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neo-Eubios 68 - Editoriale

È nata l’ANIT. Intervista con Sergio Mammi, presidente ad interim dell’Associazione Nazionale per l’isolamento termico e acustico (da Isolare, CTA 1984).

Da molto tempo si auspicava la creazione di una associazione tra produttori di isolanti termici ed acustici, mi pare che finalmente ci siamo. Non è esatto. L’Anit è un’ associazione culturale, senza scopo di lucro, creata da persone fisiche, “amici dell’isolamento termico e acustico”. Ad essa possono aderire tutti coloro i quali hanno interesse allo sviluppo, la valorizzazione, la promozione, il costante aggiornamento sull’isolamento. Quindi possono aderire anche le aziende produttrici; in effetti le maggiori hanno già dichiarato la loro intenzione ad iscriversi.

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Perciò, come associazione culturale, somiglia alle più titolate Aicarr e Anta. In cosa si differenzia?

Sostanzialmente negli obiettivi, che non sono genericamente “termotecnici”. L’Anit è un’associazione che ha ragione d’essere solo se costantemente “operativa”.

Ecco, può riassumere brevemente gli obiettivi che si propone l’Anit?

Sono quelli descritti dallo Statuto, che è disponibile per chi ne faccia richiesta; per meglio descriverli però è forse più opportuno parlare del programma di lavoro che l’Associazione si è data per il 1984: - farsi conoscere e accettare come interlocutore ufficiale degli enti normativi, legislativi, tecnici, in tema d’isolamento termico e acustico - promuovere il rifacimento della legge 373 - organizzare corsi di aggiornamento tecnico - studiare meccanismi di incentivazione per l’isolamento veramente efficaci.

Quindi secondo voi la Legge 373 non è più attuale?

Dal 1977 ad oggi il costo del gasolio del riscaldamento è aumentato quasi cinque volte, quello degli isolanti di due volte e mezzo. E’ evidente che occorre rivedere i valori Cd, calcolati con un rapporto costi/benefici ottimale nel ‘77, ma che non lo è più oggi. In secondo luogo “la 373” è stata pensata per un funzionamento degli impianti in regime permanente: una recente legge (18/11/83 n. 645) dispone invece l’obbligo dell’esercizio intermittente. Questo comporta conseguenze anche molto pesanti per gli impianti e gli isolamenti dimensionati secondo “la 373”. Tralasciando poi altri aspetti, per altro non marginali, c’è il problema dei controlli. Sul mancato rispetto della “373” sono tutti d’accordo, potreste darci delle indicazioni su quello che è secondo Lei l’impatto di mercato di questa “evasione”? Secondo un recente studio, l’evasione della 373 copre quasi il 50% degli edifici costruiti. Per il mercato degli isolanti ciò corrisponde ad un mancato fatturato del 30%. Per iI Paese, i maggiori consumi che ne conseguono sono dell’ordine dei 200 miliardi ogni anno. Cifra che si va cumulando negli anni.

Cosa pensate di fare a questo proposito?

Anit si propone di organizzare, cominciando dalle regioni che hanno peso maggiore nei consumi, una serie di riunioni di sensibilizzazione di tutti i tecnici comunali. In questo quadro pensiamo anche di offrire aiuto a quel comuni medio-piccoli che non sono attrezzati per un efficace controllo. In seconda battuta proporremo agli enti normatori preposti due cose: una campagna di sensibilizzazione del grande pubblico affinché gli acquirenti stessi degli immobili richiedano il rispetto della 373, che si traduce in fondo in una gestione più economica; l’inserimento tra le norme, della richiesta delle fatture degli isolanti impiegati, da esibire in allegato alla dichiarazione congiunta di fine lavori.

Prima ha parlato di corsi di aggiornamento, ci può illustrare un po’ meglio di cosa si tratta?

Anit organizzerà corsi monografici a pagamento invitando, come docenti, i migliori esperti oggi disponibili. I corsi saranno organizzati al sabato per consentire a tutti di potervi partecipare e tratteranno temi quali: igrotermia e ponti termici, sistemi di isolamento innovativi, tecniche applicate e patologie negli isolamenti, isolamento acustico, i materiali isolanti, problematiche generali e riferite alle singole famiglie merceologiche, ecc… Maggiori informazioni si possono richiedere alla segreteria ANIT.

Se mi consente, mi pare un programma piuttosto ambizioso, come pensate di realizzarlo con le quote sociali?

La nostra, in effetti, non potrà mai essere un’associazione molto numerosa; le quote sociali basteranno perciò per il suo funzionamento, ma non per le azioni che l’associazione deciderà di intraprendere. Per queste servono le aziende aderenti che, in linea con gli obiettivi sociali e le deliberazioni dell’assemblea, costituiscono dei “pool” su temi di loro interesse e li finanzieranno.

Ci vuole meglio descrivere il funzionamento di questi “pool”?

Facciamo un esempio: l’Anit decide un’azione di sensibilizzazione di tutti i comuni della Lombardia (oltre 1400) alla legge 373. Si costituisce un pool tra le aziende aderenti all’Anit: ed interessate a questa particola re iniziativa. Le singole aziende si accollano una quota parte dei costi dell’operazione. I rappresentanti delle aziende, assieme al Consiglio Direttivo dell’Anit, gestiscono operativamente l’azione. In questo modo si assicura alle aziende un reale “ controllo” sugli stanziamenti e sulla loro efficacia.

Cosa si deve fare per iscriversi e quali sono i vantaggi per gli iscritti?

Basta fare domanda su apposito modulo predisposto dall’Anit e versare la quota associativa che per i singoli è di L. 50.000 annue e per le Aziende di L 500.000 annue. I vantaggi è difficile descriverli. L’Anit sarà utile e quindi vantaggiosa se riuscirà nei suoi obiettivi, che perseguono un allargamento del mercato, una valorizzazione dell’isolamento e degli esperti di questo settore. Ci potrà essere in futuro, un bollettino dei convegni, sconti per i corsi e le iniziative dell’Anit, ecc… Il vero significato dell’iscrizione all’Anit risiede nell’intendimento di far occupare all’isolamento il posto che esso merita nel contesto nazionale. L’isolamento termico è l’unico indiscutibile mezzo per il risparmio energetico, ma fino ad oggi in Italia ha giocato un ruolo da “Cenerentola”.

Per concludere, mi consenta una domanda provocatoria: come mai questa associazione non nasce per iniziativa delle aziende che in fondo sono i soggetti che trovano i vantaggi dell’iniziativa?

Iniziative di questo genere ne sono state effettivamente tentate da parte delle aziende. Bisogna però rilevare che sono tutte naufragate per l’individualismo tipico del nostro paese. Lo spirito associativo che è molto diffuso in altri Paesi, da noi è stato frenato da effetti di mercato, da fattori umani, spesso dalla diffidenza e senza dubbio dall’indecisione nel compiere il primo passo. Sulla validità dell’iniziativa comunque non ci sono riserve. Su questo punto abbiamo fondato l’Anit ed è nostra intenzione farla crescere.

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