I Guardiani della Luce capitolo Extra

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Pergamena Extra Dancing now

Il cielo di Palermo minacciava pioggia e la città era silenziosa come lo era raramente. Bruno saltò dal cornicione su cui si era seduto ad osservare il traffico perché aveva scorto Rosario, suo caro amico, e voleva parlargli. Atterrò delicatamente sul marciapiede reggendosi con una mano. Ancora si stupiva di tanta agilità. Si stupiva di poter saltare tanto in alto e tanto velocemente, di poter entrare in contatto con la mente di qualcuno o anche solo di poter evocare un’oscurità talmente profonda che certe volte gli sembrava rappresentasse la sua stessa anima. Il suo convivere con un’anima demoniaca, una umana e un’altra più antica dell’umanità stessa lo rendeva in certi giorni insopportabile a sé stesso. Temeva che prima o poi una delle tre personalità avrebbe preso il sopravvento e se fosse stato Astaroth a vincere su Bruno e Afela sarebbero stati guai per tutti. Ogni tanto, la paura per quello che sarebbe potuto diventare, lo svegliava di notte. Si avvicinò a Rosario silenziosamente con una velocità spaventosa e lo afferrò per il colletto della camicia. – Ehi! – urlò quello, estraendo il coltellino che portava sempre in tasca. Bruno lesse nella mente del ragazzo prima che potesse fare qualsiasi movimento e si spostò velocemente. Rosario aguzzò la vista e, quando lo riconobbe, alzò le mani. – Bruno, amico, che scherzi sono? – Dai, stavo giocando! – Bel gioco, davvero! Stavo per accoltellarti! – Tranquillo, non ci saresti riuscito! – Sei sempre troppo sicuro di te. Bruno si strinse nelle spalle.


– Cosa vuoi? Erba? Fumo? Non ti sei ancora fatto vedere da quando sei uscito dal coma… – Non voglio niente. Solo fare due chiacchiere… – Come vuoi, ma non farmi perdere tempo! Mio fratello fra un po’ passa a prendermi! – Come sta? – Si chiede ancora come hai fatto a sapere che la polizia sarebbe arrivata quella volta. – Ancora?! Non lo so! L’ho intuito e basta… – Dice che se ti incontra ti stacca la testa, se non gli dici la verità. – Ma dai! – Be’, pensa che gli sbirri li hai chiamati tu! – Ma come gli viene in mente? – Ti do un consiglio, smamma prima che arrivi. Non è così ben disposto ultimamente… – Rosario, io non c’entro niente. Non mi credi nemmeno tu? – Ci conosciamo da quando avevamo cinque anni, e ti ho sempre creduto. Ma sei cambiato… Bruno trasalì. – Che vuoi dire? – chiese. – Da quando sei uscito dal coma non ti sei fatto vedere, in compenso l’altro giorno ti ho visto con quello là… Come si chiama? Il finocchio… – Gabriele. – Sì, lui. Dai, esci con quelli, adesso? – Non è mica solo gay, Gabriele! – Che vorresti dire? – Ha tante altre qualità. L’essere gay è solo un aspetto della sua personalità e nemmeno quello più importante. Gabriele si prende cura delle persone a cui tiene… Quante volte sei venuto in ospedale, Rosario? Rosario rimase in silenzio. – Appunto. Mai. – rispose Bruno per lui. – Gabriele era lì quasi tutti i giorni, me lo hanno raccontato i miei fratelli e mia madre. Dimmi tu, cosa devo fare? – Bruno stava gesticolando animatamente per sottolineare le sue affermazioni: – Cercare i vecchi amici che non si sono mai presi la briga di sapere come stavo o cominciare a uscire con chi si è preoccupato per me? – Non sarai mica diventato come lui anche tu? – Come al solito, vi riducete solo a questo… – Bruno strappò di mano a Rosario la sigaretta che aveva appena acceso, se la mise in bocca e se ne andò. – Ci vediamo, Rosà. Ci vediamo presto… Quando ebbe girato l’angolo, saltò sul cornicione più vicino e poi sempre più su, finché si ritrovò al terzo piano di un palazzo. Si accovacciò, continuò a fumare tranquillamente e poco dopo scorse Marco che correva verso un demone. Il cielo si era inscurito ancora di più. Faceva freddo. Per un attimo il suo istinto fu quello di saltare nuovamente dal cornicione e andare ad aiutare quell’idiota di Scardella. Ma restò immobile con la sigaretta in bocca e le ginocchia piegate, ad osservare. Lui e Marco non avevano mai avuto occasione di parlarsi 2


dopo che era entrato a far parte del gruppo dei Guardiani. Voleva capire alcune cose, ma non riusciva a leggergli nella mente. Marco era completamente inaccessibile, neanche la psicometria di Gabriele riusciva a raggiungerlo. Bruno pensò alla solitudine. Agli esseri umani come isole. Anche lui era un’isola. Come Marco. Forse avevano in comune più di quanto lasciavano intendere. In quell’istante, Marco lanciò un fascio di fuoco verso il demone che lo aveva attaccato e Bruno si stupì: sapeva che Marco era stato il primo a svegliarsi e che il suo potere era probabilmente più forte di quello degli altri, ma non si aspettava che potesse battere un demone in pochi secondi. Sorrise. Pensò anche al fatto che avevano in comune un lato oscuro che man mano che crescevano prendeva il sopravvento: mai e poi mai avrebbe immaginato che Marco potesse abbandonare Gabriele a se stesso, né che sarebbe scappato a gambe levate da quel sentimento che riempiva di tristezza gli occhi del suo miglior amico. Si stese sul tetto del palazzo dopo che Marco si fu allontanato e fumò l’ultimo tiro. Chiuse gli occhi e pensò che avrebbe dovuto parlare con Marco per convincerlo a tornare con loro.

9 L’entrata della scuola era strapiena di gente e, sulla scalinata che lo avrebbe portato in classe, Marco incontrò Carlo. – Ehi! – lo apostrofò. – Ciao! Tutto bene? – Carlo era ancora assonnato. – Sì, nella media… - Marco esitò. - Senti, vi stanno attaccando molti demoni? – Be’, secondo te?! Certo! – E come ve la cavate? – Marco… C’è Bruno in squadra. È forte. Diciamo che, finché non si è risvegliato, eravamo abbastanza nei casini. – Mi spiace. – Non è colpa tua. È andata così. In ogni caso, hai intenzione di continuare ancora per molto con questa storia? – Che vuoi dire? – Non parli a Gabriele… – Carlo… – No, non trovare scuse. È difficile, lo so, ma una volta eri geloso degli altri, sei stato ambiguo… Non è stata solo colpa di Gabriele se si è innamorato di te. – Lo so, lo so. Ci ho pensato parecchio. Carlo mise una mano sulla spalla di Marco. – E allora, fai qualcosa, per favore. Marco accennò un sorriso. – Ho paura. – rispose. Carlo si sentì improvvisamente in colpa. Anche Marco stava soffrendo. Si guardarono 3


in silenzio. – Non parliamo d’altro, ultimamente, mi spiace… – Carlo sorrise timido. Marco si strinse nelle spalle. Improvvisamente il suono della campanella li riportò alla realtà, mentre la folla di studenti accalcata davanti alla scuola iniziava ad entrare per cominciare le lezioni.

9 – Ce ne andiamo da qualche parte a ballare? – Dario passò a Bruno il biglietto di una discoteca. Bruno lo osservò: in una vecchia chiesa sconsacrata, un gruppo di deejay aveva allestito una discoteca. – Sei sicuro? – Ci vanno tutti quelli della mia scuola, ma io non ci sono ancora mai stato. L’hanno aperta mentre tu eri in coma… Bruno guardò dubbioso l’amico. – Bruno… Non usciamo più insieme da un pezzo. Stai sempre con Gabriele. Lo sai che mi fa venire i brividi? Ma poi, non lo odiavi? Hai tentato di menarlo un sacco di volte! – Vabbè, l’ho già detto anche a Rosario, Gabriele era tutti i giorni in ospedale mentre ero in coma. – Anche io sono passato… – Una volta. – Una volta! Non basta?! – Senti… Gabriele non è male come sembra. – Quello è gay! Lo sappiamo cosa vuole! Bruno stava per dare un pugno al suo amico, ma si trattenne. Cosa potevano saperne loro del dolore di Gabriele? Per loro Gabriele era solo un pervertito. D’altronde lo aveva pensato anche lui, fino al momento in cui aveva acquisito determinate facoltà. Ma non voleva litigare con Dario e così sorrise e gli chiese di smetterla di dire cazzate. – Va bene, dai, andiamoci a questa discoteca! – concluse. – Grande! Sai cos’ho sentito dire? Che un tizio vestito tutto di nero porta con sé le ragazze più belle e fa dei festini. Magari ci fanno entrare! – Ah! – Bruno sentì un brivido lungo la schiena, ma finse di essere divertito. – Grande! Allora ci imbuchiamo! A dopo! Qualche ora dopo, Bruno e Dario si dirigevano in motorino verso la discoteca. La folla gremiva l’entrata. Quando i ragazzi arrivarono davanti al portone, uno dei buttafuori afferrò Dario per il colletto della camicia e lo scaraventò lontano dal locale impedendogli di entrare, mentre Bruno venne invitato a entrare molto gentilmente. Il ragazzo si accorse subito che gli sguardi dei bodyguard erano assolutamente vuoti. Si disse che le spiegazioni erano soltanto due: o in quel posto girava davvero tanta droga, oppure c’era sotto lo zampino di 4


qualcosa di davvero malvagio. Dentro, tutto sembrava normale: gente di ogni età che ballava al ritmo di frastornanti musiche techno, ragazze poco vestite intente a bere alcolici e ragazzi eccitati che non aspettavano altro che queste si facessero un po’ più brille. In mezzo alla folla gli occhi gli caddero su un viso familiare: Marco stava ballando avvinghiato a una tizia assurda che poteva avere il doppio dei suoi anni. Si accorse immediatamente di essere osservato e, quando vide Bruno, lo salutò con un cenno della mano, si staccò dalla quarantenne e si avvicinò all’amico. – Che cavolo ci fai tu qua? – Marco fu un po’ scortese. – Questa domanda dovrei fartela io. Non frequenti questi posti, tu. – E chi te lo ha detto? – Marco era stizzito. – Marco… Mi consideri un drogato perché fumo. Sei un perbenista, non farmi ridere e dimmi perché sei qua! – Non sono affari tuoi. – Hai sentito del tizio vestito di nero che fa i festini… – Che ne sai? – Sono qui per questo. – Pensi ci possano essere i demoni di mezzo? – Dopo quello che è successo a Roberta la settimana scorsa, mi aspetto di tutto! – Che è successo a Roberta? – Lascia stare, storia lunga. Comunque sì, Dario mi ha detto che si fanno dei festini con delle ragazze. Demoni o no, devo controllare. – Stai recitando la mia parte! – Non è che hai l’esclusiva, eh? – Non prendermi in giro! Hai portato Carlo e Gabriele? – No. Non volevo metterli in allarme. – Ottima scelta. Gabriele non avrebbe retto… – Non esserne sicuro. Quel ragazzo è molto più forte di quello che lascia intendere! – Ma tu non lo odiavi? – Fate tutti le stesse domande? Marco sorrise. Chissà in quanti glielo avevano chiesto. In effetti, era strano vedere Gabriele e Bruno insieme in giro per via Pietro Scaglione. Si spensero le luci e la musica si fermò di colpo. La vista di Bruno si abituò facilmente al buio, Marco sussurrò il nome del suo elemento e accese una fiammella. – Cosa pensi che stia succedendo? – chiese il Guardiano del Fuoco. – È il momento del tizio nero. Un brusio fastidioso si fece strada tra i clienti del locale. Un rumore metallico si levò dall’altare in disuso adibito a piccolo palco e un riflettore si accese su un tizio completamente vestito di nero, con giacca e pantaloni di velluto decorati di rose, un ridicolo pizzetto ossigenato e un sombrero assurdo, nero come tutto il resto, con sopra delle rose vere. Marco e Bruno erano basiti. 5


– Quello è di sicuro un demone! – disse Bruno. – A me sembra solo una checca! – rispose Marco. – Non che la differenza sia tantissima… – Bruno sorrise. – Benvenuti! Sono Giovanni Di Bella, il famoso stilista! Quante di voi sognano di diventare modelle? Stasera siamo qui per far sì che il vostro sogno si realizzi! Fra un po’ in Francia partiranno le mie nuove sfilate! Stiamo cercando ragazze in tutto il mondo! Stasera tocca a voi! Bruno e Marco si guardarono intorno e si accorsero improvvisamente che quel posto era pieno di ragazzi effemminati e di ragazze accompagnate dalle loro madri che aspettavano il momento in cui lo stilista sarebbe apparso. – Festini? Demoni? Siamo a un concorso per modelle! – Bruno batté un pugno sul bancone. – Be’, a questo punto possiamo tornarcene a casa, visto che quella con cui stavo ballando era qui con sua figlia! – Certo che siamo due sfigati! I due ragazzi uscirono dalla chiesa e si avviarono verso casa. – Non ci sono autobus a quest’ora… – Marco si grattò la testa. – Ho lo scooter. – Sempre previdente. – Sei tu l’idiota del gruppo. Marco si dette dei piccoli colpi sulla testa pur di non prendere a pugni Bruno e si ritrovò a fissarlo mentre toglieva la catena allo scooter. – Senti… Come sta Gabriele? Bruno alzò la testa. – Scusa? – Ti ho chiesto come sta Gabriele! Non farmelo ripetere due volte! – arrossì. – Secondo te come sta? Si sente uno schifo. Ecco come sta! Ma è forte, non ti devi preoccupare! Pensa a te stesso! Sei tu quello che è da solo. Marco sbarrò gli occhi. Questa non se l’aspettava. Se ne era andato, lasciando Carlo e Gabriele ma non aveva mai pensato di essere lui quello da solo. Bruno gli mise una mano su una spalla. – Lo so che non dovrei sputare sentenze, ma mi hai fatto una domanda e ho risposto. Sono stato un bugiardo per troppo tempo. Ora basta. – Io lo sono ancora… – Lo so. Datti tempo. Un giorno, forse, tu e Gabriele sistemerete le cose. Marco sorrise guardando in basso. – Ma chiedigli scusa, quando te la sentirai. – Ma… Non capisco, per cosa? In fondo, non posso sentirmi in colpa se non lo ricambio… – È molto più di questo. Lo sai. Il punto non è ricambiarlo. Forse anche io avrei reagito come te, è questione di tenere duro per il tuo migliore amico. In fondo, che sei gay lo pensa tutta via Pietro Scaglione! – Fottit… – un urlo spaventoso giunse alle orecchie dei due Guardiani. 6


– Veniva da lontano! Non era la discoteca! – Bruno si mise in posizione d’attacco. – Muoviamoci! – i due ragazzi si trasformarono e corsero verso il punto da cui proveniva l’urlo. Un gruppo di una decina di Pupi stava attaccando un ragazzo che aveva tutto l’aspetto di un modello. Bruno si scagliò sui Pupi prendendoli a calci. Marco girò su se stesso e con un fascio di fuoco proveniente dal dito indice e dal medio ne mise fuori combattimento la metà. Uno dei Pupi dalle sembianze femminili si scagliò verso la schiena di Bruno con una spada, mentre il ragazzo colpiva due dei più grossi. Marco infilzò con la sua spada la donna che cadde a terra. – Grazie mille! – gli disse Bruno. – Di nulla, drogatello! – rispose Marco prendendo a pugni uno dei Pupi che era tornato alla carica. Quando anche l’ultimo fu steso, tutti sparirono in un lampo di luce. – Grande! Sei una forza in combattimento! – Bruno batté il cinque a Marco. –Neanche tu te la cavi così male! – ribatté il Guardiano del Fuoco. Tornando a casa, decisero di rimanere insieme un altro po’ e, come faceva di solito Bruno, andarono a sedersi su un cornicione di via Pietro Scaglione. – Non ci avevo mai pensato, sai? – disse Marco. – A che? – Bruno aprì una delle lattine di Coca cola che avevano comprato. – A questo. Allo stare così, sui cornicioni, sfruttando la mia agilità. – Tu non pensi, agisci. Anche io ero come te prima del coma… – Sei diverso da come appari, sai? – Anche tu. – Non dire a Gabriele e Carlo che abbiamo combattuto insieme. – Non vedo perché nasconderglielo, ma se è quello che vuoi… Marco sorrise bevendo un sorso. – Quando torni in squadra? – Non me la sento per adesso, forse più avanti. Bruno passò a Marco una sigaretta. – Ne vuoi? – Sei pazzo? – Su, fa’ un tiro, idiota. Non ti succede niente! Moralista. – Diavolo tentatore! – esitante, Marco la prese fra le dita. – Puoi dirlo forte… Bruno si distese chiudendo gli occhi. – È stata una bella serata. – disse. – Già. – e anche Marco si distese ad occhi chiusi accanto all’amico, facendo un tiro dalla sigaretta e godendosi gli odori e i suoni della notte.

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