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Il vuoto per la sopravvivenza The void for the survival

Amedeo Minischetti

Dottore in Architettura e membro del gruppo di ricerca dell’Osservatorio Paesaggi Costieri Italiani. am.minischetti@gmail.com

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Il vuoto per la sopravvivenza

The void for the survival The contribution thinks about the void project for the reconstruction process for the cities victims of the force of nature. Examples of plans and projects are illustrated, developed on the basis of scientific data and an accurate reading of the territory, showing the potential of the void left by catastrophic events, and which today become an example in the international context. Giving shape to the void allows to recompose the identity ties between communities and places, and at the same time, prepare them for future transformations.*

Il contributo ragiona sul progetto del vuoto nel processo di ricostruzione nelle città colpite dall’impeto della natura. Si illustrano alcuni esempi di piani e progetti, elaborati sulla base di dati scientifici e di un’accurata lettura del territorio, da cui emerge la potenzialità del vuoto lasciato da eventi catastrofici e che, ad oggi, fanno da esempio nel quadro internazionale. Dare forma al vuoto permette di ricomporre i legami identitari tra le comunità e i luoghi, e allo stesso tempo prepararli alle trasformazioni future.*

Nuovi significati spaziali nelle aree post catastrofe

egli ultimi decenni, l’eccessivo e improprio consumo di suolo ha evidenziato, soprattutto in Europa, le emergenze ambientali rivendicando l’importanza di ripensare lo spazio tra le cose e i grandi vuoti in attesa di intervento. I cambiamenti climatici in atto hanno portato alla luce la vulnerabilità dei territori: il tessuto compatto delle città e la crescente impermeabilizzazione non sono adatti a gestire gli eventi metereologici estremi sempre più frequenti e i valori critici dell’innalzamento del livello del mare, aumentati a causa del riscaldamento globale. Si delinea un quadro preoccupante che mette a rischio un numero sempre maggiore di individui.

Le criticità della situazione climatica tendono ad acuire e a far emergere le carenze dei sistemi di pianificazione territoriale anche nelle fasi di ricostruzione successive ai fenomeni catastrofici. In molti casi, le parti di città danneggiate – a volte distrutte – vengono integralmente ricostruite non valutando la possibilità di elaborare nuove pratiche progettuali proprio a partire dal recupero dei vuoti presenti nei tessuti urbani colpiti. Ciò rivela un’estrema rigidezza nelle dinamiche di gestione del territorio che faticano a introiettare il fattore climatico nei propri strumenti di governo, e a considerarlo come occasione per formulare nuove traiettorie di sviluppo.

Sono necessarie strategie d’azione flessibili che incrocino l’approccio al progetto di suolo, trovando nel vuoto uno spazio di primaria importanza per realizzare dispositivi adattivi capaci di aumentare la “resilienza urbana” e che fungano da valvole di sfogo durante gli eventi straordinari. Inoltre, lavorare in maniera integrata, considerando al tempo stesso i caratteri fisici, le identità dei paesaggi, le stratificazioni storiche ed economiche (Mattogno, 2012) sembra rappresentare la strada più corretta per interpretare le azioni di progetto rispetto alle specificità dei contesti, secondo un approccio place-based. Il progetto implica un rapporto stretto con il contesto, determinando modalità di intervento sempre diverse che invitano a ragionare sul significato e sul ruolo che i vuoti, esistenti o causati dalle catastrofi naturali, possono assumere.

02.San Juan, Porto Rico, area La Perla: abitazioni informali eccessivamente esposte all’acqua lungo la costa. San Juan, Puerto Rico, La Perla area: informal housing located along the coast that are overly exposed to water. Center for Puerto Rican Studies di New York

C’è ancora molto da fare nella ricerca all’adattamento e soprattutto tradurla in pratiche efficienti agendo su differenti strategie di pianificazione urbana, e avviando con maggiore frequenza processi capaci di preparare la città ad affrontare il futuro mediante piani e programmi che permettano la convivenza con i cambiamenti climatici, minimizzandone i contraccolpi e prevedendo i possibili danni (Giorgi, 2018).

Il cambiamento del modello di governance che si auspica, permetterebbe di compensare gli effetti di una gestione del territorio priva di moderazione adottata nei decenni passati, caratterizzata dall’aumento di densità nei tessuti costruiti. La riduzione dei vuoti ha alterato il microclima urbano, con ripercussioni sull’aumento della temperatura, sul bilancio delle superfici radianti, sull’umidità dell’aria, sugli scambi atmosferici (Kuttler, 2008; Gisotti, 2007). Questa tendenza indica un funzionamento ecologico improprio delle città e della insufficiente risposta di reazione a eventi calamitosi (Pauleit e Breuste, 2011).

Il crescente numero di pubblicazioni dedicate al tema dell’adattamento climatico nella pianificazione, testimonia una maggiore sensibilità alle problematiche descritte

Di volta in volta, il vuoto assume significati e ruoli diversi nei complessi processi di rigenerazione urbana. In Cile, nella città di Constitución, il vuoto creato dallo tsunami del 2010, è stato interpretato come una risorsa. Lo studio Elemental ha proposto un progetto che prevedesse l’impianto di una foresta lungo il fiume, per proteggere la città e rendere minimo l’impatto delle piogge (img. 01). La foresta funziona da filtro e da tamponatura tra l’acqua e la città: sono stati creati ampi spazi pubblici che aiutano il deflusso dell’acqua e che compensano l’assenza di zone ricreative in città. Il vuoto è stato preservato e ha permesso la ricucitura tra città e ambiente, diventando uno spazio capace di preparare all’imprevisto. Le reti di sorveglianza, collaborazione e solidarietà sociale si sono moltiplicate dimostrando la forza della resilienza della comunità cilena, intesa come “capacità di affrontare il cambiamento senza perdere la propria identità […] senza precludersi alle trasformazioni ma anche mantenendo salde le proprie radici” (Pelizzaro e Mezzi, 2016). New Orleans, un caso contestualmente molto differente, ha reagito alla catastrofe naturale con piani strategici a lungo

Il progetto “nel” e “del” vuoto è ricerca di termine. Sono state reintegrate diverse aree dismesse: dalle sponde dello storimetodologie capace di preparare le città co canale del Lafitte Corridor alle nuove zone umide lungo il Florida Avenue Caall’inatteso nal; sono stati potenziati anche i parchi lineari lungo il waterfront in quanto gli edifici che insistevano sui canali sono e permette di avere un quadro piuttosto ampio sullo sta- stati ricollocati altrove, dando maggior rilevanza alle potento dell’arte. Nonostante la validità dei risultati ottenuti in zialità dei vuoti urbani all’interno della città. Il progetto del molti casi virtuosi, non si tratta di modelli replicabili indi- vuoto, in questo caso, si configura come la costruzione di una stintamente in qualsiasi altro contesto. Per queste ragioni, rete infrastrutturale che mira a gestire la relazione con l’acqua risulta evidente l’urgenza di ripensare le aree urbane in cui e a consolidare l’identità culturale della regione per incoragviviamo, accogliendo le sfide transcalari che interessano i giare la sua riappropriazione all’indomani del disastro. territori, nelle loro caratteristiche peculiari e distintive, e A Constitución l’intervento interessa il margine della città, a oggi, con più evidenza rispetto al passato, reinterpretan- New Orleans definisce un sistema poroso che permea il tesdo le fragilità come occasione per dare nuovi significati ai suto costruito. In entrambi i casi, il progetto del vuoto congrandi progetti urbani (Manigrasso, 2019). tribuisce a ricostruire l’identità locale smarrita con l’urgenza

03. Vision territoriale di progetto: la nuova Greenbelt si estende con dei corridoi ecologici intercettando diverse città colpite dall’uragano presenti lungo la ferrovia del Trén Urbano a Porto Rico. Territorial project vision: the new Greenbelt extends with ecological corridors and interacts with different cities, located along the Trén Urban, damaged by the hurricane. Amedeo Minischetti e Roberta Losciale

dell’emergenza: in altre parole, dare forma al vuoto è l’atto che permette alle comunità di ri-orientarsi dopo la crisi, e di riappropriarsi di spazi dell’abitare, consapevolmente riconsegnati a futuri possibili. Le politiche di attuazione individuate nello scenario internazionale rappresentano esempi significativi per superare l’approccio tradizionale della pianificazione urbanistica basata sull’abitudine di un eccessivo consumo di suolo, legato alle tendenze espansionistiche urbane, che rende il territorio impreparato ad accogliere eventi straordinari. Infatti se è vero che uno dei precetti importanti “per preparare l’architettura di sopravvivenza […] è l’accettazione del fatto che il futuro non è prevedibile” (Friedman, 1978) anche gli strumenti della pianificazione devono essere in grado di accettare l’imprevisto, lasciando margini di flessibilità e integrandosi a misure di mitigazione (Manigrasso 2013, 2019).

Coerente a questo approccio è il progetto di tesi di laurea1 di Amedeo Minischetti – chi scrive – dal titolo Ricostruzione post-uragano a Porto Rico. Strategia di adattamento ai cambiamenti climatici. La ricerca condotta presso la University of Florida per comprendere i reali danni causati dall'uragano Maria all’isola di Porto Rico nel 2017 ha evidenziato che l’impatto della catastrofe ha incrementato la crisi di alcuni settori aggravando le condizioni economiche delle città coinvolte. L’isola ha assistito a un notevole aumento del fenomeno migratorio, che ha lasciato un patrimonio edilizio di notevole portata: si contano oltre 300.000 case vacanti², la maggior parte delle quali sono collocate a nord dell’isola nell’area metropolitana di San Juan, in particolare a Santurce e Cataño. Le aree che hanno risentito maggiormente degli effetti della calamità sono quelle caratterizzate da un tessuto informale, in quanto i cittadini, per necessità di sopravvivenza, si sono appropriati autonomamente di aree libere mettendo in pericolo la loro sicurezza. L’avanzamento del tessuto informale in questo caso ha causato molti danni all’aspetto ambientale e l’eccessiva pressione antropica ha occluso aree naturali, aumentandone il rischio idrogeologico. Numerose aree umide sono state impropriamente occupate: l’eccessivo uso del suolo sui bacini fluviali ha prodotto condizioni limite per cui i fiumi, caratterizzati da alvei fortemente

04. Masterplan di progetto dell’area di Santurce a San Juan, Porto Rico: la barriera collega la stazione di Sagrado Corazón con il nuovo polo universitario. Masterplan project area of Santurce in San Juan: the barrier connects the Sagrado Corazón station with the new university center. Amedeo Minischetti 05. Prospetto di progetto della nuova sede di climatologia nell’area di Santurce a San Juan. Project prospectus for the new climatology headquarters in the Santurce area of San Juan. Amedeo Minischetti

alterati e ridotti, non sono più in grado di smaltire i flussi di piena, soprattutto durante i fenomeni meteorologici estremi.

Inoltre, la stratificazione urbana di San Juan, per la quale ogni parte del tessuto costruito è caratterizzata da una condizione economica differente, ha fatto sì che il fenomeno migratorio si manifestasse in modo diverso in ognuna di esse. Molte università, istituzioni, associazioni e agenzie internazionali stanno valutando come avanzare nel processo di ricostruzione per rendere l’isola di Porto Rico resiliente attraverso delle strategie di mitigazione e adattamento. Bisogna riconoscere le potenzialità del vuoto urbano, pensato non come assenza ma campo aperto, completamente disponibile, supporto e condizione necessaria per accogliere libere forme di appropriazione dello spazio (Russi, 2019). Ciò consente la ridefinizione degli spazi colpiti da fenomeni estremi e inattesi, in modo da renderli capaci di relazionarsi con il contesto, caratterizzato da un forte tasso di povertà, e innescare processi rigenerativi contaminanti. Inoltre, un approccio incompleto e inconsapevole dei problemi effettivi del territorio potrebbe causare danni maggiori delle stesse catastrofi (Dedè, 2013). Un altro aspetto che aggrava la componente del rischio è la critica frammentazione della matrice ambientale: tra i principali effetti negativi dell’interruzione della rete ecologica sono documentati l’incremento del dissesto idrogeologico e il maggiore rischio di accadimento di eventi dannosi³.

La proposta progettuale¹ riguarda una vasta area di intervento per poi declinarsi in due punti focali, le città di San Juan e Cataño. La vision territoriale prevede la realizzazione di una cintura verde (img. 03) che implementa ulteriormente le aree libere collegandole tra di loro; in questo modo, il vuoto si misura come un’infrastruttura territoriale capace di relazionarsi con l’esistente creando uno scambio continuo di benefici. La cintura verde contribuisce a rallentare l’avanzamento dell’acqua verso i centri abitati più a rischio, attuando una prima azione di mitigazione del rischio. Col tempo, la Greenbelt si estenderà attraverso ulteriori corridoi ecologici collegati direttamente alle città, potenziando la presenza del vuoto all’interno dei densi tessuti urbani.

In risposta alle criticità ambientali, a San Juan, si ipotizza la demolizione controllata di abitazioni eccessivamente esposte al rischio, senza snaturarne la componente informale; gli abitanti verrebbero ricollocati sfruttando il patrimonio edilizio preesistente: dai grandi manufatti abbandonati, riutilizzati come centri direzionali per l’operazione e per le emergenze, alle semplici abitazioni vacanti recuperate e restituite alla comunità. L’operazione mira a estendere il vuoto presente lungo le sponde del fiume, favorendo la messa in sicurezza dei cittadini e l’integrazione sociale tra i diversi contesti dell’area, senza rinunciare al senso di comunità appartenente al vivere nell’informale. Lo spazio vuoto multifunzionale (img. 04), compreso tra due linee di sicurezza⁴, concilia le esigenze quotidiane della comunità e quelle di emergenza, accogliendo l’acqua in eccesso in caso di innalzamento estremo del fiume, dunque, mitigando i rischi (Russo, 2012). Il progetto del vuoto permea il tessuto urbano, attraverso la riqualificazione di aree degradate, lungo trasversali direttamente collegate al parco. Si ipotizza così una vera e propria trama di spazi pieni e vuoti che intercetta un ampio spazio pubblico di connessione tra due importanti testate: la stazione di Sagrado Corazón, e la nuova sede universitaria di climatologia (sede staccata del Polytechnic University of Puerto Rico) che, configurata attorno a un grande vuoto multifunzionale, supera la diversificazione sociale e che al tempo stesso si dimostra flessibile alle condizioni climatiche in mutamento e alle esigenze future della città.

La gestione del vuoto porta necessariamente alla riformulazione degli intenti del progetto urbano. Lo spazio pubblico nei processi di ricostruzione e rigenerazione urbana si fa driver dei vantaggi connessi all’implementazione del vuoto, ai cobenefits sociali, economici e ambientali. Una buona strategia di adattamento mette al centro dell’agire progettuale la flessibilità, per lasciare allo spazio la possibilità di tradursi nei tanti futuri possibili. Il progetto “nel” e “del” vuoto dovuto alle calamità naturali diventa ricerca di una metodologia in grado di preparare le città all’inatteso, ricucendo faglie temporali, ovvero ricostruendo un nuovo senso di appartenenza che guardi al domani nella consapevolezza di ciò che è stato.*

06. Schema allagamento dell’edificio di progetto nell’area di Santurce a San Juan. Flooding scheme/graphic of the project building in the Santurce area of San Juan. Amedeo Minischetti NOTE 1 – La tesi di laurea Ricostruzione post-uragano a Porto Rico. Strategia di adattamento ai cambiamenti climatici è stata svolta da Amedeo Minischetti in collaborazione a Roberta Losciale, Università degli studi G. D’Annunzio di Chieti - Pescara, dipartimento di architettura, 2020. Relatore: prof. Domenico Potenza. Correlatori: proff. Martha Kohen, Matteo di Venosa, Michele Manigrasso. 2 – Si veda il Data Center del Center for Puerto Rican Studies di New York. Il Data Center colleziona e diffonde le informazioni più aggiornate sui portoricani ritraendo aspetti socioeconomici e demografici della popolazione. Lo scopo è fornire informazioni descrittive di base a studiosi, responsabili politici e al pubblico in generale. Le fonti sono archivi disponibili pubblicamente sul sito https://centropr.hunter.cuny.edu/ (ultima consultazione marzo 2020). 3 – Si veda Rapporto Ispra 2011 Frammentazione del territorio da infrastrutture lineari. Indirizzi e buone pratiche per la prevenzione e la mitigazione degli impatti. 4 – Per “linee di sicurezza” si intende linee di delimitazione di un’area sulla quale non è più possibile costruire.

BIBLIOGRAFIA – D’Ambrosio, V., Leone, M. F. (2016). Progettazione ambientale per l’adattamento al Climate Change. 1. Modelli innovativi per la produzione di conoscenza. Napoli: Clean. – Dedè, E. (2013). Il vuoto in attesa di senso. Strategia di intervento post-calamità per lo spazio pubblico dell’abitato informale. In La ricostruzione dopo una catastrofe: da spazio in attesa a spazio pubblico. Roma: INU edizioni. – Friedman, Y. (1978). L’architettura di sopravvivenza. Torino: Bollati Boringhieri. – Giorgi, F. (2018). L'uomo e la farfalla: 6 domande su cui riflettere per comprendere i cambiamenti climatici. Milano: FrancoAngeli. – Gisotti, G. (2007). Ambiente urbano. Introduzione all’ecologia urbana. Manuale per lo studio e il governo della città. Palermo: Flaccovio Dario. – Kuttler, W. (2008). The urban climate – Basic and applied Aspects. In Marzluff J.M. et al. (a cura di). Urban Ecology. An International Perspective on the Interaction Between Humans and Nature. New York: Springer, pp. 233-248. – Manigrasso, M. (2013). Città e clima. Verso una nuova cultura del progetto. Pescara: Sala Editori. – Manigrasso, M. (2019). La città adattiva. Il grado zero dell’urban design. Macerata: Quodlibet Studio. – Mattogno, C. (2012). Territori fragili. La cura come pratica di progetto. Tafterjournal, n. 50. Http://www.tafterjournal.it/2012/08/01/territori-fragili-la-cura-come-pratica-di-progetto/ (ultima consultazione marzo 2020). – Mezzi, P., Pelizzaro, P. (2016). La città resiliente. Strategie e azioni di resilienza urbana in Italia e nel mondo. Milano: Altreconomia. – Pauleit, S., Breuste, J.H. (2011). Land-Use and Surface-Cover as Urban Ecological Indicators. In Niemela J. (a cura di), Urban Ecology, patterns, processes and applications. New York: Oxford University Press Inc., pp. 19-30. – Russi, N. (2019). Background. Il progetto del vuoto. Macerata: Quodlibet Studio. – Russo, F. (2012). San Paolo si rinnova. Artribune Magazine, n. 8. Roma: Artribune, pp. 54-55.

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