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vo a Monza ero attratto dalla sua velocità»
from Monza GP 2022
by Netweek
L’anno dopo inizia la tua lunga storia, gran premi a Monza compresi, con il team di Giancarlo Minardi.
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All’epoca era il capo della squadra, il titolare nel vero senso della parola. Ora è un grande amico. Comunque del 1985, la prima stagione, ho il ricordo di un motore che, come l’anno prima, non valeva gli altri. Ed è lì che un pilota capisce la differenza che c’è fra la Formula 1 e le altre categorie. In quegli anni la potenza era tutto a Monza, e se in Formula 3 più o meno eravamo livellati, nel Mondiale era penalizzato chi non aveva cavalli.
Però non poteva essere tutto dipendente solo dai motori…. No di certo, ma in gran parte era lui a fare la differenza se avevi la macchina al massimo della sua potenzialità d’assetto. Il segreto era tutto nel non avere altre “scuse”. Ti spiego meglio. Nell’88 riesco finalmente a convincere Minardi, e guarda caso siamo nel weekend monzese, a modificare le sospensioni anteriori su miei indicazioni. Quando torno in pista tiro subito giù più di tre secondi. Risultato, ora la macchina funziona, ma la squadra dei tecnici è sottosopra al punto che qualche testa rotola. E, visto quello che era successo, di certo non doveva essere la mia!
Passiamo al 1990, primo giro, sei dietro la Lotus di Warwick… …e lui si capotta davanti a me all’uscita della Parabolica. Per la verità non ho un ricordo netto. Rivedendo le immagini si nota che lo sfioro sulla sua destra ma non mi fa più di tanto impressione. L’adrenalina del momento, e forse la… gioventù, non ti fanno capire a pieno i rischi che corri quando sali in macchina.
Tre anni dopo, qualche centinaio di metri più avanti, altro incidente storico nella Monza di quegli anni Novanta. Racconta direttamente tu. Se fossimo al cinema ti direi che con Warwick ero spettatore “privilegiato”, mentre tre anni dopo sono “attore non protagonista”. Comunque, è giusto spiegare cosa è successo. Ultimo giro, io e il mio compagno di squadra Christian Fittipaldi ci stavamo giocando la settima posizione. Arriviamo alla Parabolica e all’ultimo giro lo supero con una staccata all’esterno che ancora oggi mi fa inorgoglire. Esco davanti e punto il traguardo con lui at- taccato alla mia scia. Fittipaldi però non sapeva che io sono senza la quinta e così, quando passo dalla quarta alla sesta, ho un logico caldo di potenza per cui le due monoposto entrano in contatto. Lui fa un volo in mondovisione da brividi.
Questo è quello che tutti hanno visto. Ma poi?
Minardi è nero, mi aspetta al parco chiuso e senza giri di parole mi dice: «Sei ha frenato ti licenzio!». Gli spiego che non ho frenato ma che invece ho avuto un problema tecnico. Andiamo nel motorhome e arriva tutta la famiglia Fittipaldi. Il suo stato d’animo è a meta fra l’impaurito e l’incazzato. Capisco entrambi i sentimenti ma anch’io, proprio perché sapevo di non aver fatto nulla di volontario, mi difendo. Posso solo dire che per fortuna non ci hanno mai lasciati soli in quei momenti. Sono stati poi i tecnici della squadra, fornendo la telemetria, a far capire com’erano andate le cose.
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Infatti Minardi non ti licenzia seduta stante, anzi sei rimasto anche l’anno dopo con lui. Si, nel 1994 ero in squadra con un vero signore, oltre che un campione. Michele Alboreto è stato un grande compagno, ma ormai mi rendevo conto che le motivazioni stavano calando. A maggior ragione durante quella stagione così tragica, con la stessa Formula 1 che ha dovuto cambiare nel giro di poco tempo. Nel 1994, a metà Gran Premio d’Italia mi ritiro a causa di un testacoda, e la mia avventura a Monza finisce lì nonostante in Minardi resto ancora l’anno dopo, ma un mese prima di tornare a correre in Brianza esco definitivamente dalla Formula 1.
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Era la tua Formula 1, quella degli anni Ottanta/Novanta. Quella di oggi cos’è per te?
Sempre la massima espressione dell’automobilismo. Diversa, molto più compattata come prestazioni, ma sempre avendo al centro una monoposto che richiede il massimo da chi la guida. Le differenze maggiori sono da un lato la sicurezza, grazie a Dio e alle scelte degli uomini aumentata alla grande, e dall’altro la tecnologia esasperata che aiuta il pilota ma per certi versi lo limita anche.
Per cui potrebbe esser considerata più facile?
Assolutamente no. Diversa dalla mia epoca non vuol dire più semplice, basta vedere la differenza del volante fra i nostri e quelli di oggi. Una cosa posso affermare senza essere smentito. Io correvo contro gente come Senna, Prost, Mansell, Pi-
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1991, all’ingresso dell’Ascari mentre dietro va in testacoda Moreno con la Jordan quet, solo per citare chi vinceva i titoli all’epoca. Piloti che sarebbero con i primi anche oggi, ne sono sicuro. Al tempo stesso ti sottoscrivo che, solo per far due nomi, Hamilton e Verstappen se correvano trent’anni fa se la sarebbero giocata con i nomi che ti ho appena detto.
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E Pierluigi Martini?
Sono stimolato dal vedere cosa riuscirei a fare con le monoposto di oggi. Nel frattempo mi diverto quando ne ho l’occasione di portare al limite la mia Tyrrell a sei ruote, e a me va bene anche così.
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