Newsletter n°02 del 12/01/2015
Grillo a testa bassa sulle riforme: è un golpe bianco L’esame degli emendamenti, e l’approvazione dei 40 articoli che riscrivono la Costituzione, avviene in un’Aula semivuota, visto che le opposizioni non sono sedute ai loro banchi, con l’eccezione di una manciata di deputati del M5S e di Fi a presidio del regolare andamento dei lavori. Assenze che sono una ferita istituzionale, anche se il percorso è ancora lungo e la sfida risiede nel riuscire a far sentire a tutti la condivisione della riforma. Per il via libera alla riforma bisognerà attendere i primi giorni di marzo. La maggioranza ha comunque superato la prova delle centinaia di proposte di modifica su cui in questi giorni si sono scontrati i partiti. A segnalare simbolicamente la disponibilità al confronto è stato il Pd, che ha scelto di lasciare in coda l’esame dell’articolo 15 sul referendum, oggetto di un aspro braccio di ferro con il M5S che chiedeva l’eliminazione del quorum. Grillo afferma, sul suo blog, che sulla questione delle riforme istituzionali siamo al limite del colpo di Stato bianco, quello che non si fa con carri armati e rastrellamenti, ma con colpi di mano di maggioranza. A suo dire c’è una sola via
d’uscita, che è quella di sciogliere il Parlamento ed andare subito a nuove elezioni. Grillo ripete la solita litania: il Parlamento è scaturito da una legge elettorale dichiarata incostituzionale ed, impropriamente, vuole rifare la legge elettorale e la riforma della Costituzione. Il Parlamento non è stato sciolto con il pretesto delle riforme istituzionali, ed anche in virtù di un discutibile accordo tra maggioranza di governo ed una sola opposizione, meglio conosciuto come il patto del Nazareno. Il patto non c’è più, sottolinea Grillo, e pertanto la riforma della Costituzione sarà fatta da un solo partito. Un ovvio, naturale e grillino attacco anche ad i Presidenti di Camera e Senato ed, ergo, il Parlamento deve essere, a suo dire, sciolto con nuove elezioni da fissare in primavera. Grillo dixit! Naturalmente il Grillo, avveduto e lungimirante, sa bene che non è possibile sciogliere il Parlamento con un Presidente appena eletto, che pur se nel pieno dei suoi poteri non può sciogliere un Parlamento contro la volontà della maggioranza e con il parere contrario dei Presidenti di Camera e Senato. Quindi Grillo punta ad una richiesta congiunta
di tutte le opposizioni, eventualmente supportata dalle dimissioni dei parlamentari di minoranza. Se anche in uno solo dei dure rami del Parlamento si raggiungesse la metà più uno dei dimissionari sarebbe pressoché automatico lo scioglimento di quella Camera ed, a ricaduta, anche dell’altra. Pertanto, Grillo ha iniziato una campagna di sensibilizzazione dei costituzionalisti e dell’opinione pubblica, raccogliendo firme sotto una petizione che chieda l’immediato scioglimento del Parlamento. Di fronte a milioni di firme, spera che il Capo dello Stato prenda atto della situazione e proceda di conseguenza. “Noi parlamentari M5s siamo pronti alle dimissioni per far cadere il parlamento e andare alla urne”, dice l’esponente del direttorio Movimento 5 Stelle, Alessandro Di Battista, in piazza Cola di Rienzo a Roma, davanti al gazebo della raccolta firme #fuoridall’euro. Referendum e raccolta di firme a parte, tra le novità approvate dalla Camera spunta una modifica alla maggioranza parlamentare necessaria a deliberare lo stato di guerra. D’ora in poi per l’ok, che però con la riforma spetterà alla sola Camera dei deputati, servirà la maggioranza assoluta dei voti e non più solo quella semplice. Un passo che rappresenta un ragionevole punto di mediazione secondo il ministro Boschi. Opinione non condivisa da tutti, perché con una legge elettorale maggioritaria che darà il 54-55% a chi vince, questo emendamento non è sufficiente a garantire che in futuro vi sia il rispetto della Costituzione. Il premier, naturalmente non turbato da quelli che considera schiamazzi, annuncia nuove misure in materia economica, come provvedimenti su partite Iva, co.co.co e maternità che saranno approvati nel Consiglio dei ministri di venerdì prossimo. Roberto Cristiano
2
Opposizioni sull'Aventino ma Renzi non cede: avanti da soli Il tormentone “Andiamo avanti da soli” dei Renziani non convince. Maratona notturna alla Camera sulle riforme ma l'esame degli emendamenti e l'approvazione dei 40 articoli che riscrivono la Costituzione avviene in un'Aula semivuota. Le opposizioni, come annunciato, non sono sedute ai loro banchi, con l'eccezione di una manciata di deputati del M5S e di Fi a presidio del regolare andamento dei lavori. Credo che a rammaricarsi debbano essere il centrodestra e le opposizioni, commenta il premier Matteo Renzi parlando in Transatlantico a Montecitorio, noi andiamo avanti. Assenze che sono una ferita istituzionale, ammette il deputato Pd Ettore Rosato chiudendo i lavori dell'Assemblea che vengono accolti da un applauso dei deputati. Anche se, aggiunge, il percorso è ancora lungo e riusciremo a fare in modo che tutti sentano propria questa riforma. A voler sottolineare poi l'importanza del passaggio che si è appena concluso la presenza del premier Matteo Renzi, che poco prima della chiusura dei lavori aveva fatto il suo ingresso nell'emiciclo. Il secondo atto della partita sulle riforme non si è ancora consumato e per il via libera finale al provvedimento occorrerà aspettare i primi giorni di marzo. Le opposizioni hanno abbandonato l'Aula di Montecitorio e si sono appellati al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Fi, Lega, M5S e Sel saliranno al Colle martedì, convinti che il governo stia portando il Paese verso una deriva autoritaria. Il caos alla Camera sulle riforme crea comunque il primo incidente diplomatico tra Beppe Grillo e il nuovo inquilino del Colle. Al leader M5S non è piaciuto il silenzio del Quirinale in queste ore, non ne fa mistero e tuona dal blog puntando il dito contro "il silenzio di Mattarella di fronte allo scempio della Costituzione fatto da Renzie", un premier "mai eletto neppure in Parlamento che ieri notte si aggirava come un bullo in Parlamento a provocare le opposizioni. Questo silenzio è inquietante, forse peggio dei moniti di Napolitano". Ma i 5 Stelle, in conferenza stampa solitaria alla Camera, mentre tutte le altre opposizioni fanno fronte comune e incontrano insieme i giornalisti, confidano sul buon senso del neo Capo dello Stato. "Mattarella ha tutti gli strumenti per vedere, valutare e comprendere la situazione", dice infatti Roberto Fico, tra i membri del direttorio voluto da Grillo e Casaleggio. Sulle riforme costituzionali "è tutta una questione di metodologia, che viene tradita. Mattarella è il garante di tutto questo, è il primo garante della Costituzione. E' chiaro che aspettiamo un segnale sul metodo". Il presidente del Consiglio però sceglie di andare avanti: “Vogliono solo bloccare il governo ma noi non ci facciamo ricattare da nessuno”. A nulla valgono anche le proteste della minoranza del partito, che chiede una "pausa di riflessione". Intanto, dopo una nottata all'insegna delle risse e degli insulti e una mattinata di stop and go, nel pomeriggio le votazioni nell'emiciclo di Montecitorio tengono per la prima volta un ritmo serrato. E non è escluso che l'esame degli emendamenti possa quindi concludersi per poi magari rinviare l'ok finale del secondo passaggio dei quattro necessari per il via libera alla riforma della Costituzione ai primi di marzo. Le lunghe giornate alla ricerca di una mediazione per evitare l'Aventino delle opposizioni, e di conseguenza il rischio di nuove divisioni all'interno del Pd, non sono dunque bastate. "Oggi la politica non e' piu' 'sangue e merda”, attacca Beppe Grillo, ma solo merda". Renzi, dicono all'unisono Fi-Lega-Sel in una conferenza stampa congiunta, è un bullo e gli faremo vedere, minaccia il capogruppo azzurro Renato Brunetta, i sorci verdi. La scelta di abbandonare i lavori parlamentari, provano però a chiarire i grillini non vuole dire gettare la spugna: "Usciamo dall'Aula”, dice il deputato M5S Riccardo Fraccaro, “ma non dal Paese. Continueremo a lottare". Tensioni che si aggiungono a quelle interne ai partiti. Forza Italia, che nel giro di 10 giorni è passata dal sostegno delle riforme a un'opposizione determinata, continua a essere attraversata dalle polemiche fra fittiani e berlusconiani così come il Pd si ritrova ancora una volta diviso con le minoranza Pd che vorrebbero che il premier facesse un gesto distensivo nei confronti delle opposizioni. Se il governo pretende di avere il dominio, è il ragionamento di Pier Luigi Bersani all'assemblea del gruppo della sera, finisce in rissa. La convinzione è che sarebbe opportuno un nuovo tentativo di mediazione nel rispetto dei tempi per cercare di riportare tutti in Aula e affrontare così insieme un dibattito importante come quello sulla Costituzione. Più tranchant ancora Stefano Fassina e Beppe Civati che, dopo la scelta di lasciare i lavori da parte dei gruppi parlamentari di minoranza, annunciano di essere pronti a non partecipare al voto sulle riforme. Ma il premier non appare intenzionato a mollare e, al contrario, proprio per sancire la linea della fermezza sarebbe determinato a mettere ai voti la relazione che impegna i deputati Dem a chiudere l'iter delle riforme. D'altro canto, Renzi è convinto che non possa passare la logica per cui l'ostruzionismo blocca il diritto e dovere della maggioranza di fare le riforme. Altrimenti, dice, sarebbe la fine. Tanto la riforma, è la sua tesi, sara' sottoposta a referendum. E vedremo se la gente starà con noi o con il comitato del no guidato da Brunetta, Salvini e Grillo.
Montecitorio: va in onda l’anarchia Il tormentone “Andiamo avanti da soli” dei Renziani non convince. Lo spettacolo andato in onda, in queste ultime ore, alla Camera dei Deputati della Repubblica italiana si commenta da sé. Il tour de force impresso alla Camera, con il voto notturno, per l’approvazione delle riforme della Carta Costituzionale in uno all’incursione notturna del Premier che è apparsa come una minaccia al suo partito e non solo, rischia di avere un effetto devastante sul processo delle riforme. Il Parlamento non è soggetto al Governo perché è sovrano ed espressione diretta della volontà popolare, a differenza dell’esecutivo che è diretta espressione della volontà parlamentare che ne decreta la nascita attraversa la fiducia. A molti questa precisazione potrà sembrare superflua e scontata, ma non è così. Molti sembrano averlo dimenticato, il Premier in primis e gran parte dei media che pensano attraverso giornali e televisioni addomesticate, di condizionare il sistema politico ed istituzionale di questo Paese. Si sta assistendo ad un Parlamento che sembra si tenga in piedi esclusivamente grazie al suo istinto di sopravvivenza ed al suo nume tutelare il “prode” Renzi, che sembra aver smarrito la dritta via che gli aveva consentito di avvicinarsi a grandi falcate al traguardo delle riforme. La rottura del ‘ Patto del Nazareno’, da molti minimizzato, non implica solo un cambiamento numerico, ma ha avuto ed avrà ancora una grande valenza politica. Infatti se l’obiettivo di cambiare la Costituzione non è più comune a gran parte delle forze politiche presenti in parlamento , ma diventa il progetto del solo partito dominante, la conseguenza inevitabile sarà l’inasprimento della lotta delle opposizioni che nonostante un’eterogenea appartenenza ideologica si troveranno a far fronte comune contro il Governo e la sua maggioranza ( nel caso de quo molto risicata, tenendo conto dei numeri al Senato) che lo sostiene in Parlamento. Per questo, il ” grido di battaglia” dei renziani, “Andiamo avanti da soli” non convince nessuno. La politica delle scatole cinesi non regge; il Pd, dopo aver rotto l’intesa con Berlusconi, ha litigato con il M5S e con Sel ed al suo interno si è rotta subito quella tregua apparente, sancita dalle elezioni del Capo dello Stato, dando spazio alle divisioni. Per non parlare poi di come l’opinione pubblica percepisca tutta questa bagarre, non può che convincersi che la riforma della Carta Costituzionale non è comune a tutte le forze politiche ma espressione di una parte, maggioritaria in Parlamento ma minoritaria nel Paese, tenuto conto del grande astensionismo che si registrò alle politiche del 2013. Riforme portate avanti così, rischiano di diventare deboli, ancor prima di essere licenziate dal Parlamento. La capacità di un Premier di portare avanti le riforme, non si misura con il numero di sedute notturne o con le minacce rivolte ai Parlamentari di far sciogliere le Camere, ma con l’abilità politica e diplomatica, con il saper costruire un nuovo asse politico per portarle avanti , con il saper accettare le conseguenze che ne deriveranno. Nel caso Di Renzi, perseguire il contrario di quanto detto, significherebbe legare la sua figura al fallimento di un progetto politico, su cui ha preteso ed ottenuto la guida del Paese.
3
Interrogazione parlamentare a risposta orale in Assemblea SCILIPOTI – AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI Premesso che: l’Italia è stata privata della propria sovranità monetaria già nel 1991 con la ‘privatizzazione’ della Banca d’Italia e ulteriormente messa in discussione con l’adesione indiscriminata al SEBC e alla Bce”. L’Italia, riconquistando questo ruolo e in un’ottica di reale tensione allo sviluppo, dovrà inoltre e soprattutto dare voce alle vere categorie produttive del Paese, contribuendo così a definire il percorso di rinascita che la nostra terra attende e merita; è necessario recuperare il “denaro perso” e ciò sarà possibile iscrivendo correttamente nelle voci all’attivo del bilancio della Banca d’Italia le banconote circolanti al valore non del costo reale ma nominale. I 138.000.000.000 di euro annui, sottratti all’Italia nel solo 2011, giacché erroneamente iscritti nelle passività, ritornino al popolo, ritornino nelle casse dello Stato, così da poter essere destinati alle reali e molteplici esigenze del Paese; è opportuno ricordare che la partecipazione degli istituti di credito privati all’interno della Banca d’Italia raggiunge una percentuale quasi al 95 per cento: Gruppo Intesa ha il 27,2 per cento, Gruppo San Paolo il 17,23 per cento, Unicredit il 10 per cento, Monte dei Paschi di Siena il 2 per cento, Cassa di risparmio di Firenze oltre l’1 per cento. Lo stato, invece, ha una piccolissima percentuale nella Banca D’Italia, che è pari al 5 per cento. Perché è avvenuto ciò? Perché il Governo Amato nel 1991, con la privatizzazione dei gioielli del Paese, ha privatizzato la Bankitalia e privatizzando la Banca d’Italia ha creato delle condizioni insostenibili per un Paese come l’Italia; la prima privatizzazione è stata appunto realizzata nel 1992 nella notte del 31 luglio quando il Consiglio dei Ministri era semideserto e Giuliano Amato trasformava gli Enti di Stato in Spa: non solo l’Eni e l’Iri vennero privatizzati, ma anche la Banca d’Italia. Dagli anni 1998-2002 si è iniziata una sorta di cessione di quella sovranità che la Banca d’Italia doveva avere e che non ha più, anche con l’adesione all’eurozona, cioè con quel passaggio dalla lira all’euro che non solo dimezzò stipendi e salari, grazie all’iniquo cambio condiviso da Romano Prodi (1 a 2, invece che 1 a 1), ma che inoltre diede il via negli anni successivi con il Trattato di Lisbona (2007-2009) e con il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES, 2011) al ‘ perfezionamento’ dell’usurpazione al popolo, della rendita da emissione monetaria e della verifica-pianificazione dei conti pubblici. Oggi la sovranità e la rendita monetaria appartengono alla Banca Centrale Europea, un organismo che
sfugge al controllo degli Stati membri, in nome di una ‘autonomia’ e la rendita da emissione va, per quel che riguarda l’Italia, ai banchieri privati italiani (Unicredit, Intesa San Paolo etc.) proprietari della Banca d’Italia che ricevono dalla stessa Bce la quota di euro assegnata al nostro Paese, circa il 6-8% del totale; Considerato che: la moneta è qualcosa di prezioso per un popolo. Quando un popolo perde la sovranità monetaria e non ha più la possibilità di battere moneta in proprio significa che è schiavo e non ha più la possibilità di uscire dalle crisi che si potrebbero, prospettare, come è accaduto nell’ultimo periodo. Ma cosa comporta per uno Stato perdere la propria sovranità monetaria? Il Paese batte moneta, la carta moneta che viene stampata ha un costo reale e un costo commerciale. Il costo reale è il costo tipografico e del colore; il costo commerciale invece è il costo stampato sulla banconota. la differenza tra il costo stampigliato (costo commerciale) e il costo reale della tipografia per una banconota di 500 euro è pari a 499 euro. In altri termini, il costo reale di una banconota da 500 euro è pari ad 1 euro, mentre il suo costo commerciale, quando viene utilizzata è di 500 euro. I 499 euro di differenza che una volta venivano utilizzati dallo Stato per fare forte il Paese e per creare quelle infrastrutture necessarie, dal 1992 vanno a finire nelle tasche degli istituti di credito e delle banche. Che significa ciò? Significa che 499 euro, che erano una volta dello Stato, oggi sono delle banche. Qualcuno dice che questo signoraggio non è vero ed è irreale. Invece è vero ed è reale, perché questa differenza, che andrebbe iscritta nel bilancio della Banca d’Itali come attivo, viene iscritta come passivo.Quei 499 euro vengono cioè indicati come passivo, e invece andrebbero indicati come attivo: vengono indicati come uscite ed invece sono entrate. Si chiede se il Governo non intenda affrontare e fare chiarezza questo argomento e sulla possibilità concreta di “riacquistare” la Banca D’Italia, ovvero se non ritenga opportuno lasciare la Banca d’Italia alle banche private istituendo al contempo un nuovo istituto di credito nazionale, nell’interesse degli italiani. Scilipoti
4 Tsipras: tempo e non danaro per le riforme Grecia: Si avvicina il momento della resa dei conti sulla questione del debito greco, il vero punto nodale dell'Eurogruppo convocato per oggi a Bruxelles per trovare un'intesa che si annuncia tutta in salita. La volontà espressa da tutte le parti in causa è qauella di arrivare ad un accordo, ma sono i contenuti a dividere le diverse fazioni. "Non vogliamo nuovi prestiti", ribadisce il premier greco Alexis Tsipras, perché "ci serve tempo, non denaro, per fare le riforme". La sua idea è quella di "una soluzione in cui tutti possano solo vincere e tende la mano alla Germania anche prendendo le distanze dalla vignetta che ritraeva il ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, in divisa da nazista, definendola "infelice". In realtà Schaeuble, si è detto "scettico" sulla possibilità che l'Eurogruppo di oggi si concluda con un accordo sulla rinegoziazione del debito della Grecia: "Da quanto ho sentito delle discussioni tecniche del fine settimana, sono molto scettico ma ci verrà fornito un rapporto oggi e vedremo, ma di certo non voglio l'uscita della Grecia dall'euro, anche se Atene debba rispettare "i requisiti minimi". Per Schaeuble lui l'unica via percorribile è restare nella cornice tracciata dagli ispettori di Ue, Bce e Fmi, con cornice e toni leggermente più morbidi. I nodi da rivedere riguardano le riforme del mercato del lavoro perché Syriza vuole tornare ai contratti collettivi, e stoppare il piano imposto di privatizzazioni per alleggerire le correzioni ai conti pubblici, ovvero abbassare il surplus di bilancio previsto per il 2016 dal 4,5 all'1% del Pil. Le trattative, anche se tutti preferiscono parlare di scambio di vedute o di riunioni a livello tecnico, sono proseguite per tutto il week-end sulla base dei diversi testi presentati dalle singole parti, ma le posizioni restano distanti. La Grecia non ha intenzione di proseguire sulla strada dell'attuale programma di aiuti, perché reputa, come ha spiegato il portavoce del governo, "non realistiche" le attese di un surplus di bilancio del 3% nel 2015 e del 4,5% nel 2016. Ma il fronte degli altri paesi europei sembra stringersi attorno alla Germania. Il Financial Times riporta che l'Irlanda
avrebbe anch'essa scelto la linea dura, mentre la Francia, per bocca del suo ministro degli Esteri, Laurent Fabius, si dice disposta a trattare sulla scadenza del debito, "ma la sua cancellazione è fuori questione". Un tentativo di mediazione arriva invece dal ministro francese delle Finanze, Michel Sapin, per il quale occorre trovare un compromesso sul debito di Atene che tenga conto del responso degli elettori ellenici. "I tedeschi hanno ragione da un certo punto di vista e la Grecia, non il governo odierno ma il paese, ha firmato una serie di accordi e devono rispettarli indipendentemente dal cambio di governo. I greci dicono che hanno appena cambiato governo e che quindi non faranno tutto come prima. Quel che dobbiamo fare è trovare una maniera di funzionare insieme". Intanto il presidente della Bce, Mario D r a g h i , ricordando che la politica della banca centrale non punisce i tedeschi e non premia i paesi più deboli, preferisce non parlare nel dettaglio della situazione di Atene, limitandosi a sottolineare che "non ha senso speculare su una possibile uscita dalla moneta unica". Dopo lo scontro consumatosi nella notte dell'ultimo Eurogruppo fra la necessità di 'estendere' o 'emendare' l'attuale programma della Troika, i ministri delle Finanze europei si siederanno di nuovo attorno ad un tavolo per vedere come far coincidere le esigenze del governo greco di porre fine all'Austerity che sta piegando il Paese con quelle dei creditori che vogliono certezze sulla restituzione del debito. Atene, che intende aprire la caccia agli evasori ponendo il faro sul flusso di 30 miliardi di euro che si è spostato dalle banche elleniche a quelle svizzere, mette sul piatto la riduzione del surplus di bilancio per questo e il prossimo anno a fronte di riforme strutturali: "vogliamo ridurre le posizioni di privilegio" nel mondo del lavoro e delle pensioni, "ma non vogliamo scontrarci con il popolo", ha aggiunto il portavoce del governo, che ha accolto positivamente la nuova discesa in piazza di 15.000 persone al centro di Atene. Una manifestazione definita "spontanea" contro l'Austerity imposta dalla Troika.
scontro all'Eurogruppo
Si cercava il compromesso, si temeva lo scontro, ed i timori si sono avverati: Grecia ed Eurogruppo si scontrano, ed i ministri non riescono nemmeno a scrivere un comunicato congiunto e rinviano la discussione, al nuovo Eurogruppo di lunedì, nella speranza che il vertice dei capi di Stato e di Governo di oggi possa trovare un modo per instaurare un dialogo con Tsipras. Perché per ora il Governo greco è fermo sulle sue posizioni e non ha intenzione di retrocedere: rinnega l'austerità, non vuole più vedere la Troika e rifiuta il piano di aiuti europeo come è oggi, e propone di sostituirlo con qualcosa che dia a Tsipras e ai suoi ministri margine di manovra per attuare il loro programma di Governo che dia sollievo alla popolazione. "Ci sono stati progressi ma non abbastanza per arrivare ad una soluzione comune", ha detto il presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem al termine della riunione. Molti ministri avrebbero voluto che la Grecia chiedesse un'estensione del programma attuale di aiuti, che avrebbe dato loro la possibilità di negoziare, ma all'interno di una cornice definita e garantita. Ed erano pronti a spedire i tecnici dell'Euro Working Group ad Atene per lavorare assieme al nuovo Governo alle modifiche possibili al piano. Ma Dijsselbloem ha spiegato che "serve prima una base comune politica", e "poi gli esperti potranno lavorare a quella tecnica". Niente tecnici ad Atene quindi e niente negoziati a livello di Eurogruppo prima di lunedì, quando ci sarà una nuova riunione a Bruxelles. "E' stata una discussione fruttuosa. A tratti un pochino troppo franca nei toni, ma sono ottimista. Proseguiamo la conversazione lunedì", ha detto il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan. Di toni accesi parla anche Dijsselbloem, al termine di una conferenza stampa cominciata con due ore di ritardo. Secondo quanto si apprende, verso le 22 la riunione era finita ed i ministri si erano accordati su una formula da inserire nel comunicato finale. Si parlava di accordo su un programma da estendere, emendare e concludere, tre parole per accontentare tutte le parti: i tedeschi che vogliono che il programma sia portato a compimento, i greci che vogliono modificarlo, e tutti quei Paesi che vorrebbero un'estensione del piano che tenga la Grecia ancora sotto tutela della Troika.Ma il comunicato non ha mai visto la luce. Il ministro Yanis Varoufakis, dopo una telefonata ad Atene, ha chiesto che venisse tolta la parola 'estendere', e così tutti gli altri hanno ripiantato i loro paletti, decisi a non darla vinta ai greci. Che immediatamente dopo la fine dell'Eurogruppo hanno diffuso un comunicato da Atene con cui respingono l'estensione del programma di salvataggio. A Bruxelles Varoufakis, al termine della riunione, mantiene toni più concilianti, dicendo che è stata molto costruttiva e spera in una soluzione ottimale da trovare lunedì. Ma la sua prova di forza di fronte ai 18 partner di Eurolandia lascia l'Eurogruppo spiazzato, stravolge l'ordine dei lavori e lo costringe ad una conferenza stampa stringata al termine dei lavori. E toccherà ai leader riprendere la discussione tra qualche ora.
5
Libia, rientrati gli italiani evacuati Nel porto di Augusta (Siracusa) avviene lo sbarco degli italiani evacuati dalla Libia a bordo di un catamarano maltese. Tre autobus delle forze armate sono utilizzati per trasferire gli italiani nella base di Sigonella e poi trasferiti in un aeroporto militare, probabilmente Ciampino (Roma), con un velivolo dell'aeronautica. Salvatore, siracusano, è il primo italiano a scendere dal catamarano che arriva dalla Libia nel porto di Augusta. Arriva da Tripoli, trascina due trolley, ma non vuole lasciare commenti. E annuisce vistosamente, per dire di sì, quando qualcuno gli chiede se gli è stato detto di non parlare. Poi però qualcosa dice: "La situazione a Tripoli è critica...". E sull'Isis: "E' già da un pezzo che è a Tripoli, lo ha detto anche la televisione. Adesso basta, ci sarà chi farà le dovute dichiarazioni”. Unica ambasciata europea ancora aperta dopo la grande fuga da Tripoli dello scorso agosto, è stata alla fine costretta, dall'aggravarsi delle violenze sul terreno e dall'avanzata dei tagliagole dell'Isis che sventolano le loro bandiere nere fin dentro la capitale libica, a chiudere "temporaneamente" i battenti e ad avviare il rimpatrio in nave, via Malta, degli ormai pochi italiani rimasti. In serata una nuova minaccia dei jihadisti contro l'Italia è arrivata proprio dalla Libia attraverso un video dal titolo "Un messaggio firmato con il sangue alla Nazione della Croce" nel quale si mostra la decapitazione dei 21 egiziani copti su una spiaggia del Mediterraneo. "Prima ci avete visti su una collina della Siria. Oggi siamo a sud di Roma... in Libia", annuncia il boia con in mano un coltello insanguinato. La decisione di chiudere l'ambasciata a Tripoli "è stata resa necessaria dal deteriorarsi della situazione", ha spiegato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, finito personalmente nella lista nera dei jihadisti come "ministro crociato" per aver dichiarato che l'Italia è pronta a fare la sua parte in Libia se le Nazioni Unite dovessero decidere di agire. Intenzione ribadita anche ieri dal premier Matteo Renzi. Nonostante la chiusura dell'ambasciata, l'Italia , ha però
assicurato Gentiloni, resta al lavoro con la comunità internazionale per combattere il terrorismo e ricostruire uno stato unitario e inclusivo in Libia", con l'ambasciatore e inviato speciale, Giuseppe Buccino, che "continuerà a partecipare" al negoziato avviato dall'inviato Onu, Bernardino Leon. Ora però serve "un impegno politico straordinario e una maggiore assunzione di responsabilità", ha insistito Gentiloni in una nota, annunciando che giovedì riferirà in Parlamento per avviare un dibattito tra le forze politiche sull'eventuale partecipazione italiana a un intervento internazionale "in ambito Onu". Forse i nostri politici ignorano il valore della politica estera che considerano una sorella minore, ed invocano il cappello internazionale, leggi bene Onu, e sfugge loro la portata di un intervento in termini politici e militari. Se si metterà piede in Libia con la patente Onu, Europa e Nato, bisogna avere prontezza e conoscenza dell’intervento. L’Italia, ad esempio, entrò nella missione in Libia nel 2011. Missione guidata da Francia e Gran Bretagna, con un appoggio dei Cruise americani, pur se aveva firmato pochi mesi prima con Gheddafi un trattato di cooperazione, approvato dal Parlamento a grande maggioranza. Il tutto per non restare ai margini e difendere gli interessi economici ed energetici. Fu nella realtà di fatto una virata della politica estera in Nordafrica che non passò inosservata. Le intenzioni del governo italiano, forse, sono confuse. Il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha fatto sapere che «l'Italia è pronta a guidare in Libia una coalizione di paesi dell'area, europei e dell'Africa del Nord, per fermare l'avanzata del Califfato arrivato a 350 chilometri dalle nostre coste». I rischi di perdite tra i soldati in scontri e attentati sono alti. La missione militare comporta un costo umano, politico ed economico che i Paesi schierati contro Gheddafi nel 2011 non vollero accettare lasciando che il Paese sprofondasse nell'anarchia e nel caos dove adesso si è infilato il Califfato…
Isis ad Italia: siamo a sud di Roma Sisi ed Isis: l'Egitto si vendicherà Minacce all'Italia nel nuovo video dell'Isis sulla decapitazione degli egiziani copti su una spiaggia libica: "Prima ci avete visti su una collina della Siria. Oggi siamo a sud di Roma... in Libia", è l'annuncio, secondo quanto riferisce Rita Katz, direttrice del Site. "Avete buttato il corpo di Osama bin Laden in mare, mischieremo il suo sangue con il vostro". E' un'altra frase contenuta nel video che mostra le immagini del mare insanguinato dai corpi degli egiziani copti decapitati.
Il presidente Abdel-Fattah al-Sisi ha avvertito che l'Egitto "si riserva il diritto di reagire" nei modi che riterrà più opportuni alla decapitazione di 21 cristiani copti egiziani perpetrata dall'Isis nella confinante Libia e mostrata in queste ore in un video. Sisi ha poi confermato il divieto agli egiziani di viaggiare in Libia, impegnandosi a rimpatriare chi vi si trovi. Gli assassini dei copti meritano la maledizione di Allah, ha tuonato intanto il Gran Muftì dell'Egitto. Aerei dell'esercito hanno colpito obiettivi dell'Isis in Libia in risposta all'uccisione dei 21 copti e sono tornati indenni alle loro basi. Nell'annuncio, riferisce il sito del quotidiano Al Ahram, l'esercito egiziano ha precisato di aver colpito diversi obiettivi tra cui "campi di addestramento e depositi di armi".
6
Iodice: ''Da Lotito minacce a me e ad altri'' "Non ho scopi personali, non voglio arrivare alla Lega, non ambisco a poltrone nella Lazio, né nella Salernitana, assolutamente. Io l'ho fatto per abbattere questo muro di omertà. Le stesse minacce che Lotito ha fatto a me le ha fatte a tante altre persone, a tanti altri presidenti", così, Pino Iodice, all'Ansa. Per il direttore generale dell'Ischia calcio occorrono radicali modifiche nel calcio italiano: "Per me sicuramente il calcio in determinati settori va modificato, devono essere attuate delle riforme perché possa essere tracciato un percorso innovativo che non si pieghi a logiche compromettenti, violente che fino ad oggi hanno contraddistinto il percorso dirigenziale di Claudio Lotito". "Toni e contenuto della telefonata sono da censurare, così come le modalità con cui è stata realizzata", dice alla stessa Ansa il presidente Figc Tavecchio,sul colloquio Lotito-Iodice che il dg Ischia ha registrato e reso noto. ''La Figc è garante della regolarità del campionato'', le promozioni sono decise dal campo,ogni altra logica e' inaccettabile. Tavecchio in sostanza ''censura'' le parole di Lotito e la scelta di registrare la telefonata. Quanto alle dichiarazioni del presidente della Lazio sul rischio di promozione di Carpi, Frosinone, Latina, il presidente federale sottolinea come ''la Figc sia garante della regolarità dei campionati: i passaggi di categoria sono decisi dai risultati del campo e solo da quelli, non ci possono e non ci sono calcoli di convenienza di alcun tipo. Altre considerazioni sono inaccettabili". Stiamo lavorando, ha aggiunto Tavecchio, parlando della crisi economica del sistema professionistico, per riformare le regole, che peraltro io ho trovato al mio arrivo in via Allegri, sulla solidità dei club e sulla tenuta generale del
movimento. Per quanto riguarda invece i contributi alle Leghe, il presidente Figc ha ricordato che per la stagione sportiva 2013/2014, la federazione ha già saldato a Lega di Serie B e Lega Pro le spettanze riconosciute in base delle convenzioni stipulate per la valorizzazione dei vivai; la singola ripartizione è di spettanza delle Leghe. Tra l'altro a partire da questa stagione, in conseguenza dei noti tagli operati dal
Coni, ogni contribuzione è stata cancellata. "Inopportune, fuori luogo e offensive della dignità della società, dei giocatori e della tifoseria", così, in una nota, il Carpi Fc 1909 definisce le parole di Claudio Lotito. "Noi, che piaccia o no, esistiamo. Dai dilettanti siamo arrivati in 5 stagioni in testa alla serie B, meritiamo rispetto. Non è tollerabile essere definiti, noi e qualsivoglia altra consorella, quali squadre che non contano un c&hellip. Il club, infine, ritiene che della vicenda "debba occuparsi la Procura Federale". In una lungo comunicato pubblicato anche sul proprio sito ufficiale, il Carpi rileva di aver letto "con
incredulità e viva indignazione la conversazione divulgata dai mezzi di informazione, affermazioni rese più gravi dal fatto di essere state espresse da una persona che oltretutto ricopre anche la carica di consigliere federale e membro del Comitato di presidenza della Figc. Inquietante, per non dire inaccettabile è che un presidente di Serie A esprima valutazioni di tal genere al cospetto del presidente della Lega di Serie B, Andrea Abodi, auspicando esiti finali dei campionati a cui partecipa il Carpi a questa avversi. Forse è anche vero che qualcuno non sappia "manco che esiste&hellip.il Carpi. Noi, però, che piaccia o no, esistiamo, e siamo una società, sì di provincia, ma che ha vinto quattro campionati in cinque stagioni, partendo dai dilettanti e, nell'attuale torneo, a 17 giornate dal termine, si trova solitaria in vetta, avendo maturato dieci punti di vantaggio sulla terza in classifica. Quindi, meritiamo rispetto. Il campionato di serie B è e deve rimanere impermeabile rispetto a bieche valutazioni mercantili e di mere opportunità speculative, e, al termine dello stesso, deve essere promosso in Serie A chi avrà maturato la classifica miglior, non certo chi è in grado di ottenere più abbonamenti alle televisioni pay per view o conseguire audience maggiori. Siamo certi che il presidente, Andrea Abodi, ma anche la Figc e l'Aia sapranno tutelare le 22 società facenti parte della Lega di B. In conclusione, "riteniamo che i fatti in commento meritino la massima attenzione da parte della Procura Federale per le determinazioni di competenze. Questo perchè il campionato di serie B deve essere preservato da ogni ombra e sospetto del fatto che non sia ispirato all'unico valore che conta nel mondo dello sport: la meritocrazia.
Roma 2024: Monte- Montezemolo Allegri: zemolo presidente chiede forza e unità "scosso dalle parole del comitato per Roma 2024 di Lotito" Ora è ufficiale, Luca di Montezemolo sarà il presidente del comitato promotore di Roma 2024. Lo ha annunciato il presidente del Coni, Giovanni Malagò, subito dopo la riunione di giunta di oggi, aggiungendo che il vice sarà Luca Pancalli. "Sono pieno di entusiasmo, pieno di positività, sono convinto che la sfida è molto complicata ma è una sfida che noi saremo in grado di vincere", ha detto il presidente del Coni, Giovanni Malagò, al termine della Giunta Nazionale in cui è stata ufficializzata la nomina di Luca di Montezemolo, a titolo gratuito, alla presidenza del comitato promotore di Roma 2024. Vice presidente sarà Luca Pancalli, n.1 del Cip.
"I punti forti della candidatura di Roma debbono essere l'unità e l'innovazione'', così Luca di Montezemolo, presidente del comitato promotore di Roma 2024, prima di una riunione tecnica nella sede del Comitato olimpico internazionale a Losanna. "Per poter organizzare le Olimpiadi dobbiamo dare un grandissimo segnale di innovazione a 360 gradi e di unità e fare al contrario del passato mostrando una straordinaria trasparenza".
"Non voglio dire che sono rimasto sconvolto, ma sicuramente scosso, stranito", così il tecnico della Juventus, Massimiliano Allegri, ha commentato le dichiarazioni del presidente della Lazio, Claudio Lotito. "Il calcio italiano deve riacquistare una certa credibilità a livello mondiale. Da allenatore e da ex calciatore credo che alla fine quello che conta sono i risultati e quelli li dà solo il campo. Dalla serie B verranno su le squadre che meriteranno sul piano sportivo".
7
Zufolo e Tango per stendere il Napoli 3-1 Nell' anticipo delle 18:00 pesante vittoria per la Fiorentina sul campo del Sassuolo. I risultati sono 3-1 per i rosanero e 1-3 per i ragazzi di Vincenzo Montella. Il Napoli andava a Palermo per confermare lo straordinario periodo di forma contro il Palermo squadra super determinata a vincere dopo la sconfitta nella scorsa giornata subita contro l'Inter. I rosanero con un grande pressing mettono in difficoltà la difesa del Napoli, ed alla fine la fatica porta i suoi frutti Lazaar con un bel tiro dalla distanza trova impreparato il portiere azzurro Rafael e sigla l'1-0 al 14'. passa poco il Palermo con Bolzoni sfiora il 2-0 ma è solo rimandato. Al 36' Vazquez dopo la solita magnifica combinazione con Dybala la piazza alle spalle di Rafael. Il Napoli non c'è più e nella ripresa il Palermo con gli spazi aperti impone ulteriormente il suo gioco, al 20' st il Palermo
archivia la pratica grazie alla rete di Rigoni che conclude la magnifica azione mandata avanti dalla coppia d'oro Dybala- Vazquez. Il Napoli alla fine accorcia al 36' con il colpo di tacco di Manolo Gabbiadini per lui terzo gol consecutivo. Nell'anticipo delle 18:00 La Fiorentina di Montella dopo la vittoria in extremis in casa contro l'Atalanta affronta il Sassuolo squadra molto in forma ed organizzata. La squadra di Firenze trova il Vantaggio con Babacar , che trova poi la sua personale doppietta. A segno anche il neoacquisto Salah arrivato dal Chelsea nell'affare Cuadrado. Il gol della bandiera degli Emiliani viene siglato da Berardi. Luigi Viscardi
Il Cesena Stoppa la Juve 2-2
Altri 3 mesi di squalifica per Schwazer
In questa pazza giornata di Serie A la vendetta delle piccole sulla tirannia delle prime due , dopo il Parma che aveva quasi chiuso i conti per il campionato fermando la Roma nel suo stadio per 0-0 il Cesena di Di Carlo ferma la Juventus sul 2-2 lasciando aperto ancora uno spiraglio per i giallorossi. Al 16' Cesena in vantaggio grazie a Djuric 16' Pareggia poi l juve al 26' con Morata, sei minuti dopo la Juve completa la rimonta con il 2-1 di Marchisio , sembra tutto finito ma al 70' Brienza trova il gol del definitivo 2-2. La Juve termina con il rammarico di un rigore sbagliato da Vidal.
La II sezione del Tribunale nazionale antidoping ha squalificato Alex Schwazer per altri 3 mesi per la violazione dell'articolo 2.3 delle norme sportive antidoping, per aver eluso il 30 luglio 2012 i controlli antidoping a Obersdorf nell'abitazione dell'allora fidanzata Carolina Kostner. Il marciatore, che a gennaio 2016 finirà di scontare uno stop di 3 anni e mezzo per la positività all'Epo alla vigilia dei Giochi di Londra, dovrà dunque star fermo fino al 29 aprile 2016."Poteva andar meglio ma anche peggio. Sulla mia precedente squalifica spero possa esserci uno sconto che mi permetta di tornare a Rio 2016". Alex Schwazer commenta così la squalifica a 3 mesi decisa dal Tna per violazione dell'articolo 2.3 delle norme sportive antidoping per aver eluso il 30 luglio 2012 i controlli antidoping. "Non ho niente da nascondere, sono sicuro che quando tornerò sarò ai miei livelli -prosegue il vincitore dell'oro a Pechino 2008 che spera di rientrare diventando un testimonial contro il doping-. Per adesso mi alleno da solo. Vorrei far vedere il mio valore senza doping. Io non voglio rubare il posto a nessuno ma voglio tornare ai miei livelli. Se vogliono poi portare Rubino e arrivare 20esimi facciano pure. Io cattivo? Anche lui lo è stato con me. Se non dovessi rientrare alle Olimpiadi farò i mondiali nel 2017".
Serie A : Roma narcotizzata, l'Inter vola I giallorossi pareggiano 0-0 contro il Parma all'Olimpico allungando a 5 i pareggi consecutivi , nella lotta per l'Europa il Milan pareggia in casa contro l'Empoli, grande vittoria per l'altra milanese l'inter che vince per 4-1 sul campo dell'Atalanta. Il Geno asfalta per 5-2 il Verona di Mandorlini trovando Niang in grande spolvero, colpaccio della Lazio ad Udine che vince per 1-0 grazie al rigore di Candreva ad inizio gara. Vince il Chievo sulla Sampdoria per 2-1 nonostante Eto'o. Questa giornata ha riaperto i giochi per quanto riguarda la lotta per la Champions, grazie alle vittorie di Fiorentina, Lazio e Genoa ha lasciato praticamente inviolato lo scenario riguardante la lotta per il secondo posto visto il pareggio della Roma incapace di sfruttare il falso passo del Napoli e ha forse chiuso la lotta scudetto visto che se la Juve dovesse vincere stasera a Cesena si porterebbe a + 9 mettendo una seria ipoteca sulla vittoria finale. Luigi Viscardi
11 anni fa la morte di Marco Pantani 11 anni fa la morte di Marco Pantani. Il corpo senza vita del 'Pirata' fu trovato in un residence di Rimini. Il campione di Cesenatico fu vittima di un cocktail mortale di droga e medicinali, ma gli ultimi tragici momenti della vita del campione sono rimasti avvolti nel mistero. Con le sue imprese nelle gare di montagna Pantani fece sognare gli appassionati di ciclismo, nel 1998 vinse Giro d'Italia e Tour de France, ora siede nell'olimpo dei grandi corridori di sempre.
Fondazione Internazionale di Assistenza Sociale