Rosita D'Ercoli, Merletti e Ricami di Wagna

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Rosita D’Ercoli

Merletti e Ricami di Wagna Gli schemi ritrovati di Emma e Pia, maestre in guerra

Nuova S1



A mia madre che amava ascoltare questa storia e avrebbe desiderato leggerla



Rosita D'Ercoli

Merletti e Ricami di Wagna Gli schemi ritrovati di Emma e Pia, maestre in guerra


Referenze fotografiche: Collezione Lea Durigon. Nel testo indicata LD. Collezione Stefano Umani. Nel testo indicata SU. Collezione Kulturni Društvo Kalunka. Nel testo indicata KDK. Archivio di stato austriaco - Vienna, Archivio di guerra, Collezione fotografica (Österreichisches Ataatarchiv – Wien, Kriegsarchiv, Bildensammlung) Il materiale, se non altrimenti specificato, fa parte della collezione dell’autrice. Foto di Alessandro Visintin.

© 2018 - Tutti i diritti riservati Edizioni Nuova S1 Via Adolfo Albertazzi, 6/5 - 40137, Bologna info@nuovas1.it - www.nuovas1.it tel/fax 051 346050 Numero IBSN: 9788885743052 Prima edizione: Ottobre 2018


Introduzione

Le storie, a volte, si perdono. Senza un motivo si dimenticano. Talvolta, per essere conservate, sono chiuse in una scatola che viene riposta in fondo a un armadio dove, negli anni, altre scatole si ammucchiano celandola. Spesso basta togliere qualche strato di polvere per far rivivere storie straordinarie come quella che sto per raccontare. Un ritrovamento fortuito, una serie di coincidenze, tanta pazienza e moltissima caparbietà hanno portato a far rivivere intrecci di vite a distanza di un secolo. Parlerò dei laboratori femminili che furono istituiti a Wagna, in Stiria (Austria), nel campo dei profughi sfollati dal Litorale austriaco durante la prima guerra mondiale. Fino ad ora, poco o nulla è stato scritto su questi laboratori: sono stati ricordati, nominati, ma mai raccontati, soprattutto non attraverso la storia di coloro che ne sono stati i protagonisti. Fondamentalmente è una storia di donne, di maestre… in guerra. Perché una guerra può essere vissuta in molti modi, non solo nei campi di battaglia. Due donne, Emma1 e Pia2, nubili, sole, lontane da casa, si trovarono ad affrontare, giorno dopo giorno il lavoro, la fatica, le preoccupazioni nell’incertezza del futuro. Ad insegnare, a guidare, a trattare con tante altre donne che vivevano in condizioni ancor più disperate. Donne che avevano mariti, figli, fratelli al fronte ai quali rivolgere accorati pensieri e che avevano con sé figli piccoli da accudire nella precarietà del cibo che spesso, a Wagna, scarseggiava. Anche il fratello di Emma, Franz, combatteva sul fronte orientale. Si scrivevano lettere affettuose cercando di mantenere quel contatto tanto importante quanto difficile. Il loro padre era morto già nei primi mesi del conflitto cosicché le loro cinque sorelle minori risultavano orfane di guerra. Anche Franz non fece ritorno a casa. Nel 1917 morì di stenti in Russia, in un campo di prigionia. A Wagna molte donne non sapevano scrivere bene e probabilmente chiesero aiuto alle maestre dei laboratori che frequentavano in qualità di lavoranti. In Emma e in Pia trovarono certamente aiuto e sostegno, due donne che capivano e condividevano le difficoltà altrui. Su uno degli schemi di lavoro compare scritto stentatamente Mio caro sposo col mio presente scrito ti facio sapere. Lì s’interrompe. Era forse la minuta di una lettera e chissà se fu mai spedita. La storia dei laboratori femminili viene raccontata attraverso preziose fotografie, in buona parte inedite. Una storia ricostruita con l’aiuto dei resoconti che furono pubblicati nella Gazzetta, il quotidiano che circolava all’interno del campo, ma soprattutto con una ricerca d’archivio lunga, difficile e certosina, svolta negli archivi di stato di Gorizia e di Trieste. Tutto ha origine da una scatola, chiusa per decenni in una cantina triestina, arrivata fino a me nell’integrità del suo contenuto. Disegni per merletto a fuselli, schemi per lavori in perline e per lavori a rete filet, che furono utilizzati proprio a Wagna, sono nuovamente visibili dopo un secolo. Un insieme di oggetti inediti che mai ci si aspettava di trovare e che era logico pensare fossero andati perduti. Documenti straordinari che illustrano l’attività manuale che si svolgeva giornalmente nei laboratori femminili. Fotogrammi di una storia che non deve più essere soltanto immaginata ma che può essere finalmente anche guardata. In quest’ottica, al fine di avere la massima fruizione visiva degli schemi per i lavori in perline, che si presentano monocromatici, è stata fatta anche una loro ricostruzione a colori che ne ha messo in luce la raffinata bellezza (a tutt’oggi possono essere adatti al ricamo in punto croce) e l’allegria di un cromatismo che contrasta con la tragicità del periodo storico. Questi materiali hanno fornito lo spunto per investigare anche sulle arti femminili della Vienna fin du siècle. Ne è emerso un quadro forse poco noto e quanto mai sorprendente per la sua vivacità: creatività, innovazione, ricerca hanno caratterizzato le protagoniste viennesi. Donne moderne, emancipate e indipendenti, abituate a viaggiare e a spostarsi da sole. Artiste straordinarie, giornaliste, scrittrici e maestre eccezionalmente dotate come lo era Emma Kočevar. Le divagazioni storiche, talvolta soltanto accennate, si sono rivelate indispensabili per contestualizzare i materiali utilizzati a Wagna e offrirne una chiave di lettura. 1

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Emma Kočevar nasce a Idria il 12 settembre 1892. Muore a Gorizia il 12 maggio 1950. Pia Degrassi nasce a Isola d'Istria il 17 dicembre 1888. Muore a Trieste il 4 giugno 1974.

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L’esperienza dei laboratori del campo fu un caso del tutto particolare di lavoro femminile seppur voluto, attuato e trattato dalle autorità dello stato asburgico come fosse un qualsiasi corso filiale dell’istituto viennese per le industrie casalinghe. Dopotutto molti corsi filiali sparsi sul territorio funzionarono quasi normalmente durante la guerra. Eppure l’esperienza di Wagna fu qualcosa di diverso ed irripetibile per le maestre Emma e Pia. Si sentirono davvero sradicate, lontane, talvolta sicuramente scoraggiate. Anche Emma, nonostante il carattere forte e indipendente, ne fu provata. Negli anni successivi non avrebbe mai parlato del periodo trascorso a Wagna mentre Pia maturò una scelta che la portò a cambiare direzione alla propria vita.

L’impero Austro-Ungarico nel 1909

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Capitolo 1

Emma Kočevar e Pia Degrassi

e i laboratori di filet e tombolo di Wagna Correva l’anno 1915 e l’Austria era in guerra da più di quattordici mesi. In maggio, l’adesione al conflitto del Regno d’Italia, fino allora neutrale, al fianco dell’Intesa, significò l’apertura di un nuovo fronte nel Litorale3. Già da alcuni mesi, in considerazione delle pretese italiane sulle cosiddette zone irredente, il comando asburgico si era preparato a questa possibile evoluzione bellica. Era stato approntato un piano di evacuazione delle zone di confine considerate strategiche. Si trattava del territorio Isontino, del Carso e di alcune località istriane. In particolare, in Istria, lo sfollamento riguardava le città di Dignano, Rovigno e Pola porto importante, piazzaforte della marina asburgica. A Pola, una prima evacuazione era già stata messa in atto nel maggio del 1914 ma gli sfollati, che avevano riparato nelle zone limitrofe e a Trieste, erano rientrati nelle loro case di lì a pochi mesi. La nuova evacuazione forzata coinvolgeva, ora, decine di migliaia di istriani che furono costretti a partire alla volta della ben più lontana Stiria per raggiungere i campi profughi. Questo grande spostamento di genti, che era motivato dalla volontà di mettere al riparo la popolazione dalle zone più pericolose, lasciando contestualmente libertà di manovra alle truppe4, fu affiancato anche dalle partenze spontanee di intere comunità dell’Isontino. Incertezza, paura, disperazione accompagnavano queste genti in fuga. Genti che andavano altrove5. Pia Degrassi Anche Pia Degrassi, appena scesa dal treno, si trovava altrove. Si strinse nel paletot, sentiva freddo. Com’era lontano il profumo del mare di Isola d’Istria! Era partita in fretta. Appena il tempo di chiudere la scuola merletti ed era partita. L’ordine di servizio era stato emesso il 20 settembre. Non appena l’aveva ricevuto, Pia si era recata a Trieste all’Istituto Piccole Industrie per attingere delle spiegazioni6. Voleva parlare con il direttore dell’ente, l’ing. Ermanno Coretti, perché voleva capire le motivazioni di questo suo improvviso trasferimento. Non solo non lo trovò ma nessuno sembrava saper nulla riguardo l’ordine di servizio. A Pia tutto ciò sembrò strano. Durante il tragitto, nel rientro ad Isola, ripensò a quel brindisi fatto a scuola per rallegrarsi dell’entrata in guerra del Regno d’Italia e concluse che qualcuno ne aveva parlato. La conferma bussò alla sua porta pochi giorni dopo con i due gendarmi che le intimarono la partenza immediata. Dopo un viaggio di molte ore si trovava dunque, in quella lontana cittadina della Stiria nei pressi della quale, a Wagna, era stato approntato un campo per l’accoglienza dei profughi istriani sfollati dal Litorale7. Nel campo erano stati aperti dei laboratori femminili a cura dell’imperiale regio Istituto viennese per le industrie casalinghe e Pia, quale dipendente dell’ente, vi era stata trasferita con l’incarico di maestra specializzata. Avrebbe continuato a insegnare il merletto a fuselli, con l’unica differenza che si trovava lontano da casa. Certo, non sarebbe stato facile, ma dopotutto non lo era stata nemmeno la direzione della Scuola Merletti di Isola d’Istria. Aveva

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Il Litorale austriaco era una regione amministrativa dell’Impero asburgico che comprendeva tre territori: la Contea Principesca di Gorizia e Gradisca, Trieste con il suo territorio e il Margraviato dell’Istria. Ogni territorio godeva di un’amministrazione indipendente ed ognuna faceva capo alla Luogotenenza sita a Trieste. Vi era un'ulteriore motivazione come fa notare P. MALNI in Altrove. 1915-1918 memorie del campo di Wagna e altre storie di profughi, pag. 31: Il governo austriaco nutriva una certa diffidenza verso i civili e aveva paura di atti di spionaggio e sabotaggio. Dal titolo della mostra che è stata, per me e per questo mio lavoro, sprone e ispirazione in un momento in cui pareva che la mia ricerca si fosse arenata nell’oblio steso dal tempo. Altrove. 1915-1918 memorie del campo di Wagna e altre storie di profughi, a cura di P. MALNI, Gorizia - Sala espositiva Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia, 29 novembre 2016- 26 febbraio 2017. La mostra ha voluto ripercorrere gli anni degli sfollati, dei profughi, del Litorale soprattutto attraverso i loro ricordi, i loro racconti, unitamente ad immagini, materiali ed approfondite ricostruzioni storiche. Attingere delle spiegazioni è quanto scrisse Pia Degrassi in una lettera indirizzata al K. K. Anstalt für Frauen-Hausindustrie. Archivio di Stato di Trieste (nel seguito AST), Luogotenenza del Litorale. Atti generali 1906-1918,b. 2357, n° 3299, 27 settembre 1915. A distanza di anni dalla sua pubblicazione, rimane fondamentale l’accurato ed esaustivo libro: Fuggiaschi. Il campo profughi di Wagna 1915-1918 di P. MALNI, San Canzian d’Isonzo, 1998 (è in ristampa la II edizione).

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dovuto lottare per tenere in vita quella scuola, così florida e gloriosa ai tempi della madre Agnese8, ma che da anni soffriva della scarsa frequentazione di ragazze in grado di eseguire i merletti più raffinati richiesti da Vienna. Quando Agnese Degrassi dirigeva la scuola quelle trine erano state ammirate nelle mostre nazionali e internazionali più esclusive ma, con l’inizio della guerra, la situazione era precipitata. Più di settecento tra donne e ragazze isolane avevano trovato fonte d’inatteso guadagno nella locale fabbrica di conserve9, occupando il posto degli uomini richiamati alle armi. Molte mani erano state sottratte ai fuselli. Pia sospirò. Viveva questo nuovo incarico come una punizione e tuttavia esso rappresentava anche una sfida al suo carattere fiero. Forse ci sarebbe stata la possibilità di un lavoro stimolante, dopo che negli ultimi anni aveva visto languire la scuola di Isola. Con tutti questi pensieri che le affollavano la mente arrivava al campo di Wagna. Rimase colpita dall’ingresso imponente, dall’aria vagamente orientale, e dai gendarmi che lo presidiavano. Oltrepassò l'ingresso, ritrovandosi nel largo viale alberato che correva diritto avanti a sé. Percorse pochi metri ed entrò, presentandosi, nel grande edificio sede della Direzione del campo.

Fig. 1 Ingresso principale del campo di Wagna. A destra la sede della Direzione. L’immagine è tratta dalla rivista Die-Woche del 12 agosto 1916, pag. 1175.

Non poteva di certo immaginare che le sue aspettative sarebbero state presto disattese. In qualità di insegnante fu alloggiata in una cosiddetta “villetta”, una delle Intelligenzbaracken. Queste baracche, più piccole rispetto a quelle destinate ai profughi, erano divise in otto minialloggi composti da una camera e da una cucina attrezzata con un fornello. La sistemazione, privilegiata, era destinata a medici, sacerdoti, impiegati ed insegnanti che si trovavano nel campo per servizio. A Wagna, infatti, erano attive scuole popolari, un asilo d’infanzia, un orfanotrofio maschile, un ricreatorio e una scuola per apprendisti. Per gli adulti e i ragazzi erano stati organizzati vari laboratori tra i quali uno di calzoleria e quello dei cestai. Nelle intenzioni delle autorità, queste occupazioni avrebbero distolto i profughi dal pericoloso ozio forzato e dato loro un minimo guadagno mentre, al tempo stesso, avrebbero garantito al campo una produzione a basso costo di oggetti destinati alla vendita. Secondo la propaganda dell’epoca: Colla creazione di tante e diverse fonti di lavoro venne offerta alla gioventù la possibilità di dedicarsi ad un’utile professione ed ai fuggiaschi in generale fu data l’occasione più adatta per scacciare i tristi pensieri cagionati loro dalla

guerra10.

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Agnese Tamaro, sposata Degrassi, madre di Pia, era stata maestra della Scuola Merletti di Isola dal 1883 al 1907, prima affiancando, come seconda maestra, Maria Vascotto e poi quale dirigente. La scuola era un corso filiale alle dipendenze del k. k. Central Spitzenkurs (l’Imperiale Regio Corso Centrale Merletti di Vienna) e. all’epoca, era fiorente. Per la ricostruzione della storia della scuola Merletti di Isola d’Istria si veda R. D’ERCOLI, Il filo spezzato. Da Isola d’Istria gli intrecci del passato si riallacciano al presente, Gorizia, 2012. 9 AST, Luogotenenza del Litorale. Atti generali 1906-1918, b. 2357, n° 6407, 17 dicembre 1914. 10 Gazzetta di Wagna (nel seguito GW), 24 dicembre 1916. Il foglio bilingue (tedesco/italiano) inizia a essere pubblicato il 14 ottobre 1915 con il titolo "Lager-Zeitung / Gazzetta di campo", ed è edito e diretto dall'i. r. Amministrazione delle baracche in Wagna presso Leibnitz (poi dall'i. r. Luogotenenza della Stiria). Dal 23 novembre 1915 il titolo cambia in "Lagerzeitung für Wagna / Gazzetta d'accampamento di Wagna" e tale resterà fino all'ultimo numero, pubblicato il 28 febbraio 1918.

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I laboratori erano stati organizzati in parte dall’Istituto per il promovimento delle piccole industrie per Trieste e l’Istria, diretto da Coretti che pure opererà a Wagna, e in parte dall’Espositura per l’istruzione industriale di Gorizia. Quest’ultima era una filiale della Scuola Industriale di Trieste, diretta dall’ing. Renato Penso direttore anche dell’Istituto per il promovimento delle industrie di Gorizia. Ai due omologhi istituti competeva la promozione delle industrie casalinghe fra le quali il merletto a fuselli mentre l’attivazione di corsi, l’assunzione delle maestre e la loro remunerazione dipendeva dall’Istituto viennese per le industrie casalinghe femminili. Questa organizzazione delle competenze spiega perché Pia Degrassi, ricevuto da Vienna il decreto di trasferimento, aveva comunque dovuto recarsi a Trieste da Coretti. Il fatto che Pia, già a Wagna, ricevesse il 10 ottobre una lettera di Coretti che la invitava a passare da lui a Trieste, presuppone che il direttore delle piccole industrie fosse all’oscuro della partenza tanto repentina della maestra. Il tutto avvalora ulteriormente la tesi di allontanamento della maestra a causa della sua vicinanza ad ambienti filo irredentisti. A Wagna tuttavia, l’Istituto viennese aveva attivato soltanto un laboratorio di rete filet e un laboratorio di ricamo in bianco. Niente merletto a fuselli in quell’ottobre del 1915! Pia ne fu sorpresa e profondamente delusa ma non fece in tempo a chiedersi cosa mai ne sarebbe stato di lei poiché fu presto indirizzata, quale assistente, al laboratorio di rete filet diretto dalla ventitreenne Emma Kočevar, nativa di Idria. Emma Kočevar Di pochi anni più giovane di Pia, intelligente, colta, dolce ma determinata, grande organizzatrice, pratica e rigorosa, Emma sapeva affascinare e Pia ne rimase colpita. Riferendosi a Emma, così Pia scriveva in una lettera datata 10 ottobre 1915: lei è occupatissima, la scuola è affollata; è tanto buona si prende la briga d’insegnarmi il lavoro a rete, giacché non mi è del tutto nuovo11.

Fig.2 Emma Kočevar in costume tradizionale. La fotografia è autografata. Sul verso compare la scritta, a mano, in china “Wagna, 12 ottobre 191(?)”. Purtroppo non compare l’ultima cifra dell’anno perché la fotografia è stata tagliata.

Emma era una lavoratrice instancabile. Si trovava a Wagna già da alcuni mesi e precisamente dal primo febbraio 191512. In precedenza, dal mese di maggio fino al luglio del 1914, era stata inviata ad insegnare il raffinato ricamo su rete filet a Gorlice (Galizia13) nell’attuale Polonia. L’esperienza lavorativa si era interrotta prima del previsto poiché, dal mese di agosto, in seguito all’invasione russa della Prussia, quella regione si era trasformata in un campo di battaglia, lungo quello che prese il nome di fronte orientale. AST, Luogotenenza del Litorale. Atti generali 1906-1918, b. 2357, n° 3299, 18 ottobre 1915. Cfr. Onorificenza, GW, 24 maggio 1917. 13 La regione denominata Galizia, oggi suddivisa fra Polonia e Ucraina, era un vasto possedimento della Corona austriaca ai confini nord-orientali dell’impero. La popolazione era ripartita tra l’etnia polacca e rutena (ucraina). Quella polacca caratterizzava la parte occidentale della Galizia ed era distribuita su tutto il territorio a macchia di leopardo. Nelle campagne vivevano i ruteni. 11 12

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La gravità della situazione spinse il Ministero dell’Interno austriaco ad emanare, già in settembre, una serie di disposizioni per il ricovero dei profughi galiziani. Nell’autunno dello stesso anno iniziavano, dunque, i lavori per la costruzione del campo di Wagna che avrebbe ospitato circa diecimila sfollati polacchi. In tale contesto fu probabilmente naturale scegliere quale maestra di laboratorio da destinare al campo, una maestra che aveva già avuto modo di lavorare con donne galiziane. E chi meglio di Emma Kočevar? Emma era molto abile con le lingue, si può presupporre che, di polacco, qualcosa capisse e parlasse. Di madrelingua slovena, la maestra era stata spesso scelta per insegnare in lingua croata, ad esempio a Medolino e a Lisignano (località sul mare presso Pola). Qui però Emma non aveva insegnato quella rete fine ed eterea destinata ad essere ricamata, bensì quella più rude delle reti da pesca. Se n’era occupata nell’anno scolastico 1913-1914 istruendo ben ottantasette allieve dai dodici ai trentasette anni d’età. Ancor prima aveva insegnato nei corsi organizzati a Verbenico, una piccola località sull’isola di Veglia (Krk in Croazia). Sorprendente questa giovane donna: insegnava ad altre donne come realizzare e rattoppare le reti da pesca! Nelle località che vivevano quasi esclusivamente di quest’attività, il prendersi cura delle reti era una necessità e poteva essere affidata alle donne a terra che, in tal modo, contribuivano all’economia domestica. Contrariamente però all’idea romantica che potremmo farci cercando di immaginare le donne che delicatamente aggiustano le reti attendendo il ritorno dei loro marinai, la realtà conduce a renderci conto che si trattava, inaspettatamente, di un lavoro molto duro. Ben lo evidenzia una lettera di lamentela scritta all’amministrazione viennese dalla maestra che affiancava Emma nei due corsi, tale Anita Dalla Bona: Non si tratta punto di aggiustare le reti; questo sarebbe poco, ma il più che si deve fare è un lavoro gravoso, dovendo maneggiare continuamente spaghi e funi, sugheri, piombi, e adoperando martelli e tenaglie. Se codesta direzione fosse presente a tale lavorazione dovrebbe convenire che ad un tale lavoro occorrono piuttosto mani di uomo e non di donna.14 Emma invece non sembrava darne peso; assolveva al meglio ogni singolo incarico. Inviò più volte all’Amministrazione dei ritagli di giornale tratti dalla stampa locale riguardanti questi corsi di Fischnetzerei e in ogni articolo lei vi compare nominata. Affrontava tutto con innata eleganza. I laboratori femminili di Wagna A Wagna i laboratori femminili erano molto frequentati. Tramite la Gazzetta, il giornale che circolava all’interno del campo, l’imperiale regia Amministrazione delle baracche reclamizzava i laboratori esortando vivamente tutte le donne e le ragazze dai 14 anni in poi ad iscriversi tosto presso una delle sezioni di lavoro istituite. E specificava: Nelle sale di lavoro vengono corrisposti alle frequentanti in ragione della qualità e della quantità del lavoro fornito, dei premi in contanti. Le allieve e le frequentanti devono ottemperare alle disposizioni delle maestre; in particolare sarà tenuto conto della puntualità e regolarità della frequentazione, dalla cura posta nel maneggiare il materiale ricevuto per la lavorazione, della pulizia e del comportamento. Essendo con ciò offerto a tutte le donne e ragazze un utile insegnamento ed un lavoro adatto che secondo la capacità e l’applicazione potrà procurare alle iscritte anche un modesto guadagno, si raccomanda caldamente a tutte le interessate di iscriversi immediatamente in quella sezione che meglio corrisponde alle proprie attitudini. Le iscrizioni si assumono giornalmente dalle maestre direttrici delle singole sezioni.15 Pia dunque era diventata assistente di Emma Kočevar nel laboratorio di rete filet ma per quanto si trovasse bene non si dava per vinta e continuava incessantemente a pensare: son destinata per i fuselli16.. Lei, che nel 1910 aveva collaborato per ordinare le antiche trine esposte a Capodistria alla Prima Esposizione Provinciale Istriana nella mostra di Belle Arti e che l’anno successivo si era recata all’Esposizione Internazionale di Torino, non poteva pensare di essere giunta a Wagna per fare l’assistente!

AST, Luogotenenza del Litorale. Atti generali 1906-1918, b. 2357, n° 5600, 13 ottobre 1913. Nel febbraio del 1912 Anita Dalla Bona era partita da Centa-Valsugana nel sud del Tirolo, inviata da Vienna a Gradisca d’Isonzo per aprire un corso di uncinetto. Pochi mesi dopo fu trasferita a Cormòns per istituire un altro corso di uncinetto. Nel Bollettino Ufficiale del Personale del Ministero dell’economia nazionale (Anno II, N° 19, 10 ottobre 1924) Anita figura tra le maestre delle Regie Scuole Merletti della Venezia Tridentina. In quegli anni insegnava a Rovereto. 15 Notificazioni, GW, 15 ottobre, 1915. Ripetuto identico sulla Gazzetta del 17 ottobre e del 10 novembre. 14

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AST, Luogotenenza del Litorale. Atti generali 1906-1918, b. 2357, n° 3299, 18 ottobre 1915.

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Fig.3 La Gazzetta numero 36 del 24 novembre 1915.

Ogni qualvolta era possibile coglieva l’occasione per parlarne a Lucas Wolte, direttore del campo e a Valdemaro Albrecht, segretario dell’Istituto delle piccole industrie di Trieste e l’Istria, anche lui a Wagna. Quando poi si paventò la possibilità di un suo trasferimento alla sezione biancheria della scuola di cucito, si irritò: il lavoro destinato per me alle piccole industrie può disimpegnarlo qualsiasi lavorante, son due maestre in verità non occorre la terza, e francamente detto il mio fisico non resisterebbe a tal facchinaggio17. Così prese la sua carta da lettere, elegantemente contrassegnata dalle sue iniziali stampate in color viola, e scrisse direttamente a Vienna, al direttore delle Industrie femminili Max Holler: Soltanto una cosa vorrei pregarLo Signor Direttore, giacché non m’è concesso d’aver una mia scuola, ove spero non tarderà molto di concedermela, vero? Di lasciarmi, per intanto, come aiutante della Signorina Kočevar 18. La risposta di Holler non si fece attendere e fu come uno schiaffo per Pia poiché non lasciava spazio ad alcuna replica. Di fatto Holler fu duro ma logico e pragmatico: l’apertura a Wagna di una scuola di merletto a fuselli era completamente esclusa poiché non vi erano merlettaie tra i profughi 19. Questo diniego è ben spiegabile con la politica attuata dalla monarchia asburgica per la tutela dell’artigianato sul territorio. Infatti, solo laddove vi era già una tradizione artigianale consolidata e con caratteristiche proprie, le autorità di competenza viennesi favorivano l’istituzione di scuole e curavano l’industria domestica. L’introduzione di un certo tipo di artigianato al di fuori del suo territorio d’origine non era reputata una scelta commercialmente favorevole. La volontà che emerge è ben esplicitata anche nella Gazzetta ove si legge: Si vuole raggruppare questi fuggiaschi secondo le arti da loro professate in accampamenti separati (…)20. Pia dovette quindi rinunciare al laboratorio di merletto a fuselli? In realtà no. Inaspettatamente, soltanto due mesi dopo, il laboratorio risulta aperto poiché figura nell’Almanacco del Popolo, edito a Graz nel 1916, nell’elenco della Scuola dei lavori femminili. Ebbene proprio quella politica di tutela dell’artigianato sul territorio d’origine era stata la svolta per le aspirazioni di Pia. Infatti, tra i profughi che arrivarono a Wagna in quell’autunno del 1915, vi erano molte donne che lavoravano il merletto a fuselli21. La rete dei Filialkurse (i corsi filiali dell’imperiale regio Corso Centrale di Merletti di Vienna22 ) era alquanto ramificata nel territorio del Litorale, mentre molto vasta era la produzione casalinga di merletto. Ibidem. Ibidem. 19 Ibidem. 20 Istituto per il promovimento delle piccole industrie di Trieste, GW, 4 novembre 1915. 17 18

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Nell’autunno del 1915 il campo di Wagna raggiunse i 21.000 profughi. L’imperiale regio Corso Centrale Merletti di Vienna (Kaiserlich Königliche Zentral-Spitzenkurs) era stato creato nel 1879 e faceva capo a tutti i corsi merletti sul territorio asburgico: dal Litorale (Isola d’Istria, Veliki Dol, Dol Otelza, Chiapovano, Circhina, Plezzo), alla Carniola (Idria, Ziri, Zelesniki, ecc.), al Tirolo (Proves, Malè, Predazzo, Luserna, Javrè, Cortina d’Ampezzo ove insegnò Maria Cumer prima di essere destinata a Wagna), alla Boemia (Gottesgab, Gossengründ ecc.) solo per ricordarne alcuni. Le insegnanti erano addestrate a Vienna e inviate a insegnare preferibilmente nei territori d’origine. I corsi merletti, finalizzati alla creazione di un’industria domestica, erano di due tipi: vi erano le Fachschulen, scuole radicate in una data località ove l’insegnamento durava tutto l’anno e i cosiddetti Wandercurse cioè i corsi ambulanti che duravano circa 3 o 4 mesi ed erano organizzati ovunque si ritenesse necessario. Nella centrale viennese aveva sede un atelier per la creazione di disegni che erano inviati in tutti i corsi di merletto.

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Fig.4 1. Lavori a rete: Emma Hočevar, maestra dell’i. r. Istituto per le industrie casaline muliebri, dirigente. 2. Ricamo: Maria Cumer23, maestra dell’i. r. Istituto per le industrie casaline muliebri, dirigente. 3. Lavoro a fusello: Pia Degrassi, maestra dell’i. r. Istituto per le industrie casaline muliebri, dirigente.

Così Pia Degrassi ritornava ai suoi amati fuselli, riprendendo una posizione che riteneva le spettasse di diritto, ma non interrompeva la sua collaborazione con Emma. Le due maestre erano, infatti, insieme il 15 dicembre 1915 ad accogliere l’Arciduchessa Maria Gioseffa in visita al campo di Wagna. L’evento straordinario è ricordato sia nella Gazzetta del 24 dicembre sia nell’Almanacco del popolo del 1916, anche se con una discrepanza. Il secondo, infatti, sostiene che tra le sale di lavoro visitate da Sua Altezza Imperiale vi fossero la scuola dei merletti a tombolo e la scuola di ricamo e di lavori a rete24 mentre la Gazzetta non fa menzione dei fuselli. La Gazzetta ci tramanda però un resoconto più vibrante nominando le due maestre Emma e Pia. Quasi ci pare di vederle, gentili e riservatamente eleganti, colloquiare amabilmente con l’imperatrice. Più interessante riuscì forse la visita che S. A. I. volle fare alla scuola di ricamo dove le maestre signorine Kočevar e Degrassi diedero tutte le indicazioni necessarie. Le mani industriose delle ricamatrici di Pola e Rovigno fecero dei veri piccoli capolavori: le reti, i ricami, i trapunti ecc., le copertine a punto veneziano erano davvero ammirabili.25 L’imperatrice poté ammirare i lavori più belli poiché tali convenivano a tanto onore. La cronaca nomina le reti filet, i ricami e descrive quali ammirabili delle copertine a punto veneziano. Sono queste ultime a destare l’interesse di questa trattazione poiché dimostrano che anche la Gazzetta nominò i merletti a fuselli rivelando contestualmente l’esatto tipo di merletto che era realizzato a Wagna. All’epoca il termine copertina individuava un centrotavola quadrato di lato lungo almeno mezzo metro. Si trattava, dunque di un copri-tavolino eseguito in punto veneziano. A Wagna si ricamava ma non si eseguiva merletto ad ago. Pertanto, se vi era già il laboratorio di tombolo - come riporta l’Almanacco - allora si trattava proprio di merletto a fuselli, quello insegnato da Pia, maestra della Scuola merletti di Isola d’Istria, cittadina in cui da secoli si lavorava il cosiddetto merletto veneziano isolano26. I fini merletti di Isola d’Istria si presentavano, dunque, ancora ammirabili così come lo erano stati ai tempi di Agnese Degrassi, madre di Pia. Organizzazione dei laboratori I tre laboratori di ricamo, filet e tombolo erano frequentati complessivamente da circa 200 allieve 27 e ciò comportava un gravoso lavoro ed un impegno costante da parte delle tre maestre. Le attività si svolgevano in due diversi caseggiati. Le sale di lavoro erano ampie, attrezzate con tavoli e panche di legno posti perpendicolari alle grandi finestre. Erano ben illuminate e ventilate ma probabilmente non molto calde d’inverno. Maria Cumer era stata insegnante e dirigente del corso di ricamo di Cervignano, uno dei tanti Filialkurse dipendente dal Corso Centrale Merletti di Vienna. La maestra era stata trasferita nella cittadina friulana nel 1912 e proveniva dal Corso di ricamo di Cortina d’Ampezzo. Nel Bollettino Ufficiale del Personale del Ministero dell’economia nazionale (Anno II, N° 19, 10 ottobre 1924) la Cumar figura tra le maestre delle Regie Scuole Merletti della Venezia Tridentina. 24 Almanacco del popolo strenna di Wagna 1916, pag. 29. 25 La scuola di cucito e le piccole industrie, GW, 24 dicembre 1915 26 Negli anni Venti ricorrerà spesso l’appellativo Premiata Scuola dei merletti Veneziani per quello che sarà il Regio Corso Merletti di Isola d’Istria. Si veda R. D’ERCOLI, cit., pag. 22. 27 Questo dato è riportato in P. MALNI, cit., pag. 67. 23

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La sala del tombolo era munita di un arcolaio e di una bobinatrice. Le ragazze frequentavano volentieri i laboratori, dopotutto si trattava pur sempre di un’attività remunerata che si svolgeva al riparo da intemperie e in ambienti puliti dove poter anche talvolta chiacchierare. Non tralascerei, inoltre, il fatto che ricamare e far merletti erano attività che piacevano davvero a molte ragazze.

Fig.5 Il laboratorio di rete filet diretto da Emma Kočevar. L’immagine è tratta dalla rivista Die-Woche del 12 agosto 1916, pag. 1177.

Per quanto riguarda la loro remunerazione, una relazione del capo medico dell’accampamento, dottor Kapelner, pubblicata sulla Gazzetta ci informa che: Il risarcimento o meglio detto la mercede degli addetti viene calcolata, come in tutti gli altri istituti di occupazione dell’accampamento, con riguardo al tempo necessario al lavoro da eseguirsi da una singola persona, al quantitativo ed alla qualità dello stesso, in modo che viene raggiunta una mercede media di cor.1 e 50 cent.28 In realtà, nei corsi dipendenti dall’imperiale regio Istituto per le industrie casalinghe femminili (sia che si trattasse di merletto, filet, uncinetto o ricamo) l’usuale modus operandi prevedeva un prezzo già pattuito da Vienna per l’esecuzione di un dato pizzo (come da campionario valido per tutti i corsi dei territori asburgici). A lavoro terminato, spettava all’insegnante proporre, per le allieve, una remunerazione più bassa oppure più alta, di una piccola percentuale, in base al lavoro poco preciso o molto ben eseguito fatto dalla lavorante. Risulta quindi difficile stabilire quanto una ricamatrice o una merlettaia potesse guadagnare giornalmente.

Fig.6 Wagna, 1917. Il laboratorio di rete filet. In piedi compare anche Emma Kočevar. Sul recto della fotografia vi è, scritto a matita, Bar. 2 cioè Baracca 2. Collezione LD

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Le occupazioni dei fuggiaschi durante la guerra, GW, 24 dicembre 1916.

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Fig.7 Il laboratorio di tombolo. La maestra Pia Degrassi in piedi, accanto alla stufa, osserva le allieve al lavoro. Immagine tratta dall'album Bilder aus dem k. k. FlĹąchtlingslager in Wagna

Fig.8 Il laboratorio di tombolo. Immagine tratta dall'album Bilder aus dem k. k. FlĹąchtlingslager in Wagna

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Fig.9 e Fig.10 Wagna. Il laboratorio di lavori al tombolo diretto da Pia Degrassi. Il disegno (collezione KDK) è quello su cui sta lavorando la ragazza al centro nella foto.

Fig.9

Fig.10

Un fiore all'occhiello A Wagna, la scuola dei lavori femminili rappresentava un fiore all’occhiello. Così si leggeva sulla Gazzetta del 24 dicembre 1916: Quale rappresentante nell’accampamento di un’arte superiore si potrebbe mettere in rilievo la scuola delle industrie domestiche. (…) Questa istituzione è composta della scuola di lavori a rete, di quella di ricamo e di quella di lavori a fuselli. Nella prima vengono preparate delle reti a nodo che poi vengono tese sopra un telaio per essere ricamate secondo i più svariati disegni. Nella scuola di ricamo, in cui vengono eseguiti soltanto lavori in bianco, si fanno dai diligenti ditini ricami seguendo appositi modelli e motivi. La sezione più bella e più importante per il visitatore è senz’altro quella dei lavori a fuselli. Ogni ragazza siede davanti un cestino nel quale è posto un cuscinetto cilindrico che serve di base al lavoro. Con fulminea agilità le gentili giovanette gettano da una mano all’altra i fuselli tessendo ed intrecciando i più delicati motivi, pizzi, incassi e collari.29 A mio parere non è un caso che nella canzonetta popolare Le fiole de Wagna si faccia menzione proprio di quelle ragazze che a scola andar le devi de borse e de merleti30. È spesso suggerito come queste ragazze fossero più curate e civettuole. Erano moltissime le merlettaie che si trovavano a Wagna e lavoravano a fuselli anche nelle baracche, come riportato da varie testimonianze. Così scriveva, nei suoi Ricordi di Wagna, la profuga Maria Hofer Le donne giovani si occupano di sartoria, oppure nel laboratorio delle perle. Con tela e perline facevano borsette, cinture, spille, fermagli per capelli. (…) In baracca molte donne facevano i merletti sui tomboli.31 Compare, in entrambe le citazioni, anche la lavorazione di borsette sulle quali tornerò a breve anticipando soltanto che Ibidem. Le fiole di Wagna: musica DI C.A. SEGHIZZI, parole di B. FABRO. Si legga tradotto “a scuola devono andare di borse e di merletti”. 31 La testimonianza è riportata in P. MALNI, cit., pag. 200. 29 30

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Indice Referenze fotografiche

pag. 4

Introduzione

pag. 5

Capitolo 1

Emma KoÄ?evar e Pia Degrassi e i laboratori di filet e tombolo di Wagna.

pag. 7

Capitolo 2

Le carte di Wagna: una storia incredibile.

pag. 25

Capitolo 3

I lavori in perline. L’Imperiale regia scuola di ricamo di Vienna. Gli schemi per rete filet. pag. 37

Capitolo 4

Gli schemi per i lavori in perline. Schede.

pag. 51

Capitolo 5

I disegni per merletto a fuselli e il Corso Centrale di Vienna.

pag. 67

Capitolo 6

I disegni per merletto a fuselli. Schede.

pag. 73

Omaggio a Pia Degrassi

pag. 91

Indice dei nomi

pag. 95

Indice dei luoghi

pag. 97

Fonti archivistiche e Bibliografia

pag. 99

Ringraziamenti

pag. 101


Fine anteprima

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Rosita D’Ercoli

Merletti e Ricami di Wagna Gli schemi ritrovati di Emma e Pia, maestre in guerra

La sezione più bella e importante per il visitatore è senz’altro quella dei lavori a fuselli. Ogni ragazza siede davanti un cestino nel quale è posto un cuscinetto cilindrico che serve di base al lavoro. Con fulminea agilità le gentili giovanette gettano da una mano all’altra i fuselli tessendo ed intrecciando i più delicati motivi, pizzi, incassi e collari. (Le occupazioni dei fuggiaschi durante la guerra, Gazzetta di Wagna, 24 dicembre 1916.) A distanza di un secolo la storia dei Laboratori femminili, attivi nel campo degli sfollati isontini e istriani di Wagna (Stiria) durante la prima guerra mondiale, rivive attraverso la storia delle due maestre e le immagini inedite di schemi e disegni che si pensavano oramai perduti.

ISBN 978-8885743052

€ 25,00

9 788885 743052


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