ISSN 2384-9029
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OFFICINA* Bimestrale on-line di architettura e tecnologia N.11 mar-apr 2016 ISSN 2384-9029 Rivista consultabile e scaricabile gratuitamente su : www.officina-artec.com/category/publications/officina-magazine
DIRETTORE EDITORIALE
HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO:
Emilio Antoniol
Diletta Baiguera, Viola Bertini, Andrea Canevazzi, Nicola Chiavarelli, Celeste Da Boit, Maurizio Dematteis, Filippo Farronato, Mauro Marzo, Tiziana Mazzolini, Laura Pujia,
COMITATO EDITORIALE
Giada Saviane.
Valentina Covre Francesca Guidolin Daria Petucco Margherita Ferrari Valentina Manfè Chiara Trojetto REDAZIONE
IMPAGINAZIONE GRAFICA Margherita Ferrari
Filippo Banchieri Paolo Borin Libreria MarcoPolo PROGETTO GRAFICO Valentina Covre Margherita Ferrari Chiara Trojetto
EDITORE Self-published by Associazione Culturale OFFICINA* info@officina-artec.com ArTec - Archivio delle Tecniche e dei materiali per l’architettura e il disegno industriale Università Iuav di Venezia Copyright © 2014 OFFICINA* L’editore si solleva da ogni responsabilità in merito a violazioni da parte degli autori dei diritti di proprietà intelletuale relativi a testi e immagini pubblicati.
Turismi impossibili Quando si parla di viaggi è impossibile non menzionare Il giro del mondo in ottanta giorni, celebre romanzo scritto da Jules Verne nel 1873. Il racconto narra le vicissitudini affrontate dal londinese Phileas Fogg e dal fidato Passepartout, nel circumnavigare il globo terrestre in soli ottanta giorni per vincere una scommessa accettata con i membri del Reform Club di Londra. La sfida scaturisce dalle nuove possibilità di trasporto offerte da tecnologie quali treni e battelli a vapore, innovazioni che consentono di compiere lunghi viaggi in tempi prima neppure pensabili. Tecnologia e innovazione sono alla base di molti dei romanzi scritti da Verne, pioniere della fantascienza moderna. Basti pensare alle ventimila leghe sotto i mari percorse dal Nautilus del Capitano Nemo nell’omonimo romanzo del 1869, in cui si prefigura la possibilità di costruire sottomarini per l’esplorazione marina che di lì a poco saranno realtà; o ancora, al pionieristico viaggio narrato in Dalla Terra alla Luna del 1865 in cui si descrive un tentativo di allunaggio umano che sarà realtà poco più di cent’anni dopo con la missione Apollo 11. Tra sottomarini, aeronavi e proiettili spaziali Verne apre così la strada alle esplorazioni dell’era contemporanea ma, tra i suoi rocamboleschi viaggi, uno resta tuttora impossibile. Si tratta della spedizione al centro della Terra descritta nel romanzo Viaggio al centro della Terra del 1864 in cui il prof. Otto Lidenbrock e suo nipote Axel discendono, attraverso il cratere del vulcano Sneffels in Islanda, fino al centro del pianeta. Se in questo caso la tecnologia poco può fare per rendere realizzabile l’impresa, molto possono le opere di Verne, insegnandoci come curiosità e immaginazione possano spingersi
Chiara Trojetto
ben oltre i limiti imposti dalla realtà.
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N.11 mar-apr 2016 in copertina: Villegiaturismi 1930-2015 digital collage immagine di Patrizio M. Martinelli*
*Patrizio M. Martinelli, PhD in composizione architettonica, si occupa di progettazione in ambito professionale e di didattica e ricerca presso l’Università Iuav di Venezia, la Münster School of Architecture di Münster e la Escuela de Arquitectura UCLM di Toledo. È appassionato di fotografia, disegno, collage, grafica e illustrazione; le sue opere e i suoi studi sono presenti in pubblicazioni italiane e internazionali. patriziomartinelli ≥
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ESPLORARE Strategie per un turismo inclusivo di Francesca Guidolin I Vivarini di Emilio Antoniol Dentro la foresta di Valentina Covre Aldo Manuzio. Il Rinascimento a Venezia di Daria Petucco
TURISMI introduzione di Daria Petucco Turismo e Architettura: una relazione disattesa di Mauro Marzo Architettura e turismo nella Venezia contemporanea di Celeste Da Boit e Giada Saviane Architettura, turismo e imprenditorialità culturale di Viola Bertini Sweet Mountains: la primavera delle Alpi di Maurizio Dematteis Case degli Alberi di Nicola Chiavarelli Strumenti di architettura e turismo culturale di Laura Pujia UFO #landingon: Milano in chiave Gameful City di Andrea Canevazzi
40 PORTFOLIO
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Projecto artE pORtas abErtas testo di Emilio Antoniol, immagini di Valentina Covre IN PRODUZIONE Il progetto UP di Emilio Antoniol
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VOGLIO FARE L’ARCHITETTO AG/REcycle di Diletta Baiguera e Tiziana Mazzolini BIM NOTES BIM, per chi e perché? di Paolo Borin
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Cappello di Valentina Manfè e Emilio Antoniol MICROFONO ACCESO demogo studio architettura a cura di Filippo Farronato
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CELLULOSA Nessuno scompare davvero a cura dei Librai della Marcopolo
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(S)COMPOSIZIONE Da un lato descrive, dall’altro emblematizza di Valentina Covre
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ESPLORARE
Strategie per un turismo inclusivo
I Vivarini
Dentro la foresta
16 marzo 2016 Ex Cotonificio Santa Marta Venezia progettoinclusivo.officina-artec.com ≥
20 febbraio – 5 giugno 2016 Palazzo Sarcinelli Conegliano, TV www.mostravivarini.it ≥
25 febbraio – 2 aprile 2016 Galleria Il Vicolo Milano www.chiaradattola.com ≥
Quali sono i settori di maggiore interesse per il turismo oggi, e quali i parametri di attrattività del settore turistico? Quando un’offerta turistica è davvero per tutti e quali sono le implicazioni progettuali, economiche e sociali? Questi i temi di discussione del seminario Strategie per un Turismo Inclusivo tenutosi presso l’Università Iuav di Venezia il 16 marzo 2016. La Regione del Veneto, il Comune di Venezia, assieme ad alcune associazioni di categoria come l’Associazione Jesolana Albergatori e il coinvolgimento dell’Ente Bilaterale del Turismo hanno presentato alcune esperienze nel settore. Il seminario ha affrontato il tema dell’inclusività in ambito turistico, analizzando le possibilità che il settore offre con uno sguardo privilegiato al contesto veneto e veneziano. I temi dell’accoglienza e dell’ospitalità, visti sotto il profilo dell’Universal Design, permettono l’approccio multidisciplinare: economico, amministrativo, progettuale, per la definizione di strategie future.
Palazzo Sarcinelli a Conegliano celebra la famiglia di artisti veneziani dei Vivarini con una mostra a loro interamente dedicata. A cavallo tra Quattrocento e Cinquecento Antonio, Bartolomeo e Alvise Vivarini segnano, con la loro bottega, un importante momento di transizione dell’arte veneta e italiana sancendo, assieme ai Bellini, il passaggio dal Gotico fiorito alla pittura rinascimentale. In esposizione sono presenti alcuni tra i più grandi capolavori dei tre Vivarini, per la prima volta riuniti in un unico allestimento, provenienti da sedi e collezioni nazionali: polittici, tele votive e dipinti privati celebrano l’arte dei tre maestri veneziani, lasciando trasparire l’influenza e il legame con molti grandi artisti dell’epoca quali Mantegna, Donatello e Antonello da Messina. Come di consueto, a completamento del percorso espositivo, sono proposti alcuni itinerari alla riscoperta dei capolavori sparsi sul territorio della Marca Trevigiana.
È attraverso la mostra di illustrazioni e sculture inaugurata giovedì 25 febbraio a Milano che Chiara Dattola ci accompagna all’interno di un luogo incantato, un bosco fatto di regole proprie e di creature insolite che si intrecciano, danzano, si nascondono o si dondolano tra i fitti rami degli alberi e accolgono la visita degli impavidi visitatori. L’illustratrice e artista milanese esce momentaneamente dall’ambito dell’editoria, con il quale solitamente si confronta, per presentare in mostra i suoi lavori: chine e tele, sia in bianco e nero che a colori, collages e sculture progettate dall’illustratrice e realizzate da LaFucinaCreativa di Milano. I protagonisti delle immagini ci osservano all’interno dall’interno del loro ambiente magico nel quale, usando le parole di Alessandro Gottardo che introduce la mostra, “sarà bello perdersi, chiudere gli occhi, e lasciarsi popolare la mente da ogni singolo personaggio, animale, forma e colore”.
di Francesca Guidolin
di Emilio Antoniol
di Valentina Covre
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Aldo Manuzio. Il Rinascimento a Venezia 19 marzo - 19 giugno 2016 Gallerie dell’Accademia Venezia www.mostraaldomanuzio.it ≥
La figura di Aldo Manuzio, editore attivo a Venezia tra fine ‘400 e inizio ‘500, riporta l’attenzione sulla significatività che i libri e la loro diffusione hanno avuto nel panorama della cultura rinascimentale e non solo. Attraverso le edizioni di Manuzio - che inaugurano tra l’altro l’uso del corsivo e del formato ottavo - i classici greci e latini, oltre che il pensiero di filosofi quali Erasmo da Rotterdam, diventano accessibili ai letterati e studiosi del tempo. La possibilità così offerta di consultare tali opere mostrerà la sua influenza soprattutto nella produzione artistica della Venezia rinascimentale. La mostra presenta l’esperienza di Aldo Manuzio - un insegnamento magistrale del valore della comunicazione della cultura - attraverso oltre trenta edizioni stampate originali e più di cento opere di maestri della pittura del ‘500 - tra cui Giorgione, Bellini, Tiziano - influenzati dall’operazione culturale di riscoperta e comunicazione della classicità attuata dall’editore.
di Daria Petucco
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Mass tourism. Alternative tourism. Slow tourism and soft tourism. Sustainable tourism. Eco-tourism. Responsible tourism (and also irresponsible tourism). Accessible tourism. Cycling tourism and moto-tourism. Beach tourism, mountain tourism, rural tourism. Wellness tourism. Religious tourism. Itinerant tourism. Tourism, that’s it. The list of the most common characterizations of the word tourism, which is certainly not exhaustive, shows how impossible is nowadays to uniquely define tourism. It is quite a different set of experiences, each intent on trying their specificity, their otherness. Since the mid-end of the 19th century the travel, an activity reserved for the few (think for example the Grand Tour in Europe and Italy of the 18th century or the explorations of scientists and aristocrats in the Alps), turns into something accessible to a wider audience, into something organized in the itineraries and structure, becoming a real economic activity. The transition from the adaptability of the single traveler to places and the adaptation of places for tourism needs is short. Some data are sufficient to sense the impact and changes (permanent, temporary?) that the tourism phenomenon is able to trigger. Venice, the original one among the 97 that exist in the world (La Stampa, 2008) - which can be also considered as a tourism effect - in 2014 recorded 25 million tourists each year, out of a population of about 56,000 inhabitants (Il Gazzettino, 2014). The territory of the Alps, inhabited by about 14 million people, annually hosts 120 million visitors (Alpine Convention, 2011). Such scenarios, together with others that can have less impact, lead us to deal with the issue of tourism in the number 11 of OFFICINA* magazine. The
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awareness is that many of the aspects that concern tourism (including hospitality, mobility, communication, environmental protection, cultural promotion) are closely related to the field of architecture, planning and technolog y. The choice was made to mix contributions from different fields and focuses on different themes. This plurality transforms the term “tourism�, rightly, in its plural, tourisms. Starting from a reflection on the relationship (or failed relationship) between tourism and architecture, the articles show many researches developed within many universities and in collaboration with companies that emphasize the importance of regional development and cultural promotion for tourism. Another point of view is presented by two experiences that were born in different alpine areas. The aim is to show different ways for new forms and ideas of tourism. Finally, a last contribution shows how technolog y and game can contribute to an active knowledge of the city by its inhabitants and visitors. We wish you a pleasant journey!
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urismo di massa. Turismo alternativo. Turismo lento e turismo dolce. Turismo sostenibile. Eco-turismo. Turismo consapevole. Turismo responsabile (turismo pure irresponsabile). Turismo accessibile. Cicloturismo e mototurismo. Turismo balneare, turismo montano, turismo rurale. Turismo termale. Turismo religioso. Turismo itinerante. Turismo e basta. Scorrendo l’elenco, di certo non esaustivo, delle più diffuse caratterizzazioni del termine turismo diventa oggi impossibile definirlo in modo univoco. Esso è piuttosto un insieme di esperienze differenti, ognuna intenta a cercare la propria specificità, la propria alterità. A partire dalla metà-fine dell’800 il viaggiare, un’attività riservata a pochi - si pensi ad esempio al Grand Tour in Europa e in Italia del ‘700 o alle esplorazioni di scienziati e aristocratici nelle Alpi - si trasforma in qualcosa di accessibile a un pubblico più ampio, in qualcosa di organizzato negli itinerari e nelle strutture, diventando una vera e propria attività economica. Il passaggio dall’adattabilità del singolo viaggiatore ai luoghi a quello dell’adattamento dei luoghi alle necessità del turismo è breve. Sono sufficienti alcuni numeri per intuire l’impatto e le modificazioni (permanenti, temporanee?) che il fenomeno del turismo è in grado di innescare. Venezia, quella originale tra le 97 che ci sono nel mondo (La Stampa, 2008) - anche questo un effetto del turismo - nel 2014
registra 25 milioni di turisti all’anno, su una popolazione di circa 56.000 abitanti (Il Gazzettino, 2014). Il territorio delle Alpi, abitato da circa 14 milioni di abitanti, ospita ogni anno 120 milioni di visitatori (Convenzione delle Alpi, 2011). Tali scenari, di certo affiancabili ad altri che presentano cifre meno impattanti, ci portano a trattare il tema del turismo all’interno del numero 11 di OFFICINA*, nella consapevolezza che molti degli aspetti che gli gravitano attorno (tra cui l’ospitalità, la mobilità, la comunicazione, la tutela ambientale, la promozione culturale) non possano non riguardare da vicino l’ambito dell’architettura, della pianificazione e della tecnologia. La scelta è stata quella di intrecciare contributi provenienti da differenti ambiti e che si focalizzano su alcune delle pluralità che, a ragione, trasformano il termine turismo nel suo plurale, turismi. A partire da una riflessione sulla relazione (o non relazione) tra il turismo e l’architettura, gli articoli riportano alcuni percorsi di ricerca in ambito universitario e in collaborazione con aziende che sottolineano l’importanza della pianificazione territoriale e della promozione culturale per il turismo. Accanto a ciò si associano due esperienze nate in ambiti alpini differenti, con l’intento di mostrare quali possano essere oggi alcune delle strade percorribili da nuove forme e idee di turismo. Infine, un ultimo articolo mostra come la tecnologia e il gioco possano contribuire a una conoscenza attiva della città da parte dei suoi abitanti e visitatori. Buon viaggio!
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Patrizio M. Martinelli
di Daria Petucco
Turismo e Architettura: una relazione disattesa
Mauro Marzo è ricercatore in Composizione architettonica e urbana, Dipartimento di Culture del progetto, Università Iuav di Venezia. e-mail: mauro.marzo@iuav.it
Tourism is one of the main voices of the world economy. Nevertheless, the architectural researches that address the study of this phenomenon are relatively few. The lack of attention of the architects towards this issue is surprising for three reasons. First: the places of tourism require the construction of buildings for the accommodation and the reception of visitors and the design of a system of environmentally friendly mobility. Second, tourism is a social and economic phenomenon closely related to the nature of the sites and their specificity. Third, tourism alters the use and character of public spaces, produces environmental changes, superimposes its own rules and new city hierarchy and territories. Becoming aware of the complexity of the tourism phenomenon is an unavoidable step to be able to deal with sustainable projects.
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di Mauro Marzo
l turismo rappresenta una delle principali voci dell’economia mondiale. Costituisce la terza maggiore attività socio-economica dell’Europa. Corrisponde al 10% del prodotto interno lordo italiano. A fronte della rilevanza di tali dati, relativamente poche sono le ricerche di architettura che affrontano compiutamente lo studio di questo fenomeno. È sufficiente una rapida disamina dei libri editi su tale tema nelle principali piattaforme di vendita on line per accorgersi che la maggior parte dei volumi sul fenomeno turistico sono opera di economisti, geografi e sociologi e che la presenza di pubblicazioni di architetti in tale settore appare tanto episodica quanto, di fatto, marginale. Se altre discipline hanno creato filoni di studi, corsi di laurea e master legati allo studio del fenomeno turistico, nelle scuole di architettura il tema appare ancora scarsamente indagato. La rarità degli studi in questo campo appare tanto più inspiegabile se la si rapporta, da un lato, all’importanza che il settore turistico assume nell’economia del nostro paese e, dall’altro, al fatto che tale settore ha dimostrato un’ottima tenuta pur nella crisi economica che ha indebolito fortemente molti altri settori produttivi del paese. La scarsa attenzione degli architetti verso questo tema sorprende almeno per tre ragioni. La prima appare scontata. I luoghi del turismo richiedono: la realizzazione e/o l’adeguamento di edifici per la ricettività e l’accoglienza dei visitatori; la definizione delle modalità di fruizione più appropriate per immobili e contesti storici; la progettazione di un sistema della mobilità rispettoso dell’ambiente, oltre che adeguato alla dimensione dei flussi; lo studio di percorsi ciclo-pedonali, di aree verdi e di spazi pubblici in cui possano incontrarsi le aspettative dei turisti con le esigenze avvertite dalla comunità dei residenti. La seconda ragione risiede nel fatto che il turismo è un fenomeno sociale ed economico strettamente correlato alla natura dei luoghi, alla loro specificità e al loro carattere. In taluni casi, anzi, si può
affermare che il fenomeno turistico “inventi” alcuni luoghi, esaltandone il carattere. Il rapporto con la specificità dei luoghi, con la morfologia dei suoli, con la storia sedimentata in essi e la loro interpretazione progettuale sono questioni centrali nei processi di modificazione dei contesti alla scala architettonica come a quella territoriale. Si pensi alla salita all’acropoli di Atene progettata da Dimitris Pikionis tra il 1954 e il 1957; essa rappresenta molto di più di un semplice percorso turistico, costituisce un’ “invenzione”, nel senso etimologico del termine. Pikionis “ritrova” immagini dell’acropoli, le ricolloca nella giusta prospettiva, le strappa alla caotica crescita della capitale greca e all’ineluttabile trascorrere del tempo1. In terzo luogo, sorprende che pochi siano gli studi di architetti intorno a questo fenomeno perché il turismo può alterare l’uso e il carattere degli spazi pubblici, produrre effetti di modificazione ambientale non meno evidenti rispetto a quelli di altre attività economiche, sovraimporre regole proprie e nuove gerarchie a città e a territori, di fatto trasformando quella natura dei luoghi cui si accennava sopra. Per verificare in quale misura un turismo di massa, sproporzionato alle dimensioni e alle caratteristiche morfologiche di una città, possa modificare i modi d’uso degli spazi pubblici,
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relativamente poche sono le ricerche di architettura che affrontano compiutamente lo studio di questo fenomeno
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gli architetti dovrebbero con maggiore sistematicità indagare storie, forme e luoghi del turismo, analizzarne le problematiche alla scala architettonica, urbana e territoriale, e individuare soluzioni progettuali volte a far sì che la risorsa data da questo settore dell’economia tenda ad assumere caratteri sempre più appropriati agli equilibri dei contesti
si pensi al caso di Venezia, città nella quale il turismo è percepito dalla popolazione residente come un’invasione che si ripete giornalmente e come unico responsabile dell’estromissione dai principali percorsi urbani di ogni tipologia di vendita commerciale che non intercetti l’interesse dei turisti. Per raffigurare, poi, in un’unica immagine gli effetti di modificazione ambientale apportati dal turismo a interi tratti della costa italiana, durante il periodo che si estende dai primi anni ’60 a tutti anni ’80 del Novecento, è sufficiente osservare il tratto di costa adriatica che va da Cesenatico a Cattolica. Bastano pochi secondi perché Google Maps ponga davanti ai nostri occhi la sconfortante visione di un insediamento lineare generato dal turismo lungo quasi 50 km. Rispetto alla complessità di tali questioni, lo sguardo dell’architetto dovrebbe essere ritenuto non solo utile ma necessario ad affrontare tale tema. E ciò in virtù della sua capacità di analizzare fatti urbani e territoriali, di porre in relazione le proprie competenze con quelle di cui sono portatrici altre discipline (dall’ingegneria dei trasporti alle scienze ambientali, dall’archeologia al marketing territoriale) e di individuare, infine, soluzioni capaci di migliorare la struttura e l’immagine dei luoghi, in una parola la loro forma. Eppure, il quadro delle metodologie e delle azioni di progetto utili a indirizzare e a governare il fenomeno turistico, le sue necessità e i suoi effetti, appare ancora assai poco definito. A partire da tali ragioni, dunque, gli architetti dovrebbero con
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il turismo è un fenomeno sociale ed economico strettamente correlato alla natura dei luoghi, alla loro specificità e al loro carattere
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maggiore sistematicità indagare storie, forme e luoghi del turismo, analizzarne le problematiche alla scala architettonica, urbana e territoriale, e individuare soluzioni progettuali volte a far sì che la risorsa data da questo settore dell’economia tenda ad assumere caratteri sempre più appropriati agli equilibri dei contesti. Il rapporto tra tutela e valorizzazione delle preesistenze, le modalità di attraversamento dei territori, la decodificazione degli intrecci tra globale e locale o tra autentico e caratteristico, costituiscono questioni di cui occorrerebbe occuparsi, assai più di quanto non avvenga, nelle scuole di architettura, pianificazione e design. Ma è soprattutto la complessità delle relazioni poste dall’insieme di tali temi che dovrebbe interessare gli architetti. Assumere consapevolezza della complessità di tali relazioni costituisce, infatti, un passaggio ineludibile per affrontare con maggiore sistematicità studi e progetti relativi a un fenomeno fortemente correlato all’ampia, dibattuta e controversa questione dell’identità dei luoghi. ♦
NOTE 1 - Cfr. Ferlenga A., “Le strade di Pikionis”, LetteraVentidue, Siracusa, 2014. IMMAGINI 01 - Tesi di laurea magistrale in Architettura, “Il campo trincerato di Mestre tra memoria storica e presente: proposte per una fruizione collettiva”, relatore prof. Mauro Marzo, correlatore prof. MariaAntonia Barucco, 2015. Università Iuav di Venezia, Dipartimento di Culture del progetto. Immagine tratta dalla tesi di Federica Ferracin. 02 - Seminario“Luoghi del turismo”, prof. Mauro Marzo, a.a. 2013/2014. Università Iuav di Venezia, Dipartimento di Culture del progetto. Copertine delle esercitazioni di alcuni studenti. 03 - Tesi di laurea magistrale in Architettura, “Frammenti di occasioni perse: la strada del prosecco”, relatore prof. Mauro Marzo, correlatore prof. MariaAntonia Barucco, 2015. Università Iuav di Venezia, Dipartimento di Culture del progetto. Immagine tratta dalla tesi di Anthu Breda. 04 - Tesi di laurea magistrale in Architettura, “Medio Brenta: nodi di un sistema dinamico”, relatore prof. Mauro Marzo, correlatore prof. MariaAntonia Barucco, 2015. Università Iuav di Venezia, Dipartimento di Culture del progetto. Immagine tratta dalla tesi di Nicola Fortunati. 05 - Esercitazione per l’atelier di laurea, “Dolcemente viaggiare. Identità ritrovate attraverso turismi”, seminario “Luoghi del turismo” prof. Mauro Marzo, a.a. 2013/2014. Università Iuav di Venezia, Dipartimento di Culture del progetto. Immagini di Matteo Corbellini e Alessandra Pelizzari. 06 - Dimitris Pikionis, Il sentiero dell’Acropoli con il Partenone sullo sfondo, veduta attuale. Immagine di Alberto Ferlenga (particolare). BIBLIOGRAFIA - Augé M., “Disneyland e altri non luoghi”, Bollati Boringhieri, Torino, 1999. - Coccia L. (a cura di), “Architettura e Turismo”, FrancoAngeli, Milano, 2012. - Perugini A., “Turismo”, in Biraghi M., Ferlenga A. (a cura di), “Architettura del Novecento. Teorie, scuole, eventi”, vol. I, Giulio Einaudi Editore, Torino 2013, pp. 902-907. - Trillo C., “Territori del turismo tra utopia e atopia”, Alinea, Firenze, 2003. - Urry J., “Lo sguardo del turista. Il tempo libero e il viaggio nelle società contemporanee”, Seam, Roma, 1995.
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Architettura e turismo nella Venezia contemporanea Progetti didattici nelle aree di Cannaregio e Dorsoduro ovest
Celeste Da Boit e Giada Saviane sono architetti e collaboratrici alla didattica presso il Dipartimento di Culture del progetto, Università Iuav di Venezia. e-mail: celestedaboit@gmail.com e-mail: giada.saviane@mail.com
Cannaregio and Dorsoduro’s western limits are linked to an obsolete industrial past, while nowadays they are the location of Venice universities. Although during the last years a series of requalification actions took place, there are still many unsolved problems about accessibility, walkability and congestion, due to a contemporary presence of different typologies of city users (tourists, residents, students). Two international didactic initiatives, organized by Iuav University of Venice – an Erasmus Intensive Programme and a workshop planned by “Heritage Tourism Landscapes” network – have concentrated their attention on these two areas of the city and on their public spaces. The article will illustrate the objectives and contents of these two experiences and some project results that have been achieved.
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di Celeste Da Boit e Giada Saviane
uoghi un tempo considerati del tutto periferici rispetto al cuore della città accolgono oggi le principali porte d’accesso a Venezia. La stazione ferroviaria, la stazione marittima e il terminal automobilistico di piazzale Roma, a sua volta connesso dal people mover al Tronchetto, sorgono ai margini dei sestieri di Cannaregio, di Dorsoduro e di S. Croce. È da tali aree urbane che i flussi pedonali dei city user, dei lavoratori pendolari, degli studenti universitari, sommati a quelli sempre più incontenibili dei turisti, convergono verso i principali punti attrattivi della città, creando problemi di accessibilità, percorribilità e congestione. Su queste aree periferiche, oggetto delle maggiori trasformazioni urbane nel corso dell’Ottocento e del Novecento, si è focalizzato l’interesse di due iniziative didattiche internazionali promosse dall’Università Iuav di Venezia: un Erasmus Intensive Programme1 e un workshop della rete Heritage Tourism Landscapes 2. Scopo di questo articolo è illustrare brevemente contenuti, obiettivi ed esiti di queste due iniziative. Gli spazi analizzati si trovano ai limiti ovest di Cannaregio e Dorsoduro e sono stati individuati, tra le molte aree disponibili in città, in collaborazione con l’ufficio Settore Urbanistica Centro Storico e Isole del Comune di Venezia3. Questi luoghi, collocati sul perimetro della città, osservano da vicino i grandi arrivi turistici: entrambi adiacenti alle principali infrastrutture viabilistiche, sono punti trascurati, nonostante le grandi potenzialità spaziali e funzionali che la loro posizione può offrire. Le aree di progetto, seppur diverse per caratteristiche, fruizioni e usi, sono state oggetto di riqualificazioni parziali e frammentate e non presentano spazi adeguati per poter accogliere e gestire i flussi turistici in arrivo. In particolare, i workshop si sono concentrati nelle aree dell’ex orto botanico, degli ex mulini Passuello e della vecchia piscina pubblica sul rio della Scomenzera, tutte superfici inutilizzate in prossimità della stazione ferroviaria S. Lucia nel sestiere di Cannaregio. A Dorsoduro, invece, l’attenzione si è concentrata sul vuoto urbano dell’ex magazzino
1 - Ex area magazzini frigoriferi, vuota 2 - Spazi esterni ex magazzini frigoriferi 3 - Terminal stazione marittima 4 - Imbarcadero Actv 5 - Università Iuav, ex cotonificio 6 - Università Ca' Foscari 7 - Linea tram in progetto - non realizzata
frigorifero, sullo spazio aperto di S. Basilio prospicente i Magazzini e sul terminal della stazione marittima. In questo punto, oltre all’afflusso crocieristico, fino ai primi mesi del 2015 era prevista la realizzazione di una linea terminale di tram, mezzo di trasporto che avrebbe deviato, almeno in parte, l’afflusso turistico proveniente dalla terraferma da piazzale Roma verso zone meno battute dal turismo di massa. Il primo workshop si è concentrato sulle problematicità legate alla congestione dei flussi: la difficile percorribilità di Strada Nova, causata dalla massiccia presenza turistica, potrebbe essere in parte migliorata dalla creazione di nuove direttrici di transito, riordinando e suddividendo i flussi. La riapertura di aree prima abbandonate e la realizzazione di punti di contatto tra le insulae permetterebbe la formazione di nuove vie di connessione tra la stazione e l’area dell’ex macello, oggi trasformata in università. In fase progettuale, molta attenzione è stata posta alla percorribilità del passaggio pedonale lungo il binario n. 1, percorso che, costeggiando i binari e superando il rio della Crea grazie al progetto del “Ponte delle Vacche”, creerebbe un accesso assai rapido e agevole all’area universitaria.
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affrontare il turismo come un fenomeno da guidare e governare nella città contemporanea
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1 - Ex orto botanico, silurificio 2 - Ex area mulini Passuello, cartiere Oscar 3 - Ex piscina pubblica 4 - Ex magazzino ferroviario 5 - Stazione Venezia s. Lucia 6 - Università Ca’ Foscari 7 - Ponte della vacche 8 - Binario 1
La seconda esperienza progettuale ha analizzato la problematica dell’accoglienza turistica: considerata la brevità della permanenza della maggior parte dei turisti in città, è oggi necessario un luogo di coordinamento e gestione del flusso turistico da associare a un “museo della città”, un edificio pensato per illustrare ai visitatori la storia e l’ambiente urbano e lagunare. All’interno di un unico edificio troverebbero spazio il racconto della storia della città e della sua laguna, esibizioni temporanee e presentazioni degli eventi culturali in corso a Venezia (concerti, mostre, happening, ecc.). I risultati dei due workshop, seppur frutto di poche settimane di lavoro, hanno offerto interessanti ipotesi di valorizzazione per due aree che meriterebbero una pianificazione urbana complessiva capace di risolvere la disomogeneità funzionale e la frammentarietà viabilistica di questi vasti spazi e capace di affrontare il turismo come un fenomeno da guidare e governare nella città contemporanea. ♦
i flussi pedonali dei city user sommati a quelli sempre più incontenibili dei turisti convergono verso i principali punti attrattivi della città
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NOTE 1 - L’Erasmus Intensive Programme “Cities of Art and Tourism” è stato organizzato dall’Università Iuav di Venezia e coordinato dal prof. Mauro Marzo. Hanno partecipato: École Nationale Supérieure d’Architecture - Université de Strasbourg, Escuela Técnica Superior de Arquitectura - Universidad Politécnica de Madrid, Faculté d’Architecture - Université de Liège, Università degli Studi di Parma - Dipartimento Ingegneria Civile, dell’Ambiente, del Territorio e Architettura e Università Iuav di Venezia. Date del workshop: 22.07 - 05.08.2014. 2 - Heritage Tourism Landscapes è una rete di Università formata da diverse scuole di architettura internazionali. Al workshop Designing Heritage Tourism Landscapes - Venezia, coordinato dal prof. Mauro Marzo e dal prof. Joao Rocha, hanno partecipato: Università degli Studi di Catania – Scuola di Architettura Siracusa, Università degli Studi di Napoli Federico II, Universidade de Évora escola de artes, École nationale supérieure d’architecture Paris-Malaquais, Università degli Studi di Parma - Dipartimento Ingegneria Civile, dell’Ambiente, Universidad Nacional de Rosario, Universidad de Sevilla e Università Iuav di Venezia. Date del workshop: 18.09 – 25.09.2015. 3 - In particolare hanno partecipato attivamente ai workshop l’arch. Vincenzo de Nitto, dott. urb. Giorgio De Vettor, dott. Omar Tommasi, dott.ssa Claudia Visser.
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IMMAGINI 01- Superfici di progetto nel sestiere di Dorsoduro: l’area vuota dell’ex magazzino frigorifero (1), il grande vuoto urbano di S. Basilio prospicente i magazzini (2) e il terminal della stazione marittima (3). 02 - Vista di progetto dal campo di S. Nicolò dei Mendicoli. Esempio di progetto di “museo della città”: il suo linguaggio architettonico è massivo e introverso, quasi a voler negare il dialogo con l’intorno urbano. L’impianto planimetrico riprende, invece, la tipica successione veneziana di calli, campi e campielli. Immagine di C. Ascione, G. Carfora, E. Panzarini, S. Rizzuti Gonzalez, A. Scidà, G. Vuillemin. 03 - Le aree di progetto nel sestiere di Cannaregio in prossimità della stazione ferroviaria S. Lucia, in particolare l’ex orto botanico (1), l’ex area mulini Passuello (2), la vecchia piscina pubblica sul rio della Scomenzera (3). 04 - Nella rappresentazione assonometrica l’idea di progetto si aggiunge agli edifici esistenti della stazione e dell’area dell’ex orto botanico: un ponte sopra i binari si combina con un sistema diffuso di rampe e passerelle che arricchisce l’area est della stazione. Una serie di ponti su rio della Crea permettono un attraversamento puntuale e ripetuto. Immagine di B. Valentin Bignucolo, P. del Canto Baquera, N. Conte, M. Lazzari, S. Palau Montaba. BIBLIOGRAFIA - Caniato G., Dalla Venezia R., “Il macello di San Giobbe. Un’industria. Un territorio”, Marsilio, Venezia, 2007. - Comune di Venezia, “Programma integrato di riqualificazione urbanistica, area ex orto botanico”, Venezia, 2003. - Comune di Venezia, “Piano particolareggiato 3, stazione s.Lucia”, Venezia, 2006. - Concina E., “Venezia nell’età moderna. Struttura e funzioni”, Marsilio, Venezia, 1989. - Concina E., “Storia dell’architettura di Venezia dal VII al XX secolo”, Electa, Milano, 1995. - Gregotti V., “Venezia città della nuova modernità”, Consorzio Venezia Nuova, Venezia, 1998. - Romanelli G., “Venezia Ottocento. L’architettura, l’urbanistica”, Albrizzi editore, Venezia, 1988. - Università Ca’ Foscari Venezia, “Residenza studentesca Campus universitario S.Giobbe”, Venezia, 2011.
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Architettura, turismo e imprenditorialità culturale Tra Asolo e Padova, lungo il Muson
Viola Bertini è assegnista di ricerca presso l’Università Iuav di Venezia, Dipartimento di Culture del progetto. e-mail: vbertini@iuav.it
The paper presents parts of a research fellowship supported by the European Social Fund 20072013. The research mainly concentrates on the possible contribute given by architecture to local development in tourism and cultural industries. The article is focused on a pedestrian path that connects Asolo to Padua. This case study is seen as an opportunity to rethink the ways places are used, encouraging the development of tourism forms related to the idea of walking in the landscape and to the enhancement of tangible and intangible elements, that are identity markers. With this intent a range of design scenarios are experienced along the path. Each of these scenarios is related to the specific context and, at the same time, is considered as a part of a single system: a physical and conceptual axis that has the power to connect different environments, stories of faith and craft traditions, fragments of agricultural landscape, parts of urban sprawl and industrial skeletons.
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di Viola Bertini
i piedi dei colli asolani, dove le increspature del suolo incontrano il piano, due torrenti si uniscono, dando vita al Muson. Il fiume, che fu linea di demarcazione tra l’area centuriata di Asolo e quella di Bassano-Cittadella, poi confine della Marca Trevigiana e via commerciale, attraversa l’alta pianura asciutta e quella umida delle risorgive, sfociando alla periferia di Padova. Lungo i suoi argini è, in parte esistente e in parte in fase di realizzazione, un percorso ciclopedonale, il cui itinerario si compone di due tratti: il primo, tra Asolo e Castelfranco Veneto, prende il nome di Sentiero degli Ezzelini; il secondo, tra Castelfranco e Padova, è chiamato Ciclopedonale del Muson e coincide, per ampia parte, con il percorso devozionale dell’Ultimo Cammino di Sant’Antonio. L’itinerario è stato scelto come caso studio1 per ragionare, in termini generali, sul possibile contributo offerto dall’architettura allo sviluppo locale, nell’ambito del turismo e dell’imprenditorialità culturale. In particolare, il percorso ciclopedonale che collega Asolo a Padova ha rappresentato l’occasione per sperimentare una serie di scenari progettuali, indirizzati ad accrescere la capacità attrattiva del territorio e a incentivare la nascita di attività legate alla cultura e alla creatività, che, sul turismo, hanno una ricaduta più ampia2. Ad oggi, il Sentiero degli Ezzelini e la Ciclopedonale del Muson sono principalmente utilizzati dalla popolazione locale per le pratiche del tempo libero. Tuttavia, è possibile immaginare che, se opportunamente valorizzati, i due percorsi possano diventare uno strumento di promozione del territorio. Un territorio in parte compromesso dalla diffusione insediativa, nel quale è però spesso sufficiente allontanarsi, anche di pochi metri, dagli assi viari sui quali si è strutturata la città dell’ultimo cinquantennio, per sperimentare contesti differenti, in cui i segni di una precisa identità culturale diventano nuovamente riconoscibili. L’orditura dei campi strutturata sulle maglie della centuriazione romana, i parchi e le ville, le pievi e i borghi fortificati di età medievale, le prime archeologie industriali, quando liberi dalla
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pressione dell’edificato, conservano ancora ed esplicitano il proprio ruolo rispetto al luogo. Così, lasciato alle spalle il reticolo stradale, è ancora possibile rintracciare il multiforme lessico paesaggistico del Veneto, il cui attraversamento, a piedi o in bicicletta, assume il valore di una possibile forma di conoscenza. La lentezza supporta la chiarezza della comprensione: percorrendo la complessità dei sistemi, la percezione del reale diventa coscienza delle cose. In questi termini, l’itinerario si configura come un’opportunità per ripensare alle modalità di fruizione dei luoghi, favorendo lo sviluppo di forme di turismo alternative a quelle tradizionali, connesse all’attraversamento dei paesaggi e alla valorizzazione degli elementi, materiali e immateriali, che sono marcatori di identità. Se, da una parte, il percorso si lega al tema del cicloturismo, un settore che in Europa conta ogni anno circa 2,3 miliardi di viaggi3, dall’altra, la sua valorizzazione potrebbe attrarre parte dei flussi turistici concentrati nelle città d’arte limitrofe, in particolare Padova. L’analisi del numero di arrivi e presenze nei principali centri dislocati lungo l’itinerario propone infatti un quadro in cui il turismo è perlopiù limitato alla dimensione della visita giornaliera, laddove, nel caso di pernottamenti, si riscontra l’assenza di un’effettiva distribuzione dei flussi nel territorio4. In questo contesto, infine, la coincidenza del tratto compreso tra Castelfranco Veneto e Padova con il percorso di fede dell’Ultimo Cammino di Sant’Antonio rap-
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presenta una significativa risorsa. L’Ultimo Cammino è infatti un frammento di un percorso di devozione molto più ampio, riconosciuto a livello europeo e Padova, grazie alla presenza della Basilica del Santo, è la sesta città italiana visitata per ragioni di fede5. Nel complesso si delinea un quadro di opportunità piuttosto articolato, rispetto al quale l’itinerario potrebbe funzionare come elemento di raccordo, sfruttando le potenzialità insite nel turismo religioso e in quello delle città d’arte, rispondendo alle esigenze del turista che viaggia a piedi o in bicicletta e, più in generale, mettendo a sistema il patrimonio architettonico, naturalistico e storico-artistico diffuso nel territorio. Una messa a sistema operata, anche, attraverso azioni di riuso di manufatti e paesaggi.
lasciato alle spalle il reticolo stradale, è ancora possibile rintracciare il multiforme lessico paesaggistico del Veneto
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A tal fine, la ricerca ha individuato, nel tratto di itinerario compreso tra Asolo e Castelfranco, una serie di aree di applicazione progettuale, dove ipotizzare interventi di riqualificazione dello spazio pubblico e di alcuni edifici dismessi. “In una diversa concezione del turismo la meta finale perde di significato e a essa si sostituiscono le tappe, punti di stazione che contribuiscono a mettere in luce la varietà dei luoghi lungo l’attraversamento del territorio” (Coccia, 2012). L’itinerario è quindi articolato in una sequenza cadenzata di scenari: edifici esistenti ripensati per un uso legato al turismo, alla cultura e alla creatività e spazi pubblici, per turisti e abitanti, in cui il disegno dell’arredo urbano è stato sviluppato in collaborazione con Metalco, partner aziendale della ricerca. Ciascun scenario è pensato per rispondere al contesto specifico, pur assecondando una prospettiva inclusiva, che guarda al percorso come a un sistema unitario. Un asse fisico e concettuale, capace di tenere insieme ambiti differenti, vicende di fede e tradizioni artigianali, lacerti di paesaggio agrario, frammenti di città diffusa e scheletri industriali. Un contesto dove il riconoscimento delle identità locali diventa lo strumento attraverso il quale immaginare la valorizzazione di un territorio in cui “il bene culturale più prezioso è il contesto” stesso (Settis, 2007). ♦
l’itinerario si configura come un’opportunità per ripensare alle modalità di fruizioni dei luoghi, favorendo lo sviluppo di forme di turismo alternative
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NOTE 1 - “Imprenditorialità culturale e creativa come fattore di sviluppo locale. Architettura, imprenditorialità culturale e turismo. Nuovi scenari per la valorizzazione dei beni architettonici e paesaggistici del territorio compreso tra la Postumia e la Pedemontana Veneta”, ricerca finanziata dal Fondo Sociale Europeo nel Veneto 2007-2013. Assegno di ricerca interateneo, Università capofila Ca’ Foscari, Dipartimento di Management. Università partner Iuav di Venezia, Dipartimento di Culture del progetto. Assegnista di ricerca Viola Bertini, responsabile della ricerca Mauro Marzo. Partner aziendale Metalco, partner di rete Consorzio Terre di Giorgione. 2 - Le industrie culturali e creative, come definite dall’Unione Europea, oltre ad includere i beni tradizionalmente legati alle arti, comprendo anche settori quali l’enogastronomia, l’artigianato e il design che, poiché strettamente legati alla storia e ai saperi del territorio, possono aumentarne la capacità attrattiva, attivando forme di turismo che trovano nell’identità dei luoghi la loro principale ragione d’interesse. 3 - I dati sono tratti dal report “The European Cycle Route Network EuroVelo”, Parlamento Europeo, General Directorate for Internal Policy Department B: Structural and Cohesion Policies, Transport and Tourism, Bruxelles 2012. 4 - Si fa riferimento ai dati ISTAT sul turismo per l’anno 2013. 5 - Si veda in proposito “Tutti i numeri del turismo religioso: chi sono e come spendono i pellegrini”, ISNART, novembre 2012.
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IMMAGINI Immagini di Viola Bertini. 01 - L’area che si estende da Asolo al mare, attraversata dall’itinerario. 02 - Scenario 1: la stazione di Castelfranco Veneto. Essa rappresenta il primo caso studio, che rispetto al Sentiero degli Ezzelini, funziona come porta di accesso. Da una parte, si ipotizza di reimpiegare alcuni dei locali attualmente sfitti della stazione ferroviaria per collocare un ufficio di informazione turistica, al quale si aggiunge, all’esterno dell’edificio, un piccolo padiglione – Padiglione della Castellana – pensato per illustrare le risorse del territorio. Dall’altra, si ipotizza di fare di questo luogo un punto di interscambio ferro-bicicletta e gommabicicletta, predisponendo degli spazi di bikesharing, servizio, ad oggi, assente. 03 - Scenario 1: Padiglione della Castellana, tra i binari e la città. Posto nella frattura esistente tra il corpo principale della stazione ferroviaria e il corpo secondario, funziona come punto di passaggio tra i binari e la città. Una lama metallica definisce uno spazio che è in parte coperto e in parte scoperto: un piccolo giardino per la sosta e uno spazio espositivo del patrimonio turistico del territorio della Castellana. 04 - Scenario 2: Villa Ca’ Falier. Un complesso settecentesco di proprietà pubblica, posto a sud di Asolo e della Schiavonesca Marosticana. La proposta progettuale prevede diversi interventi al fine di rendere la villa uno spazio per eventi e di creare un parco pubblico in prossimità del percorso ciclopedonale. 05 - Scenario 3: Antico Mulino al Casonetto. Un antico mulino dismesso in località Casonetto d’Asolo, esempio di archeologia industriale situato nel punto in cui i due torrenti si incontrano e nasce il Muson. Pertanto l’area ha un ruolo significativo rispetto all’itinerario, essendo anche il luogo nel quale ha inizio, o si conclude, il Sentiero. Nel PRG del Comune di Asolo è prevista, per il manufatto, la conversione ad attrezzatura turistica. La proposta progettuale asseconda, in parte, tali disposizioni. Si ipotizza infatti la creazione di una struttura ricettiva, con spazi dedicati alla ristorazione e alla promozione territoriale, la riqualificazione della corte del mulino e l’inserimento di una serie di servizi, tra i quali un servizio di bikesharing e la costruzione di un parcheggio. 06 - Tra Asolo e Padova, lungo il Muson. BIBLIOGRAFIA - Coccia L. (a cura di), “Architettura e turismo”, FrancoAngeli, Milano, 2012. - Commissione Europea, “Libro Verde. Le industrie culturali e creative, un potenziale da sfruttare”, 2010. - Giulini P., “Le trasformazioni del paesaggio veneto”, in Baldan Zenoni Politeo G. (a cura di), “Paesaggio e paesaggi veneti”, Guerini e Associati, Milano, 1999, pp. 129-144. - Magnani C., Lancerini E., “Il paesaggio fuori (dagli esercizi di parole)”, in “Iuav giornale dell’università”, 2014, n. 139, p. 10. - Settis S., “Italia Spa”, Electa, Milano, 2007.
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Sweet Mountains: la primavera delle Alpi
Maurizio Dematteis è direttore responsabile rivista Dilsivelli.eu. e-mail: maurizio.dematteis@dislivelli.eu
Sweet Mountains is a network that promotes places in the Alps who believes in a real mountain environment. The initiative supports the idea of a tourist which is a guest rather than a master, and of a mountain person which can be also a guest, a guide and a friend. Compared to these assumptions the article is a collection of best practices that have adhered to these ideas, and which are located in Valle d’Aosta and Piemonte regions. The experiences presented are located in different places and above all they are looking for a difference in the form of alpine scenery around them, often characterized by the dominance of activities which have forced and altered the territorial development. Sweet Mountains and its network remembers that the Alpine tourism has a great future: sustainable and responsible.
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di Maurizio Dematteis
asce una rete che promuove i Luoghi dell’arco alpino che credono in una montagna ancora vestita da montagna, in un turista ospite ma non padrone, in un montanaro padrone di casa ma anche ospite, guida, amico. Perché il turismo alpino ha un grande futuro: sostenibile e responsabile. La Valle Varaita, in Piemonte occidentale, provincia di Cuneo, è una strana valle. Con bellezze naturali uniche come il Monviso, il bosco di pino cembro più grande d’Italia dell’Alevè o il valico del Colle dell’Agnello verso il Queyras, mitica meta degli amanti della bicicletta. Splendidi santuari, chiese e affreschi religiosi, meridiane, manifestazioni culturali occitane e tanto, veramente tanto altro. Eppure questi suoi tesori li ha sempre “custoditi gelosamente”, quasi nascondendoli. Oggi però qualcosa, in Val Varaita, sta cambiando. Perché a partire dalla primavera del 2013 è nata l’associazione Valle Varaita Trekking. Un fenomeno cominciato dal basso, con 70 soci tra albergatori, ristoratori, esercenti vari, ma anche guide escursionistiche e aziende agricole, che si sono sedute attorno a un tavolo per disegnare un trekking che potesse svelare ai potenziali escursionisti tutti i tesori della valle. “È la prima volta che si riesce a creare un movimento condiviso”, spiega Daniele Orusa della Porta di Valle di Brossasco, la centrale operativa della neonata associazione. Il trekking diventa il fil rouge attorno al quale ricreare socialità e progetti condivisi. Quello che sta avvenendo in Valle Varaita non è un esempio isolato, ma un fenomeno diffuso un po’ ovunque, a macchia di leopardo, in quelle valli fino ad oggi considerate “minori”. Come in Valpelline, la più grande ed estesa di tutta la valle d’Aosta, che si stacca dalla Valle del Gran San Bernardo all’altezza di Gignod, per salire fino al Col Collon che la separa dal Vallese, dove è nata l’associazione locale Naturavalp. “In questa vallata siamo ben consci di aver vissuto anni difficili, svantaggiati dal fatto di non aver avuto impianti di risalita” - spiega Daniele Pieiller, nativo, direttore
di pista “pentito” presso gli impianti di risalita dell’adiacente e molto più blasonata Valtournenche, e attuale presidente dell’associazione - “questo svantaggio oggi lo vogliamo trasformare in un vantaggio. Perché il fatto di ritrovarci con piccole strutture ricettive a conduzione familiare, avere un numero rilevante di aziende agricole che lavorano ancora la terra e mantengono integro il nostro territorio, oggi è una ricchezza appetibile per una serie di turisti”. I fondatori di Naturavalp sono partiti in cinque. Oggi oltre il 90% delle strutture ricettive della valle aderisce all’associazione. Poco lontano c’è Fontainemore, in valle del Lys, un comune che fino a pochi anni fa veniva attraversato da migliaia di turisti diretti alla più conosciuta Gressoney. Poi anche qui si sono organizzati, realtà pubbliche e private, per creare una rete di offerte che valorizzasse le ricchezze del territorio. Il centro visite della riserva naturale del Mont Mars, in centro al paese, rimanda alla locanda Cumarial, a 1.500 metri, vera e propria porta di ingresso della riserva naturale, con una rete sentieristica di tutto rispetto e, in inverno, piste di sci di fondo, sci escursionistico e tracce per ciaspole. E se qualcuno non vuole rientrare in giornata, c’è il vicino agriturismo Le Soleil, con stanze accoglienti, buona cucina e prodotti a chilometro zero, realizzati da realtà come la locale azienda agricola Paysage à manger, che da alcuni anni lavora per riportare sul territorio varietà antiche e pregiate di patate, ortaggi alpini e cereali. Ma torniamo in Provincia di Cuneo, in Valle Maira, a Marmora: 35 anime per 17 borgate, 4 strutture ricettive, 2 B&B, 1 campeggio e il primo ClimaHotel del Nord-Ovest. Si chiama Lou Pitavin ed è gesti-
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il progetto Sweet Mountains è nato per dare dignità al nuovo mattino del turismo montano
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lo sci da discesa, fino a qualche anno fa core business del turismo di montagna, è oggi palesemente in crisi
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to da Marco Andreis e Valeria Ariaudo. Efficienza energetica, arredi e rivestimenti interni privi di formaldeide, serramenti termo trattati, intonaci in terra cruda, un sistema di ventilazione meccanica controllata che garantisce un ricambio continuo dell’aria senza dispersione di calore e prodotti del territorio. Un grosso investimento ripagato dai numeri della locanda, che nonostante il periodo di crisi economica, anche in stagioni meteorologicamente sfortunate permettono alla coppia di chiudere il bilancio in positivo, grazie anche ai numerosi clienti d’oltre Brennero abituati a efficienza e cortesia. Una crisi globale che non ha certo risparmiato il turismo montano: anche se mancano dati precisi, si moltiplicano le testimonianze di crisi del settore. Ma a fronte di questo, secondo la Market Research Company NPD Group (che ha condotto una ricerca su oltre 500.000 consumatori in 8 paesi nel 2013) il consumo dei prodotti outdoor in Europa è in crescita per un mercato che vale oggi sui 16,3 miliardi. Parallelamente, segnala sempre NPD Group e sempre nello stesso anno, si registra un calo nel segmento “snowsport” europeo, soprattutto in Germania, Italia e Spagna. Possiamo quindi dire che qualcosa sta cambiando? Secondo queste realtà sì. Lo sci da discesa, fino a qualche anno fa core business del turismo di montagna, è oggi palesemente in crisi. E proprio un turismo responsabile, attento alle realtà locali, oggi, potrebbe correre in suo aiuto. Valorizzando il nuovo turismo esperienziale in ascesa. È per questo che i Luoghi raccontati, insieme a oltre un centinaio di altre realtà tra alberghi, rifugi e B&B si sono riuniti in Sweet Mountains ≥: una rete, un progetto di turismo responsabile condiviso che va dalle Alpi Liguri a quelle Piemontesi passando per le Valdostane. Nato per dare dignità a questo “nuovo mattino” del turismo montano, oggi l’unica forma di turismo sulle Alpi capace di futuro. ♦
IMMAGINI 01 - Il Lago di Place Moulin in Valpelline. Archivio Naturavalp. 02 - Il rifugio Meira Paula in Val Varaita. Archivio Segnavia Porta di Valle. 03 - Il rifugio Selleries in Val Chisone. Foto di Federico Galetto. 04 - La locanda Lou Pitavin in Val Maira. Archivio Pitavin. 05 - Percorsi per la MTB. Archivio Foresteria Massello. LINK UTILI www.sweetmountains.it ≼
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Case degli Alberi La prima normativa per realizzarle è trentina
Nicola Chiavarelli è architetto in MQaa STUDIO&P a Fiera di Primiero (Comune di Primiero San Martino di Castrozza, Trento). e-mail: mq8@mqaa.it
The Autonomous Province of Trento, on the threshold of the new year, issued - after much deliberation - the first specific regulation for the construction of the tree houses. This exclusive remedy and the first ever in the Italian national scene establishes the possibility and usually the method by which from now on, you can create in the Dolomites the TreeHouse. A specific reflection, potentially an impediment of the Law, was originated in the debate with the Forestry particularly concerned about the health of the forest and the preservation of plants. For this reason, the adaption of the Regulation to the solutions used by Andreas Wennin was successful. He is the most eccentric and creative TreeHouse German Designer, whose example is today taken also by the Trentino Alto Adige standards: the tree houses will have to have their own autonomous structural capacity, independent from the trees.
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di Nicola Chiavarelli
a Provincia Autonoma di Trento alle soglie del nuovo anno ha emanato - dopo lunga riflessione - il primo regolamento specifico per la costruzione delle case sugli alberi; questo provvedimento unico e primo in assoluto nel panorama nazionale italiano sancisce la possibilità e norma il metodo con il quale sarà possibile d’ora in poi realizzare sul territorio dolomitico le TreeHouse. Sull’onda lunga delle riflessioni innescate dalla coscienza ecologista degli anni settanta, in sinergia con la necessità di mantenere attiva l’attenzione a nuove iniziative legate alle nuove frontiere dell’eco-turismo, conscia del ruolo economico che il turismo induce alla ricchezza di questo tassello delle Alpi, la prima legge per le Case sugli Alberi è maturata in un territorio italiano che a livello nazionale vanta una notevole tradizione di cura del paesaggio. Innescata nel 2013 da alcune iniziative, tra le quali il 1° Convegno nazionale sulle Case degli Alberi, organizzato dal Comune di Sagron Mis ai piedi delle Pale di San Martino, patrimonio UNESCO, in ventiquattro mesi quello che era un “limbo legislativo”, dopo averne approvata l’intenzione e imbastito il regolamento, è stata approvata la legge che - annessa al corpo legislativo del servizio turismo - concede oggi di realizzare gli alloggi sopraelevati. Attraverso lo strumento amministrativo della conferenza di servizi è stato possibile coinvolgere e affrontare con i relativi responsabili ogni potenzialità connessa alla realizzazione della Casa sugli Alberi, per quanto riguarda i seguenti enti: Foreste, Demanio, Agricoltura, Urbanistica, Igiene Pubblica, Antincendio, Barriere Architettoniche e Servizio Turismo della Provincia Autonoma. Risultato: la priorità di tutelare il paesaggio evitando la proliferazione indiscriminata di manufatti “aerei” - coscienza diffusamente trasferita alle norme di azione sul territorio - ha inteso ridurre la possibilità di esecuzione di questi manufatti quali pertinenze di attività a destinazione ricettiva, escludendo che il privato possa farsi la propria. Solo alberghi, ostelli, pensioni, rifugi e campeggi ora possono qualificare la
propria forma di ospitalità con case sospese tra i rami. Una specifica riflessione, potenzialmente ostativa della legge, era scaturita nel dibattito con il Servizio Foreste particolarmente preoccupato della salubrità del bosco e della salvaguardia delle piante, soggetto/attore principale; per questo è risultato vincente adeguare il regolamento alle soluzioni utilizzate, ad esempio, da Andreas Wenning di Brema il più eccentrico e creativo progettista di TreeHouse tedesco al cui esempio si rifà oggi anche la norma trentina: le case sugli alberi dovranno avere una propria autonoma capacità strutturale indipendente dagli alberi. Casa “degli” più che “sugli” alberi, vien da pensare. In questo modo potranno essere collaudate strutturalmente e verranno costruite previa regolare concessione edilizia cui farà seguito il collaudo, l’accatastamento e l’agibilità.
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in Trentino la nuova frontiera nazionale per l’ospitalità glamping
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Realizzabili solo in contesti boscati d’alto fusto, ad almeno due metri e mezzo da terra senza limiti più su, dovranno essere allacciate alle reti impiantistiche di acqua, fognatura e luce. Non dovranno superare i 30 metri quadrati coperti con una percentuale limite per lo scoperto; dovranno essere raggiungibili da scale e percorsi comodi. Il riferimento è alla vigente normativa di settore per gli alloggi turistici per quanto riguarda le superfici minime delle stanze matrimoniali e delle camere singole; dovranno essere dotate di un bagno e non potranno avere l’angolo cottura. Vincolo e premessa fondamentale per la loro realizzazione: l’ospitalità per la prima colazione presso la struttura madre che non dovrà essere a una distanza superiore di 200 metri lineari dalla stessa TreeHouse. Plauso per il divieto tassativo dell’utilizzo di simil legno nei materiali da costruzione, mentre viene lasciata massima discrezionalità alla tipolo-
il primo Regolamento a livello nazionale permetterà di realizzare le Case sugli Alberi come ospitalità integrativa al tradizionale
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gia del manufatto e questo, certamente, potrà fare la differenza sull’imprinting visivo delle case sugli alberi che, sin dalla prossima stagione, certamente verranno a implementare il bagaglio ospitale dolomitico. Ad oggi nel panorama nazionale questa normativa trentina appare assai lungimirante, ancorché conscia di avvallare nuove frontiere aprendo all’ospitalità glamping la possibilità di indirizzare l’offerta a un turismo di nicchia per un soggiorno di qualità. A Sagron Mis, nel Trentino orientale, sta nascendo la prima proposta di ospitalità tra i rami, grazie alla sinergia tra l’amministrazione comunale, il gestore del primo hotel pubblico Baita e gli architetti di MQaaSTUDIO & P di Primiero San Martino di Castrozza, pionieri del progetto didattico Architettura Arte Natura. Coorganizzatori del citato 1°Convegno nazionale sul tema, da anni gli architetti (Nicola Chiavarelli e Pietro Pitteri) coinvolgono con workshop e hiking didattici studenti dalle primarie alle superiori sui temi delle costruzioni minime sostenibili e sulla cultura di salvaguardia, integrando i valori delle costruzioni naturali con la semantica dei paesaggi alpini per favorire la crescita cosciente della bellezza, premessa per fare “buona architettura”. Un loro osservatorio, la THO, è installato tra i rami di un faggio a Fiera di Primiero. La TH46, una suite estiva con bagno e cucinotto, è stata ospite ad Abitare il Tempo di Verona. Per un Educational della Rai hanno realizzato la TH23 presso Arte Sella, l’esposizione internazionale di LandArt e ora si apprestano a realizzare le prime THMIS, a Sagron: tre suite bioecologiche immerse in un bosco di abeti, ai piedi del Piz di Sagron cuore del Gruppo 3 Dolomiti UNESCO, un luogo tutto da scoprire la prossima estate. ♦
IMMAGINI Immagini di MQaa STUDIO & P. 01 - THO il dialogo con l’albero – Trees Comunication. 02 - THO incontro con il paesaggio – Landscape Trip. 03 - TH46 la suite – the suite. 04 - TH46 punti di vista – point of view . LINK UTILI www.mqaa.it ≥
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Strumenti di architettura e turismo culturale Il caso della National Tourist Route in Norvegia
Laura Pujia è architetto e dottore di ricerca in Architettura, titolo conseguito presso l’Università Iuav di Venezia. È cultore della materia e collaboratore alla didattica presso il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi Roma Tre. e-mail: laura.pujia@gmail.com
The work investigates about the relationship between the architecture of the path and the territory, by prefiguring new design scenarios for the widespread and hidden cultural landscape. The research recognizes into the cultural route one of the planning tools through which it is possible to regain lost dialectics between value and context. One of the main phenomena, important for the enhancement of heritage is the cultural tourism which centers on the specificity of the project. In this context, The National Tourist Route in Norway provides for an exemplar case of management and realization of cultural paths on a large scale. This work is part of the international Ph.D. thesis – From perception to design. Architectural tools for cultural routes – discussed in July 2015 at Iuav University of Venice in Villard d’Honnecourt Ph.D.
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di Laura Pujia
l turismo culturale è uno dei fenomeni divenuto centrale per la valorizzazione del patrimonio - sia esso materiale o immateriale - e su cui il progetto di architettura incentra la sua specificità in rapporto all’identità dei luoghi. Il turismo, sempre crescente, è uno strumento strategico che impone le sue regole - economiche e di gestione dei flussi - sugli usi dei luoghi alterando la natura dei territori e condizionandone i processi di trasformazione. L’architettura, in questo contesto, si lega alla necessità di intervenire in tali processi salvaguardando le diverse identità che ogni luogo possiede e orientandone lo sviluppo verso modelli sostenibili che possano valorizzare, attraverso il progetto, le risorse “patrimoniali” di un territorio. L’Europa, com’è noto, è la prima destinazione turistica mondiale considerata unica nel suo genere e circa il 40% del turismo europeo è di tipo culturale, di conseguenza la politica adottata dalla Commissione Europea è stata quella di realizzare attorno al patrimonio una serie di attività per la promozione turistica transnazionale individuando temi specifici attraverso lo strumento degli “itinerari culturali”. Quest’ultimi sono strutture geografiche a diverse scale e rappresentano una strategia attuativa e progettuale in grado di tenere insieme regioni e paesi differenti e valorizzare un intero territorio. Gli itinerari culturali sono un modello sostenibile, etico e sociale, fondato su conoscenze, competenze e valori culturali locali permettendo di sperimentare nuove forme d’uso dei territori che rendano visibile l’identità dei luoghi e facciano comprendere gli aspetti caratterizzanti un dato paesaggio culturale. Queste premesse sono state oggetto di studio nella tesi, discussa lo scorso luglio presso l’Università Iuav di Venezia, dal titolo Dalla percezione al progetto. Strumenti di architettura per gli itinerari culturali, lavoro portato avanti nel III ciclo del programma di
Dottorato internazionale Villard d’Honnecourt sotto la guida del prof. Alberto Ferlenga. La tesi indaga questa recente categoria di valorizzazione culturale a grande scala che in poco tempo ha assunto un ruolo sempre più decisivo nel consolidare identità altrimenti perdute e nel ripristinare relazioni interrotte con la contemporaneità. Sono tante le identità che un luogo contiene e come scriveva M. Augé “[...] il mondo esiste ancora nella sua diversità. Ma questo ha poco a che vedere con il caleidoscopio illusorio del turismo. Forse uno dei nostri compiti più urgenti consiste nell’imparare di nuovo a viaggiare, eventualmente nelle nostre immediate vicinanze, per imparare di nuovo a vedere”1. L’itinerario è strettamente legato all’idea del viaggio e costituisce un momento di conoscenza di un paesaggio che viene compreso in un sistema di spazi che il progetto segnala guidando il fruitore a percorrere i luoghi. Chi viaggia non appartiene ad un determinata categoria sociale, può essere un turista, uno sportivo, un pellegrino, un ricercatore, un curioso, ecc., ovvero persone di differenti età, spinte da diversi e personali obiettivi. Questi parametri rendono pertanto varia sia la natura dei flussi turistici che le modalità di attraversamento dei territori.
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gli itinerari culturali sono un modello sostenibile, etico e sociale, fondato su conoscenze, competenze e valori culturali locali
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sperimentare nuove forme d’uso dei territori che rendano visibile l’identità dei luoghi e facciano comprendere gli aspetti caratterizzanti un dato paesaggio culturale
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In questo contesto, il caso della National Tourist Route in Norvegia è considerato esemplare per la gestione e realizzazione di percorsi culturali a grande scala in quanto affida al progetto di architettura il compito di comunicare i valori del territorio. Questo itinerario, molto noto a livello internazionale, è nato nel 1994 divenendo un’attrazione turistica sempre in crescita e vedrà il suo completamento nel 2023. Attualmente le rotte stradali riconosciute nell’itinerario nazionale sono 18 per un totale di circa 2.059 km e sono sotto la gestione pubblica dello Stato attraverso l’organo della NPR A - The Norwegian Public Roads Administration 2 . Questo ente è responsabile dello sviluppo dell’itinerario e ha istituito un Consiglio esterno, la Tourist Routes Section, che si occupa di controllare e mantenere alta la qualità degli interventi lungo il tracciato. Il caso risulta importante per le linee guida sviluppate e applicate nella realizzazione degli interventi e per la gestione dell’intera operazione. La sezione istituita ha al suo interno due consigli, quello di “Architettura” e quello di “Arte”, i cui membri sono architetti, paesaggisti, artisti che hanno il compito di garantire una qualità visiva del paesaggio garantita dai punti di vista scelti per la localizzazione degli interventi e da cui è possibile osservare il paesaggio nonché le aree di sosta disposte lungo la strada. Molto rilevante risulta essere il coordinamento dell’intera iniziativa sia a livello della comunicazione delle informazioni di
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dettagli di viaggio dei singoli tratti che per la divulgazione degli interventi di architettura e di arte lungo la stessa 3. Tra le 18 rotte stradali si è scelto di illustrare, attraverso alcune immagini, il secondo tratto più ampio tra tutti ovvero il percorso lungo l’arcipelago di Lofoten che si estende per una lunghezza di 230 km da Å a Raftsundet. Il territorio attraversato dall’itinerario è aspro così come lo è il clima artico; le alte maree provocano spesso un innalzamento del livello dell’acqua così le deviazioni lungo il percorso attraverso i punti di sosta diventano necessarie. Il tragitto interessato ha visto negli ultimi anni la realizzazione di diversi interventi attrattivi, tra questi si ricordano i tre interventi di sosta e punti di osservazione paesaggistica nelle località di Grunnfør, Gårdsvatn e Torvdalshalsen progettati dallo studio 70°N e il percorso con soste per picnic nei pressi di Austnesfjord ad opera dei paesaggisti Landskapsfabrikken. ♦
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l’itinerario è strettamente legato all’idea del viaggio e costituisce un momento di conoscenza di un paesaggio che viene compreso in un sistema di spazi
NOTE 1 - Augé M., “Disneyland e altri luoghi”, Bollati Boringhieri, Torino, 2009, p. 12. 2 - I dati riportati sono stati estratti dalla documentazione del Report annual 20142015, Road sections and lengths, in Annual report, Lillehammer, 2015, p. 19. 3 - www.nasjonaleturistveger.no ≥ IMMAGINI 01 - Tratto tra Moskenesøya e Flakstadøya. National Tourist Route, Lofoten, Sraumsnes. ©Foto: Jarle Wæhler / Statens vegvesen. 02 - Sosta per ciclisti. National Tourist Route, Lofoten, Grunnfør-Laukvik. Architetti: 70° N - Gisle Løkken. ©Foto: Steinar Skaar / Statens vegvesen. 03 - Bird-waching. National Tourist Route, Lofoten, Grundstand. Architetti: 70° N - Gisle Løkken. ©Foto: Jarle Wæhler / Statens vegvesen. 04 - Mappa della National Tourist Route, Norvegia. Immagine di Laura Pujia. 05 - Snodo di sosta. National Tourist Route, Lofoten, Torvdalshalsen. Architetti: 70° N - Gisle Løkken. ©Foto: Vegar Moen for Statens vegvesen. 06 - Percorso e soste per picnic. National Tourist Route, Lofoten, Austnesfjord. Paesaggisti: Landskapsfabrikken - Inge Dahlman. ©Foto: Jarle Wæhler / Statens vegvesen (particolare). BIBLIOGRAFIA - Abrecht B., Biraghi M., Ferlenga A. (a cura di), “L’architettura del mondo. Infrastrutture, mobilità, nuovi paesaggi”, Editrice Compositori, Bologna, 2012. - Appleyard D., Lynch K., Myer J. R., “The View from the Road”, MIT Press, Cambridge (Mass.), 1965; trad. it. in Nicolin P., Rocca A., “The View from the Road 19642003”, in “Lotus”, 2003, n. 7, pp. 6-21. - Augé M., “Disneyland e altri luoghi”, Bollati Boringhieri, Torino, 2009. - Giedion S., “Spazio Tempo Architettura”, Hoepli, Milano, 1984. - Lassus B., “Landscape Approach”, University of Pennsylvania Press, Philadelphia, 1998. LINK UTILI www.nasjonaleturistveger.no ≥ www.70n.no ≥ landskapsfabrikken.no ≥
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UFO #landingon: Milano in chiave Gameful City Un esperimento di promozione e comunicazione del patrimonio culturale attraverso la gamification
Andrea Canevazzi è laureato in Architettura, progettista e consulente sui temi della mobilità sostenibile e della riprogettazione degli spazi pubblici. È dottore di ricerca in Nuove tecnologie per la città il territorio e l’ambiente all’Università Iuav di Venezia. e-mail: andrea.canevazzi@gmail.com
The paper discusses gamification as a possible tool for the promotion and the valorisation of the cultural heritage. The discussion moves from an experimentation, the project UFO #landingon. It is a web-app designed to promote Milan cultural heritage using game mechanisms. The project and the first results allow to observe the value that this approach has in order to promote tourism, as well as to consider the topic within the wider perspective of the Gameful City, using the universal language of the game to achieve public benefits.
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di Andrea Canevazzi
a gamification può diventare lo strumento per garantire partecipazione, semplicità, chiarezza e divertimento nelle comunità locali e per promuovere comportamenti di sviluppo sociale e territoriale sostenibile. Per questo è nato il progetto UFO #landingon, ideato nell’ambito della mia tesi di dottorato sulla Gameful City1: è possibile perfezionare il concetto di Smart City grazie ad un maggiore coinvolgimento dei cittadini e allo sviluppo di una maggiore smart citinzenship. UFO #landingon è un progetto senza scopo di lucro, sviluppato su una piattaforma web/mobile gamificata (www.landingon.org ≥, on line da marzo 2014), e finalizzato a promuovere e diffondere la conoscenza del patrimonio artistico e culturale della città di Milano. Si tratta di uno spazio virtuale intuitivo, ispirato dall’intenzione di rendere la cultura un bene pubblico accessibile a tutti e pensato per rivolgersi non solo ai viaggiatori, italiani e stranieri, ma anche ai cittadini curiosi di riscoprire ciò che li circonda, con il proposito di incoraggiare un turismo reale, sostenibile e diffuso, incentivando uno sviluppo economico culturale, coltivando il senso civico degli abitanti e dei turisti. UFO #landingon ha preso avvio dal alcuni importanti obiettivi generali legati allo sviluppo turistico del territorio e del patrimonio artistico locale: -- mettere in rete il patrimonio culturale esistente; -- ampliare il pubblico di riferimento per i beni culturali; -- studiare nuovi canali comunicativi per l’arte; -- facilitare l’approccio ai contenuti culturali; -- creare valore aggiunto a un servizio educativo per ragazzi e adolescenti; -- coinvolgere il pubblico con meccanismi che esulino dalla visita specifica; -- creare quotidianità nel consumo di contenuti culturali; -- testare la gamification in un tema di interesse pubblico. Musei, opere d’arte, monumenti, edifici religiosi, storici e contemporanei, spazi pubblici e paesaggi urbani sono stati scelti, mappati
e raccolti in questa web-app di facile utilizzo, che si propone di valorizzare il territorio milanese nella sua interezza, includendo anche zone al di fuori dei circuiti turistici tradizionali, e di presentare contenuti selezionati tramite i quali divulgare conoscenze complesse, senza banalizzazioni. Più di cento opere sono state classificate attraverso una semplificazione e razionalizzazione di quanto elaborato dall’Istituto Centrale per il catalogo e la Documentazione ed è stato predisposto un sistema articolato. Il progetto prevede itinerari curatoriali, per categorie, per quartiere, per prossimità e la possibilità di creare un proprio itinerario di mete preferite da condividere con gli altri utenti. Il lavoro è stato finanziato dall’Associazione di Promozione Sociale Marte (Milano Arte) e da Regione Lombardia attraverso la Provincia di Milano ed è stato realizzato in collaborazione con numerose istituzioni culturali della città 2 . Gli obiettivi sono diventati caratteristiche delle dinamiche di gioco. Ogni opera è stata articolata in schede da esplorare e scoprire in un processo di competizione capace di utilizzare canali di comunicazione non convenzionali quali il gioco. La lettura dei contenuti si è arricchita della possibilità di rispondere a dei quiz, fare punti, crescere di livello, personalizzare con dei badge il proprio profilo personale, analizzare le proprie statistiche e di competere con i propri amici per dei premi digitali: tavole create ad hoc da famosi fumettisti o anche per premi reali quali biglietti di con-
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il progetto prevede itinerari curatoriali, per categorie, per quartiere, per prossimità
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certi allo Stadio San Siro di Milano. La visita culturale è diventata l’opportunità di condivisione social e di registrazione della propria attività: attraverso l’uso dei check-in è stata data anche la possibilità di trasformare una visita turistica in una caccia al tesoro urbana. Misurando quantità e qualità degli accessi al sito durante i periodi in cui le competizioni erano attive e durante il funzionamento del sito come semplice guida digitalizzata è stato possibile mettere a fuoco come la capacità di coinvolgere ed entusiasmare dei giochi si sia trasformata nella moltiplicazione delle pagine visualizzate e dei tempi di permanenza nelle singole pagine. Dover rispondere a dei quesiti specifici sul testo ha inoltre comportato per gli utenti un’attenta lettura dei contenuti presentati, l’approfondimento in altri testi o siti specializzati e finanche la necessità di visitare di persona un opera d’arte o di ingegno. Ritengo che un sistema che sappia coniugare contenuti divulgativi ma scientifici attraverso gli elementi e le caratteristiche dei giochi abbia una elevata potenzialità di diffusione sia nel turismo che in generale nei servizi urbani dedicati alla diffusione culturale. In prospettiva il gioco può cominciare prima del viaggio turistico, continuare dopo, ed essere un elemento aggiuntivo di attrazione e marketing per la città. Corto Maltese ad esempio sarebbe un perfetto avatar che guida alla scoperta di Venezia. La Gameful City può quindi diventare una piattaforma, una city dashbord, che utilizza per pubblica utilità il linguaggio universale dei giochi e nel caso del turismo rende il viaggio un’esperienza partecipata e condivisa tra visitatori e abitanti. ♦
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UFO #landingon è un progetto senza scopo di lucro, sviluppato su una piattaforma web/mobile gamificata, finalizzato a promuovere e diffondere la conoscenza del patrimonio artistico
NOTE 1 - Gameful City: la gamification e la Smart City. Una sperimentazione per la comunicazione e promozione del patrimonio culturale. 2 - Museo Poldi Pezzoli, Museo Bagatti Valsecchi, FAI - Villa Necchi, Museo Boschi di Stefano, Studio Magistretti, Studio Messina, Studio Treccani, Museo della Scala, Pinacoteca Ambrosiana, Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci, Museo Popoli e Culture, Hangar Bicocca, Archivio Consagra, Studio Garutti, Shht Magazine, Edizioni Jonglez, Portale del Turismo del Comune di Milano, Musei del Castello Sforzesco di Milano. IMMAGINI 01 - Home page del sito landingon.org ≥ di Andrea Canevazzi. 02 - Il dettaglio delle opere riportate nel sito landingon.org può essere molto articolato come nel caso del Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci. Immagine di Andrea Canevazzi. 03 - I premi sono stati realizzati da noti fumettisti della Bonelli Editore: l’atterraggio dell’UFO a Milano viene qui interpretato da Matteo Cremona. Immagine di Matteo Cremona. 03 - Ipotetica dashboard cittadina per implementare la Gameful City a Milano. Immagine di Andrea Canevazzi. 04 - UFO #landingon: una web-app per il turismo a Milano. Immagine di Andrea Canevazzi. BIBLIOGRAFIA - McGonigal J., “Reality is broken: Why games make us better and how they can change the world”, Penguin, 2011. - Elias G. S., Garfield R., Gutschera K. R., Whitley P, “Characteristics of games”, MIT Press, 2012. - Walz S. P., Deterding S., “The Gameful World: Approaches, Issues, Applications”, Mit Press, 2015. - Vianello M., “Smart Citizen, Istituzioni e Politica: Dal potere dello zapping al diritto all’interlocuzione”, 2015. - Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n.42, “Codice dei beni culturali e del paesaggio”. LINK UTILI www.landingon.org ≥
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PORTFOLIO
Projecto artE pORtas abErtas Street art per la rigenerazione del centro storico di Funchal
Emilio Antoniol è architetto e Ph.D. in Tecnologia dell’architettura. e-mail: antoniolemilio@gmail.com Valentina Covre è architetto e Ph.D. in Tecnologia dell’architettura. e-mail: v.covre@gmail.com
In 2011, in Funchal, the Chief Town of the Portuguese island Madeira, was started an art project called Projecto artE pORtas abErtas, with the aim of renovate the old town of Santa Maria, the historic district of the city that has a strong level of degradation and abandon. With the exception of a few restaurants and tourist shops, the most of houses and commercial activities at the ground floor were abandoned to be transferred to the modern centre of Funchal. A group of local artists has decided to take position against this phenomenon proposing a cultural upgrading project of the neighbourhood based on the reuse of the buildings doors such as canvas for artistic installations like painting, sculpture and visual art. The door thus becomes a “virtual access” to the world of art, open to the citizens and to the tourists, who are invited to participate in this street art project.
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testo di Emilio Antoniol immagini di Valentina Covre
el 2011 a Funchal, capoluogo dell’isola portoghese di Madeira, è stato avviato un progetto artistico denominato Projecto artE pORtas abErtas ≥, volto al recupero del quartire storico di Santa Maria che, da decenni, verte in stato di evidente degrado. Nel corso degli anni, infatti, la maggior parte delle abitazioni e delle attività commerciali, con l’eccezione di pochi ristoranti e negozi turistici, sono state abbandonate per essere trasferite nel moderno centro di Funchal. Un gruppo di artisti locali ha deciso di opporsi a questo fenomeno proponendo un progetto di rivalorizzazione culturale del quartiere basato sul riutilizzo delle porte degli edifici quali supporti per installazioni artistiche. La porta diventa così un “ingresso virtuale” al mondo dell’arte, aperto alla cittadinanza e ai turisti che sono invitati a partecipare a questo progetto di street art. L’iniziativa è stata inizialmente accolta con scarso entusiasmo, trovando alcuni ostacoli nella diffidenza dei residenti. L’operazione era infatti di tipo volontario: chiunque poteva cimentarsi nel progetto ma doveva prima convincere il proprietario della porta a concedergli l’autorizzazione. Dopo i primi esperimenti poco significativi del 2011, l’iniziativa ha però trovato l’appoggio dell’Assessore alla cultura che ha finanziato l’acquisto dei materiali utili al progetto. In quattro anni oltre 180 porte della città vecchia sono state così trasformate in opere d’arte, con la partecipazione della cittadinanza e di artisti sia locali che stranieri. Il progetto è stato stimolo per una prima rigenerazione del quartiere di Santa Maria, con il recupero di alcune attività commerciali o legate all’accoglienza turistica, nonché di alcune abitazioni. Nonostante lo spettro dell’abbandono non sia ancora stato scongiurato, il progetto si è dimostrato in grado di attivare sinergie tra la popolazione, i turisti, gli artisti e le istituzioni. Uno degli esempi più riusciti di tale risultato è la galleria d’arte gestita dalla comunità locale di artisti che ha trovato sede proprio nel quartiere e che, attraverso una delle porte dipinte, consente a tutti l’accesso al mondo artistico di Funchal.
Projecto artE pORtas abErtas è un progetto artistico volto al recupero della città vecchia di Santa Maria a Funchal
in quattro anni oltre 180 porte della città vecchia sono state cosÏ trasformate in opere d’arte, con la partecipazione della cittadinanza e di artisti sia locali che stranieri
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IN PRODUZIONE
Il progetto UP 25 selle d’artista per Selle Royal
Emilio Antoniol è architetto Ph.D. in Tecnologia dell’architettura. e-mail: antoniolemilio@gmail.com
Selle Royal has commissioned to comic artists, product designers, graphic illustrators and animators the creation of an exclusive set of 25 saddle-based artworks. The 25 artworks are the first in an annual non-profit initiative that seeks to raise awareness of key social issues. Just three of each striking design will be made, each signed by the artist. The artworks follow five themes, the first series of five saddles is Love Today and was launched on Valentines Day the 14th February. The additional four series celebrate Women’s Day (8th March), Earth Day (22nd April), International Bike Day (11th May) and Children’s Day (1st June), with the aims of promoting equality and environmental responsibility, and raising awareness around the issues of obesity and child-poverty. To help promote discussion on these issues, Selle Royal will make just one of each saddle available to the public via a free-to-enter social media competition. Of the additional two saddles, one will be given to the artists, and the final one will be used in museum exhibits.
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elle Royal, nata nel 1956 in provincia di Vicenza, è da oltre cinquant’anni un’azienda leader mondiale nella produzione di selle per bicicletta. La storia di Selle Royal si fonda sulla continua innovazione favorita da costanti investimenti in ricerca e sviluppo, da tecnologie produttive all’avanguardia e da una grande attenzione al design del prodotto. La produzione di selle per biciclette ha trovato, negli ultimi anni, molti ambiti di innovazione con l’introduzione di nuovi materiali e tecnologie. Obiettivo comune a queste innovazioni di prodotto è fornire al cliente, sia esso il singolo ciclista o l’azienda di produzione di bici, un prodotto più confortevole, durevole e di qualità. In questo scenario è particolarmente interessante la serie Scientia di Selle Royal, composta da nove modelli di selle progettati sulla base di approfonditi studi di ergonomia e funzionalità. Sviluppate in collaborazione con la Sport University of Cologne, le selle della serie Scientia presentano forme specificatamente studiate per ottimizzare la ripartizione dei carichi sul sellino e quindi offrire la massima comodità al ciclista. Il progetto considera tre diverse posizioni di seduta, riferite all’angolo che la schiena forma con il piano di corsa - Athletic 40°, Moderate 60°, Relaxed 90° - e tre differenti
di Emilio Antoniol larghezze dell’osso ischiatico che influenzano la dimensione complessiva della sella. Sul piano dei materiali Selle Royal ha introdotto nella produzione diverse innovazioni relative sia alle finiture come lo Strengtex, un rivestimento elastico dall’elevata resistenza alle azioni di stress, taglio e punzonamento, o relative ai materiali di imbottitura delle selle. Per tali applicazioni son stati sviluppati prodotti come la Slow Fit Foam, una schiuma visco-elastica a memoria di forma che si adatta al corpo, o il Royalgel™, un gel poliuretanico che, dopo essere stato inserito sotto la copertina della sella, non invecchia, non si indurisce e non si sposta garantendo un ottimale comfort di guida. Se qualità, materiali innovativi e durabilità sono caratteristiche peculiari dei prodotti Selle Royal, l’azienda non ha comunque trascurato l’ambito del design di prodotto lanciando nel 2015 il progetto artistico UP ≥. Con la convinzione che il ciclismo e l’arte possano essere vettori di cambiamento e di innovazione sociale, Selle Royal ha così commissionato a 25 artisti internazionali il disegno di altrettante esclusive selle d’autore. La selezione ha coinvolto fumettisti, progettisti, illustratori e grafici affermati provenienti sia dall’Europa che dall’America, assegnando a loro cinque tematiche riferite ad alcune ricorrenze internazionali: San Valentino il 14 febbraio, la festa della donna l’8 marzo, l’Earth Day il 22 Aprile, l’International Bike Day l’11 maggio e il
obiettivo comune a queste innovazioni è fornire al cliente, sia esso il singolo ciclista o l’azienda di produzione di bici, un prodotto più confortevole, durevole e di qualità
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Children’s Day il 1° giugno. Project leader dell’iniziativa è stato Matteo Cuccato ≥, illustratore e graphic designer, che ha avuto il compito di selezionare i 25 artisti con Selle Royal e di guidarli nella fase iniziale in cui temi e layout sono stati presentati ai disegnatori. Alla base del progetto c’era la volontà di lasciare massima libertà agli autori che si sono potuti esprimere con tecniche e stili propri usando la sella come una tela bianca. Gli esiti del concorso sono stati tradotti nella produzione di tre soli esemplari per ogni sella, di cui solo uno è stato reso disponibile al pubblico mediante il social-media di Selle Royal istituito con l’obiettivo di promuovere la discussione e la sensibilizzazione del pubblico sui temi scel-
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ti. Delle altre due selle prodotte una è stata donata all’artista e una è stata utilizzata per fini espositivi in numerose mostre nazionali e internazionali. Ogni sella si presenta in questo modo come un prodotto esclusivo, capace di incarnare il senso più profondo del tema selezionato. La prima serie prodotta, intitolata Love Today, è stata resa pubblica il 14 febbraio 2015, giorno di San Valentino, e ha visto come protagonisti cinque illustratori di fama internazionale come l’artista OniBaka, gli illustratori Ale Giorgini e Francesco Poroli, il fumettista Alberto Corradi e lo speciali-
sta di animazione David Sossella. I cinque progetti hanno usato come base la sella Look In Moderate di Selle Royal. La serie successiva, lanciata l’8 marzo, ha avuto come tema quello della donna (Woman) e ha visto la partecipazione della fotografa e illustratrice Elisabeth Busani, dell’artista di graffiti Matteo Caria, dello specialista dell’argilla Stefano Colferai, dell’artista No Curves e infine dell’illustratrice Gloria Pizzilli. Anche in questo caso le opere sono state pensate e realizzate utilizzando stili e metodi di rappresentazione differenti ma su un medesimo supporto: la
nota sella Rok di Selle Royal. Il terzo tema sviluppato dal progetto è stato quello della sostenibilità ambientale con il lancio della serie Eco-Friendly a celebrazione dell’Earth Day il 22 aprile 2015. Gli artisti coinvolti in questa serie sono stati il pop-artist Fonzy Nils, l’illustratrice di prodotti tessili Marica Zottino, l’autore di fumetti Tram, lo specialista di poster Armin Barducci e l’illustratore Fabio Marangoni. Come ha spiegato Monica Savio, responsabile del progetto UP in Selle Royal, quello dell’Earth Day è stato il punto focale dell’iniziativa promossa dall’azienda che ha tra
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gli esiti del concorso sono stati tradotti nella produzione di tre soli esemplari per ogni sella, di cui solo uno è stato reso disponibile al pubblico mediante i social media di Selle Royal
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i suoi obiettivi primari la sensibilizzazione sui temi ambientali legati alla riduzione dei consumi, all’uso di materiali naturali ed eco-sostenibili. Per questo motivo la serie Eco-Friendly è stata pensata per le selle ecologiche Becoz realizzate con il 20% di gel a base organica con sughero, un rivestimento in Cortex realizzato con farine di legno certificato FSC, dettagli in pelle riciclata e con una base in bio-plastica prodotta al 100% da fonti rinnovabili e da schiume derivate da oli naturali. Le ultime due serie, uscite rispettivamente l’11 maggio per l’International Bike Day
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e il 1 giugno per il Children’s Day, hanno affrontato i temi della passione per la bicicletta (Bike Passion) e dell’immaginario fantastico dell’infanzia (Children Dreams). Protagonisti della prima serie sono stati gli illustratori Giacomo Bagnara, Osvaldo Casanova, Phil, Hannes Pasqualini e Lucia Fioretti mentre per la serie dedicata ai bambini sono stati coinvolti gli artisti Oscar Diodoro, Mauro Gatti, Rita Petruccioli, Matteo Cuccato e Jacopo Rosati. ♦
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quello dell’Earth Day è stato il punto focale dell’iniziativa promossa dall’azienda che ha tra i suoi obiettivi primari la sensibilizzazione sui temi ambientali legati alla riduzione dei consumi, all’uso di materiali naturali ed eco-sostenibili
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IMMAGINI Immagini di Selle Royal 01 - La realizzazione di una selle del Progetto UP. 02 - Gli artisti al lavoro. 03 - Gli artisti assistono alla produzione. 04 - La serie Eco-Friendly. Finzy Nils, Marika Zottino, Tram, Armin Barducci, Fabio Marangoni. 05 - La serie Children Dreams. Oscar Diodoro, Mauro Gatti, Rita Petruccioli, Matteo Cuccato, Jacopo Rosati. 06 - La serie Scientia di Selle Royal. 07 - La serie Woman. Elisabeth Busani, Matteo Caria, Stefano Colferai, No Curves, Gloria Pizzilli. 08 - La serie Love Today. OniBaka, Ale Giorgini, Alberto Corradi, Francesco Poroli, David Sossella. 09 - La serie Bike Passion. Giacomo Bagnara, Osvaldo Casanova, Phil, Hannes Pasqualini, Lucia Fioretti. 10 - Dettaglio di produzione della serie Woman. AZIENDA Selle Royal S.p.a via Vittorio Emanuele 119 36050, Pozzoleone (VI) www.selleroyal.com Tel: +39 0444 461100 marketing@selleroyal.com LINK UTILI Progetto UP, video presentazione ≼ Matteo Cuccato, project leader del progeto UP. www.matteocuccato.com ≼
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VOGLIO FARE L’ARCHITETTO
AG/REcycle Analisi e riuso delle ferrovie dismesse. Il caso specifico: Agrigento - Licata
Diletta Baiguera e Tiziana Mazzolini, laureate da poco in architettura presso l’Università Iuav di Venezia, muovono oggi i loro primi passi nella professione dell’architetto con entusiasmo e voglia di migliorarsi. e-mail:dile.ba1989@gmail.com e-mail: t.mazzolini@hotmail.com
Today, in Italy, the recovery of unused railways is very discussed. We are talking about 6.000 km of tracks spread uniformly all over the peninsula which, if recovered, can regain their value. The objective of the analysis here conducted is to give valid and applicable strategies for all unused tracks with the aim of applying them into specific cases. The necessity to introduce new functions alongside the tracks and in the urban centres brought to the design of a mobile and flexible architecture element. Thanks to its characteristics, this element can be adapted to the specifics of any location in order to satisfy its needs.
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ndagare le possibilità di recupero delle ferrovie dismesse in Italia è stato lo scopo della nostra tesi di laurea1. Il fenomeno di dismissione che interessa l’Italia a partire dagli anni ‘50 ci lascia oggi un’eredità di circa 6.000 km di tracciati disseminati uniformemente lungo la nostra penisola. Crediamo fermamente che il recupero e la valorizzazione dei tracciati ferroviari abbandonati, a favore di percorsi dedicati alla mobilità “dolce”, possa connettere la popolazione con le risorse del territorio, permettere di scoprire le peculiarità del luogo e collegare gli insediamenti urbani. La realizzazione di una greenway comporta una riqualificazione e una riconnessione con il paesaggio e le sue specificità. Si tratta di un vero e proprio patrimonio fatto di numerosi chilometri di sedimi che si snodano nel territorio e collegano città, borghi e villaggi rurali, ricchi di opere d’arte come ponti e viadotti e di manufatti quali caselli e stazioni che giacciono quasi sempre abbandonati. Una prima mappatura delle ferrovie abbandonate ha evidenziato come il fenomeno di dismissione sia uniforme e capillare in tutta la penisola. Individuare tutte le linee dismesse ci ha permesso di catalogarle e suddividerle in macro categorie, definite secondo i caratteri ricorrenti. La catalogazione ha portato alla
di Diletta Baiguera e Tiziana Mazzolini definizione di alcune strategie applicabili ai diversi casi, atte a favorire la trasformazione di questi sedimi in piste ciclo-pedonali funzionali e dotate di servizi in tutta la loro lunghezza. La peculiarità di ogni categoria sta nell’instaurare una relazione con il contesto e le sue specificità. Le strategie proposte hanno quindi come intento quello di creare un sistema continuo di attrezzature, accessi e servizi, e valorizzazione degli elementi dell’ambiente circostante. L’analisi generale condotta a grande scala è stata indispensabile per calarsi poi in un caso di recupero specifico e verificare su di esso le strategie generali. La classificazione ci ha condotto a scegliere la Sicilia e i suoi numerosi tratti dismessi per intervenire con un progetto mirato. La scelta si è concentrata su tale area per diversi motivi: è la regione con il maggior numero di tracciati dismessi, con un rilevante fenomeno di diffusione e dismissione delle ferrovie legato allo sviluppo delle miniere di zolfo e presenta un elevato valore paesaggistico e turistico. La possibilità di affrontare temi come il territorio, il patrimonio culturale e paesaggistico e le caratteristiche specifiche del luogo ci è sembrato stimolante al fine di creare un progetto completo e unitario che potesse valorizzare una terra così ricca. La linea scelta nello specifico è la ferrovia Agrigento – Licata, lunga 63 km che si presenta come un sentiero sterrato, riconvertita
Linee a carattere urbano Linee a carattere storico-culturale
Linee a carattere paesaggistico
solo in alcuni tratti in strada carrabile. Laurbanolo spostamento di abitanti e turisti. Lungo Linee a carattere linea ha come estremi due città caratterizza- tutto il percorso si trovano elementi quali Linee a carattere storico-culturale te da un elevato flusso turistico: Agrigento sedute, porta biciclette, pannelli espositivi o vive del suo patrimonio culturale mentre informativi e piccoli servizi. Quest’ultimi si Linee a carattere paesaggistico Licata del suo mare e del porto. I centri affiancano alla pista ciclabile in prossimità intermedi (Naro, Palma di Montichiaro e dei centri urbani e si configurano come un Camastra) sono piccoli centri urbani che nuovo spazio per i cittadini e un punto di stanno crescendo grazie alla produzione di sosta per il turista. In base alle caratteristiprodotti tipici e all’agricoltura. Da un’atten- che del luogo, i servizi assumono funzioni ta analisi dei centri urbani e del contesto si diverse e specifiche. L’idea di caratterizzare evince l’idea di ripristinare la linea per ga- ogni centro urbano comporta la definiziorantire un servizio agli abitanti, valorizzare ne di un elemento architettonico semplice e e far conoscere la terra siciliana ai turisti. flessibile, che verrà dislocato lungo la linea Il progetto prevede il ripristino dell’interna come simbolo riconoscibile di un intervenlinea per tutta la sua lunghezza. Internamen- to unitario e fornendo all’utente una chiave te convertita a pista ciclo-pedonale, in parte di lettura per muoversi agevolmente. affiancata da un sistema di mobilità legge- Il progetto parte dall’idea di realizzare un ra quale il Bus Rapid Transit che permette elemento che diventi simbolo riconoscibile
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la dismissione delle ferrovie che interessa l’Italia a partire dagli anni ‘50 ci lascia oggi un eredità di circa 6.000 km di tracciati disseminati
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LEGENDA Stazione esistente 10
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Strade
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Strada ciclo-pedonale Zolfara
Area di aggregazione
Punto attrezzato
Viadotto Stazione esistente Luogo di elevato interesse culturale Stazione dismessa
Fermata dismessa Luogo di medio interesse culturale Zolfara
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Viadotto
Luogo di elevato interesse culturale 50.000 abitanti* *dati a cura dell’osservatorio turistico Sicilia
Luogo di medio interesse culturale INTERVENTO
10.000 abitanti*
Percorso conoscitivo Percorso 50.000gastronomico abitanti*
*dati a cura dell’osservatorio turistico Sicilia
Percorso naturalistico
Accessi con parcheggio
INTERVENTO Luoghi di sosta
Alloggi temporanei (5 alloggi)
Percorso conoscitivo
Strada ciclo-pedonale alternativa Percorso gastronomico
naturalistico BusPercorso rapid transit Accessi con parcheggio
Box contenente magazzino, spiegazioni percorso personale Luoghie di sosta d’accoglienza
Alloggi temporanei (5 alloggi)
Pannello informativo
Strada ciclo-pedonale alternativa
Rilascio e deposito bicilette
Bus rapid transit
della linea. L’intento è quello di fornire al turista e al cittadino una chiave di lettura che gli consenta di muoversi agevolmente e di riconoscere ogni servizio e attività pensati lungo il percorso. È quindi stato definito un elemento comune che caratterizza l’arredo urbano, la segnaletica e i servizi. Partendo delle peculiarità di ogni centro urbano, nasce un intervento mirato per ogni singolo luogo, senza però perdere di vista l’effetto di unitarietà. Si definisce in questo modo una struttura base molto flessibile: il cubo. La struttura è costituita da quattro pareti mobili le quali possono ruotare attorno a un perno centrale, permettendo così di dare origine a differenti tipologie di spazio. La sua scomposizione può dare forma a sedute, 0
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porta biciclette e pannelli espositivi. Essendo un elemento flessibile le sue applicazioni sono molteplici. Da solo o posizionato su una pedana può creare diversi luoghi e configurazioni. L’elemento base si può trasformare in spazio espositivo, fermata del bus, punto vendita fino alla sua variante più complessa di alloggio minimo. Data la temporaneità dell’elemento architettonico una sua caratteristica è la facilità di costruzione e la trasportabilità. Per questo è stato impiegato un sistema costruttivo che prevede poche lavorazioni in loco. Il sistema si compone di elementi fatti su misura e in serie. Le sue misure contenute permettono al cubo di essere trasportato con un camion. I vari componenti vengono 5,00
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Box contenente magazzino, spiegazioni percorso e personale d’accoglienza Pannello informativo 54 OFFICINA* Rilascio e deposito bicilette
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il caso specifico di riuso della linea Agrigento-Licata, ha come scopo quello di dimostrare come la riqualificazione della linea dismessa possa essere occasione di sviluppo della zona interessata
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poi montati da due operai tramite l’ausilio 2 di un avvitatore. Il progetto si basa su una struttura in acciaio realizzata con profili a C sagomati a freddo (sezione 4x8 cm), accoppiati di schiena, montati su un elemento angolare che funge da irrigidimento. La struttura viene ancorata alla piastra tramite dei supporti di base, anch’essi costituiti dallo stesso profilo a C che costituisce le parti strutturali. Quest’ultime, essendo in acciaio a vista, vengono verniciate con vernici di colore chiaro con aggiunta di pigmenti riflettenti così da evitare fenomeni di surriscaldamento dovuti all’esposizione solare 3 e ridurre la pericolosità in caso di contatto. Quando la struttura viene completamente montata si possono inserire le due griglie metalliche che costituiscono pavimento e copertura. Queste, e il relativo pacchetto funzionale, vengono assemblate in officina e poi trasportate in loco. A questo punto si possono inserire i tamponamenti, nella variante di brise soleil oppure di chiusura per l’alloggio. La prima è composta da un telaio costituito da profili a C in acciaio sagomato a freddo, sul quale vengono inseriti dei listelli in legno regolabili (sezione 8x3 cm). La variante per l’alloggio è realizzata con una 4 parete con struttura in acciaio (sempre con
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profilo a C), isolamento e un rivestimento in lamiera d’acciaio verniciata. La modularità della maglia strutturale permette di inserire finestre e porte dove necessario. All’interno dell’alloggio è collocata una “torretta” contenente i servizi, che garantisce la sua autosufficienza. La torretta è dotata infatti di pannelli fotovoltaici e di una cisterna per la raccolta dell’acqua piovana. Il caso specifico di riuso della linea Agrigento-Licata, ha come scopo quello di dimostrare come la riqualificazione della linea dismessa possa essere occasione di sviluppo della zona interessata. Si pone come esempio valido e applicabile anche a molti altri tracciati in disuso, poiché l’intervento proposto è costituito da un elemento architettonico flessibile, modulare e leggero adattabile con facilità al contesto specifico. La nostra sensibilità verso tematiche come il riuso e il riciclo nasce dal percorso di studio seguito durante la formazione accademica, che ci ha permesso di acquisire le competenze che hanno portato allo sviluppo di questo progetto. Crediamo inoltre che oggi sia indispensabile indagare la strada della rigenerazione urbana, del recupero e del riuso come strumenti per la valorizzazione del territorio e del patrimonio culturale del nostro paese. ♦
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si tratta di un elemento flessibile le sue applicazioni sono molteplici. Da solo o posizionato su una pedana può creare diversi luoghi o configurazioni
NOTE 1 - Il lavoro di tesi ha avuto come relatore il prof. Alberto Ferlenga ed è stato svolto con il supporto e il consulto del prof. Agostino Cappelli e dell’architetto Emilio Antoniol, che ringraziamo per aver contribuito alla riuscita del progetto. IMMAGINI 01 - Mappatura delle ferrovie dismesse, la situazione in Italia. 02 - Possibili collocazioni in contesti esistenti o ancorati alla piastra: piastra in centro urbano e contesto urbano, piastra con verde e contesto agricolo. 03 - Masterplan di progetto. Analisi dell’area e intervento. 04 - Applicazione del cubo. Possibili configurazioni: A. base, esposizione, fermata autobus, vendita. Variazione dell’alloggio: B. base,spazio notte, servizi, aggregazione (4 persone con spazio esterno). 05 - Vista della piastra con l’inserimento del cubo e elementi di arredo. 06 - Esploso assonometrico degli elementi costruttivi. BIBLIOGRAFIA - AA.VV., “Ferrovie, territorio e sistema di Greenways”, Roma, Isfort, 2004. - Cortesi G., Rovaldi U., “Dalle rotaie alle bici” , Quad. Fiab marzo, Milano, 2011. - Fabbri G., “Forme del movimento: progetti per infrastrutture lineari in contesti storici e ambientali di rilievo”, Officina, Roma, 2008. - Stefanati G., “Per una città amica delle biciclette. Associazione Italiana Città Ciclabili”. Regione Emilia Romagna, 1996.
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GLI ELEMENTI COSTRUTTIVI 1. Chiusura orizzontale superiore: - Griglia metallica con travi a C in acciaio sagomato a freddo sez. 80x40 mm - Lamierino di chiusura per formazione della pendenza sp. 1 mm - Guaina bituminosa impermeabile 0.5 mm - Pannello OSB sp. 10 mm - Pannello OSB sp. 8 mm - Isolante in poliuretano sp. 40 mm - Pannello OSB sp. 10 mm - Pannello OSB sp. 8 mm - Rivestimento in lamiera d’acciaio verniciata con pigmenti riflettenti 2. Chiusura orizzontale inferiore: - Griglia metallica con travi a C in acciaio sagomato a freddo sez. 80x40 mm - Pavimenti in legno - Pannello OSB sp. 8 mm - Pannello OSB sp. 10mm - Isolante in poliuretano sp. 40 mm - Pannello OSB sp. 10 mm 3. Chiusura verticale: - Telaio con travi a C in acciaio sagomato a freddo sez. 80x40 mm - Listelli in legno di caccamo sez. 80x30 mm 4. Chiusura verticale: - Griglia metallica con travi a C in acciaio sagomato a freddo sez. 80x40 mm - Rivestimento esterno in lamiera d’acciaio verniciata con pigmenti riflettenti - Pannello OSB sp. 12 mm - Isolante in poliuretano sp. 40 mm - Pannello OSB sp. 10 mm - Rivestimento interno in lamiera d’acciaio verniciata con pigmenti riflettenti
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BIM NOTES
BIM, per chi e perché? Una definizione condivisa di BIM
Paolo Borin è dottorando presso il Dipartimento di Culture del progetto dell’Università Iuav di Venezia. Collaboratore alla ricerca presso il Dipartimento ICEA dell’Università di Padova. e-mail: p.borin@stud.iuav.it
Building Information Modeling is characterized by a plurality of actors and disciplinary approaches. The article tries to define the opportunities and the advantages of BIM from the definition given by ISO standard 29481-1. It outlines the properties and uses of a BIM model: it has to be a shared representation, describing both physical and functional properties of a facility and forming a reliable basis for decisions. A digital model without any of these properties could not be seen as a BIM model. BuildingSMART proposes the best approach to use and manage BIM models: it publishes and disseminates the concept of OpenBIM, through the IFC standard. Representing the best known structure for knowledge on building process, it enables effectiveness in information exchange and management within the process.
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i apre con questo numero la rubrica BIM Notes, che intende guidare il lettore per comprendere precetti, vantaggi e applicazioni del Building Information Modeling in campo accademico e professionale. I 466.000 risultati che si ottengono ricercando in rete una definizione di BIM, dimostrano quanto sia complesso illustrare una disciplina basata su un numero limitato di definizioni condivise. Le spiegazioni a tale fatto risiedono nell’utilizzo di essa da una pluralità di attori aventi ruoli, obiettivi e finalità spesso differenti. Inoltre le potenzialità dello strumento sono tali da offrire una significativa gamma di risultati difficilmente riconducibili a un unico approccio disciplinare. Infine a ciò si aggiunge una certa indeterminatezza di significato dell’ultima lettera dell’acronimo: building information model, modeling o management? Più che discorrere su quale dei significati sia il più corretto, interessa evidenziare come sia importante mantenere grande attenzione a quei protocolli di standardizzazione dei prodotti, dei processi e dei modelli per il costruito. La norma ISO 294811:2010 descrive il Building Information Model come una rappresentazione digitale condivisa delle proprietà fisiche e funzionali di ogni oggetto costruito, tale da formare una efficiente base decisionale.
di Paolo Borin La definizione offerta, a un’analisi approfondita, esplica tutte le caratteristiche comuni a un BIM e chiarisce le condizioni sine qua non un oggetto possa essere descritto come tale. Il BIM innanzitutto si identifica come una rappresentazione digitale, ponendo una connessione, da un lato, con la modellazione tridimensionale CAD, dall’altro, con la disciplina della visualizzazione dell’informazione. Viene precisato poi come la rappresentazione debba essere condivisa: ciò comporta sia gestione che uso partecipati del modello, aprendo al comune bisogno di interoperabilità (openBIM), sia conseguenze sociali e tecnologiche che la condivisone permette. L’opportunità di comunicare sulla base di un modello comune, permette infatti agli attori del processo di correggere e perfezionare gli interventi sulla base della propria conoscenza. L’oggetto della rappresentazione digitale condivisa non è ogni oggetto costruito, ovvero ogni oggetto di interesse delle industrie della costruzione (architettura, ingegneria, realizzazione e gestione del costruito), quanto la coesistenza di proprietà fisiche (prestazionali, tecnologiche, pertanto illuminotecniche, strutturali, acustiche, ecc.) e proprietà funzionali (spaziali, economiche, culturali, sociali, ecc.) di quell’oggetto costruito. Ne deriva un’importante condizione di appartenenza: se non è presente un sistema di relazioni tra caratteri-
il BIM deve risultare un dispositivo di simulazione e valutazione, tale da migliorare il processo piuttosto che appesantirlo burocraticamente e economicamente
stiche costruttive e funzionali, non siamo in presenza di un modello informativo. A conclusione della definizione, viene impostato l’obiettivo del modello quale ulteriore requisito di esistenza. Il BIM deve risultare un dispositivo di simulazione e valutazione, tale da migliorare il processo piuttosto che appesantirlo burocraticamente ed economicamente. La pratica professionale racconta come spesso tale obiettivo non venga raggiunto, disperdendosi in procedure di nomenclatura digitale, protocolli di modellazione, limiti dei software, ecc. In una ottica di progressiva diffusione della tecnologia BIM, risulta fondamentale l’attività di ricerca e standardizzazione che buildingSMART svolge dal 1994. BuildingSMART sviluppa e diffonde i protocolli condivisi per la gestione e la modellazione dell’informazione, attraverso un ambiente aperto e interoperabile chiamato openBIM. La sua attività si fonda su tre pilastri: lo schema informatico di scambio delle informazioni (Industry Foundation Classes - IFC), la descrizione dei processi di creazione e modifica delle informazioni (Information Delivery Manual - IDM), un vocabolario di termini multilingue (buildingSMART data dictionary - bSdd). Ciò che è di interesse in questa sede è tuttavia definire i ruoli, gli usi e le opportunità che il formato interoperabile IFC può avere per gli attori del processo. Esso rappresenta infatti la base sulla quale fondare le necessità di interope-
G. M. Di Giuda, V. Villa (a cura di) Il BIM. Guida completa al Building Information Modeling per committenti, architetti, ingegneri, gestori immobiliari e imprese Hoepli, Torino, 2016
rabilità che la condivisione delle informazioni richiede. La struttura del formato è descrivibile come un insieme di classi, che catalogano oggetti o attività (Ifcwall, Ifctask, Ifccostvalue) legate tra loro e a insiemi di informazioni fisiche, funzionali o valutative (Property sets e Quantity sets) attraverso altre classi atte a descriverne la relazione (IfcReldefines, IfcRelSequence). La conoscenza di tale struttura non è necessaria per una corretta produzione del BIM, già garantita dai produttori di software. Piuttosto, il suo apprendimento è importante per comprendere quelle procedure di modellazione intrinsecamente condivisibili nel processo, poiché appartenenti a regole già standardizzate. Ciò assicura quella efficienza del modello quale base decisionale, implicita all’esistenza di BIM, e permette sempre più frequentemente di ricorrere al suo utilizzo per lo sviluppo e l’ottimizzazione dei processi di progettazione e gestione. Pertanto il file IFC si configura come supporto di scrittura capace di trasmettere con più efficacia l’insieme delle informazioni tecnico-progettuali. Ciò non rappresenta una novità; tuttavia la standardizzazione ne assicura la lettura e la riproducibilità nel tempo, aprendo lo scenario ad attività di ricerca e sviluppo che trascendono scopi produttivi, quali analisi comparate multiobiettivo, librerie di soluzioni tecnologiche, knowledge-base engineering. In questo primo appuntamento, si è cercato
di trasmettere come formati interoperabili, procedure standard e soluzioni software vadano utilizzati per rendere efficaci la creazione e l’uso di un modello. Ciò non può prescindere dalla descrizione delle proprietà minime di un BIM, senza le quali non potrebbe esistere come portatore di innovazione del processo. ♦
BIBLIOGRAFIA - Bazjanac V., Crawley D.B., “The implementation of industry foundation classes in simulation tools for the building industry”, Lawrence Berkeley National Laboratory, 1997. - Eastman C., Teicholz P., Sacks R., “BIM handbook: A guide to building information modeling for owners, managers, designers, engineers and contractors”, John Wiley & Sons, Hoboken, 2011. - Howard R., Björk B.C., “Building information modelling–Experts’ views on standardisation and industry deployment”, in Advanced Engineering Informatics, 2008, pagg. 271-280. - ISO 29481-1, Building information modelling - Information delivery manual Part 1: Methodology and format, 2010. - Kiviniemi A., “Ten years of IFC-development–Why are we not yet there”, In Keynote lecture at the 2006 Joint International Conference on Computing and Decision Making in Civil and Building Engineering, Montreal, Canada, 2006. LINK UTILI www.buildingsmart.org ≥ www.bimframework.info ≥
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DECLINAZIONI
di Valentina Manfè e Emilio Antoniol "Un tempo lontano, quando avevo sei anni, in un libro sulle foreste primordiali, intitolato Storie vissute della natura, vidi un magnifico disegno. Rappresentava un serpente boa nell’atto di inghiottire un animale. C’era scritto: ‹‹I boa ingoiano la loro preda tutta intera, senza masticarla. Dopo di che non riescono più a muoversi e dormono durante i sei mesi che la digestione richiede››. Meditai a lungo sulle avventure della jungla. E a mia volta riuscii a tracciare il mio primo disegno. Il mio disegno numero uno. Era così:
Mostrai il mio capolavoro alle persone grandi, domandando se il disegno li spaventava. Ma mi risposero: ‹‹Spaventare? Perchè mai, uno dovrebbe essere spaventato da un cappello?›› . Il mio disegno non era il disegno di un cappello. Era il disegno di un boa che digeriva un elefante. Affinché vedessero chiaramente che cos’era, disegnai l’interno del boa. Bisogna sempre spiegargliele le cose, ai grandi. Il mio disegno numero due si presentava così:
Questa volta mi risposero di lasciare da parte i boa, sia di fuori che di dentro, e di applicarmi invece alla geografia, alla storia, all’aritmetica e alla grammatica. Fu così che a sei anni io rinunziai a quella che avrebbe potuto essere la mia gloriosa carriera di pittore. Il fallimento del mio disegno numero uno e del mio disegno numero due mi aveva disarmato. I grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano a spiegargli tutto ogni volta. Allora scelsi un’altra professione e imparai a pilotare gli aeroplani. Ho volato un po' sopra tutto il mondo: e veramente la geografia mi è stata molto utile. A colpo d’occhio posso distinguere la Cina dall’Arizona, e se uno si perde nella notte, questa sapienza è di grande aiuto. Ho conosciuto molte persone importanti nella mia vita, ho vissuto a lungo in mezzo ai grandi. Li ho conosciuti intimamente, li ho osservati proprio da vicino. Ma l’opinione che avevo di loro non è molto migliorata. Quando ne incontravo uno che mi sembrava di mente aperta, tentavo l’esperimento del mio disegno numero uno, che ho sempre conservato. Cercavo di capire così se era veramente una persona comprensiva. Ma, chiunque fosse, uomo o donna, mi rispondeva: ‹‹è un cappello››. E allora non parlavo di boa, di foreste primitive, di stelle. Mi abbassavo al suo livello. Gli parlavo di bridge, di golf, di politica, di cravatte. E lui era tutto soddisfatto di avere incontrato un uomo tanto sensibile". ♦ da Il piccolo principe, Antoine de Saint-Exupèry, Bompiani, 2008, pag 7-8.
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Cappello / cap路p猫l路lo / s.m.
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MICROFONO ACCESO Ricostruzione del bivacco F.lli Fanton sulle Marmarole (BL)
demogo studio architettura a cura di Filippo Farronato Filippo Farronato è architetto e collaboratore all’Università Iuav di Venezia. e-mail: filippo.farronato@gmail.com
A short walk from the Fondazione Benetton Studi Ricerche, in Treviso, a large arched opening illuminates the mezzanine floor of a medieval tower. The light weight white sticker, on the glass reflected says “demogo studio di architettura”. A white marble plaque reminds passengers that a century ago in that tower Arturo Martini realized his first works; today three meters higher they discuss about architecture. After studying at the University of Architecture of Venice (Iuav), Simone Gobbo, Alberto Mottola and Davide De Marchi founded the demogo, which is collecting important results project after project from 2007; the last one, the Young Talent of Italian Architecture awarded in December 2015 by the National Council of Architects, for the project of the Town hall of Gembloux in Belgium.
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Treviso. A pochi passi dalla Fondazione Benetton Studi Ricerche, un’ampia apertura ad arco illumina il piano ammezzato di una torre medievale. La leggera vetrofania bianca, sul riflesso del vetro dice “demogo studio di architettura”. Una targa in marmo ricorda che in quella torre un secolo fa Arturo Martini realizzava le sue prime opere; tre metri più in alto oggi si ragiona di architettura. Dopo aver studiato all’Università Iuav di Venezia, Simone Gobbo, Alberto Mottola e Davide De Marchi, fondano lo studio demogo, che dal 2007 sta raccogliendo risultati importanti; l’ultimo, il Premio Giovane Talento dell’Architettura Italiana assegnato nel 2015 dal Consiglio Nazionale degli Architetti, per il progetto del Municipio di Gembloux in Belgio1. Per questo numero di OFFICINA* discutiamo con Simone Gobbo in particolare del progetto per la ricostruzione del bivacco Fanton sulla Forcella Marmarole, vincitore del concorso indetto nel 2014 e giunto ormai alla sua fase esecutiva 2 . Il vostro studio ha partecipato a molti concorsi, confrontandosi con contesti diversi; più di una volta, come nel caso del bivacco Fanton, avete lavorato nell’ambiente alpino. Si tratta di una scelta o di un caso? Esiste una modalità propria con la quale noi scegliamo i contesti dove lavorare, che in genere sono complessi sotto diversi punti di vista, per esempio perché le preesistenze mostrano un carattere predominante o perché l’accavallarsi di questioni storiche risulta difficile da risolvere. Un filone particolare di progetti presenta un livello di paesaggio estremo, dove il valore dello spazio naturale è dominante rispetto alle possibilità che l’architettura ha, come nel caso del bivacco Fanton. Lo sbilanciamento in cui il contesto domina rispetto all’oggetto che si va a inserire è principalmente una sfida, che ha un grande interesse per noi; trovare un’architettura che abbia la capacità e la forza di innestarsi in un contesto naturalmente forte non è semplice. Quando questo riesce però, le due cose costituiscono una specie di cortocircuito nel quale una amplifica l’altra e viceversa 3. Il bivacco è una vicenda prettamente italiana che ha origine grazie al Club Alpino Accademico Italiano (CAAI). A cantiere ultimato creerete un precedente che potrebbe essere preso a modello per i bivacchi futuri. Come ci si sente a far parte di questa “storia”? Difficile valutarlo adesso. Prima di affrontare il progetto abbiamo studiato l’evoluzione del bivacco dal punto di vista storico e soprattutto culturale, cercando di dare la nostra risposta rispetto a che cos’è uno spazio minimo a 2.660 m, in questo preciso momento,
con le tecnologie che ci sono, con il modo che abbiamo di intendere la montagna, ecc. Credo che architetture così specifiche siano realmente figlie della cultura del proprio tempo. Volevamo produrre un progetto che avesse molto a che vedere con la contemporaneità. Quando si fa architettura non si può ignorare l’evoluzione tecnica che c’è stata prima, ma questa non è sufficiente a produrre una risposta soddisfacente. Lo sforzo che abbiamo fatto è stato quello di pensare a uno spazio minimo secondo le nostre idee e il sito specifico che affrontavamo. Il progetto è ormai in fase esecutiva, ma è difficile capire che tipo impatto avrà finché non sarà costruito e posizionato sul sito. Anche rispetto alle esperienze di costruzione che abbiamo avuto questo passaggio tra ideazione, costruzione e restituzione dell’opera a chi la utilizzerà è un momento significativo. Si può capire se l’architettura entra in sinergia come hai pensato, o se succede qualcosa di imprevisto, che a volte è più interessante di quanto avevi ipotizzato.
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essere contestuali può essere frainteso con l’idea di adattarsi a quello che già c’è, ma non è questo il senso del nostro lavoro
In montagna sempre più spesso l’austerità propria dei manufatti alpini non si trova più; i bivacchi invece, mantengono ancora la loro essenza di riparo minimale. Il bivacco Fanton non è certo un’opera per il turismo di massa, ma ha forse una fruizione mediatica più che reale. Il fatto che il bivacco sia in una posizione difficile da raggiungere restringe in maniera evidente il campo delle persone che potranno dare del “tu” a questa architettura. Tutto ciò è interessante ma anche pericoloso: ormai molte delle informazioni legate all’architettura viaggiano via etere o sulla carta patinata delle riviste. Stiamo perdendo sempre più la capacità di registrare gli spazi e di costruire una nostra dimensione di quella architettura. Questo passaggio critico descrive bene il nostro tempo; stiamo perdendo le nostre abilità spaziali, senza capire che, per quanti strumenti differenti possiamo avere a disposizione, per quante reti digitali possiamo costruire, tutto questo lo facciamo, che lo vogliamo o no,
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all’interno di uno spazio. Se smettiamo di avere questa percezione, non siamo neanche in grado di controllarlo questo spazio. Questo legame tra percezione e spazio è un legame ancestrale, arcaico, su cui noi discutiamo molto. Com’è stato confrontarsi con dei committenti particolari e ottimi conoscitori dell’ambiente alpino, come la Fondazione Architettura Belluno Dolomiti e la Sezione Cadorina del CAI di Auronzo? Com’è stato accolto, invece, il progetto dai non addetti ai lavori? La giuria del concorso era ampia e comprendeva anche l’autore del Gervasutti e Luca Gibello che da tempo studia l’architettura d’alta quota4. L’accoglienza del progetto è stata molto buona: all’inizio è normale che ci sia un po’ di difficoltà e di freddezza, perché il nostro bivacco non è l’Apollonio, ma introduce qualcosa in più. La Fondazione e il CAI hanno capito subito che il progetto andava discusso pubblicamente, attraverso conferenze e lecture, per permetterne la comprensione. Questo tipo di trasmissione delle informazioni rende la vita più facile all’architettura perché si alza il livello della cultura del progetto, che a caduta porta anche a un miglioramento della qualità dei nostri spazi urbani. Allora è chiaro che i nostri problemi rispetto alle città non riguardano solo l’aggiornamento tecnico e tecnologico dei nostri spazi ma sono, prima di tutto, un problema culturale. Come per Renè Daumal “Il Monte Analogo”5 è un pretesto per disegnare una ricerca interiore in primis, per molti alpinisti la montagna reale rappresenta una sfida con se stessi e con la natura. Se in questo percorso si incontra una buona architettura, questa può contribuire a una elevazione dello spirito? Penso che chi frequenta la montagna ha, in maniera diretta o indiretta, sviluppato una certa sensibilità estetica: sono persone alla ricerca della bellezza di se stessi e delle cose che stanno attorno. Stiamo lavorando per produrre un’architettura che riesca a portare un aumento di questo grado percettivo. Trovare in questi posti fantastici qualcosa che dal punto di vista architettonico è poco riuscito o insoddisfacente, va a minare la percezione estetica che uno ha. Per noi sarebbe un ottimo risultato se il bivacco non togliesse niente all’ambiente e non portasse via nulla alla bellezza della Forcella Marmarole. ♦
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la storia dell’architettura si costruisce sull’elaborazione di modelli che già esistono, ma nel nostro caso non ne esistono di assoluti perché ogni progetto, ogni contesto, ogni programma ha dei riferimenti diversi
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NOTE 1 - Frutto del concorso “Europan 10” del 2009, il progetto del Municipio di Gembloux in Belgio, è stato realizzato nel 2015. 2 - Il concorso per la ricostruzione del bivacco F.lli Fanton sulle Marmarole (BL) viene bandito nel 2014 dalla Sezione Cadorina del CAI di Auronzo, in collaborazione con la Fondazione Architettura Belluno Dolomiti e con il sostegno di AKU Italia s.r.l., di Bim Piave e Comune di Auronzo di Cadore. Alla Commissione Giudicatrice pervengono 270 proposte. 3 - Sulla piattaforma YouTube, è stato pubblicato il video “Alla scoperta del bivacco Fanton”, che ripercorre brevemente la storia del manufatto e del concorso, e permette di vedere l’ambiente montano in cui si trova. 4 - La commissione giudicatrice era composta da: Arch. Ulrich Delang - responsabile settore capanne del Club Alpini o Svizzero (presidente), arch. M. Casagrande - pres. Sez. CAI di Auronzo di Cadore, ing. R. Paneghel - Comm. Centrale Rifugi e Opere Alpine, dott.ssa M. Morandini Segretario Generale Fondazione Dolomiti UNESCO, dott. L. Gibello - Presidente Associazione Cantieri d’Alta Quota, arch. S. Testa - founder studio Leapfactory, arch. A. Da Fré - tesoriere FABD. 5 - Daumal René, “Il Monte Analogo. Romanzo d’avventure alpine non euclidee e simbolicamente autentiche”, Adelphi, Milano, 1968. IMMAGINI Immagini di demogo. 01 - I fondatori di demogo studio di architettura: Davide De Marchi, Simone Gobbo, Alberto Mottola. 02 - Vista interna del nuovo bivacco Fanton: lo spazio comune. 03 - Vista interna del nuovo bivacco Fanton: la scala centrale e le cuccette. 04 - Fotoinserimento del nuovo bivacco Fanton. BIBLIOGRAFIA - Gibello L., “Cantieri d’alta quota. Breve storia della costruzione dei rifugi sulle Alpi”, Lineadaria, Biella, 2011. - Gibello L., “Datemi un punto di appoggio e salirò il mondo”, in “Meridiani Montagne”, luglio 2012, n. 57, pp. 8-30. - Cantieri d’alta quota (a cura di), “Novant’anni di emozioni in scatola”, in “Montagne360”, aprile 2015, pp. 30-40. LINK UTILI www.demogo.it ≥ www.fabd.it ≥ www.caiauronzo.it ≥ www.cantieridaltaquota.eu ≥ www.awn.it ≥ www.larchitetto.it ≥
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CELLULOSA
a cura di
Nessuno scompare davvero
www.libreriamarcopolo.com ≥
Nessuno scompare davvero Catherine Lacey Sur 2016
Beatrice Barzaghi, Maria Fiano Guida alla Venezia ribelle Voland, 2015
“Marito moltiplicato per silenzio uguale un altro paese”. Una parte della storia è che Elyria prende lo zaino a NY e va in Nuova Zelanda, “quel paese tranquillo dove tutti attendevano serenamente che non succedesse quasi nulla”, via da “Marito” perché “Un bebè va adagiato nello stesso modo in cui si addossa un senso di colpa: si mette giù con cautela, dopo aver valutato accuratamente dove sistemarla”. C’è stato qualche “Momento perché non resti, dovresti restare” ma a un certo punto Elyria ha da capire “se eravamo davvero sposati o se stavamo semplicemente insieme a tempo indeterminato”. Tra sguardi intensi da oculista e “imbarazzo sui toni del beige”, il bufalo che c’è dentro Elyria, comincia a scalpitare. “A quanto pare il mio problema era il bufalo, ma che problema avesse il bufalo non mi era chiaro” e allora via a cercare risposte. “Non mi piaceva più di tanto ascoltare le mie scarpe. Non mi dicevano niente di utile”. “Sconosciuto più tempo uguale marito. Marito diviso tempo uguale sconosciuto. Marito e moglie - qual è l’intruso? Quanto fa
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moglie più porta?” Con questo libro letto tra le mani, è il caso di riservare particolare attenzione a tutti i lettori che guardano il mondo in due, c’è da avvisare perché non siano del tutto impreparati davanti alle considerazioni di Ely sulla vita a due; tra parole spontanee e associazioni che fanno sorridere, hanno la stessa consistenza delle sassate. Nessuno scompare davvero è il primo romanzo di Catherine Lacey, giovane autrice americana che ci accompagna in un road trip solitario e introspettivo sulle strade larghe della Nuova Zelanda, alla ricerca di respiro, quello che fa il cerchio, quello di cui si perde spesso il ritmo, per stare al passo con “Ogni persona su questo pianeta, o perlomeno sul pianeta chiamato me”. Un viaggio che ritroviamo anche nella copertina realizzata da Charlotte Strick con Patrick Leger. L’illustrazione a tre bande, rappresenta un volto di donna che affonda piano nell’acqua, per cui Charlotte Strick si è ispirata a una vecchia striscia Marvel vista e lasciata riposare dentro per un po’ di tempo prima di riaffiorare. ♦
a cura dei Librai della MarcoPolo
Graziano Graziani Atlante delle micronazioni Quodlibet, 2015
Zach Klein, Steven Leckart, Noah Kalina Cabin Porn Little, Brown and Company, 2015
(S)COMPOSIZIONE
Da un lato descrive, dall’altro emblematizza
Francesco Faeta, Fotografi e fotografie. Uno sguardo antropologico, 2006.
Immagine di Valentina Covre