Nunziare magazine n.11/2024

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Vi presentiamo un futuro ecosostenibile.

L’applicazione di sistemi e di prodotti innovativi, capaci di consumare sempre meno energia e di conseguenza in grado di abbattere sensibilmente le emissioni di CO2 nell’atmosfera, è il principale obiettivo del gruppo Cecere Management, finalizzato al benessere delle famiglie e alla tutela del nostro pianeta.

è il risultato della nostra visione. Non solo un modo di fare impresa, ma un modo preciso di stare al mondo.

editor's note

E poi arriva l’estate e ci ricorda qual è il metro della felicità.

Quanto è importante fermarsi? Contemplare un tramonto sdraiati su una soffice rete, godere dei suoni, degli odori, dei colori della natura. Stare seduti in una casa da tè, seguire i bioritmi del proprio corpo, trascorrere del tempo in luoghi isolati, spogliarsi di tutti i ruoli, le frenesie e le zavorre di un intero anno?

Per alcuni, come vedremo, si tratta di diritti inalienabili, appresi fin da bambini, sanciti per legge (365 giorni all’anno) e incentivati addirittura dai governi. Per altri, di valori diventati tratti distintivi dell’identità nazionale, utilizzati persino come strumento per proposte turistiche di valore.

Dove qualcuno sostituisce la naturale necessità di indugiare con il culto dell’efficienza e associa il benessere al consumo, al successo e al guadagno - convertendo sempre più beni liberi in merce asservita alla logica del profitto -, qualcun altro invece insegna come riappropriarsi della vera qualità della vita, intrinsecamente legata a un sano equilibrio tra uomo e natura.

Ne parliamo a pagina 78 con il direttore della Scuola di psicoterapia analitica “AION” di Bologna, chiedendoci anche: esistono progetti che possono aiutarci a ritrovare noi stessi?

Architetture più giuste anche per la mente? Che fungono da rifugi emotivi? In grado di occupare il paesaggio senza disturbarlo? Che aiutano ad abbassare i livelli di stress connettendoci ai luoghi? Che diventano parte integrante dell’esperienza e del viaggio, espandendo il nostro senso di benessere e persino il senso del luogo?

Mettendo in fila tutte queste domande è partita una caccia geografica che ha portato la redazione a tracciare tanti piccoli itinerari, a scovare tante gemme italiane nascoste, fuori dalle mappe dell’overtourism, che parlano di cultura, tradizioni

dei territori, architetture rispettose dei luoghi e delle persone; di festival dedicati ai sapori, angoli di mare e piccoli borghi, ciclovie e bagni di natura dove il lusso non è necessario per raggiungere la felicità.

Se questa non è sostenibilità cos’altro può esserlo? E allora: non sarà forse arrivato il momento di chiederci: che cosa ci ostacola? Perché esigenze a noi connaturate sono diventate abilità da apprendere o da riscoprire soltanto d’estate?

Non sarà forse arrivato il momento di cambiare, su scala più ampia, la lista delle priorità e utilizzare altri metri per misurare sviluppo e benessere? In via sperimentale sta già succedendo e anche di questo parliamo tra le pagine che state per sfogliare.

Buona lettura e buona estate

con- tents

ALTRO CHE PIL

> NUNZIARE MAGAZINE N.11

AGOSTO 2024

6. Editoriale

> di Yari Cecere

11. Econews

> Notizie e idee in primo piano

16. Events

> Un brillante Green Med che ha premiato anche noi

20. Poster Design da spiaggia

> Cabina al mare, storia di un simbolo dell’estate italiana

27. Inside

> Repubblica Ceca.  Riscoprire la calma in una casa da tè

> Estonia.  Una spiaggia a basso impatto per tutti

> Spagna.  Aspettare il treno in un’oasi tropicale

40. Coverstory

Altro che Pil

> Le tappe percorse dal prodotto interno lordo e quelle nuove metriche per migliorare i processi decisionali

50. Che cosa fa la felicità?

> La lezione dei Paesi nordici

55. Diario d’estate

> natura low cost, happy food, architettura a Km0 10 tappe italiane per ritrovare se stessi

66. WOW

> Yoga al The Edge, sospesi a 345 metri d’altezza

> Toorji ka Jhalra, la cisterna dell’acqua indiana

> Pinecone Treehouse, un nido sull’albero

69. Radar

Luoghi, mostre, hotel, nuovi indirizzi, libri e… molto di più!

> Tutto il meglio e il bello  che c’è scovato dalla redazione

76. TodoList

Freedom, quella pazza voglia di libertà

> 5 proposte per viaggiatori dallo spirito nomade

77.

People

Città e salute psichica quale relazione?

> La parola all’esperto

SOSTENIBILITÀ > IMPRESA > INNOVAZIONE

> Numero 11 - Anno II AGOSTO - OTTOBRE 2024

Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Napoli Nord n° 56 del 9/9/2022

EDITORE

> Yari Cecere - Cecere Development srl -

DIRETTORE RESPONSABILE E PROGETTO EDITORIALE

> Daniela Iavolato

PROGETTO GRAFICO E DIREZIONE CREATIVA

> Emanuela Esposito

REDAZIONE

> Via Paolo Riverso, 57 - Aversa

STAMPA

> Tuccillo Arti Grafiche Srl - Afragola (NA)

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> notizie e idee in primo piano

Nature Restoration Law

Il complicato iter di una legge che dovrebbe interessarci di più.

Bloccata a marzo, oggetto di continue battute d’arresto e di una campagna di disinformazione senza precedenti, durante la Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione e alla siccità che cade ogni 17 giugno, grazie all’Austria - contraria in una prima fase -, è stata approvata la Nature Restoration Law, la legge sul ripristino della natura e del mare.

La normativa - percepita positivamente dall’opinione pubblica, secondo un sondaggio condotto da Savanta -, punta ad invertire decenni di danni, ripristinando almeno il 20% degli ecosistemi degradati entro il 2030 e quasi tutti gli habitat in cattive condizioni entro il 2050. Ma perché è così importante il ripristino ecosistemico? Perché abbiamo costruito un “non” ecosistema che oggi sta minando la nostra salute e la nostra possibilità di futuro. Perdiamo suolo destinato all’agricoltura e quello che rimane è sottoposto a processi di desertificazione. La varietà di insetti e specie utili è in costante

diminuzione; oceani, foreste e zone umide - che fungono da importanti pozzi di carbonio -, sono sempre più vulnerabili.

La biodiversità fornisce aria pulita, acqua dolce, suolo di buona qualità e impollinazione delle colture, aiutandoci a ridurre rischi e cambiamenti climatici.

Il problema? È che, sebbene dipendiamo da queste cose, non le sostiamo abbastanza innescando, senza rendercene conto, ripercussioni a catena.

Secondo la Commissione Europea, l’80% degli habitat comunitari è infatti in cattive condizioni e la perdita di una specie può produrre ripercussioni di vasta portata sulla catena alimentare, favorendo l’estinzione in successione anche di altre specie.

La natura è anche economia. Quasi la metà del Pil mondiale, parliamo di 40 mila miliardi di euro, dipende dalla biodiversità e dalle sue risorse.

Ogni euro investito nell’incremento delle risorse naturali può generare almeno 8 euro di ritorno economico.

La legislazione, infine, mira ad introdurre cambiamenti specifici anche nelle città interpellate per espandere e ripristinare il metabolismo urbano interrotto, le dimensioni e il numero degli spazi naturali per un diritto più sano alla vita.

Con il voto favorevole dell’Austria si chiude così una situazione di stallo cominciata nel 2022, quando la legge sul ripristino della naturatassello chiave del Green Deal europeo - è stata presentata per la prima volta dalla Commissione europea.

Un sistema interconnesso

Prima lo capiamo, meglio è!

Quando una balena muore, il carbonio contenuto nel suo corpo va a stoccarsi sul fondo degli oceani: si calcola che ogni grande balena sia capace di sequestrare in media 33 tonnellate di CO2. Oggi vivono solo un quarto delle balene una volta presenti sul pianeta. Stessa funzione per i tanto perseguitati squali e per le razze, la cui cattura su scala globale impedisce di stoccare negli oceani fino a 5 milioni di tonnellate di carbonio. Un apicoltore attento una volta disse «l’unico modo per comprendere cosa sta accadendo è quello di guardare il mondo con gli occhi di un’ape». Api, farfalle, cavallette e molti altri piccoli insetti, sono i principali mediatori dell’impollinazione in natura, garantiscono la produzione di semi, frutta e verdura. Senza questi preziosi animali molte piante si estinguerebbero e la produttività verrebbe mantenuta soltanto con altissimi costi di impollinazione artificiale. I vermi sono essenziali per rendere il terreno vitale. Le zone umide controllano le inondazioni e svolgono una complessa funzione depurante (rimuovono gli inquinanti dalle acque superficiali durante la permanenza dell’acqua all’interno dell’area). La posidonia non è un’alga da strappare, ma la pianta più importante per l’equilibrio costiero dei nostri mari, tanto da essere conosciuta come il “polmone del Mediterraneo”. Le colonie di posidonia però sono tra gli ecosistemi più minacciati al mondo a causa dello sfruttamento dei fondali, dell’inquinamento e della crisi climatica. Ogni pianta, ogni creatura, ogni organismo, ogni habitat grande o piccolo che viene cancellato per opera dell’azione umana contribuisce a destabilizzare il clima ( e molto altro ) su scala locale e mondiale.

Dodo

Non è una favola, ma il racconto di un’estinzione.

Questa è la storia di un uccello endemico dell’arcipelago delle Mauritius, il dodo, finito sui francobolli e avvistato per l’ultima volta nel 1662, prima di sparire definitivamente dalla faccia della terra.

Il dodo viveva in paradiso: non aveva mammiferi predatori, rettili o insetti di grandi dimensioni intorno a sé, se aveva fame si alimentava con i frutti abbondanti offerti dalla foresta, nidificava a terra, era mite, tranquillo e poco incline al volo. Questo fino a quando non sono arrivati i coloni umani e, insieme a loro, navi cariche di scimmie, gatti, maiali, cani e topi. Da quel momento la presenza dell’uomo ne segnò, in poco meno di 70 anni, l’estinzione: la deforestazione dell’isola, la progressiva alterazione dell’ecosistema, la caccia continua all’animale dotato di scarse difese, alle sue uova lasciate allo scoperto nei nidi, resero la vita del dodo sempre più difficile. Sfruttato senza limiti - e senza tenere conto delle sue esigenze di riproduzione -, oggi il dodo è il simbolo mauriziano dell’invasione e del dominio dell’uomo sull’ambiente.

Biodiversa

L’app gioco per il monitoraggio degli ecosistemi

«Scatta e proteggi per: contribuire al più grande database di piante. Per imparare a riconoscere la biodiversità. Per conquistare regni e partecipare a un progetto collettivo di studio sul tema». A giugno, in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente, la naturetech 3Bee ha lanciato “Biodiversa”, l’app gioco gratuita che trasforma le attività all’aria aperta in un’avventura educativa, promuovendo la mappatura, la conoscenza e la conservazione della biodiversità. Scattando col proprio smartphone, una volta scaricata l’app, diventa possibile identificare facilmente le piante incontrate durante le proprie escursioni e partecipare a un archivio cooperativo dedicato alla flora in Europa, coinvolgendo altri utenti in sfide di catalogazione delle specie. L’app, stimolando la curiosità, mira ad arricchire la conoscenza e la protezione della natura ed è disponibile per IOS e Android.

Energia dalla posidonia

A Pollica il primo biodigestore europeo

I cosiddetti banquettes, ovvero, i cumuli di posidonia portati sulle spiagge dalle correnti marine a protezione dell’erosione costiera, sono diventati oggetto di studio del Comune di Pollica che, in collaborazione con l’azienda Miras Energia, sta portando avanti la realizzazione di un biodigestore, da 7 mila tonnellate l’anno, in grado di produrre energia pulita - per 500 famiglie -, dalla pianta marina in surplus mischiata alla frazione umida dei rifiuti urbani. Il progetto, il primo ed unico in tutta Europa, è stato presentato a Napoli - nell’ambito del Green Med Expo & Symposium -, dal Sindaco Stefano Pisani e premiato con il riconoscimento Claudio Cicatiello per la categoria “amministrazioni efficienti”.

05.

UN BRILLANTE GREEN MED

> L’evento di punta del Mezzogiorno dedicato ai temi della transizione ecologica.

l'uso efficiente delle risorse idriche, le comunità energetiche rinnovabili, il tessile circolare, ma anche le professioni del futuro, i borghi campani e le strategie per rivitalizzarli. A metà giugno si è conclusa, con una straordinaria partecipazione di pubblico online e in presenza, la rassegna annuale destinata a diventare un punto di riferimento per il Sud Italia per ciò che riguarda i temi della transizione verde: il “Green Med Expo & Symposium” organizzato da Ricicla.tv ed Ecomondo.

Imprese, enti e istituzioni, oltre ad attraversare la fiera Energy Med, per il quinto anno consecu-

tivo, si sono ritrovate alla Mostra d’Oltremare (Napoli), per animare una tre giorni di formazione, divulgazione e convegni che hanno visto più di 200 relatori e 35 mila utenti registrati. Aggirarsi per la fiera, per noi che siamo stati chiamati a partecipare con la nostra rivista, ha significato conoscere storie di eccellenza, visitare gli stand, venire a contatto con nuove idee, nuovi materiali e nuove pratiche, ma anche aggiornarsi sul potenziale tecnologico e innovativo del Sud, sul lavoro svolto negli ultimi anni e sugli obiettivi da realizzare nel prossimo futuro, fondamentali per disegnare una nuova rotta e cambiare il destino migratorio di molti giovani appartenenti ai nostri territori.

ABBIAMO VINTO IL PREMIO “IMPRESA VIRTUOSA” CLAUDIO CICATIELLO

Green Med Expo & Symposium è stato anche l’occasione per premiare chi, in questo momento, sta anticipando il cambiamento con un approccio pragmatico e non soltanto ideologico, diventando così un modello da seguire o replicare, in particolar modo, per lo sviluppo sostenibile del Sud. Startup, amministrazioni e imprese hanno infatti partecipato, nella sala regionale della Mostra d’Oltremare, alla cerimonia della quarta edizione del Premio Claudio Cicatiello.

L’ecosistema Nunziare - che ha candidato alla ricezione del premio il progetto “Nunziare IV” sviluppato dalla holding Cecere Management -, si è aggiudicato il riconoscimento “Impresa Virtuosa” con la seguente motivazione da parte della prestigiosa commissione giudicante: «Molte imprese fanno green, ma molto di rado

la comunicano. Per l’innovazione dei processi, l’applicabilità al mercato e la comunicazione efficace, la Cecere Management - con il progetto Nunziare IV - si aggiudica il premio intitolato alla memoria dell’Ing. Claudio Cicatiello (ex presidente ASIA, ndr)».

«Con questo progetto» - ha riferito, durante la cerimonia, la responsabile della comunicazione Daniela Iavolato (nella foto a sinistra con la targa) -, «desideriamo spostare l’attenzione dal dato ormai recepito dell’efficienza energetica, ai materiali. Il salto di classe non può essere compiuto con materiali che per estrazione, produzione e smaltimento sono insostenibili. È un controsenso, specie se consideriamo che - per gli obiettivi legati alla direttiva “Case Green” -, il numero di prodotti da isolamento di derivazione plastica - notoriamente tra i più impiegati in edilizia -, è destinato ad aumentare entro l’orizzonte 2030. È dunque necessario spostare il focus sulla filiera e valutare se quello che portiamo in cantiere pesa sul carico ambientale tanto quanto - e ben oltre - le emissioni legate alle condizioni d’uso di un edificio. Con Nunziare IV - sviluppato dalla Cecere Management -, è stato fatto esattamente questo tipo di ragionamento. I progettisti si sono interrogati, in fase di preutilizzo, sulla questione del ciclo di vita delle materie prime e, piuttosto che conformarsi alla soluzione più abusata, hanno lavorato per portare sul sito prodotti basso emissivi e riciclabili che hanno la capacità di isolare con meno costi per l’ambiente e per la salute umana».

> Nunziare IV è il primo edificio in canapa ad uso residenziale della Campania.

Per saperne di più visita il sito www. ceceremanagement.it

< di ROMINA RUSSO >

LA CABINA

Un’architettura in miniatura diventata icona della cultura balneare

DESIGN DA SPIAGGIA

> Piccole, a riga, colorate o a tinta unita, pubbliche o private, celebrate e interpretate da grandi maestri come Aldo Rossi, Luigi Cosenza e Ugo La Pietra. Le cabine, simbolo incontrastato dell’estate italiana, ci piacciono e ci riempiono di gioia perché ci riportano alle casette col tetto spiovente che disegnavamo da bambini. «Un riassunto o una riduzione dell’architettura» spiegò Aldo Rossi mentre - nel 1980 - si accingeva a presentare al salone del Mobile la sua cabina dell’Elba, realizzate al servizio di quella che fino a poco tempo fa veniva definita “villeggiatura”. Ma quando compaiono per la prima volta nel nostro Paese? Come scoppia la moda delle cabine? E a quale futuro sono destinate adesso che la vacanza lunga è soltanto un dolce ricordo? Vediamo!

status symbol delle estati andate. Deposito per pinne, fucile ed occhiali, ma anche meta di appuntamenti per primi baci, cambi di costume, giochi e organizzazione di mini pranzetti in famiglia.

Questo nei mitici anni ’80, gli anni del «tutti a mare» antecedenti a una vita iper-connessa che rendeva le riviere più festaiole e genuine.

MA LA “MODA” DELLE CABINE RISALE A MOLTO TEMPO PRIMA.

Siamo nella metà del 700 - prima a Londra e poi a

Parigi - prese il via l’abitudine di spostarsi sulle coste per godere delle salutari proprietà dell’acqua di mare. All’epoca però fare il bagno per le donne significava tenersi lontano da sguardi indiscreti così, per non farsi notare, furono inventate le “bathing machine”, cabine in legno con ruote e scaletta, capaci di spostarsi dalla spiaggia al mare - e viceversa - per immergersi nell’acqua direttamente dallo spogliatoio. Nel nostro Paese, invece, i primi esempi - fissi come quelle di oggi - comparvero per la prima volta a Livorno, nel 1781, all’interno del primo stabilimento balneare della

> Cabina al mare con terrazzino

storia italiana i “Bagni Baretti”. Questa data sancì l’inizio della storia delle cabine da spiaggia, proseguita di pari passo con la balneazione di massa e l’evoluzione di costumi e società. Spazi apparentemente minuscoli, organizzati con sedute e attaccapanni e con al centro un oblò che ha ispirato le più audaci trame del piccolo schermo, iniziano a raccontare come eravamo e la stagione più spensierata e divertente di sempre.

in foto > la cabina dell’Elba, Aldo Rossi

Negli anni ’70 l’architetto milanese, ispirandosi alle strutture notate fin da bambino durante le sue vacanze all’Isola d’Elba, tracciò il primo progetto di quattro esemplari che poi furono portate al Salone del Mobile nel 1980. Di lì a poco, Rossi avviò la produzione definitiva della Cabina dell’Elba in collaborazione con l’atelier d’arredamento Bruno Longoni che ancora oggi la produce su commissione.

ERANO GLI ANNI ’80

Chi ci stendeva t-shirt intrise di salsedine, chi le arredava e le ombreggiava con foulard multicolor, chi le trasformava in piccole case da spiaggia.

C’è stato un tempo in cui le cabine hanno rappresentato qualcosa di più che semplici spogliatoi o sgabuzzini per palette, secchielli e cianfrusaglie da mare. Per tanti, queste piccole case in legno hanno formato piccoli condomini orizzontali che nascevano a giugno e si congedavano a settembre con la promessa di… rivedersi ancora.

E ADESSO?

Da qualche anno il numero delle cabine si è dra-

sticamente ridotto per fare spazio a servizi diversi. Resistono nei luoghi dove ormai sono considerate un cult dell’arredamento da spiaggia ma… cambiando il vecchio modo di vivere il tempo e il mare, cambiano anche le funzioni, le destinazioni d’uso, i colori e le silhouette di queste micro architetture portate a un livello di design più alto e spesso utilizzate dalle griffe della moda per customizzare i più rinomati beach club del mondo.

> Le mitiche bathing machine

Marbella - Saint TropezForte dei Marmi

> Spiaggia e cabine firmate Fendi al Puente Romano Beach Resort di Marbella.
> Dioriviera. Effimeri pop-up store, tavolozze rosa chiaro e grigio per le cabine e il design del beach club Shellona, Saint-Tropez, firmato Dior.
> Tende, cuscini, sdraio e cabine. Louis Vuitton ha vestito l’Alpemare, lo stabilimento balneare della famiglia del tenore Andrea Bocelli.

> Dentro i migliori progetti, idee e iniziative… in giro per il mondo!

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Una casa da tè

> In Repubblica Ceca una chashitsu per rituali calmanti

s-e da noi espressioni come «non posso perdere tempo» o «è una perdita di tempo» accompagnano il nostro frenetico agire quotidiano, in Repubblica Ceca c’è chi, lontano dal trambusto, ha lavorato proprio sul concetto occidentale del tempo per sospenderlo e “costringere” le persone a fermarsi, prendendo spunto da una millenaria tradizione orientale: quella del tè.

Grau Architects, sulla sponda del lago Hrebinka, ha realizzato un intimo e modesto edificio in legno che richiama le tipiche chashitsu giapponesi, per invitare i passanti a sedersi e concentrare lo sguardo sulle cime degli alberi e la sconfinata superficie dell’acqua, al fine di riscoprire la calma e svuotare la mente dalle preoccupazioni quotidiane.

“Il rumore dell’acqua che sobbolle nella teiera. Una piccola stanza ricoperta di tatami. Fuori il roji, la strada rugiadosa o - come lo chiama qualcuno - il sentiero dei passi perduti”.

< LA CASA DEL TÈ >

Costruito in abete rosso e multistrato di betulla, l’intera opera rimanda all’architettura tradizionale giapponese e trasferisce nel design alcune usanze nipponiche. Entrando ogni visitatore deve chinarsi per passare sotto la trave orizzontale più bassa della struttura; un piccolo tavolo posto al centro invita invece a sedersi in ginocchio e a concentrare la propria attenzione sui suoni del bosco, la contemplazione degli alberi e i movimenti dell’acqua per un risveglio spirituale.

> Case da tè “volanti”

In Oriente il rito del tè è una tradizione millenaria, propedeutica alla meditazione, tutt’oggi praticata in piccole chashitsu, spazi puramente personali - come quelli realizzati dall’eccentrico architetto giapponese Terunobu Fujimori -, le cui casette sono tra le più note e studiate al mondo per le tecniche sostenibili utilizzate e l’evocazione fiabesca. Nella foto in basso la “casa volante di fango”, una grande ghianda sospesa, simile a un grembo materno, in cui ritrovare la serenità delle piccole cose. Si trova a Nagano, non lontano da Tokyo.

In Estonia

> Spiaggia pubblica e balneazione davvero per tutti, davvero ben fatta!

piattaforme per prendere il sole, attrezzature per il gioco dei bambini, un campo da pallavolo, un percorso pedonale e ciclabile, aree pic-nic, accessi comodi per persone con bisogni speciali, spazi relax che si fondono con aree sportive. In Estonia gli architetti del gruppo Kino Maastikuarhitektid hanno rinnovato - sulla riva sinistra del fiume Emajõgi, in un quartiere di Tartu -, una spiaggia pubblica con l’obiettivo di dotare la comunità di un luogo adatto a tutte le fasce d’età, in grado di offrire svago, attività fisica e riposo, senza impattare minimamente sull’ambiente e i processi naturali.

Da qui l’idea di percorsi studiati rispettando le piante esistenti, di architetture prendisole in legno e la creazione di una piscina poco profonda nel fiume che tiene conto della direzione della corrente per influenzare il meno possibile il naturale flusso del corso d’acqua.

foto > © MANA KAASIK, JAAN SOKK

Il progetto (pluripremiato) per occupare il paesaggio senza ingombrarlo ha coinvolto paesaggisti, biologi, ingegneri, costruttori e cittadini che hanno lavorato a stretto contatto per riqualificare l’area di intervento soggetta a finanziamento pubblico.

> Il design delle piattaforme è un ibrido tra la prua di una vecchia barca e il suo opposto, la linea rotonda. Combinando triangolo e cerchio gli architetti hanno creato l’effetto ottico di un enorme indicatore di posizione. “Sei qui!”, hanno voluto comunicare, in un ambiente pensato per promuovere uno stile di vita sano e attivo, con opportunità di svago gratuite per tutti.

Stazione di Atocha

> Un’oasi verde aspettando il treno

s-e in Italia le sale d’aspetto di alcune stazioni ferroviarie stanno diventando lounge private che costringono le persone a pagare solo per sedersi o a vagare tra negozi per ingannare il tempo, da qualche altra parte qualcuno deve essersi posto domande più serie… del tipo: «È possibile trasformare le ore di attesa in ambienti poco accoglienti, in esperienze sensoriali piacevoli, capaci - magaridi collegare i passeggeri in transito alla natura?». Di esempi noti, che creano precedenti per il futuro del design dei terminal, ve n’è più d’uno - dall’aeroporto di Singapore, al nuovo terminal dell’aeroporto internazionale di Kempegowda in India -, ma forse quello meno pubblicizzato, eppure più vicino a noi, è la stazione di Atocha a Madrid.

Uno spazio di transito, con il wow factor, passato da non luogo a “superluogo” frequentato da 15 milioni di passeggeri all’anno, ma anche da chi non deve

in foto > stazione di ATOCHA, MADRID

prendere nessun treno, grazie alla sua trasformazione in oasi di pace avvenuta nella porzione antica dove non passano più i treni.

Qui sono state trasferite piante provenienti dall’America, dall’Asia e dall’Australia per un totale di 7000 specie che accolgono i visitatori all’interno di un un’enorme serra tropicale capace di mantenere la temperatura costante a 24°C, diventando rifugio ideale nei mesi estivi.

Passare o restare per godere dei giardini esotici, del wi-fi gratuito, delle sedute yoga, delle caffetterie e delle comode sale di attesa. Gli spazi della mobilità in molte città del mondo sono in rivoluzione. Nella foto accanto il Rain Vortex del Jewel Changi Airport, l’aeroporto di Singapore tra i più sorprendenti al mondo, trasformato in luogo frequentato dove il viaggio è soltanto una delle possibilità e la vacanza inizia dall’ hub aeroportuale.

> RAIN VORTEX DI SINGAPORE

ECONOMIA DELLA CRESCITA O DELLA FELICITÀ? PROVIAMO A GUARDARE LE COSE DA UN’ALTRA PROSPETTIVA!

L’imperativo della nostra economia è la crescita ( continua ) perché la promessa è sempre stata: più Pil, più felicità per tutti. Così il prodotto interno lordo, nel tempo, è diventato lo specchio con cui giudichiamo il successo delle nostre società, la misura che stabilisce quanto stiamo bene e quanto staranno bene i nostri figli. Ma è davvero così? Crescita economica e benessere delle popolazioni sono realmente sinonimi?

E se invece vi dicessimo che il Pil non è sufficiente per capire la “ricchezza” di uno Stato? E se vi dicessimo che è arrivato il momento non solo di misurare ciò che conta davvero, ma anche di rimodulare il modo con cui misuriamo le nostre economie? Quali sono i parametri che influenzano la felicità? E quali i Paesi che danno priorità a una vita più armoniosa? Soprattutto… “come” lo fanno?

L’estate, l’unica stagione che ci invita rallentare, diventa il pretesto per riflettere sulle alternative possibili e su ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta!

< a cura di DANIELA IAVOLATO >

ALTRO CHE PIL

Chiudete gli occhi e in trenta secondi pensate alle tre cose che vorreste nella vita per la persona a cui volete più bene. Se avete pensato diventare più ricco ogni giorno, il Pil è la misura fatta per voi. Purtroppo insegniamo questo nelle università. Se invece avete pensato avere buona salute, un buon lavoro e buoni amici, avete in mente altre facce del benessere altrettanto importanti.

< ENRICO GIOVANNINI >

> Co-fondatore e Direttore scientifico dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS).

Il Prodotto interno lordo fa la felicità?

> Probabilmente è vero il contrario!

Come si misura il benessere di un Paese? Provate - come ho fatto io - a fare questa domanda in giro. Il 90% dei vostri intervistati probabilmente risponderà «attraverso il Pil», ma siamo sicuri che sia proprio così? Che cos’è il prodotto interno lordo?

E soprattutto: può una misura quasi centenaria rappresentare (da sola) il metro su cui basare la nostra relazione con il benessere, il progresso e lo sviluppo umano?

Già negli anni ’30 il suo stesso inventore, l’americano

Simon Kuznets, sostenne di “no” e mise in guardia la classe politica circa il rischio di abusare del Pil.

Benessere

e Pil non sono la stessa cosa,

la qualità della vita non può essere desunta

da un indice del reddito nazionale.
< SIMON KUZNETS >

«Il Pil non tiene conto» disse Bob Kennedy nel 1968, in un celebre discorso alla Kansas University, «della salute dei nostri figli, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago […] Il Pil comprende l’inquinamento dell’aria […] Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari […] e non fa che aumentare quando sulle ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari […]

Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta».

Questo perché il prodotto interno lordo è un indice sintetico dello sviluppo produttivo di un Paese, misura la quantità di cose che consumiamo, ma è assolutamente incapace di tenere conto di tutte quelle condizioni aggiuntive che hanno un impatto significativo sulla vita delle persone. Ciò vuol dire che una nazione potrebbe distruggere il proprio sistema sociale, dilapidare le proprie risorse naturali, inquinare i propri ecosistemi in maniera irreversibile, ma il Pil continuerebbe a registrare tutti questi abusi come segnali di progresso.

Sulla scorta di questo ragionamento Stefano Bartolini, docente di Economia della Felicità all’Università di Siena, nel suo saggio “Manifesto per la felicità”, paragona il diktat della crescita alla schizofrenia perché «con una mano costruisce qualcosa e con l’altra distrugge». Un circolo vizioso descritto anche dal filosofo Salvatore Natoli nel libro “La felicità. Saggio di teoria degli affetti”.

«Abbiamo tanto cibo da soffrire di obesità. Tante automobili da saturare l’aria. Tante merci da non avere il tempo di comprarle tutte. Cose da fare, vedere, provare. Eppure, non siamo felici. E quanto più l’economia è bulimica, tanto più cresce il senso di malessere».

< SALVATORE NATOLI >

Visione ampiamente condivisa da un gruppo internazionale di esperti di materie economiche e sociali nei paesi a più alto tasso di sviluppo. Il giornalista Luca de Biase sostiene per esempio che, da quando è stata introdotta la teoria dell’utilitarismo, gli

esseri umani hanno iniziato a pensare che la felicità è collegata al livello dei consumi e, per assicurarsene una fetta sempre più ampia, hanno dedicato al lavoro una quota sempre più alta del loro tempo. Allo stesso modo Maurizio Pallante autore de “La decrescita felice” spiega che il Pil deve essere sempre preceduto da un segno +, ma «l’equazione maggiore produttività uguale a maggiore felicità», come ricorderebbe il professor Domenico de Masi, «non ha funzionato, anzi». Lo raccontano, con grafici e dati alla mano, Richard Wilkinson e Kate Pickett nel saggio “La misura dell’anima” (The Spirit Level, 2009) in cui spiegano, in maniera vagamente aristotelica, che il fine ultimo della vita non è l’efficienza, ma un equilibrio armonico e funzionale con noi stessi e con ciò che ci circonda. Pertanto anche il nostro rapporto con le cose ha un senso solo se diventa strumento per una maggiore relazione con il mondo, invece - pur avendo cominciato a vivere in condizioni materiali migliori, pur avendo raggiunto l’apice del progresso tecnico, una vita più lunga e l’affrancamento alla povertà di massa -, i dati degli ultimi 50 anni raccontano un’altra storia. Siamo nel picco massimo dei limiti planetari, dedichiamo scarsa attenzione agli standard di vita delle generazioni future e, come se non bastasse, siamo inclini alla depressione, oppressi dall’ansia, dal successo e dal fare soldi; spinti al consumo, al superlavoro, con poca o nessuna vita comunitaria. Un quadro desolante magistralmente

fotografato da Anne Case e Angus Deaton che in un libro dal titolo terribile: “Morti per disperazione”, attribuiscono l’infelicità dei Paesi occidentali (dove l’aumento di suicidi, droghe e alcolismo aumenta drammaticamente) più alla mancanza di speranza che alla fame o alle malattie.

Il progresso produttivo, insomma, non ha mantenuto la promessa iniziale di felicità, non ha sconfitto la distribuzione iniqua del reddito, né diminuito la criminalità, eppure, continuiamo ad essere fan della crescita materiale e a metterla al centro delle scelte e degli obiettivi centrali delle politiche nazionali.

Il che, beninteso, non vuol dire che il benessere economico non sia importante, ma semplicemente che,

una volta raggiunti un buono standard di vita materiale e un reddito individuale e nazionale sufficiente, la curva della soddisfazione tende scientificamente a stagnare o a diminuire se questa non è accompagnata da altri fattori cruciali. In questo quadro il “sacro” Pil diventa per gli esperti un metro molto parziale per esprimere ciò che, nel tempo, concorre davvero al benessere di un’intera collettività.

Queste analisi - a livello globale -, hanno contribuito ad ampliare il dibattito sul collegamento tra ricchezza e felicità e invitato i policy makers di tutto il mondo a trasferire la loro attenzione su misure più complete capaci di guardare non solo al mondo della produzione, ma anche alla qualità della vita, ai desideri autentici delle persone, ai beni immateriali e al deficit ecologico generato da questo numero. D’altronde, in piena crisi delle economie floride e con una popolazione che viaggia verso i 9 miliardi di persone,

può bastare porsi come unico obiettivo continuare a correre dietro al consumismo erodendo il capitale umano e ambientale? Oppure è arrivato il momento di definire nuove metriche e nuovi sistemi di valori?

Pil e benessere - tornando alle posizioni iniziali di Simon Kuznets - non sono la stessa cosa; confonderli può portare ad indicazioni fuorvianti e causare decisioni politiche sbagliate.

VERSO IL SUPERAMENTO DEL PIL?

> Dalle Nazioni Unite all’UE, commissioni e gruppi di ricerca hanno lavorato per alternative possibili.

Intendiamoci senza crescita non c’è occupazione, ma una buona parte di ciò che è importante per il nostro benessere - dal lavoro stabile e di qualità, alle strade pulite e sicure, fino alla sanità mentale -, è fuori dal conteggio del Pil. Caricato di responsabilità non insite nel suo Dna, criticato fin dal principio per tutti i costi di cui non tiene conto, Nicolas Sarkozy, sulla scorta di un importante progetto avviato dall’OCSE per la misurazione del progresso sociale, nel 2008 mise in piedi la prima requisitoria contro il prodotto interno lordo. L’allora Presidente della Repubblica francese, chiese ai premi Nobel Joseph Stiglitz e Amartya Sen e al prestigioso economista Jean Paul Fitoussi di organizzare una commissione di studio con l’obiettivo di identificare i limiti del Pil e considerare quali ulteriori informazioni potessero contare per individuare il benessere delle persone in un’ottica qualitativa e non soltanto quantitativa. Ne derivò un report di 300 pagine dal titolo “La misura sbagliata delle nostre vite”diventato poi un libro edito da Rizzoli -, in cui, piuttosto che proporre un unico indice sintetizzatore, avanzò l’idea di una batteria di indicatori utili ad indirizzare le politiche verso un’economia più vicina ai bisogni delle persone e della natura. Capitale umano, pubblico e naturale vennero inseriti nel computo di ciò che conta e, da allora, moltissime sono state le proposte mirate a correggere o, quantomeno, ad integrare il Pil da parte dei vari Paesi, anche in virtù del raggiungimento dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.

DAL PIL AL BES.

L’Italia - pioniera da questo punto di vista -, già nel 2010 si è inserita in questo dibattito mondiale con il progetto Bes (misura del Benessere Equo e Sostenibile) sviluppato dall’Istat, che cerca di superare il problema dell’unidimensionalità del Pil grazie alla definizione di 12 asset e un set di 152 indicatori - uno per ogni dominio del benessere collettivo - che collegano aspetti ambientali e sociali alla programmazione economica e di bilancio.

“FAR CONTARE LA NATURA”.

Nel corso del tempo è stato poi sviluppato un indice che dà un’anima verde al Pil, si tratta del SEEA EA (Sistema di contabilità economicoambientale). Un quadro statistico approvato - e già adottato dalla Commissione statistica delle Nazioni Unite - per riconoscere nei rapporti economici la salute e la conservazione degli ecosistemi, incluso il rischio di perdita della biodiversità e le emissioni di anidride carbonica. «Non permetteremo più» disse il Segretario generale dell’Onu António Guterres, durante la 52esima sessione della Commissione statistica delle Nazioni Unite, «che la distruzione e il degrado ambientale siano considerati un progresso economico».

FELICITÀ: UN DIRITTO INALIENABILE E DA MISURARE.

4 luglio 1776, Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America. «Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi

sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà e il perseguimento della Felicità». L’incipit di una delle più antiche costituzioni riferisce esplicitamente che: se c’è uno scopo e un diritto inviolabile nella vita di tutti, questo è senz’altro collegato alla felicità. L’importanza di questo diritto, rintracciabile - anche se implicitamente - nell’articolo 3 comma 2 della nostra Costituzione Italiana, ha contribuito a convalidare le teorie dedicate ai limiti del Pil e trovato accoglienza nell’ambito dell’Onu, la cui Assemblea Generale - a partire dal 2013 -, attraverso la risoluzione 66/281 del 28 giugno 2012, ha stabilito ogni 20 marzo la data della Giornata Mondiale della Felicità per invitare i governi a riflettere sul ruolo che essi esercitano sul reale benessere delle persone e dare maggiore impulso all’agenda della felicità sociale.

> Il valore del tempo libero, i rituali semplici e ritempranti, la filosofia di vita rilassata, le saune accessibili, la contemplazione del sole a mezzanotte, i bagni di foresta, il design urbano ordinato e stimolante, il gioco nella natura, parole come friluftsliv che, con un solo suono, raccontano un mondo intero…

Che cosa “fa”

la felicità?

> La risposta, come al solito , arriva dai Paesi nordici.

Svanita la correlazione automatica tra il Pil di un Paese e la felicità dei suoi abitanti, la domanda sorge spontanea: «Che cosa, come cittadini, ci rende felici?». Un quesito che, dal 2012, viene sottoposto a un campione di intervistati in oltre 150 Paesi su iniziativa delle Nazioni Unite che, ogni anno, raccolgono dati e sondaggi Gallup, per stilare il “World Happiness Report”, il rapporto su ciò che contribuisce alla felicità e alla qualità della vita in tutte le nazioni. L’obiettivo della pubblicazione è quello di fornire alle politiche governative indicazioni essenziali su ciò che può essere migliorato a braccetto con uno sviluppo societario multifattoriale che punti, contemporaneamente, sulla dimensione materiale, relazionale e ambientale. La conclusione è che la tanto ricercata ricetta del benessere esiste davvero e - oltre

> PAESI SCANDINAVI.

Qui architettura, pianificazione urbana e azione politica sono al servizio di uno stile di vita inclusivo, sereno e rilassato.

ai fattori più ovvi e sentiti (salute, lavoro, sicurezza finanziaria, qualità istituzionale e sostegno sociale), quello che ormai da anni fa schizzare alcuni Paesi in cima alla classifica dell’Onu è uno stile di vita “hygge”. Un approccio alla vita rilassato e sostenibile, favorito dalla mano dei governi, dall’educazione scolastica (fin dalla prima infanzia), dall’architettura e da una progettazione urbanistica attenta e vivibile che concepisce la natura come parte essenziale della vita quotidiana e i luoghi pubblici come spazi per godere del valore del tempo libero e dei piccoli piaceri della vita.

Tutte cose su cui (nemmeno a dirlo ) puntano i Paesi scandinavi - sul podio del World Happiness Report - e a cui, da sempre, danno nomi precisi.

Per i norvegesi è il friluftsliv (letteralmente vivere all’aria aperta), qualcosa di più di una sana abitudine. Si tratta infatti di un diritto rientrato nell’Outdoor Recreation Act del 1957 che, partendo dal riconoscimento dei benefici e dall’amore profondo di questo popolo per la natura, sancisce il diritto alle pause e allo svago all’aria aperta offrendo la possibilità di accamparsi ovunque, purché nel rispetto dell’ambiente circostante. Per gli svedesi è l’allemansrätten, altro istituto giuridico che incita i cittadini, a prescindere dalla stagione e dalle previsioni del tempo, a godere degli effetti rigeneranti, su fisico e mente, della natura. Per i finlandesi è invece l’impronunciabile jokamiehenoikeus la facoltà di ogni persona di godere della natura e trarne vantaggio, senza dover continuamente mettere mano al portafogli, dato che il Paese offre libero accesso a splendidi paesaggi e mette a disposizione di chiunque gli spazi del territorio.

Non è quindi un caso che proprio la Finlandia, per il settimo anno consecutivo, sia stata incoronata il Paese più felice del mondo. Qui l’architettura incredibile, il design sensibile e curato, l’ambiente sicuro e accessibile, la bellezza dei parchi immersi nelle città, i mille laghi limpidi, le saune pubbliche, l’attitudine calma e rilassata della popolazione, lo stile di vita outdoor in ogni stagione, giocano un ruolo centrale per la qualità della vita al punto che… sono diventati addirittura un metodo! Qualcosa da insegnare attraverso singolari, ma esaltanti esperienze turistiche che rispondono al motto di «find your inner

finn» scopri il tuo finlandese interiore: un mastervacanza tra natura, vita slow e buona architettura per ritrovare il contatto con se stessi e rientrare a casa con quei “trucchi” che consentono di allentare lo stress e cambiare il modo di vedere le cose.

E L’ITALIA?

Per chi se lo stesse chiedendo i tassi di soddisfazione in quasi tutti i principali paesi occidentali sono in

Benessere è: aria che respiriamo, strade che percorriamo, vite che viviamo. Conoscere su scala collettiva ciò che fa stare bene un Paese dovrebbe interessare chi si occupa di politiche di sviluppo.

arretramento. Il World Happiness Report, il 20 marzo del 2024, ha assegnato al nostro Paese la 41esima posizione (ben 8 in meno rispetto al 2023), mentre per l’Istat le persone più stressate al mondo siamo noi. Una condizione legata anche a una cattiva relazione tra spazi e vita, tempi quotidiani e progettazione urbana, natura e città. Ne parliamo con un esperto a pagina 78.

> In Finlandia sono presenti 3 milioni di saune pubbliche progettate come luoghi rigeneranti e di ritrovo per una popolazione di poco più di 5 milioni. Tra le imperdibili, inserita dal Time tra i 100 posti più belli del mondo, “Löyly” la sauna sul Mar Baltico voluta dal governo - e progettata da Avanto Architects -, nell’ambito della riqualificazione dell’ex-area industriale di Hernesaari, Helsinki - città del design Unesco -.

In una società basata sulla velocità e sulla produttività, muoversi lentamente è un atto radicale.

< YUNG PUEBLO >

SFUGGIRE DALLA SOLITA ESTATE

> Da Nord a Sud a passo lento, lontano dal turismo frenetico che ingoia luoghi e paesaggi. Dieci soste possibili che diventano esperienze di crescita personale dove natura, tradizioni e architettura, affidata a materiali locali, aiutano a riappropriarsi di cose semplici, di piccoli rituali e grandi stupori per ritornare a vivere VERAMENTE!

EREMITO: STACCARE LA SPINA NEL TEMPIO DEL

DIGITAL DETOX.

Un’architettura che risale al XIV secolo, restaurata nel pieno rispetto della struttura originaria e secondo i canoni della bioarchitettura e della bioedilizia. Eremito è un pluripremiato hotel dell’anima perfetto per viaggiatori solitari che desiderano spogliarsi del superfluo per tornare ad ascoltare la propria voce interiore. Si trova a Parranno (Terni), nella Riserva della Biosfera Unesco del Monte Peglia, lontano dai rumori della quotidianità. Qui l’architettura riporta indietro nel tempo, tra pietre, nessuna connessione e “celluzze”, camere che rispecchiano i canoni dell’antica cultura monastica, si riscoprono il ruolo benefico della noia e del silenzio; ci si libera dagli smartphone e dalle approvazioni social; si reimpara ad utilizzare il tempo in modi ormai dimenticati: passeggiando, coltivando l’orto, facendo yoga o bagni di vapore accompagnati da un sottofondo di canti gregoriani.

BAIA

DEL BOGN,

UNA GEMMA NASCOSTA A UN’ORETTA DA MILANO.

Scogliere a picco, spiaggia di ciottoli e acque verde smeraldo dove è possibile fare il bagno - senza pagare il biglietto. Sembra uno scorcio “filippino”, invece, la Baia del Bogn è un angolo nascosto in provincia di Bergamo - nel comune di Riva di Solto -, dove la natura regna incontrastata.

PARCO DEI TAXODI, LA PASSERELLA TRA GLI ALBERI SOMMERSI.

Conosciuto anche come bosco sommerso della Florida per le sue piante originarie dell’America, si trova a Paratico, in provincia di Brescia, là dove il fiume Oglio incontra il lago d’Iseo. Un’oasi naturalistica totalmente gratuita, visitabile grazie a un percorso di passerelle di legno di 300 metri che consentono di attraversare la palude senza bagnarsi.

> SAI CHE?

Dare un break alla vista, guardando verso spazi aperti e senza confini, è fondamentale. Viviamo il 90% della nostra vita in luoghi chiusi e ristretti in cui la distanza che ci separa dagli oggetti con i quali dobbiamo interagire è minima. Mari, fiumi e giardini ci regalano invece una visione espansa che attiva una risposta immediata nei nostri cervelli aumentando la produzione della serotonina, il neurotrasmettitore del benessere per eccellenza.

BIRDWATCHING NEI VARICONI, TRA ECOSISTEMI RICCHI DI BIODIVERSITÀ.

Oasi giuridicamente protetta, individuata e tutelata dalla convenzione di Ramsar, la poco conosciuta Oasi dei Variconi, situata sulla riva sinistra della foce del fiume Volturno a Castelvolturno, Caserta, è una delle ultime aree umide d’Italia e, per questo, soggetta a vincolo paesaggistico con l’obiettivo di tutelarne l’incredibile biodiversità. Qui fanno tappa i grossi animali alati che si spostano dall’Africa, fenicotteri rosa compresi, e circa 250 specie di uccelli che, due volte l’anno, si muovono seguendo lunghe rotte migratorie.

Ma è possibile fare incontri speciali anche con rane, raganelle e tartarughe. Passeggiare sulle passerelle della riserva può diventare un’emozione unica, basta munirsi di binocolo e osservare gli animali, senza disturbarli, seduti nei capanni per l’avvistamento.

WHALE WATCHING: INCONTRARE I CETACEI

NEL MARE DI OSTIA.

Alle Secche di Tor Paterno, nell’area marina protetta, a largo della costa romana tra Ostia e Torvajanica, è possibile osservare i delfini nel loro ambiente naturale grazie alle uscite organizzate dall’associazione senza scopo di lucro “Sotto al Mare” nata da un team di biologi e naturalisti. L’incontro avviene a bordo di un gommone, nel pieno rispetto di tutti gli animali in mare, con guide che hanno il compito di far conoscere l’incredibile fauna marina dietro l’angolo di casa. (Sottoalmare.it)

> SAI CHE?

Un esperimento condotto da un team di ricercatori del Max Planck Institute for Human Development - pubblicato sulla rivista Scientific Reports -, ha stabilito che l’ascolto del canto degli uccelli può significativamente ridurre ansie e paranoie, mentre, il rumore del traffico peggiora gli stati emotivi depressivi e lo stress.

UN MUSEO A CIELO APERTO: SANTO STEFANO DI SESSANIO, UN TUFFO NELL’ARCHITETTURA A KM ZERO

Il piccolo borgo di Santo Stefano di Sessanio, a circa mezz’ora di auto da L’Aquila, è una località di origine medievale (incastonata tra le vette abruzzesi), dove le abitazioni contadine premoderne sono diventate luoghi di ospitalità e le piccole botteghe locande, filatoi e laboratori che hanno riportato alla luce un’artigianalità locale ancora tutta da scoprire. Un luogo minimo, raccolto, avvolgente, risorto come progetto culturale e sociale legato al genius loci; dove le architetture - fatte di pietre vive e materiali a km0 - richiamano l’archetipo della casa, consentendo di ritornare indietro nel tempo, all’interno di una comunità “villaggio” dove tutti si conoscono di persona. Santo Stefano di Sessanio con l’associazione Sextantio, capitanata dall’imprenditore italo-svedese Daniel Kihlgren, rappresenta anche il luogo in cui è approdato il primo progetto di albergo diffuso condotto dall’architetto Lelio Oriano di Zio. Qui il tempo rallenta impastando, lavorando la lana, stringendo mani, ascoltando storie, sorseggiando calici di vino.

BUSSANA VECCHIA: UN VILLAGGIO ARTISTICO

SORTO SULLE ROVINE DI UN BORGO MEDIOEVALE ABBANDONATO.

Il bello del mare, i colori dell’arte e una storia tutta da scoprire. Bussana Vecchia si trova sulle colline sopra Sanremo, a 2 km da un mare generoso. Un paesino che, dopo un violento terremoto, ha ottenuto una seconda occasione grazie a una comunità di artisti, provenienti da tutto il mondo, che hanno deciso di lavorare e stabilirsi qui sviluppando un modello di società completamente diverso da quello predominante. Qui il locale resiste al globale e offre un cambio di prospettiva rispetto a ciò che, di solito, è considerata la norma.

“SPIRITOSA” IL FESTIVAL NEL CASTELLO TRA BOLLICINE E MARE.

Bollicine, birre artigianali, spiriti provenienti da tutto il mondo, prelibatezze culinarie pugliesi, musica dal vivo e tante chiacchierate dentro le mura di un castello del 1500.

Stiamo parlando di “Spiritosa”, il Festival del Sud dedicato al bere di qualità; una tre giorni - a due passi dal mare -, per prolungare i propri stati di felicità mentre l’estate sta per finire e le vacanze scivolano tra i ricordi…

Dove? Nel Castello Volante di Corigliano d’Otranto (Le) dal 28 al 30 settembre.

APERITIVO NEL CIELO, UNA DOSE DI TRAMONTO IN VALTELLINA.

Un cammino lento grazie al quale si “assaggiano” i luoghi, la storia e i sapori genuini della Val Tartano. Una tappa che culmina con un brindisi su uno dei ponti tibetani più alti d’Europa mentre si assiste all’esibizione degli ultimi raggi del sole che, calando, abbandona la valle e le montagne. Vi lasciamo il link: onestepoutside.it

> SAI CHE?

La natura genera economia. Nel nostro Paese cresce la voglia di trascorrere le vacanze pedalando. Il cicloturismo, che giova alla salute e all’ambiente, la scorsa estate ha generato 56,8 milioni di presenze con un risultato economico di oltre 5,5 miliardi di euro. L’intero sistema turistico sta andando incontro a un’evoluzione perché le persone desiderano sempre più vita all’aria aperta con una vicinanza molto forte con la natura.

IN ROMAGNA, TERRA DI CICLISMO E PERCORSI MOZZAFIATO

Percorribile a piedi e in bicicletta, nel cuore del Parco del Delta del Po, tra Ravenna e Ferrara, si trova un percorso tra i più belli d’Italia, recentemente soprannominato Argine degli Angeli. Il tracciato si presenta come una strada bianca sterrata, lunga 5 km, che taglia a filo d’acqua le suggestive valli di Comacchio permettendo a qualunque tipo di bicicletta di transitare. Il tempo di percorrenza a piedi - come riporta il sito travelemiliaromagna.it -, è di circa un’ora e mezza, mentre in bicicletta si aggira intorno ai 30 minuti. Il paesaggio in cui si inserisce è popolato da migliaia di volatili dal candido piumaggio che planano sulle acque della laguna ed è punto di ritrovo per stormi di fenicotteri e uccelli che, dall’Africa, migrano verso il Nord Europa.

WOW

Sky-High Yoga. A New York è possibile fuggire dal caos della città facendo yoga all’aperto nel punto di osservazione più alto dell’emisfero occidentale: la terrazza panoramica “The Edge” sullo Hudson Yard, una delle migliori viste di New York City. Una parte del pavimento della piattaforma è in vetro e dà a picco sulla strada, pertanto, la sensazione è quella di avere la città sotto i piedi.

WOW

Toorji ka Jhalra. La cisterna dell’acqua indiana, un’antica meraviglia ingegneristica e un tesoro architettonico costruito nel 1740 per la gestione dell’acqua di Jodhpur. In India esistono circa 2000 pozzi a gradini noti per il loro splendore, questi ci ricordano come veniva immagazzinata e garantita la disponibilità d’acqua durante i periodi di siccità.

WOW

Come in un bozzolo circondato da foreste terapeutiche.  Sospesa tra 5 gigantesche sequoie, questa speciale casa a forma di pigna (Pinecone Treehouse) è stata realizzata dai costruttori di case senza limiti O2 Treehouse. Si trova a Bonny Doon, in California, a 16 chilometri a nord di Santa Cruz ed è prenotabile su Airbnb.

> Indirizzi da segnare in agenda. Persone e luoghi, angoli di lusso, sguardi stretti su dettagli che fanno tendenza, libri e designer, fiere e mostre, case con dosi “hot” di ispirazione, architetture straordinarie, interior e materiali ma anche… retail design, hotel ed eco-rifugi, spazi di gusto, di svago e di benessere, giardini fioriti e frivolezze per planare leggeri sulla vita. Radar è un rilevatore di bellezza, la nostra personale selezione di tutto quello che fa bene agli occhi e per questo merita, qualche volta, uno strappo alla regola.

> segnalalo a: redazione@nunziare.it

R A D A R R A D A R R A D A R R A D A R R A D A R R A D A R R A D A R

01. BOOK TIPS

“CEMENTO. ARMA DI COSTRUZIONE DI MASSA”, UN LIBRO DI ANSELM JAPPE PER RIFLETTERE SULLE SCELTE E LE RICADUTE DELL’ARCHITETTURA SULLA NOSTRA VITA.

Cos’è il cemento armato? Questa presenza costante nella nostra vita che ha sigillato il paesaggio, cancellato tutte le peculiarità locali, tutte le tradizioni, uniformando i luoghi? È la domanda da cui parte Anselm Jappe, filosofo e docente di Estetica all’Accademia delle Belle Arti di Roma, impegnato a fotografare l’impronta del cemento armato sulle nostre vite e a denunciarne l’obsolescenza programmata, con conseguenze spesso tragiche come il crollo del ponte Morandi a Genova. È dunque cruciale ricostruire la storia di questo materiale, dall’epoca dei romani ai giorni nostri, analizzando tanto la narrativa proposta dai suoi numerosi sostenitori, quanto le riserve dei suoi rari detrattori che evidenziano - attraverso innumerevoli esempi -, i catastrofici danni che l’uso massiccio di questo materiale ha prodotto e continua a produrre.

"ARCHITETTURA SENZA ARCHITETTI”, JOHN MAY (RIZZOLI).

Un viaggio attraverso l'architettura spontanea di tutto il mondo: dai fienili della Pennsylvania ai sassi di Matera, fino alle chiese lignee d'Europa. Questo atlante illustrato documenta i tentativi dell'uomo di rispondere alle primordiali esigenze di riparo sfruttando le risorse con un impatto più lieve sull'ambiente. Tende e caverne, palafitte, case a corte, capanne di tronchi e torri di fango testimoniano la varietà dell'edilizia popolare di ogni paese e la ricca storia culturale degli stili architettonici spontanei. Di fronte ai problemi che minacciano in modo sempre più pericoloso l'esistenza stessa del nostro pianeta, è arrivato il momento di attrezzarsi per lo sviluppo di un'architettura sostenibile.

Attraverso un ricco apparato iconografico, questo volume illustra un'interessante raccolta di esempi di strutture pensate e progettate "a misura d'uomo" e sottolinea l'importanza di una questione fondamentale per la nostra epoca.

“THE HOUSE OF GREEN. NATURAL HOMES AND BIOPHILIC ARCHITECTURE”, GESTALTEN.

«Sogniamo foreste e cascate ogni volta che abbiamo bisogno di un minuto per respirare e rilassarci. Ma cosa accadrebbe se la rilassante lussuria facesse parte della nostra vita quotidiana e del nostro lavoro?». Partendo da questa domanda The House of Green - volume edito da Gestalten -, diventa una carrellata visiva delle architetture e degli interni più straordinari che incorporano la natura nei loro progetti esplorando i vantaggi di questo approccio alle case, ai luoghi di lavoro e altro ancora. Con la prefazione di Carlo Ratti, ci si imbatte nella “Labri House” di Nguyen Khai Architects & Associates in Vietnam o nella Bali House “Cala Blanca” di Biombo Architects.

Prende vita tanto dal mare e dalle creature che lo popolano che dalla terra, il progetto site specific dell’artista e scultore Francesco Diluca, a cura di Lara Gaeta e Camilla Nacci Zanetti, che coinvolgerà in collaborazione con Aditus due location espositive: il castello Maniace di Ortigia, Siracusa, e l’Orto Botanico dell’Università di Palermo. Il percorso parte dal mare di Ortigia con la scultura subacquea “Reef - Kura Halos”, realizzata per stimolare il dibattito su temi ambientali quali l’innalzamento della temperatura del mare e il conseguente sbiancamento dei coralli. Tornando in superficie sculture, installazioni di land art e video invitano invece a riflettere sull’interdipendenza tra essere umano e natura. Fino al 30 settembre!

RARICA, LA MOSTRA DI FRANCESCO DILUCA

> COME RESISTERE IN CASA E IN CITTÀ CON QUESTO CLIMA? ARCHITETTI, SVILUPPATORI E INGEGNERI DI TUTTO IL MONDO SONO SEMPRE PIÙ IMPEGNATI NELLA RICERCA DI IDEE PER RENDERE PIÙ VIVIBILI STRADE ED EDIFICI INTERESSATI DA ONDATE DI CALORE. ESPLORIAMO 4

SCHERMATURE SOLARI

Queste colorate tettoie circolari, realizzate in metallo riciclato, ombreggiano il mercato nigeriano di Dandaji dove avviene lo shopping quotidiano. La soluzione non è nuova, ma è resa certamente originale dall’architetta nigerina Mariam Kamara, allieva di David Adjaye, che concentra tutti i suoi progetti su spazi abitativi aperti facendo uso di materiali prodotti localmente (cemento, metalli riciclati, terra cruda) a disposizione delle comunità africane.

FACCIATE ADATTIVE

A Maiorca lo studio di architettura spagnolo OHLAB ha completato il Paseo de Mallorca 15, un edificio residenziale avvolto da una facciata composta da pannelli scorrevoli in legno naturale che d’estate filtrano i raggi solari - climatizzando gli interni naturalmente - e d’inverno li sfruttano al meglio grazie alla mobilità dei pannelli. Un tripudio di doghe capaci di modulare luci e ombre che trae ispirazione dalle tradizionali pergole mediterranee.

UN RIFUGIO CLIMATICO PER UMANI ED UCCELLI

Nel cuore di Barcellona - presso il Museo d’arte di Santa Mònica - un’installazione artistica color bubblegum ci ricorda l’importanza di avere in città piccoli rifugi di riposo in grado di combattere l’effetto “isola di calore”. La proposta artistica è dello studio di design e architettura TAKK ed è caratterizzata da un ampio tetto che genera spazio ombreggiato, con rami ed elementi naturali che possono essere utilizzati dagli uccelli. Nella parte centrale un giardino attira invece insetti impollinatori, mentre una panchina invita gli utenti a riposarsi generando relazioni diverse da quelle abituali della Rambla, generalmente basate sul consumo. L’iniziativa fa parte di un progetto attivato lo scorso anno denominato #RavalEstiuEducatiu. Un programma che ha trasformato 16 spazi del Raval in rifugi climatici laddove le temperature - a causa di asfalto e cemento - aumentano anche di 8°C.

foto > © MAURICE ASCANI

È quello che succede negli edifici residenziali sviluppati dal gruppo Cecere Management e targati Nunziare Luxury Projects, vincitori a giugno del premio Claudio Cicatiello edizione 2024. Grazie all’utilizzo di laterizi da costruzione in canapa e calce - in grado di difendere le abitazioni dal caldo -, si riducono i consumi di aria condizionata.

Inquadra il QR Code per saperne di più, oppure vai a pagina 18.

FORTUNE FARM, UNA GIOIELLERIA SU UN ALTRO PIANETA

Direste mai che si tratta di una gioielleria? MuseLab ha rivoluzionato la tradizionale vendita da banco delle boutique di gioielli trasformando il concept di questo store in India in un paesaggio lunare con al centro un’isola “della scoperta”, continua e serpeggiante, sulla quale campeggiano scrigni di vetro che ribaltano il tradizionale modello espositivo dei gioielli. Il risultato? È un negozio che inventa un viaggio sensoriale, fatto di terracotta arrugginita e carboncino, portando la navigazione e l’acquisto su un altro livello di esperienza.

MAMOUNIA, L’INDIRIZZO CENTENARIO DI

MARRAKECH

Cento anni di storia portati benissimo, oggetto di diverse ristrutturazioni, l’ultima delle quali ad opera dall’architetto francese Jacque Garcia, ma sempre orientata sull’idea di un lusso d’ispirazione marocchina basato sull’abilità degli artigiani locali. La Mamounia, immersa in un parco di ben 17 acri, meta del jet set internazionale, fu definita da Winston Churcill «il luogo più incantevole del mondo». Qui i Rolling Stones, nel 1968, trascorsero le loro vacanze, mentre Paul McCartney, nel ’73, stregato dal luogo compose la canzone Mamunia.

Simile a un igloo, con pochi elementi artificiali, studiata per essere un unicum sinuoso con la natura. La direttrice artistica di gioielli e orologi Louis Vuitton Francesca Amfitheatrof, con la complicità dello studio di architettura romano LaCap, ha trasformato una grotta risalente al XXI secolo in una residenza estiva dalle forme curvilinee e in perfetta sintonia con il paesaggio circostante. Si trova su una scogliera di Ventotene, un volume in continuità strutturale che ricorda l’architettura di Javier Senosiain.

Lunga 13 metri, profilo trasparente che permette di godere la vista del mare, interni spaziosi e in stile lounge, “The Icon” è la prima imbarcazione di lusso 100% elettrica sviluppata da BMW e dal cantiere navale tedesco Tyde. Lo scafo rivoluzionario sfrutta la tecnologia hydrofoil che consente all’imbarcazione di “planare”, immergersi cioè solo per una minima parte in acqua diminuendo dell’80% il consumo di energia rispetto a un modello convenzionale muovendosi così in maniera quasi silenziosa, senza vibrazioni e senza provocare onde.

DALLA STRADA ALL’ACQUA
LUSSO MINIMALISTA.

Ai margini della città di Forlì, all’interno di un’area produttiva totalmente priva di linguaggio architettonico, l’architetto cesenate Filippo Tisselli è riuscito a trasformare un paesaggio fatto di monotoni capannoni in fila in un disegno avveniristico che ha come protagonista una torre orizzontale di 10mila mq di superficie articolata su due ali asimmetriche. Palazzo Sidera, sede della cooperativa Commercianti Indipendenti Associati Conad, è un progetto altamente tecnologico, votato al risparmio energetico e teso alla ricerca dello spazio emotivo ideale per lavorare. Pensato per combinare lavoro e momenti di relax e per favorire gli incontri spontanei tra i dipendenti; le sue facciate in vetro massimizzano la penetrazione della luce naturale consentendo, da ogni spazio interno e da qualunque livello, l’affaccio verso un boschetto di 300 alberi e 22mila piante che armonizzano il ruvido contesto nel quale è inserito.

Per maggiori dettagli: www.tissellistudio.com

TISSELLI FIRMA SIDERA, IL NUOVO HEADQUARTER DI CIA CONAD

BRUDERX

Modalità: avventura!

Costruito per esplorare, BruderX è un camper trailer che consente una vita errante grazie a un rimorchio, robusto all’esterno e lussuoso all’interno, realizzato per tutte le stagioni. Scoprilo su bruderx.com.

ARCADE HOME

In una mobile home per vere vacanze “eco”. Collocate in camping village di ultima generazione, a prima vista sembrano comuni tiny house. In realtà si tratta di maxi caravan, spostabili e trasportabili, che offrono il giusto mix tra paesaggio e alloggio, avventura e comfort. Un esempio? L’incantevole “Arcade Home” progettata dagli architetti Bernuzzi-Samori. 37 metri quadrati a basso impatto ambientale perché: non richiedono scavi di fondazione e consumo di suolo. Per trovare strutture simili collegati al sito ecobnb.it.

AMERICAN VINTAGE

Dormire in uno School bus. Un mezzo americano originale riconvertito in suite per 4 persone e immerso tra boschi accessoriati con piscina idromassaggio. Questo singolare “Cool bus”, attrezzato con tutto quello che serve ( dall’angolo cottura all’aria condizionata ), è frutto della collaborazione tra Officine Vivaldi e l’Orlando in Chianti Glamping Resort del Gruppo Vacanze col Cuore, che ha rigenerato mezzi di trasporto per realizzare moduli abitabili all’interno dei suoi glamping.

TodoList

> Quella pazza voglia di libertà. Van camperizzati, mobile home, alloggi nomadi e avventurosi. Cinque proposte per essere chi vuoi tu, almeno in vacanza.

ZENITHVAN

Un nido su ruote per andare… ovunque!

Agile e compatto, l’ultima tendenza - soprattutto tra i giovani -, è quella del van camperizzato capace di offrire tutti i comfort del camper, ma in uno spazio decisamente più ridotto. Se realizzato su misura può diventare qualcosa di più: una seconda casa per viaggiatori dallo spirito 100% nomade. Ma a chi rivolgersi? Su Instagram abbiamo scovato Zenithvan, realtà a sud di Milano in grado di realizzare arredi in legno che trasformano questi piccoli mezzi su ruota in deliziose casette.

ICONE

Dentro una casa volante. Precisamente nella casa di Up, il cartoon di Disney Pixar. Airbnb ha da poco lanciato “Icone”, la categoria di esperienze uniche ispirate al mondo del cinema, dell’arte e della Tv. Oltre alla Dreamhouse di Barbie a Malibù, o a una notte all’interno del museo Ferrari, diventa possibile soggiornare sospesi in aria con 8000 palloncini (e una gru) nel cielo del New Mexico, tra le rocce rosse di Abiquiú.

> Persone, personaggi, changemakers, esperti raccontati o intervistati

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> LA VITA IN CITTÀ PUÒ ESSERE

LOGORANTE, CHE EFFETTO HA SULLA NOSTRA SALUTE MENTALE?

Un numero crescente di studi sta dimostrando che il cervello umano è strettamente influenzato da ciò che ci circonda. «Ciò che è fuori è anche dentro», lo dicono le statistiche e adesso anche un progetto di ricerca condotto dall’istituto di psicologia, psichiatria e neuroscienze del King’s College di Londra che, tramite l’app “Urban Mind”, ha raccolto e misurato centinaia di dati sull’esperienza emotiva degli utenti in città per analizzare il nesso tra mente e spazio costruito. Il risultato? Luci, rumori, vita al chiuso, scarso contatto con la natura e persino un certo tipo di architetture possono influenzare il nostro funzionamento psico-biologico favorendo l’insorgenza di alcune patologie e disturbi mentali. Quali? E soprattutto quale meccanismo è alla base di questo fenomeno? Esiste davvero, come molti riferiscono, uno stress architettonico? E se esiste, come possono gli architetti lavorare con le emozioni? Ne abbiamo parlato con il dottor Alessandro Raggi , psicologo, psicoterapeuta e psicoanalista, direttore della Scuola di Psicoterapia analitica AION.

uomo, città e, se avanza, natura. Un modus operandi che, a quanto pare, grava sempre di più sul nostro benessere mentale. Per quale motivo? Che rapporto c’è tra noi e la natura e perché ne abbiamo bisogno?

«Perché la nostra struttura genetica e psichica è ancora settata su bisogni preistorici. L’essere umano ha attraversato boschi e foreste, vissuto in una condizione di costante interazione con l’ambiente naturale per oltre due milioni di anni.

L’era urbana, con le sue luci artificiali, l’attività di modifica antropica, la vita al chiuso e i ritmi sempre più dettati dalle tecnologie, rispetto alla nostra storia remota, copre un tempo più

< di DANIELA IAVOLATO >

ridotto e recente che non è stato in grado di modificare radici antiche che ancora vivono in noi. Da qui il bisogno di natura che possiamo interpretare come un condizionamento che sopravvive a livello inconscio sotto forma di memoria ancestrale. Mente e natura hanno un legame decisamente più profondo di quanto l’adattamento all’ambiente urbano faccia credere. Diversamente, tutto ciò che invece è modernità e tecnologia, è il frutto di un apprendimento culturale che ha bisogno di essere reinventato ogni volta che nasce un individuo. Un’acquisizione che, nel lungo periodo, conduce inevitabilmente ad affiliarsi con tutto ciò che è tecnologia e artefatto umano».

Che effetto ha tutto questo su di noi?

Esistono, come molti sostengono, disturbi legati all’ambiente urbano in cui siamo costantemente immersi?

«Esistono e sono di diversi tipi. Oltre ai disturbi del sonno, dell’umore, la carenza di concentrazione, ansia e stress dovuti a fattori che sottopongono il cervello a una continua sollecitazione, i disturbi più importanti, con i quali noi abbiamo a che fare nei contesti moderni, sono legati a patologie della solitudine e della relazione e a depressioni molto diverse da quelle del passato».

Sarebbe a dire?

«Per capirci, le vecchie depressioni erano di origine melanconica, oggi invece la depressione ha che fare con il sentimento del vuoto, l’incapacità di stare senza fare qualcosa a causa

Nasciamo per consumare, chi non consuma non è nemmeno più cittadino.

dei continui stimoli a cui siamo sottoposti e di cui poi diventiamo, inevitabilmente, schiavi. In più abbiamo sostituito la piazza e gli incontri reali con le chat. Una finta comunicazione che costringe i corpi a incontrarsi di rado sfociando, anche in questo caso, in un vuoto affettivo e relazionale alla base di molte condizioni di sofferenza psicologica. Terzo, ma non ultimo elemento, riguarda l’incapacità di pensarci come individui senza degli elementi materiali intorno».

Abbiamo bisogno di comprare?

«Esatto! Per colmare il vuoto che abbiamo attorno necessitiamo di possedere oggetti e così ci siamo trasformati esattamente in ciò che voleva l’economia: dei “consumatori”. Soggetti che senza un certo tipo di auto, vestiti o griffe sono incapaci di riconoscersi. Un processo che con i device è reso ancora più semplice e adesso inizia sin da bambini. Persino le città rispondono a questo modello».

In che modo?

«Basta osservarle, le città si stanno trasformando

in grandi centri commerciali dove lo svago viene servito in dimensioni a pagamento che spesso invadono lo spazio pubblico. Pensiamo, per esempio, a quelli che una volta erano i luoghi pubblici riservati agli anziani: dove sono finiti i loro circoli ricreativi? I campi di bocce all’aperto che una volta i comuni destinavano a questa fetta di popolazione? È un tema che nessuno affronta mai, ma anche loro sono sempre più soli ed è noto a tutti che solitudine e infelicità generano malattie. Una delle cose di cui abbiamo maggiormente bisogno oggi è proprio questa: creare condizioni, attraverso l’architettura e il riassetto dello spazio urbano, che moltiplichino le opportunità per le persone di incontrarsi e interagire perché la città è, prima di tutto, vita civile e scambio di esperienze. Erodere gli spazi pubblici significa ridurre le dimensioni in cui allenarsi a diventare cittadini, restringere le occasioni di far parte di una comunità in cui rispecchiarsi».

Da dove si potrebbe ricominciare per fare meglio?

«Innanzitutto da un dialogo tra le professioni. Ridisegnare un pensiero urbanistico significa avere in mente come funziona il cervello umano. Architetti e urbanisti devono prendere in considerazione la possibilità di confrontarsi con chi può tenere conto della dimensione sociale ed emotiva, con chi sa che cosa è giusto per le persone. Non a caso abbiamo quartieri privi di anima, come lo Zen di Palermo o le Vele di Scampia, sviluppati senza un minimo di pensiero psicologico».

Tornando invece alla relazione tra spazio fisico e il nostro cervello, quali grandi azioni occorrerebbero per reinventare città più giuste?

«Il cervello ha bisogno di bellezza! Perché la bellezza, di cui si parla poco, è anche salute e benessere. Le città a misura d’uomo non sono quelle iper-eficcienti, ma quelle in cui è possibile stupirsi, emozionarsi, smarrirsi tra vicoli, anche imperfetti, che però risvegliano e arricchiscono il cervello di stimoli sensoriali positivi. Capaci di offrire cantucci alberati per rallentare la vita, semplicemente svoltando l’angolo. Le città ben pensate, quelle vivibili, non ingabbiano, liberano: hanno servizi, aree gioco, una mobilità dolce, sono piene di spazi che collegano e mettono in relazione, sono

Milano sta tagliando i suoi legami col passato.

posti - in definitiva - che migliorano la vita delle persone offrendo loro ciò che negli spazi privati e al chiuso non si può fare».

E invece?

«E invece spesso la complicano, la svuotano dei meccanismi collettivi consegnandoli alle tecnologie. La modernità ha dato vita a un paesaggio spigoloso e stressante già alla vista. Oggi addirittura si assiste alla negazione del senso simbolico dei luoghi, allo smantellamento di ciò che prima esprimeva appartenenza».

Ci può fare un esempio?

«Un esempio per me è Milano, città con dei lati caratterizzanti bellissimi che però si vanno via via sempre più assottigliando in favore di grattacieli “modello americano” che non appartengono né alla storia, né alla cultura

dei luoghi in cui, fino ad oggi, l’identità si rispecchiava».

Sarà per questo che l’unica arma che abbiamo diventano le pause? Fuggire, almeno in questi periodi, dalle città per rifugiarci in gusci immersi nella natura? «Si sta affermando sempre di più un altro genere di vacanza, è vero! In regime di separazione da ciò che ci fa bene, inevitabilmente ricerchiamo esperienze di segno opposto in luoghi meno

trasformati dall’uomo, dove magari è possibile rifugiarsi in dimensioni raccolte. Spazi stretti ma carini che ci riportano all’archetipo della casa; piccoli ma confortevoli, capaci di restituire calore e intimità. Le pause sono fondamentali, viverle immersi in una natura a disposizione di tutti ancora di più. C’è troppa poca attenzione verso i temi affrontati, la sostenibilità non è

solo un dato ambientale e il successo di alcuni Paesi dipende proprio da una visione umana più attenta, una visione che non esclude l’ozio ma ne riconosce il valore».

> TUTTE LE CITTÀ DISPONGONO DI SPAZI DA DEDICARE ALLE PAUSE, ALCUNE SEMPLICEMENTE FANNO SCELTE MIGLIORI.

Nella foto una strada nel centro di Amsterdam si trasforma in un vivace luogo di intervallo e di incontro grazie a una serie di arredi che invitano a sedersi, sdraiarsi, pranzare, lavorare, chiacchierare all’aperto. Il design in legno, ci spiega il nostro esperto, è una scelta che risponde a una funzione precisa: generare comfort visivo e mentale. Il progetto - che al tramonto si illumina dolcemente -, si chiama “Peel Plaza” ed è stato realizzato dallo studio PolyLester.

foto > © OSSIP VAN DUIVENBODE

Preservare e costruire bellezza per il nostro territorio.

Un esclusivo nuovo complesso residenziale, collocato nel centro della città di Caserta, sta per sorgere a pochi metri dall’ingresso dei giardini della Reggia e da piazza Vanvitelli.

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