Il Giornale Di Vicenza

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IL GIORNALE DI VICENZA

CULTURA&SPETTACOLI

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Giovedì 26 Febbraio 2015

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PITTURA. Finoal15maggio,adAmsterdam,«LateRembrandt»:novantatradipinti,disegniestamperealizzatefrail1652eil1669dalpittoredelSecolod’oroolandese

Lasposaebrea(121,5 x166,5 cm),olio su teladel1665circa

L’ULTIMOREMBRANDT AlRijksmuseum,perlaprimavolta,riuniteleopereeseguitetrai46 ei63anni,quandomorìinmiseria.Ilrigoreespressivosievolve Massimo Manduzio AMSTERDAM

Il più enigmatico dei quaranta che Rembrandt van Rijn dipinse è Autoritratto con due cerchi, quasi un’incompiuta ai confini estremi della sua esistenza, uno dei lasciti finali più suggestivi, esposto nella mostra che la sua Amsterdam gli dedica fino al 17 maggio al Rijksmuseum, uno degli scrigni europei dell’arte e insieme fra le testimonianze più alte della Golden Age, il Secolo d’oro, il 1600, in cui l’Olanda era un centro di gravità delle arti, del commercio, delle scienze. La mostra, che approda nella sua culla naturale dopo un primo allestimento con opere però in parte diverse alla National Gallery di Londra, si è aperta il 12 febbraio ed espone quarante dipinti, venti disegni e trenta stampe del maestro nato a Leida nel 1606, morto ad Amsterdam nel 1669 e sepolto non in un famedio degli illustri ma in una fossa comune

della Westerkerk, perché A 63 anni, quando si spense, era ormai rovinato e in miseria. Ed è proprio al periodo più tormentato della sua vita, l’ultimo, che è dedicata la mostra che per la prima volta riunisce le opere realizzate da Rembrandt fra il 1652 e l’anno della morte, quello in cui dipinse Autoritratto all’età di 63 anni, uno dei tre nella prima sala dell’esposizione, insieme a quello in cui si era ritratto nelle sembianze dell'apostolo Paolo, l’unico «portrait» della sua vasta produzione con un’ispirazione biblica. «LATE REMBRANDT» è il titolo della la mostra del Rijksmuseum, grumo ancora rifulgente di un’arte splendida segnata nella maturità da un intimismo che sfrangia l’antica perfezione in colori e volumi più corposi e forti, eppure sempre più sfuggenti nei contorni. Come se non fosse (più) possibile definire compiutamente l’umanità ritratta se non con il

rinvio ad altro, indefinito. Rembrandt sopravvisse alla morte della moglie e della seconda compagna e a quella dei quattro figli, l’ultimo dei quali, Titus, scomparve un anno prima di lui. Fu costretto, dopo aver vissuto al di sopra dei suoi mezzi, a sopportare le conseguenza della bancarotta, con la maggior parte dei suoi dipinti finiti all'asta e la vendita forzata della sua casastudio di Jodenbreestraat, nel ricco quartiere ebraico, dov'è oggi la Rembrandthuis, appunto il museo della casa di Rembrandt. È a quel periodo finale della sua vita che si riferiscono i dipinti e le opere in esposizione, conclusione di una parabola esistenziale che non spegne la vena artistica in decadente ripetizione, ma al contrario la trasforma e la sublima. E si vede bene in quelli che oggi chiameremmo «selfie, gli autoritratti in tarda età, in particolare in quello citato «con due cerchi» che è anche il logo scel-

Nellamaturità laperfezione dicolorievolumi cedeilpasso acontorni piùsfuggenti L’«Autoritratto conduecerchi» sembraessere statolasciato volutamente incompiuto to per la mostra. Qui Rembrandt usa strati di vernice grigia come una via di mezzo tonale, adopera la tecnica del bagnato su bagnato e la rapidità dei colpi di pennello che si intuisce in alcune aree

MOSTRA. APadovadal 28febbraio al31 maggiooltre 300fotografie

Laguerre per immagini Unsecolo di reportage Si intitola Questa è guerra! e racconta un secolo di guerre attraverso oltre 300 immagini, selezionate da Walter Guadagnini, tra le più emblematiche dei diversi conflitti. La mostra è a Padova, in Palazzo del Monte di Pietà, dal 28 febbraio al 31 maggio 2015, iniziativa della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo. L’invenzione della fotografia cambia radicalmente la rappresentazione della guerra: il racconto diventa soprattutto

immagine, sintesi, evidenza, cronaca, con una diffusone planetaria prima inimmaginabile. La Grande guerra, la Guerra civile spagnola, la Seconda guerra mondiale, il Vietnam producono reportages leggendari come quelli di Capa, Cartier-Bresson, Jones Griffith. Le guerre recenti, in ex-Jugoslavia, Afghanistan, Iraq e quelle contemporanee in corso in questi giorni in Congo, Palestina, Ucraina sono testimoniate sempre più da cittadini-reporter e da alcuni de-

Ucraina:unafoto di questigiorni

gli artisti più celebri della contemporaneità. La guerra cambia e la fotografia guarda ad essa con occhi diversi. Ma all'interno di queste vicende belliche, sono stati individuati punti di vista particolari. Per quanto riguarda la Prima guerra mondiale, ad esempio, l'accento cade sulle novità tecnologiche che questo conflitto ha sperimentato per la prima volta, ed ecco dunque le foto aeree, materiali che provengono dall'eccezionale e ancora poco studiato patrimonio del Museo della Terza Armata di Padova. La Guerra civile spagnola viene invece vista dai giornali, con una delle foto più celebri della mostra, il Miliziano Caduto di Robert Capa, autentica icona del XX secolo. •

Autoritrattocondue cerchi,scelto comelogo perla mostra lascia l’impressione che lui stesso considerasse il dipinto non finito (la datazione è 1665-1669), come autorizzerebbe a pensare anche il fatto che non è firmato e neppure datato. Quasi che lo stesso arti-

sta avesse voluto riservarsi infine la volontà di alludere a profondità interiori e la libertà di eludere le regole del rigore espressivo. Al Rembrandt del sublime ritrattismo collettivo appartie-

ne il dipinto The Syndics (I sindaci dei drappieri) in cui si vedono i sei sindaci dei drappieri, chiamati a valutare la qualità della stoffa dei tessitori, l’unico che l’artista dedicò ai membri delle Gilde, cioè delle corporazioni. NELL’OLIO SU TELA realizzato nel 1662 e di proprietà del Rijksmuseum, la perfezione formale e prospettica di Rembrandt si fonde tuttavia con un tratto emotivo nel colorire i volti e l’atteggiarsi dei drappieri che introduce la maniera del «Late Rembrandt», quello più intimista e meno pubblico. Quello che erompe con forza in due capolavori, Ritratto di famiglia (1665, Herzog Anton Ulrich Museum di Brunswick) e Ritratto di coppia noto come La sposa ebrea (1665 circa, Rijksmuseum). Di quest’ultimo Vincent Van Gogh, oltre due secoli dopo, disse che avrebbe dato dieci anni della sua vita per potersi sedere per due settimane davanti alla tela, mangiando un pezzo di pane secco. In entrambi i dipinti e in particolare nella Sposa ebrea, considerato uno dei picchi della sua arte, il nitore e la precisione assoluti che sono la cifra di Rembrandt lasciano il posto a una densità materica del colore inaudita, al risultato di nuove sperimentazioni anche tecniche, ma soprattutto al rinvio alla dimensione altra dell’anima. •

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Isindacidei drappieri: olio sutela(191,5x279cm) che Rembrandtdipinse nel 1662


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