ISSN 2384-9029
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lug-ago 2016
OFFICINA* Bimestrale on-line di architettura e tecnologia N.13 lug-ago 2016 ISSN 2384-9029 Rivista consultabile e scaricabile gratuitamente su : www.officina-artec.com/category/publications/officina-magazine ≥
DIRETTORE EDITORIALE
HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO:
Emilio Antoniol
Giada Bovenzi, Alice Callegaro, Alessandra Ciarmela, Federico Dallo, Diari di Bordi, Michele di Marco, Marco Imperadori, Diego Ivan, Irene Leonardelli, Jorge Lobos, Federico Lumina,
COMITATO EDITORIALE
Massimo Mucci, Elisa Mutti, Dan Narita, Ilaria Polese, Chiara Scarpitti
Valentina Covre Francesca Guidolin Daria Petucco Margherita Ferrari Valentina Manfè Chiara Trojetto
IMPAGINAZIONE GRAFICA Valentina Covre
REDAZIONE
TRADUZIONI
Paolo Borin
Anna Peron
Libreria MarcoPolo Carlo Zanchetta PROGETTO GRAFICO Valentina Covre Margherita Ferrari Chiara Trojetto
EDITORE Self-published by Associazione Culturale OFFICINA* info@officina-artec.com
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale. ≥ L’editore si solleva da ogni responsabilità in merito a violazioni da parte degli autori dei diritti di proprietà intelletuale relativi a testi e immagini pubblicati.
Errare è umano Dalle dense nuvole bianche appare uno strano essere con sembianze zoomorfe, un po’ pesce e un po’ uccello. Si muove goffo, arrancando lungo scoscese valli e sbuffando fumo nero da alti camini; non si tratta però di un animale ma di una casa, o meglio, di un castello, quello disegnato da Hayao Miyazaki per il mago Howl. Sono queste le scene d’apertura de Il castello errante di Howl, film d’animazione del 2004 liberamente ispirato all’omonimo romanzo della scrittrice inglese Diana Wynne Jones, in cui il giovane e potente mago ha scelto di vivere in una casa itinerante, un castello magico sempre in movimento e capace, grazie a una porta magica, di farlo spostare in un baleno dal mare alla montagna, fino ai magnifici palazzi della capitale del Regno. Tuttavia, in questo mondo magico Howl è prigioniero, schiavo di una maledizione che lo lega al demone Calcifer e che lo obbliga a combattere in una guerra senza ragioni che da decenni lacera il Paese. Per sfuggire a tutto questo Howl è costretto a una vita errante, perennemente in fuga dagli sgherri della strega delle Langhe, tenendo nascosta la sua vera identità nella vana speranza di essere finalmente libero. Libertà, indipendenza, sviluppo, ricerca di identità, sono queste dunque alcune delle ragioni che spingono a spostarsi, a cambiare, a muoversi, in un continuo peregrinare che coinvolge il mondo intero. E così, migrano persone, animali, oggetti, idee e culture, tutti alla ricerca del proprio posto nel mondo, in fuga da costrizioni o alla ricerca di campi fertili in cui far crescere le proprie idee, perché l’immobilismo giova solo ai sassi che hanno a lungo rotolato
Chiara Trojetto
prima di raggiungere la loro tondeggiante e perfetta forma.
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N.13 lug-ago 2016 in copertina: Condominio Sostenibile immagine di Alessandra Ciarmela*
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ESPLORARE Edward Hopper di Valentina Manfè LACUNA/AE di Margherita Ferrari Reporting from the Front di Massimo Mucci
MIGRAZIONI introduzione di Emilio Antoniol Da questa parte del mare di Irene Leonardelli Guerra, immigrazione e archittettura di Michele di Marco Inter-territorial migration, life-style choices and dispersed urbanization di Dan Narita Migrazioni tecnologiche di Emilio Antoniol e Francesca Guidolin Yurta del pescatore di Marco Imperadori, Federico Lumina, Elisa Mutti, Ilaria Polese Design come transdisciplina di Chiara Scarpitti Paleomigrazioni e tracciati climatici di Alice Callegaro e Federico Dallo Oophaga pumilio, the Poison Dart Frog di Diego Ivan
42 PORTFOLIO *Alessandra Ciarmela è artista e architetto, ha vissuto a Rio de Janeiro dove insegnava storia dell’arte. È un contenitore di storie burrascose, viaggi e incontri. alessandraciarmela@gmail.com
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Indizi di migrazioni di Valentina Covre IN PRODUZIONE Dall’estrazione al progetto: la Pietra di Vicenza di Francesca Guidolin
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VOGLIO FARE L’ARCHITETTO Grafting Architecture di Giada Bovenzi IMMERSIONE Trovarsi ai bordi di Diari di Bordi BIM NOTES Il BIM come strumento di studio della costruzione dell’opera edile di Paolo Borin e Carlo Zanchetta
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MICROFONO ACCESO Cino Zucchi a cura di Francesca Guidolin CELLULOSA Stavo guardando la cartina a cura dei Librai della Marcopolo (S)COMPOSIZIONE Movimenti in equilibrio di Valentina Covre
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ESPLORARE
Edward Hopper
LACUNA/AE
Reporting from the Front
25 marzo 2016 - 24 luglio 2016 Palazzo Fava, Bologna w w w.genusbononiae.it/mostre/ edward-hopper ≥
28 maggio 2016 - 28 agosto 2016 Torre Massimiliana, Isola di Sant’Erasmo - Venezia www.lacunaeproject.com ≥
28 maggio 2016 - 27 novembre 2016 Giardini e Arsenale, Venezia www.labiennale.org/it/architettura/index.html ≥
È ospitata a Palazzo Fava, a Bologna, la mo-
È stata inaugurata il 28 maggio la mostra
Continua fino al 27 novembre la Bienna-
stra dedicata al pittore americano Edward
fotografica LACUNA/AE. Identità e Archi-
le Architettura 2016, diretta da Alejandro
Hopper, organizzata da Fondazione Cari-
tettura Moderna a Venezia, curata da Eleonora
Aravena, con 64 Partecipazioni Nazionali
sbo, Genus Bononiae e Musei nella Città
Milner ed Elena Caslini, in collaborazione
distribuite tra Padiglioni storici ai Giardini,
in collaborazione con il Whitney Museum
con l’Archivio della Comunicazione del Co-
Arsenale e città di Venezia, insieme a 88 par-
of American Art di New York. L’esposizio-
mune di Venezia.
tecipanti alla mostra Reporting from the Front
ne comprende oltre 60 opere del maestro
L’esposizione raccoglie oltre cento fotografie
esposta lungo un percorso dal Padiglione
che coprono l’intera produzione di Hop-
scattate da diciassette fotografi italiani che
Centrale dei Giardini fino all’Arsenale. Il
per, dagli acquerelli parigini ai paesaggi e
hanno documentato alcune ex aree industriali
programma è ricco e articolato, con ulteriori
scorci cittadini degli anni ‘50 e ’60, tra cui
di Venezia riqualificate nella seconda metà del
tre Progetti Speciali, un calendario di incon-
celebri capolavori come South Carolina Mor-
‘900. La mostra è un racconto visivo di una
tri di conversazioni sull’architettura, infi-
ning (1955), Second Story Sunlight (1960), New
parte mancante della storia di Venezia, fatta di
ne con le opportunità offerte dalle attività
York Interior (1921), Le Bistro or The Wine Shop
architetture e architetti ma anche, e soprattut-
Educational di guida e laboratori, insieme alla
(1909), Summer Interior (1909).
to, di persone che abitano e vivono quei luo-
Biennale Sessions rivolta alle Università.
Nelle opere esposte si ritrovano i temi più
ghi. Il percorso espositivo parte dall’Isola della
Il titolo richiama l’attenzione su un’attività
frequentemente sviluppati da Hopper: la
Giudecca, con l’ex fabbrica Trevisan, trasfor-
progettuale e costruttiva svolta sul fronte
figura femminile e il rapporto di introspe-
mata da Gino Valle nel complesso residenziale
delle nuove attuali sfide sociali, economiche
zione che si genera tra interno ed esterno
IACP, passa per Murano e per Mazzorbo, con
e ambientali. Cosa si sta costruendo dove vi
grazie al passaggio della luce solare attraver-
il complesso di Giancarlo De Carlo, e continua
è segregazione, disuguaglianza, migrazione
so le finestre.
con l’ex area S.A.F.F.A riprogettata da Vittorio
causata da guerre o miseria, disastri naturali,
L’esposizione è curata da Barbara Haskell,
Gregotti. Il Villaggio Laguna di Campalto in-
crisi economica? Il curatore Alejandro Ara-
curatrice della sezione dipinti e sculture del
troduce all’ultima parte della mostra dedicata
vena afferma che questi sono “nuovi ambiti
Whitney Museum of American Art, in col-
al Camping Fusina di Carlo Scarpa e al Lido
di azione” nei quali l’architettura sta cercan-
laborazione con Luca Beatrice.
Liberty.
do di dare delle risposte.
di Valentina Manfè
4 OFFICINA*
di Margherita Ferrari
Le declinazioni di questa ottimistica idea del
Fronte presentate nei padiglioni nazionali sono molto diverse tra loro, ma forse quella della Spagna, vincitrice del Leone d’oro per la miglior Partecipazione Nazionale, colpisce più di altre per l’attualità e la portata degli effetti della crisi economica sull’architettura. Con il titolo Unfinished, i curatori Carlos Quintáns Eiras e Iñaqui Carnicero mettono in mostra le fotografie di edifici in cantiere non terminati a causa della crisi immobiliare. Propongono una riflessione sull’idea di rovina contemporanea attraverso la sua ridefinizione come opera non finita in continua evoluzione, per delineare una visione critica del disastro attuale. In questo modo è possibile esplorare le potenzialità creative del non finito e della situazione di crisi economica, purché si cambino le strategie progettuali. Infatti, nell’altra sezione della mostra si possono vedere 67 progetti realizzati in Spagna che dimostrano come pensando in termini di semplificazione, incorporazione e adattamento si possa produrre architettura di qualità, anche con poche risorse. 55 progetti sono stati scelti dai curatori e raggruppati in 9 categorie che esemplificano la nuova strategia progettuale, mentre i restanti sono stati selezionati con un concorso pubblico. La mostra è completata da 11 video interviste ad architetti e critici, tra cui Kenneth Frampton e Sou Fujimoto, il tutto in un allestimento molto essenziale.
di Massimo Mucci
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Nowadays, talking about migration seems to be an obvious and sometimes
different points of view. They can be very distant from each other, but not
abused issue; simply opening a newspaper you are overwhelmed by news
for this less capable of building a relationship between people, places and
about immigration drama, atrocities during sea trips and about the inad-
different species. Migration will be described as a social contamination be-
equacy of policy responses. Terms like immigrant, clandestine, smugglers,
tween migrants and residents, as an urban transformation or technological
barges, etc. are really common in the daily news where all that is “migrant”
innovation, as a contamination between arts, as a stimulus for recycling or
is labeled as a “problem”, forgetting that migration is much more wide-
as a species transformation in an evolutionary path which sees a powerful
spread and frequent than you can think. In fact, human migrations are
innovation engine the migration.
just one of the many faces of a phenomenon that is projected on activities
The articles, written by architects, designers, urban planners, anthropolo-
concerning the alive and the inanimate: people, animals, things, ideas and
gists, chemists and botanists demonstrate how it is necessary to reflect a
even whole cultures migrate, contaminating each other and thereby generat-
particular propensity to transdisciplinary dialogue on migrations, where
ing innovation, development and growth.
cultural barriers may give way to contamination, to create a new multi-
Surely human mass movements, especially those caused by wars, poverty
centric vision capable of being aligned with today’s world evolution.
and discrimination, are one of most important phenomena of our time, both in social and geopolitical terms. But what is even more relevant, are the often obvious responses, generated by this phenomenon. Walls, barriers and boundaries arise everywhere trying unsuccessfully to curb migration, without understanding its most deep reason. But concrete and barbed wire walls are not the only existing barrier: the most resistant one are social and cultural walls. They are conceptual barriers that hinder progress and growth with their strength, altering perceptions and defining the point of view, obstructing dialogue and limiting sharing possibilities. It is precisely at these barriers that OFFICINA*’s present number turns to, with the aim of reading the migration phenomenon from unusual and
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Alessandra Ciarmela
O
ggi, parlare di migrazioni appare un tema
Non esistono però solo muri di cemento e filo spinato: le barrie-
scontato e talvolta quasi abusato; basta
re più resistenti sono quelle sociali e culturali, barriere concet-
aprire un qualunque quotidiano e si fi-
tuali che con la loro forza ostacolano il progresso e la crescita,
nisce per essere sommersi dalle notizie
che alterano le percezioni e definiscono i punti di vista, che
che ci raccontano del dramma dell’im-
occludono il dialogo e limitano la condivisione.
migrazione, delle atrocità del viaggio e
È proprio a queste barriere che guarda questo nuovo numero di
dell’inadeguatezza delle risposte della politica. Termini come
OFFICINA*, con l’intento di leggere il fenomeno migratorio da
immigrato, clandestino, scafisti, barconi sono ormai parte della
punti di vista inusuali e differenti tra loro, a volte molto distan-
cronaca quotidiana dove tutto ciò che è “migrante” viene eti-
ti, ma non per questo meno capaci di costruire una relazione
chettato come “problema”, dimenticando che il migrare è un’a-
tra popoli e luoghi differenti. La migrazione sarà allora conta-
zione molto più diffusa e frequente di quanto si possa pensare.
minazione sociale tra migranti e abitanti, sarà trasformazione
Le migrazioni umane sono infatti solo una delle tante facce di
urbana o innovazione tecnologica, sarà contaminazione tra arti
un fenomeno che si proietta, a livello globale, su tutte le attività
e stimolo per il riciclo in un’economia circolare o ancora sarà
che riguardano essere animati e non: migrano persone, animali,
trasformazione della specie in un percorso evolutivo che vede
cose, idee e anche intere culture, contaminandosi l’un l’altra e
nella migrazione un potente motore di innovazione.
generando, in tal modo, innovazione, sviluppo e crescita.
Gli articoli, scritti da architetti, designer, urbanisti, antropolo-
Certamente gli spostamenti umani, specie quelli provocati da
gi, chimici e botanici dimostrano come il riflettere sul migrare
guerre, povertà o discriminazioni, si presentano come uno dei
richieda una particolare propensione al dialogo transdisciplina-
fenomeni di maggior evidenza del nostro tempo, sia sul piano
re, dove le barriere culturali lascino il posto alla contaminazio-
sociale che su quello geopolitico, ma ciò che risulta ancora più
ne, per dare forma a una visione nuova, multicentrica, e capace
evidente è la risposta, spesso scontata, che scaturisce da tale
di stare al passo con l’evoluzione del mondo che oggi abbiamo
questione. Nascono così muri, barriere e confini che tentano,
di fronte. ♦
spesso senza successo, di arginare la migrazione, senza in realtà cercare di affrontare e capire le sue ragioni più intime.
di Emilio Antoniol
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Da questa parte del mare Rotte navali e migranti, narrazioni e incontri sul confine Sud-europeo1
Irene Leonardelli è laureata in “International Migration and Social Cohesion”, Master coordinato da University of Amsterdam, Universidad de Deusto, University College Dublin. Ora è assistente di ricerca presso l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni a Berlino. e-mail: ireneleonardelli@gmail.com
C
di Irene Leonardelli ome molte altre isole disseminate nel Mar Mediterraneo e dunque localizzate a cavallo della linea immaginaria che costituisce il confine più a sud del continente europeo, la Sicilia è oggi una delle più importanti regioni di transito per i flussi migratori
“irregolari” transcontinentali. Infatti, per molti migranti e richiedenti asilo provenienti dal “Sud” del mondo e in fuga da guerre,
This article explores what it means for people to live on the Southern-most European border, and thus in a place where specific national and international (European) politics converge in the management and control of the entry of undocumented migrants and asylum seekers. By putting the narratives and the every-day life of people at the center of its anthropological/sociological analysis, this research examines how different local actors have adapted or reacted to the continuous arrival of migrants in their village and to the consequent institutionally racialized organization of space. In particular, it stresses how individuals’ personal/subjective histories as well as collective interpretations of the local history and identity underpin different place-making and race-making practices within the same social context, ultimately enabling or disabling ‘meaning ful contact’ between local people and migrants.
persecuzioni e povertà, il Mediterraneo rappresenta lo spazio che li separa dall’opportunità di una vita più sicura e più ricca in Europa o più in generale nel “Nord” del mondo. Questo flusso migratorio rappresenta l’inevitabile conseguenza dell’ordine globale entro cui viviamo, un ordine costituito da immense disuguaglianze sociali, economiche e politiche che determinano vite (e morti) radicalmente diverse nei diversi luoghi del mondo e, spesso, nello stesso luogo (Knowles, 2003, p.3). Ma come si vive su un’isola di confine? Cosa vuol dire confrontarsi quotidianamente con l’arrivo dal mare, di persone in cerca di una terra sicura, di nuove condizioni di vita e di pace? Per rispondere a queste domande ho passato diversi mesi nella Sicilia Sud-orientale dove tra l’inizio del 2013 e l’inizio del 2016 sono arrivati molti dei 434.6002 migranti che hanno raggiunto le coste italiane su vecchie e malconce “carrette” di legno o su sgonfi gommoni sovraccarichi, sfidando le intemperie del mare dopo lunghi e pericolosi viaggi attraverso il Nord Africa. Principale luogo della mia ricerca è stato un paesino (da qui in avanti citato come P)3 collocato sulla punta più meridionale dell’isola. Ho osservato, partecipato, curiosato e soprattutto ascoltato questa parte di isola e i suoi abitanti, cercando di sbrogliare alcuni degli intrecci e dei paradossi che rendono un luogo di confine un luogo di incontro (e di scontro). La mia analisi si è soffermata in particolar modo sulle narrazioni e sulla vita quotidiana di due gruppi di persone, che si distinguevano all’interno del paesaggio sociale di P: gli anziani marinai ormai in pensione e
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un attivo gruppo di giovani studenti, lavoratori, disoccupati. Le isole sono luoghi definiti da una solitudine geografica determinata e mediata dal mare che le circonda. Per questo, come dimostrano diversi studi sociologici e geografici, l’identità di coloro che sono nati e cresciuti su un’isola tende ad essere caratterizzata, da un lato, da un forte senso di appartenenza alla terra e all’immensa macchia blu che la circonda e, dall’altro, da una spiccata curiosità e attrazione per ciò che c’è al di là e per chi e che cosa può arrivare attraverso il mare (Hay, 2006, p. 21; King, 2009; Baldacchino, 2012). Questa inclinazione risulta particolarmente evidente a P. Del resto, la stragrande maggioranza della manodopera maschile è storicamente impegnata nel settore marittimo: durante tutto l’Ottocento, molti trovarono lavoro nel cantiere navale locale, altri venivano assunti come marinai da piccole compagnie di commercio marittimo che trasportavano cereali attraverso il Mediterraneo. Più tardi, nel Novecento, quando le piccole imprese nazionali vennero gradualmente sostituite da compagnie internazionali, gli abitanti di P trovarono lavoro come mozzi, marinai, ufficiali e capitani su grandi
le rotte marittime di naviganti, di emigrati, di immigrati che si incrociano al largo della Sicilia Sudorientale sono oggi molteplici
navi da carico e da crociera. Tutt’oggi l’80% degli uomini locali è impegnato in questo settore e trascorre molti mesi dell’anno navigando per mare e lontano dalla terraferma (salvo breve sosta nei porti del mondo).
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le politiche dell’accoglienza tendono a limitare il contatto, la conoscenza, lo scambio tra le persone che arrivano e gli abitanti dell’isola di fatto lo aboliscono, negandolo
“Chi non voleva o non poteva navigare, doveva emigrare” - rac-
perfettamente alla percezione dei marinai in pensione: il centro di
contano i marinai in pensione. A partire dalla fine dell’Ottocento
prima accoglienza, dal 2015 identificato come hotspot 4 dove vengo-
ma soprattutto dopo la fine della Seconda guerra mondiale, miglia-
no accolti i migranti/richiedenti asilo al loro arrivo e dove restano
ia di persone emigrarono infatti in cerca di fortuna, su grandi navi
per mesi in attesa che qualcuno decida del loro destino, è una co-
passeggeri, verso le Americhe.
struzione recintata, sorvegliata a tempo pieno dalle forze dell’ordi-
Negli ultimi anni P, storicamente un paese di marinai ed emigrati,
ne, distante dal centro storico del paese e inaccessibile a chi non vi
si è trasformato in un paese di approdo per decine di migliaia di
“appartiene” o vi lavora. Questa struttura di ricezione separa fisi-
migranti e rifugiati. Così le rotte marittime di naviganti, di emigra-
camente le persone e le quotidianità di migranti e abitanti, il bianco
ti, di immigrati che si incrociano al largo della Sicilia Sud-orientale
dal nero, e si configura così come istituzione neo-coloniale in terra
sono oggi molteplici.
europea, torretta di controllo della fortezza Europa su un confine
Nelle narrazioni dei marinai in pensione, la vita sulla nave dove
che non permette la costruzione di alti e saldi muri o lo schiera-
trascorrevano la maggior parte dell’anno viene sempre relazionata
mento di eserciti: il mare è un confine liquido, difficile da gestire.
all’ignoto, al viaggio, all’avventura, alla scoperta di popoli e culture
Le politiche dell’accoglienza tendono a limitare il contatto, la
nei porti del mondo, nonché alla lontananza da ciò che è famiglia-
conoscenza, lo scambio tra le persone che arrivano e gli abitanti
re, noto, prevedibile e conosciuto. I giorni di lavoro a mare sono
dell’isola - di fatto lo aboliscono, negandolo.
sinonimo di fatica, nostalgia e senso di estraniazione, in contrap-
In questo contesto i piccoli gesti di solidarietà quotidiana possono
posizione con i brevi periodi di ritorno a casa, alle radici e dunque
trasformarsi in significativi atti sovversivi.
al riposo, “la quiete dopo la tempesta”. Questo contrasto sembra
Infatti, se da un lato i marinai in pensione riescono ad annullare la
diventare ancora più accentuato dopo il pensionamento, con il ri-
presenza dell’Altro all’interno di P, perpetuando le linee di significa-
torno permanente al paese natio, quando i ricordi di viaggio si tra-
to che da sempre caratterizzano le loro biografie e facilitati dall’orga-
sformano in racconti di avventura, quasi leggende, che eroicizzano
nizzazione dello spazio dell’accoglienza, dall’altro molte persone del
la vita di mare ed “esoticizzano” l’incontro con l’Altro.
paese non restano distanti e indifferenti all’arrivo dei migranti e alla
Per questo la presenza di migranti e rifugiati all’interno del pae-
tragicità che caratterizza la traversata del Mediterraneo.
se sembra stonare con il “senso di luogo”, sense of place (Knowles,
La realtà che più risalta, in questo senso, a P, è quella di un grup-
2003), dei marinai e dunque con la geografia emozionale dei luoghi
po di ragazzi locali che si ritrova quotidianamente in un caffè/
della loro vita: l’alterità, il nero, il diverso, appartengono ad altre
bar/centro culturale per leggere, chiacchierare, suonare o sempli-
terre, all’avventura, al viaggio e non al contesto famigliare del pae-
cemente passare il tempo. Sono studenti, disoccupati, lavoratori
se, unico porto sicuro e conosciuto. I migranti continuano ad arri-
– figli di pescatori e marinai – in bilico tra la voglia di andare (emi-
vare a migliaia, ad annegare o a essere salvati nel “mare-di-fronte”,
grare verso il “continente” in cerca di lavoro e di opportunità) e
ma di fatto restano estranei alla quotidianità dei marinai: diventa-
restare (perché nonostante la disoccupazione e le ingiustizie non
no ai loro occhi invisibili, ignorabili, se non addirittura elemento
c’è luogo più bello dell’isola, del loro paese di mare). Nei racconti di
fastidioso, incompreso, fuori-luogo.
questi ragazzi, nelle loro storie di vita, la dicotomia identitaria tipi-
In questo contesto, le politiche dell’accoglienza sembrano adattarsi
ca dell’isolano si rivela chiaramente: il forte senso di appartenenza
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al luogo di nascita, alle radici, si giustappone alla voglia di scoprire
locali e migranti giocano insieme, suonano, cucinano, imparano
ciò che c’è al di là del mare. Ma questa curiosità non sembra essere
l’italiano, diventano amici.
determinata unicamente dall’intrigante dinamica spaziale isola-
Certo non tutti i ragazzi locali fanno parte di questa realtà e allo
mare-continente, mediata dall’immensità dell’orizzonte; sembra
stesso tempo non sono solo i ragazzi che orbitano intorno a questo
infatti essere influenzata significativamente anche da quella che
bar, ad aprire all’Altro se stessi e il proprio “senso di luogo”, a
è percepita essere come la storia e l’identità collettiva del paese.
dimostrarsi solidali e disposti a reagire alle pratiche istituzionali
Secondo questi ragazzi, infatti, un popolo di marinai e di emigrati
che fanno di un paese di confine un avamposto militare che guar-
non può che essere aperto, ospitale e solidale verso chi decide o è
da impassibile il mar Mediterraneo trasformarsi in un cimitero di
costretto ad andarsene dalla propria terra. L’apertura verso chi ar-
massa. C’è il professore che impara l’arabo per comprendere le sto-
riva non è solo un’esperienza (e di fatto una sorta di “viaggio” che
rie dei migranti, l’amministratore in pensione che non esce mai di
si compie a casa propria), ma si trasforma nell’espressione coerente
casa senza una tavoletta di cioccolato da regalare ai migranti che
e concreta di un immaginario collettivo costruito sui concetti di
incontra, il libraio che non accetta parole razziste nel suo locale e
partenza, lontananza, nostalgia, ricerca e su tutta la sofferenza e la
organizza eventi pubblici per sensibilizzare e dare voce ai prota-
bellezza che questi implicano. È all’interno di questo contesto che
gonisti di questo esodo contemporaneo. Ma non solo: la rete di
scaturisce la voglia di comprendere, organizzare e mettersi in gio-
solidarietà che emerge all’interno di P diventa supporto concreto
co. Così, progressivamente, con determinazione e curiosità, questo
al migrante laddove le politiche di ricezione falliscono clamoro-
gruppo di ragazzi è riuscito a creare all’interno di P uno spazio at-
samente e creano sofferenza. Negli ultimi anni questo gruppo di
tivo d’incontro, condivisione e dialogo tra attori locali e migranti.
cittadini attivi ha ospitato migranti e richiedenti asilo nelle proprie
Uno spazio flessibile che sfida le gerarchie spaziali dell’accoglienza
case quando questi venivano respinti inspiegabilmente dal centro
e del controllo fisico delle persone: dal bar alla spiaggia, dal piaz-
di prima accoglienza, ha offerto supporto legale e medico, cerca-
zale adiacente al centro di accoglienza alla piazza del paese, ragazzi
to informazioni, procurato un pasto caldo, alzato la voce, resisti-
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piccoli gesti di solidarietà quotidiana possono trasformarsi in significativi atti sovversivi
to. Insomma, ha trasformato uno spazio di confine in un luogo di incontro e di ascolto, un luogo dove semplici atti quotidiani si oppongono a un’organizzazione politica e spaziale che produce e riproduce diseguaglianze, razzismi, esclusioni. Il confine in questo modo tende a trasformarsi da mera istituzione politico-geografica a punto d’incontro, cantiere di negoziazione d’identità: è concepito e vissuto come luogo dove le pratiche dell’accoglienza prendono forma a partire da una profonda riflessione storico-politica, anziché produrre e riprodurre un’organizzazione razziale e coloniale dello spazio. In sintesi a P, dove centinaia di migranti arrivano ogni settimana attraverso il mare, le persone dialogano con l’apparato istituzionale che gestisce le politiche di ricezione in maniere decisamente diverse: le storie di vita personale, così come le interpretazioni collettive dell’identità del luogo giocano un ruolo decisivo nel trasformare il confine in uno spazio di scontro, segregazione e indifferenza o in un luogo di incontro, condivisione, riflessione. ♦
12 OFFICINA*
NOTE 1 - Questo articolo è una rielaborazione della tesi di laurea magistrale dell’autore, finita di scrivere a maggio 2015 presso la University College Dublin. Titolo della tesi: “Roots and Routes on the European border-space: A people-centered study on place-making and race-making processes in a Sicilian sea village”. Relatori: Dr. Alice Feldman (University College Dublin), Dr. Andrea Ruiz Balzola (University of Deusto, Bilbao), Dr. Barak Kalir (University of Amsterdam). 2 - Fonte: Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM). 3 - Questo articolo prende forma a partire da un’analisi antropologica/sociologica e non da un’indagine giornalistica. Per questo motivo, i nomi propri di luoghi e persone non saranno rivelati apertamente al fine di proteggerne l’identità e la privacy. 4 - Gli hotspots sono strutture di prima accoglienza ai fini dell’identificazione, della registrazione e del rilevamento delle impronte digitali (Commissione Europea, 2015). BIBLIOGRAFIA - Baldacchino G., “Immigrants, tourists and others from away: ‘Come visit, but don’t overstay’: the welcoming society of Prince Edward Island”, International Journal of Culture, Tourism and Hospitality Research, 6(2), 2012, pp. 145-153. - Baldacchino G., “Islands and the offshoring possibilities and strategies of contemporary states: insights on/for the migration phenomenon on Europe’s southern flank”, Island Studies Journal, 9(1), 2014, pp. 57-68. - Commissione Europea, “Il meteodo basato sugli hotspots per la gestione dei flussi migratori eccezionali”, Com-
missione europea, 2015. Scaricabile da ec.europa.eu/dgs/home-affairs/whatwe-do/policies/european-agenda-migration/background-information/docs/2 _ hotspots_it.pdf. ≥ - Hay P.R., “A phenomenology of islands”, Island Studies Journal, 1(1), 2006, pp. 19-42. - King R., “Geography, islands and migration in an era of global mobility”, Island Studies Journal, 4(1), 2009, pp. 53-84. - Knowles C., “Race and social analysis”, Sage, 2003. - Knowles C., Alexander C., “Making race matter: bodies, space and identity”, Palgrave Macmillan, 2005. - Linke U., “Fortress Europe: Globalization, Militarization and the Policing of Interior Borderlands”, TOPIA: Canadian Journal of Cultural Studies, (24), 2010, pp 100-120. - Linke U., “Reimagining Alterities: The Formation of Identities through Memory, History, and Place”, Reviews in Anthropology, 41(3), 2012, pp. 188-212. - Mountz A., Coddington K., Catania R.T., Loyd J.M., “Conceptualizing detention Mobility, containment, bordering, and exclusion”, Progress in Human Geography, 37 (4), 2012, pp. 522-541. - Valentine G., “Imagined geographies: geographical knowledges of self and other in everyday life”, Human geography today, 1999, pp. 47-61. IMMAGINI Crediti: Irene Leonardelli. 01 - Dopo la traversata, Sicilia, 2015. 02/03 - Linee del confine Sud-europee, Sicilia, 2015.
03
Guerra, immigrazione e architettura Il viaggio dei migranti verso l’Europa
Jorge Lobos è fondatore di Emergency Architecture & Human Rights. Michele di Marco è direttore di Emergency Architecture & Human Rights. e-mail: contact@ea-hr.org
I
di Jorge Lobos e Michele di Marco l collasso della città Progettazione di città future più resilienti agli effetti della guerra. Con la distruzione delle città, tra gli altri effetti, si perde parte della civiltà e delle tacite regole di convivenza sociale che ciascuna città crea
nel tempo. L’architettura è parte integrante di questi modelli sociali e di convivenza collettiva. In Siria, ad esempio, durante i cinque
War, Immigration and architecture are concepts that we, architects, do not use to link. This text shows the immigrants journey towards Europe during the Syrian war. We found 6 steps and a dream, the dream of returning. In each of those steps there is an opportunity for an architectural project: 1 The city destruction. How can we create more resilient cities? 2 Refugee Camp. How can we transform refugee-camps into cities, and refugees into citizens? 3 International Oasis of Peace. How and where should the International oasis of peace be, on the route across the Sahara desert? 4 North African harbors. How economic development in North Africa can re-think the Mediterranean Sea as a joint common area between Europe and Africa? 5 Reception centers on the Mediterranean islands of the EU. How can we improve the first response of the EU to immigration on Greek and Italian islands? 6 Asylum seeker centers in the EU north. How and where should these centers be built? Being necessary to improve asylum seekers’ life condition and integration during the EU administrative procedures? 7 The dream of returning. Architectural interventions should consider the immigrant’s dream of returning. Returning to their culture, language, family and history. Last part of this human journey.
anni di guerra 11 milioni di persone, corrispondenti al 40% su una popolazione totale di 25 milioni di abitanti, hanno dovuto lasciare il loro paese, le loro città e le loro case per trasferirsi in luoghi lontani. Qual è il ruolo dell’architetto in queste circostanze? La proposta di Emergency Architecture & Human Rights è scoprire quali elementi della città sono permanenti e come si può aumentare il grado di resilienza delle città agli effetti della guerra. Può la città del futuro mitigare gli effetti della guerra? Siamo in grado di pensare e creare città di pace o città aperte che, attraverso il loro status internazionale, hanno il diritto e il dovere di mantenersi al di fuori dei conflitti armati, ma allo stesso tempo l’obbligo di accogliere e proteggere tutti i richiedenti asilo senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di religione o politica? Possono queste città essere scelte tra le più storiche e patrimoniali del pianeta, come ad esempio: Istanbul, Il Cairo, Gerusalemme, ecc.? Campi profughi o città d’accoglienza I campi profughi sono la risposta immediata e istantanea al collasso della città moderna, dovuto a conflitti sociali, cambiamenti climatici o catastrofi naturali. La loro costruzione è sempre più frequente anche se sono legalmente obsoleti in quanto progettati come luoghi provvisori con una durata di alcuni mesi. La realtà, però, dice che hanno una permanenza che varia tra i 7 e i 17 anni e possono ospitare centinaia di migliaia di persone. I campi profughi più longevi sono il prodotto di conflitti armati. Perché,
14 OFFICINA*
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quindi, non pensiamo ai campi profughi come città fin dalla loro
Porti del Nord Africa
formazione?
Sviluppo economico del Mediterraneo Africano.
Una serie di fattori politici impediscono questa trasformazione: i
Se la situazione politica si stabilizzasse, Bengasi, Tripoli, Tunisi,
campi profughi vengono costruiti in territorio straniero per stra-
Algeri, Alessandria avrebbero un enorme potenziale di sviluppo
nieri. Se riuscissimo a trasformare i campi profughi in città, po-
economico. Migliaia di migranti preferirebbero fermarsi nei pae-
tremmo anche modificare lo status di rifugiato in status di cittadino.
si del Nord Africa piuttosto di attraversare il Mediterraneo verso
I campi profughi danno pochi diritti ai rifugiati, li mantengono in
un’ Europa con cultura, religione, lingua e società tanto differenti
una situazione di transizione che ostacola la crescita e l’integrazio-
dalla loro.
ne sociale. A ciò si aggiunge l’insicurezza psicologica dovuta allo
L’Unione Europea e le Nazioni Unite, anzichè nella respinta dei
stato d’attesa e transitorietà che può durare per decenni.
migranti, dovrebbero investire energie e denaro nello stabilizzare
Un esempio eloquente che avrà un impatto drammatico sulla fu-
la situazione politica contribuendo a creare condizioni favorevoli
tura società siriana è il campo profughi di Al Za’atari in Giordania
allo sviluppo economico del Nord Africa.
dove attualmente vivono 120.000 siriani e dove solo 1/3 dei bam-
Il Mediterraneo si dovrebbe trasformare in un luogo di unione dei
bini in età scolare frequenta la scuola.
due mondi invece che di separazione, frontiera e morte di migliaia di esseri umani.
Il viaggio nel deserto
Industrie leggere, porti commerciali, aree internazionali protette,
Progettazione di Oasi Internazionali di pace.
dove i migranti in fuga dalle guerre possono trovare riparo, posti
Dopo aver sperimentato i campi profughi con la conseguente pre-
di lavoro e opportunità. La ricchezza di una città non si riflette
carietà psicologica e l’insicurezza sociale che causano, i richiedenti
solo nei suoi edifici, ma è rappresentata soprattutto dalle persone.
asilo decidono normalmente di abbandonarli. I più fortunati si tra-
Questi nuovi poli commerciali e di scambio potrebbero aumentare
sferiscono a casa di famigliari o amici nei paesi vicini. I più avven-
i loro mercati e gli scambi economici proprio grazie all’accoglienza
turosi, meno conformisti o semplicemente coloro i quali hanno
dei migranti, che in questo modo eviterebbero ancora una volta di
un maggiore reddito intraprendono il viaggio verso l’Europa, l’El
cadere in mano alle mafie, andando incontro alla morte.
Dorado del XXI secolo. Vi sono due rotte principali: Turchia, che ha chiuso le frontiere
Centri d’accoglienza nell’Unione Europea
spinta dall’Unione Europea, e il deserto del Sahara, dove i rifugiati
Le isole italiane e greche sono le prime tappe dei richiedenti asilo.
in preda alla disperazione si affidano alle mafie e ai trafficanti che
Secondo UNHCR1 nel 2015 sono arrivati in Europa più di un milione
conoscono i percorsi e i segreti del deserto.
di migranti e nello stesso anno più di 3.770 persone sono morte o sono
Qual è il ruolo dell’Architettura in questo contesto? La nostra pro-
scomparse attraversando il Mediterraneo.
posta è quella di progettare e costruire Oasi Internazionali di pace
I centri di primo soccorso e accoglienza (Cpsa) sono luoghi dove i
gestite dalle Nazioni Unite, con medici, assistenti sociali, militari,
migranti al momento del loro arrivo ricevono le prime cure mediche
cibo e acqua in modo tale da eliminare o quanto meno ridurre la
necessarie, supporto psicologico e sociale e possono richiedere la prote-
speculazione delle mafie e dei trafficanti.
zione internazionale. Successivamente, a seconda della loro condizione,
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03
vengono trasferiti nelle altre tipologie di centri dove ha inizio il lungo
esigenze dei tempi moderni. Questi centri dovrebbero essere all’in-
viaggio attraverso la burocrazia d’immigrazione europea.
terno delle nostre città, come piccoli luoghi interculturali e d’integra-
L’Architettura può e deve offrire soluzioni migliori rispetto alle
zione con gli abitanti locali. Non vi è alcuna ragione umanitaria per
strutture improvvisate e sovraffollate che ad ora li ospitano. L’Ar-
isolarli e separarli dalla popolazione locale.
chitettura ha gli strumenti per offrire una migliore accoglienza e
B. La fase d’integrazione. Dopo aver ricevuto lo status di rifugia-
luoghi dove la dignità delle persone sia alla base del progetto e
to inizia il periodo d’integrazione. I comuni del Nord Europa sono
dell’integrazione con la comunità autoctona.
obbligati dalla legge a trovare delle soluzioni rapide ed efficaci per ricevere i rifugiati. Questi paesi utilizzano edifici pubblici e privati
Centri d’asilo in Nord Europa
per soddisfare l’esigenza: alberghi, camping, scuole, aeroporti abban-
Il Nord Europa, offrendo più opportunità lavorative ed essendo più
donati (aeroporto Tempelhof di Berlino), case di cura per anziani,
sviluppato economicamente, è la destinazione principale dei migran-
ecc. In Danimarca Emergency Architecture & Human Rights sta
ti che approdano in Europa. La permanenza si divide in due fasi:
sviluppando progetti che fondono gli spazi vuoti delle città con le
A. Centri d’accoglienza protetti. Germania e Scandinavia offrono
nuove esigenze abitative dei rifugiati. Non vi sono al momento re-
centri molto simili a campi profughi dove il periodo d’attesa per i
gole o criteri per disegnare e progettare questi spazi anche se, in
migranti dovrebbe variare da 1 a 2 anni. In realtà la maggior parte
collaborazione con il Governo Danese, li stiamo individuando. Si
di essi vivrà in questi centri tra 3 e 5 anni vedendo paralizzata la
ascrivono tra gli obiettivi: aumentare la sensazione di permanenza e
propria vita e senza poter contribuire alla crescita del paese di cui
appartenenza ai luoghi, eliminare la transitorietà, diminuire gli spazi
aspira a far parte.
collettivi, integrare i luoghi con centri comunitari esistenti. In altre
In Danimarca, ad esempio, il campo di Kongelund si trova in una
parole contribuire al raggiungimento dello status di cittadino che tutte
zona rurale a 16 km da Copenaghen e accoglie 350 persone che
le città dovrebbero dare all’essere umano per la sola ragione di esistere.
ricevono 6 euro al giorno (cifra irrisoria se si considera che un biglietto andata e ritorno per Copenaghen costa tra 7 e 8 euro). Non
Il sogno del ritorno
sono inoltre autorizzati a lavorare o a effettuare qualsiasi attività di
Questo viaggio non termina ottenendo il permesso di soggiorno.
volontariato nel mercato del lavoro.
Date le difficoltà incontrate dai migranti nel nuovo paese (mino-
La Croce Rossa afferma che in questi centri i richiedenti asilo re-
ri opportunità rispetto a quelle previste, difficoltà d’integrazione,
cuperano dalle malattie fisiche ma vi è una crescita esponenziale di
ecc.) il luogo d’origine si mitifica e inizia la rivalutazione della cul-
problemi psicologici provocati, nella maggior parte dei casi, dalle
tura da cui provengono. Molti dei migranti così iniziano a sognare
condizioni d’asilo, dalla mancanza di prospettive e dall’isolamento
un ritorno al loro paese d’origine e chi non può farlo in vita chiede
a cui sono sottoposti. Questi campi sono tra carceri e centri d’ac-
di essere sepolto nella città natale o che le ceneri siano disperse
coglienza e sono in una posizione intermedia indefinita dall’Archi-
nel fiume dell’infanzia passata, così da poter chiudere finalmente il
tettura. La nostra professione non ha dato risposte a queste nuove
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cerchio di questo lungo viaggio. ♦
NOTE 1 - United Nations High Commission for Refugees. BIBLIOGRAFIA - UNHCR, The UN Refugee Agency, “Refugees/Migrants Emergency Response - Mediterranean”. www.data.unhcr.org/mediterranean/regional.php. ≥ - BBC News, “Why is EU struggling with migrants and asylum?”. www.bbc.com/ news/world-europe-24583286. ≥ - Mercy Corps, “Quick facts: What you need to know about the Syria crisis”. www.mercycorps.org/articles/iraq-jordanlebanon-syria-turkey/quick-facts-whatyou-need-know-about-syria-crisis. ≥ IMMAGINI 01 - Mappa rotte di migrazione verso l’Europa. 02 - Campo profughi – Al Za’atari, Jordan. 03 - Porto di Bengasi, Libia. 04 - Campo profughi – Al Za’atari, Jordan.
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Inter-territorial migration, life-style choices and dispersed urbanization
China’s next generation of migrants building hyper-networked rural-urban linkages
Dan Narita è dottorando in Urbanistica all’Università Iuav di Venezia. e-mail: dan_narita@hotmail.com
H
di Dan Narita ow China’s millennials and descendants of migrant workers will choose to live, will have a significant impact on the rural hinterland transformation, outside the metropolitan cities of China. When looking at rural-to-urban migration in China, citizens
are being divided into people with either an urban or rural hukou¹ registration. A starting point for thinking about future changes,
La migrazione costituisce un aspetto critico di una sempre più complessa rete di collegamenti tra città e campagna. Altrettanto cruciali sono i flussi di capitali, merci, energia, conoscenza, impatti ambientali e inquinamento che esistono tra le dense città metropolitane e gli insediamenti rurali dispersi. I flussi migratori di persone influenzano le forme di urbanizzazione delle città che sono in continua evoluzione. La realizzazione di megacittà cinesi negli ultimi 30 anni è infatti stata guidata da un afflusso di persone dalle campagne verso la città. Tuttavia, sempre più spesso, vi è un interesse per le zone rurali della Cina, dove attraverso una migrazione inversa la gente si sposta dalle città in insediamenti rurali isolati. L’articolo presenta cinque possibili scelte di stile di vita per la costruzione di nuove comunità e insediamenti nella Cina rurale. Una questione chiave, derivante dalla migrazione inversa, è come trasferire le conoscenze maturate nelle aree urbane in campagna, al fine di guidare la progettazione territoriale degli insediamenti rurali che devono essere concepiti per soddisfare le esigenze e gli interessi delle future generazioni di migranti.
and “back to the countryside” reverse migration could begin by looking at how younger generations of migrants in China may choose to live. The characters described hereunder, are people with five hypothetical life–style choices. While each person experiences unique circumstances, the five characters outlined may represent paradigmatic scenarios affecting life in remote areas undergoing change. Having the proposed life-styles multiplied with individual variations, would eventually create networks of “urbanizedrural” people. Growing networks of communities in a dispersed city would gradually have ripple effects on spatial-territorial transformations, and enable new trickle-down economies to emerge (Li et al. 2015). The five millennials presented here are An, Boqin, Changchang, Deming, and Eu-meh². An is a 24 year old daughter of retired migrant worker parents, who worked in Guangzhou city during the economic boom in the mid 90s. An was left in rural Huilong village, in Guangdong. She was raised by her grandparents, who were cultivating a small farm, merely harvesting enough to make ends meet (img. 04). She continues to help her family with their agricultural pursuits. Her family finds it increasingly difficult to etch out a livelihood. She is considering the possibility of leasing out the farm land as part of an agricultural integration program in her village. Nonetheless, she and her family are concerned over the possible eviction from their land by larger farming operations. Thus, the family is determined to independently farm their land. An is trying to obtain state farming subsidies.
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As a larger e-commerce company has set up a collection and distri-
he works to consolidate and industrialize several farms in their vi-
bution base in An’s village, her family started to offer traditional
cinity. Changchang is planning to modernize the farming opera-
local food products, through on-line (img. 03) retailing platforms
tion (Hu et al. 2015) by improved irrigation and water treatment
(Sitoh et al. 2014).
facilities. He appreciates water as a scarce commodity. He hopes
Boqin was born to a peasant family, holding a rural hukou sta-
to diversify by capitalizing on a purification plant and the mineral
tus. His wife, two children and parents live on a family farm in
drinking water industry. He sees the nearby Xinfengjiang Reservoir
Guangdong. Boqin, 32 year old, is a migrant worker, and can be
as a key future resource to expand the local economy. As part of a
considered part of China’s floating population (Liang et al. 2014).
younger educated group of farmers, he undertakes agriculture in a
As rural citizen working in Guangzhou city, he lives in slum-like
more technologically efficient manner. He is committed to introdu-
developments or informal urban villagesÂł (Wu et al. 2013) on a
ce cutting-edge urban know-how into the rural territory.
short-term basis. He works on building sites in larger cities to sup-
Deming, 39 years old, is the second generation of migrant workers.
port his family in the countryside. Boqin stays in cities for up to
He grew up in Guangzhou. His parents have exchanged their rural
six month at a time. When he returns to his family, he helps with
citizenship to an urban hukou. They have been fortunate to find
onerous farming activities. Boqin was able to save some income to
employment in the public sector. This enabled them to obtain ac-
extend their village house. The family is letting out the additional
cess to the state housing and welfare system. Deming excelled as
rooms, to short term holiday makers in the countryside. This provi-
a student. He was admitted to Harbin Institute of Technology, in
des the family a different source of income, independent from agri-
Shenzhen, and graduated in Energy Science & Engineering. With
culture. After working for a few more years in Guangzhou, Boqin
his background in energy science, he was taken on by a global re-
hopes to permanently return to Huilong village. His dream is to
newable energy company in Guangzhou. He set up his own clean-
build an additional home on the family land.
energy company, specializing in innovative wind, water and bio-gas
Changchang is 34 years old, and comes from a wealthier family in
technologies. With international and local aid programs, Deming
Guangdong. The larger agricultural operation of his family, allowed
has established a manufacturing plant for renewable energy design
his parents to let him pursue a university education. Changchang
solutions. He aims at improving his activity to an industrial scale.
graduated in Water-Soil Engineering at the China Agricultural
His mission is to promote the use of clean energy technologies in
University in Beijing. To up-scale the family agricultural business,
smaller rural towns. Deming also sees potential in the increasing
4
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02 IMMAGINI 01 - View of a village with rice field terraces in China. Increasingly, there is an interest in rural areas for recreation to escape away from large cities in China. Crediti: Juhku. 02 - Water pollution in China. The images shows cyanobacteria bloom contamination in Taihu lake, China. Crediti: Jixin Yu. 03 - “Urbanized” farmers could use digital business strategies and social media as one way to build business networks in dispersed settlements. Crediti: Everything Possible. 04 - Chinese farmer working on a rice field to maintain a livelihood. Crediti: Hung Chung Chih.
03
profitability of agricultural and food production in the countryside.
some villages in Guangzhou, which are implementing eco-tourism
He believes that agricultural production can be made more self-
(img. 01) concepts (Wang et al 2012) to revitalize abandoned villa-
sufficient by abandoning the dependence on carbon-based sources
ge. She is working towards developing her plot of land into a venue
of energy. He hopes to promote on-site renewable energy produc-
for agri-tourism and hobby farming. She is hiring local peasants to
tion by farming collectives. Due to his upbringing the Guangzhou,
cultivate the land and is converting some of the existing buildings
Deming can be regarded as a group of young urban-industrialists
into holiday accommodations. Eu-meh’s vision is to create an eco-
permeating into rural settlements.
farm holiday destination for urbanites in Guangzhou. Her plan is
Eu-meh is a 36 year old urbanite living in Guangzhou city. Her
to prepare local authentic cooking and food products at her farm.
parents are urban-industrial capitalists. They made their fortune
Imitating the western concept of organic food branding, she belie-
through a wood processing plant. Later, they focused on real estate
ves in a growing market for organic agricultural produce in larger
developments in the early 90s. Coming from an urban-elite family,
cities.
Eu-meh had the opportunity to be educated in the USA. She stu-
The five persons introduced show possible life-style choices for
died brand-management, and completed a degree in land economy.
carving-out livelihoods in rural areas. To improve their way of li-
Motived by her experience abroad, she hopes to combine her fa-
ving, all of the scenarios presented utilize metropolitan know-how
mily’s land development company with her interest for ecology and
in remote, dispersed settlements. They work towards creating new
landscape. Her awareness of environmental pollution (img. 02) in
hybrids between rural-urban values by meshing together local and
Guangdong and her passion for the countryside, inspired her to
global knowledge. What is likely to be crucial for a viable life in di-
acquire a larger plot of land close to the Xinfengjiang Reservoir.
spersed settlements, will be a continued proliferation of urban-rural
The land has a traditional country home with ancillary buildings
linkages by reciprocal migration between rural and metropolitan
for farming activities, and a small lake for fishing. Some of the land
communities. Territorial design needs to be reconsidered to cater
is forested, another part of the land is dedicated to farming. With
for the needs of people seeking a life with global participation, whi-
her training in marketing, Eu-meh is interested in rural-branding
le being in touch with rural life. A key question is what kind of set-
concepts, as well as in ideas of the New Rural Reconstruction Mo-
tlement spaces need to be conceived for future generations, living
vement (Tiejun et al. 2012) in China. She has previously visited 5
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in proliferated networks of rural-to-urban linkages? ♦
NOTE 1 - The Hukou system in China is a household registration system by which migrants with a rural hukou, who are working in cities, do not have the right to settle in cities, to access to public housing, and to apply to the welfare systems like people with an urban hukou passport. 2 - Translations of the Chinese names are: “An” means ‘peace’; Boqin is ‘win respect’; Changchang is ‘flourishing’; Deming is ‘virtue bright’; and Eu-meh translates as ‘particularly beautiful’. 3 - In Chinese metropolitan areas urban villages, as informal developments, have emerged out of rapid urbanization. In some cases villages within mega-cities have developed as enclaves providing affordable accommodation for the floatingpopulation, who may not have the right to permanently reside in cities. 4 - Rural land-use change pilot schemes are being discussed by the central government in Beijing, by which collectively owned farming land may be commercialized in the future. This would allow farmers to build villas for sale or to convert buildings for tourism related pursuits. 5 - The new Rural Reconstruction Movement in China is led by intellectuals, as a response to the crisis of rural life, communities and the environment in the Chinese Countryside. One of the NRR proponents. BIBLIOGRAFIA - Hu Y.X., Pan J.H., Chen Y. and Zhang J.H., “Spatiotemporal pattern of industrialization, information, urbanization and agricultural modernization of prefecture level cities or above in China based on ESDA and GWR”, Economic Geography 35(5), 2015, pp.45-54. - Yuheng L., Yurui L., Westlund H., and Yansui L., “Urban–rural transformation in relation to cultivated land conversion in China: Implications for optimizing land use and balanced regional development” Land Use Policy 47, 2015, pp. 218-224. - Liang Z., Li Z. and Ma Z., “Changing patterns of the floating population in China, 2000–2010”, Population and development review 40(4), pp.695-716, 2014. - Sitoh, M.K., Pan, S.L. and Cui, L., “The roles of opportunity processes in a social business model: insights from China’s ecommerce villages”, 2014. - Tiejun W., Kinchi, L., Cunwang, C., Huili, H. and Jiansheng, Q., “Ecological civilization, indigenous culture, and rural reconstruction in China”, Monthly Review 63(9), 2012, p.29. - Wang, J., Zhong, L. and Chen, T., “Evaluation of ecotourism development in rural regions of China”, Chinese Journal of Population Resources and Environment, 13(2), 2015, pp.162-168. - Wu, F., Zhang, F. and Webster, C., “Informality and the development and demolition of urban villages in the Chinese periurban area”, Urban Studies, 50(10), 2013, pp.1919-1934.
04
Migrazioni tecnologiche Un motore per l’innovazione in architettura
Emilio Antoniol è architetto Ph.D. in Tecnologia dell’architettura. e-mail: antoniolemilio@gmail.com Francesca Guidolin è architetto, dottoranda di ricerca in Nuove tecnologie per il territorio, la città e l’ambiente Tecnologia dell’architettura, Università Iuav di Venezia. e-mail: arch.francesca.guidolin@gmail.com
I
di Emilio Antoniol e Francesca Guidolin l settore edilizio, sebbene tra i più rilevanti a livello economico, è storicamente considerato come uno dei meno innovativi, poco propenso al nuovo e alla sperimentazione. La produzione industriale solitamente trova nella spinta tecnologica
(technolog y push) e nella richiesta dovuta a nuove esigenze di mercato (demand pull ) i due principali motori di innovazione mentre “il
The construction sector is one of the most important in economic terms but it is also considered one of the least innovative, resistant to experimentation. Generally, industrial production identifies itself in the technolog y push and in the demand driven by the new market needs (demand pull) these being two main innovation drivers. On the contrary, the building sector recognizes the technolog y transfer from other production fields as an innovation driver. The link between technolog y and migration is characterized by the transformation of systems, techniques, materials or processes in order to adapt to new contexts of application. Innovation migrates from one sector to another only when it is capable of adapting itself to new requirements, giving answers to specific problems, proving economic advantages and efficient plans of those performances. Although in recent years the subordinate position of the construction sector compared to other industrial sectors has changed, the technological transfer has been, and still is, one of the most effective drivers of this change. Indeed, some sectors have proved to be more capable in producing innovations that found in the building sector a fertile ground of application.
22 OFFICINA*
settore delle costruzioni, a causa di questa arretratezza, sarebbe da sempre tributario delle innovazioni che si verificano in altri settori trainanti” (Sinopoli, 2002). Innovazioni di tale natura sono definite “adattive”, cioè “che esistono già in altri settori e vengono trasferite e adottate da un altro settore industriale” (Davidson, 2002). Il trasferimento tecnologico diventa così un importante motore dell’innovazione, come già evidenziato nel 1978 da Martin Pawley, il primo a parlare del tema, nel suo saggio Technolog y transfer. Esso può essere definito come il “processo secondo il quale tecniche e materiali sviluppati in un ambito creativo, industriale o culturale sono adattati per diventare utili in altri ambiti creativi, industriali o culturali” (Kimball, 1967). Fondamentale in questa definizione è il concetto di adattamento in quanto “non si può considerare come vero trasferimento tecnologico l’applicazione isolata ed episodica di un materiale o sistema: si può invece parlare di trasferimento nel momento in cui tale tecnologia diventa di uso corrente nel settore ricevente” (Rossetti, 2008). Il legame tra tecnologia e migrazione si configura quindi come una trasformazione, un modificarsi di sistemi, tecniche, materiali o processi al fine di adattarli a nuovi contesti di applicazione. Tuttavia, l’innovazione migra da un settore a un altro solo quando si sa adattare alle nuove necessità, dando risposte a problemi specifici, dimostrandosi conveniente sul piano economico ed efficiente su quello prestazionale: “necessità”, “opportunità” e “mercato” sono parole chiave nella sua definizione (Rossetti, 2005).
01
Sebbene negli ultimi anni la posizione di dipendenza dell’edilizia
costruzione modulare e il concetto di integrabilità a essere passati
rispetto ad altri settori industriali si stia modificando grazie allo
dal cantiere navale a quello edile. Sebbene non sia ancora ipotiz-
sviluppo di grandi gruppi industriali capaci di creare “le occasioni
zabile un completo trasferimento di soluzioni e prodotti tra i due
e le risorse per una ricerca finalmente autonoma” (Sinopoli, 2002),
settori resta il fatto che “il dialogo che ha portato tecnologie del
il motore del trasferimento tecnologico è tuttora, uno dei più ef-
navale nell’edile e magari qualche suggestione dell’edile nel navale
ficaci, ma alcuni settori più di altri si sono dimostrati in grado
è sempre più fitto” (Rossetti, 2011) e quindi destinato a produrre
di produrre innovazioni che hanno trovato nell’edilizia un ferti-
nuove importanti innovazioni.
1
le campo di applicazione. L’articolo propone uno stato dell’arte su questo argomento nell’intento di inquadrare un fenomeno di
Contaminazioni biomimetiche: dalle nanotecnologie
grande rilevo nel panorama delle costruzioni.
all’esoscheletro Nel campo dell’innovazione tecnologica un importante passo in
La migrazione dal settore aereonavale
avanti è stato fatto grazie alla possibilità di operare sull’“infini-
Tra i settori più coinvolti nel processo di migrazione tecnologica
tamente piccolo” (10 -9) attraverso le nanotecnologie2 . Dai PCM
verso l’edilizia troviamo sicuramente quello aereonavale. Si pos-
(Phase Change Materials), agli HPM (High Performance Materials), l’e-
sono citare, infatti, molti esempi di trasferimento di materiali svi-
splorazione alla scala del nanometro sembra avere una derivazione
luppati per applicazioni aeronautiche o aerospaziali come le leghe
biomimetica: è infatti dal mondo naturale che traggono ispira-
leggere, prima fra tutte l’alluminio, o i materiali ultraleggeri e ul-
zione molte delle performance oggi appannaggio dei materiali na-
traresistenti come le scocche in vetroresina e in fibra di carbonio
nostrutturati. Per citarne alcune, le proprietà idrorepellenti delle
o ancora come il kevlar, una fibra leggera più resistente dell’accia-
foglie di loto vengono replicate oggi per lo sviluppo di superfici
io sintetizzata per la produzione di pneumatici soggetti ad alte
autopulenti, così come la superficie delle zampe del geco per la
pressioni. Tutti questi prodotti sono stati sviluppati per specifiche
loro forza adesiva. Tuttavia, dovranno ancora passare diversi anni
applicazioni ingegneristiche ma ora trovano diffusione anche in
affinché il settore dell’architettura possa considerare le nanotec-
edilizia. Dal settore spaziale arrivano invece i superisolanti tra cui
nologie come “valore aggiunto” più che “una caratteristica esoti-
il più noto è l’Aerogel - una miscela solida e leggera composta al
ca” (Rossetti, 2009).
99,8% da aria e per solo il 0,2% da silice - e gli isolanti riflettenti,
È storicamente la natura a ispirare una buona parte dei processi
sviluppati per proteggere i satelliti dalle radiazioni solari e ora ap-
di innovazione, non solo tecnologica, ma anche architettonica 3. Il
plicati anche nelle abitazioni.
termine biomimetica - in inglese biomimetics o biomimicry (Benyus,
Infine, uno scambio continuo e proficuo di tecnologie e materiali
1997) - definisce proprio quel processo di contaminazione del
avviene da sempre tra il settore navale e quello edilizio (Rossetti
mondo artificiale e tecnologico con quello naturale, attraverso l’i-
e Tatano, 2011). In questo caso non sono solo materiali - come il
spirazione a processi, qualità e meccanismi di evoluzione biologici.
legno estruso o prodotti resistenti alla corrosione - a essere mi-
Se per Ashby le ere geologiche dell’uomo possono essere definite
grati dal mondo della nautica a quello edilizio, ma sono anche
in base alla suo livello di manipolazione della materia sembra che
veri e propri sistemi e processi, come l’assemblaggio a secco, la
non sia così audace l’azzardo a riconoscere questa come l’Ecologi-
N.13 LUG-AGO 2016 23
è storicamente la natura a ispirare una buona parte dei processi di innovazione, non solo tecnologica, ma anche architettonica 02
cal Era (Ashby, Ferreira e Schodek, 2009). Afferma Pawlyn, tra i massimi sostenitori dell’approccio biomimetico in architettura e autore di Biomimicry and Architecture: “to understand the principles behind them, you can find some adaptations that can lead to new innovative solutions”4 (Pawlyn, 2011). Partendo dalla ormai consolidata ispirazione formale dell’architettura al mondo naturale o dalle proprietà chimico-fisiche del mondo animale, per giungere all’applicazione dei principi meccanici, il passaggio è breve: si parla, in questo caso, di “bionica” o “biomeccanica”, ed è l’ultima frontiera della migrazione tecnologica dal mondo animale a quello artificiale. Un sistema tra tutti risulta trasversale ai più differenti settori dell’innovazione: si tratta della rilettura tecnologica del “tegumento” di alcuni invertebrati, o esoscheletro. Nel mondo animale esso integra in un solo apparato differenti funzioni (dall’irrigidimento meccanico, alla resistenza agli attacchi esterni, fino alla
03
protezione e regolazione degli scambi di flussi interno/esterno). Si
Verso una migrazione digitale?
trasferisce al campo militare per ispirare la progettazione di eso-
Non sono quindi solo materiali e sistemi a migrare ma anche
scheletri di ausilio al trasporto di pesi ingenti (HULC acronimo
processi e idee sono oggetto di trasferimento tecnologico. Le tra-
di Human Universal Load Carrier e TALOS, Tactical Assault Operation
sformazioni che stanno coinvolgendo la produzione industriale
Suit) e ancora al mondo biomedico per la creazione di esoscheletri
negli ultimi decenni quali la digitalizzazione, la produzione “cu-
riabilitativi (ad esempio, Ekso Bionics e Rex Bionics).
stomizzata” e la fabbricazione digitale stanno lentamente trovan-
La cosa sorprendente è che negli ultimi anni, esso viene trasferito
do spazio anche nel settore edilizio (Paoletti, 2011). Se software e
anche al campo dell’architettura, per essere impiegato nell’ambito
strumenti di modellazione tridimensionale si sono ormai quasi del
della rigenerazione urbana (Montuori, Angi e Botti, 2014). Esso
tutto sostituiti ai metodi analogici di disegno, sul piano della pro-
assume il ruolo di sistema per la riqualificazione integrata del co-
duzione edilizia lo sviluppo di queste nuove tecnologie è ancora
struito, costituendo una struttura di rinforzo esterna, indipenden-
limitato, con i primi prototipi di architettura parametrica, di pro-
te dall’edificio: una sorta di evoluzione di quella “doppia pelle”
cessi robotizzati o di stampa 3D, in uno scenario che vede ancora
anch’essa di ispirazione biomimetica, alla quale però esso riesce
nell’edilizia un forte limite verso ciò che è nuovo, ma anche un
ad aggiungere funzioni spaziali nuove.
24 OFFICINA*
ambito dotato di grandi possibilità di sviluppo futuro. ♦
NOTE 1 - Secondo il report “Ricerca e sviluppo in Italia. Anno 2013” pubblicato da Istat nel dicembre 2015 la ricerca intra muros in Italia è aumentata del 1,1% tra il 2012 e il 2013, con una crescita nel settore industriale del 3,4%. Anche il settore delle costruzioni vede una notevole crescita in termini di R&S con un +15,4%. 2 - Il termine viene coniato da Norio Taniguchi dell’università di Tokyo e ripreso da Drexler in Engines of Creation: The Coming Era of Nanotechnology. 3 - Per un approfondimento del tema della biomimetica in architettura: P. Portoghesi, “Natura e architettura, abitare la terra”, Kappa, 2005. 4 - “Per capire I principi che stanno dietro, si possono trovare degli adattamenti che potrebbero portarci a nuove innovative soluzioni”. BIBLIOGRAFIA - Ashby M.F., Ferreira P.J., Schodek D.L., “Nanomaterials, nanotechnologies and design”, Elsevier, London 2009. - Benyus J.M. “Biomimicry,innovation inspired by nature”, HarperCollins, New York 1997. - Davidson C.H., “Tra ricerca e pratica: il trasferimento di tecnologia, l’osservatorio tecnologico e l’innovazione”, in Sinopoli N., Tatano V. (a cura di), “Sulle tracce dell’innovazione. Tra tecniche e architettura”, Francoangeli, Milano, 2002, pp. 158-167. - Kimball C., “Technology Transfer”, in “Applied Science and Technological Progress”, National Academy of Sciences, 1967. - Paoletti I., “Mass innovation. Emerging technologies for customized industrialization”, Maggioli, Rimini, 2011. - Pawley M., “Technology Transfer,” in Rethinking Technology, ed. William W. Braham and Jonathan A. Hale, Routledge, New York, 2007, p. 298. - Pawlyn M., “Biomimicry in Architecture”, RIBA publishing, Londra, 2011. - Rossetti M., “Il trasferimento tecnologico come motore dell’innovazione”, in Tatano V. (a cura di), “Oltre la trasparenza. Riflessioni sull’impiego del vetro in edilizia”, Officina, Roma, 2008, pp. 13-17. - Rossetti M., “Trasferimenti di tecnologie” in Voci di tecnologia dell’architettura, Tecnologos, 2005, pp. 185-190. - Rossetti M., “Le nanotecnologie applicate all’edilizia” in L. Cipriani (a cura di) DISEGNARECON vol.2, n.3, 2009. - Rossetti M., “Edile e navale: settori affini?” in “Costruire”, 2011, n. 336. p.52-58. - Rossetti M.,Tatano V., “Dall’architettura al navale e ritorno”, in “Il progetto sostenibile”, 2011, n.30, pp. 50-55. - Scott K., “Biomimicry in architecture and the start of the Ecological Age”, Wired, 2012. www.wired.co.uk/article/biomimicry-inarchitecture ≥ IMMAGINI 01 - Prototipo di esocheletro umano prodotto da Ekso Bionics. Crediti: Ekso Bionics. 02 - Braccio robotico utilizzato per costruzione della facciata in mattoni della Gantenbein Vineyard Facade, in Svizzera, 2006. Crediti: Gramazio & Kohler. 03 - Isolante termoriflettente per applicazione edilizia costituito da strati sottili di materiali isolanti e riflettenti combinati tra loro per agire anche sulla componente radiativa dell’onda termica. Crediti: Emilio Antoniol. 04 - Superficie rivestita con nano film in vetro (Nanopool GmbH). Crediti: Francesca Guidolin.
04
Yurta del pescatore Progetto di una struttura temporanea in sci riciclati per la Missione dei Padri Oblati di Maria Immacolata in Guinea Bissau
Marco Imperadori e-mail: marco.imperadori@polimi.it Federico Lumina e-mail: federico.lumina@mail.polimi.it Elisa Mutti e-mail: elisa_mutti@hotmail.com Ilaria Polese e-mail: ilariapolese@hotmail.com
I
di Marco Imperadori, Federico Lumina, Elisa Mutti, Ilaria Polese l progetto di una nuova Missione dei Padri Oblati di Maria a Cacine, Guinea Bissau, in piena foresta, è stato lo stimolo per immaginare una sinergia tra questa realtà lontana e varie entità coinvolte. Oltre a reperire materiale utile per la mis-
sione (fissaggi, corpi illuminanti, ecc.), si è deciso di valorizzare il lavoro dei tesisti Federico Lumina, Elisa Mutti e Ilaria Polese
In emergency and post-disaster situations one of the hardest issues to deal with regards the shortage of materials suitable to build temporary architectures. In this prospective, the following work starts analyzing a building’s potentiality structure of which is composed almost completely by recycled skis, covered by a textile envelope containing multilayer insulation capable of providing high-quality comfort for the users. This architecture typolog y addresses different purposes such as the materials’ low cost, construction speed and practicality, reversibility and reduced environmental impact, as skis are constituted by different layers of high-performance materials which are also difficult to dismiss if not through polluting processes. The shape comes from the Mongolian yurt archetype, modelled and adapted to improve the building’s energ y performances, especially exploiting passive behaviours. A real-scale prototype construction permitted to verify the assumptions made during the design phases. The built structure is now stable in an humanitarian mission in Guinea Bissau.
con lo sviluppo esecutivo e la realizzazione, presso la Scuola Edile ESPE di Lecco, di un prototipo in struttura leggera fatta di sci recuperati e di un involucro tessile con luce zenitale. In particolare la Yurta del Pescatore è inserita nel lavoro di tesi dei tre studenti come struttura temporanea di emergenza nell’ambito di un Centro di Primo Soccorso e Accoglienza per gli immigrati che numerosi sbarcano sull’isola di Lampedusa. La struttura è stata infatti pensata come un modulo montabile e smontabile in base alle esigenze del centro. La yurta del Pescatore, dedicata a Gian Pietro Imperadori, prende spunto dal disegno di Guido Scarabottolo “Il Pescatore” diventato scultura in EXPO Milano 2015 (in particolare presso il Cluster Isole, Mare e Cibo) e che al termine dell’Esposizione Universale, è stato messo all’asta, destinando il ricavato alle attività della missione. Il concept architettonico nasce dall’esigenza di trovare una forma che pur richiamando i canoni del concetto tradizionale di casa, fosse al tempo stesso particolarmente efficiente e funzionale dal punto di vista del trasporto. Analizzando gli archetipi di abitazioni derivanti dai popoli nomadi, la scelta è ricaduta sulla yurta asiatica, costruzione a base circolare, tutt’oggi in uso, con struttura leggera (quindi di facile trasporto) e rivestita con diversi strati a seconda delle occorrenze. La yurta, in riferimento alle analogie strutturali da cui si è partiti, è stata montata a Cacine all’inizio di febbraio 2016 grazie all’impegno di padre Natalino, coordinatore e veterano di quelle terre, Armando Caratelli di Mantova, Marco Baretti
26 OFFICINA*
01
e Renato Todeschini di Bergamo, che si sono occupati dell’esecuzione dei lavori insieme a ragazzi e ragazze del posto, e il geometra Piero Belotti partito per la Guinea nel novembre 2015 per la preparazione del cantiere. La struttura costruita in pochi giorni è stata impiegata inizialmente come campo base per la costruzione della missione e in seguito si è trasformata in una piccola cappella e aula per il catechismo dei bambini del luogo. L’obiettivo è quello di realizzare un edificio temporaneo per le emergenze, utilizzando materiali riciclati come gli sci usati. Si tratta di prodotti presenti in gran quantità e comportano un impegno non indifferente nel momento in cui devono essere smaltiti. Infatti le regioni alpine, in seguito all’affluenza turistica invernale, sono il luogo del fine vita di circa 1.500 tonnellate di sci usati all’anno, che sono spesso depo02
sitati in discarica. La loro struttura è particolarmente complessa in quanto i materiali che li compongono sono plastica, acciaio, legno e resine, legati con forti materiali collanti, che li rendono difficili da disassemblare e di conseguenza da smaltire se non mediante inceneritore. Diversi test e analisi sugli sci dismessi, hanno dimostrato che essi possiedono ancora buone caratteristiche di resistenza meccanica, tali da rendere possibile il loro impiego nella costruzio-
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03
la struttura nasce dall’idea di realizzare un edificio temporaneo per le emergenze, utilizzando materiali riciclati come gli sci usati
04
ne di strutture la cui stabilità statica è garantita dalla forma e dal
oppure possono essere aggregati più moduli fino a raggiungere di-
mutuo collegamento tra le parti. Per la costruzione della Yurta del
mensioni abitative consistenti. La realizzazione del progetto Yurta
Pescatore sono state utilizzate 130 paia di sci di dimensioni compre-
del Pescatore è stata possibile grazie all’aiuto di numerosi parteci-
se tra i 110 cm e i 190 cm di lunghezza, ai quali è stato necessario
panti. Primi tra tutti il Politecnico di Milano per la supervisione
rimuovere la porzione della punta, per evitare che l’eccessiva cur-
generale dell’opera e in particolare il prof. Marco Imperadori che
vatura in corrispondenza dei nodi compromettesse i collegamenti.
ha guidato gli studenti nel progetto, l’ing. Graziano Salvalai, par-
Si è partiti da una maglia regolare formata da una circonferenza di
ticolarmente prezioso nella fase di pre-montaggio, lo studio Ate-
base suddivisa da 24 assi radiali, a ciascuno dei quali corrisponde
lier2 e l’Arch. Valentina Gallotti per il project management e per lo
un modulo costituito da trave e pilastro di bordo. Travi e pilastri
sviluppo degli aspetti tecnologico-costruttivi, e infine i Missionari
sono elementi compositi costituiti dall’assemblaggio lineare di più
Oblati di Maria Immacolata, con l’impresa Todeschini, che hanno
sci, collegati tra loro mediante elementi distanziatori in legno trat-
trasportato e montato la struttura e che la utilizzeranno nell’ambi-
tato, in modo da creare un elemento composito caratterizzato da
to della loro missione umanitaria presso Cacine in Guinea Bissau.
buone proprietà di inerzia e di stabilità sia locale che globale. Nel
Un aiuto prezioso è stato inoltre dato dalla Scuola Edile ESPE di
complesso, la struttura presenta un diametro esterno di 6 m, copren-
Lecco durante il pre-montaggio e dall’Università Joseph Fourier
do una superficie di circa 30 m2. L’altezza interna, è pari a 1,7 m nel
di Grenoble per le ricerche effettuate nell’ambito di strutture con
punto inferiore in prossimità della cerchiatura perimetrale, raggiun-
materiali di riciclo oltre che dalle aziende che, sempre volte verso
ge poi un’altezza massima al centro pari a 3,8 m. L’areazione e illu-
l’innovazione, hanno fornito i principali materiali da costruzione.
minazione interna sono garantiti, oltre che dal modulo predisposto
In particolare Canobbio S.p.a. (per le lavorazioni al telo d’involu-
per l’ingresso, dalla presenza di un cupolino apribile collocato in
cro), Serge Ferrarì (per il telo in PVC), Marcegaglia (per i compo-
posizione zenitale, sostenuto da un pilastro composto da elementi
nenti in acciaio del pilastro centrale), SFS Intec (per gli elementi di
standard in acciaio per ponteggi edilizi.
giunzione), Cittadini S.p.a. (per gli elementi di protezione interni
La yurta è una struttura modulare e ripetibile, pertanto può essere
tra cui le zanzariere) e Velux Italia (per il cupolino ed il sistema di
pensata anche di dimensioni maggiori in base all’esigenza abitativa;
28 OFFICINA*
automazione). ♦
GLI AUTORI Marco Imperadori. Professore associato presso il Politecnico di Milano - Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito. Delegato del Rettore per i rapporti con il Sud-est asiatico. Federico Lumina. Dottore in Ingegneria Edile/Architettura laureato presso il Politecnico di Milano. Elisa Mutti. Dottore in Ingegneria Edile/ Architettura laureata presso il Politecnico di Milano. Ilaria Polese. Studente in Ingegneria Edile/ Architettura presso il Politecnico di Milano. BIBLIOGRAFIA - Bologna R., “La reversibilità del costruire: l’abitazione transitoria in una prospettiva sostenibile”, Maggioli, Firenze, 2001. - Bologna R., Terpolilli C., “Emergenza del progetto, progetto dell’emergenza: architettura con-temporaneità”, Federico Motta, Milano, 2005. - Cecere T., Guida E., Mango R., “L’abitabilità transitoria. La ricerca architettonica per nuove strategie abitative”, Fratelli Fiorentino, Napoli, 1984. - Claudi De S.Mihiel C. (a cura di), “Strategie integrate per la progettazione e produzione di strutture temporanee per le emergenze insediative”, Clean, Napoli, 2003. - Daudon D., “Innovation et Développement Durable dans les formations GC: Conception collaborative, réalisation d’un dome géodésique en skis usages.” Grenoble: Université Joseph Fourier, 2012. - Foti M., “Tecnologie povere per l’emergenza”, AGAT Editrice, Torino, 1999. - May J., “Buildings without architects. A global guide to everyday architecture”, Rizzoli International, New York, 2010. - Paoletti I., Pellavio M., “Innovare l’emergenza: tecnologie spalleggiabili per l’abitare in ambienti critici”, Associazione Nazionale Alpini - Centro Studi, Milano, 2005. - Perriccioli M., “La temporaneità oltre l’emergenza: strategie insediative per l’abitare temporaneo”, Kappa, Roma, 2005. IMMAGINI 01 - Struttura della Yurta del Pescatore, completa di controventi e cerchiature. Crediti: Federico Lumina. 02 - Dettaglio costruttivo della corona ottagonale di ancoraggio per le travi di copertura. Crediti: Elisa Mutti. 03 - Interno della Yurta del Pescatore. Crediti: Elisa Mutti. 04 - Ultimazione della Yurta del Pescatore a Cacine (Guinea Bissau). Crediti: Renato Todeschini. 05 - Dettaglio costruttivo di giunzione trave-pilastro. Crediti: Elisa Mutti. LINK UTILI - w w w . a t e l i e r 2 . i t /o p e r e / y u r t a - d e l pescatore/?lang=it ≥ -w w w.polimi.it/nc/storie-polimi/daglisci-usati-una-tensostruttura-temporanea-per-lemergenza ≥ -www.prointec.it/2016/02/09/in-direttada-cacine-guinea-bissau-foresta-equatoriale ≥
05
Design come transdisciplina Le migrazioni del pensiero nel progetto
di Chiara Scarpitti La cultura borghese moderna ha operato
Chiara Scarpitti è designer e Ph.D. in Design e Innovazione presso la Seconda Università degli Studi di Napoli. e-mail: chiarascarpitti@gmail.com
una netta separazione fra il mondo delle arti e quello della tecnica e delle macchine; così la cultura è stata rigidamente scissa in due mondi che si escludono a vicenda, quello scientifico, quantificabile e duro, e quell’artistico, qualificativo e morbido”1. Con queste parole Flusser descrisse nel saggio Sulla parola Design la divisione dei saperi che è
In contemporaneity, the knowledge fruition manners are radically changing and the design is increasingly becoming a “trans-discipline”, suggesting a pluralistic and horizontal idea of culture. Indeed, it hybridizes constantly humanistic studies, as philosophy, aesthetics, anthropolog y, with scientific studies, as material and machines engineering, productive processes. Design proposes a new mode of action, a cross-contamination that exceeds those that are the individual disciplines’ distinct and specific boundaries. The designers, therefore, will have to reinterpret reality through an ingenious ability to synthesize, in order to build an innovative project, doing thought “migrations”, which go beyond traditional disciplinary dichotomies, for a new relations’ system between different cultures, technologies and knowledge.
avvenuta all’interno della modernità. Nella contemporaneità, tuttavia, le modalità di fruizione dei saperi stanno radicalmente mutando e il design si sta configurando sempre più come “transdisciplina”, suggerendo così un’idea di cultura pluralistica e orizzontale. Con il suo ibridare costantemente studi umanistici, come la filosofia, l’estetica, l’antropologia, e studi scientifici, come, l’ingegneria dei materiali, delle macchine, dei processi produttivi, il design propone una nuova modalità d’azione, frutto di una contaminazione trasversale che supera quelli che sono i confini netti e specifici delle singole discipline. Nell’accettazione di questa “infraordinarietà”, che connota la pratica del design contemporaneo, si nasconde il seme di una più profonda consapevolezza della sua natura di legante tra le cose. Ed è in questa visione di plurimo sconfinamento che il termine “infraordinario” di Georges Perec bene identifica “una situazione che non ha un settore proprio, un posto proprio, un sapere proprio, ma che sta tra le cose, e lo fa in modo discreto, non appariscente, non invasivo, tendendo a occupare spazi che viceversa rimarrebbero vuoti, non sfruttati”2 . L’approccio transdisciplinare del design risponde, infatti, a una più atavica complessità legata alla natura dell’uomo e delle cose che lo circondano, una prassi indispensabile per un’innovazione conforme alle crescenti complessità del mondo. Se si guarda al passato, sia le scienze esatte che le scienze umane si sono ritrovate più volte dinnanzi a fenomeni inspiegabili e a problematiche impreviste,
30 OFFICINA*
01
dove sono state ben altre le conoscenze utili allo studioso per poter progredire nella propria ricerca. La storia della scienza, dunque, ci dimostra che un procedimento che avviene esclusivamente per scompartimenti stagni, ossia per specifici rami disciplinari, non potrà mai tener conto di tutta una serie di variabili e imprevisti, che seguono percorsi diversi da quelli in precedenza programmati. Come scrive Renato De Fusco, la distinzione tra le diverse discipline è stata solo uno strumento storicistico per un’esemplificazione della conoscenza e una classificazione del sapere, che per sua natura non può che essere universale e umanistico. Anche le scienze umane hanno una loro metodologia scientifica e un rigore strutturalista, così come nelle scienze naturali la conoscenza sen-
le migrazioni del pensiero oltrepassano le tradizionali dicotomie disciplinari, per un sistema di relazioni diverso tra le culture, le tecnologie e i saperi stessi
sibile guida quella razionale. “Il concetto di riduzione culturale va considerato uno dei più importanti artifici epistemologici, volto a semplificare ciò che è complesso, a riportare la molteplicità all’u-
In opposizione a una tradizionale concezione arborescente della
nità, a ricercare i caratteri invarianti in fenomeni e sistemi tra loro
conoscenza, che adotta la metafora dell’albero, che si dirama di-
differenti” .
cotomicamente secondo una logica binaria, il pensiero rizomatico
Riguardo questo criterio di transdisciplinarietà, che si sviluppa
si esprime, invece, attraverso la disordinata morfologia spontanea
in maniera orizzontale e antigerarchica, un’immagine efficace ci
della radice sotterranea. Nella misura in cui l’essenza di un feno-
è stata fornita dai filosofi Gillez Deleuze e Felix Guattari nel libro
meno è il “concatenamento” non si cercherà di capire cosa significa
Mille Piani, attraverso l’enunciazione della metafora del rizoma, cu-
quel singolo fenomeno, ma piuttosto si cercherà di comprender-
riosa radice complessa e multiforme presa in prestito dalla biologia.
ne le relazioni con l’esterno, le connessioni, le frammentazioni,
3
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02
espressioni di una totalità complessa. L’immagine del rizoma mostra come un fenomeno possa intersecarsi con un altro ed esserne interdipendente, attraverso “un’evoluzione aparallela” e al contempo intrecciata che si manifesta per mezzo di principi di espansione come quelli di connessione, di eterogeneità, di molteplicità o ancora di rottura asignificante. “Qualsiasi punto del rizoma può essere connesso a qualsiasi altro e deve esserlo. È molto differente dall’albero o dalla radice che fissa un punto, un ordine […] anelli semiotici di ogni natura si trovano connessi a modi di codificazione molto diversi, anelli biologici, politici, economici eccetera, mettendo in gioco non soltanto regimi 03
differenti, ma anche statuti di stato di cose”4. Partendo dalla metafora del rizoma, un design che voglia farsi pro-
verse della conoscenza, articolandosi attraverso territori differenti.
pulsore di un processo d’innovazione profondo, necessariamente
La nomadologia deleuziana definisce, infatti, un tipo di pensiero
deve munirsi di uno scrupoloso percorso di conoscenze “aparal-
connettivo, tipico di una ricerca transdisciplinare, che opera per
lele”, al fine di proporre un pensiero innovativo, che ben affondi
congiunzioni tra le discipline e che “deterritorializza” e “riterrito-
le radici nella teoria così come nella pratica. D’altronde, un’attività
rializza” di continuo fenomeni tra loro distanti.
di ricerca finalizzata allo sviluppo di un progetto anticipatore, non
Come afferma l’antropologa Eleonora Fiorani, i “campi di confine
può che venire fuori da una prassi sperimentale aperta e sensibile a
non si limitano ad aprire o ritagliare i nuovi campi, contaminando
diverse conoscenze. Il nostro cervello stesso funziona per percorsi
concetti, categorie, metodologie, procedure, modelli, esperimen-
complessi e intricati, non sempre dicotomici, e di fatto “il pensiero
ti, saperi tratti da ambiti disciplinari separati differenziati, ma li
non è arborescente, […] la discontinuità delle cellule, il ruolo degli
elaborano e sviluppano dall’interno delle loro proprie metodolo-
assoni, il funzionamento delle sinapsi, l’esistenza di micro-fessure
gie, articolandoli in modelli, esperimenti, dispositivi, con effetti
sinaptiche, […] fanno del cervello una molteplicità che irrora il suo
di traslazione di senso e di apertura di nuove prospettive delle
piano di consistenza ogni suo flusso di cellule un sistema probabili-
metodologie, che vengono decontestualizzate e contestualizzate
stico incerto. […] Molta gente ha un albero piantato nella testa, ma
diversamente perché hanno poi ricadute nelle stesse discipline di
il cervello stesso è più erba di albero”5. Di fatto, scientificamente
provenienza”6.
il funzionamento naturale del nostro cervello corrisponde proprio
Quello che queste riflessioni mettono in luce è la necessità che il
a una rete antigerarchica, ricca di connessioni trasversali, e la sua
progetto debba nutrirsi di più rami della conoscenza, appartenen-
morfologia fisica è molto simile all’immagine del rizoma.
ti tanto al mondo scientifico che a quello umanistico. In questo
Riguardo le modalità con cui indaga il progetto di design, prendia-
senso, compito del progettista è reinterpretare la realtà, attraverso
mo in prestito sempre da Deleuze e Guattari un altro concetto, che
un’ingegnosa capacità di sintesi, al fine di costruire un progetto
è quello di “nomadologia”. Il design inteso come transdisciplina è
innovativo, compiendo “migrazioni” del pensiero che oltrepassino
nomadico poiché i percorsi della mente si propagano per collega-
le tradizionali dicotomie disciplinari, per un sistema di relazioni
menti continui tra saperi, fenomeni e dati, appartenenti a sfere di-
32 OFFICINA*
diverso tra le culture, le tecnologie e i saperi stessi. ♦
NOTE 1 - Flusser V., “Filosofia del design”, Mondadori, Milano, 2003, p.3. 2 - Perec G., “L’infra-ordinario”, Bollati Boringhieri, Torino, 1994. 3 - De Fusco R., “Filosofia del design”, Einaudi, Torino, 2012, p.58. 4 - Deleuze G., Guattari F., “Mille Piani”, Castelvecchi, Roma, 1980, p.35. 5 - Ivi, p.39. 6 - Fiorani E., “Le geografie dell’abitare”, Lupetti Editore, Milano, 2012, p.179. BIBLIOGRAFIA - Branzi A., “Modernità debole e diffusa. Il mondo del progetto all’inizio del XXI secolo”, Skira, Milano, 2006. - De Fusco R., “Filosofia del design”, Einaudi, Torino, 2012. - Deleuze G., Guattari F., “Mille Piani”, Castelvecchi, Roma, 1980. - Feyerabend P., “Contro l’autonomia. Il cammino comune delle Scienze e delle Arti”, Mimesis, Milano, 2012. - Feyerabend P., “Contro il metodo”, Feltrinelli, Milano, 2002. - Fiorani E., “Le geografie dell’abitare”, Lupetti Editore, Milano, 2012. - Flusser V., “Filosofia del design”, Mondadori, Milano, 2003. - Kostic A., “X-OP. Interdisciplinary art as a cultural paradigm”, KIBLA, Maribor, 2011. - La Rocca F., Lucibello S., “Utopia e Innovazione”, RDesignPress, Roma, 2015. - Nussbaum M., “Non per profitto”, il Mulino, Milano 2011. - Perec G., “L’infra-ordinario”, Bollati Boringhieri, Torino, 1994. - Zizek S., “Benvenuti in tempi interessanti”, Ponte delle Grazie, Milano, 2010. IMMAGINI 01 - Raoul Ubac, Objets reliés, 1942. Crediti: Raoul Ubac. 02 - Immagine introduttiva al libro Mille Plateaux, Deleuze G., Guattari F., 1980. Crediti: Deleuze G., Guattari F. 03 - Rizoma, disegno del 1800. 04 - Mappa materica degli elementi simbolici del pensiero e della materia. Installazione esposta presso la mostra I’Mperfect, PAN Palazzo delle Arti di Napoli, 2014. Crediti: Chiara Scarpitti.
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Paleomigrazioni e tracciati climatici La congiunzione tra storia e scienza per capire l’impatto umano sul clima
Alice Callegaro e Federico Dallo sono dottorandi in Environmental Sciences all’Università Ca’ Foscari di Venezia Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica. e-mail: alice.callegaro@unive.it e-mail: federico.dallo@unive.it
D
di Alice Callegaro e Federico Dallo urante l’Olocene, l’attuale periodo geologico interglaciale iniziato circa 11.700 anni fa, l’uomo da cacciatore-raccoglitore evolvette gradualmente
in
allevatore-coltivatore.
Questa trasformazione socio-culturale della storia umana ha fatto sì che le popola-
zioni, migrando alla ricerca di nuovi territori, abbiano lasciato le loro tracce negli ambienti che hanno attraversato e in cui si sono
Neolithic’s migrations are useful tools to understand the human influence on the environment in all continents. During this period, especially in Asia, man began to cultivate the land and to raise animals, and this may have had a pre-industrial impact on the Earth’s climate. Human traces left in the environment do not consist only in historical and archaeological findings but also in biological and chemical indicators that accumulated in soils and sediments over the past millennia. Collecting and radio-dating these environmental matrices and analyzing samples in the labs, the partial reconstruction of past human activities in the studied area is possible. Then, the comparison with historical and archeological data is necessary, and with this multidisciplinary approach we aim at having a global view of the matter.
insediate. A partire dal Neolitico – l’ultimo periodo dell’Età della Pietra, che viene posizionato nel passaggio tra i periodi geologici Pleistocene e Olocene – si registrano degli spostamenti umani che possono aver determinato conseguenze e variazioni nell’uso del suolo, che a loro volta possono aver influito sull’ambiente e sul clima terrestre. È noto infatti che gli animali da allevamento, così come l’irrigazione delle coltivazioni di riso e altri cereali, causano emissioni di gas metano (CH4), il più potente tra i gas serra, e che gli incendi boschivi, appiccati col fine di ottenere terre disponibili per le coltivazioni, producono emissioni di anidride carbonica (CO2). William Ruddiman, noto scienziato americano, ha formulato un’ipotesi secondo la quale queste emissioni avrebbero influito sul clima terrestre a tal punto che il cambiamento climatico oggi in atto potrebbe essere iniziato già migliaia di anni fa e non nel periodo post rivoluzione industriale come la maggior parte degli scienziati oggi suppone. Questa ipotesi molto dibattuta è chiamata “The Early Anthropogenic Hypothesis” e si fonda sulle osservazioni degli andamenti nel tempo delle concentrazioni di gas metano e anidride carbonica, le quali mostrano deviazioni dal trend naturale già alcune migliaia di anni fa. Non c’è dubbio che gli ampi cambiamenti nell’uso del suolo ad opera dell’uomo abbiano potuto impattare sul clima sia a scala regionale che globale, ma resta da capire fino a che livello la deforestazione antropogenica atta all’ottenimento di terre libere per colture e pascoli possa aver avuto un effetto di riscaldamento globale.
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Le migrazioni del periodo Neolitico sono fenomeni interessanti da studiare e ricostruire per capire l’influenza dell’uomo sull’ambiente in tutti continenti del pianeta Terra. In particolare, il sud-est asiatico è uno dei primi centri dell’avvento di agricoltura e pastorizia: si tratta quindi di un’area strategica per tentare di capire le interazioni tra uomo e ambiente durante l’Olocene. Focalizzandosi sulla Cina, da dati archeologici sappiamo che dal Neolitico all’Età del Bronzo le popolazioni iniziarono a spostarsi verso altitudini sempre maggiori, fino ad arrivare nel Tibetan Plateau, dove sono state rilevate tracce di colture di orzo, miglio e grano e di allevamento di pecore. Le migrazioni avvennero principalmente a partire dal nord della Cina, tramite il fiume Giallo e le sue valli tributarie, fino al Tibetan Plateau nordorientale, attraverso quattro stadi temporali principali di adattamento al clima e all’ambiente delle altitudini elevate (Upper Paleolithic, Epi-Paleolithic, Neolithic, Bronze Age). Durante il medio-tardo Olocene le popolazioni stanziarono anche oltre i 3000 m di altitudine, vivendo di pastorizia e agricoltura. Le tracce lasciate dall’uomo nell’ambiente consistono non solo in
le tracce lasciate dall’uomo nell’ambiente consistono non solo in reperti storicoarcheologici ma anche in indicatori di tipo biologico e chimico
reperti storico-archeologici, ma anche in indicatori di tipo biologico e chimico, cioè pollini e molecole biologiche specifiche che tendono ad accumularsi in alcune matrici ambientali quali suoli e sedimenti dei fondali lacustri. Per questo motivo è possibile studiare l’antica presenza umana in un luogo utilizzando un approccio multidisciplinare che metta assieme le ricostruzioni storiche con un metodo scientifico innovativo che interseca la chimica con la biologia.
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dai campioni vengono estratte e isolate, non senza fatica e con l’aiuto di strumenti molto costosi, le molecole che ci raccontano dell’antica presenza di attività antropica
Le molecole indicatrici della presenza umana e animale sono chia-
solo conoscendone le dinamiche. Gli archivi vengono suddivisi in
mate steroli fecali: si tratta in particolare del coprostanolo, indica-
campioni e messi a disposizione di equipe internazionali di scien-
tore esclusivo delle feci umane, e dello stigmastanolo, indicatore
ziati che ne scoprono a poco a poco i segreti. Innanzitutto viene
degli animali da allevamento. In tal modo si può risalire alla pre-
effettuato uno screening su pochi campioni per capire la fruibilità
senza umana in un sito già migliaia di anni fa. È inoltre possibile
della matrice, successivamente, se si è di fronte a una matrice inte-
scoprire se durante questi spostamenti migratori l’uomo possa aver
ressante, si passa all’osservazione dell’intera carota di sedimento.
modificato l’ambiente bruciando le foreste al fine di ottenere ter-
Dai campioni vengono estratte e isolate, non senza fatica e con
reni disponibili per le coltivazioni. La molecola che permette di
l’aiuto di strumenti molto costosi, le molecole che ci raccontano
identificare un incendio si chiama levoglucosan, uno zucchero che
dell’antica presenza di attività antropica. Parallelamente, un’altra
appartiene alla classe dei monosaccaridi anidri. Il levoglucosan vie-
frazione dei campioni può essere destinata all’analisi con il micro-
ne prodotto esclusivamente dalle combustioni di cellulosa, quindi
scopio, per identificare e quantificare i pollini presenti. I pollini
di vegetazione, in specifici intervalli di temperatura, ed è dunque lo
sono specie-specifici quindi danno indicazioni molto precise sul
strumento più utile e preciso per la ricostruzione dei paleoincendi.
tipo di vegetazione che era presente nell’area studiata.
È necessario innanzitutto scegliere accuratamente il sito di indagi-
Confrontando poi i dati pollinici con gli indicatori di presenza
ne e in seguito organizzare una missione scientifica per la raccolta
umana e attività del fuoco è possibile ricostruire la situazione am-
delle matrici ambientali. Normalmente si raccolgono delle carote di
bientale nell’area. Infine, aiutandosi con i dati storico-archeologici
sedimento o di suolo, perforando la superficie terrestre. Ma come è
e paleoclimatici si arriva a una comprensione maggiore dei feno-
possibile essere sicuri che i carotaggi coprano l’intero arco tempo-
meni migratori avvenuti nelle ultime migliaia di anni.
rale di interesse? Le matrici ambientali raccolte vengono datate una
Attualmente la ricerca condotta da Alice Callegaro è focalizzata
volta trasportate in laboratorio e il metodo utilizzato è lo stesso
su campioni di sedimento lacustre prelavati da alcuni laghi cinesi,
che si usa per datare i reperti archeologici, cioè la radiodatazione
ma l’obiettivo della comunità scientifica internazionale è quello di
con il carbonio 14. Queste matrici ambientali diventano dei veri e
ottenere dei record paleoclimatici da tutti i continenti del pianeta
propri archivi ambientali: è come se fossero dei libri a disposizione
Terra, porli in relazione l’uno con l’altro e definire una visione glo-
dell’umanità, ma scritti nel linguaggio della natura, interpretabile
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bale dello sviluppo migratorio umano. ♦
BIBLIOGRAFIA - Smith M.C., Singarayer J. S., Valdes P.J., Kaplan J.O., Branch N.P., “The biogeophysical climatic impacts of anthropogenic land use change during the Holocene”, in “Climate of the Past”, 2016, n. 12, pp. 923–941. - Ruddiman W.F., “The Anthropogenic Greenhouse Era Began Thousands of Years Ago”, in “Climatic Change”, 2003, n. 61, pp. 261–293. - Zhao M., Kong Q.-P., Wang H.-W., Peng M.-S., Xie X.-D., Wang W.-Z., Jiayang, Duan J.-G., Cai M.-C., Zhao S.-N., Cidanpingcuo, Tu Y.-Q., Wu S.-F., Yao Y.-G., Bandelt H.J., Zhang Y.-P., “Mitochondrial genome evidence reveals successful Late Paleolithic settlement on the Tibetan Plateau”, in “Proc. Natl. Acad. Sci. U. S. A.”, 2009, n. 106, pp. 21230–21235. IMMAGINI 01 - Le migrazioni lungo il corso del Fiume Giallo. Crediti: Federico Dallo. 02- Strumenti di laboratorio. Crediti: Alice Callegaro. 03 - Ricercatrice al lavoro nei laboratori del Campus Scientifico di Ca’ Foscari. Crediti: Alice Callegaro. LINK UTILI www.earlyhumanimpact.eu ≥
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Oophaga pumilio, the Poison Dart Frog L’evoluzione del colore
Diego Ivan è laureato in Biologia presso l’Università di Padova. e-mail: ivandiego3@gmail.com
M
di Diego Ivan igrazione, selezione naturale, DNA, isolamento, riproduzione, estinzione: queste le parole chiave che portano una forma vivente a cambiare struttura e sostanza. Esattamente quello che è avvenuto nel caso di una piccola rana tropicale, grande appena
qualche centimetro che nei millenni ha scritto la propria storia con una nota di colore.
Migration, natural selection, DNA, isolation, reproduction, extinction: these are the keywords that bring a living form to change structure and substance. Exactly what happened in the case of a small tropical frog, only a few centimetres big frog that, in the millenniums, wrote his story with a touch of colour. We can find its origin in Colombia about two million years ago, where a small ancestor began the migration that would lead to the colonization of Central and South America, changing in time, changing shapes, changing colours and sizes, within a hostile, intricate and wild environment.
La sua origine è da ricercarsi in Colombia circa due milioni di anni fa, da dove un piccolo progenitore iniziò la migrazione che avrebbe portato alla colonizzazione del centro e sud America, mutando nel tempo, cambiando forme, colori e dimensioni, all’interno di un ambiente di vita ostile, intricato e selvaggio. A macchia d’olio gli individui si diffusero in ogni dove con l’unico e solo obiettivo di sopravvivere e perpetuare la specie. Nel tempo l’intera foresta amazzonica fu colonizzata e tra tutti un piccolo gruppo s’incanalò a nord lungo gli Stati di Panama, Costa Rica e Nicaragua. Giorno dopo giorno, generazione dopo generazione, ostacolo dopo ostacolo, ogni singolo individuo contribuiva all’avanzare della specie e ad ogni passo l’ambiente e il tempo imponevano le proprie condizioni. Mutamenti climatici, eruzioni vulcaniche, cataclismi, ma anche semplici fiumi o monti costringevano ciascun individuo ad affrontare la vita in maniera diversa. Mossi dal codice a quattro lettere che la natura ha impresso nel proprio DNA tutti gli organismi viventi sono programmati per la vita e custodiscono in sè la capacità di adattamento, racchiusa nella variabilità dei propri geni. L’unicità di ogni singolo, sotto questo punto di vista, consente di fronteggiare le alterazioni e lo scambio genetico che avviene mediante la riproduzione permettendo un continuo rimescolamento e riassortimento con formazione di combinazioni sempre nuove. In particolare, tra tutti, un piccolo gruppo di rane raggiunse l’ar-
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cipelago di Bocas de Toro (Panama) dove colonizzò la moltitudi-
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ne di piccole isole che lo compone, in un tempo sufficientemente lungo da racchiudere mutamenti geologici, in cui terra e mare si alternarono più e più volte. All’interno delle molteplici isole la piccola rana nota alla scienza come Oophaga pumilio Poison Dart Frog dovette fronteggiare, dopo la variabilità ambientale, un’altra delle maggiori cause che porta alla speciazione, ovvero l’isolamento. Popolazioni un tempo simili, se non uguali, si trovarono recluse in territori confinati e i loro scambi genetici ne risultarono impediti. É proprio qui che in un tempo di circa diecimila anni, sottoposta a condizioni di vita diverse (caratteristiche ambientali, predatori, disponibilità alimentare), ebbe origine la moltitudine di forme che
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oggi colonizzano questo arcipelago. Le Poison Dart Frog racchiudono in sé la vastità dei colori di cui la natura dispone: rosso, verde, giallo, blu, ma si presentano anche a punti, a macchie, a righe, lisce o rugose, e tutte sono estremamente velenose. Protette da uno dei più potenti veleni al mondo, la pumiliotoxina, sfoggiano la loro colorazione aposematica senza timore. Gli alcaloidi presenti sulla pelle vengono rielaborati a partire da precursori estratti dalle loro prede, i piccolissimi insetti che popolano le foreste. Nell’eterna lotta tra preda e predatore i colori accesi e appariscenti fungono da avvertimento impressionando la mente dei malaugurati che, ignari, tentano di predare questi anfibi. Rendersi visibili e non criptici è quindi la loro strategia, ricercando
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un contrasto all’interno di un ambiente dominato dai toni del verde. Contrasti e trame vengono altresì utilizzati ai fini riproduttivi: molte femmine infatti scelgono i loro partner tra i più colorati o tra i più simili a loro, altre si affidano invece ai loro richiami, dei sonori trilli che risuonano tra le fronde della foresta nel periodo degli amori. Tra le più evolute specie di anfibi le Oophaga pumilio, il cui genere let05
teralmente significa “mangiatrici di uova”, hanno adottato altresì un comportamento caratteristico di animali molto più intelligenti, ovvero elargiscono cure parentali alla propria prole. Vincolate per motivi biologici all’acqua dolce, per riprodursi depongono le
ogni singolo individuo contribuiva all’avanzare della specie e ad ogni passo l’ambiente e il tempo imponevano le proprie condizioni
proprie uova tra gli alberi, dove i maschi le accudiscono fino alla schiusa per poi trasportare sul proprio dorso i piccoli girini fino alle rosette di piante della famiglia delle Bromeliaceae, in grado di trattenere piccoli, ma vitali, quantitativi d’acqua. Qui i piccoli trascorreranno i successivi quaranta giorni, fino a metamorfosi, alimentati da uova sterili che la madre offrirà loro a giorni alterni. Spinti all’estremo dell’evoluzione e provenienti da tempi e luoghi lontani, questi piccoli gioielli popolano e rallegrano le foreste dell’ormai rinomato arcipelago panamense. ♦
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BIBLIOGRAFIA - Brust D.G., “Maternal brood care by Dendrobates pumilio: a frog that feeds its young”, J. Herpetol, 1993, n. 27, pp. 96-98. - Daly J.W., Myers C.W., “Toxicity of Panamanian poison frog (Dendrobates) – Some biological and chemical aspect”, Science, 1967, n. 156, pp. 970-973. - Donnelly M.A., “Demographic effects of reproductive resource supplementation in a territorial frog, Dendrobates pumilio”, Ecol. Monogr, 1989, n. 59, pp. 207-221. - Ivan D., Salvagno A., “Dendrobates. Informazioni, biologia, specie e allevamento”, Testudo Edizioni, 2015. - Lötters S., Jungfer K.-H., Henkel F. W., Schmidt W., “Poison Frogs. Poison Frogs – Biology, Species & Captive Husbandry”, Chimaira, Frankfurt A. Main, 2007. - Saporito R.A., Zuercher R., Roberts M., Gerow K.G., Donnelly M.A., “Experimental evidence for aposematic in the dendrobatid poison frog Oophaga pumilio”, Copeia, 2007, pp. 1006-1011. - Steinmann F., Van Der Linger C., “The complete Oophaga pumilio, Biology, Ecology, Captive Husbandry”, Chimaira, Frankfurt A. Main, 2014. - Summers K., Cronin T.W., Kennedy T., “Variation in spectral reflactance among populations of Dendrobates pumilio, the strawberry poison frog, in the Bocas del Toro Arcipelago, Panama”, Journal of Biogeography, 2003, n. 30, pp. 35-53. IMMAGINI Crediti: Diego Ivan. 01 - Oophaga pumilio “Rio Blanco”. 02 - Oophaga pumilio “Guarumo”. Maschio con girino. 03 - Oophaga pumilio “Loma Partida”. 04 - Oophaga pumilio “Colòn”. 05 - Oophaga pumilio “San Cristibal”. 06 - Oophaga pumilio “Escudo”.
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PORTFOLIO
Indizi di migrazioni Occasioni di riflessione tra i connotati di New York
di Valentina Covre Gli Americani vi dicono: «New York non è
Valentina Covre è architetto e Ph.D. in Tecnologia dell’architettura. e-mail: v.covre@gmail.com
l’America»… New York, lo capiscono bene, è un po’ diabolica. New York non è americana. È una capitale del mondo, che non ha frontiere”1. Non è necessario istituire una caccia al tesoro tra i molteplici e multietnici quartieri di New York per ritrovare, all’interno di una delle più dense e ricche città del mondo, i segnali che ci raccontano degli episodi
«Americans say: “New York isn’t America”». It isn’t necessary to organize a treasure hunt through New York’s many multiethnic districts to find those signals, within one of the world’s most densely populated and richest cities, that keep telling episodes on migration, contamination, physical relocation or simple influence that built the present American city’s image. A twine first of all put together by architectures that absorbed classical European styles prevailjng over the surrounding building fabric but also buildings that made it possible for companies, researchers and foreign workers to physically set themselves in a new context. But in a city like New York, its social and cultural diversity is by now full-blown and proven by the myriad of somatic features intercepted during a simple walk in Central Park, as well as from culinary proposals offered by itinerant pickup trucks, stalls along the road, but also in the most simple supermarkets. Other elements give thought to the migration phenomenon that had an opposite direction. While the north American grey squirrels, that were brought to Italy round the sixties, continue endangering the European red squirrels’ life, the famous Seattle coffee bar chain of stores is getting ready for its innovative arrival in Milan scheduled by 2017.
di migrazione, di contaminazione, di spostamento fisico o semplice influenza che hanno costruito l’immagine dell’attuale città americana. Un intreccio composto innanzitutto da architetture che hanno fatto propri stili europei classici, e in particolar modo del mediterraneo, per imporsi sul circostante tessuto edilizio ma anche edifici che hanno fatto sì che aziende, ricercatori e maestranze straniere si siano fisicamente insediate in un nuovo contesto, incrementandone il livello di competenza e allo stesso tempo adattandosi ad esso e al mercato americano. Ma in una città come New York, la cui mixitè sociale e culturale è oramai conclamata e dimostrata dalla moltitudine di tratti somatici intercettabili durante una semplice passeggiata a Central Park così come dalle proposte culinarie offerte da camioncini ambulanti, banchi lungo strada ma anche dai più modesti supermercati (cappuccino, pretzel, frutta e verdura di ogni regione del mondo, spaghetti in scatola), altri elementi fanno riflettere sul fenomeno di migrazione che ha avuto direzione contraria. E mentre gli scoiattoli grigi nordamericani, introdotti in Italia verso gli anni ‘60, continuano a mettere a rischio la sopravvivenza dello scoiattolo rosso europeo la famosa catena di caffetterie di Seattle si prepara al suo inedito arrivo a Milano previsto per il 2017. ♦
1 - Sono queste solo alcune delle parole usate da Le Corbusier in Quand les Cathédrales étaient blanches. Voyage au pays des timides (1937) per descrivere la “città verticale” di New York, così come da lui definita.
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New York, lo capiscono bene, è un po’ diabolica. New York non è americana. È una capitale del mondo, che non ha frontiere
nella pagina precedente 01 - Un banco della West 34th Street con in vendita prodotti tipici delle regioni europee di lingua tedesca. in questa pagina 02 - La facciata del 7 World Trade Center progettata e realizzata dall’azienda italiana Permasteelisa. Adiacente all’edificio è il cantiere di Manhattan ancora in corso in cui numerose sono le aziende europee coinvolte. 03 - Una delle molte caffetterie Starbucks presenti nella città di New York. 04 - Lo scoiattolo grigio nordamericano presente in numerosi esemplari nei parchi della metropoli, come ad esempio tra gli orti urbani del Battery Park all’estremità sud di New York.
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05 - Una scolaresca newyorkese in attesa della visita al memoriale delle torri gemelle. 06 - Un negozio del quartiere Williamsburg a Brookling in un giorno di pioggia, area abitata dalla comunità di ebrei hassidici originariamente fuggita dalle persecuzioni dell’Olocausto. 07 - La commistione di differenti caratteri architettonici nel quartiere di China Town. 08 - Sculture dell’arte europea migrate al Metropolitan Museum of Art. 09 - La statua di George Washington di fronte al Federal Hall National Memorial a Wall Street. Gli elementi architettonici dello stile classico sono stati impiegati in molti degli edifici rappresentativi di New York come ad esempio il New York Stock Exchange, il New York Post Office o la Morgan Library.
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IN PRODUZIONE
Dall’estrazione al progetto: la Pietra di Vicenza Grassi Pietre, lavorazione e design
di Francesca Guidolin Delle pietre altre
la scala di Mohs1: il marmo, il granito, il tra-
habbiamo dalla Na-
vertino e la pietra.
tura, altre sono fatte
L’azienda Grassi Pietre opera nel settore dal
dall’industria de gli
1850 nelle cave di Nanto (Vicenza) ed è tra i
huomini: le naturali
maggiori produttori della Pietra di Vicenza.
si cavano dalle pie-
Le cave di estrazione del litotipo sono oggi
traie, e sono ò per far la calce, ò per fare
sotterranee, costituite da camere ipogee
i muri: di quelle, che si tolgono per far la
sostenute da pilastri, scelta che permette la
calce; si dirà più sotto: Quelle delle quali si
salvaguardia e il mantenimento della con-
fanno i muri, ò sono marmi, e pietre dure,
formazione paesaggistica in superficie. Il
che si dicono ancho pietre vive; overo sono
tipo di pietra che qui si estrae è principal-
pietre molli, e tenere. […] Si caverà la terra
mente della qualità Giallo Dorato (estrat-
nell’Autunno, e si macererà nel Verno, e si
ta soprattutto a Grancona), ma anche il
formeranno poi i quadrelli commodamente
Bianco Avorio, la Pietra del Mare, il Grigio
la Primavera”.
Argento e il Grigio Alpi. Oltre all’estrazio-
A. Palladio, I quattro libri dell’Architettura,
ne naturale, l’azienda produce anche un
Delle Pietre, Cap.III
agglomerato cementizio, Pietranova®, che
Francesca Guidolin è architetto e dottoranda di ricerca in Nuove tecnologie per il territorio, la città e l’ambiente Tecnologia dell’Architettura, Università Iuav di Venezia. e-mail: arch.francesca.guidolin@gmail.com
The Stone of Vicenza is among the most used materials by Andrea Palladio in his architectures. It is a litotype formed around 50 million years ago, when the territory of the Colli Berici was surrounded by the sea. Until 1950 the quarry activity was carried out by hand by the quarrymen. The extraction methods were not different from the ancient and medieval way of working in the quarries, but with the advent of modern mechanization many of these processes are conducted today with the help of technolog y. For the works of cutting, machines with jet propulsion are today in use, such as the diamond tips machines, the numerical control machines, the Water-jet and the use of laser machines. Several are also the processes that give the stone a surface texture. This article tells the story of Vicenza stone in the Grassi Pietre, from the activity of extraction to the design and architectural project.
48 OFFICINA*
si compone di graniglia di pietra, cemenLa Pietra di Vicenza è tra i materiali più
to Portland® e acqua, oltre che lavorare il
utilizzati da Andrea Palladio nelle sue ar-
marmo nelle proprie sedi e commercializ-
chitetture. Si tratta di un litotipo formato-
zare graniti, ardesia e trachite.
si intorno ai 50 milioni di anni fa, quando ancora il territorio dei Colli Berici, da dove
L’attività di estrazione
attualmente viene estratta, era sommerso
Fino al 1950 l’attività di cava veniva svolta a
dalle acque.
mano dai cavatori. Le modalità di estrazio-
Un po’ come lo stesso Palladio circa 500
ne non erano molto diverse da quelle anti-
anni fa aveva fatto, basandosi sulle diver-
che e medievali: l’estrazione avveniva prati-
se caratteristiche e i differenti processi di
cando il taglio della roccia e isolando così il
estrazione e lavorazione, oggi è possibile
materiale di superficie, cosa che consentiva
distinguere essenzialmente quattro classi
poi di scegliere e isolare gli strati oggetto
di materiali lapidei (secondo la norma UNI
della successiva lavorazione. L’estrazione
8458/1983), classificabili in base alla loro
del blocco era molto lenta e si effettuava
caratteristica di durezza (misurata secondo
con l’ausilio di perni per consentire il di-
le cave di estrazione del litotipo sono oggi sotterranee, costituite da camere ipogee sostenute da pilastri, scelta che permette la salvaguardia e il mantenimento della conformazione paesaggistica in superficie
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stacco del blocco, il quale veniva poi spo-
lizzate anche le punte di diamante, la pietra
di getti d’acqua ad altissima pressione che
stato, trainato da carri, fino alle officine di
più dura nella scala di Mohs1.
aumentano la rugosità del materiale.
lavorazione.
Le lavorazioni superficiali che interessano
Certamente, i differenti tipi di lavorazione
Con l’avvento della meccanizzazione mo-
i materiali lapidei sono le più disparate:
spesso conferiscono anche delle caratteri-
derna molte di queste lavorazioni sono
dall’uso di frese a banco e tornii, a leviga-
stiche e delle proprietà meccaniche diffe-
condotte oggi con l’aiuto della tecnologia:
trici e lucidatrici. Il settore della meccanica
renti al materiale originale, oltre che forma-
le camere sotterranee della cava Grassi, ad
nella lavorazione della pietra (anche di pre-
li ed estetiche.
esempio, sono lavorate con moderne mac-
cisione, come le macchine a controllo nu-
chine di escavazione, seghe meccaniche au-
merico, il water-jet e l’utilizzo di macchine
Le applicazioni: dall’architettura al
tomatizzate, che permettono al cavatore il
a laser) è tra i più floridi per la produzione
design
controllo e la supervisione, più che il ruolo
di materiale edilizio, secondo le stime rac-
La facilità di lavorazione del materiale con-
attivo di estrazione che un tempo veniva
colte nell’ambito dell’evento fieristico Mar-
ferisce alla Pietra di Vicenza un carattere
condotta manualmente.
momacc che si svolge ogni anno nel mese
versatile in differenti contesti e sistemi
di settembre a Verona 2 . Diverse sono poi
costruttivi di messa in opera. Tra le realiz-
Le lavorazioni: dalla macchina alla
le lavorazioni che conferiscono alla pie-
zazioni dell’azienda Grassi, vi sono alcune
texture
tra una texture superficiale diversificata: la
interessanti applicazioni nei rivestimenti di
Le fasi successive allo stoccaggio dei bloc-
bocciardatura, ottenuta con speciali uten-
facciata, come nell’edificio per uffici di 18
chi e il trasporto in laboratorio prevedono
sili bocciardatori, conferisce una superficie
piani a San Isidro, in Perù.
una prima lavorazione, il taglio, effettuato
ruvida a grana fine o grossa; la sabbiatura,
La caratterizzazione ad alta sismicità del
con seghe con utensili diamantati raffred-
attraverso la quale si possono realizzare
territorio ha richiesto una soluzione ad
dati e lubrificati ad acqua, che permettono
lavorazioni a incisione sulla superficie; la
hoc per la posa in opera: la riduzione dello
la suddivisione del blocco in lastre per il
fiammatura, che consiste nel passaggio di
spessore delle lastre a 4 cm (anziché 9 cm)
successivo impiego.
una fiamma sulla superficie del materiale
per un minor peso nella facciata ventilata.
Per il taglio e la lavorazione, oltre che le
che subisce un processo di vetrificazione; la
Il progetto di Nicolas Hunerwadel ha pre-
macchine a taglio con idrogetto, sono uti-
fiammatura ad acqua, attraverso l’utilizzo
visto l’utilizzo della Pietra Bianco Avorio.
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la facilità di lavorazione del materiale conferisce alla Pietra di Vicenza un carattere versatile in differenti contesti e sistemi costruttivi di messa in opera
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Anche per la pavimentazione del Padiglione degli Emirati Arabi per EXPO 2015 sono stati utilizzati prodotti Grassi: per il progetto di Foster+Partners sono stati utilizzati 500 m 2 di lastre di pietra di rivestimento, suddivise tra pavimentazioni esterne, scale e i rivestimenti interni dell’appartamento dell’Emiro, prodotti per conto dell’Azienda Tecton (RE). Nel progetto della Cantina Zimé a S. Pietro in Cariano (VR) viene utilizzata la Pietra di Vicenza color giallo dorato, su progetto di Moreno Zurlo, posata ad umido su una struttura in ferro per il rivestimento esterno. Tutt’altra declinazione invece assume
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il materiale negli spazi interni, dove viene
dell’azienda, avvalendosi di una struttura
utilizzato per la costruzione dell’“Archi-
metallica, uno scheletro, che supporta il
vio”: una scaffalatura dalla forme poligo-
peso dei diversi blocchi di pietra carteggia-
nali per l’invecchiamento delle bottiglie.
ta3. Nel progetto di Cino Zucchi si esplicita
Anche nel campo del design Grassi Pietre
come oggi “viviamo una sorta di dicotomia
annovera delle realizzazioni d’autore: oltre
tra la costruzione massiccia di una volta e
a Aldo Cibic, Setsu e Shinobu Ito, Manuel
invece la pietra come fenomenologia su-
Aires Mateus e Patricia Urquiola, l’ultima
perficiale […] come pelle che al suo inter-
creazione per l’evento Marmomacc 2015 ha
no però contiene gli antichi modi di pro-
visto il coinvolgimento dell’architetto Cino
duzione”4, in cui l’ispirazione alla forma
Zucchi, con l’installazione New Karnak.
archetipica della piramide suggerisce l’atto
La realizzazione dell’opera, un cuneo lapi-
spirituale del risalire verso l’alto, in una ten-
deo in Pietra di Vicenza Bianco Avorio, è
sione al sacro che la pietra per sua natura e
stata compiuta completamente nella sede
50 OFFICINA*
tradizione riesce a esplicitare al meglio. ♦
NOTE 1 - La scala di Mohs misura la durezza dei materiali basandosi su dieci minerali, dal talco (valore 1) al diamante (valore 10). È una scala relativa, poiché in termini asoluti questi materiali hanno delle durezze non paragonabili in tale scala (per il talco 1, per il diamante 1600). 2 - Le stime di Confindustria Marmomacchine e L’Osservatorio Marmomacc riportano un aumento dell’export di prodotti grezzi (+3,8%), e delle importazioni (+5,3%), mentre le tecnologie per l’estrazione e la lavorazione raggiungono un +19% rispetto al 2014. Il consuntivo elaborato da Osservatorio Marmomacc e Confindustria Marmomacchine su base Istat, Marmomacc e Confindustria Marmomacchine. www.marmomacc.com ≥ 3 - L’installazione New Karnak e le riflessioni dell’architetto sull’utilizzo contemporaneo della pietra sono contenute nella rubrica Microfono Acceso di questo numero. 4 - L’architetto Cino Zucchi racconta il suo progetto New Karnak per Grassi Pietre, nell’ambito dell’esposizione Mostra “Lithic Vertigo”, Marmomacc 2015. BIBLIOGRAFIA - AA.VV., “Cantina Zimé – S. Pietro in Cariano – Verona”, in Casabella n. 855, Novembre 2015. - Cuomo L., “Il racconto di Sara, Emirati Arabi Uniti/EXPO” in DDn Design Diffusion News, n. 215, Milano, pp.152-155. - Palladio A., “Quattro libri dell’architettura”, Venezia 1570, Edizione anastatica Hoepli, Milano, 1976. IMMAGINI Crediti: Grassi Pietre. 01- La cava in sotterraneo di Grassi Pietre, situata a Zovencedo(VI). 02 - New Karnak, installazione di Cino Zucchi al Marmomacc 2015. 03 - Le lavorazioni: lavori per l’estrazione e il taglio in lastre. 04 - La cava sotterranea. AZIENDA
Grassi Pietre S.r.l. Via Madonetta 2 36024 Nanto (Vicenza) info@grassipietre.it www.grassipietre.it ≥
04
VOGLIO FARE L’ARCHITETTO
Grafting Architecture Progetto di ampliamento del Museo della guerra per la pace Diego de Henriquez di Trieste
Giada Bovenzi è laureata in Architettura presso l’Università Iuav di Venezia e inizia a confrontarsi con il mestiere dell’architetto. e-mail: giadabovenzi@gmail.com
Friuli Venezia Giulia is one of Italy’s most militarized regions, 1.3% of its territory being occupied by military property and an easement which covers about 50% of its surface: it is estimated that the unused assets in 100 m2 are more than 400 km. This massive military presence is the result the territory’s re-reading in a military key, which has transformed the landscape into a huge defensive infrastructure. After decades of land use for the global defence infrastructure, as decided with the Decree. 237 of 2011, the assets divested State Property goes to public administration and using it suddenly becomes a local issue. The disposal of this huge defensive infrastructure to the municipalities rises big questions about these places future. Is it unthinkable to reuse this system for completely different purposes? The work focuses, therefore, on one of these decommissioned military sites’ enhancement in Friuli Venezia Giulia, in order to be a starting point for the development of a comprehensive strateg y to enhance the military heritage. In fact, the sites’ beauty and the natural landscape that they contain can become the incentive to make these places definitely accessible.
52 OFFICINA*
L
di Giada Bovenzi a guerra è sempre
militari dismessi nella provincia di Trieste,
stata motore di tra-
quale spunto di riflessione per una strategia
sformazione
del
globale di valorizzazione del patrimonio
territorio e lascia le
militare. La bellezza dei siti e il paesaggio
sue tracce più evi-
naturale che essi racchiudono possono di-
denti
soprattutto
ventare degli stimoli per rendere definitiva-
nei luoghi teatro delle battaglie. Una delle
mente accessibili questi luoghi, da troppo
regioni italiane che, per la sua collocazio-
tempo abbandonati, trasformandoli in aree
ne a ridosso del confine nord-orientale, più
funzionali per le città.
ha subito queste trasformazioni, è stata il Friuli Venezia Giulia, la quale con 102 km 2
Il caso studio: l’ex caserma Duca del-
occupati dal Demanio militare e una servi-
le Puglie a Trieste
tù che riguarda circa il 50% dell’intera su-
L’area oggetto di intervento è costituita
perficie , è una delle terre più militarizzate
dall’ex complesso militare dell’Esercito Ita-
di Italia. Infatti sono numerosi i distretti
liano Duca delle Puglie, sito tra via Cuma-
militari e le caserme che hanno ricoperto
no e via dei Tominz a Trieste.
un ruolo strategico nelle scacchiere della
La caserma è stata dismessa dall’Esercito e
difesa del confine nazionale. Tuttavia, con
concessa in uso al Comune di Trieste che ha
la fine dei conflitti si assiste a una progressi-
acquisito, in particolare, una delle palazzi-
va dismissione della struttura difensiva che
ne di comando e i tre hangar principali.
porta al passaggio della stessa alle Ammini-
Grazie a un intervento di manutenzione ef-
strazioni locali 2 , trasformando così il pro-
fettuato nel 1998, qui hanno trovato sede la
blema in una questione di governo locale
raccolta di mezzi militari pesanti, di cimeli
del territorio.
e oggetti vari della collezione dello studio-
In tale scenario, la dismissione dell’enor-
so triestino Diego de Henriquez3, il quale
me infrastruttura militare lascia ai comuni
ha dato il nome al museo stesso.
grandi quesiti per quanto riguarda il futuro
Il museo oggi si presenta come uno spazio
di questi luoghi. Ad esempio, è pensabile
senza identità nella città di Trieste: un con-
riutilizzare tali strutture e adattarle a scopi
tenitore di armi sospeso nel limbo tra ciò
completamente differenti?
che era e ciò che vuole essere.
Il lavoro di tesi svolto nel 2015 cerca di dare
L’obiettivo del progetto è proprio quello di
una risposta a questa domanda, concen-
dare un’identità a questo luogo e di rende-
trandosi sulla valorizzazione di uno dei siti
re l’area un centro nevralgico per la città di
1
02
ria al fine di riorganizzare gli spazi aperti. 2. Fronti
Con la demolizione dei magazzini nella parte est, l’area si apre verso l’esterno e viene spezzata la rigida simmetria delle due piazze d’armi. Dalla parte opposta, il museo crea una 01
il museo oggi si presenta come uno spazio senza identità nella città di Trieste: un contenitore di armi sospeso nel limbo tra ciò che era e ciò che vuole essere
sorta di barriera con la parte residenziale,
Trieste capace di attrarre cittadini e turisti.
direzionando il flusso degli utenti e con-
La riqualificazione della struttura è stata
servando il senso di protezione originario
sviluppata in seguito a un’accurata analisi
derivato dalla funzione precedente.
del contesto, la quale ha fornito degli spunti
3. Sottrazioni
utili per generare la storyboard del progetto.
La guerra è sottrazione ed è tramite essa
Storyboard è un termine inglese che, lette-
che il progetto si inserisce nell’area. La sot-
ralmente, significa “tavola della storia” e
trazione di terreno permette di creare due
viene generalmente utilizzato per indicare
ambienti diversi negli spazi esterni: uno
la rappresentazione grafica in ordine cro-
urbano che consentirà alla città di inserir-
nologico delle inquadrature di un fumetto
si nel polo museale e l’altro che costituirà
o di un’opera filmata. Traslando questo
uno spazio pubblico verde, mancante nel
concetto nel progetto architettonico, di
quartiere.
seguito è riportata la storyboard che spiega
4. Addizioni
lo sviluppo del lavoro di tesi in sequenza
Con l’obiettivo di trasformare la caserma in
cronologica permettendo la visualizzazione
un centro importante per la città, si è scelto
globale dell’idea:
di sfruttare la grande estensione della piaz-
1. Demolizioni
za d’armi per inserire un auditorium sotto
Si è scelto di conservare gli edifici già re-
il livello del terreno. Dato che la città è at-
staurati e riqualificati, ovvero gli edifici
tualmente sprovvista di tale funzione, esso
sede del Museo di Storia Naturale e del
costituisce un motivo di richiamo per even-
Museo della guerra per la pace “Diego de
ti e manifestazioni e quindi un’opportunità
Henriquez”, e quelli aventi un forte poten-
per assicurare un flusso di visitatori con-
ziale architettonico, come i due hangar, l’ex
tinuo all’area. Inoltre l’uso di una galleria
mensa e l’edificio di comando. Al contrario,
di vetro come innesto agli hangar esistenti
si è scelto di demolire i magazzini e l’arme-
consente l’ampliamento del museo per cre-
N.13 LUG-AGO 2016 53
are un percorso museale alternativo in cui disporre anche i servizi necessari. 5. Collegamenti La galleria viene a configurarsi così come fulcro dell’area, consentendo il collegamento fisico degli edifici museali e quello visua-
ditorium, come camerini, sale prova e
le col parco adiacente. Inoltre l’auditorium
magazzini.
permette la connessione dei restanti edifici
Una volta fissati i principi generativi del
tramite passaggi sotterranei, garantendo la
progetto, l’obbiettivo è stato quello di
fruibilità di tutto l’intervento.
dare loro concretezza attraverso le forme
6. Funzioni
architettoniche.
La scelta delle funzioni è stata fatta in se-
L’intervento architettonico si concentra per
guito all’analisi del contesto e della città.
buona parte sugli esterni, generati attraver-
Oltre all’ampliamento del Museo della
so la sottrazione di terreno: l’auditorium
guerra per la pace attraverso gli innesti di
è un “bunker” posto sotto il livello della
vetro, si è scelto di inserire i servizi pubblici
terra e il parco è un “campo di battaglia”
dell’auditorium, quali bar, ristorante, e hall
appena bombardato. In questo modo le due
nell’ex edificio mensa, in modo da sfruttare
piazze d’armi vengono connotate da una
i grandi lucernari sul tetto e l’open space deri-
funzione diversa e da forme architettoni-
vato dalla sua originaria funzione.
che tra loro opposte.
Il palazzo di comando si configura come
03
54 OFFICINA*
l’ingresso principale al polo museale, of-
L’auditorium
frendo i vari servizi di biglietteria, ludo-
La questione della vista è uno dei problemi
teca e bookshop. Infine, nel piano interrato
ricorrenti in guerra: la necessità di spiare
vengono collocati i servizi tecnici dell’au-
le mosse del nemico, ma allo stesso tempo
04
di non essere visti spinge i soldati all’utilizzo di una grande quantità di trincee con feritoie, punti di osservazioni e postazioni mimetizzate. È in base a ciò che si è voluto rendere l’auditorium una presenza invisibile alla vista dell’uomo e la sottrazione del
dell’intorno, in modo da far sentire forte la
terreno è l’azione mediante il quale si è riu-
sua presenza quasi quanto un monumen-
sciti a rendere questo possibile.
to al centro della piazza. Esso si erge dal
Infatti il vuoto creato al centro della piaz-
basso, ricordando le undici chiese rupestri
za ha permesso l’inserimento della nuo-
di Lalibela, ed è proprio questo il modello
va funzione senza alterare il paesaggio
architettonico a cui si riferisce. Al fine di
superficiale.
rispettare la scelta di nascondere alla vista
Tuttavia, si presenta come un auditorium
dei visitatori il nuovo auditorium, si è scel-
fuori terra, ricavato attraverso la negazione
to di camuffare la copertura mediante uno
05
N.13 LUG-AGO 2016 55
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strato sottile di acqua: in questo modo esso appare come un’immensa vasca d’acqua al centro della piazza di armi. La galleria e il parco Ad oggi, il museo si presenta con un allestimento abbastanza tradizionale, che poco s’addice alle intenzioni di renderlo uno dei poli museali sulla guerra più importanti d’Europa. Per questa ragione, è stato scelto di progettare una galleria che si configura come un innesto di vetro sui due hangar esistenti, al fine di ampliarli e dotarli di un percorso espositivo alternativo4. La galleria evoca la forma di una trincea, stretta e lunga, ed è caratterizzata da uno
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spazio espositivo frammentato da delle mura, le quali creano spazi piccoli e angoli angusti studiati per trasmettere al visitatore un senso di disagio e disorientamento. L’atmosfera è fredda e buia ed è stretta-
Il parco è quindi una ricostruzione geo-
mente connessa al parco esterno, il quale
metrica del campo di battaglia: i crateri e i
si presenta come una continuazione dell’e-
rigonfiamenti del terreno sono dei cerchi di
sposizione: se all’interno degli hangar si pos-
cemento posti a quote differenti, che fun-
sono trovare esposti tutti i mezzi pesanti e i
gono da spazi di aggregazione, aiuole, va-
grandi armamenti, all’esterno si può vedere
sche di acqua e dispositivi serigrafati. Inol-
l’impatto che queste armi di distruzione la-
tre il loro diametro corrisponde realmente
sciano sul territorio. Infatti, l’idea alla base
a quello dei crateri provocati dalle princi-
del parco, prende spunto dal confronto di
pali armi in modo da rendere lampante
alcuni quadri inglesi raffiguranti i campi di
l’impatto che la guerra ha sul territorio e
battaglia con le fotografie degli stessi luoghi
trasformando il parco in un vero e proprio
scattate quasi cent’anni dopo . 5
56 OFFICINA*
viaggio nella memoria. ♦
IMMAGINI Crediti: Giada Bovenzi. 01 - La mappa della militarizzazione del Friuli Venezia Giulia e l’individuazione dei patrimoni militari dismessi. 02 - La militarizzazione in Italia. 03 - Storyboard del progetto. 04 - L’assonometria dell’intervento. 05 - La successione degli spazi espositivi come luoghi di connessione visiva tra l’hangar e il parco. 06/08 - Viste degli spazi esterni del progetto architettonico. 09 - L’idea alla base del progetto del parco: il bombardamento e il suo impatto ambientale. 10 - L’allestimento della galleria.
NOTE 1 - Friuli Venezia Giulia fra le regioni più militarizzate d’Italia, Udine Today, 30 gennaio 2014. 2 - La cessione da parte del Demanio militare del patrimonio dismesso inizia nel 2001 con il D.Lgs 237, e segue nel 2007 dal D.Lgs 35 e nel 2012/2013 da numerosi decreti interdirettoriali. 3 - Diego de Henriquez nacque a Trieste il 20 febbraio 1909. Dopo aver combattuto nei conflitti mondiali come soldato ebbe l’idea di fondare un museo di guerra e ottenne dai suoi diretti superiori piena collaborazione e addirittura un incarico in tal senso. L’incarico però fu lungo e travagliato e solo nel 1969 il Comune di Trieste promosse la costituzione del Consorzio per la gestione del Museo storico di Guerra, del quale de Henriquez venne riconosciuto direttore. 4 - Il progetto di allestimento è nato in seguito a un’accurata ricerca sui musei dedicati al tema della guerra di tutto il mondo. Essa ha messo in luce l’arretratezza della maggior parte dei dispositivi narrativi analizzati. Soltanto negli ultimi anni la ricerca sulla museografia è avanzata, portando come risultato degli allestimenti interpretativi dei fatti che cercano di coinvolgere il visitatore, suscitando in lui differenti sensazioni ed emozioni. 5 - I quadri sono quelli di Paul Nash e Christopher Nevinson, datati 1917-1918, mentre le fotografie di Mike St. Maur Sheil sono state scattate nel 2010. BIBLIOGRAFIA - Baccichet M., “La fortezza FVG. Dai paesaggi della guerra fredda alle aree dismesse” in “Tiere Furlane”, 2014, a.VI, n.20, pp.98-110. - Bergamo M., Iorio A., “Strategie della memoria. Architettura e paesaggi di guerra”, Quaderni della ricerca, Università Iuav di Venezia, 2014. - Bettoli G., “Una terra amara. Il Friuli Occidentale dalla fine dell’Ottocento alla dittatura fascista”, Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, Udine, 2003. - Cohen J.L., “Architecture in Uniform. Designing and Building for the Second World War”, Editions Hazan, Parigi, 2011. - Spirito G., “Forme del vuoto. Cavità, concavità e fori nell’architettura contemporanea”, Gangemi, 2011. LINK UTILI Per quanto riguarda la dismissione militare in Friuli Venezia Giulia: www.primulecaserme.it ≥ Per le fotografie di Mike St. Maur Sheil: w w w.wester nfrontphotogr aphy.com / main.php ≥
10
IMMERSIONE
Trovarsi ai bordi Scenari di mutamento ai margini della città
Diari di Bordi è un gruppo di lavoro e ricerca indipendente sui temi della contemporaneità, che si occupa prevalentemente delle situazioni di margine all’interno e all’esterno del tessuto consolidato. e-mail: diaridibordi@libero.it
A marginal landscape is identified as a place without heritage and spatial or social references, unable to rise a feeling that could be called “paesamento”, which is, given a specific region, the ability of a human to place himself into acknowledged boundaries, with the purpose of building a picked out connection with his environment. In defining such edges and limits, humans bordered checked, measured and for these reasons came to know the surroundings, and in that way it gave them recognizable peculiarity, in the same way our ancestors took territories as their own. The act of crossing borders has always given birth to a feeling of change caused by the differences between two places in connection with laws, habits and customs. The main effect of an edge is precisely that stating a diversity.
58 OFFICINA*
U
di Diari di Bordi no dei risultati dei
trasformazioni che si verificano, acuiscono
fenomeni di urba-
l’incapacità di suscitare senso di apparte-
nizzazione diffusa
nenza nell’individuo. Quando il paesaggio,
che ha interessato
come nel caso dei territori di margine, vie-
la città contempo-
ne percepito e conosciuto come monotono,
ranea negli ultimi
anonimo e omogeneo dal punto di vista
decenni è stato quello della presenza, all’in-
ambientale, spaziale e sociale, è difficile che
terno e all’esterno del tessuto consolidato,
esso venga associato a un’immagine iden-
di aree di bordo: spazi residuali senza una
titaria definita, che sia quindi figurabile e
propria identità o funzione, aree degradate
legittimato.
o non integrate nel contesto morfologico e
Il paesaggio di margine si identifica come
sociale. Esse possiedono tuttavia una quali-
un luogo privo di memoria e di riferimenti
tà che a prima vista può non essere ricono-
spaziali e sociali, incapace di suscitare quel-
sciuta e che possiamo definire “simpatica”:
lo che Almo Farina chiama “senso del po-
la capacità di collegare, mettere in relazione
sto”, ossia una condizione che potremmo
e mediare due realtà spaziali distinte.
definire di “paesamento”. La condizione
Come Despina, città di confine che si frap-
di paesamento di un essere umano all’in-
pone tra due deserti non appartenendo nè
terno di un dato territorio è la sua capacità
all’uno nè all’altro, ma ricevendo la forma
di sapersi collocare rispetto a dei limiti che
dall’opposizione a entrambi, il paesaggio di
riconosce, volendo costruire un rapporto
confine presenta caratteri che appartengo-
identitario con il proprio ambiente di vita.
no contemporaneamente a entrambe le re-
Franco La Cecla descrive come già le co-
altà. Sono luoghi semanticamente periferici
munità primitive costruissero delle mappe
ma al contempo di potenziale riappropria-
mentali attraverso i parametri del limite e
zione della struttura latente che organizza
dell’orientamento, che hanno da sempre
e ordina i rapporti di appartenenza a un
determinato il loro stato di appartenenza
luogo.
ad un luogo.
Questa peculiarità dei territori di margine
“Il porre confini ai luoghi, definendone in
determina quel senso, geografico e menta-
questo modo bordi e contorni, è un atto ar-
le, di fuor di luogo, meglio noto come spa-
chetipo di presa di possesso del territorio
esamento; infatti la difficoltà di lettura ed
da parte dell’uomo: i confini, così segnati,
interpretazione che hanno questi spazi in
circoscrivono ambienti controllati, misura-
divenire, dovuta all’estrema velocità delle
ti e quindi riconoscibili.
01
02
Il margine come confine assume con l’atto
a instaurare un rapporto identitario con
e culturale per andare a conoscere e a de-
di delimitazione il significato di una traccia
questi spazi marginali, intervenendo nella
finire nuove identità; questo atteggiamen-
che stabilisce differenze tra due luoghi, i
loro trasformazione concreta. Si tratta di
to positivo che considera lo spaesamento
quali subiscono da questa divisione in am-
azioni spontanee, creative e che denotano
come stimolo alla scoperta e allo spingersi
biti controllabili effetti diversi e assumono,
un tentativo di spirito auto-organizzativo
oltre i propri limiti, per superare il senso di
così, proprie peculiarità comprensibili. Il
per rispondere a una carenza di riferimenti
smarrimento grazie alla volontà di orientar-
senso che si ha quando si attraversa un con-
fisici ed emotivi che il territorio di margine
si, è alla base dell’attività di Diari di Bordi.
fine di qualsiasi dimensione è sempre quello
trasmette.
Diari di Bordi (DdB) è un progetto di ri-
di un cambiamento dovuto alla differenza
Queste azioni costituiscono una forma di
cerca che dal 2012 tratta e indaga temi che
dell’aspetto dei due luoghi per mezzo delle
“paesamento” da parte delle comunità che si
hanno come filo conduttore l’ambito dei
norme, degli usi e delle consuetudini diffe-
appropriano di questi luoghi; in questo senso
margini; questi fanno ormai parte della no-
renti che caratterizzano i territori. L’effetto
il confine è dato dalla volontà sociale di “fare
stra vita quotidiana: noi tutti li abitiamo, li
principale del confine è allora quello di san-
paese”, che con la presa di possesso di un terri-
viviamo, li utilizziamo.
cire una diversità”.
torio ne sancisce la sua proprietà, modificando
DdB riconosce il margine non più come
Negli ultimi anni si assiste per l’appunto a
e sovrapponendosi allo stato fisico del luogo.
luogo di esclusione, ma come luogo della
fenomeni di appropriazione dello spazio
Questi luoghi rappresentano quindi un na-
potenzialità, come punto strategico di os-
da parte delle comunità locali che mirano
turale ambito di ricerca progettuale, sociale
servazione per individuare rapporti inat-
N.13 LUG-AGO 2016 59
03
tesi, spostando l’attenzione su una realtà poco riconosciuta in cui l’uomo e le relazioni che crea con il contesto diventano protagoniste. Uno dei problemi che si riscontra quando si affrontano questi temi è la mancanza di una visione d’insieme, non frammentaria, che ha portato spesso a intervenire in modo puntuale su questi ambiti. Ciò non garantisce di riuscire a dare risposta alle problematiche intrinseche di questi luoghi, che invece richiedono un’analisi e un sistema di azioni di tipo complesso, in cui interagiscano differenti componenti: ambientali, urbani, sociali e culturali. Diari di Bordi perciò lavora affrontando
04
il tema del margine in maniera organica, considerando le relazioni che può instaurare con l’intero contesto in cui s’inserisce evidenziandone i suoi legami, anche se invisibili, con il resto. Il margine deve essere rappresentato e stimato come un sistema complesso, basato su una relazione stabile con il paesaggio a cui appartiene. Per questo è necessario cercare un dialogo e principiare una coscienza collettiva su questi ambiti eccezionali, anche dal punto di vista sociale e paesaggistico, fondati su contenuti e messaggi semplici e chiari. Avvalendosi anche di contributi offerti da professionisti esterni Diari di Bordi intavola così una dibattito sul carattere, il ruolo e le potenzialità dei paesaggi di limite. ♦
60 OFFICINA*
il margine non più come luogo di esclusione, ma come luogo della potenzialità, come punto strategico di osservazione per individuare rapporti inattesi, spostando l’attenzione su una realtà poco riconosciuta in cui l’uomo e le relazioni che crea con il contesto diventano protagoniste
BIBLIOGRAFIA - Albrecht B., Benevolo L., “I confini del paesaggio umano”, Laterza, Roma, 1994. - Augè M., “Tra i confini. Città, luoghi, integrazioni”, Bruno Mondadori, Milano, 2007. - Calvino I., “Le città invisibili”, Einaudi, Torino, 1972. - Farina A., “Il paesaggio cognitivo: una nuova entità ecologica”, Franco Angeli, Milano, 2006. - Indovina F., “Nuovo lessico urbano”, Franco Angeli, Milano, 2006. - La Cecla F., “Perdersi: l’uomo senza ambiente”, Laterza, Roma, 1988. - Lynch K., “L’immagine della città”, Marsilio, Venezia, 1975 (ed. or. 1960). - Macera M., “Il progetto di margine nella città contemporanea; figure, declinazioni, scenari”, Sapienza Università di Roma, Dottorato di ricerca in Architettura Teorie e Progetto, Dipartimento di Architettura e Progetto, XXV Ciclo. - Valentini A., “Progettare paesaggi di limite”, University Press, Firenze, 2005. IMMAGINI 01 - Taking measures across the American landscape. Parcheggio su campo da tennis; Annapolis, Meryland. Crediti: Alex MacLean e James Corner. 02 - Campo de Cebada, esperienza di nuova gestione urbana degli spazi pubblici vuoti nella città di Madrid. Crediti: plataformaarquitectura.cl. 03 - Fotogramma del film Il Cielo sopra Berlino, 1987. Crediti: Wim Wenders. 04 - Milano, Quartiere Isola, 1978. Crediti: Gabriele Basilico. 05 - SanBa, progetto di arte pubblica e riqualificazione sociale ideato dall’associazione Walls per il quartiere San Basilio, nella periferia Nord Est di Roma. Crediti: Valerio Muscella. LINK UTILI diaridibordi.wordpress.com ≥
05
BIM NOTES
Il BIM come strumento di studio della costruzione dell’opera edile Un inno(vazione) alla prefabbricazione, è possibile?
Paolo Borin è dottorando presso il Dipartimento di Culture del progetto dell’Università Iuav di Venezia. Collaboratore alla ricerca presso il Dipartimento ICEA dell’Università di Padova. e-mail: p.borin@stud.iuav.it Carlo Zanchetta è dottore di Ricerca in Ingegneria Edilizia e Territoriale. Docente del corso di Produzione Edilizia e laboratorio presso il Dipartimento ICEA. e-mail: carlo.zanchetta@unipd.it
The first two episodes of this column have been involved in investigating, in a general way, the horizons, the opportunities and the limits that Building Information Modeling can offer to the users. This episode represents a step towards more applicative articles, dedicated to professionals and companies. Consequently, the choice to investigate the BIM potential during the building construction phase can be an help for the reader to develop more operational aspects.
62 OFFICINA*
I
di Paolo Borin e Carlo Zanchetta primi due episodi
BIM possono essere infatti facilmente col-
di questa rubrica
legati a database di gestione della commessa
si sono occupati di
edile, garantendo un accesso univoco al
indagare, in via ge-
sistema di informazioni condivise, rappre-
nerale, gli orizzon-
sentato dal modello.
ti, le opportunità
Alla seconda tipologia invece appartengo-
e i limiti che il Building Information Modeling
no le attività connesse all’ottimizzazione
può offrire agli utenti. Questo episodio
del processo di cantierizzazione e costru-
rappresenta invece un passaggio verso ap-
zione. Un esempio comune riguarda la
puntamenti maggiormente applicativi, du-
gestione comparata di quantità e costi du-
rante i quali interverranno professionisti e
rante la produzione della documentazione
imprese. Di conseguenza la scelta di com-
in sede di gara di appalto: gli strumenti
prendere le potenzialità durante la fase di
software permettono una facile controllo
cantierizzazione e costruzione può essere
della qualità del modello, una stima delle
di aiuto al lettore per sviluppare aspetti più
quantità in esso descritte e l’associazione di
operativi.
costi ad esse.
Quando applicato al passaggio di infor-
Rimane al contrario poco esplorato da par-
mazioni tra progettazione e costruzione, il
te degli attori l’uso del modello quale stru-
ricorso a strumenti collaborativi BIM-based
mento di analisi del progetto che porti alla
può risultare infatti estremamente efficace1.
razionalizzazione e ottimizzazione della
Come già illustrato, l’utilizzo del Building
tecnologia costruttiva scelta. Tale fase è un
Information Modeling da un lato si presenta
sistema complesso a n coordinate, nel quale
come occasione di problem solving di alcuni
tuttavia le variabili sono spesso descrivibili
aspetti del processo edilizio, dall’altro si
all’interno del modello (costi, tempi, vinco-
comporta come base di conoscenza per un
li geometrici, quantità, valori di performance).
qualsiasi processo decisionale all’interno
Il modello, nella sua componente geometri-
del ciclo di vita dell’edificio2 .
ca, parametrica e informativa, diventa così
Al primo insieme è possibile inserire la ge-
l’espressione intellegibile di quel sistema
stione degli acquisti di materiali e prodotti
matematico che trasforma il progetto, otti-
edili, degli stati di avanzamento economici
mizzato, in un manufatto3.
del manufatto, al controllo in sito della ri-
Per quanto auspicabile, lo studio dei processi
spondenza dei prodotti alle normative co-
e dei metodi rende tale fase ancora incerta.
munitarie. Gli oggetti presenti nel modello
Secondo quanto teorizzato da MacLeamy,
IFC model
Database A
Scheduled/actual RESOURCE USAGE
Database B
Scheduled/actual COMPANY RESOURCES
Rules System
geometric logic
t t t
t
CONSTRAINTS Scheduled/actual CONSTRUCTION SCHEDULING
Human Scheduling
t t
l’utilizzo del BIM prevede lo spostamento
lievo e restituzione digitale, tali da garanti-
di risorse e decisioni progettuali verso le
re tolleranze di produzione meccanica alle
fasi iniziali di questo. Tale assunto condi-
lavorazioni edili.
ziona fortemente la qualità del passaggio
Tuttavia, il raggiungimento di ognuno dei
di informazioni a conclusione della fase
risultati descritti è soggetto all’efficien-
progettuale.
za dello scambio di informazioni, tanto
Da un lato l’impresa di costruzioni riceve
nella trasformazione delle informazioni
un modello definitivo il quale, ancorché
geometriche tra sistema edilizio e sistema
parametrico, contiene dei vincoli tali da
produttivo, quanto all’interno dello stesso
rendere insostenibile qualsiasi modifica
processo di produzione del modello. La
progettuale4. Dall’altro, un cambiamento
qualità dello scambio informativo si fonda
alla modalità di aggiudicazione degli appal-
sulla matrice composta dal sistema di clas-
ti che possa contemplare il cambiamento
sificazione e il livello di dettaglio dell’in-
di uso delle risorse potrebbe portare a una
formazioni delle componenti (LOD). È in
partecipazione delle imprese durante il pro-
particolare l’organizzazione dell’organismo
cesso decisionale, così da sopportare lo stu-
edilizio offerta dal ricorso a un sistema di
dio della costruzione all’interno delle più
classificazione che permette di ottimizza-
comuni simulazioni di performance. Il siste-
re la gestione operativa di tempi e costi del
ma così organizzato favorirebbe inoltre l’u-
cantiere. Il sistema di classificazione funge
so esteso di componenti prefabbricate, tali
così da elemento di legame tra database di-
da garantire un maggiore controllo qualita-
versi, garantendo il necessario completa-
tivo dei prodotti e della fase di costruzione.
mento delle informazioni di progetto e di
È infatti noto come alcune tra le più grandi
manufatto. L’uso di più database collegati
imprese di costruzione stiano investendo
rappresenta conseguentemente l’unico via-
in stabilimenti produttivi per componenti
tico per la comprensione delle criticità del
semi prefabbricate . La traslazione da BIM
progetto sotto l’aspetto tecnologico e la
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a BAM, Building Assembly Model 6, si riferisce proprio alla produzione di un modello informativo, che tenga conto di componenti prefabbricate, successivamente assemblate in cantiere7. Tale prospettiva risulta ancora più efficiente per la disciplina del recupero, qualora questo fosse legato a pratiche di ri-
conseguente ottimizzazione del sistema. ♦
Hardin B., McCool, D. BIM and Construction Management: Proven Tools, Methods, and Workflows John Wiley & Sons, Haboken, 2015
NOTE 1 - www.lineshapespace.com/generativedesign ≥ 2 - Zanchetta C. et al., “Performance based building design to ensure building quality: from standardization to LEAN construction” in “TECHNE-Journal of Technology for Architecture and Environment”, 2014, n. 8, pp. 62-69. 3 - www.slideshare.net/unmodelling/performance-based-building-design-il-ruolo-di-grasshopper-e-geometrygym ≥ 4 - Devis D., “Modelled on Software Engineering: Flexible Parametric Models in the Practice of Architecture”, PhD Thesis, 2013. 5 - w w w. n r e i o n l i n e . c o m /e x p e r t- q a s / skanska-s-new-ceo-reflects-development-and-construction-s-future ≥ 6 - http://goo.gl/o1RNhP ≥ 7 - Singh M. M., Sawhney A., & Borrmann A., “Modular coordination and BIM: Development of rule based smart building components”in “Procedia Engineering”, 2015, n. 123, pp. 519-527. IMMAGINE Associazione costi/tempi/risorse grazie all’uso del formato Industry Foundation Classes. Crediti: Paolo Borin e Carlo Zanchetta.
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MICROFONO ACCESO Un dialogo sulla professione dell’architetto, gli stili e la tecnologia
Cino Zucchi a cura di Francesca Guidolin Francesca Guidolin è architetto e dottoranda di ricerca in Nuove tecnologie per il territorio, la città e l’ambiente – Tecnologia dell’architettura. e-mail: arch.francesca.guidolin@gmail.com
Cino Zucchi è uno degli architetti italiani più influenti. Conseguito il Bachelor of Science in Art and Design al MIT (Cambridge, Massachussetts), fonda la firma CZA Cino Zucchi Architetti. Visiting professor presso la Graduate School of Design di Harvard nel 2013, è oggi Professore Ordinario di Composizione Architettonica e Urbana al Politecnico di Milano. Lo abbiamo incontrato all’evento MarmoMacc 2015 in occasione della lectio magistralis “Materia+Forma” e in occasione della presentazione della sua installazione New Karnak in collaborazione con l’azienda Grassi Pietre.
Cino Zucchi is one of the most influential architects in Italy. The colloquy with him reveals his approach to the philosophy of architecture, his work and his way of conceive the practice of design. “We live today is a dichotomy between the construction practices of the past – say Cino Zucchi - with stone used as a grounding structure, and the same material used today as a coating, with its colors its weavings, where the formal ways of the previous era, and although no longer correspond to the truth, remain in filigree as a long-term memory.” Cino Zucchi earned a B.S.A.D. at the Massachusetts Institute of Technolog y (Cambridge, Mass.) in 1978 and a Laurea in Architettura at the Politecnico di Milano in 1979, where he is Chair Professor of Architectural and Urban Design. He was visiting professor at the Harvard Graduate School of Design, at the Syracuse University in Florence, the ETH in Zürich and the Universidad Politécnica in Madrid.
C’è una ricetta per avere successo nel mondo dell’architettura? Io penso che nell’arte (anche se non so ancora se l’architettura lo sia, essa naviga in un campo intermedio tra le arti tecniche e quelle figurative) il successo sia, e debba essere, una sorta di “effetto collaterale” al dovere di fare bene. Parlo del successo dell’autore, mentre il successo di un’opera deve ubbidire a molte condizioni diverse, spesso in reciproco conflitto. Non esiste quindi a mio parere una procedura meccanica per trasformare i dati di un progetto in una risposta architettonica. I dati non producono l’architettura, ma la “collaudano” in un processo di affinamento progressivo. Nello iato e quindi nella libertà che esistono tra dati del problema e la sua risoluzione sta l’atto architettonico, che non può che avvenire attraverso un’interpretazione; questa interpretazione contiene sia la freschezza della scoperta sia la cultura stratificata della nostra disciplina. In merito a questa questione, quale consiglio darebbe a uno studente? Trovo che gli studenti oggi siano in media molto bravi e maturi e spesso vedo nel mio laboratorio lavori di cui sarei orgoglioso se fossero prodotti dal mio studio. Gli studenti hanno tuttavia spesso ancora remora di natura “adolescenziale”, quella di affermare l’identità del progetto come originalità, come se il progetto volesse affermare “I’m not like everybody else”; anche se poi questa appare più come un’intenzione e non si rendono conto di stare usando i cliché figurativi che ogni epoca produce e diffonde. Io spesso consiglio ai miei studenti di sostituire al concetto di originalità quello di individualità, e di vedere i limiti del progetto come risorse. Non so come, ma penso che i progetti più belli siano quelli che hanno avuto condizioni molto vincolanti e sono quindi stati costretti a decidere quale fosse il loro elemento portante e a ripulirsi da altri temi puramente accessori.
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Non credo nelle “ricette segrete”, nelle semplificazioni sloganistiche, ma solo nel duro lavoro; spesso crediamo che un libro dalla copertina in rilievo o un workshop di un giorno con un grande cuoco ci possa consegnare la pozione magica del talento, della riuscita. Io credo piuttosto alla frase di Samuel Beckett: “fail, fail again, fail better”. Certo, serve anche un po’ di fortuna: la vincita del concorso per la Junghans a Venezia è quella che ha dato al mio studio un’opportunità unica, ma nessuna occasione può venire mantenuta e consolidata senza molto lavoro. L’architettura è un mestiere complesso, che ha bisogno di molta cultura, molta esperienza e molta sensibilità, tre cose che non si creano da un giorno all’altro e quindi ha bisogno anche di molto tempo per diventare matura.
nello iato e quindi nella libertà che esistono tra dati del problema e la sua risoluzione sta l’atto architettonico, che non può che avvenire attraverso un’interpretazione
Ma lei è anche fotografo? Si, ma solo per povertà (ride); ho una bella macchina fotografica e spesso faccio io le foto ai miei lavori, come sto facendo adesso mentre lei mi fa l’intervista. Lei ha cominciato la sua conferenza con il tema della verità e della finzione. La pietra si presta molto bene a questa dicotomia - basti pensare a tutti i prodotti oggi esistenti nel mercato che possono essere individuati come “artificiali” - ma anche alla tecnica costruttiva del rivestimento. Lei definisce l’architetto come un “risolutore di problemi”. Secondo lei la tecnica, e più ancora la tecnologia, sono delle alleate nella soluzione di queste problematiche? La questione del “vero, verosimile e falso” è una questione molto antica e molto dibattuta. Esiste una serie di gradi infiniti tra le pretese di un’“onestà costruttiva” totale, dove la forma è condizionata in maniera completa da materiale e tecnica costruttiva,
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e le pretese opposte di una tecnica come strumento “magico” capace di trasformare qualsivoglia fantasia architettonica in realtà. C’è un dialogo di Piranesi dal titolo Della magnificenza de’ Romani dove Piranesi, a partire da una sorta di smontaggio concettuale di un tempio greco, dimostra l’inconsistenza logica degli argomenti che a quel tempo prendevano il nome di “rigoristi”, come quelli dell’abate Laugier in Francia e di padre Lodoli in Italia. Dimostrando che non esiste nessuna possibile disposizione delle travi di un tetto che potrebbe corrispondere alla disposizione dei triglifi nel fregio dorico, Piranesi smonta l’assunto che il linguaggio dell’architettura sia deducibile da una logica costruttiva e quindi afferma che gli ornamenti dell’architettura sono del tutto “stranieri” alla sua tecnica. Io penso che nell’arte non esista il vero, ma piuttosto il “verisimile”; vedo l’architettura hi-tech come una grande decorazione che, non avendo il coraggio di accettare il grado di arbitrio che sta tra “verità” e “rappresentazione”, presenta se stessa come tecnicamente ineccepibile e quindi indiscutibile. Ad esempio? In alcune opere di Renzo Piano, come nel portico del museo Menil o sul tetto del Lingotto a Torino, i brise-soleil sono con tutta evidenza inutili dal punto di vista funzionale e quindi diventano una grande decorazione. Io non ci vedo niente di male in ciò: anche le lesene della facciata di Palazzo Rucellai di Leon Battista Alberti o le più muscolari colonne che Andrea Palladio mette nella Loggia del Capitaniato o nel Palazzo Porto Breganze sono dei puri artifici retorici, basta ammetterlo... Dal Colosseo in poi, gli ordini classici non sono elementi costruttivi, ma piuttosto un’allegoria della costruzione che fonda il linguaggio architettonico in base ad una convenzione estetica e sociale.
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la tecnologia è la maniera in cui noi facciamo le cose, ma non deve distaccarsi dall’architettura, o quest’ultima distaccarsi da essa
Ma in questa contrapposizione ci può essere un equilibrio? Quello che voglio dire è che nell’arte un elemento può/deve essere “vero”, ma deve anche “avere l’aria” di essere vero. Come dicevo prima, tra il “vero assoluto” e il “falso assoluto” c’è il “verosimile”, la forma civilizzata del vero. Io penso che la tecnologia, come spesso fa oggi, non debba prendere le forme di un’ideologia. La parola stessa “tecnologia” sembra oggi contenere una visione del mondo. La tecnologia è la maniera in cui noi facciamo le cose, ma non deve distaccarsi dall’architettura, o quest’ultima distaccarsi da essa, come fa oggi spesso nel mondo accademico, dove “composizione architettonica” e “tecnologia” appaiono quasi fronti in lotta. Pur avendo sempre una sua specificità, come molte altre discipline la tecnologia deve restare parte di un più vasto “compito architettonico”; ogni innovazione tecnologica, per diventare forma compiuta, deve dialogare con altri piani. Nei corsi che tiene, come affronta il tema della tecnologia con gli studenti? Non vedo mai la tecnologia come un elemento a sé stante; i miei studenti vedono l’ingegnere o il tecnologo delle facciate come una sorta di mago che realizza le loro fantasie. Io credo che bisogni lavorare sulle limitazioni tecniche e farle diventare temi di progetto: ogni difficoltà superata dal progetto deve lasciare in esso una traccia, anche minima, di forma. Le tecniche secondo me non sono né puri servitori ma nemmeno come capi da osannare; un dialogo continuo tra forma e tecnica deve trovare la “forma giusta”. Non accetto la separazione tra forma e struttura, ma neanche la deduzione meccanica di una dall’altra.
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Oggi secondo lei si possono riconoscere degli stili? La parola “stile”, dal significato una volta positivo, è naufragata nel modello meccanico degli “stili architettonici” dell’Eclettismo, e con questo rifiutata dal Movimento Moderno, che pensava a se stesso come “metodo” piuttosto che come “stile”. Oggi esistono certamente dei generi linguistici, che di fatto sono degli stili anche se non osiamo chiamarli così. Esiste un genere “regionalistico”, uno “hi-tech”, uno “parametrico”, uno “ecologico”. Che dire di un edificio con certificato LEED Platinum che abbia la forma di un Palazzo di Giustizia dell’era fascista? La maggior parte degli edifici di “sostenibile” hanno soltanto l’apparenza. Quindi che ruolo ha la tecnica? C’è un bellissimo saggio di Ezio Bonfanti che si chiama Emblematica della tecnica, dove lui parla del potere simbolico delle figure tecniche nel moderno. Al nascere di una nuova tecnologia, essa viene inizialmente mitizzata ed esibita come “forma simbolica”. I primi film in 3D erano pieni di “effettacci” volti ad enfatizzarne le possibilità. Per diventare un’arte, una tecnica deve in qualche modo “naturalizzarsi”, e quindi non essere più esibita in forma così evidente. Un’esibizione eccessiva della tecnica, in un certo senso, è “provinciale” perché chi padroneggia la tecnica non ha così bisogno di mostrarla; come dire, un vero signore non ha bisogno di esibire indumenti griffati, e il “Costruttivismo” nasce per paradosso nella Russia rurale, non nella tecnologica America. Paul Valéry affermava che quello che chiedeva alla tecnica moderna era di poter vivere con maggior agio una vita non moderna. Il possessore di un iPad di ultima generazione non deve per forza vivere in un abitacolo di plastica, ma può allungarsi su una sdraio nel portico di una villa del Rinascimento. ♦
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io credo che bisogni lavorare sulle limitazioni tecniche e farle diventare temi di progetto: ogni difficoltà superata dal progetto deve lasciare in esso una traccia, anche minima, di forma
IMMAGINI 01 - Cino Zucchi e Francesco Grassi, dell’azienda Grassi Pietre, in occasione della presentazione di New Karnak, realizzata dall’Azienda Grassi Pietre su progetto dell’arch. Cino Zucchi. Crediti: Francesca Guidolin. 02 - Intervista a Cino Zucchi, sullo sfondo dell’installazione New Karnak, un cuneo lapideo sghembo in Pietra di Vicenza attraversato da gradini. Crediti: Francesco Grassi. 03/04 - L’intervento di Cino Zucchi nell’isola della Giudecca, nell’area ex Junghans. Crediti: Francesca Guidolin. 05/06 - La costruzione dell’installazione New Karnak di Cino Zucchi. Le fasi di montaggio dei tasselli di Pietra di Vicenza su un telaio in acciaio, nelle officine Grassi Pietre. Crediti: Azienda Grassi Pietre. 07 - Il New Karnak, i gradini di pietra, parte dell’esposizione Lithic Vertigo, presente alla fiera MarmoMacc 2015. Crediti: Francesca Guidolin.
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CELLULOSA
a cura di
Stavo guardando la cartina
www.libreriamarcopolo.com ≥
Senza Pelle Nell Zink minimum fax 2016 (copertina di Riccardo Falcinelli)
Diego Enrique Osorno Un cowboy attraversa la frontiera La Nuova Frontiera, 2015 (copertina di Flavio Dionisi)
Senza pelle ha una scrittura decisa e brillante.
fiume i cui argini vanno sabotati, i nostri ir-
Attraverso gli occhi di Tiffany incontriamo
requieti protagonisti distolgono spesso lo
Tiffany e Stephen che sono sposati; Tiff e
sguardo dal loro nido nuziale per migrare
Stephen, nelle loro vite estremamente tranquil-
in altri nidi, con punte esilaranti e inciden-
le, ne fanno di tutti i colori, almeno dei colori
ti di percorso. “I falchi pescatori avrebbero
che stanno tra il tradimento consensuale, il bir-
dovuto accontentarsi di un ruolo secon-
dwatching e innumerevoli forme di attivismo
dario, perché io e lui eravamo la specie a
ecologico. Dal piumaggio verde ipnotico della
rischio più comune di tutte: gli adulteri.”
copertina, il sospetto che gli uccelli c’entrino
Tiff e Stephen, fedeli a se stessi, come uccel-
nasce e, infatti, c’entrano, in varie accezioni.
li, si nutrono e si riproducono, il resto, come
«[...] Un Thicodroma muraria! È davvero
spiega bene il reverendo Gernot, tutt’altro che
inconfondibile. Dovresti vederlo, Tiff. Sto
convenzionale pure lui, è canto, meraviglioso
blaterando, lo so, ma potresti avere un trau-
canto. “Sottovaluti gli uccelli, disse. Quando
ma cranico, e se così fosse è meglio che non
dico [...] che la vita non è solo cibo e sesso,
ti addormenti». «Metti un po’ di musica».
sto solo facendo sentire il mio canto. Da so-
Il
«Cip!»
pra la loro testa, come un uccello sul pulpito,
Tutto nasce dopo un incidente d’auto, in cui
e la gente reagisce. Non c’è nessuno scambio
Stephen e Tiff mettono sotto un picchio mura-
di informazioni, ma non importa. [...] è come
iolo e a Tiff accade qualcosa che non dico, cer-
il canto degli uccelli. Se si trova la melodia,
to è che, studiando gli uccelli e le loro migra-
la narrazione si eleva e si unisce alla verità
zioni, la loro visione della vita cambia. Nuova
invisibile. La gente reagisce alla verità conte-
visione a cui seguono molta pratica e molti spo-
nuta nella menzogna. Proprio come gli uccelli
stamenti. Anche a Stephen accadrà qualcosa.
reagiscono quando sentono il canto. I maschi
picchio
muraiolo
protestò.
Tra America, Berna, Berlino, e un po’ di lande desolate in cui solitamente scorre un
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arretrano, e le femmine si accovacciano.” ♦
a cura dei Librai della MarcoPolo
Cristina Henriquez Anche noi l’America Enne Enne Editore, 2016 (copertina di 46xy)
William Finnegan Giorni Selvaggi 66thand2nd, 2016 (copertina di Silvana Amato)
(S)COMPOSIZIONE
Movimenti in equilibrio
“Life is like riding a bicycle. To keep your balance, you must keep moving”. (Albert Einstein in The ultimate quotable Einstein)
Immagine di Valentina Covre