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Aborto, pedofilia e laicità
Francesca Romana Poleggi
Un parroco di Macerata, don Andrea Leonesi, che ha avuto l’ardire di predicare il Vangelo e la dottrina cattolica durante un’omelia, è finito nel tritacarne mediatico della dittatura del pensiero unico.
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Le affermazioni di don Andrea Leonesi, di Macerata, in difesa della sentenza della Corte
Costituzionale polacca che ha dichiarato
l’illegittimità dell’aborto eugenetico, hanno sollevato tanto scalpore da finire in Tv. Del caso si sono occupate persino Le Iene di Italia 1. Il servizio che abbiamo visto ci impone di condividere con i nostri Lettori alcune considerazioni. Prima considerazione: ma i laici sono davvero “laici”? In un convegno di partito, l’intervento dei relatori viene valutato e criticato dai membri del partito stesso. Eventualmente sarà sanzionato dal segretario o dal presidente del consesso. Coloro che militano in altri partiti è ovvio che non siano d’accordo: la loro critica sarà scontata. Ma laddove vige un briciolo di democrazia, mai si sognerebbero di dire che quel relatore ai suoi sodali quella cosa non poteva dirla. Questo ragionamento, mutatis mutandis, nonostante sia abbastanza semplice e scontato, non vale quando si tratta di sacerdoti della Chiesa cattolica (o Vescovi, o Papi): i non cattolici si arrogano sempre il diritto di censura.
La “laicità” di molti è vero “laicismo”, cioè intollerante e antidemocratica mancanza di rispetto della libera professione religiosa.
Don Leonesi durante un’omelia ha scatenato l’inferno per aver chiesto se fosse più grave l’aborto o la pedofilia.
La cosa ha tanto infastidito i maître à penser del pensiero unico, che è finito nel tritacarne mediatico (tanto da non poter uscire di casa per diverso tempo). Nel servizio de Le Iene citato, poi, Nina Palmieri ha più volte ribadito che è un insulto paragonare un crimine esecrabile come la pedofilia a un diritto delle donne, l’aborto, protetto da una legge dello Stato (n. 194 del 1978). Le Iene hanno poi inviato al malcapitato sacerdote una finta parrocchiana che - con una telecamera nascosta - ha cercato di metterlo alla berlina per un’altra “grave” sua affermazione dal pulpito: la lettera di San Paolo agli Efesini, capitolo 5, dove l’Apostolo parla della sottomissione della moglie al marito, e dell’amore del marito per la moglie. Ci chiediamo: dato che si tratta di discorsi rivolti ai suoi
fedeli, presumibilmente cattolici praticanti, a Le Iene che si professano orgogliosamente “laiche” cosa interessa?
Chi poteva sindacare era il Vescovo (che però ha difeso don Andrea). Il fatto è che forse la “laicità” non è - come vorrebbe l’accezione traslata del termine - una “razionale” equidistanza dalle convinzioni religiose: si tratta di vero e proprio “laicismo”, intollerante e antidemocratico, che non rispetta la libera professione della religione garantita a tutti dalla Costituzione. In tempi in cui c’è tanta “sensibilità” per il “sessismo”, il “razzismo” e “l’omotransfobia”, si considera
normale, buona e giusta la “cristianofobia”. Siamo pronti al martirio?
Ad ogni modo, aspettiamo con ansia un analogo servizio de Le Iene - con telecamera nascosta - a proposito delle prediche dell’imam di turno che spiega la condizione della
donna nell’Islam.
In tempi in cui c’è tanta “sensibilità” per il “sessismo”, il “razzismo” e “l'omotransfobia”, si considera normale, buona e giusta la “cristianofobia”. Siamo pronti al martirio?
La chiesa parrocchiale dell’Immacolata, dove don Leonesi ha avuto l’ardire di predicare secondo la dottrina cattolica.
Seconda considerazione: «Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore... E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei» (Ef 5, 22) Non sta a noi entrare nell’ambito dell’esegetica. Mi si perdonerà una piccola invasione di campo, perché da donna mi sento chiamata in causa dalle varie Nina Palmieri che si urtano per queste parole di san Paolo. Il fatto è che coloro che si scandalizzano non
hanno idea di chi sia Gesù Cristo, di cosa sia
la Chiesa (la Sua sposa!) e di cosa abbia fatto Lui per lei duemila anni fa, e che cosa faccia ancora oggi durante la celebrazione di ogni Santa Messa. Se ogni moglie si adoperasse per stare sottomessa al marito, e ogni marito si adoperasse per amare la sua sposa come Cristo ha amato la Chiesa (fino alla Passione e alla Croce), non avremmo più né una separazione né un divorzio e forse neanche una lite coniugale. Si tratta certamente di un ideale di perfezione che confina col Mistero. È già difficile per i credenti. I non credenti, per favore, non se ne interessino proprio.
Terza considerazione: l’aborto e la pedofilia Non devo spiegare ai nostri Lettori che l’aborto è l’uccisione volontaria e premeditata di un bambino innocente. I “laici” tentano di
giustificare la cosa perché ritengono che il
piccoletto non sia una persona, così come, fino al 1865, si ritenevano i neri non-persone, negli Usa; o come si ritenevano non-persone gli Ebrei ai tempi del nazismo; oppure si ritiene che la madre abbia il diritto di disporre della vita dei figli, come nell’antica Roma quando c’era lo ius vitae ac necis del pater familias; oppure si ritiene che il principio di uguaglianza valga senza distinzioni di sesso, razza, lingua ecc., ma non valga in ragione dell’età. Insomma, di scuse per legalizzare l’aborto ce ne sono diverse, ma la sostanza dell’atto non cambia.
Dopo don Leonesi, altri due sacerdoti sono finiti nel tritacarne mediatico della novella Inquisizione laicista (tutt’altro che “santa”): don Mario Martinengo di Cremona ha ribadito la dottrina cattolica di condanna degli atti di omosessualità; don Bruno Borelli ha pubblicato sul canale Youtube della sua parrocchia di San Maurizio, a Erba,le sue omelie: «Oggi verso il male c’è un pensiero debole, si dice che il peccato non è peccato, che il male è un bene, è un diritto, accettando azioni intrinsecamente cattive come l’aborto, il divorzio, l’omosessualità. Invece Giovanni Battista non si fa scrupolo a chiamare i peccatori “razza di vipere”». Indignata e scandalizzata, stavolta, è la Barbara D’Urso di Canale 5…
Il termine “laico” strettamente inteso indica tutte le persone che non sono sacerdoti, frati o suore. Ormai, però, ha assunto un significato traslato che va a coincidere con “ateo”: il “laico”, di solito, si vanta della sua razionalità e della sua equidistanza da ogni credo religioso.
Porsi il problema se l’uccisione di un bambino sia peggiore o meno di un abuso sessuale è un assurdo (e l’intento di don Leonesi era certamente provocatorio). Certi abomini in
quanto tali non sono graduabili. Anzi. A detta di
don Fortunato Di Noto, che con l’associazione Meter, combatte la pedopornografia da più di trent’anni e si prodiga per il recupero dei bambini abusati, «la pedofilia è un omicidio psichico». Anche la pedofilia uccide, pur senza fermare fisicamente il cuore della vittima. «Il bambino è tradito, manipolato, può andare incontro a uno stato dissociativo, a una grave depressione, a sensi di colpa intensi che minano il senso della propria identità. Nei soggetti prepuberi, ciò che si va a colpire è l’evento trasformativo fisico e psichico dell’adolescenza. Gli effetti di questo omicidio psichico sono permanenti e perduranti nelle relazioni affettive e sociali». Quindi, se ancora la pedofilia ci fa orrore, altrettanto orrore dovrebbe fare l’aborto: in tutti e due i casi c’è un “grande” che abusa di un “piccolo”.
Quarta considerazione: il “diritto” all’aborto Il problema vero non è se la pedofilia sia più o meno grave dell’aborto. Il problema vero è che l’aborto è un abominio come la pedofilia. Ma la propaganda ha camuffato l’abuso in diritto: alla gentile Nina Palmieri bisognerebbe spiegare che una legge dello Stato che viola la legge naturale è una legge ingiusta, quindi non è
Fino al 1865, negli Usa, si ritenevano i neri non-persone; si ritenevano non-persone gli Ebrei ai tempi del nazismo; oggi è non-persona il bambino nel grembo: la madre ha lo ius vitae ac necis, come nell’antica Roma il pater familias: il principio di uguaglianza vale per il sesso, la razza, la lingua ecc., ma non vale in ragione dell’età.
legge (lo diceva anche Marco Tullio Cicerone). Il diritto è un interesse protetto dalla legge. L’aborto, ammesso e non concesso che sia un interesse, è protetto da una non-legge, perciò non è affatto un diritto.
Quinta considerazione: la legge 194 è la legge più maschilista degli ultimi cinquant’anni. Non solo. La propaganda abortista ha
ingannato noi donne spacciando per nostra conquista quello che invece è un escamotage della società maschilista per deresponsabilizzare se stessa e il padre:
sono incita e mi trovo in condizioni socioeconomiche tali per cui un figlio sarebbe un enorme peso? Invece di aiutarmi a risolvere i miei problemi, la legge consente al padre del bambino di eclissarsi e mi "offre" la possibilità di abortire - che si rivela una scelta obbligata, quindi non una “scelta”! Eliminato il bambino, mi ritrovo con gli stessi problemi socio-economici che avevo prima e in più sarò madre di un bambino morto: e il trauma profondo che ho inflitto a me stessa (ho violentato il mio ancestrale istinto materno) presto o tardi mi provocherà seri problemi psicofisici. Quindi, l’aborto non solo uccide un bambino, ma distrugge anche la donna (è stato definito un “suicidio differito” della madre). Alla brava conduttrice de Le Iene vorrei offrire lo spunto per un altro servizio (magari con telecamera nascosta): la legge 194 è la legge più maschilista degli ultimi 50 anni.