Racconto di un Viaggio India Settentrionale 27 Dicembre 2015 – 06 Gennaio 2016
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Introduzione Namastèe… Con questo semplice saluto, accompagnato da un piccolo inchino del capo sulle mani congiunte, unendo i palmi con le dita rivolte verso l’alto, gli indiani ti accolgono nel loro paese. C’è l’India di Nuova Delhi in questo viaggio, l’India della capitale, una città tanto caotica quanto inquinata, con una cappa di smog che permane nell’aria e oscura i quartieri anche nelle giornate di sole.
I quartieri, appunto, calorosi e a tema: i cartai, i venditori di spezie, le boutique di tessuti animano le vie di Delhi e colorano gli animi dei cittadini che affollano le strade e i marciapiedi tanto da impedirne la regolare circolazione, sia a piedi sia con i mezzi. È la citta che più di ogni altra mostra un mélange di religioni evidente agli occhi dei visitatori grazie alle imponenti moschee che si mescolano agli straordinari templi induisti. È anche la città che meglio di altre rappresenta le grosse differenze sociali che caratterizzano questa terra, con enormi quartieri poveri e stracolmi di gente per strada a mendicare e bambini con quattro stracci addosso e altri in cui sfarzo e ricchezza sono percepibili a vista d’occhio con gente che sfoggia macchine di lusso e abitazioni principesche. C’è l’India di Agra, che è soprattutto l’India del Taj Mahal. Questo enorme mausoleo non ha bisogno di commenti: è un luogo suggestivo non solo per l’architettura ma per il messaggio d’amore eterno che custodisce e tramanda da secoli. 2
Poi c’è l’India del Rajasthan e della sua capitale Jaipur, la città rosa. Gli abiti degli uomini quanto quelli delle donne, le lunghe barbe curatissime, i tipici turbanti colorati, fanno di questa meravigliosa regione una delle più affascinanti di tutta l’India. Con i suoi maestosi forti e i templi sperduti popolati dalle scimmie, Jaipur merita di essere annoverata come una delle città più particolari che abbia mai visitato.
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Le scimmie sono ovunque! Le vedi sfilare sopra i tetti di Old Delhi, giocare, rincorrersi, usare i cavi elettrici come liane nelle case abbandonate di Jaipur, bere ciò che resta di una lattina di coca buttata da un incivile turista nei pressi del Taj Mahal, mangiare carote sotto le mura di cinta del Tiger Palace. Ma la fauna di questo paese è ricca e visibile quotidianamente, nelle strade, come i cammelli che nella regione di Agra sono usati come mezzo di trasporto cittadino o gli elefanti che caricano i turisti ai piedi dell’Amber Fort o gli scoiattoli che saltano da un ramo all’altro e si arrampicano sulle pareti lisce. E poi la gente e la loro cultura: gli uomini da un lato, che dominano la società, quasi venerati dalle loro compagne, privi di ogni un senso del pudore visto che è facile vederli fare pipì in ogni angolo, nascosto o meno, o lavarsi seminudi nelle fontane di strada o nei cortili delle case a vista di tutti. Poi le donne, e il loro ruolo marginale, testimoniato anche da alcune scritte nei luoghi pubblici che a noi occidentali appaiono scandalose. Infine i bambini, con i loro zaini a spalla appena usciti da scuola o con in mano il loro amato aquilone sopra i tetti delle case della città rosa, dallo sguardo innocente e delicato, con gli occhi che trasmettono voglia di costruire un paese migliore, fatto di libertà e di pari opportunità.
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1 Benvenuti! È errato pensare di essere arrivato fin qui, per il mio secondo viaggio in questo paese, e vedere tutto filare liscio come l’olio… Superare la dogana in un istante, recuperare i bagagli in pochi secondi, trovare immediatamente l’autista fuori dall’aeroporto che ti accompagna in hotel in 20 minuti circa perché non c’è traffico alla una del mattino. Non si sentono i clacson frastornanti delle macchine, non si oltrepassano slum o quartieri di periferia particolarmente poveri. E quando t’installi in camera, pronto a chiedere un room service per rifocillarti un pochino prima del riposo della notte, mentre ti rendi conto che tutte queste coincidenze positive sembrano strane, senti suonare il telefono, con un prefisso +91 che non riconosci, rispondi e comprendi che qualcuno ha con sé la tua valigia visto che tu hai preso una sua gemella! Solo a quel punto chiudi gli occhi, dimentichi tutto e dici: “Okay, ci siamo, sono in India!” Tutto è bene ciò che finisce bene! Infatti, a seguito di una decina di telefonate con l’ufficio lost and found dell’aeroporto internazionale e con la sventurata tedesca proprietaria del bagaglio gemello, grazie alla gentile collaborazione del personale dell’hotel e a un’ulteriore capatina notturna in aeroporto, la valigia torna a casa sana e salva! Si può ora dare inizio a questa mia prima esperienza nell’India Settentrionale. Nuova Delhi rappresenta uno degli undici distretti di Delhi di cui è capitale, così come è capitale dell’intero paese. Il Leela Palace dove soggiorniamo è situato nella parte sud di Nuova Delhi, circondato dalle ambasciate internazionali e da grandi palazzi moderni. Solo quando decidi di fare un giro nella Old Delhi ti rendi realmente conto di essere approdato in India. Sebbene, avendo già messo piede in una megalopoli come Mumbai, non mi è nuova la realtà quotidiana di questo posto, è tuttavia sempre sorprendente vedere la massa di gente che intasa le strade e i marciapiedi impedendo di camminare tranquillamente,
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sentire il roboante rumore dei clacson di auto, moto, pullman o tuk tuk che circolano ammassati per le viuzze del centro, (Ordinary traffic in Delhi - Guarda il video) osservare quanto sia normale assistere al motociclista che guida contromano in una strada a senso unico, vedere altri superare tranquillamente il semaforo rosso, non avere alcun rispetto delle precedenze in un incrocio tantomeno per i passaggi pedonali, visti, questi ultimi, come d’intralcio alla loro caotica circolazione.
Ma d’un colpo, questo caos sembra reso più gradevole dal lungo e incessante Adhān, o richiamo del muezzin, il richiamo dei fedeli provenienti dalla meravigliosa Moschea Jama Majid, la più grande di tutta l’India, dal profumo del cibo cucinato per strada e degli incensi accessi all’interno dei negozi. (Adhān - richiamo del muezzin - Guarda il video)
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E le stradine che si articolano attorno alla moschea sono particolari perchÊ piene di mini boutique di artigiani. C’è la via della carta, dove vedi circolare dei giovani carichi di enormi risme entrare e uscire dai vicoletti, per poi vendere il loro prodotto finemente decorato e per tutti gli usi possibili; la via dei fabbri, dove decine di artigiani lavorano il ferro come una volta e vendono utensili preziosi nel settore meccanico e non solo.
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E spostarsi da una strada all’altra è davvero pericoloso visto che camminare sui marciapiedi è quasi impossibile e in strada spesso si resta incastrati tra le auto e i tuk tuk.
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Pranzare poi in un ristorante tipico indiano-musulmano, come da Karim’s, è un’esperienza da provare. Gustare i sapori forti di un Chicken Curry o di un Chicken Tikka Masala circondato dai locali venuti a pranzo dopo la preghiera di mezzogiorno non ha veramente prezzo. Qualsiasi pietanza della cucina indiana può metterti in difficoltà; le spezie sono piccantissime anche quando si chiede un “Medium spicy”. Tuttavia ciò rende il piatto unico e dal sapore indimenticabile.
E poco fuori, il viale di fronte alla moschea è quello dedicato ai venditori di carni di ogni tipo, soprattutto pollami vari macellati davanti ai tuoi occhi. Le galline sono ammassate in minuscole gabbie, alcune di loro prive di piume o quasi e dietro, uomini armati di coltelli affilati, pronti a sgozzarle, sventrarle e tagliarle a pezzi, aiutandosi anche con i piedi… I prossimi Chicken Curry??? Restando in tema di animali, è simpatico incontrare delle scimmie girovagare sopra i cornicioni, degli scoiattoli finire una crêpe lasciata da un passante, o un gruppo di affamati rapaci nutrirsi grazie al gentile gesto di un signore che lancia per aria dei grossi pezzi di carne.
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E sul Tuk Tuk di ritorno verso l’hotel, prima di una sosta per vedere l’India Gate (grande arco di trionfo costruito per commemorare gli indiani morti durante la seconda guerra mondiale), non mi stupisco più di tanto nel vedere le solite insistenze di mendicanti di ogni genere: dal classico
venditore di cianfrusaglie, all’anziano signore cieco accompagnato da un bambino che persevera nel mostrarti l’invalidità del suo assistito, all’originalità di una donna, forse ex uomo, credo un transgender, che ne approfitta per una carezza a un braccio e infine al barbuto signore, privo di un arto superiore, che ostinato continua a mostrarti il moncone restante del suo braccio sinistro al fine di ottenere una mancetta. E per chiudere in bellezza una giornata iniziata nelle prime ore del mattino, non suscita scalpore l’uomo completamente nudo in mezzo alla strada o l’assordante musica da discoteca proveniente da un giardino poco oltre l’hotel per festeggiare il compleanno di un bambino di 7 o 8 anni. Welcome to India! Lunedì 28 dicembre
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2 Il Taj, che bellezza! Tre sono le regole per essere un buon autista in India: avere un clacson funzionante, dei buoni freni e avere tanta buona sorte! Queste le prime perle di saggezza del nostro nuovo driver indiano, Sushil, quarantaduenne proveniente dall’Himalaya, simpatico almeno tanto quanto il nome che porta, che con la sua Toyota ci condurrà in giro per l’India nei prossimi 6 giorni. Circa 150 km separano Nuova Delhi dalla nostra prossima tappa, Agra, celebre per essere la patria del maestoso Taj Mahal. Non mi sarei certo immaginato di trovare delle autostrade cosi grandi e, per essere in India, così ben mantenute. Probabilmente perché si tratta di un’autostrada privata fatta costruire dal magnate indiano Mr. Jaypee. Il traffico è scorrevole in uscita dalla capitale, dove osservo, per decine di chilometri, l’estensione della città, con enormi palazzi in costruzione sparsi nel nulla. Poche le macchine che circolano in questa direzione.
Tuttavia è facile incontrare gente che attraversa da un lato all’altro, incurante del pericolo, o bambini che si inseguono nella corsia laterale di sinistra dove si incontra anche un’anziana donna che porta a spasso le sue capre… I terreni circostanti sono verdi con grandi alberi sparsi nei campi di grano e di altri cereali.
Tre ore e mezzo dopo la partenza arriviamo ad Agra, città che conta circa un milione e mezzo di abitanti, ma considerata piccola rispetto a megalopoli come Delhi, Mumbai o Calcutta.
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Osservo da subito il degrado del posto: strade poco curate, spazzatura ovunque, case distrutte divenute dimore delle scimmie che saltellano sui tetti…
Ma è bello arrivare al momento dell’uscita da scuola e incontrare tutti i bambini che rientrano a casa, carichi delle loro cartelle a spalla, lontane antenate degli zaini nei nostri studenti super moderni e griffati.
Sushil, che è sicuramente anche una buona guida, rispondendo dettagliatamente a ogni nostra curiosità in merito alle stranezze del suo paese, è senza dubbio un ottimo autista, per come si destreggia in mezzo al traffico, come in occasione di un sorpasso su un ponte a doppia senso di marcia, con una fila di veicoli che venivano di fronte a noi… Aggiungerei la quarta regola per essere un buon autista in India: il coraggio! E per essere un buon passeggero, talvolta bisogna chiudere gli occhi e, perché no, fare qualche preghierina al proprio santo preferito! 12
Pranziamo in un ristorante, dove raramente si incontrano turisti, circondati da indiani del posto intenti a divorare il loro pasto con le uniche posate che si usano da queste parti: le mani! Per fortuna a noi ci riservano delle forchette! Arriva il momento tanto atteso: la visita del Taj Mahal. Sushil ci presenta la nostra guida, Vishnu, un giovane di pressappoco 25 anni da cui otteniamo tutte le informazioni in merito a questo meraviglioso monumento e con cui superiamo le infinite file (namasteindia143@gmail.com).
Ăˆ talmente imponente che si scorge da lontano, da ogni angolo di Agra.
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Ma arrivare proprio lì, ai suoi piedi, dà una sensazione d’immenso, di spettacolare, d’indescrivibile. Ti senti piccolo per via delle sue disumane dimensioni, irregolare per via della sua spettacolare simmetria, ti senti brutto dinanzi alla sua inestimabile bellezza!
Questo enorme mausoleo non ha bisogno di commenti: è un luogo suggestivo non solo per l’architettura ma per il messaggio d’amore eterno che custodisce e tramanda da secoli. Infatti, contiene intatte le tombe dell’imperatore Moghul Shan Jahan che lo fece costruire nel ‘600 e della moglie preferita, Mumtaz Mahal per la quale è stato costruito. Altrettanto splendide le quattro porte di accesso di colore rossastro; una su tutte la porta settentrionale dalla quale si ha la prima vista sul Taj.
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E una volta entrati nel parco, ogni angolo è buono per uno scatto diverso. Le fontane che si estendono alla base del mausoleo sono perfette per immortalare il riflesso del Taj Mahal che si specchia nelle loro acque, soprattutto in alcuni momenti della giornata come al tramonto.
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Le quattro torri laterali pendono verso l’esterno per evitare che possano distruggere il palazzo in caso di terremoto. Le due enormi moschee a destra e a sinistra, simmetricamente perfettamente allineate tra di loro, servono a bilanciare il terreno, sempre in caso di sisma. Insomma, tutto è stato progettato nei minimi dettagli oltre 400 anni fa. Dettagliati e simmetrici sono anche i decori. Giochi floreali finemente intagliati nel marmo bianco si ripetono con precisione in ogni angolo del palazzo. Versetti del corano circondano le entrate del luogo di culto. Il tutto fatto a mano da migliaia di operai e artigiani dediti alla costruzione di questo straordinario capolavoro dell’architettura che merita di essere annoverato tra le 7 nuove meraviglie del mondo.
MartedĂŹ 29 dicembr
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3 Una giornata ad Agra Una delle più belle fortezze Moghul di tutta l’India si trova ad Agra: il Red Fort, un enorme palazzo fortificato costruito in arenaria rossa a metà del ‘500 dall’imperatore Akbar, opera continuata e ultimata dal figlio e suo successore Shan Jahan, padre del Taj Mahal, che lo arricchì con immensi spazi in marmo bianco decorato, tanto da richiamare lo stile già intrapreso per il famoso mausoleo dedicato alla sua amata.
C’è un’Agra bianca, quindi, quella del Taj Mahal, colore della limpidezza e della purezza a simboleggiare la donna per la quale il capolavoro è stato costruito esaltandone la bellezza con le sue forme e i suoi disegni simmetrici. Ma c’è anche un’Agra rossa, quella del Red Fort, colore quest’ultimo che potrebbe simboleggiare il forte legame tra il re è il suo popolo ma è anche il colore del potere e della guerra e quindi del sangue versato nelle lotte per il potere che vedono spesso figli spodestare dal trono i padri, bagnando con il loro stesso sangue le successioni dinastiche.
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Anche qui si osservano immediatamente la regolaritĂ e la precisione architettonica con giochi di archi simmetrici in stile Moghul, prospettive perfette, giardini schematici, chiostri aperti sormontati da cupole e spettacolari balconi che si affacciano sulla vallata del fiume Yamuna e quindi sul Taj Mahal.
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Dai colori ai sapori, la giornata di oggi riserva uno spazio particolare per i nostri sensi. Il ristorante Pinch of spice sembra essere il miglior posto, fuori dagli hotel 5 stelle, in cui poter gustare deliziosi curry e piatti di tandoori (arrosti di pollo o agnello cucinati in un particolare forno in pietra, tipici della cultura culinaria pakistana e dell’India del nord). Mi sono lanciato sul Murg Boti Masala, pollo tikka (privo di ossa) in una salsa tipica a base di spezie locali e sul Paneer Lababdar, cubi di formaggio fresco in una salsa rossa speziata con cipolle rosse saltate. Eccezionali! Quanto al piccante, il nome del locale già la dice lunga; i sapori sono veramente forti e a rinfrescare la mia bocca infuocata ci pensano delle ottime cipollette rosse servite fredde come contorno che aiutano a liberare dall’impatto focoso delle salse spicy. E come farsi mancare, in un pomeriggio poco impegnativo per ciò che riguarda le visite, un passaggio dal barber shop del quartiere per una sbarbata in vecchio stile circondati da bambini sorridenti e felici di vedere gente strana (noi occidentali lo siamo ai loro occhi) mettere piedi nel loro territorio.
Mercoledì 30 dicembr
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4 L’ultimo dell’anno tra siti, scimmie e persone strane Presto fatto il check out nel labirintico Jaypee Palace di Agra, Sushil viene a prenderci alle 9.00 per iniziare il nostro cammino verso una nuova meta. Ci aspettano 4 ore di viaggio e oltre 200 km di strada. Raccolgo un’infinità di immagini uscendo dalla città in una tiepida mattinata d’inverno dove i commercianti dei mercatini rionali hanno già predisposto ogni roba sulle loro bancarelle attirando così la gente che si ammassa nelle stradine già nelle prime ore del mattino. I venditori di frutta sono tra i più ambiti a quest’ora.
La strada è già piena di veicoli e il bip bip dei clacson è inevitabile. I rickshow invece sono parcheggiati; ancora presto per loro! Poi ci sono loro, le mucche, onnipresenti in India, ovunque…
Intravedo anche qualche zebù, che ho imparato a conoscere nel mio ultimo viaggio in Madagascar dalla tipica gobba che s’innalza sulla schiena. Si vedono anche tanti maiali in giro e poi, una sorpresa per me, tanti scoiattoli oltre alle mitiche scimmiette. Lo spettacolo umano continua anche fuori dalla città con i soliti invasori della corsia di marcia (ho visto persino un trattore venirci incontro con nonchalance!), i bambini che giocano sul bordo della strada, le donne che caricano di tutto sulla loro testa, i carri, trainati dai cammelli, che trasportano ogni cosa, le grandi ciminiere delle fabbriche di mattoni con il loro fumo che segna una scia nera sul cielo azzurro. Le capanne di paglia di alcuni villaggi fanno da cornice a questo scenario molto particolare.
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Man mano ci si allontana dalla città, il paesaggio si arricchisce di grandi distese verdi di campi di patate e gialli terreni di senape in fiore. Più ci si sposta verso ovest, più i terreni diventano aridi. Qui, per decine di km, i lavoratori del marmo grezzo espongono i loro lavori ai bordi delle strade con delle creazioni tipiche adatte per adornare i giardini. Sushil, nel frattempo, si dimostra meno simpatico e meno collaborativo rispetto al primo giorno, forse perché si aspettava delle super mance quotidiane, o forse perché non abbiamo accettato di visitare le factory di manifatture locali grazie alle quali lui avrebbe percepito qualche benefit, o forse anche perché non abbiamo assecondato le sue riflessioni in merito ad hashish e marjuana. Mistero! Tuttavia, ci propone un paio di visite che alla fine sono risultate molto interessanti. La prima, 22 km dopo Agra, è il forte di Fatehpur Sikri. Questa magnifica antica città fortificata fu, per un breve periodo, capitale dell’antico regno Mohgul dell’imperatore Akbar che fece costruire una grande moschea, ancora oggi in uso, oltre a tre palazzi per ognuna delle sue mogli preferite: uno hindu, uno musulmano e l’altro cristiano.
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Ancor più particolare e inaspettata è invece la seconda tappa, pochi km prima di arrivare a destinazione: il Galta Ji, o più comunemente noto come il Monkey Temple (guarda il video). Luogo magico e al tempo stesso misterioso quest’antico luogo di culto dedicato al dio Galta che sembra si recasse qui per meditare, situato in una stretta e pittoresca gola popolata da tantissimi macachi.
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Tutto pare totalmente abbandonato ma, al tempo stesso, vissuto da uomini che sembrano provenienti da un’altra epoca, come se il tempo si fosse fermato per qualche centinaio di anni‌ La donna che spazza una scalinata con i suoi abiti tipici, l’uomo barbuto col suo turbante in testa davanti a uno degli ingressi, il signore con la capra, l’altro che prepara il cibo per gli animali, il gruppo di giovani che armati di mazze da cricket improvvisano una partitella in una piazzetta.
Ma le vere protagoniste di questo luogo incantato sono di certo loro, le 5.000 scimmie che lo abitano, lo animano, lo rendono vivo, che con il loro correre e saltellare a destra e a manca, con i loro giochi e i loro litigi per una nocciolina, sembrano essersi impadronite del tempio facendolo divenire ancor piĂš spettacolare agli occhi dei turisti, per fortuna pochi, che lo visitano. 23
Come nutrire una scimmia (guarda il video)
Da piccolo sognavo di vivere una notte di capodanno in un posto strano, un po’ speciale, lontano da casa, con gente diversa da me al mio fianco… Non pensavo certo che questo posto sarebbe stato l’autentico antico regno dei Maharaja, che avrei portato un turbante colorato, meticolosamente arrotolato in testa, che avrei ascoltato musica bengali dal vivo e che avrei danzato con le ballerine vestite con dei sari tipici di questa regione. È questo il mio primo capodanno in Rajasthan. Giovedì 31 dicembre
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5 The Pink City Solo dopo averci trascorso un intero pomeriggio, barcamenandosi tra stradine popolate da centinaia di persone, gironzolando alla ricerca delle spezie da portare a casa o dei fiori da osservare, solo dopo aver visto da vicino i colori dei palazzi e averne apprezzato la straordinaria bellezza, sia esterna che interna, solo allora ti rendi conto che Jaipur è davvero una città incredibilmente bella! La capitale del Rajasthan è definita anche la città rosa, e questo ci vuol poco a capirlo, visto che ogni parete del centro storico è dipinta in questo colore.
Tuttavia, ancora una volta, ciò che colpisce maggiormente è la gente. In primis gli uomini, per lo più di età adulta, che incarnano maggiormente questa regione, indossano i famosi turbanti circolari in testa, di ogni colore, portano abiti lunghi spesso bianchi o arancio, folte barbe e lunghi capelli, solitamente bianchi anche questi.
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A sbalordirmi maggiormente di queste persone è il loro atteggiamento: questo loro tratto culturale è esaltato da un carattere apparentemente forte; sembrano fieri di rappresentare un popolo, camminano a testa alta e con busto eretto, come a voler dimostrare l’appartenenza a una casta superiore, sebbene non tutti lo siano.
Passeggiando tra le mura di cinta della vecchia Jaipur si possono ammirare i negozietti di tessuti o di scarpe dalle punte all’insù. Il quartiere più luminoso è quello dei venditori di bigiotteria grazie all’infinità di braccialetti sui quali vengono incastrate a mano innumerevoli pietruzze luccicanti. La più colorata è senza dubbio la stradina dei fiori, dove decine di uomini sono accasciati per terra, armati di fiorellini vari, creando corone variopinte nella speranza che qualche turista si ricordi di essere tale e ne compri una da mettere al collo e apparire conciato così a parenti e amici che vengono a riprenderlo all’uscita aeroporto.
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La vivacità di questo quartiere è contagiosa al punto tale da esaltarmi nel mischiarmi in mezzo a loro, a scattare foto ovunque, a chiacchierare con i soliti venditori insistenti… E quando giunge anche il momento di fare degli acquisti, giusto per non tornare a casa a mani vuote, quale miglior inizio, in India, se non quello del venditore di spezie. E siamo anche molto fortunati! Manoj ha il suo negozietto in una piazza, adiacente ai venditori di fiori. Possiede spezie di ogni tipo. Parla le lingue e soprattutto ha una capacità disumana di vendere senza farlo pesare più di tanto ai suoi clienti, tanto che da quello che era il mio obiettivo iniziale, una bustina di curry per insaporire le mie pietanze al rientro, alla fine mi sono portato dietro mezzo negozio di aromi vari e caramelle digestive accompagnate da semi di anice! Bravo!!! (Tulsidas Jindaram – Shop n. 3, bihind flower market, Chotti Chaupar, Khanda Modi Khana, Jaipur).
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Tutto questo spettacolo umano fa passare in secondo piano le straordinarie bellezze architettoniche di questo posto. In primis il Wind Palace, questo palazzo dalle pareti ondulate che sembra essere stato architettato da un precursore di GaudĂŹ. Il colore rosa poi, delle sue mura, lo rende ancor piĂš caratteristico.
Il City Palace è invece il maestoso complesso di edifici che sono stati un tempo dimora dei Maharaja, oggi abitato dai loro eredi.
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Decisamente affascinante è anche l’Observatory, un enorme giardino pieno di strumenti con i quali poter misurare le ore e i minuti del giorno grazie alla luce del sole, poter ammirare le costellazioni, leggere gli astri e tanti altri particolari che riguardano il mondo scientifico dell’astronomia. Una guida è indispensabile… e per quello che costa, 200 Rupie, ne vale proprio la pena.
E alla fine di un pomeriggio cosi ricco, non poteva mancare la ciliegina sulla torta: il traffico che diventa ingorgo tanto da bloccarci totalmente e spingere il sempre meno gradevole Sushil a parcheggiarsi nell’attesa di poter riprendere il cammino verso l’hotel. E questo frangente è ideale per poter osservare il solito spettacolo di macachi che giocano, saltano e si rincorrono sui tetti di una casa abbandonata o la toccante preghiera hindu di una famiglia al completo che venera la loro divinità accendendo delle fiaccole a seguito di alcuni rituali tipici al suono costante e assordante di alcune percussioni.
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Di sera, poi, prima di cenare nel terrazzo dell’hotel Umaid Bhawan deliziandoci con ottimo indian food, viviamo anche l’esperienza del tuk tuk dalla guida free style, con splendida inversione di marcia su strada a senso unico di circolazione e quindi in senso inverso, per cinquecento metri, rotonda compresa… Wow!!! Venerdì 1 gennaio.
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6 I Forti Le colline che circondano Jaipur ospitano intatti e da secoli i meravigliosi forti grazie ai quali gli antichi Maharaja proteggevano il loro territorio dagli attacchi dei nemici. Amber Fort, con le sue facciate gialle, è senza dubbio il piÚ imponente e maestoso.
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Il sentiero che conduce in cima è invaso da giganteschi elefanti finemente truccati in viso con colori e decori tipicamente indiani che trasportano i turisti più pigri e poco disposti a salire a piedi. All’interno delle mura del palazzo, si respira l’aria della ricchezza, del fasto vissuti in luoghi come questo, nell’India di qualche secolo addietro.
Le storie, all’interno di questi immensi castelli, erano tante e riguardavano non solo gli aspetti politico/giuridici del tempo, ma anche la vita mondana degli illustri personaggi che li abitavano. Scegliere una buona guida entrando nel palazzo aiuta a scoprire nei minimi dettagli il particolare stile di vita dei Maharaja. La poligamia, per esempio, pratica non semplice da comprendere per noi occidentali. Avremo anche letto tanti libri, sentite tante storie, visti parecchi documentari su questa costume tipico dei paesi orientali. Singh, il Maharaja che per primo ha abitato il Forte di Amber, ne aveva 9 di mogli, alcune di cultura hindu, altre musulmane. A ognuna di esse riservava spazi e momenti personali. Grandi atri con enormi volte in stile Moghul erano a lui riservati per installarsi davanti ai suoi sudditi, questi ultimi seduti negli spazi circostanti, prendere la parola e affrontare le problematiche del momento. L’ambiente più affascinante, che mostra la vanità del Maharaja, è la stanza degli specchi. Piccole e innumerevoli superfici riflettenti sono perfettamente incastrate sulle bianche pareti di marmo o sui soffitti, formando dei gradevoli decori e dei giochi di luci e di riflessi molto particolari.
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Sharma, la nostra guida, un anziano signore con pochissimi denti rimasti in bocca, ma simpatico e molto preparato, ci racconta di una delle mogli del Maharaja, costretta a non mettere piedi fuori; l’unico spazio esterno di cui poteva disporre era una finestrella che dà su uno degli atri più ampi, oggi meta prediletta dei visitatori per un selfie.
Adiacente al palazzo principale, in un’ala esterna del forte, viveva, in una struttura più spartana ma altrettanto suggestiva, il generale dell’esercito con le sue 12 mogli perfettamente distribuite su dodici camere al piano terra alle quali accedeva dal piano superiore con scale che conducono direttamente nelle singole stanze. In un’ognuna di esse, le pareti in alto sono decorate con disegni vari tra i quali spiccano alcune scene del kamasutra.
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Non lontano da Amber Fort è situato, in cima a una collina accessibile solo a piedi, il tempio di Ganesh, divinità hindu che assume le sembianze di un elefante, considerato il dio della buona sorte. Il Tiger Palace, invece, è raggiungibile in macchina tramite una strada tortuosa e anche pericolosa visto la guida degli indiani con dei sorpassi spregiudicati e azzardati. Una volta arrivati, sani e salvi, oltre ad ammirare la splendida opera architettonica, si assiste a un panorama sulla citta rosa molto affascinante, non solo per la vista ma anche per lo spettacolare eco dei richiami delle tante moschee che suona forte nelle nostre orecchie. Anche la piccola ma sempre simpatica e accogliente comunità di scimmie qui presente sembra gradire.
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E per chiudere il cerchio delle visite odierne, dopo averlo osservato dall’alto delle colline, appoggiato sulle acque del lago Man Sagar che bagna le strade della capitale del Rajasthan, l’incantevole Jal Mahal delizia la vista dei suoi ammiratori. Nessuno sa con esattezza il motivo per il quale questo palazzo flottante sia stato costruito. Probabilmente per festeggiare la caccia delle anatre, nel terrazzo sito sopra al quinto e unico piano visibile perchÊ gli altri quattro sono totalmente immersi nell’acqua.
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A conclusione di questa fantastica esperienza in questa regione dell’India settentrionale, che rappresenta solo un assaggio delle bellezze visibili in altre città come Johdpur o Puskar, non posso non citare la dimora che ci ha accolto per 3 notti. Shapura House incarna perfettamente lo spirito del posto. Antica abitazione di qualche gentlman dell’epoca, oggi offre ai suoi clienti la possibilità di vivere in un palazzo ricco di decori su marmo tipici del luogo, camere spaziose e finemente allestite, piscina piacevole per qualche momento di relax. Sabato 2 gennaio
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7 Ritorno a Delhi Quale miglior rientro, in una tetra Delhi non tanto per le nuvole, mai viste durante questo viaggio, ma per l’inquinamento presente nell’aria che incappa la città in un grigiore pauroso, se non quello di trascorre una calda mattinata di assoluto relax al roof top del Leela Palace nuotando nella tiepida acqua della piscina e cogliere qualche timido raggio di sole che riesce a farsi spazio e a fuoriuscire dalla nube di smog.
Tuttavia, traffico e inquinamento a parte, questa città merita di essere scoperta in lungo e in largo. Pranzare, per esempio, in un ristoro di strada, dove abili cuochi preparano vivande calde al momento. Per l’occasione ci hanno fatto accomodare in uno spazio interno, dove i tetti erano talmente bassi che bisognava chinarsi per andare a sedersi. Fatti a misura indiana??? Prendere la metropolitana per spostarsi da un punto all’altro… un modo come un altro per mischiarsi in mezzo alla società indiana, quella comune, fatta di studenti universitari ma anche di gente normale, di lavoratori d’ufficio o di operai. Tutti indistintamente ti osservano e quasi ti ammirano, forse per il colore della pelle o per le scarpe da tennis indossate o per la nostra altezza, sicuramente al di sopra della loro media. Visitare il tempio hindu di Akshardham, ammirandone la straordinaria bellezza architettonica sia dall’esterno ma soprattutto dall’interno. Superata l’infinita fila per accedere ai controlli di sicurezza, costituita quasi interamente da indiani che vengono a venerare le loro divinità, si entra nei giardini del tempio. Una volta a ridosso del luogo sacro, come tradizione impone, ci si toglie le scarpe e ci si avvicina a questo capolavoro. Ogni parete, rigorosamente 38
in marmo, è incredibilmente intagliata e scolpita in maniera precisa e dettagliata. Migliaia di statuette differenti, raffiguranti vari personaggi, si scorgono man mano ci si avvicina al tempio. All’interno, i decori continuano ovunque, anche nei soffitti, con giochi di scultura circolare che danno dei particolari effetti ottici di profondità. Incantano le scene rappresentate all’interno del tempio, una su tutte quella situata all’ingresso, in una camera tutta rivestita in oro per rendere omaggio alla divinità che vi risiede, anch’essa totalmente in oro raffigurante Swaminarayan, fondatore della corrente moderna dell’induismo, con al suo fianco i fedeli che lo onorano. Il tutto in un gioco di simmetrie e perfezioni architettoniche. E nel rispetto della tradizione induista, telefoni e apparecchi fotografici sono proibiti, pertanto l’unico scatto lo si fa da lontano, fuori dalle mura di accesso.
Imbattersi nel caos totale di Chnodni Chowk, grandissimo viale strabordante di gente da ogni lato, come all’uscita dallo stadio alla fine di un concerto di una rock star internazionale. Solo indiani! Mi giro e rigiro alla ricerca di altri “strani personaggi” quali siamo noi in quel momento e non ne vedo… Saremo gli unici occidentali in questo posto in questo momento? I 39
marciapiedi pullulano di gente che si reca negli innumerevoli negozietti di tessuti che colorano il viale.
Dei macachi usano i fili dell’elettricità come se fossero delle liane, per aggrapparsi e fare delle acrobazie; alcune di esse, invece, passeggiano tranquille sui tetti. E quando si arriva in fondo a Chnodni Chowk lo spettacolo di colori continua con il mercato delle spezie e della frutta secca… Bancarelle debordanti di noci, nocciole, e vari tipi di curry decorano una strada apparentemente sporca e degradata ma resa senza dubbio affascinante da questo fenomenale mix di sapori, odori e colori che caratterizzano questo quartiere.
Attraversare un incrocio ormai è un gioco da ragazzi! Basta essere temerari, affrontare il pericolo senza paura, non fermarsi davanti all’ostacolo macchina, tuk tuk, rickshaw o altro (sperando che quest’ostacolo abbia pietà di te), sostare qualche istante laddove l’ingorgo ti impedisce di andare avanti e proseguire non appena si trova uno spiraglio, dritto fino alla meta finale: il marciapiede opposto! Ah, dimenticavo: altamente sconsigliata questa pratica a soggetti cardiopatici o inclini a malattie cardio-vascolari… Farsi un giretto in rickshaw nel momento di massimo traffico! Un’esperienza da vivere! Il ragazzo che pedala o spinge la sua camionetta mi ricorda tanto il protagonista della “Città della Gioia”, capolavoro che rappresenta perfettamente l’immagine della società indiana delle grandi città. Si destreggia con bravura attorno agli altri mezzi di trasporto e con abile savoir faire ci conduce alla fermata della metro da dove poi facciamo capolino verso l’hotel. (Tuk Tuk - guarda il video).
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In contrapposizione a una Delhi popolare e caotica come quella di Chnodni Chowk, cenare le ultime sere del nostro soggiorno in ristoranti quali Olive, La piazza o The Qube, dopo aver pranzato a base di pollo tikka e salse di ogni tipo (rigorosamente spicy) quasi tutti i giorni, ti permette di osservare come accanto a un’India povera e di strada, accanto a un’India poverissima che mendica e dorme sotto gli alberi, c’è anche un’India ricca, ricchissima, fatta di gente di alta società, appartenente alle caste più elevate, dove le donne sbiancano la loro pelle per distinguersi dalle altre, dove gli uomini, accompagnati da autisti su auto di lusso, ostentano il loro potere e vengono salutati da parenti e amici con un saluto che mai avevo visto in passato: un inchino e una carezza alla gamba, più o meno all’altezza della tibia, segno di rispetto verso persone più anziane della famiglia. È ora di congedarsi dal Leela Palace, lo splendido hotel che ci ha accolto durante i nostri soggiorni nella capitale, dove tutto è semplicemente impeccabile; finisce cosi questa mia seconda esperienza indiana, con la consapevolezza che questo paese non smette mai di stupirmi e che mi dà sempre maggiore voglia di scoprirlo e di visitarlo. Lunedi 4 e martedì 5 gennaio
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