Apuleio - L'ASINO D'ORO

Page 1

Apuleio

L’ASINO D’ORO ˜ Metamorfosi ˜ a cura di

Bruno Del Greco

I Viaggi dell’Asino


Metamorfosi – meglio noto come L’asino d’oro – è l’unico romanzo latino giunto integro sino a noi. Questa favola attualissima, che associa contenuti filosofici di straordinaria profondità ed episodi di prorompente erotismo a una narrazione brillante e ironica, è di una modernità folgorante per la capacità di descrivere le debolezze e gli eroismi quotidiani dell’animo umano. La parabola del giovane Lucio, divorato dalla curiosità di scoprire se stesso e il mondo che lo circonda, si dipana attraverso un viaggio di ricerca – e di formazione spirituale – durante il quale viene trasformato in asino e subisce ogni genere di vicende, tragiche e farsesche. Finché, per grazia della dea Iside, che parla dentro di lui, ritorna in sembianze umane. Ma Lucio non sarà più quello che era prima, perché la dea, e il suo viaggio, lo hanno trasformato per sempre. * Questa traduzione risponde al desiderio di leggere un’opera classica di grandissimo interesse in un linguaggio accessibile e compatibile con la sensibilità del lettore contemporaneo. La traduzione ripropone nella sua interezza il testo originario latino senza nessuno stravolgimento dei suoi contenuti.

I Viaggi dell’Asino


I Viaggi dell’Asino


Titolo originale MeTaMorphoseon - asinus aureus -

Ideazione e organizzazione Sergio Centioni redazione Stefano Paolucci

progetto graďŹ co Vito Maria Fimia

IsBn 978-88-9048-304-2 Š 2011 stars Film edizioni


Apuleio

L’AsIno D’oro - Metamorfosi -

Introduzione, traduzione e note di Bruno Del Greco



Collana I Viaggi dell’Asino

Q uesto volume inaugura la nuova collana di libri editi dalla stars Film Edizioni: I Viaggi dell’Asino. saranno, come suggerisce il nome, tutti libri di viaggi. Viaggi in cui perdersi e ritrovarsi. storie di viaggi reali, surreali e immaginari. nel mondo, nel tempo e nella memoria. E saranno tutti, in un certo senso, viaggi senza ritorno. Perché quando si legge un libro, qualunque libro, si cambia e non si è più gli stessi. Quello che state per leggere è il primo di questi libri. Il più simbolico della collana. L’asino d’oro di Apuleio. Il viaggio di un uomo alla ricerca di se stesso, attraverso il cuore di un asino. Buona lettura. Buon viaggio.



Introduzione

La storia narrata in questo libro è stata scritta quasi duemila anni fa. Forse ancora prima, visto che, dietro le parole dell’autore, echeggiano favole che sembrano emergere da un’antichità ancora più remota. In fondo, tutti noi raccontiamo delle storie che abbiamo appreso da altri — dai nostri padri, dai nostri nonni. Questa è stata scritta in latino, mentre a roma era imperatore Marco Aurelio, ma il materiale narrativo è tratto, in parte, da un’opera similare, scritta in greco. o forse è vero il contrario. non si sa. A tanti secoli di distanza, il rapporto fra la storia e lo scritto sfuma nelle nebbie del tempo. Quel che è certo, invece, è lo spessore intellettuale e culturale dell’autore come traspare dalle opere, che da lui ci sono giunte attraverso i secoli, e dall’immagine che ha lasciato nella coscienza dei posteri: l’ultimo grande scrittore latino pagano e, ancora più singolare, uomo divorato dalla curiositas — uno sconfinato desiderio di conoscenza — e insieme dotato di una conoscenza già acquisita altrettanto vasta ed enciclopedica. Un personaggio davvero interessante, non c’è dubbio, ma anche così viene da chiedersi: che senso ha, oggi, nel nostro mondo, dopo tanti secoli, leggere l’opera di costui? A me, la risposta sembra assai chiara: per lo stesso motivo per cui è così importante ed è così bello leggere, e rileggere, i classici di ogni epoca. Ma mi risulta altrettanto evidente che per tante, troppe persone ci sono molte altre cose assai più urgenti e importanti da fare nella vita. E forse hanno ragione loro, chi lo sa? Può darsi che dipenda dal fatto che io sono vecchio e, dunque, ho molto tempo da perdere: ma se fosse solo per questo, potrei facilmente essere perdonato. sono fatti miei come spreco il tempo che mi resta.


VIII

Quello che invece potrebbe sembrare incomprensibile, e di conseguenza imperdonabile, è il fatto di leggere questa storia nella lingua in cui è stata scritta, il latino, di tentare l’impresa di tradurla e di offrirne il risultato agli occhi distratti e scettici di potenziali lettori di oggi. Allora devo spiegare, facendo un passo indietro. Quando sergio Centioni mi ha proposto questa impresa, per qualche istante, dentro di me, ho sollevato la più banale e immediata delle obiezioni: ci sono già in giro un mucchio di traduzioni di quest’opera; diverse sono molto ben fatte, tecnicamente ineccepibili, qualcuna è anche piuttosto recente; ce n’è perfino qualcuna sufficientemente piacevole da leggere. Che bisogno c’è di farne ancora un’altra? Ma non l’ho detto. sapevo, per la verità, che sergio ha qualche speciale motivazione in più. Ama molto quest’opera, L’asino d’oro, al punto che ha voluto che si chiamasse così anche la vineria di Grottaferrata dove lo troviamo quasi tutte le sere pronto a chiacchierare di tutto quello che riguarda il buon vino, la buona tavola e, soprattutto, la cultura in tutte le sue forme. La ama avendo imparato a conoscerla su una bella edizione degli Anni Venti, pubblicata da Formiggini, un personaggio nel panorama editoriale dell’epoca: modenese, ebreo e grande amante dell’ironia arguta, che aveva volontariamente messo fine ai propri giorni, volando via dall’alto della Torre Ghirlandina, per lo strazio di dover vivere durante l’epoca fascista e per non doverne più subire le prepotenze. E il fascismo, di fronte a una provocazione così oltraggiosa per la propria immagine, non aveva saputo far altro che rispondere per bocca di un importante esponente della cultura politica di allora, noto come «l’oca del regime», che aveva esclamato: «Ecco come muore un ebreo, che vuole evitare di spendere i soldi per una pallottola!», con una finezza e una leggerezza di toni di cui oggi non s’è ancora persa ogni traccia. Purtroppo. Insomma, c’era un vuoto da colmare. «È una storia bellissima, divertentissima», continuava sergio con l’entusiasmo che lo contraddistingue e che lo muove sempre, «e bisogna che la gente lo possa leggere senza la difficoltà di una lingua antiquata». «senza contare — aggiungevo io nella mia testa — che


IX

L’asino d’oro è un po’ il tuo marchio di fabbrica, è il segno di quello che uno riesce a inventarsi quando tira fuori il meglio della propria voglia di vivere, quindi mi pare giusto cercare di restituirti qualcosa, di provare a starti dietro in questa corsa contro il nostro tempo. D’altronde, anche tu non sei più molto giovane, appena un po’ meno non-giovane di me». E allora gli ho detto di sì. Vediamo quello che riusciamo a fare. E ho messo da parte tutto il resto (o quasi) per dedicarmi alla traduzione. *

Ma torniamo alla storia e al suo autore che, in qualche modo, sono la medesima cosa. La storia, infatti, viene raccontata in prima persona da una “voce narrante” che si rivolge direttamente al lettore in tono familiare, come per proseguire, senza soluzione di continuità, un discorso già iniziato in precedenza — il testo latino esordisce con la congiunzione At, quasi un intercalare, appunto, fra il prima e il dopo — ma in realtà per presentare il protagonista, le sue origini e il linguaggio che userà per raccontare la propria vita. si tratterebbe, così ci vien detto, di un Greco, pronipote di Plutarco, giovane, belloccio, biondo e vanesio che se ne va in giro per la Tessaglia, terra di streghe, a soddisfare la propria sete di scoperta. Come è naturale, ci spiega che la sua lingua materna è il greco ma che, per avventura della vita, ha imparato, come poteva, quel poco di latino col quale ci sta consegnando la storia. E subito se ne scusa, si scusa con i suoi lettori per la sua scarsa dimestichezza con quella lingua. E qui casca l’asino, se ci passate il bisticcio. non è credibile. non lo è, innanzitutto, perché il latino di Apuleio è bellissimo, fluente, splendidamente padroneggiato e giocosamente manipolato. Ma anche perché, per quel che ne sappiamo, il carattere e il fisico dell’autore somigliano poco a quelli dell’attore che ci viene descritto. Apuleio si chiamava Lucio, come il protagonista di questa storia. o forse c’è stato uno scambio di nome fra lo scrittore e il suo personaggio: non è chiaro. Comunque, non si sa in quale direzione questo scambio, ammesso che ci sia stato, sia avvenuto. È invece


X

un’altra parte del racconto quella che ci sembra più genuinamente autobiografica: l’ultima, quella che costituisce il Libro XI, in cui Apuleio si svela palesemente e scioglie definitivamente la mimesis che ha pazientemente costruito fin qui. Fra questi due estremi — l’incipit e la rivelazione finale — si dipana la gran parte del racconto o, meglio, dei racconti: una matassa intricata di racconti, incastonati uno dentro l’altro (a qualcuno verrà in mente il modello de Le mille e una notte). Lucio viaggia in cerca di nuove esperienze ed è particolarmente attratto dalla magia oltre che — cosa abbastanza naturale per un fiorente giovanotto come è lui — da una carica di erotismo prorompente e quanto mai libera da ogni remora. Dopo vari episodi di contorno, giunge in una città che parrebbe essere la capitale della stregoneria femminile, e lì, per uno sciagurato “malfunzionamento” delle pratiche magiche a cui si sottopone, viene malauguratamente trasformato in asino o, per meglio dire, viene trasferito di peso nel corpo di un asino, perché la sua mente (o dovremmo dire la sua Psiche) si mantiene umana e soffre di quella tremenda metamorfosi. nei libri successivi è tutto un divertentissimo — o terrificante, a seconda dei casi — susseguirsi delle disgrazie dell’asino e dei suoi vani tentativi di ritrovare forma (e sostanza) di uomo. E, proprio in mezzo, come un preziosissimo castone, c’è la favola di Amore e Psiche, metafora di tutto il resto del racconto e dell’elevarsi dell’anima (Psiche), per mezzo dell’Amore, dall’inferno al cielo. Finché il povero asinello, che nel frattempo abbiamo imparato ad amare, sottoposto ad ogni genere di angherie da una fauna umana molto più bestiale di lui, riesce a fuggire e a rifugiarsi nella solitudine e nel silenzio della notte, in riva a un mare sconfinato oltre il quale non pare esserci per lui che la definitiva rovina. E invece, d’improvviso, Lucio viene risvegliato dall’epifania del divino che gli si presenta sotto la forma di una luna splendidamente piena e consolatrice. Quel che segue è, appunto, una specie di resoconto autobiografico del percorso di formazione di Apuleio il quale, pur essendosi dichiarato culturalmente Greco, per tutta la narrazione non nasconde l’orgoglio di sentirsi romano: e infatti lo è, anche se in un modo un tantino periferico. sul finire del libro, infatti, fa riferi-


XI

mento a se stesso come a «uno di Madaura», e Madaura era la sua città natale, in Africa, vicino a Cartagine. Insomma, se non era proprio “extracomunitario”, poco ci mancava. In un certo senso doveva sentirsi come si può sentire oggi un europeo di Bucuresti o di Costanza. E quest’ultima sembra essere davvero la storia di “Lucio” Apuleio, l’attore, prima che l’autore, di questo libro. Ma, in qualche modo, gli attori siamo anche tutti noi: gente che vaga per il proprio mondo in cerca di se stessa, delle proprie radici e del proprio futuro, e per trovarlo, certe volte, deve provare a rileggere i classici, anche se il più delle volte non li capisce a fondo (sennò sarebbe troppo facile). E mentre cerca — e mentre legge e rilegge — attraversa tutte le possibili esperienze della propria esistenza, anche le più desolanti, anzi specialmente le più desolanti, finché non arriva, di notte, sul bordo di un mare sconfinato, senza più forze, senza più speranza, salvo quella di farsi svegliare, d’improvviso, dalla luce di una luna splendente che gli indica la strada, che lo illumina e che lo guida a guardare la realtà dall’alto del cielo. In realtà, il libro non si chiama L’asino d’oro. si chiama Metamorfosi, perché è questa la metafora più calzante per indicare il trasformarsi progressivo dell’animo umano, Psiche. A chiamarla invece con il titolo più conosciuto all’onor del mondo, Asinus aureus, fu un altro scrittore latino, Agostino: un altro che dovette subire una radicale metamorfosi, mutandosi, da pagano che era, in un cristiano dei più precoci, addirittura in un Padre del cristianesimo. E anche qui, nel riconoscimento di quanto vi era di assai prezioso, di aureus, in questo libro, vi è il senso profondo di un’altra metamorfosi, ben più radicale, perché rappresenta il trasformarsi della storia di un intero mondo: il passaggio dalla classicità alla cristianità, con tutto quello che ciò ha rappresentato, nel bene e nel male. Il passaggio delle credenziali culturali da Apuleio ad Agostino. *

Ho letto per la prima volta questo libro quando avevo forse sedici anni e, come è ovvio, ne ho colto principalmente l’aspetto erotico che impattava a mani basse sulla mia sensualità di adolescente. non trascuravo però tutti i riferimenti collegati alla mitologia greca che, ancora prima e con maggiore freschezza, aveva colpito la mia


XII

fantasia, finendo col rappresentare la prima e più intensa delle mie passioni giovanili. Tutto il resto, invece, mi era scivolato addosso senza apparentemente lasciare alcun segno. Più tardi, con gli anni, nel riprenderne in diverse occasioni la lettura, ho progressivamente scoperto il materiale “sommerso”, i contorcimenti dell’animo umano, la smania di autodistruzione, l’esitante passaggio dalla magia alla religione e, dal punto di vista strettamente letterario, le prefigurazioni, i giochi di parole basati su doppi e tripli sensi e sull’eponimia di luoghi, cose e personaggi. Un turbine avvolgente. splendente. L’esperienza di tradurlo è stata almeno altrettanto entusiasmante: ho cercato di rendere il testo, e almeno una parte degli innumerevoli messaggi che ci sono nascosti dentro, in un italiano corrente, facilmente godibile e quanto più possibile fedele al testo originale, non tanto da un punto di vista rigorosamente letterale, quanto nei confronti dello stile narrativo dell’autore, per cercare di riprodurne più che potevo l’incanto che mi ha trasmesso. Ho cercato di far parlare i diversi personaggi con una sfumatura di linguaggio appropriata a ciascuno di loro come facevano, almeno così mi sembra, nell’originale. Ho cercato di renderne l’umanità: un’umanità spesso preda delle emozioni, che si abbandonava alle proprie voglie, così come alla rabbia, alla violenza e alla sopraffazione, senza eccessivi scrupoli morali, allo stesso modo in cui ci si abbandonavano i loro dèi... umani, troppo umani. Allo stesso modo in cui ci si abbandona la gente di oggi che ritroviamo, riflessa come in uno specchio appena un po’ appannato, in tutti i personaggi che via via incontriamo. Può darsi che sia proprio questo il senso di leggere, oggi, questo libro così come gli altri classici. Per scoprire che noi — l’umanità — non siamo sostanzialmente cambiati in tutti questi secoli. Così come non è cambiato il modo per ritrovare un poco di speranza: che è cercare di guardare le cose dall’alto, magari di notte, nel silenzio, sulla riva di un mare sconfinato, sotto uno splendente plenilunio. Bruno Del Greco


La copertina del primo volume dell’edizione Formiggini.



L’AsIno D’oro


TRACIA Monte Olimpo

• Troia

TESSAGLIA

MISIA

˚˚˚˚˚˚˚˚˚ ˚˚ ˚ ˚˚˚ ˚˚˚˚ ˚˚˚ ˚˚ ˚ ˚˚˚ ˚ ˚˚˚˚˚˚ ETOLIA ˚˚˚ ˚˚˚˚˚˚˚˚˚˚˚˚˚˚˚˚˚ ˚˚˚˚˚˚˚˚ •˚˚˚˚ EUBEA ˚ Delfi ˚˚˚˚˚ ˚˚˚˚˚˚˚ Plat ea ˚ • ˚ • Tebe ˚˚ ˚˚ ˚˚˚˚˚˚˚˚ •Atene ACAIA Corinto˚˚˚• ˚• ˚˚ Cencre

LIDIA

Ipata •

CARIA

ARCADIA

• Mileto

LACONIA

LICIA

• Sparta

Il viaggio dell’asino Lucio

FRIGIA

CRETA


Libro I

I

... e io, adesso, se ti va di buttare un occhio su questo papiro egiziano, vergato da una canna del nilo acuta e sottile, io cucirò insieme per te diverse favole, come si usa a Mileto¹. Io carezzerò le tue orecchie benevole col dolce sussurro del mio racconto e tu ti stupirai ammirando l’aspetto e il destino di uomini trasformati nella loro apparenza e poi ricondotti a essere quel che erano. Comincio, dunque: vuoi sapere chi sono? In breve: vengo da una stirpe lontana, dall’Imetto nell’Attica e dall’Istmo di Efira Corinzia e dal Tenaro a sparta², da quelle terre felici celebrate in eterno da libri ancora più felici su cui, nella mia prima infanzia, cominciai a imparare il greco. Poi, venuto a roma, senza nulla sapere della parlata locale dei Quiriti³, mi misi a studiarla senza maestro e con molta fatica. Perciò mi scuso in anticipo se, da scarso conoscitore quale sono, mi scapperà qualche espressione straniera o qualche svarione inopportuno. Del resto, una lingua un poco stravolta si adatta molto bene ai sussulti e alle trasformazioni che stiamo per descrivere. Cominciamo la favola grecanica. Ascoltala bene, lettore, ti divertirai. ¹ Città greca dell’Asia Minore, in Lidia, patria della filosofia greca antica (Talete, Anassimandro) e origine della cosidetta fabula milesia che Apuleio dichiara essere il modello stilistico di questa sua opera. ² Luoghi diversi della Grecia per indicare, simbolicamente, la stessa Grecia come patria spirituale dell’autore. Hanno inoltre un significato metaforico: l’Imetto è un massiccio montuoso, dunque un luogo elevato, noto per il miele delle sue api, simbolo della dolcezza dei poeti e strumento per placare Cerbero, il guardiano degli inferi, quando viene impastato in una focaccia; l’istmo di Efira (Corinto) è un ponte fra due mondi (quello degli dèi del cielo e quelli inferi); il Tènaro, infine, era considerato la porta dell’oltretomba. Cfr. l’episodio di Psiche in Libro VI, Cap. XVI e segg. ³ Era il nome con cui si autodefinivano i cittadini di roma in quanto discendenti dei due popoli uniti dei Latini e dei sabini.


L’AsIno D’oro

4

... ti stupirai ammirando l’aspetto e il destino di uomini trasformati... (Libro I, Cap. I)

II

Me ne andavo in Tessaglia (da cui mi onoro di avere origine giacché discendo, in linea materna, dal celebre Plutarco e da suo nipote, il filosofo sesto). Me ne sto andando, dicevo, in Tessaglia per affari. Attraverso montagne scoscese, valli sdrucciolevoli, umidi cespugli e campi fertili, in groppa a un bianco cavallo del posto che non ce la fa più. Allora smonto per togliermi di dosso, camminando, la fatica di stare sempre fermo. Asciugo con cura il sudore dalla fronte del cavallo, gli accarezzo le orecchie, gli levo il morso e me lo porto dietro piano piano, in modo che si rimetta in sesto e possa liberarsi dell’incomodo peso del ventre. E mentre quello pascola calmo sull’erba muovendo il muso di qua e di là, io mi unisco, come terzo, ad altri due compagni di viaggio che se ne andavano un poco più avanti. Cerco di capire di cosa parlano e sento che uno dei due scoppia a ridere forte e dice all’al-


Libro I

5

tro: «Ma piantala di spararle così grosse!». E io, che sono sempre curioso di sentire delle cose nuove, invece dico: «Lasciatemi partecipare alla vostra conversazione. non è che sono curioso, ma mi piace conoscere tutto quello che posso. Per giunta, chiacchierando piacevolmente, ci sembrerà anche meno dura questa salita che stiamo facendo». III

Ma quello insisteva: «sono tutte balle. sarebbe come dire che uno fa una magia e i fiumi si mettono a scorrere all’indietro, il mare si condensa, i venti smettono di soffiare, il sole si spegne, la luna si sgonfia, le stelle si staccano, si toglie il giorno e si mette la notte». Allora io, fiducioso, intervengo: «Ma tu, che stavi raccontando, non starlo a sentire e, invece di prendertela, continua a parlare». Poi mi rivolgo all’altro e gli dico: «Tu rifiuti delle cose che forse sono vere tappandoti ostinatamente le orecchie e il cuore. Ma guarda che ti sbagli a considerare assurde le cose che non ti è mai capitato di vedere o che non riesci a spiegarti, perché, se ci pensi bene, non solo ti rendi conto che sono vere, ma anche che sono proprio normali. IV

«Io, per modo di dire, l’altra sera, mentre mangiavo polenta e formaggio, per fare lo spiritoso, ne ho ingoiato un boccone enorme che mi si è appiccicato in gola, tanto molliccio e colloso che era, e a momenti mi strozzavo, visto che non riuscivo più a respirare. Invece, un po’ di tempo fa, ad Atene, davanti al portico Pecile⁴, ho visto un giocoliere che si ficcava in gola la punta di una spada affilata, di quelle da cavalleria, dopo di che, per raccogliere ancora qualche soldo, s’è pure infilata in fondo alle viscere una lancia da cacciatore, cominciando proprio dalla punta. Ed ecco che su quella pertica, subito sotto la punta di ferro che, partita dall’inguine, gli ⁴ Portico dipinto di Atene, sotto il quale il filosofo Zenone insegnava la sua filosofia stoica (da stoà che, in greco antico, significa appunto “portico”; pecìle significa invece dipinto).


La copertina del secondo volume dell’edizione Formiggini.


Indice delle incisioni

33 xilografie tratte dai due volumi dell’editore Formiggini del 1927. 4 11 16 25 32 41 50 57 62 70 79 86 97 102 109 116 125 132 141 146 153 162 169 174 191 200 211 224 235 244 255 262 271

Libro I , Cap. I Libro I , Cap. VI Libro I , Cap. IX Libro I , Cap. XVI Libro I , Cap. XXI Libro I , Cap. XXIV Libro II , Cap. XV Libro II , Cap. XXVIII Libro III , Cap. II Libro III , Cap. XVI Libro III , Cap. XXVIII Libro IV , Cap. XXIII Libro IV , Cap. XXIX Libro IV , Cap. XXXI Libro IV , Cap. XXXIV Libro VI , Cap. II Libro VI , Cap. XVIII Libro VI , Cap. XXIII Libro VII , Cap. XIII Libro VII , Cap. XXIV Libro VIII , Cap. IV Libro VIII , Cap. XIX Libro VIII , Cap. XXII Libro IX , Cap. V Libro IX , Cap. XXV Libro IX , Cap. XXXIV Libro X , Cap. I Libro X , Cap. IV Libro X , Cap. XIX Libro X , Cap. XXX Libro XI , Cap. I Libro XI , Cap. VIII Libro XI , Cap. XIII



Indice

VII

3 23 47 67 93 115 139 161 187 221 251 275

Introduzione di Bruno Del Greco

L’AsIno D’oro (Metamorfosi) Libro I Libro II Libro III Libro IV Libro V Libro VI Libro VII Libro VIII Libro IX Libro X Libro XI

Indice delle incisioni


Questo libro primo della collana “I Viaggi dell’Asino” viene stampato nel carattere Palatino Linotype su carta salzer eos blue white nel marzo del 2011 per conto della stars Film Edizioni presso Grafiche Antiga spa Via delle Industrie, 1 - 31035 Crocetta del Montello (Treviso)


Apuleio (Lucio?). L’ultimo degli scrittori pagani latini. Di cultura vastissima e di intelligenza acuta, come ci appare dai numerosi altri suoi scritti che ci sono pervenuti e dalle notizie che conosciamo sui testi andati perduti. Nato a Madaura, nella provincia africana, intorno al 125 d.C. e morto dopo il 170 d.C. (ultima traccia riconosciuta di lui). La sua vita si colloca, sia sul piano temporale che su quello culturale, nel punto intermedio fra l’ellenismo greco e quello romano. Costantemente e profondamente impregnato dalla filosofia platonica.

In copertina: Illustrazione di Alice Centioni Progetto grafico di Vito Maria Fimia


I Viaggi dell’Asino

Un classico da leggere e rileggere.

... di una modernità folgorante per la capacità di descrivere le debolezze e gli eroismi quotidiani dell’animo umano...

ISBN 978-88-9048-304-2

€ 14,00


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.