Racconto di un Viaggio Tanzania 30 luglio – 21 agosto 2016
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1 Partenza… da brividi È vero, oggi non c’è posto al mondo in cui si può stare tranquilli. Gli attentati terroristici dei mesi scorsi creano panico in ognuno di noi e se sei in procinto di partire per uno dei tuoi viaggi, amici, parenti e soprattutto genitori non dicono altro: “Mi raccomando, stai attento, con tutte le cose che succedono in giro…”. Ecco perché, a poche settimane dall’attacco all’aeroporto di Istanbul e al tentato colpo di stato in Turchia, ho espressamente evitato di dire alla mia mamma che il mio volo, preso con largo anticipo, avrebbe fatto scalo proprio in quell’Istanbul tanto bella quanto poco raccomandabile in questo periodo. Cinque le ore di transit previste, tante per chi parte già un po’ prevenuto e sa di dover restare a lungo con il fiato sospeso nella speranza che tutto fili liscio. E allora, i novanta minuti di attesa sull’aereo prima del decollo a Malpensa sembrano un toccasana cascato a pennello per ridurre un po’ la mia ansia. Mai ritardo fu così ben accetto! Quasi quasi speravo si prolungasse ancora un pochino, se non fosse subentrata la psicosi della valigia che, con poco tempo a disposizione, avrebbe rischiato di perdere la coincidenza. L’aeroporto turco è strapieno di gente alle 15:30, ora in cui facciamo scalo a Istanbul. E quando attraverso un corridoio che costeggia i controlli di sicurezza, nella mia mente circola questa frase: “Questo potrebbe essere il posto e il momento ideale per…” Avrei voluto fare di corsa quei cinquanta metri di aeroporto ma ho evitato, ovviamente, per non rischiare di mettere in serio pericolo la partenza verso la mia prima avventura in Tanzania. Dar Es Salaam, la capitale di questo grande paese dell’Africa Orientale, aeroporto internazionale. È lì che atterriamo dopo circa sette ore di volo. Sono le 2:30 del mattino ora locale, e ripensando al tempo impiegato per uscire dall’aeroporto di Antananarivo un anno esatto fa, mi vengono i brividi, anche perché sono molto stanco non avendo chiuso un occhio durante il volo. E invece, a parte una ventina di minuti di attesa per il visto sul passaporto (non tanto per la fila, visto che eravamo tra i primi, ma per la proverbiale, quasi tangibile flemma africana della polizia di frontiera tanzaniana nello svolgere le proprie mansioni) recuperiamo subito i bagagli e alle 3:30 siamo già in hotel. Passata la notte in un albergo di comodo a soli 10 km dall’aeroporto, è subito ora di rimettersi in volo. Un piccolo aereo della Precision Air ci condurrà ad Arusha da dove avrà inizio la nostra avventura in mezzo agli animali della savana. Il microscopico aeroporto di Arusha si trova ai piedi di un’enorme montagna di quasi cinquemila metri di altezza, così grande da scambiarla per il Kilimangiaro; si tratta invece del monte Mero.
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James è la gentile, timida e preparata guida che ci condurrà, a bordo del suo grande Toyota Land Cruyser, in giro tra i parchi della regione alla ricerca di animali da scovare.
Le strade in Tanzania sembrano essere altra cosa rispetto ad altri paesi africani. L’asfalto, nelle strade principali, è quasi perennemente perfetto e in alcuni punti più critici ci sono degli operai a lavoro. Ci aspettano due ore e mezzo di viaggio prima di arrivare a Ngorongoro. Lungo il tragitto, scopriamo la bellezza del paesaggio e della gente che ci vive. Aride distese di erba secca con qualche albero sparso qua e là si alternano a piccole foreste di bassi arbusti tra i quali spunta, ogni tanto, qualche enorme baobab.
Grossi termitai, abilmente costruiti, costeggiano i lati della strada, dove i veri protagonisti sono loro, i Masai, quelli veri, gli originali, uomini o donne con i loro tipici paramenti 3
quadrettati e colorati di rosso o di blu mentre pascolano le loro greggi, lavano i panni, spostano le mandrie di zebĂš da un posto a un altro.
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Mi colpisce parecchio il bagliore della luce di un timido sole che, poco prima di nascondersi aldila delle colline, illumina i gialli altipiani e la sua luce si riflette su ogni cosa quasi tanto da abbagliare i miei occhi incuriositi.
Nel frattempo ci avviciniamo alla grande Rift Valley, l’infinita vallata che parte dalla Giordania, attraversa tutta l’Africa fino alla foce del fiume Zambesi in Mozambico. Al suo interno si estende l’enorme Parco del Lago Manyara, due terzi del quale ricoperto dalle acque del lago salato.
E da qui, in località Karatu, si comincia a salire verso il nostro primo lodge a due passi dal cratere Ngorongoro. La terra circostante, proveniente dal vicino vulcano, diventa man mano sempre più rossastra. Usciamo dalla strada asfaltata e iniziamo a risalire lungo una pista sterrata percorribile solo con mezzi 4x4. Qualche minuto dopo, proprio in cima, eccoci arrivati al Ngorongoro Forest tented lodge, un resort con bungalow tendati con vista sulla vallata, tutti molto ben arredati con mobili e decori etnici, personale estremamente accogliente oltre ad essere anche efficiente e cortese.
Sabato e domenica 30/31 Luglio 5
2 Il mio primo safari La sveglia di questa prima giornata in mezzo alle foreste africane e di quelle che non ti aspetti. Un branco di elefanti (una decina circa) all’assalto delle coltivazioni di ceci degli abitanti dei villaggi sottostanti e questi ultimi, in rivolta, a sparare petardi agli enormi pachidermi perseguitandoli per farli fuggire e proteggere il loro raccolto. Peccato essere arrivati nel punto di avvistamento con qualche secondo di ritardo, quando i ladruncoli giganti si erano già rifugiati nella foresta adiacente. Ore 10:12, James ha in mano i biglietti d’ingresso e ci annuncia che è ora di entrare nel parco del Cratere di Ngorongoro. Un sogno che si realizza: inizia il mio primo safari! Il cratere è immenso, si estende per circa 300 km2 con un diametro di 19 km. Si trova a 1800 metri di altitudine ed è profondo 600 metri. Prima di arrivare dentro la bocca del vulcano, spento ormai da millenni, bisogna risalire il percorso sterrato e il nostro abilissimo autista sfreccia come un razzo lasciando tanta polvere ai malcapitati viaggiatori che ci stanno dietro. Il paesaggio è meraviglioso! Distese infinite di alberi, cactus e piante grasse di ogni tipo e, come potrebbero mancare, i primi animali che liberamente passeggiano nei pressi del sentiero: elefanti, zebre, giraffe… questi i nostri primi avvistamenti. Il parco può essere abitato solo da tre tipologie di essere viventi: dagli animali selvatici, dalle mandrie di mucche/zebù o dalle greggi di capre e dalla popolazione Masai. Questi ultimi vivono qui in pieno contatto con la natura, incuranti di quanto accade nel mondo esterno, inteso come quello che si estende poco oltre i confini del loro territorio, figuriamoci se hanno la minima preoccupazione di ciò che succede di questi tempi nel mondo occidentale. Fortunati loro? Eccoci finalmente dinanzi al cratere, dal punto più alto. La vista è di quelle da cartolina!
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Si inizia la discesa e da questo momento in poi lo spettacolo è unico e difficilmente descrivibile a parole.
Quantità infinite di zebre, gnu e gazzelle passano ripetutamente davanti ai nostri occhi. Facoceri e bufali si mischiano a essi creando questo spettacolare ecosistema naturale.
Numerosi sono i volatili facilmente visibili nel cratere: aquile, gru, avvoltoi, struzzi, fenicotteri rosa, uccelli segretari (detti anche aquile della savana) otarde e tanti altri piccoli uccelli che svolazzano e si fanno sentire in un ambiente dove, a motori dei fuoristrada spenti macchina, è impressionante ascoltare l’assillante rumore del surreale silenzio! Ti giri attorno e vedi 7
quantità infinite di esseri viventi muoversi, volare, mangiare, zampettare in acqua, in uno spazio infinito… eppure vige un silenzio eccezionale e l’unica cosa che si sente è il fruscio del vento che rallegra una calda mattinata equatoriale.
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La giornata è ancora lunga e gli animali da incontrare sono ancora tanti! Allora eccoci alla ricerca di qualche leone che, all’ora calda del giorno, non può che trovarsi sotto qualche albero o comunque in un posto fresco e ombroso. Tuttavia, non sembra essere ancora arrivato il momento per questo tipo d’incontro. Salvo poi ricrederci quando becchiamo, ai bordi del sentiero in terra battuta, tre splendide leonesse sdraiate come dei gattoni, rotolare sull’erba secca e mostrare agli increduli viaggiatori la loro bellezza!
Video Più avanti tocca agli ippopotami lasciarsi fotografare mentre riposano nelle acque di uno stagno, dopo aver passato la notte a cercare cibo in giro e a due rinoceronti neri, (tra gli animali più difficili da vedere nel parco) avvistati da molto lontano, i quali, dopo aver rischiato l’estinzione negli anni ’70 a causa dei bracconieri, se ne stanno distanti dai punti in cui l’uomo può avvicinarsi anche solo per immortalarli con il flash.
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S’incontra anche un elefante solitario e James ci dice che deve trattarsi di un anziano che viene allontanato dal gruppo per via della sua età. Le femmine invece si spostano solitamente tutte insieme e sono guidate da un capo fila chiamata matriarca. E prima di uscire dal parco passiamo in mezzo ad una foresta di gigantesche acacie gialle sui cui magnifici rami riposano degli avvoltoi con le ali raccolte nell’attesa di andare a beccare qualche carcassa.
Sono quasi le 15:00 quando ci ritroviamo fuori dal parco e in direzione Ndotu (località del nostro prossimo lodge) certi che il nostro safari di oggi fosse terminato. Sbagliato! James insieme con un suo amico che trasporta un gruppo di francesi, ci conduce attraverso dei sentieri interni per almeno altre tre ore, passando in mezzo ad aridissimi e secchissimi terreni di savana su altipiani infiniti a circa mille metri di altitudini. La ricerca è la stessa di prima: riusciremo a beccare il nostro Re della foresta? Tentativo vano anche questo, i leoni avranno già fatto le scorte di cibo nei giorni scorsi e ora se ne stanno ben lontani tanto dalle loro prede quanto dai visitatori. E le prede, per l’appunto, se ne stanno libere e beate a girovagare indisturbate: tantissime zebre ancora passeggiano tranquille, insieme a gazzelle e gnu, mentre uno sciacallo osserva con occhio intrigato nella speranza di ottenere qualcosa da mangiare. E poi ancora tanti struzzi, i neri maschi, e le femmine più chiare. James, in uno dei suoi racconti, ci dice che solo una femmina del gruppo cova le uova insieme al maschio; quest’ultimo lo fa di notte e così le sue piume restano intatte mentre quelle della femmina, che cova durante il giorno, si schiariscono sotto il caldo sole.
Ma gli animali che più mi hanno impressionato per la loro bellezza, la loro eleganza nei movimenti, il loro essere docili e socievoli con l’uomo nonché la loro straordinaria grandezza 12
sono le giraffe! Ne abbiamo viste davvero tante aggirarsi in piccoli o grandi gruppi, o anche solitarie, tutte unite dal fatto di brucare le foglie tenere degli alberi allungando il loro infinito collo e lasciandosi liberamente fotografare dagli ammirati viaggiatori.
Sono le 18:30 quando James ci conduce nel bellissimo Ndotu Safari lodge, un insieme di bungalow posizionati nel bel mezzo della savana, circondato da tantissimi animaletti tra cui alcune piccole antilopi dik-dik, uccellini variopinti, pipistrelli e i bellissimi e sorprendenti gattopardi che ci osservano durante la cena dall’alto delle travi del soffitto, nell’attesa di ricevere qualche dolce regalino da parte nostra.
LunedĂŹ 1 agosto
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3 Una lunga ed entusiasmante giornata James viene a prenderci alle 6:00 del mattino oggi per un tuffo nella savana al levar del sole. Sembra che la fauna selvatica adori questo momento del giorno. Gli erbivori ne approfittano per nutrirsi di cibo reso umido da qualche goccia di rugiada così da dissetarsi al tempo stesso vista la scarsità di acqua. I predatori, dal canto loro, ne approfittano per una battuta di caccia e un appetitoso pasto mattutino. Fa buio ancora e anche freddo. Ci copriamo bene prima di metterci in viaggio. James conosce i sentieri della savana come un tassista le vie della sua città. Eppure sono tutti identici, non ci sono indicazioni se non alberi, erba secca, qualche stagno, una palude, i segni per terra lasciati dagli altri fuoristrada… per il resto il nulla! Nel buio delle prime ore del mattino, incontriamo qualche iena e un paio di sciacalli barcamenarsi nel mezzo dell’immensa prateria dinanzi a noi. Le gazzelle cominciano a svegliarsi e i simpatici dik-dik saltellano con il loro passo rapido. Il sole comincia ad alzarsi lentamente. La sua luce arancio colora l’orizzonte, la cui linea è marcata dalla presenza di alcuni alberi in fila.
A un tratto, mentre la savana intera si risveglia, una piccola famiglia di tre elefanti, con i loro lenti movimenti, si nutre delle foglie del malcapitato alberello della situazione. Proseguiamo per chilometri, attraversiamo una palude che ospita molte specie di uccelli tra i quali le aquile, tranquillamente adagiate sugli alberi a riposare prima di riprendere il volo. Le giraffe, invece, dormono ancora; non se ne vede neanche una in giro. Anche i felini non sembrano volersi scomodare stamattina! 14
James con la sua Land Cruiser prova a scovarli, girando e rigirando attorno agli alberi, su sentieri inaccessibili ad altri mezzi con ruote. Sono già le 7:30 e ci si appresta a rientrare al lodge per la colazione, quando da lontano, nel bel mezzo della prateria, col suo passo leggiadro, un grande e atletico gattone dalla lunga coda volteggia davanti ai nostri occhi con un savoir faire di chi, sicuro di sé, non si lascia minimamente intimorire da alcuna estranea presenza. Monsieur le guépard si riposa su una roccia adesso, e noi, increduli, a due passi da lui, sul nostro veicolo decappottato, ad ammirarlo, fotografarlo e riprenderlo in tutto il suo splendore mentre lentamente si accinge a riprendere il cammino. Missione compiuta: l’animale più veloce al mondo sfreccia davanti ai nostri increduli occhi.
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Il parco nazionale del Serengeti, con i suoi 15.000 km2, è il secondo più esteso di tutta la Tanzania e uno dei più grandi e più noti di tutto il mondo. Video All’interno dell’immensa savana vivono milioni di animali selvatici in uno degli ecosistemi più ricchi dell’intero pianeta. Qualche rio scorre dentro il parco, indispensabile per dissetare gli animali. Molti i veicoli in giro stamattina. Le guide sono in continuo contatto tra di loro tramite un sistema di radio trasmittenti. Ed è un continuo scambio d’informazioni, rigorosamente in lingua swahili, per segnalare eventuali avvistamenti. Ed ecco che, nell’arco della giornata, abbiamo la fortuna di ammirare tutto ciò che questa meravigliosa terra può offrirci. Pertanto, è il caso di lasciar parlare le immagini…
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Quello che realmente appare incredibile ai miei occhi è l’idea che tutto ciò che sto vedendo sia realmente vero! Sembra quasi tutta una finzione o una puntata, in diretta, della National Geographic o una messa in scena, perfettamente riuscita, organizzata dalle stesse guide che 24
accompagnano i visitatori. Sembra, infatti, che il leopardo fosse stato addestrato a stare su, appollaiato sull’albero, con il gruppo di elefanti sotto, al riparo dal caldo sole di mezzogiorno. Sembra che i leoni recitino la parte di chi, dopo uno spuntino, riposa tranquillo sotto qualsiasi cosa che faccia ombra. Sembra studiata anche la scena della iena che azzanna la carcassa dell’ippopotamo tentando anche di portarla fuori dalle acque dello stagno, con gli avvoltoi attorno ad attendere il loro momento. E invece, tutto è estremamente vero, tutto perfettamente voluto dalla natura, dall’ecosistema, tutto assolutamente autentico. Grazie a quanto visto oggi, mi sento pronto a trascorrere la notte in un accampamento tendato, in mezzo al parco in piena savana, circondato da un branco di zebre e dalle giraffe che elegantemente passeggiano davanti a noi al tramonto mentre sorseggiamo un calice di vino. E di notte, il rumore delle zebre attaccate dalle iene che se la ridono come solo loro sanno fare, diventa un’altra di quelle esperienze che capitano poche volte nella vita. Per fortuna non ho avuto bisogno di usare il fischietto che mi era stato dato in reception dicendomi di utilizzarlo solo nel caso in cui gli animali avessero attaccato o comunque disturbato la mia tenda…
Ndotu Wildlands Camps
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MartedĂŹ 2 agosto. 26
4 Scene di vita da savana! Wooooow!!! È il boato della gente quando il leone ribalta a gambe per aria la carcassa… La preda del giorno è di quelle prelibate, di cui andare fieri e che possono sfamare un’intera famiglia. Ecco perché, quando la leonessa si allontana per andare a sorseggiare un po’ di acqua nel fiume vicino, arriva subito il leone a proteggere il grosso bufalo, ormai sventrato, dagli avvoltoi e dagli sciacalli, pronti a fiondarvisi addosso alla prima disattenzione dei due felini. Nel frattempo, un gruppo di elefanti risale dal fiume dietro di noi che, troppo attratti dal pranzetto, eravamo incuranti della famiglia di giganti della foresta. Uno di loro, in tutta protesta, emette un veemente barrito da farci girare contemporaneamente… E per poco non scatta l’applauso! Uno spettacolo sensazionale!
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Sazi anche noi, senza aver mangiato, ci spostiamo alla ricerca di altre scene di vita quotidiana nella savana. E allora, poco più avanti altro momento da immortalare: tre maschi di giraffa lottano tra di loro probabilmente per avere la meglio sulla giraffa che si aggira nei paraggi… Video Ma è giornata di caccia oggi! ! Un centinaio di metri ed ecco, davanti ai nostri occhi, un altro gruppo di leoni divorare un altro sventurato bufalo. Qui la famiglia è al completo, ed ecco quindi spuntare anche un simpatico leoncino, ammirato dagli increduli safaristi tutt’attorno. Intanto il maschio si allontana alla ricerca di un po’ di fresco e le altre possibili prede (facoceri, gazzelle) festeggiano passeggiando tranquille attorno al leone, consapevoli del fatto che per oggi e per un paio di giorni ancora, la famiglia intera si è sfamata a dovere.
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Altro spostamento, altra situazione tipica: attorno alla poca acqua del fiumiciattolo, un gruppo di impala e alcune gazzelle di Thomson si dissetano mentre un coccodrillo, mimetizzato col terreno, sembra pronto all’assalto. E poi ci sono loro, le simpatiche antilopi salterine, balzare da un lato all’altro del torrente con un’elevazione degna del miglior Sotomayor!!! Video
Il sole è caldo anche oggi e gli elefanti, assetati, si ritrovano anche loro in riva all’acqua a zampettare per bagnarsi e dissetarsi. Al tempo stesso, uno stanco leopardo se ne sta bello e sdraiato sul ramo di un albero lasciando penzolare la coda e le zampe.
E prima di pranzo, quando il nostro stomaco comincia a mugolare, anche quello dei leoni sembra essere in fermento: una leonessa prova a sferrare l’attacco a un gruppo di gazzelle, ma non sembra esserne convinta, ci sono prede più prelibate in giro! Un’altra, infatti, è appostata davanti a un centinaio di bufali indispettiti dalla presenza del nemico e la sola giraffa che, con la sua altezza, osserva l’affamato felino controllando ogni suo movimento. Chissà come andrà a finire!
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MercoledĂŹ 3 agosto
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5 Un popolo d’altri tempi Julius Nyerere, il padre della nazione, ha guidato il paese nel dopoguerra per cinque mandati consecutivi, dal 1967 al 1985, segnando l’era del socialismo nella neonata Repubblica di Tanzania (a seguito dell’unione tra il regno di Tanganika e Zanzibar), qualche anno dopo la fine dell’epoca coloniale, tedesca prima e britannica poi. Il “Maestro” o il “Professore”, così veniva chiamato dal suo popolo, tra le tante cose fatte per il suo paese, ha introdotto un valido sistema scolastico, ancora oggi vigente, tanto da incrementare enormemente il tasso di alfabetizzazione dei cittadini tanzaniani, elevando la Tanzania come uno dei più scolarizzati paesi di tutta l’Africa. Ecco perché non fa poi così strano entrare in un villaggio Masai e scoprire, al suo interno, la presenza di una scuola, una capanna lontana anni luce dei nostri edifici scolastici di cui ci lamentiamo, giustamente, del non ottimo stato. La tribù dei Masai è una delle più pittoresche e particolari tra le 120 del paese. Non sono autoctoni, vengono dal Sudan e si sono stanziati in varie parti dell’Africa, tra cui la Tanzania, appunto. Visitarne un villaggio rappresenta uno dei momenti più significativi di questo viaggio. Ci danno il benvenuto con danze e canti tipici, le donne separate dagli uomini. Alcuni di loro suonano degli strumenti tribali. Sono tutti vestiti con i loro abiti tradizionali, molto colorati perché sembra che le tonalità accese allontanino gli animali predatori con i quali coabitano regolarmente. Le donne hanno tutte i capelli rasati e sono decorate con parure di gioielli attorno al collo, grossi orecchini che pendono dai lobi allungati, braccialetti di perline colorate ai polsi e cavigliere di acciaio ai piedi.
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Dopo il rito d’iniziazione, abbiamo il permesso di accedere al villaggio il quale è protetto da un recinto di rami spinosi per impedire la visita di non ben accetti predatori notturni. Centoventi masai abitano il villaggio, al centro del quale, in una sorta di piazza, si erge un enorme albero secolare dalla grande fronda e da spessi rami protesi verso l’altro per garantire più ombra possibile. Essendo un popolo nomade, tuttavia, non vivono sempre qui, ma si spostano ogni sei mesi, alla ricerca di un nuovo corso d’acqua da dove approvvigionare risorse idriche per un po’ di tempo. Nel frattempo, i due gruppi continuano a danzare. I maschi, a semicerchio, m’invitano a mischiarmi nella comitiva e con uno di essi iniziamo a saltellare sul posto al ritmo del loro canto, innalzando in aria il bastone che mi era stato offerto. La casa masai è costruita con bastoni di bambù, rametti vari, paglia e una piccola parte in muratura per fissare tra di loro i pezzi di legno. All’interno sono tutte identiche, cinque o sei m2 che comprendono: un angolo per il fuoco (la brace è ancora calda quando sono entrato), uno dove mettono l’acqua da bere e due spazi per dormire: uno per l’uomo, l’altro per la moglie e i bambini.
L’uomo masai è poligamo e ogni moglie vive in una capanna diversa. Sono i genitori che scelgono la moglie per il figlio in base alla dote che la futura sposa può portare con sé, dote che si traduce, ovviamente, in quantità di bestiame posseduto (capre e/o zebù). È assai frequente, inoltre, che ricchi uomini anziani sposino giovani fanciulle appena adolescenti. E poi, come dicevo prima, c’è la piccola scuola…
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Una sola la classe in questo ristretto spazio, dove le sedie sono allineate in cinque file su due colonne diverse. Ammassati su di esse, una ventina di bambini dai tre ai sette anni, senza quaderni nĂŠ penne, giusto la lavagna sulla quale la maestra aveva scritto delle lettere e delle cifre col gesso. Anche loro ci accolgono calorosamente cantando il loro inno di benvenuto. Gli studenti dai sette anni in su devono lasciare il villaggio e recarsi nella cittĂ piĂš vicina per continuare gli studi.
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Video 1 - Video 2 Il ragazzo che ci guida all’interno del suo villaggio ci chiede ripetutamente: “Are you ok? Are you happy?” Rientra nella tradizione masai sincerarsi che i loro visitatori siano contenti e che stiano passando un buon momento. I 40 dollari che paghiamo per la visita del villaggio sono spesi per un valido motivo: consentiranno a questa gente di procurarsi dell’acqua potabile da bere, unico vero problema per questo popolo! Giovedì 4 agosto
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6 Ultimo parco prima di nuovi itinerari Dopo aver trascorso l’ultima notte nel Tended Forest Logde che ci aveva accolto la prima sera, in località Karatu, l’ultima tappa del nostro safari è il Tarangire National Park. La giornata è meno calda delle precedenti e timide nuvole provano a prevalere sul sole africano, riuscendoci per buona parte della mattinata. Il parco di Tarangire è diverso dai due precedenti. Qui colpisce parecchio la vegetazione… Tantissimi alberi coprono i 3000 km2 di superficie dove, a farla da padroni incontrastati, sono gli innumerevoli baobab presenti, alcuni dei quali imponenti e maestosi!
Video Quanto alla fauna del parco, devo dire che oserei definirlo il parco degli elefanti! Se ne vedono in ogni luogo, grandi, enormi, piccoli elefantini, famiglie intere di pachidermi pronti a divorare le tante piante presenti o a prosciugare i fiumi già secchi di loro. Tra gli altri animali si scorgono una famiglia di leoni belli e sdraiati sul fresco letto del fiume e molteplici varietà di uccelli oltre alle classiche zebre e gli gnu che riappaiono in fila pronti a migrare in altri territori.
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E all’uscita del parco, nell’area picnic, mentre insieme al nostro James consumiamo il pasto della nostra quotidiana lunch box preparataci in hotel, assisto allo spettacolo offerto dai quieti, educati, silenziosi, ordinati e rispettosi studenti di tutte le età che da Arusha hanno trascorso la mattinata qui nel parco in visita didattica. Se penso alle nostre mense scolastiche, da dove, quando va bene, si esce con l’emicrania a mille, dopo mezzora di urla e schiamazzi vari! Qui invece, file rispettate, consegne degli insegnanti eseguite e tanta voglia di giocare e divertirsi nel rispetto assoluto degli altri.
Escursione finita, pronti per l’ultima meta degli altipiani del nord, Arusha, la città più grande, dove trascorreremo la notte prima della partenza di domani verso la costa e quindi verso il mare. Venerdì 5 agosto
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7 Un lungo viaggio in mezzo ai tanzaniani Ero informato del fatto che la Tanzania fosse un paese alquanto caro. Ero un po’ meno consapevole, tuttavia, che qualsiasi tanzaniano, coinvolto più o meno direttamente con i viaggiatori stranieri, approfitti spudoratamente di questa speculazione sui costi esageratamente alti. Posso comprendere che l’accesso ai parchi costi parecchio, e ciò lo ritengo anche giusto, visto che serve a limitare e selezionare il più possibile il numero di visitatori, evitando il turismo di massa. Altri abusi sui costi no, quelli non li tollero. Qualche giorno fa, infatti, avevamo chiesto a James di trovarci un autista per spostarci da Arusha a Pangani, sulla costa nord orientale. In passato abbiamo fatto esperienze simili, lunghe tratte in automobile a Cuba o in India sempre a cifre ragionevoli. Quando James, dopo tante telefonate e tanti contatti, ci propone un suo conoscente che ci avrebbe fornito il servizio al costo di 500 US Dollars, il nostro rifiuto è stato immediato! E allora eccoci stamattina su un pullman di africani, ultima fila, accanto ad una gentilissima quanto variopinta donna di colore di oltre un quintale di stazza, per un’esperienza da raccontare! La super efficiente signora della reception dell’Hotel Mvuli di Arusha si è prodigata per trovarci un modo per arrivare sulla costa. Ci propone allora questo pullman express che in sette ore circa ci avrebbe condotto a Tanga, poco più a nord del Capricorn Beach Cottage che ci ospiterà nei prossimi giorni. Il tutto per soli 10 Dollari a persona! Alle 6:00 del mattino, ad aspettarci nel parcheggio dell’albergo c’è un signore sui 50/60 anni, autista dell’hotel, col compito di accompagnarci in stazione e aiutarci a prendere i biglietti (non è garantito in questi posti tipicamente per locali e a quest’ora, di trovare dietro ai banconi personale che parli in Inglese). Sembra cosa già fatta, siamo lì in largo anticipo con due pullman in partenza, uno alle 7:00, l’altro mezzora dopo. Ma, ahimè, l’omino della biglietteria non accetta la valuta internazionale e noi non avevamo mai scambiato alcun euro in TSH (Tanzanian Shelling). Inizia una lotta contro il tempo… L’idea di dover trascorrere un’altra giornata ad Arusha ci inquieta e la voglia di andarci a sdraiare in riva al mare è tanta! Cosa si fa? Tornare in hotel per scambiare qualche dollaro è impresa impossibile, non faremmo in tempo. L’autista ci dice che poco distante c’è un’ATM machine, un bancomat per intenderci. Arriviamo in pochi minuti, avviamo la procedura per il prelievo, ma sul più bello viene fuori un’incomprensibile ricevuta e niente soldi… E chissà se ci verranno ugualmente addebitati sul conto! Per fortuna c’è una seconda banca poco distante e, finalmente, abbiamo in mano il bottino in moneta locale per acquistare i nostri biglietti. Un po’ stretti, è vero, e gli unici bianchi di uno strapieno pullman. Ma è anche vero che le condizioni igieniche e generali del veicolo sono ottime considerando gli standard del paese, e anche i viaggiatori africani, compresa la mia vicina di posto, sembra abbiano deciso di affrontare lindi e profumati questo lungo viaggio. Ben per noi! Prima sosta un paio di ore dopo la partenza, in una cittadina, dove alcuni passeggeri finiscono il loro viaggio e altri salgono al loro posto. Ne approfitto per una 40
boccata d’aria e sgranchire un po’ le gambe. Da fuori osservo i simpatici venditori ambulanti che provano a smerciare i loro prodotti per sfamare o dissetare gli audaci viaggiatori. Sono le 15:30, otto ore e mezza dopo la partenza, quando, finalmente, arriviamo a Tanga da dove un taxi ci accompagna in trenta minuti al Capricorn. Sabato 6 agosto
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8 Happiness! È inevitabile, cinque giorni a caccia di animali in mezzo alla savana, stancano parecchio. Si resta sempre concentrati al massimo per scovarne il più possibile, costantemente in piedi sul retro del fuoristrada decappottato alla ricerca dello scatto migliore o a scrutare con il binocolo il più lontano possibile nella speranza di avvistare qualche strano movimento ed essere il primo a darne l’allarme. Pertanto, l’idea di rimare quattro lunghi giorni in riva al mare, nel relax più totale, non mi dispiace affatto. Happiness, sì, proprio così, si chiama Happiness la dolcissima e simpaticissima ragazza che ci accoglie al Capricorn Beach Cottage. Porta il sorriso stampato in faccia, non potrebbe essere altrimenti, incarnando perfettamente alla lettera il nome che le è stato gentilmente concesso dai suoi genitori. La struttura è composta da tre bungalow di grandi dimensioni, con terrazzino esterno vista mare e ampio spazio interno con camere, cucina e bagno con doccia. Alti sono i soffitti, tetti a spiovente, il tutto costruito con tronchi e rami di alberi e canne di bambù. Candide tende di lino svolazzano al vento. Karibu! (benvenuti, in lingua Swahili).
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Il mare è distante una ventina di metri e per raggiungerlo si passa sotto a un immenso albero di mango e qualche splendido baobab. Delle amache sono sistemate tra i grossi rami, alcune postazioni per cucinare degli ottimi barbecue costeggiano l’ingresso in spiaggia mentre un salottino composto da sdraio e tavoli si trova sotto un albero, rialzato davanti al mare… Direi che in un posto come questo non si può far altro che riposare! Come avevo più volte letto in merito alla Tanzania e al mare che bagna le sue coste, in questo punto del mondo le maree sono particolarmente dispettose. Cinque i chilometri di spiaggia semideserta davanti a noi; ciononostante, l’accessibilità al mare per un bagno è limitata a pochi momenti della giornata: il mattino presto e il pomeriggio dopo le 16:00. Per il resto è la marea che detta legge, abbassandosi così tanto da lasciare fuori dall’acqua le barche dei pescatori ancorate la sera prima e liberare migliaia di animaletti marini, tra i quali dei simpatici e rumorosi granchietti, che corrono e s’intrufolano nei minuscoli buchetti da loro creati quando sentono il passo dell’uomo.
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La spiaggia, resa cosÏ ampia grazie alle maree e la sua notevole estensione in lunghezza, mi permette di allenarmi agevolmente. E allora, scarpe e tenuta da corsa e via, da una punta all’altra, con alcuni tratti sulle rocce e altri davanti a splendide foreste di mangrovie! Osservo con la mia solita curiosità l’operato dei pescatori che con le loro piroghe rientrano nel villaggio adiacente con le provviste di pesce per la serata. Mentre corro, non mi manca certo la compagnia‌ I piccoli bambini del villaggio sono sempre lieti di fare amicizia con i visitatori stranieri; ecco allora ritrovarmi presto un compagno di corsa che mi segue per alcune centinaia di metri.
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Poco più avanti, invece, un altro ragazzo del villaggio, un po’ più grandicello, si allena come me. Basta fargli un cenno ed ecco ritrovarci a condividere lo stesso percorso per la restante parte dell’allenamento. Ogni occasione è buona per conoscere nuova gente in questo sperduto angolo di mondo e Dismas mi sembra la persona giusta per ottenere informazioni in merito alla vita degli abitanti del suo villaggio e, perché no, rendervi visita. Poco dopo, infatti, mi ritrovo in mezzo a loro, tra case di pietra, paglia e creta, in viuzze sterrate dove i bambini si divertono con i loro semplici giochini di strada, le donne aspettano il rientro dei loro mariti davanti all’uscio di casa, alcune badando o allattando i propri bimbi, altre intente a preparare un pasto caldo per la sera.
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E Dismas mi conduce anche all’interno della sua casa, che condivide con altre quattro persone. Vive qui da quando, qualche anno fa, ha lasciato la famiglia nella regione del Kilimangiaro per venire a trovare lavoro sulla costa e poter mandare loro un po’ di soldi. La sua reale dimora è una camera di sei m2 con un materassino a terra come letto, una finestra sulla quale appoggia un po’ di tutto e usando i chiodi contro le pareti e il retro della porta per appendere i pochissimi vestiti che possiede. Dopo aver visto tutto questo, comprendo meglio la gioia, quasi esultanza, nel ricevere un paio di short da corsa che ho voluto offrirgli dopo averlo visto correre con dei pantaloncini sicuramente poco adatti.
Questi giorni trascorsi al Capricorn mi permettono di apprezzare particolatamente anche la cultura culinaria swahili, grazie alle prelibate ricette di Nallini, proprietaria della struttura insieme al marito Ashok. Si tratta di una cucina molto semplice con prodotti della terra come legumi e cereali e carni quali pollo, agnello o zebù. Ai sapori naturali vengono poi aggiunte delle spezie e se i nostri albergatori sono di origine indiana, abbiamo il lusso di gustare degli ottimi curry. E, come se non bastasse, in un forno a legna in perfetto stile napoletano, cucinano anche delle buonissime e super appetitose pizze dai sapori tropicali: il superlativo è d’obbligo considerando dove siamo!
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Nallini e Ashok, appunto, due signori di non più tenera età, dai tratti somatici tipicamente indiani (le loro famiglie originano dalla costa occidentale dell’India), passati da Nairobi, Londra e Los Angeles prima di installarsi in questo pacifico ambiente in riva all’oceano. Ed è piacevole trascorrere dei momenti insieme a loro, sorseggiando del vino sudafricano e ascoltando le loro innumerevoli storie e i loro pratici consigli sul mondo africano.
E tra il delicato rumore del vento e delle deboli onde che lambiscono la spiaggia, mentre i grilli della notte cantano a squarciagola, e il frastuono delle dispettose e affamate scimmiette sugli alberi delle prime ore del mattino, volano via velocemente ma intensamente questi giorni di riposo sulla costa nord orientale della Tanzania.
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Da domenica 7 a martedĂŹ 9 agosto
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9 Volando… verso Zanzibar Nel corso degli anni più volte mi è capitato di prendere dei voli interni per spostarmi da un punto a un altro di un paese con compagnie aeree locali e aeromobili di piccole dimensioni. Ricordo il viaggio da Bangkok a Sukhothai, o quello da Antananarivo a Tulear, con piccoli e rumorosi velivoli tutto sommato abbastanza confortevoli. Non mi sarei mai immaginato di dover salire, un giorno, su un aereo minuscolo, con soli altri dodici passeggeri a bordo, col pilota (a vista) unico personale di bordo e con tanto passeggero al suo fianco e dovermi chinare quasi a novanta gradi per raggiungere il mio posto, peraltro non assegnato ma il primo disponibile. E quando si accendono i motori e le eliche cominciano a girare, mi sembra impensabile che un oggetto simile possa realmente spiccare il volo. E invece, contrariamente ai miei funesti pensieri, il giocattolo della Costal Air si alza in cielo, sorvola a bassa quota la costa orientale del paese e ci lascia ammirare lo spettacolo delle isole di sabbia che emergono nel mezzo dell’oceano solo a marea bassa, di giorno, per poi sparire prima del tramonto. Venticinque minuti dopo il decollo, ci ritroviamo all’aeroporto di Zanzibar.
È la più grande delle isole dell’omonimo arcipelago. Si estende per circa 100 km di lunghezza. La città più importante, Stone Town, si trova al centro dell’isola. Ma è lungo la costa, soprattutto a nord e a est, che si sviluppa il turismo. Il nord è noto perché le maree sono meno aggressive che in altri punti di Zanzibar. È lì che arriviamo un’ora e mezza dopo, attraversando il villaggio di Nungwi fino allo Z Hotel in riva al mare. 49
Spiagge dorate e mare cristallino, è il leit motiv di questo meraviglioso posto. Tuffarsi nelle turchesi e piatte acque dell’oceano, nuotare come se ci si trovasse in un’immensa piscina, costretti a dovere chiudere gli occhi quando il sole splende sulla sabbia e riflette luminoso su ciò che la circonda. Poter godere, poi, di una bella piscina con vista sul mare rappresenta un piccolo lusso per quei momenti in cui il sole si nasconde dietro le nuvole (e in questo periodo dell’anno accade con regolarità) e ci si vuole sdraiare un attimo su comodi lettini sorseggiando un mango juice e leggendo un libro.
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La spiaggia, appunto, luogo prediletto dei rinomati Beach Boys! Sono tanti e onnipresenti questi giovani abitanti dell’isola, camuffati con abiti e bastoni Masai, che deturpano la quiete del posto, importunando costantemente ogni passante o ogni persona che riposa beata adagiata sulla sabbia. La loro offerta è vasta, ovviamente: dalle classiche uscite in barca a pesca, da soli o in gruppo, alle immersioni, allo snorkeling o a quant’altro si possa proporre al turista che si lascia abbindolare dai fantomatici tour operator della costa. L’offerta varia di notte, quando gli scansafatiche africani cominciano a spacciare marjuana o altre droghe ai turisti interessati. Dal canto mio, dopo aver affrontato in passato lo stesso problema e aver egregiamente fronteggiato i fastidiosi Jiniteros cubani a L’Avana e dintorni, ho usato anche qui la stessa strategia vincente: accantonare per una volta cortesia e buone maniere e ignorare il beach boy sin dal suo gentile saluto iniziale, senza mai rispondere! Da lì a poco andrà a importunare qualcun altro! E quando il cielo si copre di nuvole e qualche goccia di pioggia oscura il suolo dorato di sabbia, emanando per aria un armonioso profumo di salsedine, quale momento ideale per una corsa a piedi nudi sul bagnasciuga, mentre il sole, lentamente, diventa sempre più rosso fino a varcare la lontana linea dell’orizzonte sulle acque che lambiscono le coste del continente africano.
Da mercoledì 10 a domenica 14 agosto
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10 Tempo, mare e popolazione locale Lungi da me pensare di essere un esperto di fenomeni atmosferici, tanto meno mai m’immaginerei di fare previsioni meteorologiche guardando le nuvole, le stelle o i mutamenti dettati dal vento. Eppure, dopo dieci giorni a Zanzibar, una cosa l’ho costatata con i miei occhi. Sarà pura coincidenza e sarò smentito da fattori scientifici, probabilmente, ma ogni volta che la marea si alza il tempo cambia, le stelle della notte prima vanno via, lasciando spazio alle nuvole che cominciano lentamente a coprire il cielo e la pioggia cade giù a volte come un semplice acquazzone, altre volte come veri e propri temporali. E poi, come d’incanto, all’abbassarsi della marea, tutto viene spazzato via, il sole torna a splendere e con lui l’acqua del mare che si tinge di celeste e i sorrisi dei villeggianti cha possono tornare a sdraiarsi sulla spiaggia dorata o sotto gli ombrelloni a bordo piscina. Anche questa è Zanzibar!
Zanzibar, appunto, non è sono turismo. È anche un’isola vissuta dai suoi abitanti. Popolazione allegra e sorridente, sempre disposta al saluto, con gli onnipresenti Jambo e Hakuna Matata, saluti che invitano all’amicizia e alla fratellanza. Ed è bello osservarli intenti nei loro lavoretti quotidiani come la pesca con enormi reti trainate a riva sulle quali si ammassano per recuperare i pesci migliori.
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Ed è facile incontrare anche qualche imbarcazione che brucia sulla spiaggia: pensavo fosse un sacrificio o la fine della carriera nella navigazione di una vecchia imbarcazione, invece è un semplice modo per pulirle, disinfettarle, spegnendo le fiamme prima che il fuoco la riduca in cenere.
Centinaia i villaggi che si trovano a ridosso delle coste ed è paradossale il contrasto tra ciò che c’è aldilà delle strutture ricettive popolate dagli occidentali tra sfarzi, lussi e comodità di ogni genere e, subito dietro, a poche decine di metri, tra strade in terra battuta quasi impraticabili per le enormi buche, la gente locale che vive in condizioni ai nostri occhi miserevoli, in mezzo alla strada, davanti a casupole a volte semidistrutte, tra cumuli di spazzatura che brucia e sporcizia di vario genere. Se poi ci si mette in sella a uno scooter e si va a visitare la costa orientale dell’isola, gli abitanti di Zanzibar li incontri per strada: gli studenti che rientrano da scuola con le loro tipiche tenute tutte uguali, differenziando i maschi dalle femmine, queste ultime, come tradizione musulmana vuole (Zanzibar fu colonia araba per un lungo periodo) velate sin da tenera età; i venditori di frutta e ortaggi che colorano le strade col giallo delle banane o il rosso dei pomodori. E poi i bambini, tanti, piccoli che giocano felici a rincorrersi, saltano, si divertono, inconsci di un mondo totalmente diverso dal loro, lontano migliaia di chilometri, che forse un giorno amerebbero raggiungere per realizzare il sogno di una vita migliore, incuranti del fatto che forse, la loro, è la vita più bella!
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Da lunedĂŹ 15 a sabato 20 agosto
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