direttiva “quadro” 89/391. Da allora si può dire che le molteplici esperienze realizzate, buone e cattive, hanno permesso di inquadrare sempre meglio la formazione come uno dei fattori ed indicatori principali per configurare una gestione della prevenzione in azienda di tipo non burocratico, nella quale gli adempimenti e le misure di prevenzione cui il datore di lavoro è tenuto siano parte integrante di una concezione che collochi la salute e la sicurezza come valore d’impresa. La ricerca svolta da AiFOS sulla formazione alla sicurezza dal punto di vista dei datori di lavoro offre elementi utili per comprendere come viene realmente vissuta nelle aziende la funzione della formazione, se strumento di crescita culturale e tecnica della comunità lavorativa a protezione della salute oppure mero adempimento imposto dalla legge. Lungo questo doppio profilo, a parte uno “zoccolo duro” di imprese in cui il datore di lavoro non conosce i suoi obblighi in materia di sicurezza e dove non vengono valutati tutti i rischi e nemmeno firmato il relativo documento, complessivamente valutabile al 3% del campione intervistato, emergono luci e ombre.

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Direttore scientifico di “2087”, rivista mensile di informazione e formazione per la salute e la sicurezza sul lavoro, edita dal 1999 dalla Edit Coop (Roma).

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Rapporto AiFOS 2011 – Commenti ed analisi alla ricerca

Per ciò che riguarda le prime, si deve positivamente constatare che la grande maggioranza delle imprese è ben orientata circa il ruolo positivo della formazione come mezzo indispensabile per una buona gestione aziendale della prevenzione. Tale orientamento è deducibile da una serie di risposte a sostegno di diversi elementi qualitativi costituenti una visione della sicurezza concepita come valore da parte della grande maggioranza dei datori di lavoro intervistati (tra l’80 e il 90%, considerando l’insieme dei risultati “abbastanza, molto, moltissimo” o gli indicatori da 3 a 5), quali il conoscere i bisogni di formazione nella propria azienda e l’opinione per cui la formazione dei lavoratori è importante per favorire l’organizzazione aziendale e le relazioni tra il personale. È poi rilevante che il 72,5% raccoglie il parere dei lavoratori sull’efficacia della formazione, quota invero non esaltante, ma attraverso cui si possono verificare un buon grado di coinvolgimento dei lavoratori (69%), l’altrettanta disponibilità e l’interesse (66%) e, non ultimo per importanza, un’efficacia valutata al 70%. Complessivamente è confortante che oltre il 90 per cento dei datori di lavoro interpellati ritenga che la sicurezza sul lavoro “deve rientrare nel normale processo lavorativo e non essere una cosa estranea”, “non è un costo ma un investimento” e la formazione “svolta sul serio e non solo come obbligo”. A questo profilo di segno senz’altro positivo, si oppongono alcune ombre, che attengono ad aspetti non propriamente appartenenti alla sfera della formazione alla sicurezza, ma ad essa strettamente collegati. Ci riferiamo in particolare alla partecipazione dei lavoratori e alla rete della bilateralità che è stata concepita a suo sostegno. Si tratta di elementi senza i quali è difficile immaginare che la formazione possa attuarsi come intervento condiviso e non calato dall’alto e di fatto obbligatoriamente subito. A questo proposito, infatti, non sono buoni risultati che il 34 per cento dei rispondenti abbia difficoltà nella compilazione dei moduli richiesti per aderire ai corsi dei fondi interprofessionali, il 63% ritenga che tali corsi siano scarsamente utili per i lavoratori, l’azienda non svolga alcun ruolo attivo se questi vengono realizzati (53,6%), il 31% non conosca per nulla o quasi il ruolo svolto dagli enti o dagli organismi paritetici, addirittura il 70 per cento ritenga che è difficile o difficilissimo conoscere l’ente bilaterale di riferimento della propria azienda, il 62% ha avuto pochissime o poche occasioni di 114


Diego Alhaique

collaborare con esso, il 40% valuti come non importante il ruolo per la prevenzione che gli enti bilaterali potrebbero svolgere, mentre un grottesco 13% crede che essi abbiano poteri sanzionatori per l’inosservanza delle norme antinfortunistiche. Su un’analoga scia di scarsa tenuta della sfera della partecipazione dei lavoratori si collocano i risultati che indicano come nel 14% delle imprese intervistate non sia stato mai eletto il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, che solo il 7% degli Rls sia stato designato dal sindacato interno o esterno, il 9% di essi non ha svolto l’apposito corso di formazione e solo l’1% l’abbia svolto direttamente con il sindacato. Tutte spie di un abbandono da parte delle organizzazioni sindacali di quello che dovrebbe essere il loro naturale compito di promuovere e sostenere gli RLS. Non resta che auspicare che i recenti accordi tra le parti sociali per la costituzione di una rete di RLS territoriali nel settore artigiano e nelle piccole imprese possa far recuperare il terreno perduto2.

2

Ci riferiamo all’accordo tra Cgil, Cisl, Uil e Associazioni datoriali artigiane definitivamente siglato il 13 settembre 2011 e quello tra le stesse confederazioni sindacali e la Confapi del 20 settembre dello stesso anno.

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Rapporto AiFOS 2011 – Commenti ed analisi alla ricerca

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Giovanni Ballan

Appendice Il datore di lavoro e la formazione alla sicurezza in Veneto di Giovanni Ballan1

“Con il Rapporto 2011 si conclude la prima parte della ricerca sulla formazione che ha coinvolto nell’ordine i lavoratori, i formatori ed i datori di lavoro. Ai datori di lavoro, responsabili della salute e della sicurezza dei propri dipendenti sul luogo di lavoro, vengono fatte una serie di domande allo scopo di capire ed analizzare quali sono le percezioni, le condizioni e le azioni che i datori di lavoro hanno messo in atto ai fini della sicurezza. Dai dati emerge un datore di lavoro consapevole della problematica della sicurezza. Questo è anche dovuto al fatto che i Datori di lavoro se ne occupano direttamente o tramite propri consulenti, che svolgono il ruolo di Responsabile della Sicurezza. Ne deriva per prima cosa che il datore di lavoro ha presente cosa sia una analisi dei rischi e l’obbligo della stesura di un Documento della Valutazione. Ma le difficoltà e le incertezze iniziano allorquando si chiede di conoscere il ruolo ed i compiti che devono svolgere i soggetti coinvolti nell’organizzazione della sicurezza. Ne prevale, spesso, una forma amministrativa  non sempre corretta anche sotto il profilo legislativo  fatta per lo più di vecchie prassi basate su firme di corresponsabilità. Non si percepisce che questi aspetti 1

Laureando in Tecniche della Prevenzione negli Ambienti e nei Luoghi di Lavoro presso la Facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Padova. Tale appendice è un focus della ricerca “Il datore di lavoro e la formazione alla sicurezza” svolta a livello regionale. Per l’elaborazione della propria tesi di laurea, l’autore ha sottoposto ad alcune aziende del Veneto lo stesso questionario che è stato utilizzato per la ricerca AiFOS a livello nazionale. Il campione di aziende, estraneo a quello dei dati nazionali, è stato selezionato tra i clienti del Centro di Formazione AiFOS Siria Srl di Massanzago (PD). Si ringrazia per la collaborazione e la disponibilità il Direttore del Centro di Formazione Nicola Corsano, che è anche correlatore della tesi di laurea. Si ringrazia, inoltre, il relatore, Prof. Dott. Stefano Agati, docente di organizzazione aziendale dell’Università degli Studi di Padova.

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Rapporto AiFOS 2011 - Appendice

amministrativi e burocratici non hanno valore se non accompagnati da un’effettività delle azioni da svolgere. Ben sapendo che la formazione è un obbligo, giudizi differenti vengono dati circa l’uso degli strumenti e le metodologie per lo svolgimento della formazione. Molti datori di lavoro conoscono metodi e strumenti di formazione ma, il giudizio generalmente positivo è quello della formazione in azienda. Entrando nel merito, non ne hanno un’idea precisa ma, a fronte del sistema attuale di svolgimento della formazione in aule esterne, tutti privilegiano la formazione interna, anche per il semplice fatto di risparmio di tempo e di costi dei propri dipendenti.” Da questa citazione, riguardante le principali considerazioni della ricerca nazionale sulla formazione alla sicurezza in azienda, svolta dal Prof. Rocco Vitale, Presidente AiFOS, possiamo estrapolare le differenze più importanti per quanto riguarda i risultati della ricerca effettuata nella regione Veneto. Il campione dei datori di lavoro intervenuti nella ricerca I datori di lavoro che hanno partecipato alla ricerca sulla Formazione nella Regione Veneto, sono stati i più propositivi verso la ricerca stessa; infatti, più di 1/3 dei questionari totali raccolti in tutta Italia, arriva dalle realtà aziendali venete; inoltre, la percentuale di D.d.L. che hanno risposto direttamente alle domande proposte nel questionario AiFOS, dimostrando nei confronti di questa ricerca un forte interesse, senza delegare a persona esterna o dipendente, è di molto superiore rispetto a quella nazionale; il 45% della ricerca nazionale contro il 67% di quella della Regione Veneto. Il settore di attività Nell’individuazione della tipologia o settore di attività delle aziende coinvolte nella ricerca ritroviamo, rispetto ai dati nazionali, una spiccata appartenenza alla tipologia aziendale commercio, artigianato, trasporti 118


Giovanni Ballan

per il 40%; gli altri settori che spiccano, ma in modo meno evidente sono uffici, servizi, turismo con il 18%, il manifatturiero con il 13% e costruzioni ed estrazioni minerali con il 14%. Nei dati nazionali spiccava, invece, il settore degli uffici, servizi, turismo con il 50%. Il livello di istruzione

Relativamente al livello d’istruzione, circa il 47% dei D.d.L. possiede un diploma di scuola media superiore, i laureati sono, al contrario rispetto all’indagine Nazionale, il 13%, i D.d.L. con un diploma di scuola media inferiore sono solo il 21% degli intervistati. Contrariamente al dato nazionale, il livello di istruzione degli intervistati in Veneto è inferiore, in quanto gli intervistati stessi posseggono un titolo meno specifico Nella ricerca nazionale i laureati sono il 40% della totalità dei rispondenti.

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Rapporto AiFOS 2011 - Appendice

Il numero di occupati

Le aziende intervistate sono composte per la maggior parte da non più di 5 dipendenti, più precisamente nel 37% dei casi, la restante percentuale si attesta maggiormente in aziende non superiori a 10 dipendenti, per il 26% e non più di 35 per il 22%. Se racchiudessimo i rispondenti in un gruppo più vasto, cioè considerassimo le realtà che hanno da 1 a 35 persone occupate, potremmo racchiuderne l’85%. Il 6% non ha risposto al quesito in questione. I dati nazionali in questo caso coincidono con quelli regionali appena citati.

Le certificazioni

Altro argomento nel quale riscontriamo sostanziali differenze tra le due rispettive ricerche, è l’adozione di certificazioni da parte delle aziende. Infatti, l’81% dei D.d.L. non adotta nessuna certificazione; alla restante percentuale, il 17%, va attestata solamente la certificazione UNI EN ISO 9001:2000. Nella ricerca nazionale, la percentuale di

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Giovanni Ballan

certificazioni UNI EN ISO 9001, UNI EN ISO 14001 e OHSAS 18001 equivale rispettivamente a 39%, 4% e 5%. La Valutazione dei rischi La valutazione dei rischi rappresenta il momento cardine della prevenzione per la salute e la sicurezza dei lavoratori. La valutazione trova la sua espressione nella stesura del Documento di Valutazione dei Rischi. Nel porre quesiti sull’importanza del D.V.R. abbiamo constatato che, rispetto ai dati nazionali, i D.d.l. veneti danno un’importanza minore al suddetto documento, equivalente al 35%. Nel redigerlo comunque, coinvolgono quelle figure professionali, come il Medico Competente e l’R.L.S., che all’interno dell’azienda sono, dopo il D.d.l., le persone con maggior peso, responsabilità e credibilità. Grafico regionale

Grafico nazionale

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Rapporto AiFOS 2011 - Appendice

Grafico regionale

Grafico nazionale

Il ruolo di R.S.P.P. Relativamente al soggetto prescelto per ricoprire il ruolo di R.S.P.P. aziendale, tra la ricerca nazionale ed il focus regionale ci sono ampie differenze. In questo caso i risultati ci dicono che la percentuale di D.d.L. che assumono direttamente questo ruolo aumenta notevolmente, rispetto ai D.d.L. della ricerca nazionale, arrivando al 70%. Rimane costante la percentuale nei confronti dei consulenti esterni (25%), ma diminuisce di molto il numero di dipendenti tenuti in considerazione per questo ruolo di alta responsabilità all’interno dell’azienda.

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Giovanni Ballan

Grafico regionale

Grafico nazionale

Le metodologie e gli strumenti della Formazione Possiamo, inoltre, dire che la maggior parte dei D.d.L. è a conoscenza delle metodologie e degli strumenti usati per attuare la formazione, ma allo stesso tempo che alla maggior parte di tali strumenti viene data poca credibilità in termini di funzionalità per il raggiungimento degli obbiettivi prefissati. Per quanto riguarda la formazione attraverso gli opuscoli illustrativi, il 60% dei D.d.L. la sconsiglia; la stessa opinione viene ribadita per quanto riguarda l’autoformazione, la lettura di testi e la formazione a distanza. L’unico strumento elogiato dalla quasi totalità dei rispondenti al quesito è la formazione in azienda, per addirittura quasi l’80%, effettuata da colleghi interni, in possesso di esperienza nella mansione specifica da trasmettere. Questi risultati, appena citati, rispecchiano anche le percentuali nazionali. 123


Rapporto AiFOS 2011 - Appendice

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Giovanni Ballan

Conclusioni Attraverso le differenze estrapolate dalla ricerca effettuata nella Regione Veneto, rispetto alla ricerca nazionale, possiamo affermare che in linea di massima i risultati portano a delle conclusioni similari, per quanto riguarda la domanda generale posta al vertice, cioè la consapevolezza dei Datori di lavoro verso le problematiche della sicurezza; ritroviamo, invece, differenze quando andiamo ad indagare nello specifico, in alcuni dei quesiti predisposti all’interno del questionario, per esempio analizzando i vari ruoli di sicurezza obbligatori nell’azienda o l’utilizzo e la credibilità dei documenti di sicurezza anch’essi obbligatori in azienda. 125


Quaderni della sicurezza AiFOS n. 4, 2011

QUADERNI DELLA SICUREZZA AiFOS Rivista trimestrale dell’Associazione Italiana Formatori della Sicurezza sul Lavoro Direttore Responsabile: Rocco Vitale Direzione e Redazione: via Branze, 45 - 25123 Brescia tel. 030.6595031 - fax. 030.6595040 Sito web: www.aifos.it – mail: quaderni@aifos.it AiFOS è partner dell’Agenzia europea per la salute e la sicurezza sul lavoro (OSHA) di Bilbao. AiFOS figura nell’Albo regionale “Lombardia Eccellente”, costituito con Decreto n. 10678 di Regione Lombardia, per la realizzazione del progetto “Sicurezza sul lavoro e ricerca di nuove tecnologie per la prevenzione”. Registrazione e iscrizione Registrazione al n.10 del registro periodici della cancelleria del Tribunale di Brescia in data 18 febbraio 2010. Progetto grafico: Silvia Toselli Responsabile di redazione: Maria Frassine Stampa: Tipolitotas, via Ponte Gandovere n. 3/5 - Gussago (Bs) Prezzo di questo numero: € 15,00 (spese di spedizione comprese) Versamento sul conto corrente postale n. 74894502 intestato a: AiFOS, via Branze, 45 - 25123 Brescia (Bs) Condizioni di abbonamento La rivista viene inviata gratuitamente a tutti i soci AiFOS che risultino in regola con il versamento della quota associativa annuale. Le iscrizioni ad AiFOS si effettuano esclusivamente online dal sito www.aifos.it con il versamento della quota annuale di € 100,00. Hanno collaborato: Lorenzo Alessio, Diego Alhaique, Giovanni Alibrandi, Alberto Andreani, Giovanni Ballan, Chiara Ballarini, Giuseppe Battista, Fabrizio Benedetti, Riccardo Bianconi, Elena Bonfiglio, Giuseppe Bonifaci, Silvana Bresciani, Ettore Bussi, Alessandro Cafiero, Pier Sergio Caltabiano, Marina Calabrese, Alberto Cerquaglia, Giuseppe Ciarcelluto, Andrea Cirincione, Luigi Dal Cason, Silvano Danesi, Dario De Andrea, Diego de Merich, Priscilla Dusi, Erick Faita, Lorenzo Fantini, Stefano Farina, Paola Favarano, Rosa Anna Favorito, Giulia Forte, Ermanno Franchini, Cinzia Frascheri, Maria Frassine, Rosita Garcia, Maria Giovannone, Angelo Giuliani, Anna Guardavilla, Annalisa Guercio, Michele Lepore, Fabiola Leuzzi, Alessandra Ligi, Giuseppe Lucibello, Laura Manfrin, Marialaura Manna, Marco Masi, Francesca Morselli, Francesco Naviglio, Grazia Nuzzi, Paolo Pennesi, Fabio Pontrandolfi, Aldo Preiti, Giancarlo Quiligotti, Franco Robecchi, Federico Ruspolini, Luca Saitta, Nirvana Salvi, Marco Fabio Sartori, Massimo Servadio, Costantino Signorini, Giuseppe Spada, Michele Tiraboschi, Filippo Trifiletti, Silvia Toselli, Celso Vassalini, Andrea Volpe, Vito Volpe, Rocco Vitale, Carlo Zamponi. Precisazioni È vietata la riproduzione o la memorizzazione dei “QUADERNI DELLA SICUREZZA AiFOS” anche parziale e su qualsiasi supporto. La Direzione della rivista e l’Associazione Italiana Formatori della Sicurezza sul Lavoro declinano ogni responsabilità per i possibili errori o imprecisioni, nonché per eventuali danni risultanti dall’uso delle informazioni contenute nella presente pubblicazione.

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PROSSIMO QUADERNO:

QUADERNI DELLA SICUREZZA AiFOS

Formazione dei Formatori alla Sicurezza

n. 1 - anno I

T.U. n. 81/2008

Prima uscita 2012 dedicata alla Formazione dei Formatori alla Sicurezza sul Lavoro

n. 2 - anno I

Valutare i rischi

n. 3 - anno I

Gestione aziendale e salute e sicurezza sul lavoro

n. 1 - anno II

n. 2 - anno II

n. 3 - anno II

I Sistemi di Gestione della Sicurezza tra Certificazione e Asseverazione

La conoscenza dello stress lavorocorrelato

I lavori e la Sicurezza sul Lavoro

n. 4 - anno I

La figura del Formatore alla Sicurezza

Rapporto AiFOS 2010

n. 4 - anno II

Il Datore di Lavoro e la Formazione alla Sicurezza Rapporto AiFOS 2011


AiFOS è un’associazione senza scopo di lucro costituita da formatori, docenti, professionisti, consulenti ed aziende che operano nel campo della sicurezza sul lavoro. La formazione è strumento di prevenzione per la salute e la sicurezza nei luoghi di vita e di lavoro. La rivista scientifica trimestrale “Quaderni della Sicurezza AiFOS” presenta studi, ricerche, analisi e commenti di carattere monografico.

AiFOS - Associazione Italiana Formatori della Sicurezza sul Lavoro c/o CSMT Università degli Studi di Brescia via Branze, 45 - 25123 Brescia tel. 030.6595031 fax 030.6595040 www.aifos.it info@aifos.it

QUADERNi DELLA SiCUREZZA AiFOS - Associazione Italiana Formatori della Sicurezza sul Lavoro

eta n o m a n u mo a i b m a c s i neta o ... se c m a n u i amb r t n e o m e r av emo r v a a e d i ’ un o m a i b m a c ee d .... se ci s i e u d i b entram

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QUADERNi DELLA SiCUREZZA AiFOS Associazione Italiana Formatori della Sicurezza sul Lavoro

Rivista monografica trimestrale - Salute e Sicurezza nei Luoghi di Vita e di Lavoro

Il Datore di Lavoro e la Formazione alla Sicurezza Rapporto AiFOS 2011 A cura di: Rocco Vitale Francesco Naviglio Presentazione di: Marco Fabio Sartori Introduzione di: Lorenzo Fantini Michele Lepore Commenti: Fabio Pontrandolfi Grazia Nuzzi Cinzia Frascheri Diego Alhaique Giovanni Ballan

n. 4 - Anno II Trimestrale Ottobre - Dicembre 2011

AiFOS Associazione Italiana Formatori della Sicurezza sul Lavoro c/o CSMT Università degli Studi di Brescia via Branze, 45 - 25123 Brescia tel. 030.6595031 fax 030.6595040 www.aifos.it info@aifos.it


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