Bellomo - Notore - Paglierani, Ricami a Treccia di Savignano

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a Savignano da una treccia di fili un intreccio di amicizie


Š 2007 tutti i diritti sono riservati Casa Editrice Nuova S1 s.n.c. di Pietro Cimmino Gibellini & C. via Albertazzi 6/5 - 40137 Bologna meg1632@iperbole.bologna.it - www.nuovas1.it Numero ISBN 9788889262177 Prima edizione: luglio 2007


Bianca Rosa Bellomo Cristina Notore Paola Paglierani

Ricami a Treccia di

Savignano


IL RICAMO A TRECCIA DI SAVIGNANO BIANCA ROSA BELLOMO, CRISTINA NOTORE, PAOLA PAGLIERANI RICERCA STORICA: BIANCA ROSA BELLOMO LA SCUOLA DEI PUNTI E I LAVORI NOTORE E PAOLA PAGLIERANI

PROPOSTI: PROGETTI ED ESECUZIONI DI

CRISTINA

IMMAGINI: CRISTINA NOTORE GRAFICO: LORENZO CIMMINO IN COPERTINA: COPERTA CON RICAMO A TRECCIA DI SAVIGNANO CONSERVATA NEL MUSEO ETNOGRAFICO ROMAGNOLO “BENEDETTO PERGOLI” DI FORLÌ, INV. N. 3367 SAVIGNANO SUL RUBICONE, CENTRO STORICO (FOTO DI LORENZO BALESTRI) RINGRAZIAMENTI: FLORIANA AMICUCCI, MARIA LUCIANA BUSEGHIN, LOREDANA GRISOLINI, RICCARDO PASCUCCI, FRANCO POGGIALI, LUCIANA PRATI, LORELLA SIMONCELLI, BRUNA VALENTINI, LORIS VENTURI.


Sommario

Cronaca di un ritrovamento

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Testimonianze

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Biliografia

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La Scuola dei Punti

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I Lavori

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I Disegni

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Treccia a tre capi Catenella all’uncinetto Fiocchetti Punto lanciato Unione dei teli Orlo con treccia Frangia semplice Frangia annodata Nappa Il cuscino Il tappeto da tavola Il centrotavola La borsa

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Savignano di Romagna nei primi anni del secolo. Cartolina d’epoca. La denominazione Savignano sul Rubicone risale al 1933.


Cronaca di un ritrovamento 20 marzo 2007 Martedì. Una giornata di pioggia. Incontro a Forlì, al Museo Etnografico Romagnolo. Dopo alcune ricerche su ricami descritti come Ricami a treccia di Savignano, un lungo articolo sulla rivista «La Piè» ci ha dato l’idea di fare indagini a Forlì. Il Museo nacque in concomitanza delle Esposizioni romagnole riunite, che ebbero luogo nella primavera del 1921; in quell’occasione, appese in una sala, vennero descritte coperte da buoi ornate di questi semplici ricami. Forse qualcosa è rimasto. Qualche scambio epistolare e oggi l’appuntamento. Loredana Grisolini ci accoglie con grande gentilezza e ci accompagna descrivendoci quello che man mano osserviamo. Conosce ogni angolo, ogni oggetto, e per ciascuno ha storie da raccontare. Le sue parole ci trasportano in un’epoca lontana. Guardiamo con ordine: tessuti, parti di corredo, ricami, merletti ben avvolti in carta bianca. Si svolge la carta. C’è l’aspettativa di quando si scartano regali. Cassapanche e armadi. Coperte ordinatamente piegate ma... nulla. Quasi incominciamo a perdere la speranza. Intanto Loredana racconta e spiega. Ci piacerebbe ritornare con più calma. Cerchiamo qualcosa e siamo forse un po’ troppo distratte, ma alcuni particolari colpiscono ugualmente: il pavimento rustico, le tele stampate, gli stampi, altri oggetti di tutti i giorni, gli ambienti ricreati con cura, le decorazioni delle pareti. Nei corridoi, tra gli altri, esempi di quella bella ceramica tipica della zona, verde o nera, elegantissima. Ultimo armadio: tessuti di tanti colori e vario disegno. Incominciamo l’ordinata ricerca. Poi, a un tratto Paola indica: e quella? La coperta è piegata alla rovescia, se ne scorge solo una piccola parte, la tela è bianca e si vedono i punti con cui la treccia si attacca alla stoffa. Viene sfilata dalla pila di altre coperte e viene aperta. Sì, è la coperta che cercavamo: almeno un manufatto da osservare da vicino, da cui imparare. Un punto di partenza vero per ogni tentativo di recupero. Un momento emozionante. Siamo qui davanti ad un quadrato di grossa tela, ricamato in azzurro, che risale almeno al 1921. Riconosciamo molti particolari che aderiscono a descrizioni che abbiamo letto. Abbiamo la sensazione di aver fatto una scoperta quasi di archeologia e ci mettiamo a ridere per quello che si può provare – non l’avremmo mai immaginato - davanti ad una semplice coperta per buoi. Ce lo ricorderemo. Il manufatto era stato già notato, capito nella sua importanza e indicato come particolare già da più di un decennio, da persone che sanno di merletti e di altro artigianato: due vere maestre del tombolo e brave ricercatrici, Bruna Valentini e Lorella Simoncelli. Altri interessi e altri impegni di lavoro impedirono loro di approfon-

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dire. Lo facciamo noi oggi raccogliendo per iscritto tutto quello che sappiamo, indicando una bibliografia e riproponendo i punti, alcuni ornamenti e sperimentando qualcosa di nuovo. Nella convinzione che i dati raccolti non siano completi e che ci sia ancora un po’ di strada da fare, speriamo che questo nostro lavoro possa essere utile nel recupero di una tradizione che pareva del tutto dimenticata.

Le ricerche incominciate due anni fa si sono intensificate in occasione della mostra Rimini Invita al Ricamo, che si è tenuta dal 28 aprile al 6 maggio 2007, in concomitanza del III Forum Internazionale del Merletto e del Ricamo - Italia Invita. Da una pagina del libro di Elisa Ricci, Ricami Italiani antichi e moderni, del 1925, siamo risaliti ad un cenno scritto del 1906 e abbiamo ripercorso, per quanto ci è stato possibile, l’evoluzione di questi manufatti. I primi disegni ritrovati vengono considerati antichissimi1, mentre la tecnica è semplice e diffusa nelle campagne. Ci pare di aver individuato alcune tappe fondamentali: a Luisa Rasponi si deve il recupero nei primi anni del ‘900, lo sviluppo e la partecipazione a mostre anche nell’ambito delle Industrie femminili italiane. Nel 1913 e nel 1914 Elisa Ricci, in pubblicazioni d’arte e in pubblicazioni internazionali sull’arte paesana, raccontava di questi particolari ricami; nel 1921 alcuni disegni, nuovi ma non del tutto distanti dalla tradizione, e una frase nella rivista «La Piè», fanno supporre che se ne sia occupato il pittore Antonello Moroni di Savignano. Probabilmente, se vogliamo seguire alcune seppur vaghe segnalazioni, la tradizione continuò di casa in casa. L’ultima utile descrizione si trova in Lucia Petrali Castaldi, Dizionario enciclopedico di lavori femminili, Milano 1941. Si usano filati diversi seguendo indicazioni di buon senso2: per i lavori solidi che debbono resistere al tempo e ad altre insidie è preferibile il cotone, la canapa, il lino; per i lavori di grande effetto la lana. L’abbinamento colore della tela e colore del filato varia nella bibliografia che abbiamo raccolto: blu (varie tonalità), rosso, giallo oro, ruggine su fondo bianco grezzo; bianco (biondo pane) su fondo ruggine (mattone); bianco su fondo bianco; rosso e turchino su tessuto turchino e bianco. Il filato può essere di due colori: ci sono esempi di abbinamento azzurro-bianco (come nella coperta di Forlì), blu-rosso nelle trecce o nelle nappe che rifinivano i manufatti. Alcuni semplicissimi motivi li possiamo individuare, frammisti a tanti altri diversi ornamenti, nelle tele stampate, nei tipici carri di Romagna, i plaustri, ed anche, seguendo Ferruccio De Lupis3, nelle decorazioni della zoia di prua di caratteristiche imbarcazioni. Si veda C. DE DANILOWICZ, La genesi di alcuni motivi ornamentali nell’arte rustica, «Lares», dicembre 1937, febbraio 1938 2 Ricami a fondo pieno, «Ricami Italiani», Roma, Picus Industrius 1924, n.1 3 FERRUCCIO DE LUPIS, L’arte popolare della Romagna, «Rassegna d’arte», febbraio 1921 1

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Testimonianze L’esposizione de La Cooperativa Nazionale “Industrie femminili Italiane”, all’Esposizione di Milano del 1906, fu inaugurata il 3 maggio e fu interamente distrutta da un incendio il 3 agosto. Passano quasi vent’anni e, nel 1925, Elisa Ricci4, in Ricami Italiani antichi e moderni 5 scrive: Tre anni appena dopo essersi costituite in Società Cooperativa, le Industrie femminili italiane si presentarono alla grande Esposizione milanese del 1906. Penso ora a quella loro Mostra come a una creatura fiorente di giovinezza morta fulminata: ed è con angoscia sempre viva che ripenso al senso di sorpresa, di orgoglio, di gioia provato girando per la nitida chiarezza di quelle sale così ben femminili, dove mi era parso di sentire in quei lavori le mille donne italiane delle più lontane regioni cantar le glorie e narrar la storia della loro terra, nei più pittoreschi dialetti. Che cosa avessero saputo creare, organizzare, disciplinare le Industrie femminili in così poco tempo si vide allora per pochi giorni, da troppo pochi. Io fui di quei pochi. Prima che il funesto incendio, che distrusse quell’ala dell’Esposizione, riducesse i mille lavori ridenti di candore e di colori nella gran luce dei saloni milanesi, in un mucchio informe di cenci fumosi e fangosi, io girai fra quelle vetrine.. Ah le donne del mio paese, quanto lavoro, che bel lavoro avevano fatto, avrebbero ancora fatto! E come in quella varietà, risultava evidente, adorabile di sincerità e di nobiltà il carattere unico della nostra gente! La Sicilia, il Piemonte, l’Umbria, il Veneto, l’Emilia, la Sardegna, il Friuli, la Lombardia, ogni provincia aveva mandato il suo lavoro: e ogni lavoro rispecchiava il carattere particolare di ogni regione. Non era una voce, ma un coro di molte fresche e liete voci femminili diverse l’una dall’altra, non discordanti mai. Nella grande varietà un’unità: dal rude tappeto sardo, al vaporoso merletto di Burano, tutti figli di una stessa razza, anche se appartenenti alle classi più diverse. Mi piace dopo tanti anni ricordare. Facevano allora la prima apparizione gli antichissimi tessuti perugini bianchi a fregi turchini (noti e cari ormai alla gente di buon gusto di tutto il mondo) in un intero gabinetto di toletta. Il mobilio per una veranda aveva mandato la contessa Luisa Rasponi di Ravenna: su un fondo di rozza tela l’ingenuo disegno era ricamato con una treccia di lana dai vivi colori. La Romagna, che orna ancora i suoi buoi “dalle lunate corna”6 con queste coperte diceva la sua parola gaia e schietta. [..]

4 Elisa

Ricci (1858-1945) moglie dell’illustre ravennate Corrado Ricci (1858-1934) si può considerare la più grande esperta di merletti e ricami nei primi decenni del novecento. 5 Firenze 1925, ristampa Bologna 2006, in collaborazione con Italia Invita, ed. Nuova S1. 6 Così Giosuè Carducci nella poesia Alle fonti del Clitumno.

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Angolo per veranda

(Savignano di Romagna)

esposto a Milano nel 1906 Industrie Femminili Italiane,

ed. Pilade Rocco, 1906 Milano

ARACNE (Elisa Ricci), Le Industrie Femminile Italiane, ÂŤEmporiumÂť, 1907

Coperta da buoi in tela, con ricamo a treccia

(Savignano di Romagna) Industrie Femminili Italiane,

ed. Pilade Rocco, 1906 Milano

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La Scuola dei Punti


Premessa Tessuto: deve essere robusto, in canapa o lino o misto lino. Anticamente si utilizzavano i torselli (in dialetto romagnolo “tursèll”), che venivano tessuti dalle donne in casa, dove non mancava mai un telaio. A seconda delle disponibilità economiche, si utilizzava lino o canapa, ampiamente coltivata e diffusa nelle campagne romagnole già dal 1500. Filato per il ricamo: cotone, lino, canapa o lana. Strumenti di lavoro: telaio da ricamo, uncinetto n. 2, aghi n. 18 e n. 20 con e senza punta. Prima di iniziare il ricamo è necessario preparare il disegno sul tessuto.

Tr eccia a tr e capi

Occorrente: filato 1. Si preparano 3 mazzetti da 4 fili ciascuno e si esegue la treccia.

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fine anteprima

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