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La lunga notte
un racconto breve di Mirko Ciminiello
I nostri Lettori hanno già avuto modo di apprezzare i racconti originali fi rmati dal nostro Mirko Ciminiello. Racconti “distopici”, ambientati in un futuro prevedibile sulla base di tendenze del presente percepite come altamente negative. Il genere di Orwell, di Huxley, o, per fare un esempio più recente e popolare, il genere di Hunger Games: il genere di Ciminiello è, in particolare, politicamente molto scorretto. La lettura è agile, gradevole e intrigante: siamo certi, perciò, che sarà apprezzata da giovani e meno giovani. Anzi: invitiamo gli adulti a proporla ai ragazzi affi nché, attraverso un racconto di fantasia, si interroghino e rifl ettano sui principi non negoziabili e sui valori che oggi sono troppo spesso dimenticati.
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Desolazione, ruderi, rovine. Ovunque si estendesse il suo sguardo, non c’era che distruzione. Chiuse gli occhi, si premette le mani contro il viso come per scacciare un incubo. Ma, quando li riaprì, l’incubo era ancora lì, più vivo e reale che mai. Nessun suono, nessuno in vista, solo macerie in ogni direzione, fi no all’ultimo orizzonte. Com’era possibile? - Ehi! - si sentì chiamare. - Cosa fai lì? Vuoi farti prendere? Dopotutto, a quanto pareva, qualcuno c’era. Un uomo sui quarant’anni, avrebbe detto, ma era diffi cile esserne certi, sia perché la fi gura non era vicinissima, sia perché aveva il viso seminascosto dal cappuccio di un mantello. E non era l’accessorio più bizzarro che indossava: l’arco a tracolla batteva nettamente ogni altra assurdità. Ma che diavolo stava succedendo?! - Da chi? - domandò, replicando all’esortazione dell’interlocutore. - Chi è che dovrebbe prendermi? Per qualche istante lo strano personaggio restò immobile e in silenzio, come se stesse soppesando chi aveva di fronte, cercando di valutare se rappresentasse un pericolo: anche se dei due non era lui ad essere armato - una scelta che in quel momento rimpiangeva amaramente. - Davvero non sai niente?! - domandò poi quella specie di Robin Hood, la voce stridula di incredulità. - Ma com’è possibile? Da dove vieni? - Vengo da… da molto lontano - rispose lui, con solo un minimo accenno di esitazione. Era vero, in un certo senso - solo non nel senso a cui chiunque avrebbe pensato, che era precisamente ciò che lui voleva. Non poteva raccontare come stavano esattamente le cose, non a rischio di sembrare un pazzo. Lui stesso avrebbe trovato la propria storia, come minimo, sconclusionata. E non gli sembrava proprio il caso di sfi dare la sorte. - I cacciatori di pallidi - disse poi l’arciere, rispondendo alla sua precedente domanda con il tono di chi spiega un’ovvietà a un bambino un po’ tonto. Impressione certo non smentita dall’espressione attonita che gli si disegnò sul viso. Con un sospiro stizzito, l’incappucciato si indicò la mano e poi il braccio, ma fu solo quando si tirò un lembo di pelle che lui capì. Senza riuscire a crederci. Scosse la testa, insistentemente, rifi utando con ostinazione di accettare ciò che aveva appena appreso.
L’apparizione imprecò tra sé. - Mi chiamo Vala - disse poi, ma lui non ebbe il tempo di reagire in alcun modo perché subito, improvvisamente, si sentì un rumore in lontananza. - Sono loro! Dobbiamo nasconderci! Presto! Lui però non si mosse, ancora troppo sotto shock. Intanto il suono si avvicinava, lento ma inesorabile. Stridii meccanici, ma anche voci. Di colpo, l’uomo si abbassò il cappuccio. Solo che non era un uomo, bensì una donna. Ed era anche più giovane di quanto lui avesse giudicato: poteva avere al massimo trent’anni, anche se sulla percezione della sua età infl uivano la durezza dei lineamenti e lo sguardo affi lato che parevano testimoniare di un qualche oscuro passato. Lui strabuzzò gli occhi. Ma non oppose resistenza quando la ragazza gli afferrò il polso e lo trascinò al riparo dietro a un grosso tronco abbattuto e semi-bruciato. Da dietro quel riparo improvvisato, dopo qualche minuto videro spuntare una specie di carretto tirato da uno scalcinato gruppetto. Ma fu solo quando si avvicinarono che i dettagli del quadro si delinearono in modo inquietante. Gli uomini, tutti dalla carnagione olivastra tipica del Medio Oriente, erano vestiti di pelli di animali, portavano ai fi anchi delle rudimentali armi bianche, e comunicavano tra loro attraverso un linguaggio gutturale, aspro e, all’apparenza, estremamente semplifi cato. Il trabiccolo sembrava essere stato ricavato da un’automobile, di cui però restava solamente il telaio. Sopra allo scheletro metallico era stata montata una gabbia di legno, all’interno della quale si dibatteva un prigioniero barbuto, mentre un altro se ne stava immobile, sdraiato sul fondo della trappola, più rassegnato che sottomesso. Ed entrambi avevano inconfondibilmente un incarnato roseo. Pallido. Lui non riusciva ancora a credere ai propri occhi. Istintivamente cercò di sporgersi per vedere meglio, ma Vala lo costrinse immediatamente a tornare a nascondersi. Stettero in silenzio a lungo, anche dopo che il piccolo corteo era già scomparso oltre l’orizzonte. Lui continuava a scuotere la testa, meccanicamente, gli occhi lucidi di lacrime che non volevano saperne di lasciare le palpebre, come temendo che il pianto avrebbe reso tutto realmente reale. - Come…? Quando…? - si lasciò sfuggire dalle
Il nostro Autore ha chiamato il protagonista di questo racconto Reginald Bliss in omaggio a Herbert George Wells (1866-1946). Il prolifi co scritt ore inglese, considerato da molti uno dei “padri della fantascienza”, usava Reginald Bliss come pseudonimo. Wells, nelle sue opere, tra le quali qui è d’uopo ricordare La macchina del tempo, ha previsto l’avvento di viaggi nello spazio, armi nucleari, televisione satellitare, qualcosa di simile all’ingegneria geneti ca e al World Wide Web.
labbra, senza davvero rivolgersi a qualcuno. La donna lo squadrò ancora per qualche istante, poi dovette decidere che aveva veramente a che fare con qualcuno completamente scollegato dal mondo. - Andiamo - lo esortò, rialzandosi. Lui esitò, e lei alzò lo sguardo esasperato al cielo. - Ti porto da mio padre Coop. Lui sarà in grado di spiegarti tutto… tutto quello che è successo da quando sulla Terra è scesa la “Lunga Notte” -.
- Padre, lui è… Vala s’interruppe, rendendosi conto che non conosceva il suo nome. - Reggie - rispose lui senza pensare. - Reginald Bliss - si corresse poi, avanzando tra le rocce dell’oscura grotta in cui era stato scortato per tendere la mano al vecchio. L’uomo però non gliela strinse, ma tese entrambe le sue verso il suo volto, facendolo sobbalzare. - È cieco - gli spiegò allora la ragazza, - usa il tatto come noi usiamo la vista -. - Oh… - fece Reginald, lasciando quindi che le dita dell’anziano gli scorressero lungo il viso. - Sento che sei confuso… - disse poi l’uomo, - e spaventato… - A quanto pare - commentò la fi glia, - è l’unico sul pianeta che non ha idea di cosa sia successo negli ultimi decenni. Forse ha dormito fi nora… Bliss si morse le labbra, mentre Coop rimase impassibile. - Niente di assurdo - sentenziò questi. - Qual è l’ultima cosa che ricordi? Era proprio quello che Reggie temeva: una sorta di interrogatorio. - Non… non saprei… - farfugliò. - Ho… ho ricordi… nebulosi… c…come se… avessi sognato… -
Vala alzò lievemente un sopracciglio come chi la sa lunga, ma Reginald si sforzò di ignorarla. In realtà ricordava tutto fi n troppo bene. E su una cosa la donna aveva quasi ragione: i suoi ricordi risalivano a quarant’anni prima… - Que…quegli uomini… in gabbia… - disse poi, anche per cambiare argomento, - come… cosa…? - Siamo una specie in via d’estinzione - replicò Coop con la massima calma, - e ai Cancellatori supremi piace… esporci come trofei… Il suo tono serafi co sconvolse Bliss, se possibile, ancor più di quanto non lo fosse già. - Ca…cancellatori supremi?! Tro…trofei?! Spe… specie in via d’estinzione?! - ripeté balbettando. Poi scosse vigorosamente la testa, come se ancora rifi utasse di accettare ciò che aveva visto con i suoi stessi occhi. - Ma una volta non c’erano dei valori?! I diritti umani… il rispetto delle minoranze… la cura dell’ambiente! - È vero - concesse l’anziano. - E ora eccoci qui… - aggiunse, accompagnando le parole con un ampio movimento circolare del braccio volto a evidenziare l’ambiente pietroso che fungeva da rifugio del gruppetto. Reggie ebbe un tuffo al cuore, sgranò gli occhi, le sue gambe vacillarono per un lungo istante. - Vo…volete dire… - farfugliò, la bocca arida come la sabbia del deserto, - che… che alla fi ne… la civiltà occidentale ha perso?! Sulla bocca di Coop si disegnò un sorriso amaro. - Al contrario - rispose quindi, - se siamo in questa situazione è proprio perché la cosiddetta “civiltà occidentale” ha vinto su tutta la linea… -
- Non so dirti quando tutto è cominciato, né cosa vi abbia dato inizio… non ci fu un solo fattore scatenante, ma un insieme di concause… falsi ideali propagandati per “progresso” e progressivamente imposti alla collettività… ed altri in origine giustissimi che vennero implacabilmente snaturati, come un sorriso distorto in un ghigno… È quanto accadde, ad esempio, con la lotta a ogni tipo di discriminazione, a cui tu stesso hai accennato. Era un principio sacrosanto ma, col tempo, questa forma di tutela si trasformò in una vera e propria dittatura delle minoranze, che gradualmente presero a spacciare per offesa tutto ciò che contrastava con le proprie istanze e il proprio sentire: fi no a ridurre al silenzio, grazie alla tecnica della vittimizzazione, non già gli insulti vergognosi o le ignobili aggressioni, ma tutte le opinioni discordi con il pensiero unico che i Cancellatori supremi andavano affermando. La parola d’ordine divenne “politicamente corretto”, e noi, come tante rane riscaldate a fuoco lento, ci lasciammo bollire a poco a poco senza reagire, fi nché non fu troppo tardi: e un giorno, aprendo gli occhi, scoprimmo di non aver più il diritto di parola o la libertà di espressione, fagocitati da mostruosi tribunali virtuali chiamati social network: ne avrai sentito parlare, suppongo -. Bliss, seduto sulla nuda terra dal lato opposto di un fuoco scoppiettante, annuì meccanicamente, impietrito come le pareti ai suoi lati: a dispetto di tutto - inclusa la sua stessa esperienza - non
riusciva ancora a capacitarsi del fatto che le parole dell’anziano non fossero “semplicemente” una sorta di racconto dell’orrore, che descrivessero eventi realmente accaduti. - Non fu solo questo, naturalmente - proseguì Coop, non ricevendo dinieghi dal suo interlocutore, - non sarebbe bastato a… sterminarci. Ma l’idiosincrasia che l’Occidente sviluppò verso se stesso e le proprie radici raggiunse un livello tale da avere un unico sbocco possibile: l’auto-annichilimento. Ben presto, per esempio, nacque una nuova antropologia che rigettava la verità sull’uomo e sulla donna, e bandiva dall’agone pubblico chiunque osasse insistere ad affermarla. Bisognava fi ngere che non si fosse segnati dalla biologia, ma che fosse possibile a chiunque “cambiare sesso” anche se il DNA la pensa diversamente. Col tempo, queste menzogne vennero propalate ovunque, anche e soprattutto con la complicità dei media, e col pretesto di educare al rispetto invasero perfi no le scuole, dove sempre più giovani e giovanissimi vennero introdotti a uno stile di vita per sua natura sterile… - C’è sempre la provetta… - intervenne Reginald in tono vagamente ironico. - Una pratica che comporta danni enormi sia alla salute delle donne sia a quella dei nascituri, che infatti, rispetto a coloro che vengono concepiti in maniera naturale, hanno in media una vita molto più breve e sono molto più segnati da patologie invalidanti, e fi nanco mortali: ma anche questo semplice dato cadde sotto la scure dell’autocensura politicamente corretta. La realtà, però, prima o poi presenta sempre il conto: non solo la fecondazione artifi ciale non era una possibile soluzione per la gravissima crisi demografi ca già in atto, ma le diede il colpo di grazia. D’altronde, già da tempo vi contribuivano lo svilimento della sessualità dovuto alla contraccezione, e il peggiore degli abomini, l’uccisione dei bambini nel grembo materno -. - Ora basta! - scattò in piedi Bliss, non riuscendo più a sopportare quell’impietoso attacco a tutto ciò in cui aveva sempre creduto. - Non ce la faccio più a… a sentire… Prese a misurare a larghi passi l’interno della caverna, con la testa che gli scoppiava. L’anziano, però, non fece una piega. - La verità rende liberi, ma può fare molto male… - sospirò a un tratto.
- Quale verità? - sbottò Reggie. - Mi rifi uto di riconoscere che dei diritti come quelli che lei ha nominato possano… possano… - Scosse vigorosamente la testa. - L’aborto, per esempio, fu una conquista, una norma di civiltà! E quelli che lei chiama “bambini” non sono altro che grumi di cellule! - Davvero? - lo rimbeccò Coop, la voce velata da una nota di ironia. - E per caso c’è qualche particolare evento che trasforma magicamente questi… grumi di cellule in esseri umani? - Beh… - farfugliò Bliss, - i…immagino che… - E quando si verifi cherebbe esattamente questa magia? - lo incalzò il vecchio. - In che momento della gestazione si diventa delle persone? Dopo tre mesi, dopo sei, nell’istante del parto? Me lo sai dire, professore? Reginald stava disperatamente cercando di appigliarsi alle proprie convinzioni ma, per quanto la mente gli ribollisse, gli sembrava di avere una scatola vuota al posto del cranio. Improvvisamente, però, dopo quelle che gli erano parse ore intere, qualcosa gli scattò nel cervello, qualcosa che non c’entrava niente con la fi lippica di Coop: qualcosa che gli fece correre un brivido lungo la schiena. - Come… - balbettò, la voce ridotta a un sussurro, - come mi ha chiamato? - Di colpo, il silenzio all’interno dell’antro parve diventare più fi tto, più oscuro. - Io…io non ho mai… non ho mai detto di essere… un professore… L’anziano respirò a fondo. Se fosse turbato, nient’altro lo diede a vedere. - Tutti fuori - disse poi con la massima calma ai suoi accoliti, - lasciateci soli, per favore… Uno dopo l’altro, i membri del suo gruppo si allontanarono. Vala fu l’ultima a lasciare il vano di roccia, non prima che il padre l’avesse rassicurata sul fatto che non vi era alcun pericolo. - Non sono stato del tutto onesto con te, professor Bliss - ammise quindi Coop una volta che furono rimasti soli, - e per questo ti porgo le mie più sincere scuse -. Reggie, che era tornato ad accucciarsi accanto alle fi amme, strabuzzò gli occhi. - Dunque… dunque lei mi… mi conosce?! Sul viso del vecchio affi orò un debole sorriso. - Naturalmente - confermò quindi. - Chi non conosce il professor Reginald Bliss… l’inventore della macchina del tempo? -
Reggie saltò nuovamente in piedi, rabbrividendo ancora all’istante. - Che cosa?! - gridò. - Lei… voi… sapevate?! Coop annuì di nuovo. D’improvviso, sembrò invecchiato di (altri) cent’anni. Bliss era
furibondo, si sentiva tradito e umiliato: eppure, di fronte all’atteggiamento remissivo dell’anziano non se la sentì di inveire, e a poco a poco la sua rabbia scemò, tramutandosi in qualcosa che assomigliava di più a una curiosa malinconia. Si soffermò a osservare le fi amme che danzavano nell’oscurità, e le loro ombre che ne seguivano il ritmo sulle pareti, e gli sovvenne il “mito della caverna” di Platone. E se fosse stato vero che tutto ciò che sapeva, tutto ciò che credeva di sapere era solo apparenza? Che la vera conoscenza risiedeva in luoghi e persone che quarant’anni prima, nel suo presente, avrebbe irriso e disprezzato? Si sedette di nuovo, senza dire una parola, allungando le mani per scaldarsele al calore del focolare. - So che sei confuso, e perplesso… - disse a un tratto il vecchio, - ma credo anche che tu sia curioso: non si può essere scienziati senza essere curiosi -. Reginald annuì, poi, ricordandosi della cecità dell’interlocutore, glielo confermò a voce. - Se vuoi, posso continuare a raccontarti ciò che è accaduto dopo l’inizio del tuo viaggio - riprese Coop. - O, se preferisci, puoi chiedere, e io risponderò alle tue domande -. Il professore si prese un attimo per valutare la proposta, poi scosse la testa. - È che… è tutto talmente… assurdo… - Posso capire che ai tuoi occhi sembri così… ma in realtà negli eventi dell’ultimo mezzo secolo c’è… fi n troppa logica… Prendi la scena che hai visto quando Vala ti ha trovato. È stata resa possibile dalla scomparsa pressoché totale della cosiddetta “razza bianca”: ma i semi di questa estinzione etnica c’erano già al tuo tempo, ed erano fi n troppo visibili. Solo che nessuno (perlomeno nessuno di coloro che
avrebbero potuto agire per opporvisi) li ha voluti vedere -. - Parla… di nuovo di… di quello che…? - Parlo di bioetica, e ne parlo praticamente a 360 gradi. Che futuro può avere una civiltà che uccide i propri fi gli prima ancora che nascano… che insegna che è meglio non procreare… che sopprime gli anziani e i malati e la spaccia per compassione…? - Questo non è vero! - scattò di nuovo Reggie. - L’eutanasia si applica soltanto a coloro che la chiedono, e… - Questo è ciò che ti hanno raccontato, ma la realtà è che nessuno desidera davvero morire, e chi lo afferma sta lanciando un disperato grido d’aiuto per essere salvato dalla sofferenza, dalla solitudine, dalla tristezza - ma non dalla vita, che non è certo una malattia. Senza contare che già alla tua epoca si perpetravano abusi mostruosi, eliminando anche quanti non ne avevano fatto richiesta, oppure estorcendone il consenso sulla base di un’antropologia funzionalista che li induceva a credere che, non essendo più capaci di produrre qualcosa, erano divenuti un peso per la società… Una società che così dimenticava che tutti gli esseri umani hanno una dignità intrinseca, ma soprattutto volgeva le spalle al tesoro di conoscenza che solo l’esperienza può fornire. Avrai notato, per esempio, che i cacciatori di pallidi comunicano a grugniti. Non te ne sei chiesto il motivo? Il professore sgranò gli occhi. Se anche il suo cervello aveva registrato il dettaglio, non era minimamente la prima cosa a cui aveva pensato, e probabilmente nemmeno la seconda o la decima. - La conoscenza viene principalmente dalla tradizione - spiegò Coop, che non si aspettava una risposta, - ma alla tradizione la tua civiltà ha voltato le spalle. Se si eliminano coloro che detengono il sapere, la cultura può sopravvivere soltanto negli artefatti: ma, se questi vengono distrutti da vandali iconoclasti che leggono la Storia coi paraocchi dell’ideologia, applicandovi i canoni del presente per poterla interpretare secondo le proprie categorie relativistiche… Ecco le conseguenze: in pochi decenni, perfi no qualcosa di apparentemente elementare come il linguaggio è andato perduto: e forse è proprio questo il segno più evidente di quella regressione a cui abbiamo dato il nome di “Lunga Notte”… -
- Ma com’è possibile che nessuno abbia reagito? - domandò Reggie, più a se stesso che al vecchio. - Nel momento in cui si è capito che la situazione stava precipitando… - …potrei dirti che, a quel punto, era già morta la speranza. Ma temo che tu sia troppo… materialista per comprenderlo appieno -. - Materialista?! - strabuzzò gli occhi Bliss. Coop sospirò. - Che tu ci creda o no, una delle pratiche che danno maggiori benefi ci alla salute psico-fi sica degli individui è la preghiera. Ma anche le religioni, fi nite sotto la tagliola del pensiero unico, si trovarono impossibilitate a proclamare la verità
sull’uomo… quando non si assoggettarono esse stesse al mondo, per improvvisa quanto deleteria smania di compiacerlo… Così, per esempio, rinunciando a esaltare quelle differenze che ci rendono tutti unici - e con pari in dignità -, cercarono di annullarle in nome di una distorta concezione di ecumenismo corrispondente a un Nuovo Ordine Mondiale. Ma, quando i veicoli del trascendente si fecero servi dell’immanente, avvizzirono come piante cui venga a mancare la luce. E, con la loro fi ne, si spense anche la fi amma della fi ducia nell’avvenire, e il pianeta piombò in una sorta di rassegnata apatia… - Quindi… sarebbe per questo che nessuno si oppose? Per… assuefazione?! Non è una spiegazione un po’ troppo… fi losofi ca?! L’anziano sorrise lievemente tra sé. - Se ne vuoi una più… pratica… posso dirti che i Governi non poterono intervenire, bloccati nel cortocircuito politicamente corretto che essi stessi avevano creato. Quando era divampata la crisi sanitaria, le proteste dei “loro” cittadini erano state represse in modo via via più energico: in seguito, però, in piazza andarono quelle stesse minoranze che il pensiero unico aveva reso intoccabili, e a cui dunque le istituzioni non poterono che concedere qualsiasi licenza (inclusa quella di devastazione) quando scoppiò la “pandemia di povertà”… - La… la pandemia di… di povertà?! - ripeté Reginald sgranando gli occhi. - Anch’essa ampiamente prevedibile, e infatti qualcuno provò a mettere in guardia i grandi tessitori: invano… Il mondo intero, in quei giorni, era come ebbro di una gigantesca menzogna - probabilmente la più abnorme mai propalata: l’illusione che l’uomo avesse un’infl uenza dirompente sul clima -. - Ma è così! - gridò il professore, nuovamente saturo. - Tutti i dati a nostra disposizione affermano… - Hai ragione - concesse una volta di più l’anziano, - ma a volte erano manipolati e, più spesso, mal interpretati per adattarli al teorema, anziché adattare la teoria alle nuove scoperte… e
fu proprio sulla base di quei dati “ballerini” che vennero imposti i provvedimenti costosissimi che dissanguarono i popoli, scatenando rivolte violente che, in ultima analisi, provocarono il collasso della nostra civiltà. Si voleva raggiungere il risibile obiettivo della cosiddetta “neutralità climatica”, ignorando gli allarmi dei pochi scienziati che osavano gridare la verità: il clima cambia sempre, seguendo quasi esclusivamente fenomeni naturali come l’attività del Sole, i movimenti periodici dell’orbita e dell’asse terrestre, il vulcanismo. La pretesa che l’uomo potesse condizionare tanto signifi cativamente un sistema così complesso non era solamente uno smisurato miraggio collettivo, era un atto di arroganza tale che non poteva restare impunito… Coop tacque, come a sottolineare il fatalismo del suo racconto. Reginald lo imitò, rimuginando sulle sue parole. Ma il silenzio non durò a lungo, e fu di nuovo l’anziano a romperlo. - Ora sai praticamente tutto, professor Bliss: perciò, cosa intendi fare? La domanda fece nuovamente correre un brivido lungo la schiena di Reggie. - Che… che dovrebbe signifi care? - balbettò. - Che hai una grande opportunità per cambiare le cose - spiegò Coop, - anzi, direi un’opportunità unica -. Bliss si prese qualche istante per rifl ettere. - Non sono un guerriero… - rispose quindi, - ma potrei certamente mettere le mie conoscenze a vostra disposizione… L’anziano rimase a sua volta in silenzio per un po’. - Potresti certamente - riconobbe, - e ne saremmo onorati. Qualcuno anche più degli altri. Non è vero, Vala? Reginald sgranò gli occhi mentre la ragazza sbucava fuori dall’ombra, e suo padre sorrideva come di un’innocente marachella. - Diciamo che non mi dispiacerebbe - confermò Vala. - Tu… hai sentito tutto? - le domandò il professore, prima di rivolgersi all’anziano. - E lei… sapeva? -
- Mio padre sa sempre tutto - rispose la donna per entrambi, - a volte mi domando come faccia… Per la cronaca, comunque, potrei insegnarti io a combattere: e tu magari potresti dividere con noi un po’ di quel tuo sapere andato ormai perduto -. Vala si accucciò a terra accanto a Reggie, fi ngendo di perdere per un attimo l’equilibrio per potersi appoggiare al suo braccio. Il professore avvampò all’istante. - Sarebbe… fantastico! - esclamò, abbozzando un sorriso imbarazzato. - Sarebbe fantastico - ripeté Coop, - se è ciò che vuoi davvero -. La precisazione fece subito adombrare Bliss. - Cosa intende? - chiese in tono più brusco di quanto avrebbe voluto. - Solamente che non c’è mai un’unica soluzione per un problema - rispose l’anziano senza scomporsi. - Tu credi nella predestinazione? - Certo che no! - replicò Reginald con spavalda indignazione. - Lo stesso vale per me… nessuno potrà mai convincermi che l’uomo non sia l’artefi ce del proprio destino. E, a questo punto, il senso del mio ragionamento dovrebbe esserti chiaro -. Ma non lo era neanche lontanamente, o forse, semplicemente, a livello inconscio il professore rifi utava di aderirvi. Si morse le labbra e, ancora una volta, Coop parve coglierne la perplessità attraverso il silenzio.
- Immagino che tu non abbia previsto un viaggio di sola andata… - sospirò. Reggie strabuzzò gli occhi. - Beh… no, ma… - E questo presente, per te, non è necessariamente il futuro… ma solo uno degli infi niti futuri possibili… Bliss rimase senza fi ato, come se fosse stato colpito da un diretto allo stomaco durante un incontro di boxe. Non ci aveva minimamente pensato. Fino a quel momento, aveva creduto che gli eventi che stava vivendo fossero ineluttabili, probabilmente perché il normale scorrere del tempo non permette di fare un diverso tipo di esperienza: ma, se fosse tornato indietro… se avesse dato l’allarme… se avesse illustrato al mondo la china pericolosissima che aveva già iniziato a prendere… …lo avrebbero preso per pazzo. Poco, ma sicuro. E lui era altrettanto sicuro che non avrebbe potuto sopportarlo. Però… aveva sempre la macchina del tempo… aveva la possibilità di mostrare al suo mondo la Lunga Notte, non solo di raccontarla! E, dopotutto, anche in quel presente, che corrispondeva al suo futuro, lo conoscevano… anche se non ne sapeva il motivo, e qualcosa gli diceva che l’anziano non gli avrebbe risposto se glielo avesse domandato. D’improvviso, comunque, l’opzione che Reginald non aveva voluto considerare parve farsi più concreta davanti ai suoi occhi. Doveva tentare. Anche se avrebbe signifi cato abbandonare quel mondo che lui stesso aveva contribuito a plasmare, portando con sé solo la speranza - non la certezza - di riuscire davvero ad aiutarlo…
anche se avrebbe signifi cato (soprattutto) lasciare lei… la ragazza che ancora si stringeva al suo braccio, fi ssandolo con quello sguardo così imperscrutabile… Il viaggiatore del tempo chiuse gli occhi, ascoltando il suo cuore battere all’impazzata. Non sarebbe dovuto essere così complicato… Pillola blu o pillola rossa? Il futuro presente o il presente passato? Le due opzioni, entrambe attraenti quanto spaventose, lottarono nella sua mente per degli istanti infi niti… ma, quando il professor Reginald Bliss aprì gli occhi, sapeva cosa doveva fare. Gli parve di potersi specchiare nelle fi amme danzanti, e annuì tra sé, dapprima impercettibilmente, poi con maggiore decisione. Perché a una notte, anche se lunga, non può che seguire una nuova aurora.