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Aborto

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A cura di Silvana De Mari

Cronache della legge 194

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«Ho scelto di non accogliere la vita»

Ricevo questa lettera. Una delle tante voci che non ascoltiamo perché sono censurate.

«Parlare di aborto oggi non è facile, tutti abbiamo già deciso da che parte stare, cosa credere di dover sostenere, in una maniera o nell’altra, per confermare la nostra libertà. Quello che vorrei fare invece io è portarvi la mia esperienza, vissuta sulla mia pelle, con il mio cuore, il mio cervello e la mia inconsapevole umanità. Io ho potuto scegliere di non accogliere la mia gravidanza, ragionando con il mio compagno di vita, e pensando alla mia famiglia e occupazione. Ho scelto liberamente, le ragioni non contano molto, non mi sentivo in grado di avere un terzo figlio. Il giorno stesso è stato triste e ha lasciato un profondo senso di solitudine mentre tornavo a casa dalla mia famiglia. Nel tempo, nei mesi successivi è cresciuto in me un pensiero duro, forte da sopportare, quello di aver tradito la vita, ma non retoricamente, io intendo proprio la mia vita, quella che mi aveva permesso di avere figli, quella che ogni giorno mi dava la speranza, la gioia e l’amore dei miei cari. Ho capito che una donna non può sapere a cosa va incontro facendo una scelta del genere, non immagina quanto pesi questa scelta e quanto la possa cambiare. Per questo ho deciso di scrivere questi pensieri. Vorrei promuovere la condivisione e il confronto, lasciarsi aiutare da chi lo vuole fare, ascoltare anche chi non è d’accordo con noi, darci del tempo per decidere. Perché abortire non è un

atto che promuove e nobilita la donna, anzi è di per se stesso contro la natura della donna, al di là di ogni credo o di ogni posizione

politica. Dire «No» alla vita di un altro, non può non lasciare un segno: io l’ho voluto cogliere, vedere e di questo segno mi faccio

«Nel tempo, nei mesi successivi all’aborto, è cresciuto in me un pensiero duro, forte da sopportare: quello di aver tradito la vita».

portavoce. Non ha senso soffrire dopo per non avere il coraggio prima di scegliere per la vita. Oggi sono una donna che avrà sempre in testa e nel cuore il suo terzo figlio, che non potrà dimenticarlo, ma che fortemente

spera di convincere la donna che ha di fianco

a non fare il suo stesso errore. Noi donne, se vogliamo lottare per la nostra femminilità, dobbiamo smetterla di non prenderci le responsabilità che abbiamo. Possiamo farlo. La maternità è una di queste».

E ora a questa voce dolente possiamo contrapporre quella trionfale del ministro Speranza.

«Nella nuova stagione sarà fondamentale guardare ai temi della famiglia in un’ottica diversa da quella di chi vuole rinchiudere nuovamente le donne in casa. La restaurazione che propone una certa destra nega la sessualità femminile, anche con l’attacco sostanziale alla legge sull’aborto.

«Una donna non può sapere a cosa va incontro facendo una scelta del genere, non immagina quanto pesi questa scelta e quanto la possa cambiare».

Siamo dinanzi a uno degli elementi più gravi del processo di involuzione culturale che si sta cercando di imporre al nostro Paese» (Roberto Speranza, 24 agosto 2019).

Avere il cuore spezzato è un diritto umano. La morte è un diritto umano. Il dolore è un diritto umano. Come siamo riusciti a creare un mondo in cui la morte di una piccola creatura umana e l’anima ferita di

sua madre sono diritti umani? 

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