06 Collana Alleli / TXT Comitato scientifico Edoardo Dotto Nicola Flora Bruno Messina Stefano Munarin Giorgio Peghin I volumi pubblicati in questa collana vengono sottoposti a procedura di peer-review
ISBN 978-88-6242-355-7 Prima edizione italiana dicembre 2018 © LetteraVentidue Edizioni © Luciana Macaluso Come si sa la riproduzione, anche parziale, è vietata. L’editore si augura che avendo contenuto il costo del volume al minimo i lettori siano stimolati ad acquistare una copia del libro piuttosto che spendere una somma quasi analoga per fare delle fotocopie. Anche perché il formato tascabile della collana è un invito a portare sempre con sé qualcosa da leggere, mentre ci si sposta durante la giornata. Cosa piuttosto scomoda se si pensa a un plico di fotocopie. Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione riguardo ai copyrights delle illustrazioni saremo lieti di correggerlo nella prossima ristampa. Progetto grafico: Francesco Trovato Impaginazione: Martina Distefano LetteraVentidue Edizioni S.r.l. Via Luigi Spagna 50P 96100 Siracusa, Italia Web: www.letteraventidue.com Facebook: LetteraVentidue Edizioni Twitter: @letteraventidue Instagram: letteraventidue_edizioni
Luciana Macaluso
Frammenti della cittĂ in estensione
Indice
6. Introduzione 18. Premessa
Giuseppe Samonà e la composizione per frammenti
22. Leberecht Migge: la metropoli madre di giardini 31. Frank Lloyd Wright e la compenetrazione di urbano e rurale 41. Le Corbusier e la riorganizzazione agraria 50. Giuseppe Pagano, l’architettura rurale e il razionalismo 56. Edoardo Caracciolo in Sicilia 64. Giuseppe Samonà e la città in estensione 76. Note
Introduzione
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Introduzione
“Freespace” Qual è il ruolo degli spazi aperti – floridi, decadenti, residuali, agricoli – nella città contemporanea? Sono luoghi di promesse e d’incognite. Nell’attività progettuale1, si è cercata una difficile continuità fra città e campagna sperimentando ipotesi a diverse scale dimensionali. Tappe più o meno riuscite e fallimenti hanno suggerito di alzarsi dal tavolo e guardare il proprio lavoro da lontano, nell’insieme, per sedersi di nuovo. La consapevolezza era che, per andare avanti, ci si doveva, da un lato, rivolgere ad altre discipline e, dall’altro, era indispensabile comprendere l’eredità del Movimento Moderno2 e la critica che vi è stata rivolta3. Era necessario indagare su alcuni principi architettonici comuni al progetto urbano e rurale per proporre trasformazioni più possibile inclusive e relazionali. Negli ultimi decenni numerosi contributi sono stati dati in tal senso4. Cosa si vuole aggiungere? Una combinazione di esperienze eterogenee, non per trovare una sintesi ma per enunciare in profondità i problemi5 ed evidenziare la vulnerabilità di alcuni ambiti, spesso in bilico fra epifanie di bellezza e
Leberecht Migge: la metropoli madre di giardini
23 Leberecht Migge: la metropoli madre di giardini
La presenza di vari numeri della rivista «Moderne Bauformen» nella biblioteca di Giuseppe Samonà57 mostra un suo interesse verso le Siedlungen58 tedesche, poi approfondito nel testo L'urbanistica e l'avvenire della città negli stati europei59. Nell’ambito di quelle esperienze, si vuole in particolare esplorare il contributo di Leberecht Migge poiché egli, all’inizio del ventesimo secolo, comprese in profondità il legame fra la riforma abitativa e gli orti urbani tra gli edifici. L’idea rientrava nell’ottica di un ritorno alla natura come reazione al forte urbanesimo ottocentesco. Si trattava di una natura addomesticata, resa sicura, come quella degli orti botanici e degli zoo e, quindi, adatta a divenire un prolungamento dell’abitare. Inondare di aria e luce le case garantiva a tutti, per la prima volta, una qualità della vita cui ci si abituò presto: ambienti ariosi, salubri, viste ampie sul paesaggio. La conquista degli spazi aperti corrispondeva a una progressiva e quasi totale antropizzazione del territorio: le utopie urbane del XX secolo (Ebenezer Howard, Frank Lloyd Wright, Le Corbusier)60 sostenevano universalmente la compenetrazione della campagna con la città, senza
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Frank Lloyd Wright, Broadacre City, 1958.
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F. L. Wright e la compenetrazione urbano-rurale
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Le Corbusier e la riorganizzazione agraria
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Le Corbusier e la riorganizzazione agraria
Dando seguito al punto di vista di Max Rissellada sul profondo legame fra l’architettura di Adolf Loos e di Le Corbusier96, anche per descrivere il pensiero lecorbusieriano sulla riorganizzazione agraria sembra indispensabile una breve premessa su Adolf Loos (1870-1933). L’architetto viennese andò negli Stati Uniti a ventidue anni. Vi rimase dal 1893 al 1896. Si recò all’esposizione colombiana di Chicago dove, fra l’altro, ammirò il lavoro di Sullivan e dei suoi allievi: «il gusto delle architetture orizzontali, che Otto Wagner propugnava solo in sede teorica, l’amore per i materiali naturali, per il contrappunto di travature lignee e setti bianchi intonacati […] e per una spazialità articolata […] Loos li assorbì in America»97. Lì aveva fatto esperienza degli ambienti fluidi wrightiani e del nuovo rapporto di continuità fra spazi distinti ma non divisi e fra interni ed esterni. Aveva assimilato un segreto da reinterpretare senza alcuna mimesi nel Raumplan e aveva colto un nuovo rapporto fra la casa e il giardino. Nelle Regole per l’insediamento del 1920 Loos scrisse: «ogni casa inizia con il giardino. Il giardino è prioritario, la casa secondaria»98. Il “giardino”, nell’Enciclopedia
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1937122, dove fu criticata dagli architetti più vicini al socialismo dubbiosi sul regionalismo e sul modello dell’agricoltura di piccola scala in cui i contadini mantenevano la proprietà seppur riuniti in cooperative123. Le Corbusier sostenne la sua idea124 e cercò di realizzarla in diversi contesti, compreso l’Italia125.
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Le Corbusier, Riorganizzazione agraria, 1934, © FLC, schizzo 28618.
Le Corbusier e la riorganizzazione agraria
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Giuseppe Pagano, l’architettura rurale e il razionalismo
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G. Pagano, l’architettura rurale e il razionalismo
Il governo italiano, portando avanti iniziative precedenti, dagli anni Venti, promosse il risanamento di vaste aree del paese improduttive o malsane per renderle coltivabili nell’ottica dell’autosufficienza e della propaganda di regime sul legame fra il popolo e il suolo. Tra il 1932 e il 1933 furono fondate ex novo Littoria, Sabaudia, Pontinia e Aprilia. A promuovere il dibattito sull’architettura rurale concorreva anche la necessità di mettere a punto nuovi modelli di case coloniche nella madre patria126 come nelle colonie. Nel 1933, la legge sulla bonifica integrale incluse un piano di opere necessarie per rendere i terreni produttivi e abitabili (“colonizzazione”)127. S’istituiva il primo grande intervento di riforma agraria. Gli insediamenti agricoli erano al centro del dibattito. Durante il 1935 Giuseppe Pagano128 dedicava tre articoli al tema sulle pagine di «Casabella»129, rivista che diresse dal 1933 per oltre un decennio, ed Enrico Peressutti aveva scritto sulle pagine di «Quadrante», che il patrimonio delle «architetture di pareti bianche […] di vuoti e di pieni […] scoperto dai Gropius, dai Le Corbusier, dai Mies van der Rohe camuffato come una novità
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Uliveti a Casteldaccia (Palermo)
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