Notizie Pro Vita & Famiglia, n.103, genn.22, confessioni di ex abortiste

Page 1

(AUTORIZZAZIONE DEL TRIBUNALE:BZ N6/03DELL'11/04/2003) Contiene I.R.

POSTE ITALIANE SPA - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTOPOSTALE - DL353/2003 (CONV.INL27/02/2004 N. 46) ART.1 COMMA1 NE/TN

Organo informativo ufficiale dell’associazione Pro Vita & Famiglia Onlus - Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale -

Cancel Culture

CONFESSIONI DI EX ABORTISTE ANNO X GENNAIO 2022 RIVISTA MENSILE N. 103

p. 12

p. 26

p. 36

Francesca Romana Poleggi

Andrea Ingegneri

Mirko Ciminiello

Testimoni di un massacro: responsabilità e rinascita

La resistenza dei Cristiani, ovvero: vivere senza menzogna

La lunga notte


2

Notizie Pro Vita & Famiglia

«Per vivere nella verità è sufficiente ripudiare la menzogna, mai sostenere o partecipare alla menzogna. E saremo sorpresi con quale rapidità la menzogna crollerà impotente» (A. Solgenitsin, Vivere senza menzogna, 1974).


gennaio 2022

Editoriale

Comincia un nuovo anno, il decimo anno di vita della nostra Rivista. Con l’augurio di ogni bene per tutti voi, cari Lettori, vogliamo offrire un messaggio di speranza: abbiamo raccolto alcune testimonianze di donne che, dopo aver lavorato nelle cliniche abortiste, hanno eroicamente avuto la forza di abbandonare il lavoro, e la grazia di rinascere a vita nuova. Sono testimonianze che servono a svelare ancora una volta la verità sull’aborto. Per “vivere senza menzogna”. E, quindi, per raccogliere l’invito di Rod Dreher - e prima di lui del grande Solgenitsin - ad acquisire consapevolezza e reagire al tentativo di oppressione e di omologazione da parte della “dittatura del politicamente corretto” che insidia la nostra libertà in modo molto più subdolo e, se vogliamo, “dolce” rispetto

ai totalitarismi manifestamente sanguinari del secolo scorso, ma che di questi non è meno pericolosa e disumana. Vi proponiamo, poi, un altro racconto breve del nostro Mirko Ciminiello: una storia di fantasia, ma che fa pensare e che si sposa bene con il proposito di impegnarci, tutti insieme, per arginare la deriva nichilista che a volte sembrerebbe inarrestabile: «Per vivere nella verità è sufficiente ripudiare la menzogna, mai sostenere o partecipare alla menzogna. E saremo sorpresi con quale rapidità la menzogna crollerà impotente» (A. Solgenitsin, Vivere senza menzogna, 1974). Questo sia il nostro proposito per il nuovo anno, cari Lettori: «gridare dai tetti», sempre e a ogni costo, la Verità. Buon 2022!

Toni Brandi

3


4

Notizie Pro Vita & Famiglia

Sommario 3

Editoriale

6

Lo sapevi che...

8

Dillo @ Pro Vita & Famiglia

9

Versi per la vita

10

La cultura della vita e della famiglia in azione

Silvio Ghielmi

Mirko Ciminiello

Vuoi ricevere anche tu, comodamente a casa, Notizie Pro Vita & Famiglia (11 numeri) e contribuire così a sostenere la cultura della vita e della famiglia? Invia il tuo contributo: € 20,00 studente/disoccupato € 30,00 ordinario € 60,00 sostenitore € 100,00 benefattore € 250,00 patrocinatore Testimoni di un massacro: responsabilità e rinascita p.12

PRO VITA E FAMIGLIA ONLUS: c/c postale n. 1018409464 oppure bonifico bancario presso la Cassa Rurale Alta Vallagarina IBAN: IT89X0830535820000000058640 indicando: Nome, Cognome, Indirizzo e CAP


gennaio 2022

Testimoni di un massacro: responsabilità e rinascita

12

Francesca Romana Poleggi

E poi non rimase nessuno (And Then There Where None, Attwn)

24

La resistenza dei Cristiani, ovvero: vivere senza menzogna

26

Andrea Ingegneri

Pro Vita & Famiglia Onlus

34

La lunga notte

36

Mirko Ciminiello

N. 103 — Anno X GENNAIO 2022 Editore

La livella della morte e l’amore che redime Clemente Sparaco

RIVISTA MENSILE

Sede legale: via Manzoni, 28C 00185 Roma (RM) Codice ROC 24182 Redazione Lorenza Perfori, Alessandro Fiore, Francesca Romana Poleggi, Giulia Tanel Piazza Municipio 3 39040 Salorno (BZ)

In cineteca

50

www.provitaefamiglia.it Cell. 377.4606227 Direttore responsabile

In biblioteca

51

Toni Brandi Direttore editoriale Francesca Romana Poleggi Progetto e impaginazione grafica Co.Art s.r.l. Tipografia

Distribuzione Caliari Legatoria Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero: Mirko Ciminiello - Silvio Ghielmi Andrea Ingegneri - Abby Johnson Francesca Romana Poleggi Clemente Sparaco

5


6

Notizie Pro Vita & Famiglia

u

Lo sapevi che... L’impegno internazionale di ProVita & Famiglia: no al sindacato di voto Ue - Oacps Pro Vita & Famiglia, con altre associazioni di diversi Paesi europei coordinate da Ordo Iuris Institute for Legal Culture, ha firmato una Dichiarazione congiunta contro l’accordo comunitario - ideologico - tra l’Unione Europea e gli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (Oacps). Esso subordina la cooperazione dell’Ue con i Paesi Africani all’adozione di “posizioni comuni” nelle assemblee delle Nazioni Unite, costringendo così i Paesi dell’Oacps a votare

all’unisono con l’Ue. Tali “posizioni comuni” in merito alla agenda ideologica delle autorità dell’Ue (su famiglia, contraccezione, aborto e gender) spesso non sono condivise dalle popolazioni africane e centroamericane. Inoltre l’accordo potrebbe costringere i firmatari ad inserire i suddetti concetti, promossi dalle istituzioni dell’Ue, nei propri sistemi giuridici e nel contesto giuridico internazionale, creando un inaccettabile sindacato di voto in seno all’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Uno studio a favore delle terapie riparative Dappertutto, la Gaystapo impone ai politici proni all’ideologia gender di vietare le terapie riparative: voler “curare” gli omosessuali pare sia uno dei peggiori crimini contro l’umanità. Carolyn Pela e Philip Sutton hanno, invece, redatto uno studio rigoroso che spiega come la terapia per l’esplorazione della fluidità dell’attrazione sessuale e gli sforzi di cambiamento dell’orientamento sessuale se sono intraprese da un soggetto volenteroso, motivato e autodeterminato, funzionano. Ripetiamo: purché la persona

interessata sia libera e volontaria. Lo studio è stato pubblicato nel Journal of Human Sexuality e ha rivelato un miglioramento clinicamente e statisticamente significativo del benessere dei soggetti interessati. I continui avvertimenti delle associazioni di psicologi, anche nostrane, contro queste terapie sono disinformati, non professionali e persino non etici in termini di soddisfazione delle legittime esigenze di autodeterminazione dei clienti. Potremmo dire che chi vuole bandirle è decisamente... omofobo!

Irlanda: aspettare tre giorni prima dell’aborto ha salvato 3000 vite Quasi 1.500 donne, che lo avevano chiesto, hanno scelto di non abortire dopo i 3 giorni di attesa previsti dalla legge irlandese. Su un totale di 8000 richieste di aborto, si tratta di una buona percentuale.

E - nonostante la tragedia dei 6500 aborti portati a termine - 1500 bambini salvati vogliono dire anche 1500 mamme salvate dalle pesanti conseguenze della cd “interruzione di gravidanza”. Quindi, in tutto, sono state


gennaio 2022

salvate 3000 vite. Il dato è stato reso noto dai medici di base in risposta a un’interrogazione parlamentare ed è confermato da una ricerca che ha rilevato una riduzione del tasso di aborto complessivo dell’8,9%. Anche in Italia la legge richiede un periodo di attesa. Che dovrebbe essere ben visto anche dai pro choice, visto che per scegliere oculatamente è necessario del tempo per riflettere. Qui da noi, però, è invalsa la pratica di produrre certificati medici che indicano l’aborto come

7

“urgente”... Questo dato – rilevabile in continua crescita dalle relazioni ministeriali – è anomalo ed inaccettabile, perché giustificare l’urgenza per problemi di liste di attesa (dovute alla cattiva organizzazione NON alla mancanza di medici non obiettori!), o per il voler svolgere l’intervento con la Ru 486, viola quanto previsto dall’art. 5 della legge 194/1978 che parla di problemi di urgenza solo per oggettivo pericolo per la salute e/o la vita della donna

Il Cio continua a penalizzare le donne Il Cio, Comitato Olimpico Internazionale, ha pubblicato delle nuove raccomandazioni per regolare la spinosa materia della partecipazione dei trans alle competizioni con le donne vere. Ha ammesso di non aver ancora risolto la questione; ma per ora ha spostato sulle donne l’onere di dimostrare che il concorrente trans gode di un vantaggio, a prescindere dai livelli di testosterone. Dicono che nessun atleta dovrebbe essere escluso dalle gare sulla base di un “vantaggio non verificato, presunto o percepito a causa dell’aspetto fisico e/o dello status transgender”. Questa decisione

è ovviamente penalizzante per le donne. Alle Olimpiadi di Tokyo il sollevatore di pesi trans Laurel Hubbard ha gareggiato con le donne. Mentre la campionessa in carica degli 800 metri, Caster Semenya, donna vera, è stata esclusa per avere livelli di testosterone naturalmente troppo elevati (pretendevano che si “dopasse” per abbassarne il livello artificialmente!). Tocca ora alle singole federazioni dettare regole specifiche, con particolare attenzione agli sport di combattimento e di contatto. Ma questa inversione dell’onere della prova va tutta a svantaggio delle donne vere.

Eutanasia presso le pompe funebri: è pratico e confortevole! Le pompe funebri canadesi hanno scoperto un modo per guadagnare con il suicidio assistito (o eutanasia che dir si voglia). Molte volte le famiglie erano in difficoltà: dove far morire il caro congiunto, soprattutto durante l’epoca del lockdown? Serviva un luogo pulito e accogliente, non a casa, dove poi sarebbe rimasto troppo forte il ricordo... Ebbene, l’agenzia di onoranze funebri mette a disposizione una sala ad hoc

dove si possono portare musica, fiori, cibo, vino... tutto quello che serve per trascorrere lietamente le ultime ore di vita. Nella stanza in questione c’è il mobilio adatto, luci soffuse e anche un monitor per visualizzare le foto di famiglia. Alcuni hanno anche un’area salotto separata per i membri della famiglia che vogliono essere vicini, ma non al capezzale, quando arriva il momento finale.

100 mila bambini morti a causa di aborti pregressi L’aborto comporta un alto rischio di successivi parti prematuri. Un solo aborto aumenta del 30% il rischio di non riuscire a portare a termine una successiva gravidanza. Due aborti fanno aumentare questo rischio del 90%. I ricercatori stimano che più di 100.000 bambini americani siano morti dal 1973 a causa

di nascite pretermine legate a precedenti aborti. E la crisi ha influenzato in modo sproporzionato le minoranze etniche. Quasi la metà di questi morti erano bambini neri, anche se i neri rappresentano solo il 14% della popolazione americana.


8

Notizie Pro Vita & Famiglia

Dillo @ Pro Vita & Famiglia

Cara Redazione, da persona e cittadino vi ringrazio moltissimo per quanto state facendo contro l’invadenza pericolosissima dell’ideologia delle lobby Lgbt. Con la propaganda hanno dimostrato di pretendere molto di più del semplice rispetto per la loro libertà sessuale. Hanno manifestato chiaramente di pretendere di avere “figli”, anche comprandoli in modo disumano e barbaro, spesso sfruttando la povertà e la generosità di povere donne. Stanno cercando di imporlo a tutta la società italiana e occidentale, per distruggere totalmente il valore e la grandezza della famiglia che la natura ha creato e che ci ha consentito, finora, di crescere ed evolverci positivamente. Fare sparire la famiglia intesa come padre, madre e figli è cosa davvero pericolosissima per la stessa coesione ed unione nazionale, a livello sociale e civile. Lo scrivente sarà sempre al vostro fianco. Rinaldo


gennaio 2022

9

Versi per la vita PERDURA Forse nessuno sa il tempo, il modo e il dove la peste del covid 19 per quanto durerà. Ma c’è una funestissima realtà che impesta a dismisura e in tenebra fittissima perdura per via di maligna volontà. Salvar la Vita a bimbi nascituri in conto a insostenibili futuri, è marchio di incredibile ignoranza. Continua incontrastata la mattanza in tetra prospettiva malthusiana ed ogni opposizione è fiacca e vana. Lasciate ogni speranza. Adesso quel che conta è di salvar l’ambiente, il resto conta niente.

SILVIO GHIELMI classe 1926, laureato in chimica a Milano,

Master alla Harvard Business School, lunga esperienza nella produzione di materie plastiche, è il meno giovane di una famiglia numerosa (85 membri). Già cofondatore e presidente di Mani Tese, nel 1978 è stato uno dei fondatori del Movimento per la Vita. Poi, insieme a Giuseppe Garrone, mons. Michel Schooyans, Mario Paolo Rocchi e Francesco Migliori [nella foto], nel 1994 ha dato avvio al Progetto Gemma, la nota “adozione prenatale a distanza”, per sottrarre all’aborto le mamme incinte in difficoltà (le donazioni arrivano specificamente e direttamente alla persona prescelta, non si tratta di una generica questua). Diffonde queste meditazioni in versi come strumento di legame con chi resiste in difesa della verità e della vita. Lui ci ringrazia per questa pagina mensile dedicata ai suoi versi pro vita: noi ringraziamo lui e siamo onorati di ospitare il suo contributo.


10

Notizie Pro Vita & Famiglia

La cultura della vita e della famiglia in azione #AttiviamociPerIlBeneComune a cura di Mirko Ciminiello

Riportiamo in queste pagine il resoconto delle principali attività di Pro Vita & Famiglia, fino alla fine di ottobre. Come al solito, ci scusiamo se per motivi di spazio qualcosa non sarà stata riportata e qualcuno non sarà stato nominato. Ringraziamo sempre e comunque tutti i volontari che attraverso i nostri circoli sparsi in tutta Italia trasformano «la cultura della vita e della famiglia in azione».

Friuli-Venezia Giulia Il 21 novembre, a Trieste, in occasione della “Festa cittadina tradizionale della Madonna della Salute”, il nostro Stefano ha collaborato all’organizzazione di una processione per invocare la protezione della Vergine Maria sulla città e sull’Italia intera.

Trentino-Alto Adige Il 15 novembre, i responsabili del locale Circolo territoriale di ProVita & Famiglia hanno stigmatizzato la pubblicità fatta dall’Istituto Comprensivo Alta Vallagarina a un evento gender del MUSE - Museo delle Scienze. È seguita una petizione per chiedere che il Consiglio della provincia Autonoma di Trento emani una legge provinciale sulla libertà educativa. Il 18 novembre, il nostro volontario Francesco ha denunciato il finanziamento, da parte dall’Ufficio Cultura della Provincia Autonoma

di Bolzano, di un progetto gender destinato alle scuole medie e ai licei bolzanini.

Veneto L’11 novembre, il locale Circolo territoriale di ProVita & Famiglia ha espresso solidarietà a don Antonio Ziliotto, San Zenone degli Ezzelini (TV), cui è stato impedito di celebrare una Santa Messa di ringraziamento per la bocciatura del ddl Zan.

Emilia-Romagna Il 15 novembre, è stata rilanciata la campagna di affissioni contro l’ipersessualizzazione dei minori sui media, con l’appoggio di diverse altre associazioni. Il 20 novembre, a Bologna, i nostri volontari Francesco e Matteo hanno organizzato un’edizione del progetto “Un Dono per la Vita”, con la consegna di accessori per l’infanzia a mamme che stanno affrontando o hanno affrontato una


gennaio 2022

11

Lombardia

Il 9 novembre, Jacopo Coghe ha moderato il webinar “Eutanasia e suicidio assistito: Alleviare o sopprimere? Restiamo umani!”.

Il 12 novembre, a Bergamo, Jacopo Coghe ha partecipato con Massimo Gandolfini al convegno “Il dovere di morire”, organizzato dalle nostre volontarie Elena e Anna in collaborazione con altre Associazioni pro life.

Il 14 novembre, la nostra volontaria Barbara ha allestito, a Roma, un banchetto informativo su eutanasia, suicidio assistito e ipersessualizzazione, con distribuzione di materiale e raccolta firme per varie petizioni.

Il 15 novembre il circolo di Bergamo ha denunciato un progetto Lgbt in un liceo pubblicizzato su Facebook e poi rimosso dal social.

Il 22 novembre, Maria Rachele Ruiu è intervenuta alla presentazione del libro “La famiglia non si tocca”, in diretta sulla pagina Facebook e sul canale YouTube dell’Associazione Family Day Difendiamo i Nostri Figli.

gravidanza in difficoltà, non solo economiche.

Piemonte Il 18 novembre, a Torino, la nostra volontaria Angela ha espresso il sostegno di Pro Vita & Famiglia per la decisione della Regione Piemonte di destinare a un servizio per persone non udenti dei fondi originariamente stanziati per corsi di propaganda Lgbt.

Lazio Il 27 ottobre, a Roma, conferenza stampa di ProVita & Famiglia davanti all’ingresso di Palazzo Madama per invitare senatori e leader di partito a votare compatti in Aula contro il ddl Zan.

Il 23 novembre, ProVita & Famiglia, assieme ad altre associazioni di diversi Paesi europei coordinate da Ordo Iuris Institute for Legal Culture, ha firmato una dichiarazione congiunta contro l’accordo tra la Ue e gli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (Oacps), che subordina la cooperazione di questi ultimi con Bruxelles all’adesione all’agenda anti - vita e anti-famiglia delle istituzioni comunitarie.

Il 28 ottobre e il 18 novembre Francesca Romana Poleggi ha parlato su Radio Buon Consiglio sul tema dell’ipersessualizzazione dei minori e sui “diritti” degli animali. Il 29 ottobre, Jacopo Coghe e Maria Rachele Ruiu organizzano la diretta Instagram “Perché odio? Rispondiamo alle domande sul ddl Zan”. Il 2 novembre, Maria Rachele Ruiu è ospite assieme ad Anna Bonetti di “Pensiero Ribelle Podcast”, per parlare di aborto e ddl Zan in diretta su Twitch. Il 3 novembre, a Roma, Jacopo Coghe ha incontrato il Ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti e gli ha consegnato brevi manu il dossier con le firme della petizione di ProVita & Famiglia contro l’ipersessualizzazione dei minori sui media.

Proteggi abbastanza i tuoi figli?

#tuteliamoli in rete p r o v i t a e f a m i g l i a . i t

Più di un bambino su quattro fra gli 11 e i 16 anni, con un profilo sui social, ha sperimentato qualcosa di sconvolgente l’anno scorso. Ma solo il 22% di loro ne ha parlato con qualcuno. Campagna di Pro Vita & Famiglia Onlus contro la sessualizzazione dei minori sui media.


12

Notizie Pro Vita & Famiglia

Testimoni di un massacro: responsabilità e rinascita Francesca Romana Poleggi

Abbiamo raccolto le testimonianze di diversi operatori sanitari che hanno lavorato in strutture dove si pratica l’aborto. Sono testimoni di un orrore che per un certo tempo, per un motivo o per un altro, hanno voluto e potuto ignorare. Sono testimoni del massacro di bambini innocenti, delle profonde ferite che le madri portano per sempre, e dei seri problemi psicologici che devono affrontare anche gli stessi medici e paramedici coinvolti nella crudele pratica. Del resto, è acclarato che la sindrome post abortiva non colpisce solo madri e padri, ma anche altri parenti e altre persone coinvolte nell’aborto: i chirurghi e gli infermieri mostrano spesso gli stessi sintomi dello stress post traumatico (Ptsd) che colpisce i soldati reduci dal fronte dove hanno ucciso. Ma i soldati hanno rischiato di essere uccisi a loro volta, mentre gli operatori sanitari hanno procurato (o assistito) la morte di piccoli innocenti

Maria Conosciamo il vero nome e il cognome di questa signora che chiameremo Maria. E sappiamo anche in quale struttura sanitaria ha lavorato. Riteniamo giusto, però, rispettare il suo diritto alla riservatezza e i nostri Lettori lo comprenderanno bene. Le testimonianze che

Credo di aver vissuto l’inferno.

seguono non sono anonime, ma sono più lontane nel tempo e nello spazio.

«

Avevo 23 anni quando ho cominciato a lavorare in quella struttura sanitaria come infermiera generica. Era proprio la mia vocazione. Ed ero particolarmente felice quando mi assegnarono al reparto maternità. Era una gioia veder nascere i bambini. Tutto cambiò nel ‘78, perché in quel reparto cominciarono a fare aborti. Alle donne dicevano sistematicamente che era solo “un grumo di sangue” e che non c’era vita, in quella “cosa” che si andava ad eliminare. Non veniva fatta alcuna consulenza psicologica, né prima né dopo l’aborto. Il “consenso informato”


gennaio 2022

13

E al Cav ho potuto salvare diverse donne e i loro bambini. Sono riuscita a far capire loro che abortire vuol dire strapparsi via un pezzo di se stesse. non parlava affatto delle conseguenze avverse, fisiche e psichiche, che potevano capitare. Anche io ci credevo. O - meglio - ci volevo credere. E mi convincevo che io stavo solo facendo il mio lavoro e non ero io a fare materialmente quelle cose. Ma da quando ho cominciato ad assistere agli aborti ho cominciato a star male, a stare sempre male. Nella mia vita, fuori di lì, c’era sempre qualcosa che non andava. Ero profondamente infelice. Vedevo venire ad abortire tante ragazzine, accompagnate dalle madri. Mi ricordo una che avrà avuto massimo 15 anni. La madre ci diceva: “Mi raccomando, siate delicati, la bambina non sa niente. Sa che deve fare un piccolo intervento perché non le viene più il ciclo”. Dopo tre o quattro mesi ce la vediamo di nuovo davanti. Allora le chiediamo perché è tornata ancora. E la “bambina” ha risposto: “Mamma crede che sono cretina... ma a me piace fare l’amore!”. Noi abbiamo cercato di spiegarle che abortire non era come tagliarsi i capelli. Ma che peso potevano avere le nostre parole in quel contesto familiare? Un’altra donna tra quelle che ricordo nitidamente è una che era venuta sola, sola come un cane, ed è scappata come una ladra... Vedevo spesso le stesse donne andare e venire più volte, con una cinica spensieratezza. Io, però, continuavo a star male, sempre a disagio. Mi sono allontanata dalla Chiesa. Tutto intorno a me era brutto. Credo di aver vissuto l’inferno. E non c’ero solo io, in quell’inferno. I medici, l’anestesista… erano costretti dal bisogno di lavorare. Solo qualcuno ha avuto il coraggio di andarsene. Tutti soffrivano lo stress e il disagio.

Ci si prova a distaccarsi, a dirsi che si sta facendo un lavoro e non si fa male a nessuno. Ma dentro c’è un malessere che non capisci, ma che non ti lascia mai. Un momento particolarmente terribile fu quando rimasi incinta di due gemelli e fui ricoverata per minacce d’aborto. E persi i miei bambini. Mentre stavo lì sul letto col cuore spezzato, una giovane vicino a me mi diceva che non era niente: lei era al suo settimo aborto. Un secondo momento tremendo è stato quando incontrai lo sguardo di una certa paziente che era lì per abortire. Uno sguardo supplicante, che chiedeva aiuto. Cercava qualcuno che le dicesse di non farlo. Quegli occhi mi hanno scosso così profondamente che ho capito che non potevo più lavorare là. Ma ho dovuto affrontare tante difficoltà. Ero brava. Lavoravo senza risparmiarmi, con attenzione e velocità. Ma per dispetto, perché non volevo più stare nel reparto maternità, mi hanno messo a fare i turni più pesanti. È stata dura. Un giorno una mia vicina mi convinse ad accompagnarla a Messa e mi presentò alle sue amiche. Una di loro percepì il mio malessere e, senza chiedermi il perché, mi disse se poteva pregare per me. Da quel momento mi sono riavvicinata alla Chiesa. Conobbi un sacerdote che mi disse: “Dio ti ama”. E che dovevo smetterla di giudicarmi per quello che avevo fatto: l’unico Giudice è Dio misericordioso. Nella sua parrocchia ho poi conosciuto un Cav, un Centro di Aiuto alla Vita. Ci lavoro come volontaria da quando sono andata in pensione. E al Cav ho potuto salvare diverse donne e i loro bambini. Sono riuscita a far capire loro che


14

Notizie Pro Vita & Famiglia

abortire vuol dire strapparsi via un pezzo di se stesse. Mi ricordo una madre di tre figli che voleva prendere la Ru486: non poteva permettersi un altro bambino. Dopo tanti incontri e tanti colloqui, le ho detto: “Invece di eliminare questo nella pancia, perché non uccidi uno di quelli che è nato? Quale ammazzeresti?”. Ha rinunciato all’aborto. Oggi, a distanza di otto anni ancora ci sentiamo e ancora mi ringrazia. Mai una donna di quelle che abbiamo aiutato ad accettare il figlio si è pentita di averlo fatto nascere. Anzi ci mandano le amiche e le amiche delle amiche che si trovano in difficoltà. I volti di queste donne e dei loro bambini, hanno curato le ferite lasciate nel mio cuore da quell’inferno. E spero tanto che questa mia storia possa servire a salvare almeno un’altra mamma e il suo bambino. Ogni piccola vita ha un valore infinito .

»

Judith Feltrow Pro choice convinta, ha lavorato come volontaria in una clinica Planned Parenthood a Freemont e poi è stata assunta ad Hayward, in California (nella foto), finché non ha incontrato un certo sidewalk counselor...

«

Mi ci sono volute sei settimane di lotta faticosa con me stessa per prepararmi il discorso che sto per fare. Mi sono resa conto che ancora non sono guarita. L’aborto fa male. Lascia cicatrici. Il mio aborto mi ha ferito. Gli aborti a cui ho partecipato mi hanno ferito. Prima di convertirmi ero una femminista agguerrita, un membro della sinistra radicale. Bisogna capire le donne che lavorano per la Planned Parenthood. Donne devote ai diritti

delle donne e quindi all’aborto. Devote in modo totale, quasi religioso. La clinica era la nostra chiesa, l’aborto era il sacramento, i bambini erano il sacrificio. Nella clinica eravamo adoratori dei diritti delle donne e della loro libertà riproduttiva. Il nostro credo era: “Non ci sono conseguenze, non c’è peccato. L’aborto libera le donne”. Questa è in realtà una delle più grandi bugie dell’ideologia femminista. Così le donne finiscono per pagare un prezzo molto alto emotivamente, fisicamente e spiritualmente. Ho visto spesso donne ferite dall’aborto. Tuttavia, i miei capi dicevano che chi ha un problema dopo l’aborto, è perché aveva un problema prima dell’aborto. Quindi incolpavo le donne, se stavano male. Come se avere conseguenze emotive post aborto fosse una colpa.

Lavorare all’aborto ha lasciato una cicatrice sulla mia anima e pago ancora un caro prezzo: non riesco a vivere in pieno i sentimenti e sono emotivamente distaccata da tutto.


Quelli che lavorano nelle cliniche per l’aborto dicono di sostenere il diritto alla “scelta” delle donne, ma dicono anche che non vogliono vedere le manine e i piedini minuscoli dei bambini abortiti. Non vogliono affrontare le conseguenze delle loro azioni.

È difficile lavorare in una clinica per aborti per un certo periodo di tempo e continuare a credere che sia una procedura sicura. Anche con i migliori medici, l’aborto comporta infinite complicazioni minori e talvolta “maggiori”. Ho visto perforare l’utero di una donna e poi mentire sulla gravità della perforazione (una cosa che può rivelarsi fatale). Spesso le donne ritornavano con gravi infezioni causate da aborti incompleti, specialmente quando capitavano con medici giovani in fase di formazione. Una volta ho visto una donna che ha smesso di respirare durante l’aborto. Il medico è uscito dalla stanza nonostante gli dicessi che la paziente non respirava: mi ha lasciato sola con lei. Quando è stato costretto a tornare, non ha nemmeno seguito il protocollo di emergenza per quella situazione. È stato un miracolo che quella donna non sia morta. È estremamente difficile sopportare di vedere medici mentire e impiegati della clinica nasconderlo. Ho sentito storie orribili di donne trascinate fuori dalle cliniche per

morire in auto mentre correvano all’ospedale. È stato inevitabile che cominciassi a chiedermi se ci stessimo davvero prendendo cura delle donne o se stessimo semplicemente lavorando per un’impresa il cui unico interesse era raggiungere un obiettivo aziendale. Nonostante quello che appare, quelli che lavorano nelle cliniche hanno sentimenti molto contrastanti sull’aborto. Dicono di sostenere il diritto alla “scelta” delle donne, ma dicono anche che non vogliono vedere le manine e i piedini minuscoli dei bambini abortiti. Non vogliono affrontare le conseguenze delle loro azioni. E se anche si può riuscire a evitare di vedere i corpicini macellati dei bambini, non c’è modo per immunizzarsi dall’odore del sangue che permea la clinica in quei giorni. Alla Hayword io ero addetta a “sistemare” i bambini abortiti. Ho dovuto guardarli. Ho dovuto metterli in scatola. Nessuno voleva fare questo lavoro. Non avrei voluto farlo neanche io, ma non sopportavo di vedere che i piccoli fossero trattati in modo irrispettoso. Mi sono, però, messa di fatto di fronte a cosa


16

Notizie Pro Vita & Famiglia

Le spillette dei “Piedini preziosi”, che possiamo spedirvi contro offerta se lo desiderate, riproducono fedelmente (1:1) i piedini di un bambino concepito da dieci settimane. È stato il dottor Russel Sacco che nel 1970 scattò questa foto delle minuscole membra, grazie ad un amico anatomopatologo che lo convinse così dell’umanità del concepito.

sia davvero l’aborto: la morte di un minuscolo essere umano. Ho dovuto guardare le manine e i piedini minuscoli. Ci sono stati momenti in cui avrei voluto piangere. Per mantenere la mia salute mentale, ho stabilito un rituale personale per il lutto. Ho detto le preghiere per i morti. Ho anche chiamato per nome ogni bambino quando lo mettevo nel contenitore dei rifiuti. E c’erano giorni in cui andavo a casa e pensavo: “Questo non è giusto”. C’erano due tipi di donne che lavoravano lì. Alcune avevano trovato un modo per affrontare il costo emotivo e spirituale del loro lavoro. Altre si erano chiuse emotivamente. Erano morti viventi. Potevi guardarle negli occhi e vedere che erano emotivamente

L’aborto fa male. Lascia cicatrici. Il mio aborto mi ha ferito. Gli aborti a cui ho partecipato mi hanno ferito.

morte, non disponibili per se stesse o per chiunque altro. Decisi che non sarei diventata una di loro. Ciò significava che dovevo ammettere a me stessa che la vita iniziava al momento del concepimento e che ciò che facevamo era un omicidio. Questo ha letteralmente aperto la strada alla mia salvezza. Tuttavia, lavorare all’aborto ha lasciato una cicatrice sulla mia anima e pago ancora un caro prezzo: non riesco a vivere in pieno i sentimenti e sono emotivamente distaccata da tutto. Fortunatamente, Dio ha mandato un attivista pro-vita a fare il sidewalk couselor fuori dalla clinica un giorno in cui non facevamo aborti. Quest’uomo non mi ha giudicata, non mi ha condannata. È stato amichevole con me. Mi ha detto il suo nome e ha chiesto il mio nome. Mi ha parlato di quanto freddo avesse davanti alla clinica in pantaloncini corti. Mi ha dato una cassetta di Carol Everett [un’altra ex impiegata di Planned Parenthood che si è convertita e ha cambiato vita, NdR]. Mi ha invitato ad andare in chiesa con lui e quando ho detto di no, mi ha invitato a prendere un caffè con lui. Era sempre amichevole. Mi ha offerto accettazione incondizionata. C’è voluto del tempo. C’è voluta una dedizione enorme e ci è voluta la pazienza di un santo. Ma nel


gennaio 2022

corso di diverse settimane abbiamo sviluppato un’amicizia ed è nata una certa fiducia reciproca. Ha chiesto alle persone della sua comunità di pregare per me e lo hanno fatto. Ho visto un amore in quelle persone che non avevo mai visto prima e volevo anche io quell’amore. Dio ha preso un cuore di pietra e ha cominciato a trasformarlo in un cuore di carne. La Planned Parenthood vorrebbe che i prolife fossero intimoriti, inibiti, in modo da “non disturbare il personale”. La Planned Parenthood dice bugie, intenta azioni legali, ordini restrittivi, ingiunzioni e ricorre ad ogni mezzo per tenerli lontani dalle cliniche. Lo fanno perché una presenza pro vita è molto efficace. Gli roviniamo gli affari. Gli roviniamo il personale. Il personale della Planned Parenthood è stato istruito a non parlare con i pro life, perché troppo personale ascoltando la verità si è pentito e ha abbandonato. Nella mission della Planned Parenthood c’è scritto che “crede che tutti gli individui abbiano il diritto fondamentale di gestire la propria fertilità e che l’autodeterminazione riproduttiva debba essere volontaria e privata”; crede che tale autodeterminazione “migliori la qualità della vita, la forza , relazioni familiari e contribuisca alla stabilità della popolazione”. Afferma di seguire “i più elevati standard di condotta etica e professionale”. E però la maggior parte delle cliniche Planned Parenthood si trova in quartieri economicamente disagiati: continuano la selezione eugenetica pianificata da Margaret Sanger (la fondatrice di Planned Parenthood, NdR). Che ne siano consci o inconsci,

Era un bambino, erano tutti bambini. Avevo partecipato all’omicidio di quasi 1.000 bambini.

la Planned Parenthood sta uccidendo le minoranze con la benedizione della sinistra liberale. Si tratta di genocidio, dell’uccisione sistematica di gruppi razziali, politici e culturali. Dio non permetterà che questo continui. A noi chiede di impegnarci in tal senso .

»

Kathy Sparks Ha sempre desiderato di diventare un’infermiera. Amava vedere i bambini nascere. Poco dopo il matrimonio ha avuto una bambina, ma si trovava in condizioni economiche disagiate per cui ha sospeso gli studi ed è andata a lavorare. Le è stato offerto, grazie a un amico, un posto nella clinica per aborti Hope Abortion Center, in Illinois. Era “pro choice” ed era felice di poter lavorare in campo medico senza una laurea, quindi ha accettato.

«

Mi hanno assunto principalmente per assistere il medico durante gli aborti, ma ho potuto lavorare in ogni singolo reparto di quella clinica. All’inizio rispondevo al telefono e prendevo gli appuntamenti. Poi sono stata addestrata a fare cose interessanti, come misurare la pressione sanguigna: mi piaceva il mio lavoro. Avevo il camice bianco. Il mio desiderio di fare l’infermiera si stava in qualche modo realizzando. Non vedevo quanto fosse malvagio l’aborto, non mi dava affatto fastidio. Quando ho assistito per la prima volta a un aborto, non l’ho vissuto diversamente dalla dissezione di una rana durante una lezione di biologia. Avevo i paraocchi, come molte

17


18

Notizie Pro Vita & Famiglia

persone coinvolte nell’industria dell’aborto. Parte importante in questa clinica era la consulenza. Ho assistito una consulente “bravissima”: riusciva a capire qual era il punto di pressione che induceva la donna ad abortire. E poi era in grado di amplificarlo. Se per esempio una ragazza diceva che i suoi genitori “l’avrebbero uccisa”, e lei non sapeva come dir loro che era rimasta incinta, la consulente la rassicurava: “Non c’è bisogno di dirglielo, ecco perché c’è l’aborto, vogliamo aiutarti, questa è la risposta ai tuoi problemi”. Se il problema era economico, spiegava quanto costano gli articoli per bambini. La consulenza era così efficace che 99 donne su 100 andavano avanti e abortivano. Successivamente ho lavorato nella sala di risveglio, quindi nella stanza di pulizia. La stanza di pulizia era la parte peggiore della clinica: lì portavano i resti dei bambini. Quelli più piccoli, fino a 12 o 13 settimane, li mettevamo in un barattolo, li etichettavamo e li mettevamo in uno scatolone che andava al

laboratorio di patologia. Ho cominciato ben presto a drogarmi e a bere: stavo molto, molto male. Quando i bambini venivano messi nei barattoli, li facevamo girare e guardavamo i piccoli arti che galleggiavano. Per quanto possa sembrare un comportamento malato, è così che è stato, ed è così che è: e sta avvenendo in molti posti in questo preciso momento. E così andavo avanti, giorno dopo giorno, e le cose si stavano mettendo molto male nella mia vita. Tutto il male a cui avevo partecipato mi stava uccidendo dentro. Ed entravo ogni giorno in clinica senza sapere cosa stessi facendo alla mia anima. Una sera ho avuto una crisi nervosa. Mi sono rivolta a mia suocera, che consideravo una matta bigotta, in preda alla disperazione. Ci siamo sedute in veranda e lei mi ha raccontato tutto di Gesù Cristo. Quella notte, era il 28 luglio, abbiamo pregato insieme e ho dedicato la mia vita a Gesù Cristo.

Quando ho assistito per la prima volta a un aborto, non l’ho vissuto diversamente dalla dissezione di una rana durante una lezione di biologia. Avevo i paraocchi, come molte persone coinvolte nell’industria dell’aborto.


gennaio 2022

Ma per tre mesi ho continuato a lavorare alla clinica per aborti. Un giorno faceva un freddo cane. Non riuscivo a scaldarmi. Ero gelata fino alle ossa. È stato incredibile perché nessun altro sembrava accorgersi del freddo. Uno dei primi aborti fatti quel giorno è stato su una donna incinta di 23 settimane. Lei giaceva sul tavolo. Era una persona di costituzione regolare e aveva una bella pancia. E ho pensato che no, non poteva esserci dentro un bambino così grande! Tremavo, ero nervosa. L’abortista ha iniziato la procedura. Ha iniziato a dilatarla e le ha rotto le acque. Una procedura che normalmente richiede da cinque a otto minuti ha richiesto un’ora. La donna soffriva moltissimo. Urlava. L’infermiera le urlava a sua volta di tacere perché nella sala d’attesa si sentiva tutto. Le ossa del bambino erano troppo sviluppate per la curette, quindi il medico ha dovuto estrarre il bambino con una pinza. Lo ha tirato fuori in tre o quattro pezzi. Ho preso quel bambino che era stato disteso sul tavolo. Lo ho portato nella stanza delle pulizie e ho cominciato a piangere, in modo incontrollabile. Era un bambino, erano tutti bambini. Avevo partecipato all’omicidio di quasi 1.000 bambini. Ho pianto e pianto. Quel faccino era perfettamente formato; i suoi occhietti erano chiusi, tutto era perfetto in quel bambino. Un’infermiera è venuta a vedere cosa mi stava succedendo. Mi ha guardato, ha chiuso la porta ed è andata a chiamare la direttrice della clinica. Questa è entrata, ha chiuso la porta dietro di sé e ha cominciato a rimproverarmi: “Rimettiti in sesto, sei una professionista…”. Poi ha preso il bambino e lo ha buttato nel water. Le ho detto che non potevo più lavorare così, sarei rimasta a fare le pulizie. Quella sera ho raccontato a mio marito l’intera esperienza. Non sapevo cosa fare, avevamo migliaia di dollari di debiti. Abbiamo pregato: “Signore, se mi vuoi fuori da quel posto, parlami e so che andrà tutto bene, e me ne andrò, Signore”. La mattina dopo alla clinica per aborti, stavo lavorando nella stanza delle pulizie ed è entrata la direttrice. Era turbata e mi disse

che aveva fatto un sogno che sembrava reale: aveva sognato che io le dicevo che dovevo lasciare il posto a causa della mia religione. Le ho risposto che era un sogno, ma che ora diventava realtà: “Devo andarmene ed è a causa della mia religione”. Ho lasciato la clinica ed è stato un sollievo incredibile. Mi ci sono voluti almeno sei mesi prima di capire che il Signore mi aveva perdonato. Mi ci sono voluti sei mesi prima di poter accettare davvero il Suo perdono. Poi sono diventata una nuova creatura. Quella vecchia era morta per sempre .

»

Joan Appleton Joan Appleton era una femminista, attiva nell’Organizzazione nazionale per le donne (Now). Ha accettato un lavoro presso la Commonwealth Women’s Clinic di Fall’s Church, in Virginia.

«

Come infermiera pensavo di avere una meravigliosa opportunità: ero una ferma sostenitrice del diritto alla scelta e potevo effettivamente mettere in pratica le mie convinzioni politiche. Una delle cose che mi infastidiva era che l’aborto fosse un trauma emotivo per le donne e che fosse una decisione così difficile da prendere. Se era giusto, perché era così difficile? Consigliavo le donne così bene, erano così sicure della loro decisione, quindi perché ritornavano mesi o anni dopo, ridotte a relitti psicologici? Tutti negavamo che esista qualcosa di simile alla sindrome

19


20

Notizie Pro Vita & Famiglia

post aborto. Eppure, le donne ritornavano, ridotte malissimo. Non potevo negare la loro esistenza. Un’altra cosa che mi ha disturbato profondamente è stato l’aver visto un aborto con l’ecografia, probabilmente all’inizio del secondo trimestre. Io facevo l’ecografia mentre il medico eseguiva la procedura. Lo dirigevo mentre guardavo lo schermo. Ho visto il bambino che cercava di allontanarsi dagli strumenti chirurgici. Ho visto il bambino aprire la bocca. Avevo visto il documentario “The Silent Scream”, ma non mi aveva colpito. Per me era solo propaganda pro life. Non potevo però negare quello che stavo vedendo sullo schermo con i miei occhi.

Quando tutto finì tremavo, letteralmente, ma sono riuscita a rimettermi in sesto e a continuare il lavoro della giornata. I medici che lavoravano lì erano principalmente medici alle prime armi: avrebbero praticato aborti fino a quando non avessero avuto abbastanza soldi per aprire il proprio studio privato. Oppure erano medici non proprio bravi che facevano aborti per pagarsi l’assicurazione che li copriva per gli errori che commettevano con i loro pazienti. Non ho mai e poi mai conosciuto un medico, nei cinque anni in cui sono stata lì, che credesse che l’aborto fosse un diritto della donna. Intanto ero sempre più impegnata politicamente. Eravamo una clinica che forniva un servizio completo. Ci siamo

Non ho mai e poi mai conosciuto un medico, nei cinque anni in cui sono stata lì, che credesse davvero che l’aborto fosse un diritto della donna.


gennaio 2022

occupati di tutti i tipi di malattie sessualmente trasmissibili, controllo delle nascite, preservativi, tutto. Ho iniziato a collaborare con Planned Parenthood e Naral (National Abortion Rights Action League) . Quando sono stata incaricata di distribuire le pillole anticoncezionali alle donne che avevano abortito ho imparato il vero business dell’industria dell’aborto: davamo pillole a basso contenuto di estrogeni con un tasso di fallimento del 30%. Quindi, il trenta percento delle donne sarebbe tornata per abortire di nuovo. E ci “dimenticavamo” di dire che se si prendono degli antibiotici, la reazione chimica tra la pillola anticoncezionale e l’antibiotico rende la pillola anticoncezionale inutile: un altro 20% sarebbe tornato. Quando ho iniziato l’attività di consulenza c’erano sette tipi di malattie sessualmente trasmissibili. Adesso sono venti. (“Ma non preoccuparti, puoi tornare da noi anche per le infezioni. Ovviamente ti daremo noi degli antibiotici” e così avremmo avuto un altro dieci, quindici per cento che sarebbe tornato per abortire!). Andavamo nelle scuole a insegnare il “sesso sicuro” con la consapevolezza che avremmo incentivato i rapporti sessuali precoci e una certa percentuale di ragazze sarebbe venuta poi ad abortire. Un’altra percentuale di maschi e femmine sarebbero venuti per farsi curare le malattie sessualmente trasmissibili (diciamo di usare il preservativo, ben sapendo che il virus dell’Aids è 100 volte più piccolo dello sperma). A un certo punto ho dovuto fermarmi. Non mi piaceva quello che stava succedendo. Non mi piaceva quello che stavamo facendo per le donne. Se era giusto, perché soffrivano? Sono andata a parlare con una sidewalk counselor, Debra. Ho iniziato a fare domande. Abbiamo parlato e parlato. Siamo diventate amiche...

»

Kathi Aultman La dott.ssa Kathi Aultman è oggi ricercatrice associata presso il Charlotte Lozier Institute e membro dell’American Association of Pro Life

Obstetricians and Gynecologists. Ho ucciso più persone di Ted Bundy. Accettare il fatto che ero un’assassina seriale professionista è stato devastante, ma era la verità. Ho iniziato la mia carriera di medico credendo negli slogan secondo cui le donne devono avere il controllo totale sui loro corpi e che è irresponsabile e immorale portare bambini indesiderati in un mondo sovrappopolato. Io stessa, prima di entrare all’università ho scelto l’aborto. Scoprii presto che gli aborti possono essere molto redditizi. Quando ho lavorato come abortista nei fine settimana, guadagnavo più soldi di quelli che avrei guadagnato lavorando al pronto soccorso. Rimanevo sbalordita dalla perfezione delle piccole dita delle mani e dei piedi, ma trattavo i resti fetali come qualsiasi altro campione medico, senza alcuna emozione. Ho eseguito aborti nel secondo trimestre, col metodo dilatazione e smembramento; ho anche eseguito aborti

«

21


22

Notizie Pro Vita & Famiglia

Ted Bundy (1946 – 1989) è stato un serial killer americano che dopo più di un decennio di smentite, ha confessato di aver rapito, violentato e ucciso 30 donne, giovani e giovanissime, in sette Stati tra il 1974 e il 1978. Ma gli inquirenti ritengono che in realtà egli ne abbia uccise molte di più.

mentre ero incinta. La differenza era chiara per me in quel momento: il mio bambino era desiderato; i bambini delle mie pazienti non lo erano. Non ho visto alcuna contraddizione in questo.

L’unica volta che ho messo in dubbio il mio lavoro è stato durante il mio servizio nel reparto di terapia intensiva neonatale, quando mi sono resa conto che stavo cercando di salvare bambini che avevano la stessa età di alcuni dei bambini che facevo abortire. Tre pazienti hanno cambiato la mia vita professionale. Mi stavo preparando a eseguire un aborto quando mi sono resa conto che ne avevo già eseguiti tre in passato su quella stessa paziente: stava usando l’aborto come anticoncezionale. Ho protestato, ma mi sono sentita dire dal mio capo che non avevo il diritto di negarglielo. Gli risposi: “Facile da dire per te, non sei tu quello che sta uccidendo”. Uccidevo? Quella mia risposta mi ha sorpreso davvero. La seconda paziente era una giovane donna accompagnata da un’amica che le ha chiesto se dopo voleva vedere il “grumo di cellule”, e lei ha risposto con rabbia che no, voleva solo ucciderlo. “Cosa ti avrà mai fatto questo bambino?” mi chiesi. Ancora una volta rimasi sorpresa dalla mia reazione. Non avevo mai pensato ai “grumi di cellule” come a dei bambini prima di allora. Ma è stata una madre di quattro figli che sentiva di non poter allevare un altro bambino a farmi piangere. Ha pianto prima, durante e dopo la procedura. È stato il dolore di una donna che conosceva la gravità morale di ciò che stava facendo a mettere fine alla mia carriera abortista. Ho smesso quindi, di fare aborti, ma sono rimasta pro choice. Nel corso del tempo, però, ho visto fiorire giovani pazienti che avevano scelto di non abortire, e pazienti più anziane e più colte che avevano abortito sviluppare seri problemi psicologici. A poco a poco, ho iniziato a vedere

Ho ucciso più persone di Ted Bundy. Accettare il fatto che ero un’assassina seriale professionista è stato devastante, ma era la verità.


23

gennaio 2022

la fragilità della narrativa femminista secondo cui l’aborto dà potere alle donne. Alla fine, non potevo più ignorare la consapevolezza che l’unica cosa che decideva il destino di un bambino era il fatto di essere voluto o no. La vita o la morte di un essere umano non dovrebbe essere decisa in modo così arbitrario. Sono diventata pro life. Per anni, molte cliniche per aborti sono riuscite a farla franca pur con pratiche scadenti che a nessun altro centro chirurgico sarebbero mai perdonate. Questo è sicuramente dovuto al fatto che i medici, la pubblica amministrazione e le forze dell’ordine temono di essere accusati di limitare l’accesso all’aborto, se mettono sotto inchiesta le cliniche. Una ex manager di una di quelle strutture mi ha detto che le era stato ordinato di usare il detersivo per piatti per pulire gli strumenti quando erano rimasti senza l’apparecchio per la disinfezione, così non avrebbero dovuto chiudere mentre veniva riparato. Del resto le ispezioni, in più Stati, hanno rilevato che le cliniche non disinfettano adeguatamente i loro strumenti. Una paziente che è venuta da me per le complicazioni di un aborto tardivo ha detto di essere stata tenuta in una stanza fredda durante tutta la notte, senza una coperta, dopo che le hanno indotto il travaglio. È stata

I “sidewalk counselor” (consulenti da marciapiede) stazionano nei pressi delle cliniche abortiste. Pregano e offrono una buona parola ai passanti, in particolare alle donne che vogliono abortire e al personale delle cliniche.

costretta a partorire in un bagno, la mattina dopo, e ha visto il suo bambino ancora vivo annegare. Come ginecologa di guardia al pronto soccorso, ho curato personalmente le donne che presentavano gravi complicazioni post aborto, tra cui emorragie potenzialmente letali e infezioni. Nessuno, da nessuna clinica per aborti ha mai chiamato per darci informazioni sulle pazienti che mandavano al pronto soccorso. Uno dei motivi per cui viene detto che certi standard di sicurezza non sono necessari è perché “l’aborto è sicuro”, ma in realtà non conosciamo il vero numero di donne che hanno avuto complicazioni. Solo 28 Stati richiedono di segnalare le complicazioni post aborto e non sono tenuti a presentare i dati ai Centri federali per il controllo e la prevenzione delle malattie. Le cliniche per l’aborto non vogliono dare queste informazioni e spesso hanno portato gli Stati in tribunale per evitare di dover fare queste segnalazioni. Eppure gli americani sono rimasti inorriditi quando sono state scoperte le condizioni in cui si facevano gli aborti nella clinica di Kermit Gosnell (che poi è stato condannato), e sono rimasti scioccati quando si è diffusa la notizia che Ulrich Klopfer aveva accumulato migliaia di feti abortiti nel suo garage e violato innumerevoli standard etici, medici e legali .

»


24

Notizie Pro Vita & Famiglia

E poi non rimase nessuno (And Then There Where None, Attwn) La chiave per trovare la pace è a portata di mano

Il titolo del celeberrimo romanzo giallo di Agatha Christie (noto anche come Dieci piccoli Indiani) è stato mutuato da un’associazione pro life davvero speciale. Molti conoscono e hanno visto il film Unplanned, la storia di Abby Johnson, ex direttrice di una clinica Planned Parenthood, che si è convertita e ha avuto il coraggio e la forza di abbandonare una carriera oltremodo redditizia per dedicarsi alla difesa della vita. Non molti sanno che la Johnson ha fondato And Then There Were None (Attwn), un’organizzazione no profit la cui mission è aiutare chi lavora nelle cliniche abortiste a dare le dimissioni. Da sette anni, da quando è uscito il libro testimonianza di Abby Johnson (Unplanned, da cui è stata tratta la sceneggiatura del film),

Attwn ha aiutato più di 550 persone a cambiare vita, accompagnandole nel loro cammino verso la guarigione. Come conseguenza diretta di queste conversioni diverse cliniche abortiste sono state definitivamente chiuse. Gli ex dipendenti di queste strutture sono gli strumenti più efficaci (e temuti) per mettere in crisi l’industria dell’aborto. L’associazione offre sostegno finanziario temporaneo, assistenza legale, aiuto per trovare un nuovo lavoro e - non ultimo assistenza psicologica emotiva e spirituale: la sindrome post aborto (in particolare il disturbo post traumatico da stress), infatti, colpisce anche gli operatori sanitari che uccidono o assistono all’uccisione di bambini innocenti. Questa è una lettera che Abby Johnson scrive loro.


25

gennaio 2022

« Ho iniziato a lavorare alla Planned

Parenthood perché credevo di aiutare veramente le donne a fare la “scelta” migliore per la loro vita. Non credevo che l’aborto fosse una buona scelta, ma dal momento che era legale, ho pensato che dovesse essere una possibilità. E certamente meglio un aborto legale piuttosto che un aborto illegale. Pensavo che Planned Parenthood credesse davvero nel voler ridurre il numero di gravidanze involontarie; e quindi il numero di aborti. Pensavo che stavo facendo la cosa giusta. Ho difeso quello che stavo facendo. Ho creduto in quello che facevo. Ero una sostenitrice “della scelta.” Discutevo con la gente dall’altro lato della recinzione della clinica [i pro life, sidewalk counselors, NdR]. Ero pronta a discutere sul diritto di abortire con chiunque. Sostenevo Planned Parenthood. Sono stata “l’impiegata dell’anno”, nel 2008. Questa era la mia vita. Ho amato il mio lavoro. Ho amato le pazienti che abbiamo servito. Ho pensato che le stavo aiutando. Ho aiutato le donne? Certo. Ricordo molte delle donne che ho aiutato...la donna che non aveva avuto un esame in dieci anni, la donna che aveva bisogno di test perché il marito era stato infedele, la donna cui non era mai stato controllato il diabete, ma le è stato poi diagnosticato e curato perché abbiamo finalmente eseguito il test. Ricordo tutto di queste donne. Ricordo tutte le loro storie. Le ho aiutate. Le ho aiutate a ricevere l’assistenza sanitaria di cui avevano bisogno, l’assistenza sanitaria che meritavano. Sai cos’altro ricordo? Ricordo il giorno in cui ho visto un bambino di 13 settimane lottare per la sua vita durante un aborto. Ricordo i corpi dei bambini abortiti mentre venivano ricomposti, braccia, gambe, testa. Ricordo che si vedeva se era un maschietto o una femminuccia. Come ho fatto a giustificare il mio lavoro per così tanto tempo? Come fai tu? Ho voluto credere davvero che stavo facendo la cosa giusta… la cosa giusta per le donne. Ma che dire di quei bambini? Che dire di

quelle vite che contribuivo a stroncare? Non sono reali? Esistevano solo le donne e i loro diritti? Ora ho imparato ciò che non capivo allora. Non è giusto neanche per le donne. L’aborto è qualcosa che colpisce molte persone. Colpisce la donna; ma colpisce anche l’uomo coinvolto, la famiglia intera, e naturalmente, il bambino che cresce nel grembo. Vedevo l’aborto come qualcosa di unilaterale... ora sono in grado di vederlo come un problema che colpisce più persone; più vite. Colpisce anche la tua vita lavorativa. Assisti a cose che danneggiano permanentemente la tua mente. Ti stai dicendo che vedi cose che non riuscirai mai a toglierti dalla testa. Sognerai il lavoro che fai e quello che vedi. Non passerà mai... Ma puoi guarire. La guarigione comincia quando si fa il primo passo: lasciare quel lavoro. So che è spaventoso. So che lì ci si può sentire al sicuro. So che i soldi sono un problema. Si può essere una madre single, o si può dipendere dall’assicurazione. Qualunque sia la ragione, però, c’è qualcosa di meglio. Devi avere fiducia in te e sapere che sei migliore del lavoro che stai facendo ora. Nessuno da grande vuole lavorare in una clinica per aborti. Segui il tuo vero potenziale. Noi ti aiutiamo: www.abortionworker.com 

»


26

Notizie Pro Vita & Famiglia

La resistenza dei Cristiani, ovvero: vivere senza menzogna Andrea Ingegneri

Scriveva il grande dissidente russo Aleksandr Solgenitsin: «Ed è proprio qui che si trova la chiave della nostra liberazione, una chiave che abbiamo trascurato e che pure è tanto semplice e accessibile: il rifiuto di partecipare personalmente alla menzogna. Anche se la menzogna ricopre ogni cosa, anche se domina dappertutto, su un punto siamo inflessibili: che non domini per opera mia!». La “de - moralizzazione” di intere generazioni: il monito di Bezmenov Negli ultimi decenni intere generazioni si sono illuse di poter limitare il campo di azione del vivere quotidiano a specifiche aree di interesse: la carriera, gli hobby e l’intrattenimento personale. Mantenere vivo l’impegno politico e prodigarsi per la conservazione dei valori fondanti del mondo libero sarebbe stato compito di qualcun altro. Abbiamo assistito ad una progressiva disaffezione dalla cosa pubblica, con l’affermarsi di un modello di società individualista, proteso a privilegiare il soddisfacimento di bisogni materiali per mezzo di un consumo frenetico, e a guardare gli aspetti rimanenti con superficialità quando non addirittura con disprezzo. In realtà i fattori che hanno permesso ciò sono molteplici,

ma ci basta constatare che aver dato per scontate le nostre libertà senza tener vive le virtù per mantenerle integre può aver presentato un duro prezzo da pagare, ossia il rischio di perderle senza troppe cerimonie. Non interessarsi di politica comporta che sarà la politica a interessarsi di noi, in modi che potrebbero non piacerci. Appisolarsi, in democrazia, può comportare quindi il risvegliarsi in qualche forma di dittatura, non sempre esplicita come quella vissuta dai nostri nonni, ma non per questo meno insidiosa dei sistemi totalitari del passato. Si è più volte discusso dei rischi della cosiddetta “dittatura del politicamente corretto”, una definizione senz’altro significativa ma che tuttavia non coglie pienamente i connotati della minaccia che stiamo vivendo. Un prezioso monito a riguardo ci è stato dato in una celebre intervista nel 1984 da Yuri


gennaio 2022

27

Rod Dreher, nato in Luoisiana nel 1967, è un editorialista di The American Conservative. Giornalista da tre decenni, ha anche scritto diversi best-seller: Live Not By Lies (La resistenza dei Cristiani), The Benedict Option (L’opzione Benedetto), che è stato definito il libro religioso più discusso e più importante del decennio, The Little Way of Ruthie Leming, Crunchy Cons e How Dante Can Save Your Life (Come Dante può salvarti la vita). Tra i momenti topici della sua vita c’è senz’altro la malattia e la morte della sorella, che hanno ispirato The Little Way e Come Dante. Dreher è sposato dal 1997 ed è padre di tre figli. Cresciuto in una congregazione ecclesiale metodista, si è convertito al cattolicesimo romano nel 1993. Nel 2006 ha annunciato la sua conversione all’Ortodossia orientale.

Alexandrovich Bezmenov, l’ex agente del Kgb disertore in Canada, che ha illustrato come le insidie del totalitarismo avanzino per vie più subdole di quelle costruite ad arte dai film di spionaggio alla 007. Il grosso dell’attività passa invece per un lento ed estenuante logorio teso a fiaccare moralmente una generazione della popolazione da colpire, soprattutto attraverso i canali dell’istruzione, avviando un processo a lungo termine che può protrarsi fino ad alcune decine di anni. Opportunamente de-moralizzate, le vittime perdono irreversibilmente la capacità di intendere ogni dato oggettivo fuori dai termini della propaganda subita, e di agire al di là degli schemi dei manipolatori. A quel punto azioni specifiche di destabilizzazione trovano terreno fertile per avviare, sulla leva di una crisi scatenante, la cosiddetta “normalizzazione”, ovvero l’accettazione di fatto del nuovo regime ormai manifesto. O potremmo dire la “nuova normalità”, per usare un termine oggi più in voga. Questa constatazione un po’ caustica dovrebbe indicare che, rispetto ai continui attacchi che subiscono le libertà e i diritti fondamentali, non c’è niente di nuovo sotto

il sole. Gli spunti migliori per comprendere il presente, per quanto tecnologicamente evoluto e globalizzato, possono venire ancora una volta dalla memoria di quel triste passato che, per un abbaglio del progresso, avevamo accantonato pensando che non sarebbe più tornato. Alexandrovich viveva nella paura che sottovalutare le vie traverse della propaganda avrebbe fatto precipitare rapidamente gli Stati Uniti in un regime comunista. Temeva che a quel punto non ci sarebbe stato più alcun Paese al mondo dove andare a disertare. Un timore che fortunatamente non si è concretizzato, almeno per ora, ma che non può lasciarci indifferenti vista l’incalzante compressione di diritti ed il diffondersi di varie forme di censura. La Resistenza dei Cristiani al totalitarismo moderato Mantenere alta l’attenzione è certamente utile ma di per sé non è sufficiente. Gli sforzi di opposizione vanno costruiti su una solida impalcatura che aiuti a leggere le mosse della parte avversa alla luce dell’immenso bagaglio culturale dei passati fronti di resistenza,


28

Notizie Pro Vita & Famiglia

Yuri Alexandrovich Bezmenov (1939 1993) viveva nella paura che sottovalutare le vie traverse della propaganda avrebbe fatto precipitare rapidamente gli Stati Uniti in un regime comunista: a quel punto non ci sarebbe stato più alcun Paese al mondo dove andare a disertare.

con le relative strategie di contrasto che nel corso della storia hanno mostrato efficacia. A tale riguardo Rod Dreher, con il suo ultimo libro dal titolo La Resistenza dei Cristiani manuale per fedeli dissidenti offre una miniera inesauribile di conoscenze, sapientemente organizzate e fruibili, per comprendere e reagire alla nuova minaccia del totalitarismo moderato, cioè la forma dal volto gentile con cui il regime emergente sta cercando di imporsi senza dare troppo nell’occhio. La versione italiana di quest’opera arriva a circa un anno dalla sua pubblicazione in lingua originale del settembre 2020, momento in cui la crisi sanitaria, ad oggi ancora in essere, non aveva rinnovato il suo impatto devastante con l’imminente arrivo della seconda ondata. Essendo forse percepito come un fenomeno ormai destinato ad esaurirsi, la portata

rivoluzionaria dell’emergenza Covid quasi non appare nel testo, che si limita a evidenziare come i governi abbiano manifestato incapacità nel farvi fronte efficacemente. Viene offerto a riguardo un interessante parallelismo con un’imponente carestia nella Russia pre-rivoluzionaria. Qui l’assenza di risposte significative da parte del sistema zarista aveva alimentato un crescente malcontento popolare che sarebbe sfociato in un desiderio generalizzato di rinnovamento politico, di cui il comunismo rivoluzionario avrebbe poi tratto beneficio per imporsi, con gli esiti che ben conosciamo. Sebbene tale confronto si concentri sulla situazione negli Usa, come il resto delle numerose riflessioni presenti nel libro, i contenuti sono facilmente adattabili al contesto allargato del mondo occidentale cosiddetto democratico, inclusa l’Italia.

Appisolarsi, in democrazia, può comportare quindi il risvegliarsi in qualche forma di dittatura, non sempre esplicita come quella vissuta dai nostri nonni, ma non per questo meno insidiosa dei sistemi totalitari del passato.


gennaio 2022

29

Il “totalitarismo moderato” fa leva sul diritto di ognuno a perseguire la felicità nel modo che ritiene più opportuno per ribaltare valori morali o per sminuire l’inviolabilità di certi diritti.

La Resistenza dei Cristiani - manuale per fedeli dissidenti ci fa comprendere e reagire alla nuova minaccia del totalitarismo moderato, cioè la forma dal volto gentile con cui il regime emergente sta cercando di imporsi senza dare troppo nell’occhio.

Quali sono gli elementi di novità di questo totalitarismo moderato, ed in che modo può coglierci impreparati? La prima parte dell’opera cerca di rispondere a questa domanda, illustrando che sarà diverso dal totalitarismo dell’Urss. Indosserà una maschera di gentilezza, celando dietro

nobili finalità di giustizia sociale il proprio odio verso chi si opporrà alla sua ideologia utopica. Cercherà di sottometterci in tutti gli aspetti della vita umana, distruggendone l’essenza. Incardinandosi nella cultura terapeutica, diffusa ormai ovunque, farà leva sul diritto di ognuno a perseguire la felicità nel modo che ritiene più opportuno per ribaltare valori morali o per sminuire l’inviolabilità di certi diritti. Individuando delle categorie di oppressi da riscattare, si nutrirà del nobile intento per alimentare un «processo di demagogia spirituale e accanimento retorico» in grado di tramutare «l’attenzione nei confronti delle vittime in


30

Notizie Pro Vita & Famiglia

Tra i testi che hanno ispirato Dreher c’è senz’altro Vivere senza menzogna di Aleksandr Solgenitsin (1918 - 2008): la traduzione del titolo originale dell’opera di Dreher è proprio “Vivere senza bugie”.

un controllo totalitario e in un’inquisizione permanente». Va notato che qui l’uso del tempo al futuro è solo un artificio retorico, dato che alcuni di questi elementi sono già rilevabili nell’esperienza di vita quotidiana, ad uno stadio anche avanzato. Viviamo oggi in uno Stato “pre - totalitario”?

L’adesione al mito del progresso non è una prerogativa esclusivamente marxista: ha sedotto tutti, persino i conservatori e molti cristiani praticanti, che lo hanno fatto proprio.

Possiamo infatti rinvenire nella società di oggi vari elementi da Stato pre-totalitario, e trarre inquietanti parallelismi con situazioni di declino che nel passato hanno preceduto l’avanzata di feroci regimi. Tra questi citiamo una generale incapacità delle élite di tramandare alle nuove generazioni la fiducia verso le istituzioni, anche religiose; una crescente atomizzazione sociale, mista a solitudine, risultante anche dall’emarginazione degli anziani,


gennaio 2022

31

Opportunamente de-moralizzate, le persone perdono irreversibilmente la capacità di intendere ogni dato oggettivo fuori dai termini della propaganda subita, e di agire al di là degli schemi dei manipolatori.

abbandonati alla Tv, o dei rapporti virtuali costruiti con Internet che creano l’illusione del contatto umano; un insano desiderio di trasgressione che porta a un interesse eccessivo per la sessualità, accompagnato dalla diffusione della pornografia che procede di pari passo con la disaffezione verso l’istituto naturale della famiglia o dei valori tradizionali. Individui che, liberati di ogni legame con la religione, finiscono con il ritrovarsi privi di un senso condiviso dello scopo, con la conseguente tentazione di compensare questo vuoto cercando risposte e solidarietà nell’adesione ai movimenti totalitari. I Social Justice Warrior Nel disseminare questi elementi come semi velenosi, emerge la figura dei Social Justice Warrior (Sjw). I guerrieri della giustizia sociale che, animati in prima battuta da un «urgente sentimento di compassione», finiscono con l’abbracciare «una politica aggressiva e punitiva di stampo bolscevico». Come i bolscevichi ritengono, infatti, che la giustizia dipenda dall’identità e dalla la fedeltà ad un gruppo di appartenenza; diffondono il loro credo per mezzo di agitazioni intellettuali, ad esempio nelle università, così da lasciare il segno in chi si troverà negli anni prossimi a rivestire un ruolo importante. Vivono nella convinzione che la scienza sia dalla loro parte ma, curiosamente, quest’impostazione non li conduce ad assumere una modalità pacata di dialogo. In realtà, i Sjw sono membri di una comunità morale motivata dall’ideologia, basata su dichiarazioni assiomatiche che non possono essere confutate. Il loro agire è imperniato sul rigore della dottrina e sull’atteggiamento

inquisitorio che impedisce ogni dialogo costruttivo: dialogare significa per loro dimostrare di avere ragione agli avversari che, pentiti, si piegano al credo della giustizia sociale. Chi non è conforme alla dottrina di cui i Sjw si fanno portatori viene trattato come un pericoloso eretico, al quale imputare una serie di psicoreati, così definiti per la difficoltà di distinguere l’accusa dalla colpa. Omofobia, islamofobia, etc. sono accuse dalle quali è difficile persino difendersi, perché spesso non si comprende neppure di cosa si tratti esattamente. Anche l’abuso dell’etichetta no-vax, nell’attuale frasario pandemista, sembra collocarsi agevolmente nella categoria degli psicoreati. Cos’è di preciso un no-vax? Chi non ha mai fatto un vaccino in vita propria? Chi fa ogni anno l’anti influenzale ma rifiuta il vaccino anti covid? Chi ha fatto prima e seconda dose ma non desidera sottoporsi alla terza? Nessuno è in grado di dirlo. Più in generale i Sjw si muovono sulla spinta di una radicalizzazione che vede nella giustizia sociale il surrogato di una religione congeniale ai giovani, secolari e omologati dalla scuola, che vivono il loro privilegio con inquietudine e senso di colpa, «alienati dalle loro tradizioni e desiderosi di identificarsi in qualcosa». Il progresso, che queste persone ritengono di incarnare nella loro predicazione, «fornisce una fonte trascendente di legittimazione delle proprie azioni e inquadra ogni opposizione in un contesto retrogrado e ignorante». Arriva ad assumere le caratteristiche di una religione rivale: non a caso il marxismo proponeva di liberare l’umanità da quelle catene che ne impedivano il progresso promettendo, dopo un’apocalisse rivoluzionaria, di realizzare un


32

Notizie Pro Vita & Famiglia

paradiso sulla terra, dove l’uomo si sarebbe redento da sé e fatto come dio. Sarebbe tuttavia un errore ritenere che l’adesione al mito del progresso sia una prerogativa esclusivamente marxista: il motivo per cui è così difficile non rimanere schiacciati dalla retorica del progresso è che nel corso dell’attuale deriva ha sedotto tutti, persino i conservatori e molti cristiani praticanti, che lo hanno fatto proprio. Sarebbe un errore sottovalutare i Sjw e liquidare questi fatti come esagerati, perché la storia ha dimostrato in più occasioni come «una minoranza capace possa arrivare ad assumere il controllo su una maggioranza indifferente e scarsamente coinvolta». Il “ capitalismo consapevole” Per meglio inserire il quadro nell’attuale contesto economico, va tenuto conto che nell’ultimo secolo abbiamo assistito ad un’espansione enorme del potere aziendale, come conseguenza degli avanzamenti tecnologici e della globalizzazione. Per quanto riguarda le questioni sociali, è evidente un loro posizionarsi sempre più a sinistra. Il cosiddetto “capitalismo consapevole”, promosso da queste enormi realtà aziendali, è divenuto oggi l’agente più influente nella religione della giustizia sociale. Ha infatti unito l’ideologia progressista con i cardini della vita americana, cioè il profitto ed il consumismo. Non a caso, proprio il consumismo sembra che stia ammorbidendo le rimanenti difese, insegnando alle persone ad amare il Grande Fratello con la diffusione di tecnologie omni pervasive che, in cambio di vantaggi spesso

effimeri o comunque non sufficientemente controbilanciati, invadono prepotentemente la sfera privata dei cittadini. I quali non sembrano più capaci di cogliere in questo agire alcuna minaccia, sebbene i rischi di manipolazione derivanti dall’acquisizione indiscriminata e dall’elaborazione massiva di informazioni sul comportamento umano siano ormai ben noti e oggetto di infiniti studi. Vale la pena a riguardo citare integralmente il seguente passaggio: «La Cina è l’esempio migliore per comprendere come i cittadini possano “cedere le proprie libertà politiche in cambio di sicurezza e presunti lussi” ed è la dimostrazione che si può vivere in una società ricca e moderna ma al tempo stesso totalitaria. Il più grande errore compiuto dall’Occidente nei confronti della Cina è stato credere che, nel momento in cui a inizio anni Ottanta il Paese del Dragone si è aperto al libero mercato, ciò potesse coincidere anche con un’apertura ai valori delle democrazie liberali: nulla di tutto ciò si è verificato». «Quarant’anni dopo, la Cina è divenuta ricca e potente quanto gli Stati Uniti, creando in una sola generazione una società consumistica robusta e caratterizzata da una popolazione di massa che da tempo immemorabile non conosceva altro che povertà e lotte interne. Il Partito comunista cinese, che ha realizzato questo fenomeno, non solo mantiene una presa ferrea sul potere politico, ma sta anche trasformando la nazione, composta da 1,4 miliardi di abitanti, nella società totalitaristica più avanzata che il mondo abbia mai visto».

Il cosiddetto “capitalismo consapevole”, promosso da enormi realtà aziendali, è divenuto oggi l’agente più influente nella religione della giustizia sociale, unendo l’ideologia progressista con il profitto ed il consumismo.


gennaio 2022

33

La storia ha dimostrato come «una minoranza capace possa arrivare ad assumere il controllo su una maggioranza indifferente e scarsamente coinvolta».

La premonizione di Bezmenov È interessante osservare che tali rischi erano stati descritti da Yuri Alexandrovich Bezmenov, che nell’intervista di cui si è parlato sopra aveva messo in guardia la società americana delle pesantissime conseguenze che avrebbe certamente comportato un appoggio economico al fronte comunista, allora rappresentato dal blocco dell’Urss. Diceva: «Gli americani dovrebbero costringere il governo degli Stati Uniti a smettere di aiutare il comunismo, perché non c’è altro problema più scottante ed urgente che impedire al complesso industriale e militare sovietico di distruggere ciò che è rimasto del mondo libero. Ed è molto facile da fare. Niente crediti, nessuna tecnologia, nessun denaro, nessun riconoscimento politico o diplomatico e, naturalmente, nessuna idiozia come accordi sul grano con l’Urss». A cosa servono testimonianze e memoria storica come quella del disertore russo se, accecati da una spinta ideologica, poi non siamo in grado di mantenere neppure un atteggiamento prudente? Citando l’antropologo Paul Connerton, Dreher ci spiega che la sola trasmissione di informazioni storiche alle nuove generazioni non è sufficiente, ma che occorrono dei modelli vivi di uomini e donne che rappresentino queste verità nella vita quotidiana. Cosa che nella società frenetica in cui viviamo, con sempre meno tempo per soffermarsi sul passato, osserviamo raramente. La memoria va interiorizzata, non soltanto conosciuta. Altrimenti poi rischiamo di non essere in grado di collegare i fatti, neppure in presenza di riproposizioni

lampanti di vecchi drammi che ritenevamo superati, e di commettere gli stessi errori. Vivere senza menzogna Per riscoprire la corretta attitudine, il dissidente cristiano di oggi deve trovare un modo per vivere senza menzogna. Per l’autore questo concetto è così importante da averlo usato nel titolo originale dell’opera, che nella traduzione in italiano non appare: Live not by lies, cioè vivere senza bugie. Farlo non è semplice, ma possiamo beneficiare di una raccolta di esperienze e incredibili storie di successo, dove la fede e la lungimiranza di pochi hanno fatto realmente la differenza e sfidato l’arroganza dei regimi, la cui impalcatura generalmente si regge su una valanga di menzogne imposte con la forza della propaganda e la paura della repressione. L’opera di Dreher si pone a riguardo come un vero e proprio manuale di istruzioni, la cui lettura è un passo obbligato per allestire un valido arsenale di consapevolezza e strategie per affrontare ben armati i tempi burrascosi che si prospettano, e che in parte stiamo già vivendo.

Il “totalitarismo moderato” tramuta «l’attenzione nei confronti delle vittime in un controllo totalitario e in una inquisizione permanente».


34

Notizie Pro Vita & Famiglia

La livella della morte e l’amore che redime Clemente Sparaco

la morte non è una nostra “facoltà”; anzi, nel suo essere imponderabile ed indisponibile, è un secco no alla nostra libertà. Oggi la morte è divenuta un tabù. Sottratta allo sguardo pubblico, è occultata, come se fosse qualcosa di indecente. Ai ragazzi in un’età sempre più immatura si parla di sesso, di riproduzione, di pratiche antifecondative, mai di morte. E finanche la nostra scienza, che sa prolungare la vita dei malati oltre quello che sembrerebbe il limite naturale, ignora come prepararli a morire. La morte è relegata nei luoghi preposti al dolore: l’ospedale, il cimitero, luoghi interdetti alle pratiche sociali. E chi muore è sempre più solo e sopporta un peso che altri non vuole condividere. Avendo fatto dell’autodeterminazione il nostro dio, quando incontriamo la morte, facciamo esperienza di qualcosa che non solo restringe le nostre possibilità, ma che

scandalosamente si sottrae al nostro arbitrio. A fronte di questa estrema incongruenza abbiamo resuscitato il mito stoico del suicidio. Lo abbiamo aggiornato ai nostri sofisticati strumenti ermeneutici e ai registri di una medicina che ha smarrito la sua prima finalità: guarire. Gli abbiamo dato il nome di eutanasia, ovverosia morte dolce. Affermiamo che la libertà raggiunge il suo apice nell’ottenimento del diritto di decidere della morte, ma non è che un modo per aggirare la vanificazione di tutte le nostre strategie esistenziali. Emerge in tutto questo, infatti, l’incapacità di dare senso alla morte, che è poi incapacità di dare senso alla vita. Ma i fautori dell’eutanasia hanno bypassato il problema, perché fanno leva piuttosto sulla qualità della

Avendo fatto dell’autodeterminazione il nostro dio, quando incontriamo la morte, facciamo esperienza di qualcosa che non solo restringe le nostre possibilità, ma che scandalosamente si sottrae al nostro arbitrio.


gennaio 2022

35

Ci resta l’amore; e non è poco. La morte e l’amore, infatti, sono pari. La morte è uno scandalo, ma anche l’amore lo è. L’amore vince la morte perché nella vivezza della sua forza suscitatrice si rivela più forte. Gustav Klimt, Morte e Vita, 1910, Vienna

vita, come se si potesse prescindere dal quale reale della vita, che sta proprio nella sua peribilità, nel suo essere esposta, nella sua indigenza ontologica. La verità scevra di ogni retorica è che, oggi come ieri, l’uomo è impotente di fronte alla morte. Pertanto, il rifiuto di riconoscere i limiti biologici nasce da un colossale fraintendimento, da una caduta di qualità del nostro sapere. Come vogliamo guidare i processi della generazione, così intendiamo programmare quelli della morte. Ma resta che la morte non è una nostra “facoltà”; anzi, nel suo essere imponderabile ed indisponibile, è un secco no alla nostra libertà. «Sai che è?», si chiedeva Totò in una sua nota poesia. E rispondeva: «La morte è una livella»! Il suo potere perequante è tale che essa non solo abbassa le presunzioni e le pretese, ma anche demitizza ogni possibile sua ideologizzazione. Perché non esiste nessuna morte buona, in quanto la morte non è mai buona né, tantomeno, può essere dolce. Nessuna eufemizzazione è possibile: la morte è fine e basta, limite incomprimibile

ed indigeribile, segno di quello che al fondo, zittita la retorica, siamo. Dura e refrattaria essa ammutolisce ogni discorso e lo trascende con il suo silenzio. Così anche la nostra cultura dell’autodeterminazione appare contrassegnata da un’incondizionata rassegnazione e resa di fronte alla morte, mistificazione a parte. Piuttosto avremmo bisogno di sperare, ma abbiamo smarrito le fonti stesse della speranza. Avremmo bisogno di fiducia, ma siamo sovrastati da un’indolente superbia. Ci resta l’amore; e non è poco. La morte e l’amore, infatti, sono pari. La morte è uno scandalo, ma anche l’amore lo è. Ora, l’amore dichiara battaglia alla morte e mostra di poter vincere, perché nella vivezza della sua forza suscitatrice si rivela più forte della morte. Sono forzati i confini dell’al di là nell’al di qua, perché l’amore fa sì che il mondo venga destato ad una vita nuova: vivificato. Nella sua gratuità mostra, infine, di non essere frutto dei nostri conati o delle prescrizioni di una morale stanca, ma di venire da un altrove e, proprio per questo, di poterci di redimere dalla nostra solitudine.


36

Notizie Pro Vita & Famiglia

La lunga notte un racconto breve di Mirko Ciminiello

I nostri Lettori hanno già avuto modo di apprezzare i racconti originali firmati dal nostro Mirko Ciminiello. Racconti “distopici”, ambientati in un futuro prevedibile sulla base di tendenze del presente percepite come altamente negative. Il genere di Orwell, di Huxley, o, per fare un esempio più recente e popolare, il genere di Hunger Games: il genere di Ciminiello è, in particolare, politicamente molto scorretto. La lettura è agile, gradevole e intrigante: siamo certi, perciò, che sarà apprezzata da giovani e meno giovani. Anzi: invitiamo gli adulti a proporla ai ragazzi affinché, attraverso un racconto di fantasia, si interroghino e riflettano sui principi non negoziabili e sui valori che oggi sono troppo spesso dimenticati.

D

esolazione, ruderi, rovine. Ovunque si estendesse il suo sguardo, non c’era che distruzione. Chiuse gli occhi, si premette le mani contro il viso come per scacciare un incubo. Ma, quando li riaprì, l’incubo era ancora lì, più vivo e reale che mai. Nessun suono, nessuno in vista, solo macerie in ogni direzione, fino all’ultimo orizzonte. Com’era possibile? - Ehi! - si sentì chiamare. - Cosa fai lì? Vuoi farti prendere? Dopotutto, a quanto pareva, qualcuno c’era. Un uomo sui quarant’anni, avrebbe detto, ma era difficile esserne certi, sia perché la figura non era vicinissima, sia perché aveva il viso seminascosto dal cappuccio di un mantello. E non era l’accessorio più bizzarro che indossava: l’arco a tracolla batteva nettamente ogni altra assurdità. Ma che diavolo stava succedendo?! - Da chi? - domandò, replicando all’esortazione dell’interlocutore. - Chi è che dovrebbe prendermi? Per qualche istante lo strano personaggio restò immobile e in silenzio, come se stesse soppesando chi aveva di fronte, cercando di valutare se rappresentasse un pericolo: anche se dei due non era lui ad essere armato - una scelta che in quel

momento rimpiangeva amaramente. - Davvero non sai niente?! - domandò poi quella specie di Robin Hood, la voce stridula di incredulità. - Ma com’è possibile? Da dove vieni? - Vengo da… da molto lontano - rispose lui, con solo un minimo accenno di esitazione. Era vero, in un certo senso - solo non nel senso a cui chiunque avrebbe pensato, che era precisamente ciò che lui voleva. Non poteva raccontare come stavano esattamente le cose, non a rischio di sembrare un pazzo. Lui stesso avrebbe trovato la propria storia, come minimo, sconclusionata. E non gli sembrava proprio il caso di sfidare la sorte. - I cacciatori di pallidi - disse poi l’arciere, rispondendo alla sua precedente domanda con il tono di chi spiega un’ovvietà a un bambino un po’ tonto. Impressione certo non smentita dall’espressione attonita che gli si disegnò sul viso. Con un sospiro stizzito, l’incappucciato si indicò la mano e poi il braccio, ma fu solo quando si tirò un lembo di pelle che lui capì. Senza riuscire a crederci. Scosse la testa, insistentemente, rifiutando con ostinazione di accettare ciò che aveva appena appreso.


gennaio 2022

L’apparizione imprecò tra sé. - Mi chiamo Vala - disse poi, ma lui non ebbe il tempo di reagire in alcun modo perché subito, improvvisamente, si sentì un rumore in lontananza. - Sono loro! Dobbiamo nasconderci! Presto! Lui però non si mosse, ancora troppo sotto shock. Intanto il suono si avvicinava, lento ma inesorabile. Stridii meccanici, ma anche voci. Di colpo, l’uomo si abbassò il cappuccio. Solo che non era un uomo, bensì una donna. Ed era anche più giovane di quanto lui avesse giudicato: poteva avere al massimo trent’anni, anche se sulla percezione della sua età influivano la durezza dei lineamenti e lo sguardo affilato che parevano testimoniare di un qualche oscuro passato. Lui strabuzzò gli occhi. Ma non oppose resistenza quando la ragazza gli afferrò il polso e lo trascinò al riparo dietro a un grosso tronco abbattuto e semi-bruciato. Da dietro quel riparo improvvisato, dopo qualche minuto videro spuntare una specie di carretto tirato da uno scalcinato gruppetto. Ma fu solo quando si avvicinarono che i dettagli del quadro si delinearono in modo inquietante. Gli uomini, tutti dalla carnagione olivastra

tipica del Medio Oriente, erano vestiti di pelli di animali, portavano ai fianchi delle rudimentali armi bianche, e comunicavano tra loro attraverso un linguaggio gutturale, aspro e, all’apparenza, estremamente semplificato. Il trabiccolo sembrava essere stato ricavato da un’automobile, di cui però restava solamente il telaio. Sopra allo scheletro metallico era stata montata una gabbia di legno, all’interno della quale si dibatteva un prigioniero barbuto, mentre un altro se ne stava immobile, sdraiato sul fondo della trappola, più rassegnato che sottomesso. Ed entrambi avevano inconfondibilmente un incarnato roseo. Pallido. Lui non riusciva ancora a credere ai propri occhi. Istintivamente cercò di sporgersi per vedere meglio, ma Vala lo costrinse immediatamente a tornare a nascondersi. Stettero in silenzio a lungo, anche dopo che il piccolo corteo era già scomparso oltre l’orizzonte. Lui continuava a scuotere la testa, meccanicamente, gli occhi lucidi di lacrime che non volevano saperne di lasciare le palpebre, come temendo che il pianto avrebbe reso tutto realmente reale. - Come…? Quando…? - si lasciò sfuggire dalle

Il nostro Autore ha chiamato il protagonista di questo racconto Reginald Bliss in omaggio a Herbert George Wells (1866-1946). Il prolifico scrittore inglese, considerato da molti uno dei “padri della fantascienza”, usava Reginald Bliss come pseudonimo. Wells, nelle sue opere, tra le quali qui è d’uopo ricordare La macchina del tempo, ha previsto l’avvento di viaggi nello spazio, armi nucleari, televisione satellitare, qualcosa di simile all’ingegneria genetica e al World Wide Web.

37


38

Notizie Pro Vita & Famiglia

labbra, senza davvero rivolgersi a qualcuno. La donna lo squadrò ancora per qualche istante, poi dovette decidere che aveva veramente a che fare con qualcuno completamente scollegato dal mondo. - Andiamo - lo esortò, rialzandosi. Lui esitò, e lei alzò lo sguardo esasperato al cielo. - Ti porto da mio padre Coop. Lui sarà in grado di spiegarti tutto… tutto quello che è successo da quando sulla Terra è scesa la “Lunga Notte” -. *** - Padre, lui è… Vala s’interruppe, rendendosi conto che non conosceva il suo nome. - Reggie - rispose lui senza pensare. - Reginald Bliss - si corresse poi, avanzando tra le rocce dell’oscura grotta in cui era stato scortato per tendere la mano al vecchio.

L’uomo però non gliela strinse, ma tese entrambe le sue verso il suo volto, facendolo sobbalzare. - È cieco - gli spiegò allora la ragazza, - usa il tatto come noi usiamo la vista -. - Oh… - fece Reginald, lasciando quindi che le dita dell’anziano gli scorressero lungo il viso. - Sento che sei confuso… - disse poi l’uomo, - e spaventato… - A quanto pare - commentò la figlia, - è l’unico sul pianeta che non ha idea di cosa sia successo negli ultimi decenni. Forse ha dormito finora… Bliss si morse le labbra, mentre Coop rimase impassibile. - Niente di assurdo - sentenziò questi. - Qual è l’ultima cosa che ricordi? Era proprio quello che Reggie temeva: una sorta di interrogatorio. - Non… non saprei… - farfugliò. - Ho… ho ricordi… nebulosi… c…come se… avessi sognato… -


gennaio 2022

qui… - aggiunse, accompagnando le parole con un ampio movimento circolare del braccio volto a evidenziare l’ambiente pietroso che fungeva da rifugio del gruppetto. Reggie ebbe un tuffo al cuore, sgranò gli occhi, le sue gambe vacillarono per un lungo istante. - Vo…volete dire… - farfugliò, la bocca arida come la sabbia del deserto, - che… che alla fine… la civiltà occidentale ha perso?! Sulla bocca di Coop si disegnò un sorriso amaro. - Al contrario - rispose quindi, - se siamo in questa situazione è proprio perché la cosiddetta “civiltà occidentale” ha vinto su tutta la linea… ***

Vala alzò lievemente un sopracciglio come chi la sa lunga, ma Reginald si sforzò di ignorarla. In realtà ricordava tutto fin troppo bene. E su una cosa la donna aveva quasi ragione: i suoi ricordi risalivano a quarant’anni prima… - Que…quegli uomini… in gabbia… - disse poi, anche per cambiare argomento, - come… cosa…? - Siamo una specie in via d’estinzione - replicò Coop con la massima calma, - e ai Cancellatori supremi piace… esporci come trofei… Il suo tono serafico sconvolse Bliss, se possibile, ancor più di quanto non lo fosse già. - Ca…cancellatori supremi?! Tro…trofei?! Spe… specie in via d’estinzione?! - ripeté balbettando. Poi scosse vigorosamente la testa, come se ancora rifiutasse di accettare ciò che aveva visto con i suoi stessi occhi. - Ma una volta non c’erano dei valori?! I diritti umani… il rispetto delle minoranze… la cura dell’ambiente! - È vero - concesse l’anziano. - E ora eccoci

- Non so dirti quando tutto è cominciato, né cosa vi abbia dato inizio… non ci fu un solo fattore scatenante, ma un insieme di concause… falsi ideali propagandati per “progresso” e progressivamente imposti alla collettività… ed altri in origine giustissimi che vennero implacabilmente snaturati, come un sorriso distorto in un ghigno… È quanto accadde, ad esempio, con la lotta a ogni tipo di discriminazione, a cui tu stesso hai accennato. Era un principio sacrosanto ma, col tempo, questa forma di tutela si trasformò in una vera e propria dittatura delle minoranze, che gradualmente presero a spacciare per offesa tutto ciò che contrastava con le proprie istanze e il proprio sentire: fino a ridurre al silenzio, grazie alla tecnica della vittimizzazione, non già gli insulti vergognosi o le ignobili aggressioni, ma tutte le opinioni discordi con il pensiero unico che i Cancellatori supremi andavano affermando. La parola d’ordine divenne “politicamente corretto”, e noi, come tante rane riscaldate a fuoco lento, ci lasciammo bollire a poco a poco senza reagire, finché non fu troppo tardi: e un giorno, aprendo gli occhi, scoprimmo di non aver più il diritto di parola o la libertà di espressione, fagocitati da mostruosi tribunali virtuali chiamati social network: ne avrai sentito parlare, suppongo -. Bliss, seduto sulla nuda terra dal lato opposto di un fuoco scoppiettante, annuì meccanicamente, impietrito come le pareti ai suoi lati: a dispetto di tutto - inclusa la sua stessa esperienza - non

39


40

Notizie Pro Vita & Famiglia

riusciva ancora a capacitarsi del fatto che le parole dell’anziano non fossero “semplicemente” una sorta di racconto dell’orrore, che descrivessero eventi realmente accaduti. - Non fu solo questo, naturalmente - proseguì Coop, non ricevendo dinieghi dal suo interlocutore, - non sarebbe bastato a… sterminarci. Ma l’idiosincrasia che l’Occidente sviluppò verso se stesso e le proprie radici raggiunse un livello tale da avere un unico sbocco possibile: l’auto-annichilimento. Ben presto, per esempio, nacque una nuova antropologia che rigettava la verità sull’uomo e sulla donna, e bandiva dall’agone pubblico chiunque osasse insistere ad affermarla. Bisognava fingere che non si fosse segnati dalla biologia, ma che fosse possibile a chiunque “cambiare sesso” anche se il DNA la pensa diversamente. Col tempo, queste menzogne vennero propalate ovunque, anche e soprattutto con la complicità dei media, e col pretesto di educare al rispetto invasero perfino le scuole, dove sempre più giovani e giovanissimi vennero introdotti a uno stile di vita per sua natura sterile… - C’è sempre la provetta… - intervenne Reginald

in tono vagamente ironico. - Una pratica che comporta danni enormi sia alla salute delle donne sia a quella dei nascituri, che infatti, rispetto a coloro che vengono concepiti in maniera naturale, hanno in media una vita molto più breve e sono molto più segnati da patologie invalidanti, e financo mortali: ma anche questo semplice dato cadde sotto la scure dell’autocensura politicamente corretta. La realtà, però, prima o poi presenta sempre il conto: non solo la fecondazione artificiale non era una possibile soluzione per la gravissima crisi demografica già in atto, ma le diede il colpo di grazia. D’altronde, già da tempo vi contribuivano lo svilimento della sessualità dovuto alla contraccezione, e il peggiore degli abomini, l’uccisione dei bambini nel grembo materno -. - Ora basta! - scattò in piedi Bliss, non riuscendo più a sopportare quell’impietoso attacco a tutto ciò in cui aveva sempre creduto. - Non ce la faccio più a… a sentire… Prese a misurare a larghi passi l’interno della caverna, con la testa che gli scoppiava. L’anziano, però, non fece una piega. - La verità rende liberi, ma può fare molto male… - sospirò a un tratto.


gennaio 2022

- Quale verità? - sbottò Reggie. - Mi rifiuto di riconoscere che dei diritti come quelli che lei ha nominato possano… possano… - Scosse vigorosamente la testa. - L’aborto, per esempio, fu una conquista, una norma di civiltà! E quelli che lei chiama “bambini” non sono altro che grumi di cellule! - Davvero? - lo rimbeccò Coop, la voce velata da una nota di ironia. - E per caso c’è qualche particolare evento che trasforma magicamente questi… grumi di cellule in esseri umani? - Beh… - farfugliò Bliss, - i…immagino che… - E quando si verificherebbe esattamente questa magia? - lo incalzò il vecchio. - In che momento della gestazione si diventa delle persone? Dopo tre mesi, dopo sei, nell’istante del parto? Me lo sai dire, professore? Reginald stava disperatamente cercando di appigliarsi alle proprie convinzioni ma, per quanto la mente gli ribollisse, gli sembrava di avere una scatola vuota al posto del cranio. Improvvisamente, però, dopo quelle che gli erano parse ore intere, qualcosa gli scattò nel cervello, qualcosa che non c’entrava niente con la filippica di Coop: qualcosa che gli fece correre un brivido lungo la schiena. - Come… - balbettò, la voce ridotta a un sussurro, - come mi ha chiamato? - Di colpo, il silenzio all’interno dell’antro parve diventare più fitto, più

oscuro. - Io…io non ho mai… non ho mai detto di essere… un professore… L’anziano respirò a fondo. Se fosse turbato, nient’altro lo diede a vedere. - Tutti fuori - disse poi con la massima calma ai suoi accoliti, - lasciateci soli, per favore… Uno dopo l’altro, i membri del suo gruppo si allontanarono. Vala fu l’ultima a lasciare il vano di roccia, non prima che il padre l’avesse rassicurata sul fatto che non vi era alcun pericolo. - Non sono stato del tutto onesto con te, professor Bliss - ammise quindi Coop una volta che furono rimasti soli, - e per questo ti porgo le mie più sincere scuse -. Reggie, che era tornato ad accucciarsi accanto alle fiamme, strabuzzò gli occhi. - Dunque… dunque lei mi… mi conosce?! Sul viso del vecchio affiorò un debole sorriso. - Naturalmente - confermò quindi. - Chi non conosce il professor Reginald Bliss… l’inventore della macchina del tempo? *** Reggie saltò nuovamente in piedi, rabbrividendo ancora all’istante. - Che cosa?! - gridò. - Lei… voi… sapevate?! Coop annuì di nuovo. D’improvviso, sembrò invecchiato di (altri) cent’anni. Bliss era

41


42

Notizie Pro Vita & Famiglia

furibondo, si sentiva tradito e umiliato: eppure, di fronte all’atteggiamento remissivo dell’anziano non se la sentì di inveire, e a poco a poco la sua rabbia scemò, tramutandosi in qualcosa che assomigliava di più a una curiosa malinconia. Si soffermò a osservare le fiamme che danzavano nell’oscurità, e le loro ombre che ne seguivano il ritmo sulle pareti, e gli sovvenne il “mito della caverna” di Platone. E se fosse stato vero che tutto ciò che sapeva, tutto ciò che credeva di sapere era solo apparenza? Che la vera conoscenza risiedeva in luoghi e persone che quarant’anni prima, nel suo presente, avrebbe irriso e disprezzato? Si sedette di nuovo, senza dire una parola, allungando le mani per scaldarsele al calore del focolare. - So che sei confuso, e perplesso… - disse a un tratto il vecchio, - ma credo anche che tu sia curioso: non si può essere scienziati senza essere

curiosi -. Reginald annuì, poi, ricordandosi della cecità dell’interlocutore, glielo confermò a voce. - Se vuoi, posso continuare a raccontarti ciò che è accaduto dopo l’inizio del tuo viaggio - riprese Coop. - O, se preferisci, puoi chiedere, e io risponderò alle tue domande -. Il professore si prese un attimo per valutare la proposta, poi scosse la testa. - È che… è tutto talmente… assurdo… - Posso capire che ai tuoi occhi sembri così… ma in realtà negli eventi dell’ultimo mezzo secolo c’è… fin troppa logica… Prendi la scena che hai visto quando Vala ti ha trovato. È stata resa possibile dalla scomparsa pressoché totale della cosiddetta “razza bianca”: ma i semi di questa estinzione etnica c’erano già al tuo tempo, ed erano fin troppo visibili. Solo che nessuno (perlomeno nessuno di coloro che


gennaio 2022

avrebbero potuto agire per opporvisi) li ha voluti vedere -. - Parla… di nuovo di… di quello che…? - Parlo di bioetica, e ne parlo praticamente a 360 gradi. Che futuro può avere una civiltà che uccide i propri figli prima ancora che nascano… che insegna che è meglio non procreare… che sopprime gli anziani e i malati e la spaccia per compassione…? - Questo non è vero! - scattò di nuovo Reggie. - L’eutanasia si applica soltanto a coloro che la chiedono, e… - Questo è ciò che ti hanno raccontato, ma la realtà è che nessuno desidera davvero morire, e chi lo afferma sta lanciando un disperato grido d’aiuto per essere salvato dalla sofferenza, dalla solitudine, dalla tristezza - ma non dalla vita, che non è certo una malattia. Senza contare che già alla tua epoca si perpetravano abusi mostruosi,

eliminando anche quanti non ne avevano fatto richiesta, oppure estorcendone il consenso sulla base di un’antropologia funzionalista che li induceva a credere che, non essendo più capaci di produrre qualcosa, erano divenuti un peso per la società… Una società che così dimenticava che tutti gli esseri umani hanno una dignità intrinseca, ma soprattutto volgeva le spalle al tesoro di conoscenza che solo l’esperienza può fornire. Avrai notato, per esempio, che i cacciatori di pallidi comunicano a grugniti. Non te ne sei chiesto il motivo? Il professore sgranò gli occhi. Se anche il suo cervello aveva registrato il dettaglio, non era minimamente la prima cosa a cui aveva pensato, e probabilmente nemmeno la seconda o la decima. - La conoscenza viene principalmente dalla tradizione - spiegò Coop, che non si aspettava una risposta, - ma alla tradizione la tua civiltà ha voltato le spalle. Se si eliminano coloro che detengono il sapere, la cultura può sopravvivere soltanto negli artefatti: ma, se questi vengono distrutti da vandali iconoclasti che leggono la Storia coi paraocchi dell’ideologia, applicandovi i canoni del presente per poterla interpretare secondo le proprie categorie relativistiche… Ecco le conseguenze: in pochi decenni, perfino qualcosa di apparentemente elementare come il linguaggio è andato perduto: e forse è proprio questo il segno più evidente di quella regressione a cui abbiamo dato il nome di “Lunga Notte”… *** - Ma com’è possibile che nessuno abbia reagito? - domandò Reggie, più a se stesso che al vecchio. - Nel momento in cui si è capito che la situazione stava precipitando… - …potrei dirti che, a quel punto, era già morta la speranza. Ma temo che tu sia troppo… materialista per comprenderlo appieno -. - Materialista?! - strabuzzò gli occhi Bliss. Coop sospirò. - Che tu ci creda o no, una delle pratiche che danno maggiori benefici alla salute psico-fisica degli individui è la preghiera. Ma anche le religioni, finite sotto la tagliola del pensiero unico, si trovarono impossibilitate a proclamare la verità

43


44

Notizie Pro Vita & Famiglia

sull’uomo… quando non si assoggettarono esse stesse al mondo, per improvvisa quanto deleteria smania di compiacerlo… Così, per esempio, rinunciando a esaltare quelle differenze che ci rendono tutti unici - e con pari in dignità -, cercarono di annullarle in nome di una distorta concezione di ecumenismo corrispondente a un Nuovo Ordine Mondiale. Ma, quando i veicoli del trascendente si fecero servi dell’immanente, avvizzirono come piante cui venga a mancare la luce. E, con la loro fine, si spense anche la fiamma della fiducia nell’avvenire, e il pianeta piombò in una sorta di rassegnata apatia… - Quindi… sarebbe per questo che nessuno si oppose? Per… assuefazione?! Non è una spiegazione un po’ troppo… filosofica?! L’anziano sorrise lievemente tra sé. - Se ne vuoi una più… pratica… posso dirti che i Governi non poterono intervenire, bloccati nel cortocircuito politicamente corretto che essi stessi avevano creato. Quando era divampata la crisi sanitaria, le proteste

dei “loro” cittadini erano state represse in modo via via più energico: in seguito, però, in piazza andarono quelle stesse minoranze che il pensiero unico aveva reso intoccabili, e a cui dunque le istituzioni non poterono che concedere qualsiasi licenza (inclusa quella di devastazione) quando scoppiò la “pandemia di povertà”… - La… la pandemia di… di povertà?! - ripeté Reginald sgranando gli occhi. - Anch’essa ampiamente prevedibile, e infatti qualcuno provò a mettere in guardia i grandi tessitori: invano… Il mondo intero, in quei giorni, era come ebbro di una gigantesca menzogna probabilmente la più abnorme mai propalata: l’illusione che l’uomo avesse un’influenza dirompente sul clima -. - Ma è così! - gridò il professore, nuovamente saturo. - Tutti i dati a nostra disposizione affermano… - Hai ragione - concesse una volta di più l’anziano, - ma a volte erano manipolati e, più spesso, mal interpretati per adattarli al teorema, anziché adattare la teoria alle nuove scoperte… e


gennaio 2022

fu proprio sulla base di quei dati “ballerini” che vennero imposti i provvedimenti costosissimi che dissanguarono i popoli, scatenando rivolte violente che, in ultima analisi, provocarono il collasso della nostra civiltà. Si voleva raggiungere il risibile obiettivo della cosiddetta “neutralità climatica”, ignorando gli allarmi dei pochi scienziati che osavano gridare la verità: il clima cambia sempre, seguendo quasi esclusivamente fenomeni naturali come l’attività del Sole, i movimenti periodici dell’orbita e dell’asse terrestre, il vulcanismo. La pretesa che l’uomo potesse condizionare tanto significativamente un sistema così complesso non era solamente uno smisurato miraggio collettivo, era un atto di arroganza tale che non poteva restare impunito… Coop tacque, come a sottolineare il fatalismo del suo racconto. Reginald lo imitò, rimuginando sulle sue parole. Ma il silenzio non durò a lungo, e fu di nuovo l’anziano a romperlo. - Ora sai praticamente tutto, professor Bliss: perciò, cosa intendi fare? -

*** La domanda fece nuovamente correre un brivido lungo la schiena di Reggie. - Che… che dovrebbe significare? - balbettò. - Che hai una grande opportunità per cambiare le cose - spiegò Coop, - anzi, direi un’opportunità unica -. Bliss si prese qualche istante per riflettere. - Non sono un guerriero… - rispose quindi, - ma potrei certamente mettere le mie conoscenze a vostra disposizione… L’anziano rimase a sua volta in silenzio per un po’. - Potresti certamente - riconobbe, - e ne saremmo onorati. Qualcuno anche più degli altri. Non è vero, Vala? Reginald sgranò gli occhi mentre la ragazza sbucava fuori dall’ombra, e suo padre sorrideva come di un’innocente marachella. - Diciamo che non mi dispiacerebbe - confermò Vala. - Tu… hai sentito tutto? - le domandò il professore, prima di rivolgersi all’anziano. - E lei… sapeva? -

45


46

Notizie Pro Vita & Famiglia

- Mio padre sa sempre tutto - rispose la donna per entrambi, - a volte mi domando come faccia… Per la cronaca, comunque, potrei insegnarti io a combattere: e tu magari potresti dividere con noi un po’ di quel tuo sapere andato ormai perduto -. Vala si accucciò a terra accanto a Reggie, fingendo di perdere per un attimo l’equilibrio per potersi appoggiare al suo braccio. Il professore avvampò all’istante. - Sarebbe… fantastico! - esclamò, abbozzando un sorriso imbarazzato. - Sarebbe fantastico - ripeté Coop, - se è ciò che vuoi davvero -. La precisazione fece subito adombrare Bliss. - Cosa intende? - chiese in tono più brusco di

quanto avrebbe voluto. - Solamente che non c’è mai un’unica soluzione per un problema - rispose l’anziano senza scomporsi. - Tu credi nella predestinazione? - Certo che no! - replicò Reginald con spavalda indignazione. - Lo stesso vale per me… nessuno potrà mai convincermi che l’uomo non sia l’artefice del proprio destino. E, a questo punto, il senso del mio ragionamento dovrebbe esserti chiaro -. Ma non lo era neanche lontanamente, o forse, semplicemente, a livello inconscio il professore rifiutava di aderirvi. Si morse le labbra e, ancora una volta, Coop parve coglierne la perplessità attraverso il silenzio.


gennaio 2022

- Immagino che tu non abbia previsto un viaggio di sola andata… - sospirò. Reggie strabuzzò gli occhi. - Beh… no, ma… - E questo presente, per te, non è necessariamente il futuro… ma solo uno degli infiniti futuri possibili… Bliss rimase senza fiato, come se fosse stato colpito da un diretto allo stomaco durante un incontro di boxe. Non ci aveva minimamente pensato. Fino a quel momento, aveva creduto che gli eventi che stava vivendo fossero ineluttabili, probabilmente perché il normale scorrere del tempo non permette di fare un diverso tipo di esperienza: ma, se fosse tornato indietro… se avesse dato l’allarme… se avesse illustrato al mondo la china pericolosissima che aveva già iniziato a prendere…

…lo avrebbero preso per pazzo. Poco, ma sicuro. E lui era altrettanto sicuro che non avrebbe potuto sopportarlo. Però… aveva sempre la macchina del tempo… aveva la possibilità di mostrare al suo mondo la Lunga Notte, non solo di raccontarla! E, dopotutto, anche in quel presente, che corrispondeva al suo futuro, lo conoscevano… anche se non ne sapeva il motivo, e qualcosa gli diceva che l’anziano non gli avrebbe risposto se glielo avesse domandato. D’improvviso, comunque, l’opzione che Reginald non aveva voluto considerare parve farsi più concreta davanti ai suoi occhi. Doveva tentare. Anche se avrebbe significato abbandonare quel mondo che lui stesso aveva contribuito a plasmare, portando con sé solo la speranza - non la certezza - di riuscire davvero ad aiutarlo…

47


48

Notizie Pro Vita & Famiglia

anche se avrebbe significato (soprattutto) lasciare lei… la ragazza che ancora si stringeva al suo braccio, fissandolo con quello sguardo così imperscrutabile… Il viaggiatore del tempo chiuse gli occhi, ascoltando il suo cuore battere all’impazzata. Non sarebbe dovuto essere così complicato… Pillola blu o pillola rossa? Il futuro presente o il presente passato? Le due opzioni, entrambe attraenti

quanto spaventose, lottarono nella sua mente per degli istanti infiniti… ma, quando il professor Reginald Bliss aprì gli occhi, sapeva cosa doveva fare. Gli parve di potersi specchiare nelle fiamme danzanti, e annuì tra sé, dapprima impercettibilmente, poi con maggiore decisione. Perché a una notte, anche se lunga, non può che seguire una nuova aurora.


gennaio 2022

49

SALDI WWW.VESTILAFAMIGLIA.IT IL NEGOZIO ONLINE DI GADGET E ABBIGLIAMENTO PRO VITA & FAMIGLIA

p r o v i t a e f a m i g l i a . i t


50

Notizie Pro Vita & Famiglia

In cineteca

Segnaliamo in questa pagina film che trasmettono almeno in parte messaggi valoriali positivi e stimolano il senso critico rispetto ai disvalori che vanno di moda. Questo non implica l’approvazione o la promozione globale da parte di Pro Vita & Famiglia di tutti i film recensiti.

.

Il circo della farfalla Titolo originale: The Butterfly Circus Paese di produzione: Stati Uniti d’America Anno: 2009 Durata: 20 min Genere: drammatico Regia: Joshua Weigel In Redazione ci sembra incredibile che finora non ci sia venuto in mente di consigliare ai nostri Lettori la visione di questo film. Un vero capolavoro. Un cortometraggio facilmente reperibile su internet, gratuito, da far vedere e rivedere a grandi e piccoli. Il protagonista è Nick Vujicic, un predicatore cristiano, motivatore, nato senza gambe e senza braccia, sposato, padre di quattro figli. Recita la parte di un “fenomeno da baraccone” che crede di non saper fare niente e che la sua vita non abbia senso. Poi, un giorno, incontra il direttore del Circo della Farfalla (un grandissimo Eduardo Verastegui). Non vogliamo anticipare altro della storia. I messaggi positivi che con delicatezza e poesia il film trasmette sono diversi: c’è sempre la speranza di risorgere dalle proprie ceneri; c’è una misteriosa e meravigliosa bellezza in ogni essere umano; non bisogna arrendersi davanti alle difficoltà perché «più difficile è la sfida, più grande sarà la vittoria»; aiutare gli altri non vuol dire assistenzialismo pietistico, ma vuol dire anche lasciarli camminare con le proprie gambe (anche se

ne sono privi!); cerchiamo di recuperare lo sguardo dei bambini nel vedere e giudicare le cose, con semplicità, realisticamente, ma senza pregiudizi; ricordiamo che ciascuno è artefice della sua fortuna; se impariamo a comprendere e ad accettare gli altri con le loro difficoltà, sapremo più facilmente relativizzare e superare le nostre… e forse, più di tutto e soprattutto: in ogni bruco c’è in potenza una farfalla e ogni vita è degna di essere vissuta.


gennaio 2022

In biblioteca La famiglia non si tocca Massimo Gandolfini Panorama Srl

Scommessa sulla morte Vittorio Messori Ares

Si può acquistare on line e ritirare presso l’edicola più vicina il libro del Presidente dell’Associazione Family Day che mette insieme teoria ed esperienza sul campo dopo più di sei anni di battaglie per la libertà educativa e non solo. La prefazione è firmata da Maurizio Belpietro. «Il focus del libro è mostrare con argomenti razionali e scientifici (quindi non religiosi o confessionali), che il miglior ambiente per la crescita della personalità di un bambino è rappresentato dalla famiglia naturale, in cui c’è un papà maschio e una mamma femmina», Ha detto l’Autore a ProVita & Famiglia. «È davvero fondamentale l’amore ma l’amore non è sufficiente. Il bambino ha bisogno, anche sul piano biologico e antropologico, di un ambiente in cui, per costruire la sua personalità in maniera armonica, possa confrontarsi e differenziarsi rispetto a una mamma femmina e a un papà maschio». Nonostante gli innumerevoli tabù infranti, il mondo contemporaneo ne ha innalzato uno su cui appare quasi sconveniente indagare: la morte. Non è possibile però eludere il problema né tantomeno il dramma personale che toccherà ciascuno: «La proposta cristiana è un’illusione o una speranza autentica a cui dare credito?» La nuova edizione di questo libro si interroga sull’evento più misterioso e più certo che segna la conclusione (o un nuovo inizio?) di ogni esistenza, esaminando le risposte offerte nel corso della storia, i tentativi di eludere o nasconderne la sgradita eppure ineluttabile presenza. «Gesù non ha dato “buoni consigli” per aiutare gli altri uomini a superare l’angoscia della morte. Per chi lo accetta, ha vinto la morte con la sua risurrezione, anticipo e pegno della risurrezione di tutti». [Vittorio Messori]

51



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.