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La verità difende gli obiettori di coscienza
Hermann Zagler
Il dottor Hermann Zagler ha risposto qualche tempo fa a una lettera pubblicata su L’Alto Adige che si scagliava, con i soliti luoghi comuni, contro gli obiettori di coscienza. Vuole condividere i suoi argomenti anche con i nostri Lettori.
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Nel 2016 ho redatto la mia tesi sulla legge 194 del 1978, per cui, credo di avere voce in capitolo onde approfondire questo tema. La materia è delicata e va trattata con rispetto anche nei confronti di coloro che non la pensano come gli abortisti. Di solito, invece, i discorsi sulla questione sono intrisi di demagogia. Si cita soltanto l’art. 1 della legge 194 e il “diritto all’aborto” come un diritto inviolabile, ma si tace sugli artt. 2, 3 e 5 par. a), perché con essi le istituzioni e il volontariato sono invitati a fare il massimo sforzo per evitare l’aborto: il legislatore, infatti, è - dovrebbe essere - conscio del fatto che con ogni aborto perde anche un contribuente. Non è piacevole quando l’interlocutore non vuole incontrarsi alla pari e argomenta in modo soggettivo, parziale e non veritiero. Qui in Alto Adige, da fonte ospedaliera assolutamente sicura, risulta evidente che non
è vero che le gestanti devono subire lunghe
attese per l’interruzione di gravidanza, perché attualmente si aggirano a circa dieci giorni, di cui sette giorni di sospensione legale, per cui l’attesa effettiva è di tre giorni! Siamo ben lontani dai periodi di attesa per altre operazioni in ospedale… Pertanto l’argomento delle lunghe attese è falso e l’idea di alcuni di chiedere un risarcimento da parte degli obiettori è assurda e senza fondamento. Ogni aborto costa alla comunità ben 2.000 euro, per cui per la Sanità della nostra Provincia, nel 2018, per i 524 aborti legali il costo totale è stato di oltre un milione di euro! La cifra diventa esorbitante se pensiamo che dall’entrata in vigore della legge 194 sono stati praticati in Italia circa sei milioni di aborti.
C’è poi un’eccessiva disinvoltura sul procedimento dell’intervento da parte delle istituzioni sanitarie. La scienza e (nonostante tutto) anche la Cassazione - si veda per esempio la sentenza 27539/2019 del 30 gennaio 2019 - asseriscono che il feto è persona, e prima o poi
il legislatore dovrà affrontare questo aspetto.
Per quanto riguarda la scelta professionistica, il ginecologo ha preso questa strada non perché deve occuparsi anche dell’aborto, ma perché vi sono moltissime malattie da curare e soprattutto ci sono i bambini da far nascere. Oltretutto il medico deve sottostare al giuramento di Ippocrate. Non si può giustificare in alcun modo l’accanimento degli abortisti contro gli obiettori di coscienza, perché non uccidere un «individuo umano» (definito come tale dal Comitato Nazionale di Bioetica, almeno in ben tre occasioni) è e rimane un dovere (e un diritto) fondamentale dell’uomo, sancito da trattati internazionali e dalla Costituzione italiana stessa. È sotto gli occhi di tutti il risultato della Seconda guerra mondiale con oltre 55 milioni di morti, perché si è deciso di far prevalere la legge sui diritti dell’uomo. Pochi sanno che durante il processo di Norimberga i giudici hanno condannato i nazisti che invocavano il dovere di ubbidire alle leggi del Terzo Reich: secondo loro avevano il dovere di sollevare l’obiezione di coscienza. Quindi i ginecologi non solo hanno il diritto inviolabile, ma anche il dovere di obiettare. La filosofa e storica Hannah Arendt lo spiega bene con il suo detto: «Nessuno ha il dovere di obbedire!», perché prima di tutto vanno rispettati i diritti fondamentali dell’uomo sanciti dal diritto naturale e se la legge è in contrasto, va respinta senza esitazione. Siamo arrivati al punto di voler sovvertire anche i principi fondamentali della Costituzione? Con voce autorevole, papa Francesco ha dichiarato: «L’aborto è affittare un sicario per far fuori una vita umana», parole pesanti e chiare, che non lasciano spazio a interpretazioni. Di questi tempi appaiono spesso sui giornali a livello nazionale e locale articoli che lanciano l’allarme demografico: l’Italia si dibatte con il grave problema della denatalità, che assilla ormai il Paese da molti anni. Nel 2018 ogni donna ha dato alla luce in media 1,29 figli e il numero dei morti ha superato le nascite di ben 193.386 persone, secondo l’Istat. Per quanto riguarda le
I dati dell’Alto Adige sono analoghi ai dati delle altre Regioni riportati dall’ultima
Relazione ministeriale al Parlamento sull’attuazione della legge 194: i tempi di attesa per abortire sono assolutamente congrui in tutta Italia; e il numero di aborti che devono essere praticati dai medici non obiettori è decisamente sostenibile. Tant’è vero che moltissimi non obiettori sono adibiti a svolgere compiti diversi dall’aborto. Qualora le donne dovessero incontrare lunghe liste d’attesa per l’aborto, la cosa non dipende affatto dall’obiezione di coscienza, ma dalla cattiva organizzazione e dall’inefficienza delle Asl: quella che purtroppo a ogni cittadino tocca spesso constatare nelle più svariate circostanze.
nascite il Bel Paese è il fanalino di coda in Europa e spera invano di sopperire a questa mancanza tramite l’immigrazione. E le statistiche dicono che gli aborti legali da parte delle immigrate è del 30,3% sul totale degli aborti nazionali, però l’incidenza degli immigrati è solo dell’8,5% della popolazione nazionale. Non rispettare la legge dovrebbe causare denunce e condanne in tribunale. Perché invece si permette
in larga misura di disattendere agli articoli della legge 194, in cui si invita a evitare aborti e ridurre
così la mancanza di nuove nascite? Sarebbe ora che i politici si mettano in cammino per una valida e duratura politica familiare e se non provvedono a una svolta efficace, è compito dell’elettore di fare le scelte ben ponderate in fase di elezioni. Questo aspetto è stato in Italia fin troppo trascurato e non possiamo chiudere gli occhi davanti a una irreparabile rovina che si prospetta. Alla fin fine ogni bambino abortito è un fallimento della nostra società, che purtroppo è improntata non sulla difesa della vita umana, ma su un’esasperata e cieca volontà individuale ed edonistica che in fin dei conti riesce solo a soddisfare effimeri desideri personali. Il diritto alla vita di un uomo è un diritto fondamentale e va rispettato e difeso da tutti, credenti o non credenti.
Il grande filosofo e giurista romano Marco Tullio Cicerone (106-43 a.C.) scrisse nel De Republica (III, 22,33): «Certamente esiste una vera legge: è la retta ragione; essa è conforme alla natura, la si riscontra in tutti gli uomini; è immutabile ed eterna; i suoi precetti richiamano al dovere, i suoi divieti trattengono dall’errore; ma essa però non comanda o vieta inutilmente agli onesti né muove i disonesti col comandare o col vietare. A questa legge non è lecito apportare modifiche né toglierne alcunché né annullarla in blocco, e non possiamo esserne esonerati né dal senato né dal popolo, né dobbiamo cercare come suo interprete e commentatore Sesto Elio; essa non sarà diversa da Roma ad Atene o dall’oggi al domani, ma come unica, eterna, immutabile legge governerà tutti i popoli e in ogni tempo, e un solo dio sarà comune guida e capo di tutti: quegli cioè che elaborò e sanzionò questa legge; e chi non gli obbedirà, fuggirà se stesso e, per aver rinnegato la stessa natura umana, sconterà le più gravi pene».