Raimondo Del Nero - TRANSUMANZE

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RAIMONDO DEL NERO

Transumanze Dall’Appennino abruzzese alla pianura laziale

Per le antiche strade


Con il patrocinio di Comune di Grottaferrata

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ComunitĂ Montana

Con la collaborazione di

www.galleriatheodora.com


RAIMONDO DEL NERO

Transumanze Dall’Appennino abruzzese alla pianura laziale

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OaC edizioni

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Per le antiche strade


Transumanze Dall’Appennino abruzzese alla pianura romana Testi e disegni Raimondo Del Nero

Ideazione e organizzazione Sergio Centioni

Prodotto da OaC edizioni (Ottica al Corso s.r.l.) Corso del Popolo, 36 - 00046 Grottaferrata (Roma) Tel. e Fax 06.9459758 www.oacedizioni.com - info@oacedizioni.com C.F. e P.IVA 09721121003 - R.E.A. 1184584

Progetto grafico e impaginazione Vito Maria Simius Redazione Stefano Paolucci Consulenza artistica Alice Centioni

Stampato in 1000 copie presso IKONE srl Piedimonte Matese (CE)

Testi, disegni e cartine sono di proprietà dell’Autore. © 1980 - 2012 Raimondo Del Nero Ogni riproduzione è vietata senza l’autorizzazione della Casa Editrice. Copyright © 2012 Ottica al Corso s.r.l.


Con il patrocinio del Comune di Grottaferrata e della XI Comunità Montana Castelli Romani e Prenestini

Avevo già letto con interesse e piacere il libro Per le antiche strade e ne avevo apprezzato il rigore della ricerca storica e la qualità dei disegni. Accolgo, ora, con viva soddisfazione la pubblicazione di questo secondo volume, Transumanze, che ci fa rivivere un passato forse dimenticato e che riscopriamo attraverso il nome dei tratturi e delle strade. Ringrazio la casa editrice e l’autore per l’impegno profuso che contribuirà a far conoscere e valorizzare l’immenso patrimonio storico, paesaggistico e archeologico del nostro territorio. Gabriele Mori Sindaco di Grottaferrata


Ringrazio la dott.ssa Licia Ricci per la preziosa collaborazione. Raimondo Del Nero

Ringrazio le istituzioni e i privati che si sono fatti promotori della sponsorizzazione del volume Transumanze, anche a nome dei membri del gruppo editoriale. Siamo convinti della necessità sempre più impellente di approfondire la conoscenza del territorio al fine di preservarne e tutelarne integrità e valori. Sergio Centioni

Si ringraziano inoltre i Comuni di: Ardea, Ariccia, Artena, Arsoli, Carsoli, Castel Madama, Ciampino, Ciciliano, Cineto Romano, Cisterna, Colonna, Cori, Frascati, Grottaferrata, Guidonia, Licenza, Magliano dei Marsi, Mandela, Marino, Massa d’Albe, Montecompatri, Monte Porzio Catone, Monte S. Angelo Romano, Montecelio, Nettuno, Norma, Palestrina, Palombara Sabina, Riofreddo, Roviano, Scurcola Marsicana, S. Gregorio da Sassola, S. Polo dei Cavalieri, Tagliacozzo, Tivoli, Velletri, Vicovaro.

Ringraziamenti


A Maurizio, Elena, Francesco, Andrea, Chiara, Marco e Donatella.



Sommario

PREMESSA DELL’AUTORE

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INTRODUZIONE

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LE TRANSUMANZE DAL FUCINO ALLA PIANURA LAZIALE

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La Via Valeria Alba Fucens I cinque percorsi PRIMO PERCORSO - DA ALBA FUCENS AL PONTE DEGLI ARCI Ponte degli Arci SECONDO PERCORSO - DAL PONTE DEGLI ARCI AL MARE DI ASTURA Cori TERZO PERCORSO - DA TIVOLI A PONTE LUCANO Tivoli La Via Tiburtina QUARTO PERCORSO - DA PONTE LUCANO AD ARDEA La Via Cavona Gabii

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QUINTO PERCORSO - DA PONTE LUCANO A ROMA

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INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI

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BIBLIOGRAFIA

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Transumanze



PREMESSA DELL’AUTORE

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INIZIA IL CAMMINO LUNGO LA VIA TIBURTINA-VALERIA Protagonista del libro è il Cammino. Un Cammino lungo le «antiche strade» delle transumanze, ma anche lungo la storia che più e più volte, con vicende ora liete ora tragiche, ha ricalcato i millenari percorsi; all’onda delle sue reminiscenze è bello abbandonarsi, mentre ci accompagna il cadenzato ritmo dei passi, mentre ci soffermiamo ad osservare con rispetto le tracce lasciate dagli uomini, sia quelle umili sia quelle grandiose, e mentre la bellezza della natura, in cui sono immersi i luoghi attraversati, ci fa errare «per lo gran mar de l’essere» dantesco. Nata come Via Tiburtina perché collegava Roma con Tivoli, la via venne poi prolungata col nome di Valeria fino a raggiungere la costa adriatica con un percorso di 137 miglia (203 chilometri). Più volte restaurata, ampliata e raccordata ad altri reticoli stradali, da secoli la Via Tiburtina-Valeria assolve egregiamente e in modo funzionale al compito di mettere in comunicazione l’entroterra appenninico con le pianure litoranee dell’Adriatico e soprattutto del Tirreno. Raimondo Del Nero

Premessa dell’autore


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TRANSUMANZE

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Dall’Appennino abruzzese alla pianura laziale

Nel cuore dell’aspra regione marsicana la Via Valeria attraversa la città di Alba Fucens, di cui costituisce il decumano che corre parallelo all’elegante Via dei Pilastri affiancata da botteghe ed esercizi commerciali. Altre tabernae si aprono sotto il piano della basilica, visibili nell’immagine. Davanti ad esse rimangono le strutture dei macellum, o mercato coperto. Seguono ulteriori attrezzature e arredi urbani, tra cui terme, latrine e un tempietto, fino al santuario di Ercole il cui sacello è visibile sulla destra dell’immagine con una breve scalinata di accesso. Da qui comincia il viaggio lungo il percorso delle secolari transumanze, vale a dire dall’Ercole di Alba Fucens a quello del Foro Boario in Roma. Sui silenziosi ruderi di Alba Fucens vegliano le spettrali e sbrecciate rovine del paese di Alba Vecchia, sfaldato e frantumato dal terremoto del 13 gennaio 1915, sovrastate dal trecentesco castello Orsini (o Piccolomini), anch’esso in parte diroccato. La scena, di per sé già grandiosa e solenne, è dominata dal possente e numinoso Monte Velino, vera «montagna polare», come la spiritualità indiana delle Upanishad considera quelle montagne che per grandiosità e bellezza fungono da assi o pilastri a sostegno dell’Universo.

Introduzione


INTRODUZIONE

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LE TRANSUMANZE Dal Fucino alla pianura laziale



LE TRANSUMANZE DAL FUCINO ALLA PIANURA LAZIALE

Si factum certa mundum ratione fatemur consiliumque dei machina tanta fuit, excubiis latiis praetexuit Appenninum claustraque montanis vix adeunda viis. Se ammettiamo che il mondo è stato creato secondo un preciso disegno, e progetto di un dio fu un così grande meccanismo, a scolta del Lazio egli dispose la catena dell’Appennino con varchi a stento penetrabili da percorsi di montagna. (Il ritorno, vv. 31-34)

1. L’EDIFICIO DEL VULCANO LAZIALE VISTO DA SUD OVEST L’orizzonte è chiuso dall’interminabile barriera appenninica nella quale si aprono i vitali varchi di Tivoli e dello Stonio, sulla sinistra nell’immagine. I due varchi appaiono alle estremità della raccolta e compatta mole dei Monti Tiburtini, affiancata dal massiccio dei Monti Lucretili e dalla bastionata dei Monti Prenestini. Alle falde del Monte Gennaro, nel gruppo dei Lucretili caratterizzato dalla aguzza cuspide sommitale, si snoda la triplice successione dei Monti Cornicolani dei quali l’estrema sky-line tratteggia il profilo, seguito da quello dei Monti Reatini, con il Terminillo. Sullo sfondo, da sinistra a destra, vengono poi i giganti appenninici: il Monte Velino, con la sua cima perfettamente piramidale, la dorsale del Sirente, i Corni del Gran Sasso. Si succedono i Monti Simbruini, preceduti dall’antemurale dei Monti Ernici, da cui si distacca isolato il Monte Cairo sovrastante Cassino. Da un più lontano orizzonte (a destra) occhieggia il profilo dei Monti della Meta, delle Mainarde e del Matese.

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ra il 415 e il 417 d.C. il poeta latino Claudio Rutilio Namaziano, che ritornava nella natia Gallia sconvolta dalle invasioni barbariche, accomiatandosi con un commosso addio dall’adorata Roma assurta tra gli dèi, con questi versi ascriveva a un imperscrutabile disegno provvidenziale la particolare configurazione della Campagna Romana; questa è cinta tutt’intorno da una chiostra di monti preposti alla sua tutela, in vista del miracolo che in essa i fati avevano destinato a far germinare: Roma. Uno dei molteplici varchi aperti lungo la muraglia dell’Antiappennino, incombente sulla pianura laziale, merita in pieno l’aggettivo montanus: la Valle dell’Aniene, grazie alla quale si accede dalla fascia tirrenica all’impervio cuore dell’Appennino costituito dalla vasta conca del Fucino, sede fino al 1862 dell’omonimo lago, la quale spinge le verdeggianti propaggini collinari fino all’attacco di alcuni tra i più imponenti gruppi montuosi dell’Appennino abruzzese: il Velino e il Sirente. Particolarmente grandioso si staglia il primo, che troneggia con sacrale maestosità sullo sfondo dell’antica città di Alba Fucens. In origine Alba Fucens fu un centro fortificato dei Marsi, ma i Romani ne fecero uno dei capisaldi del loro dominio territoriale in espansione nella penisola. Nel 303 vi dedussero una colonia di diritto latino trapiantandovi ben 6000 famiglie. La straordinaria valenza strategica della posizione di Alba Fucens si evince osservando a 360 gradi l’ambiente che la circonda. Essa controlla infatti uno degli snodi primari della morfologia dell’Appennino centrale, vero ganglio vitale della viabilità antica e moderna. Sei percorsi se ne dipartono, incuneandosi nelle vallate che separano i blocchi dei giganti calcarei. Da nord a sud essi conducono: verso Reate (Rieti), Amiternum (L’Aquila), Corfinium, Sulmo, Ostia Aterni (rispettivamente Corfinio, Sulmona, Pescara), Aufidena e Aesernia (Alfedena e Isernia), Sora e Fregellae (Sora e Ceprano) e infine verso Tibur (Tivoli) e Roma. Tale peculiarità geografica ha reso questa zona uno dei più vivaci centri di smistamento dei gruppi umani in fase di spostamento nomadico lungo il crinale appenninico, principale collettore migratorio peninsulare fin dagli albori della preistoria italiana. Di tutti questi percorsi, il più determinante sotto l’aspetto storico e culturale è quello che dalla Piana del Fucino scavalca la Valle del Turano e si immette nella Valle dell’Aniene, dirigendosi alla volta della pianura del Latium Vetus. L’attivazione e la frequentazione di questa pista, che si manteneva a una quota più alta della

2. LA CONCA DEL FUCINO CON IL LAGO POI PROSCIUGATO Intorno si innalzano i Monti Carseolani (in alto a sinistra) seguiti dai Reatini e Sabini. Poi, in senso orario, il Velino, il Sirente, i Monti Marsicani, i Monti della Meta, con i successivi Mainarde e Monti del Matese; infine, i Monti Simbruini, che proseguono nel Lazio con i Cantari e gli Ernici.

successiva Via Valeria romana per ragioni di visibilità e di sicurezza, dovette essere assai antica dal momento che già i cacciatori tardo-paleolitici erano costretti a seguire i branchi di animali, specialmente cervi e cavalli, nelle loro migrazioni stagionali verso i pascoli estivi di montagna o, al contrario, nella stagione invernale, verso le più accoglienti pianure costiere del Lazio. Non a caso là dove l’Aniene, dopo lo spettacolare salto delle cascate di Tivoli, sbocca placandosi nel piano, si trova la Grotta Polesini dove fu rinvenuta una

enorme quantità di materiale litico e faunistico. Costituiva infatti un ampio e ben riparato campobase per i cacciatori del tardo Paleolitico Superiore, quando si aggiravano per i bassopiani in cerca di preda. Conteneva i resti di almeno 14 individui. Il tracciato lungo la Valle dell’Aniene divenne la via naturale per passare dall’Abruzzo al basso corso del Tevere, e si configurò pertanto per millenni come il percorso più comodo e adatto a veicolare greggi e mandrie negli spostamenti periodici e stagionali detti «transumanze».


LE TRANSUMANZE DAL FUCINO ALLA PIANURA LAZIALE

In Italia la transumanza di bovini e ovini risulta una costante dell’economia pastorale, antica quanto la pratica stessa dell’allevamento, e sembra essere in atto, sia pure in ambiti relativamente limitati, già nel Paleolitico Superiore. Nel Neolitico e nella successiva Età Eneolitica (o del Rame), l’economia basata sulla transumanza

mobile di montagna integrava quella agraria e stanziale di pianura. La prima diede origine, nel tempo, a una struttura politico-sociale basata su costellazioni di distretti e di villaggi, spesso stagionali (vici e pagi), gravitanti in genere intorno a centri sacri di aggregazione politica e religiosa; ne derivò la struttura federale tipica delle popola-

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zioni montane del Centro Italia. Per converso, la conduzione agraria favorì la formazione dei centri urbani a struttura più complessa e articolata, oltre che più direttamente aperti a influssi esterni. Le due forme di economia, specialmente quella mobile pastorale, necessitavano di stabilità dell’assetto politico della Media Italia e di collabora-

3. L'APPENNINO E I VULCANI LAZIALI L’immagine evidenzia la lunga bastionata appenninica che incombe a picco sulla pianura, a ridosso quasi degli apparati vulcanici del Lazio; questi si scaglionano da nord a sud: il Volsino, il Cimino-Vicano, il Sabatino e, al di qua del Tevere, l’Albano. A incidere la muraglia calcarea appenninica sono, oltre al Tevere stesso (il primo in alto), il fiume Nera e il fiume Aniene (a destra, in basso). Questo ha creato il valico di Tivoli, prima di precipitare, letteralmente, sulla spianata sottostante. La Valle dell’Aniene fu percorsa in gran parte dalla Via Valeria, e lo è tuttora.


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zione tra le popolazioni toccate dai flussi stagionali. Per questo furono istituiti i grandi santuari lungo i percorsi di transumanza come centri sacrali ma anche come punti di riferimento per incontri e scambi. Dovettero altresì essere attivati dei campi-base lungo tracciati conosciuti e costantemente utilizzati. A tal proposito è interessante notare come questi percorsi, di cui si servì l’allevamento transumante fin dall’età pre-protostorica tra i pascoli appenninici e quelli di fondovalle e costieri, siano rimasti sostanzialmente immutati fino all’età contemporanea. Essi hanno anche espletato la funzione di vettori di fecondi scambi culturali e di preziose interazioni fra le popolazioni dell’Italia antica pur così diverse per lingua, costumi, religione e così gelose di quella spiccata individualità che caratterizzò l’assetto etnico e politico pre-romano. Questi scambi dovettero incrementare quell’uniformità culturale riscontrabile nell’Italia peninsulare durante il periodo della cosiddetta Cultura Appenninica caratterizzata dall’allevamento del bestiame, che si protrasse dal Bronzo Antico, attraverso il culmine raggiunto nel Bronzo Medio, fino al Bronzo Recente e Finale (1600-1000 a.C.). Le transumanze vi ebbero quindi un ruolo fondamentale continuato nei secoli successivi, a cominciare dall’Età del Ferro. Il massimo sviluppo delle transumanze, con le annesse produzioni su scala quasi industriale, si ebbe però nei primi decenni del II secolo a.C. dopo la guerra annibalica, in seguito sia alle confische di territori, soprattutto nel Mezzogiorno, sia allo spopolamento demografico della montagna, eventi questi che permisero a ricchi imprenditori di disporre di enormi spazi dove investire gli ingenti capitali affluiti in Italia grazie alle strepitose guerre di conquista della prima metà del II secolo a.C.: il personale addetto alle greggi e alle mandrie era ormai tutto, o quasi, formato da schiavi, la cui disponibilità sui mercati mediterranei era in quel contesto storico pressoché illimitata. Le transumanze potevano inoltre usufruire di una efficiente e sicura rete stradale realizzata via via da Roma subito all’indomani della pacificazione delle varie popolazioni, a partire dall’anno 338 a.C., da quando cioè, sciolta la Lega Latina, l’egemonia romana si era radicata irremovibilmente nel Lazio. In particolare le transumanze che partendo dal Fucino imboccavano la Valle dell’Aniene non trovavano più malagevoli piste, ma una comoda strada: la Via Valeria.

LA VIA VALERIA Saturni iuxta fanum lapis illitus auro tunc fuit, unde vias emisit Roma per orbem terrarum, saxo stratas et dura sonantes. Septenae quater inde viae simul omne ruebant in spatium, et primum tacitis utrimque sepulcris et tumulis suberant et funereis cyparissis: dein recta virides agros et sola locorum findebant scalptris excisas ordine rupes silvarumque novo violata silentia ferro et rapida aeterno superabant flumina ponte et dedignatas submissis flexibus Alpes. Has caligae trivere graves canhtique rotarum atque in mundanos laturae signa cohortes. Presso il tempio di Saturno vi fu allora un cippo rivestito d’oro, da dove Roma lanciò le strade per tutto il mondo, pavimentate di pietre e duramente risonanti. Quattro volte sette vie da lì si proiettavano insieme verso tutto lo spazio, e dapprima passavano accanto a silenziosi sepolcri e tumuli da una parte e dall’altra ed a funerei cipressi: poi solcavano diritte verdi campi e solitudini di luoghi, rupi tagliate via via dagli scalpelli e silenzi di foreste violati dal ferro sconosciuto e superavano i vorticosi fiumi su ponti indistruttibili, risalivano le Alpi attraversate con tortuosi tornanti. Pesanti scarponi le consumarono e cerchioni di ruote e coorti inviate a portare le insegne contro gli abitanti della terra. (Poemi cristiani: Post occasum Urbis-Solitudo, vv. 59-71)

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osì Giovanni Pascoli esaltava le strade romane nel suo fluente e “moderno” latino avvolto in suggestive ed evanescenti atmosfere musicali consone al gusto fin de siècle, che gli ha valso il riconoscimento di «poeta bilingue». Non meno appropriato appare quanto scrive M. Vitta: «Ciò che per i Greci era stato il mare, per i Romani fu la strada... Linea di penetrazione e conquista, presenza statuale, diagramma organizzativo, la strada irruppe nel paesaggio e ne spostò l’asse visivo, secondo una ragione che assumeva l’elemento naturale come dato funzionale» (Il Paesaggio, Torino 2005, p. 52). Attraverso l’interminabile muraglia che l’Appennino spinge fino a incombere a picco sulla Campagna Romana, sono stati i fiumi, soprattutto il Nera, l’Aniene e il Liri, ad aprire i varchi e a formare le valli indispensabili alle vie di comunicazione. Dal momento che la Valle dell’Aniene risulta essere da millenni il naturale percorso utilizzabile dagli spostamenti di uomini e animali tra l’impervio interno dell’Italia centrale e la blanda pianura tirrenica, la Via Valeria, che

vi scorre per gran parte del suo tracciato, ha ereditato questa vitale funzione di collegamento e la espleta tuttora egregiamente. La sistemazione della via, succeduta all’antichissima e accidentata pista, fu forse iniziata nel 307 da Marco Valerio Massimo durante l’esercizio della carica di censore o, come propende Gerhard Radke, quando fu console nel 289 o nel 286. Tra il 304 e il 302, infatti, erano stati messi in sicurezza i territori degli Equi e dei Marsi. Al 304 risaliva il devastante blitz dei Romani che avevano annientato in 50 giorni ben 31 oppida (fortezze) degli Equi: una sorta di spietata pulizia etnica a testimonianza di quanto Roma avesse a cuore il controllo incontrastato della Valle dell’Aniene all’indomani della definitiva pacificazione dei Latini nel 338, conclusasi con lo scioglimento della Lega Latina. Seguì un estremo conato di resistenza degli Equi nel 302 con l’assalto, respinto, alla colonia di Alba Fucens, fondata un anno prima. La fondazione di un’altra colonia con la deduzione di 4000 coloni, quella di Carsioli nel 298, suggellò il definitivo dominio romano sulla


LE TRANSUMANZE DAL FUCINO ALLA PIANURA LAZIALE

Valle dell’Aniene e sulla Conca del Fucino: è sullo sfondo di tale assetto politico e militare che va inquadrata l’attivazione della Via Valeria. Come il tracciato primitivo aveva favorito l’apporto culturale dei popoli italici della montagna verso il crogiolo multietnico di Roma fondendolo con quello di Latini, Fenici, Greci ed Etruschi, così ora toccava alla ben più fruibile Via Valeria fungere da

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direttrice di penetrazione dell’avanzata romana all’interno dell’Italia appenninica, foriera della futura unificazione delle sue svariate genti sotto un’unica egida: quella di Roma, destinata a dilatarsi via via a tutta la penisola e a tutto il mondo gravitante sul Mar Mediterraneo. Nel Medioevo la Via Valeria fu anche detta Via Marsicana, dal nome della regione verso cui si addentrava stac-

candosi dalla pianura laziale. A partire dal XIV secolo, la transumanza fu reintrodotta nella Campagna Romana e divenne una pratica corrente nei secoli successivi. Immense greggi ripresero così a percorrere l’antico tracciato tra il piano e la montagna.

tuario un vero Forum Pecuarium (spazio per greggi e mandrie). Alla funzione commerciale provvedevano anche le botteghe allineate lungo la cosiddetta Via dei Pilastri, dalla presenza appunto di pilastri che sorreggevano le abitazioni sovrastanti, appartenenti verosimilmente ai proprietari degli esercizi commerciali, tra i quali si individuano ancora una rivendita di pane e un thermopolium (vale a dire un bar di allora). La via toccava anche il teatro la cui cavea era scavata nel fianco del Colle di Pettorino e veniva quindi ad essere integrato nel cuore del tessuto urbano in quanto luogo privilegiato della plebe («populi voluptas, gaudia civium»). Con Augusto i teatri sarebbero stati decentrati in periferia in ottemperanza alla restaurazione da lui perseguita dei valori politici tradizionali, per cui i teatri dovevano essere separati dalle attività politiche e amministrative delle aristocrazie locali. Né poteva mancare l’anfiteatro a completamento delle infrastrutture ludiche della città. Questo fu dovuto alla pratica dell’evergetismo, in auge fin dal II secolo a.C. nelle colonie e nelle antiche città latine a esaltazione del benessere economico delle classi al potere e a beneficio delle loro lotte politiche. L’anfiteatro di Alba fu edificato attingendo al patrimonio del suo cittadino Elio Sutorio Macrone, che nel 31 d.C. condusse felicemente a termine per conto dell’imperatore Tiberio, isolatosi a Capri, il colpo di stato contro l’onnipotente (o così almeno si illudeva di essere) praefectus praetorii Seiano. È interessante notare come la tecnica costruttiva non utilizza l’opera cementizia più economica e rapida, ma riesuma quella arcaica poligonale, di più ardua esecuzione: certamente per un orgoglio di identità municipale che si riallacciava ai primordi della colonia, a cui risalivano i terrazzamenti poligonali e soprattutto le possenti mura «ciclopiche». Lungo il declivio a monte della Via Valeria si

estendeva l’area residenziale ancora in gran parte da scavare. Vegliavano sulla città ben tre rocche con i relativi templi. La più bassa — si fa per dire: 993 m. — era quella sull’altura di S. Pietro, con la chiesa del monastero benedettino ricavata dal Tempio di Apollo e Artemide, di cui sono ben visibili i resti all’esterno e all’interno dell’edificio. Sulle pareti interne si riescono a distinguere dei graffiti: uno tracciato con mano d’artista raffigura una nave, certamente una di quelle che parteciparono nel 51 d.C. alla naumachia, ossia la battaglia navale sulle acque del Lago del Fucino allestita in onore dell’imperatore Claudio in occasione dell’inaugurazione dell’Incile, il canale cioè che avrebbe dovuto prosciugare il lago. Non meno interessante è il nome Sifax, sia pure decifrabile a fatica sulla pietra: forse si tratta di quel Siface, re di Numidia, che durante la Seconda guerra punica ebbe la mala sorte di schierarsi con la parte sbagliata — quella degli sconfitti Cartaginesi — e pagò l’errore con l’esilio ad Alba Fucens. Vale a dire: dal torrido deserto africano alle nevi della Marsica. Altri illustri personaggi esiliati ad Alba furono Perseo, re di Macedonia, sconfitto a Pidna nel 168, e Bituito, re degli Arverni. Lungo la Via Valeria, nei pressi di Magliano, un informe nucleo in muratura è conosciuto come «monumento di Perseo»: esso perpetua il ricordo dell’infelice e avventato re che sfidò Roma. Tra le algide brume della Marsica, con lui tramontò per sempre la stella di un regno, quello di Macedonia, che Alessandro Magno aveva dilatato fino al cuore dell’Asia e che i Romani liquidarono e soggiogarono all’indomani di Pidna, facendone una delle provincie del loro impero. Bituito apparteneva al fiero popolo degli Arverni che Roma dovette affrontare e sottomettere nel 121 a.C. per controllare la Gallia meridionale, oggi Provenza, eretta a Provincia Narbonensis, e mettere in sicurezza la Via Domizia che collegava l’Italia con la Spagna.

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a Via Valeria funse non solo da asse generatore della centuriazione del territorio assegnato ai coloni del 303, ma anche da asse portante della sistemazione urbanistica della città stessa, in quanto ne costituì il decumano, tracciato tra due porte urbiche: quella sud e quella Maxima. Inoltre fu tutta la fascia centrale della cittadina, compresa tra la Via Valeria e la parallela via detta «dei Pilastri», a configurarsi come asse funzionale, del quale è tracciabile l’ordinato zoning, la cui mirabile geometria estesa all’intero abitato contrasta con l’irregolare andamento della cerchia muraria poligonale costretta a serpeggiare adattandosi al ciglio tattico dell’altura su cui sorge la città. Secondo un preciso schema ippodameo, nell’urbanistica di Alba Fucens si succedono aree omogenee tra loro con diverse funzioni e destinazioni. Da nord a sud si incontrano: l’area amministrativa e politica, dotata di curia, comizio, basilica e foro. Segue la zona commerciale con tanto di macellum (corrispondente agli odierni mercati coperti), tabernae (botteghe) e terme, con annesse latrine e laconicum (bagno di sole), il tutto sacralizzato dalla presenza di un tempio. Conclude questa fascia centrale la zona cultuale con i templi di Ercole e l’Isaeum et Serapeum, il tempio cioè attribuito a Iside e Serapide, presente in centri di particolare importanza mercantile. E Alba ne aveva a iosa di tale importanza collegata alla pratica delle transumanze e ai prodotti dell’annessa industria casearia e laniera, da scambiare con merci di lusso attraverso un vivace sistema mercantile che provvedeva a una ridistribuzione dei prodotti, da Alba a tutta l’area centrale appenninica. Non a caso l’edificio sacro più interessante è il santuario dedicato a Hercules Salarius, con tanto di sacello con statua del dio (oggi al Museo di Chieti), e di scivolo per l’accesso degli animali direttamente alla spianata che fa di questo san-


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4. ALBA FUCENS Il regolare impianto urbanistico di Alba Fucens visto dai ruderi della chiesa di S. Nicola distrutta dal terremoto della Marsica del 1915 al pari dell’intero paese di Albe abbarbicato per secoli sul luogo dell’acropoli principale all’ombra del castello Orsini, anch’esso diroccato. Sterpaglie e rovi invadono la cavità nel presbiterio dove un tempo sorgeva l’altare della chiesa, testimone secolare dell’avvicendarsi dei cicli stagionali della vita degli abitanti, dal battesimo, al matrimonio, al funerale. Davanti a queste pietre, sembra di poter cogliere il ritmo regolare, scandito dal tempo, del diuturno avvicendarsi della vita e della morte di quanti vissero tra questi muri oggi deserti e silenziosi, secondo i versi di Thomas Gray nella Elegia scritta in un cimitero di campagna: «Along the cool sequester’d vale of life / they kept noiseless tenor of their way» («Lungo la fresca valle appartata della vita / sempre del loro cammino il ritmo tranquillo han mantenuto»). Sulla sinistra appare il Colle di Pettorino, con alla base il teatro. Si dispiega quindi il regolare impianto urbanistico della città, a cominciare dall’asse funzionale centrale, con la sequenza: Iseum, Santuario di Ercole, zona commerciale, zona politica e amministrativa, in cui è riconoscibile la superficie rettangolare della basilica. Si evidenziano altresì le tabernae della Via dei Pilastri e il nastro parallelo della Via Valeria, a monte della quale comincia la zona residenziale che si spinge verso l’alto fino alla collina di S. Pietro con l’ellisse dell’anfiteatro e la chiesa medievale. Lo sfondo, al di là dei fertili campi della Piana del Fucino, è chiuso da lunghe catene montuose, attraverso le quali si apre il varco della Valle dei Liri sovrastata dai Monti Simbruini culminanti nel Monte Viglio (2156 m.).


LE TRANSUMANZE DAL FUCINO ALLA PIANURA LAZIALE

Se Siface, Perseo e Bituito, presi prigionieri, se la cavarono con l’esilio ad Alba Fucens, sorte ben più crudele toccò a un altro Arverno, Vercingetorige, che sollevò i Galli in armi contro Roma: Cesare, dopo aver soffocato nel sangue l’ultimo anelito di libertà dei Galli ad Alesia nel 52 a.C., lo fece strangolare nel carcere Mamertino a Roma. Per converso, un esilio ancora più sperduto in capo al mondo toccò ai soldati originari della Marsica che militarono nell’esercito di Crasso, annientato dai Persiani a Carrae nel 53 a.C.; quelli presi prigionieri si adattarono a vivere sotto i re persiani, sposandosi sul posto e servendo in armi agli ordini dei nuovi sovrani, con dileggio del poeta Orazio che ne stigmatizza il vergognoso comportamento in icastici versi (Odi, III, 5). Si trattava forse di quei soldati dalle inusitate usanze cui accennano le cronache cinesi e dei quali sarebbe rintracciabile ancor oggi una sia pur fievole traccia genetica fino in Cina, a Liqian, nella provincia del Gansu? Dopo questo curioso excursus fino ai confini delle terre allora conosciute, torniamo sui nostri passi. Sull’antistante Colle di Pettorino (996 m.) sorgeva il tempio dedicato forse a Marte ed Ops (divinità dell’abbondanza). Infine la cima più alta, con i suoi 1022 m., ospitava il tempio principale, identificato con quello di Juppiter Latiaris. In definitiva non si doveva vivere male nella prospera Alba Fucens ai tempi d’oro dell’Impero Romano. Ed è pertanto da qui, precisamente dal Forum Pecuarium del Santuario di Ercole Salario, che ci avviamo alla volta di Roma, ricalcando i passi di intere generazioni di rudi montanari italici sulla via della transumanza verso la pianura laziale.

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I CINQUE PERCORSI

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uesto lungo cammino da Alba Fucens alla pianura costiera può essere articolato in cinque percorsi. Il primo va da Alba Fucens alla località Ponte degli Arci, poco prima di Tivoli. Coincide pressoché integralmente con la Via Valeria e con parte della Via Empolitana. Dal Ponte degli Arci ha inizio il secondo percorso che, valicato il Passo dello Stonio, prosegue in pianura fino al mare, incuneandosi, dopo esser giunto all’altezza di Palestrina, nel corridoio naturale tra i Monti Albani e i Monti Lepini. Un

terzo tratto transita per Tivoli, collegando Ponte degli Arci con Ponte Lucano. Dopo aver ricevuto la confluenza della Via Empolitana, da Tivoli in poi la strada sarà più propriamente chiamata Via Tiburtina. Da Ponte Lucano il cammino si dirama in due direzioni: una coincide con le Vie Cavona e Nettunense, fino ai territori costieri di Ardea e Lavinium. Conclude questo viaggio nel tempo e nello spazio la Via Tiburtina, da Ponte Lucano a Roma, più precisamente al Foro Boario.

CARTINA GENERALE DEI CINQUE PERCORSI

1° percorso Alba Fucens - Ponte degli Arci

2° percorso Ponte degli Arci - Astura

3° percorso Tivoli - Ponte Lucano

4° percorso

Ponte Lucano - Ardea

5° percorso

Ponte Lucano - Roma



“Molti dei percorsi della Campagna Romana sono scomparsi o caduti in disuso, ma andare alla loro ricerca e percorrere la antiche strade è sempre un andare incontro alla storia ricalcando i passi dei predecessori che per millenni hanno condotto la loro esistenza terrena in questa terra incantataâ€?.

Raimondo Del Nero


TIVOLI - CASE MEDIEVALI


Indice delle illustrazioni

LE TRANSUMANZE DAL FUCINO ALLA PIANURA LAZIALE 1. L’edificio del Vulcano Laziale visto da Sud Ovest 2. La conca del Fucino con il lago poi prosciugato 3. L’Appennino e i vulcani laziali 4. Alba Fucens Cartina generale dei cinque percorsi

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PRIMO PERCORSO - DA ALBA FUCENS AL PONTE DEGLI ARCI 5. Rovine del convento e della chiesa di S. Maria della Vittoria 6. Tagliacozzo - Chiesa gotico rinascimentale di S. Maria del Soccorso 7. Ruderi di Carsioli 8. Ponte S. Giorgio 9. Ponte Scutonico 10. S. Cosimato 11. Licenza - Villa di Orazio 12. Vicovaro - Chiesa di S. Antonio Abate vista dalla Via Valeria 13. Vicovaro - Chiesa di S. Antonio Abate vista dal ponte sull'Aniene 14. Vicovaro - Sepolcro di C. Menio Basso 15. Mura poligonali lungo la Via Valeria 16. Ruderi del Monastero di S. Silvia sui Monti Prenestini 17. Tivoli - Ponte degli Arci Cartina del primo percorso

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SECONDO PERCORSO - DA PONTE DEGLI ARCI AL MARE DI ASTURA 18. Ruderi di costruzioni romane al valico dello Stonio 19. Passo dello Stonio 20. Monte S. Angelo in Arcese - Ruderi del Monastero 21. Monte Ripoli - Muro difensivo 22. Tuscolo - Il cosidetto “Cappello di prete” 23. Via Labicana presso Colonna 24. Ponte romano sul Fosso di Ponte Terra 25. Via di Carciano - Piloni di un ponte romano 26. Tivoli, Via di Carciano - Acquedotto Aniene Nuovo 27. Gerocomio 28. Ponte Taulella 29. Ponte S. Antonio 30. Ruderi a Campo Grazia 31. Percorsi degli 11 acquedotti romani 32. Corcolle e Passerano 33. Palestrina - Santuario della Fortuna Primigenia 34. Civita d’Artena - Mura megalitiche 35. Civita d’Artena - Villa romana 36. Velletri - Rovine del Maschio di Lariano 37. Cori - Tempio di Ercole 38. Cori - Ponte della Catena

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39. Norba - Rovine 40. Velletri - Torri medievali 41. Torre Astura Cartina del secondo percorso

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TERZO PERCORSO - DA TIVOLI A PONTE LUCANO 42. Tivoli - Sepolcro di Cossinia 43. Tivoli - Templi dell'Acropoli 44. Antiappennino e Vulcano Laziale 45. Mura di Castiglione 46. Tivoli - Porta Maggiore 47. Santuario di Ercole Vincitore 48. Fiancata del Santuario di Ercole Vincitore 49. Ricostruzione ideale del prospetto del Santuario di Ercole Vincitore Cartina del terzo percorso

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QUARTO PERCORSO - DA PONTE LUCANO AD ARDEA 50. Villa Adriana - Torre di Roccabruna 51. Sepolcro dei Plauzi a Ponte Lucano 52. Gabii - Sepolcro sulla Via Prenestina 53. Gabii - Necropoli arcaica 54. Gabii - La reggia dei Tarquini 55. Gabii - Santuario orientale 56. Gabii - Santuario di Giunone Regina 57. Gabii - Chiesa di S. Primitivo 58. Villa dei Centroni presso Grottaferrata 59. Acquedotto antico presso la Via Anagnina 60. Torre dell’Acqua Sotterra presso Ciampino 61. Grottaferrata - Villa detta di Opimiano 62. Grottaferrata - Località ad Decimum 63. Resti di strada romana presso Castel de Paolis 64. Diverticolo romano presso Grottaferrata 65. Ciampino - Resti della Via Cavona 66. Frattocchie - Rovine di Bovillae 67. Frattocchie - Sepolcro romano 68. Ariccia - Strada romana 69. Pomezia - Torre Spaccata in località Solforata o Zolfonata 70. Ardea 71. Castrum Inui presso Ardea 72. Pratica di Mare presso Pomezia Cartina del quarto percorso

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QUINTO PERCORSO - DA PONTE LUCANO A ROMA 73. Via Tiburtina a Bagni di Tivoli 74. Torre dei Sordi 75. Settecamini 76. Casal Cavaliere 77. Torre di Pratolungo 78. Ponte Mammolo 79. Porta Tiburtina 80. Chiesa di S. Vito 81. Foro Romano e Campidoglio 82. Foro Boario 83. Vulcano Laziale Cartina del quinto percorso

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Bibliografia

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Per chi fosse interessato è possibile ordinare le riproduzioni di ciascun disegno contattando la OaC edizioni o la Galleria d’Arte Theodora.

Per informazioni: OaC edizioni - 06.9459758 - info@oacedizioni.com - www.oacedizioni.com Galleria d’Arte Theodora - 06.9401.7507 - info@galleriatheodora.com - www.galleriatheodora.com


Raimondo Del Nero è nato a Roma e risiede a Frascati. Laureato in Lettere, docente di Scuola Media Superiore, è appassionato studioso della Storia della sua città e della Campagna Romana, collaborando a riviste e attività culturali locali. Ha scritto: Guida storica ed archeologica alla città di Tuscolo (1985), La Valle Latina. Storia di un ambiente (1990), Bovillae: storia e mito di un grande crocevia (1992), i comuni del Tuscolo e dell’Algido (1996), Tuscolo tra pace e guerra (1996), Tuscolo. Guida ai monumenti e al panorama (1996), Frascati e le ville tuscolane (1999), Escursioni al Castello (2003), L’Eden ritrovato (2003), L’8 settembre 1943 a Frascati (2006), La sentinella di Frascati (2006), Le acque antiche di Roma (2007), La città restituita (2007), Storie della Valle Latina (2008), Per le antiche strade. Storia, archeologia, mito e paesaggio nelle immagini della Campagna Romana (2009).

in copertina: Santuario di Ercole Vincitore (Tivoli).

€ 35.00


RAIMONDO DEL NERO

Transumanze Dall’Appennino abruzzese alla pianura laziale

Per le antiche strade

il libro conduce il lettore a percorrere le antiche piste delle transumanze tra l’Abruzzo e la Campagna Romana che in epoca storica sono diventate le strade dell’assetto territoriale romano ancora oggi pienamente funzionali, con particolare risalto per la Via Tiburtina-Valeria. Più di 80 disegni illustrano paesi, monumenti, resti archeologici e scorci paesaggistici che impreziosiscono i percorsi esaminati e li rendono suggestivi e valorizzati. il testo traccia la storia plurisecolare che si è stratificata lungo queste “antiche strade”, dai remoti tempi della preistoria ai nostri giorni. Alcune cartine topografiche ed esplicative contribuiscono alla comprensione dei luoghi incontrati.


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