FIGURINE
SPLENDORE DELL’EXPO FRANCESCO RAPAZZINI
“C
elo, celo, celo, manca. Celo, celo. Mancaaaaa!!!» Chi non si è scambiato le figurine durante la ricreazione a scuola? Chi non ha guardato con occhio sadico il compagnuccio che tanto desiderava la figurina mancante, che implorava di averla? «E tu cosa mi dai in cambio?”, si domandava alla vittima ormai piagnucolante e pronta a tutto. Le sue figurine da barattare le si aveva già tutte. E allora? Un compito di matematica lasciato bellamente copiare oppure un’entrata d’ufficio nella sua squadretta di calcio che era la più forte di tutto il quartiere? Quand’ero bimbetto ci si scambiava le figurine Panini dei calciatori, dei cantanti, degli animali. E allora, perché non ci interessava affatto, non sapevamo certo che le prime figurine sono nate in terra di Francia, a Parigi per la precisione. Fu un geniale signore, tal Jean Bognard nato a Ginevra nel 1828 – quindi svizzero di nazionalità – che le inventò tra il 1866 e il 1867. Bognard, che aveva acquistato la litografia dal Sieur Dechavanne per 61mila franchi – 34 torchi e 50 operai – in rue de la Perle nel vecchio quartiere del Marais, creò così, tra cartelloni pubblicitari e calendarietti distribuiti dalle farmacie o dai grandi magazzini, le prime litografie e cromolitografie di piccolo formato. Tutte, ahimè, anonime. Questo Bognard inventando le figurine,
Esposizione Universale di Parigi, 1889: La Torre Eiffel (pubblicità grandi magazzini Au Petit St. Thomas, Parigi); da una serie di 32 figurine Esposizione Universale di Parigi, 1867: Padiglione con il modellino dell'istmo di Suez (pubblicità dei grandi magazzini Au Grand Monge, Parigi) e Cottage inglese; da una serie di 14 figurine
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inventò per loro l’idea della serie, che porta con sé l’idea della curiosità – ossia l’impulso di sapere quali siano le altre immagini che la completano – e quindi, per conseguenza, quella della collezione. Il nostro Bognard aveva lanciato l’idea in concomitanza di quella di un altro signore, molto più importante di lui, tal Napoleone III imperatore, che volle, ottenne e inaugurò il 1° aprile 1867 la settima Esposizione Universale a Parigi. Detta anche Esposizione dell’arte e dell’industria, questa kermesse che riuniva 41 paesi marcò l’apogeo del Secondo Impero. Gioacchino Rossini, sia detto per inciso, ne compose l’inno ufficiale. Ebbene, il nostro Jean Bognard saltò sull’occasione e stampò una serie di quattordici figurine che mostrano alcuni palazzi innalzati ad hoc sul vasto terreno degli Champs de Mars – dove oggi c’è la Tour Eiffel. La sua furbizia non fu solo quella di incidere a colori queste figurine, ma pure quella di chiedere ad alcuni grandi magazzini se non volessero partecipare al loro costo e avere in contropartita il loro nome stampato sull’immagine stessa. Il Grand Monge e Au Bon Marché risposero presente: Bognard poté così allegramente e impunemente stampare migliaia e migliaia di queste figurine, alcune con i nomi dei suoi clienti in grande evidenza, altre invece assolutamente mute e vendute o distribuite per altri canali. Ecco
FIGURINE quindi che a uno scorcio del padiglione dell’istmo di Suez reclamizzato dal Grand Monge fa da contraltare quello «vergine» del Cottage inglese, ambedue disegnati dallo stesso artista. L’idea delle figurine durante l’Esposizione in Francia ebbe un tal successo che dodici anni dopo quando l’Esposizione universale si ripresentò a Parigi dopo aver vagato per Vienna e per Philadelphia, le piccole immagini dei padiglioni tornarono prepotentemente in auge. Stavolta, però, l’esclusiva non era più di Bognard, altri suoi concorrenti si erano messi in lizza e, agguerriti più che mai, misero in commercio le loro produzioni. Tra questi quella gran lenza di Paul Eugène Aubry, da poco nel mestiere, che con la sua litografia al 54 della rue des Saints-Pères, nel cuore del quartiere di SaintGermain, fece concorrenza feroce al suo collega. Impossibile in effetti distinguere una cromo eseguita dal primo o dal secondo stampatore. Stessi colori, stessi disegni, stesso identico risultato. L’idea di questi litografi – e dei loro artisti disegnatori – era quella di magnificare in maniera spettacolare i miti moderni celebrati dalle architetture delle esposizioni universali. Ecco allora l’impressionante colonnato del Trocadéro – oggi distrutto – o il più sobrio padiglione italiano o la grande pagoda cinese o, ancora, l’interno stupefacente del palazzo innalzato per rendere omaggio alle Indie inglesi… Le figure umane – se ci sono – sono sempre tratteggiate in maniera quasi primitiva: non sono loro che interessano. L’uomo e la donna servono solo per mostrare il gigantismo dell’opera alla quale sono associati. E basta. E a proposito di gigantismo, la quarta esposizione universale parigina – ce ne era stata una prima nel 1855 – ossia quella del 1889, presentò un vero e proprio maciste di ferro, anzi una maciste, la cosiddetta Dame de fer: la torre dell’ingegnere Eiffel. E come non poterono buttarsi di nuovo sull’avvenimento i nostri cari litografi? Dei nuovi arrivati – si fa per dire – si lanciarono nella mischia e firmarono alcune cromolitografie dei nuovi padiglioni e della torre Eiffel sponsorizzate sia dai grandi magazzini
LE MOSTRE Le Esposizioni Universali in figurina Negli spazi cittadini: Portici del Collegio, di piazza Roma, del Comune tra piazzetta delle Ova e piazza Torre Fino al 31 ottobre 2015 Fantasmagoriche Expo 1851-1900. Architetture effimere e architetture simboliche al tempo delle Esposizioni Universali Biblioteca Poletti, Modena Fino al 1° agosto 2015 Per informazioni: Museo della Figurina tel. 059-2033090/2032919 web www.museodellafigurina.it email info@museodellafigurina.it
sia dai negozi di abbigliamento tali la Belle Jardinière, il Petit St. Thomas, la Parisienne e l’immarcescibile – perché è l’unico che esiste tuttora – Bon Marché. L’uno è Henry Sicard con la sua tipografia in rue Amelot al 28, non lontano dalla splendida place des Vosges, e l’altro è J. Minot che, invece, di sedi ne cambiò diverse – fu attivo fino agli Anni Trenta del Novecento – ma che nel 1889 si trovava ancora in rue Béranger, non molto distante dal suo «rivale» Sicard. Se quest’ultimo stampò le abitazioni dei galli e dei germani, figurina che faceva parte di una serie di cinquanta illustrazioni, Minot si interessò alla Pagoda d’Angkor (Cambogia) e al padiglione della Tunisia, ambedue lavorati con la nuova stampa litografica Marinoni. L’ingegnere italo-francese Auguste H. Marinoni, aveva da poco brevettato la prima macchina da stampa automatica a quattro colori. Fu sempre lui che inventò e questo già nel 1866 la stampa moderna in quadricromia: quella che, sovrapponendo l’impressione in una tonalità di giallo, nero, ciano e magenta – ossia azzurro e rosso – permette di ottenere qualsiasi tinta. Tra il 1867 e il 1889 poco è cambiato nella fattura delle figurine: stessi colori, stessa mano. Stesso artista? Il gioco si fa ben diverso invece per l’Esposizione del 1900: ancora Parigi! Come se fosse l’unica città al mondo a poter accogliere con costanza e in maniera perseverante i palazzi effimeri e il suo pubblico… Ma tant’è. Il 14 aprile fu inaugurata dal presidente della Repubblica Emile Loubet e accolse, fino a che non chiuse i battenti 212 giorni dopo, ossia il 12 novembre, la bellezza di 50 milioni di visitatori. Calcolatrice alla mano: quasi 236mila presenze giornaliere. Come si dice “trionfo” in francese? Per quest’edizione dell’Esposizione le figurine si erano fatte più sofisticate. E le serie più importanti. Quella realizzata da Minot, ancora lui!, e che pre-
Esposizione Universale di Parigi, 1878: Il Colonnato del Trocadero, Italia, Indie inglesi, da una serie di 12 figurine
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Esposizione Universale di Parigi, 1889: Pagoda d’Angkor, Cambogia (pubblicità dei Grandi magazzini Au Bon Marché, Parigi); Abitazioni dei Galli e dei Germani (pubblicità abbigliamento Maison de la belle Jardinière, Parigi)
Esposizione Universale di Parigi, 1900: Palazzo dell’elettricità (pubblicità dei grandi magazzini Au Bon Marché, Parigi); Galleria delle macchine (pubblicità del cioccolato Suchard, Neuchâtel)
senta tra gli altri la Porte Binet e il meraviglioso Palazzo dell’Elettricità, conta ben settantacinque illustrazioni diverse. Stesso numero per la serie concorrente di… guarda caso, il concorrente del Minot già nella tornata del 1889, Henry Sicard che nel frattempo si era associato con lo stampatore A. Farradesche. Dicevamo più sofisticate: i bei blu-notte delle immagini del Palazzo dell’Elettricità – che fece tanto scalpore durante l’esposizione stessa – e della Porte Minot nonché l’accurata esecuzione dei dettagli nella figurina della Sala delle Feste sono davvero formidabili. Nel 1900 la pubblicità si fece ben più invadente rispetto a prima. Le serie sponsorizzate dei grandi magazzini del Bon Marché o del Musée de Cluny restano tuttora piuttosto discrete nonostante il nome stampigliato a caratteri maiuscoli sulla cartoli-
colorate. La fattura è assolutamente identica a quella delle immagini del 1900. Uno degli sponsor di questa serie di 12 figurine – nonostante a margine del disegno appaia ben marcato «18 dessins» – è una società torinese, la Cerutti, e la didascalia che spiega ciò che vi è raffigurato è trilingue: italiano, tedesco e inglese. Evidentemente queste figurine erano state pensate per tre mercati diversi. La storia delle figurine e delle Esposizioni universali non si ferma qui, certo. Ma noi sì. Perché qui si ferma la mostra che Modena le consacra in occasione di Expo 2015, e fino al prossimo 31 ottobre, in diversi spazi cittadini. Ottanta brillanti e dettagliati ingrandimenti delle citate figurine arredano così i portici del Collegio, quelli di piazza Roma, del Comune tra piazzetta delle Ova e piazza Torre. E per chi volesse vedere gli origi-
na stessa. Discrete soprattutto rispetto alla cioccolateria Suchard di Neuchâtel. Gli svizzeri, si sa, quando ci si mettono, lo fanno di buzzo buono. Testardi e perseveranti come tutti i montanari. Ebbene, la serie della Suchard, composta da dodici figurine, fa apparire il nome della maison ovunque e direttamente nel disegno stesso. Un esempio? Per quella che rappresenta la Galleria delle Macchine, la prima della serie, si può leggere il nome Suchard ben otto volte! Un po’ troppo anche per chi adora il cioccolato… L’Esposizione del 1904 non si tenne più a Parigi. Alla Ville Lumière si preferì una città americana fondata comunque da coloni francesi e che proprio quell’anno festeggiava i i suoi 240 anni di vita: Saint Louis nello stato del Missouri. Ebbene, anche per quest’occasione vennero stampate delle figurine
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nali, la Biblioteca Poletti, sempre a Modena, li presenta nella bella e soprattutto interessante mostra Fantasmagoriche Expo 1851-1900. Architetture effimere e architetture simboliche al tempo delle Esposizioni Universali. Insomma, architetture fantasmagoriche nelle strutture, effimere nel tempo e simboliche del progresso. La tour Eiffel ne è un esempio più che eclatante. E se queste costruzioni dovevano stupire per la loro fattura, le figurine stesse che ne riproducono fedelmente le forme stupirono gli uomini e le donne dell’epoca grazie alla cromolitografia, quella nuova tecnica di stampa che, per la prima volta, consentiva di tenere tra le mani e collezionare per pochi centesimi immagini dai colori smaglianti. E se di tutto ciò non si serbava più memoria, queste due mostre ce lo fanno meravigliosamente ricordare.