Metamorfosi 06

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SOMMARIO CONTENTS 004

Editoriale / Editorial

TRASFORMARE IL PAESAGGIO CON LE PROCEDURE DELLA METAMORFOSI DESIGNING THE LANDSCAPE WITH THE PROCESSES OF METAMORPHOSIS Gabriele De Giorgi

CONTRIBUTI / CONTRIBUTIONS 10

OLTRE LA LAND ART BEYOND LAND ART

Marcello Pazzaglini 18

INTERPRETAZIONI DI PAESAGGIO. GLI APPENNINI, PARCO D’EUROPA INTERPRETATIONS OF LANDSCAPE. THE APPENNINES, PARK OF EUROPE

Alessandra Muntoni, Marcello Pazzaglini Studio Metamorph 22 Tema monografico / Monographic theme

ARTE, ARCHITETTURE, TOPOLOGIE TERRITORIALI E URBANE ART, ARCHITECTURES, TERRITORIAL AND URBAN TOPOLOGIES

Alessandra Muntoni, Marcello Pazzaglini Studio Metamorph 26

IL MODELLO GEOGRAFICO DI LE CORBUSIER LE CORBUSIER’S GEOGRAPHIC MODEL

Fabiano Micocci

a cura di /editor

Marcello Pazzaglini

VERSO IL PIANO PARTICOLAREGGIATO DEI GHEZZI – CHIOGGIA TOWARDS THE DETAILED PLAN OF THE GHEZZI – CHIOGGIA

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LE NUOVE VIE DELLA SETA. PROCESSO DI RISTRUTTURAZIONE MONDIALE THE NEW SILK WAYS. A GLOBAL RESTRUCTURING PROCESS

Leone Spita 40

LA GRANDE HELSINKI GREATER HELSINKI

Antonello Alici 48

STAD VAN DE TOEKOMST, PROVE DI FUTURO PER LA CITTÀ EUROPEA STAD VAN DE TOEKOMST, EXPERIMENTS OF FUTURE FOR THE EUROPEAN CITY

Roberto Cavallo, Roberta Lucente


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LONDRA / VNEB, È QUESTO IL FUTURO DELLA RIGENERAZIONE URBANA? LONDON / VNEB, IS THIS THE FUTURE OF THE URBAN REGENERATION?

Mario Ferrari 70

GEOGRAFIE D’ACQUA. PAESAGGI DI HANOI WATER GEOGRAPHIES. LANDSCAPES OF HANOI

Cristina Imbroglini, Guendalina Salimei 78

IL PROGETTO DEL PASSANTE DI BOLOGNA: VERSO UN PARCO TERRITORIALE. ESPLORARE E RIGENERARE ATTRAVERSO LE INFRASTRUTTURE THE PROJECT OF THE PASSER OF BOLOGNA: TOWARDS A TERRITORIAL PARK. EXPLORE THE REGENERATION THROUGH THE INFRASTRUCTURE

RUBRICHE / COLUMNS 96

Carles Llop – Jornet Llop Pastor, Cristina Tartari – Tasca 86

CHANEL TESSE LA SUA TELA ALLE PORTE DI PARIGI. IL NUOVO CENTRO DI ARTI E MESTIERI DI RUDY RICCIOTTI CHANEL WEAVES ITS WEB AT THE GATES OF PARIS. RUDY RICCIOTTI’S DESIGN FOR CHANEL MÉTIERS D’ART

GEOGRAFIA DIGITALE. DALLA CARTOGRAFIA STATICA ALLA DIGITOGRAFIA DINAMICA DIGITAL GEOGRAPHY. FROM STATIC CARTOGRAPHY TO DYNAMIC DIGITOGRAPHY TERRITORI DIGITALI / DIGITAL

Rosalba Belibani 102

SCEGLIERE IL SUONO. ARCHITETTURE SONORE VS GEOGRAFIE SONORE CHOOSING SOUND. SOUND ARCHITECTURES VS SOUND GEOGRAPHIES INTERSEZIONI LINGUISTICHE / LANGUAGES’ INTERSECTIONS

Ida Recchia

Nicoletta Trasi

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ISOLARCHITETTI: TRA CONSERVAZIONE E INNOVAZIONE. AMPLIAMENTO E RESTAURO DEL MUSEO EGIZIO, TORINO ISOLARCHITETTI: BETWEEN PRESERVATION AND INNOVATION. EXTENSION AND RESTORATION OF THE EGYPTIAN MUSEUM IN TURIN TRASFORMAZIONI / TRANSFORMATIONS

Maurizio Petrangeli 114

L’UNICITÀ DEL VIADOTTO SUL POLCEVERA THE UNICITY OF THE VIADUCT ON THE POLCEVERA CATASTROFI / DISASTERS OTHERWERE

Marzia Marandola


TRASFORMARE IL PAESAGGIO CON LE PROCEDURE DELLA METAMORFOSI DESIGNING THE LANDSCAPE WITH THE PROCESSES OF METAMORPHOSIS di GABRIELE DE GIORGI

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iprendiamo i ragionamenti sul tema dell’architettura-paesaggio di cui abbiamo parlato nel n. 02 di questa rivista. Soffermiamoci sul ruolo dell’architettura nella trasformazione del paesaggio perché c’è una svolta molto interessante rispetto al passato. Col Movimento Moderno il rapporto tra architettura e paesaggio fu a dir poco inesistente. Lo si riscontra solo nelle opere aaltiane o wrightiane. La chiave antistorica e tutta funzionalista del Movimento Moderno escludeva le culture e le strutture dei contesti. Così fece anche l’International Style e fecero i suoi derivati. La svolta, nata soprattutto agli inizi del XXI secolo, in considerazione delle recenti trasformazioni dei territori e delle città nella dimensione geografica, ha posto al centro della progettazione proprio il paesaggio nelle sue infinite variazioni. La procedura del transfer ne è il metodo poetico. Il transfer consiste nell’immissione nel progetto di alcuni elementi salienti del paesaggio e nell’elaborare quegli elementi salienti con una metamorfosi: è prelievo, è poesia, è arte trascendente, è spirito creativo brillante e originale. Vediamo alcuni antecedenti. Esiste in Italia fin dagli anni 50 la teoria delle preesistenze ambientali, proposta da Rogers, molto discussa e non condivisa dagli architetti moderni, ma che, sotto questo aspetto del rapporto con il paesaggio, a mio parere va rivalutata. Ad esempio con la Torre Velasca nel centro di Milano, i BBPR (architetti Banfi, Belgioioso, Peressutti e Rogers) inventano un nuovo paesaggio che riprende le atmosfere milanesi 4

METAMORFOSI 06

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e revisit the meditations about architecture-landscape proposed in the issue n. 02 of this journal in order to explore the role of architecture in the transformation of landscape in light of a very interesting shift that has recently intervened. With the Modern Movement, the relationship between architecture and landscape was all but inexistent – it only surfaced in works designed by Aalto or Wright. The anti-historical and entirely functionalist approach applied by the Modern Movement, equally embraced by the International Style and its developments, ignored the cultures and structures of contexts. In the early 21st century, the shift particularly resulting from the recent transformations of territories and cities at the geographical dimension placed the landscape in its endless variations at the center of design. Its poetic method is the procedure of transfer. Transfer means that design incorporates some of landscape’s key elements and develops them through a metamorphosis: it is sampling, poetry, transcendent art – a creative, brilliant and original spirit. One of the antecedents of such approach is the theory of pre-existing environmental conditions proposed in Italy by Ernesto N. Rogers in the 1950s. Thoroughly discussed and often refused by modern architects, this theory deserves a proper re-evaluation particularly in light of its relationship with landscape. For example, with the Velasca Tower in Milan, BBPR (Banfi, Belgioioso, Peressutti and EDITORIAL


della Milano storica, interiorizzando criticamente le preesistenze storiche ambientali in un linguaggio inedito. Si tratta di un’architettura esplicita, intenzionale, senza ambiguità. «Per la Torre Velasca, dice l’architetto Belgioioso, si tratta della captazione di una immagine appartenente alla tradizione storica, padana e non soltanto padana, ma trasposta e ingigantita: quella della usuale casa medievale che allineava su un filo arretrato i piani inferiori, generalmente non residenziali, e spostava poi su vertiginose mensole di legno o solide mensole in pietra i piani superiori residenziali. La Velasca potrebbe essere raffigurata nel fascio di costruzioni urbane del “buon governo” di Lorenzetti e sembrarci ugualmente ambientata. Questa è la sua italianità, il suo essere fuori delle mode.” Italianità che possiamo riscontrare in tante torri medievali, come a Siena ad esempio con la torre del Mangia, a Palazzo Vecchio a Firenze. “La milanesità invece, è questione di materiali, di tessitura, di colori, di macchia cromatica complessiva che si adatta al colore di fondo degli intonaci milanesi e che si adatta al tono, spesso di madreperla, del cielo milanese.» (…) “In questo ambito di ricerche progettuali, in Italia si possono segnalare in modo particolare gli architetti Michelucci, Albini (n.d.r. come ad esempio La Rinascente di Piazza Fiume a Roma ambientata nel contesto delle mura aureliane adiacenti), Gardella (n.d.r. come nella Casa alle Zattere a Venezia dove le merlature dei balconi vengono rielaborate e riproposte in altra versione) e Ridolfi, per le note esperienze compiute appunto in quegli anni. La Torre Velasca si inquadra nel nostro caso, come un esempio rilevante.” Un’altra precisazione interessante riguarda il coronamento. «Lo studio del coronamento – continua Belgioioso - è passato attraverso varie fasi: uno dei fattori determinanti è stata la scelta del tetto. L’inclinazione delle falde del tetto è stata controllata anche in funzione della loro visibilità dalle vie circostanti, in modo che il tetto non sfuggisse alla percezione di un terminal di dimensioni coerenti con gli elementi sottostanti….(in conclusione) abbiamo sempre ritenuto, forse con presunzione, che la Torre Velasca rappresenti un passo avanti nella cultura architettonica EDITORIALE

Rogers) invented a new landscape that reflected the typical atmosphere of historical Milan by critically interiorizing the pre-existing historical environmental conditions in an original language. The result is an explicit, intentional and unambiguous architecture. «The Velasca Tower – Belgioioso explains – captures an image, albeit transposed and magnified, that belongs to the historical tradition of the Po Valley and beyond – the image of a typical medieval house with its lower stories, usually not residential, laid out on a withdrawn line, while its upper residential stories project on bold wooden brackets or sturdy stone brackets. The Velasca Tower might very well be part of the cluster of urban constructions depicted in Ambrogio Lorenzetti’s “Good Government” fresco and appear perfectly at ease in that scene. This is its Italian quality, its being outside of fashion. Such Italian quality can be found in several medieval towers such as the Mangia Tower in Siena, or the Old Palace in Florence. “The Milanese quality, instead, is rather about the materials, texture, colors – the overall chromatic feature that reflects the general color of plasters used for buildings in Milan, and equally adapts to the often mother-of-pearl tone of the sky in Milan.» (…) “A number of architects particularly developed this design research in Italy. For example Michelucci, Albini (his La Rinascente department store on Piazza Fiume in Rome, framed in the context of the neighboring Aurelian walls, editor’s note), Gardella (his House at the Zattere in Venice with their redeveloped crenellations

BBPR, Torre Velasca a Milano,1958 BBPR, Velasca Tower in Milan,1958 GABRIELE DE GIORGI

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ARTE ARCHITETTURE TOPOLOGIE TERRITORIALI E URBANE ART ARCHITECTURES TERRITORIAL AND URBAN TOPOLOGIES


OLTRE LA LAND ART BEYOND LAND ART di / by MARCELLO PAZZAGLINI

osa si propone oltre la Land Art? L’intervento a scala geografica. E’ possibile modellare il territorio nella sua dimensione geografica? E cosa sono l’arte e l’architettura a quella scala? Si è possibile. E’ stato sempre fatto partendo da un dato: il territorio, la natura che contiene sono sempre in movimento, in trasformazione. L’uomo è sempre intervenuto prima con i tracciati delle migrazioni poi con il complesso delle infrastrutture della mobilità, con il paesaggio agricolo, con il controllo delle acque. Il disegno del territorio è un antico connaturato desiderio dell’uomo che si è concretizzato soprattutto con il suo uso agricolo, di cui la centuriazione dei romani è l’espressione più concreta alla dimensione

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Il sole al tramonto. Parco nazionale Pithon Farias, all’interno del comprensorio geografico del bacino artificiale del Paranoà. Brasilia. Foto di M. Pazzaglini Setting sun. Rogerio Python Farias National Park within the geographic region of the Lake Paranoá artificial basin. Brasilia. Photo by M. Pazzaglini 10

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hat is there beyond Land Art? Working at the geographic scale. Is it possible to shape the territory in its geographic dimension? And what do art and architecture become at that scale? Indeed, it is possible. It has always been done starting from an assumption: the territory and the nature it contains it are always on the move, in constant flux. Man has always intervened first with the paths of migration and then with the complex of mobility infrastructure, with the farming landscape, with the management of waters. Designing the territory is an ancient desire rooted in human nature that emerged particularly with farming and found its most concrete expression at the geographic scale with the centuriation devised by the Romans; later came the gardens; then the parks for the ruling classes, and more recently the great parks as public facilities during the nineteenth century. Since the 1960s, starting with the Club of Rome in 1960, sustainability has emerged as a strategy against land consumption, degradation, senseless urbanization, pollution. Now, the imperative is zero land consumption. The geographic dimension should become the focus for our intervention. Let’s go back and define the terms. What is geography? Geography applies a synthetic process to the description of territories through maps. It becomes a communication mode with a structured message organized by specific

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BEYOND LAND ART


geografica; poi con i giardini; poi con i parchi per le classi dominanti, poi con i grandi parchi come servizi pubblici dell’800 Dagli anni ’60 , dal club di Roma del 1960 in poi, si impone la sostenibilità come strategia contro il consumo del territorio, il degrado, l’urbanizzazione dissennata, l’inquinamento. Ora si deve progettare il territorio a consumo 0. È la dimensione geografica quella su cui si deve intervenire.Torniamo a definire i termini. Che cosa è la geografia? La geografia descrive i territori con le mappe attraverso un processo di sintesi. La geografia diviene modalità di comunicazione: ha un messaggio strutturato, ha chi lo organizza, chi lo usa. È una lingua istituzionalizzata mutevole nei tempi basata sulla conoscenza e sulla esplorazione. Le mappe con i loro segni comunicano con una rappresentazione piana, ora in 3d, la morfologia dei territori. Sono una miniera di immagini, un palinsesto da scomporre e da ricomporre. E l’arte? Molteplici sono i percorsi anche nelle avanguardie del novecento e di questo secolo che attraversano la natura e i suoi territori. Vediamone alcuni per capire quali materiali e procedimenti è possibile utilizzare alla dimensione geografica. Da una parte c’è la land art ; ma per progettare un territorio sostenibile a consumo 0 non è sufficiente. Il nuovo ambito è quello di una arte geografica che utilizzi segni compressi di materiali formali offerti dalla natura: le acque, il verde nelle sue molteplici articolazioni, i rilievi, i paesaggi agricoli, la rete dei percorsi, il percorso dei venti. La dimensione creativa è essenziale per intervenire a questa scala. Tullio Pericoli ad esempio ci propone una descrizione dei paesaggi come interpretazione e creazione di nuovi segni. Sono anche altri i percorsi che esplorano in questa direzione. Nel 1984 National Geographic pubblica un servizio con immagini aeree dal titolo Patterns if Plenty: The art in Farming. Dunque propone il paesaggio agrario come una OLTRE LA LAND ART

operators for specific users. It is a constantly changing institutionalized language based on knowledge and exploration. With their signs, maps communicate the morphology of territories with a planar, now 3-D, representation. They are a mine of images, a palimpsest liable to deconstruction and reconstruction. What about art? Even the twentieth and twenty-first century avant-gardes proposed a multiplicity of approaches to nature and its territories. We will review some of these in order to recognize the materials and processes that could be useful at the geographic dimension. There is certainly land art, although it is not enough to plan a sustainable, zero land consumption territory. The new realm is a geographic art that uses compressed signs made of formal materials offered by nature itself: waters, green spaces in their multiple expressions, high grounds, farming landscapes, the network of paths, the path of winds. The creative dimension is essential in order to work at this scale. Tullio Pericoli, for example, offers a description of landscapes as interpretation and creation of new signs. Other approaches explore this direction. In 1984, the “National Geographic” published a feature, Patterns of Plenty: The Art in Farming, illustrated by aerial images, about the farming landscape as an art form. Along

Mappa del territorio di Brasilia con il bacino artificiale del Paranoà, 1956 - 1960 Progettisti: Lucio Costa e Oscar Niemeyer. Paesaggista: Burle Marx Map of the territory of Brasilia with the Lake Paranoá artificial basin, 1956 - 1960 Designers: Lucio Costa and Oscar Niemeyer. Landscape architect: Burle Marx

MARCELLO PAZZAGLINI

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INTERPRETAZIONI DI PAESAGGIO GLI APPENNINI, PARCO D’EUROPA

INTERPRETATIONS OF LANDSCAPE THE APPENNINES, PARK OF EUROPE

di / by ALESSANDRA MUNTONI, MARCELLO PAZZAGLINI, STUDIO METAMORPH con / with FLAVIO MANGIONE, PAMELA MARTELLA, ANTONIO ROMANO

Concorso / Menzione speciale Honorable mention

Il paesaggio di Pietramontecorvio nell’Appennino Dauno The landscape of Pietramontecorvino in the Dauno Apennines Processioni campestri e stendardi rituali Rural processions and ritual banners

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METAMORFOSI 06

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i propone un progetto complesso per sistemi formali e funzionali:

• il sistema dei percorsi • il sistema del verde rimodellato • il sistema delle aree agricole e della produzione • la fabbrica sostenibile • il sistema del costruito • il sistema delle memorie storiche • il sistema dei luoghi di sosta e meditazione. Il territorio è organizzato per fasce: quello delle fonti energetiche; il verde agricolo, l’acqua e i cunei verdi per canalizzare il vento, la nuova ripiantumazione e i giardini tematici. Per quanto riguarda in particolare la sostenibilità si propone di attuare una strategia complessa tesa ad ottenere l’autonomia energetica: • il risanamento de principali corsi d’acqua • la realizzazione nell’arco nord di quattro centrali fotovoltaiche ed eoliche integrate • la creazione di corridoi del vento attraverso la piantumazione di alberature disposte a cuneo ed il disegno delle coltivazioni della aree agricole. Si propongono inoltre criteri per la valutazione e gestione del progetto che tenga conto: • della molteplicità di progetti ed opere • della molteplicità di fonti di finanziamento • delle forme di gestione unitaria del nuovo parco • dei tempi di attuazione. (dalla relazione al progetto)

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e propose a complex plan for formal and functional systems:

• system of paths • system of reshaped green spaces • system of farming areas and production • sustainable industrial plant • system of built areas • system of historical memories • system of rest and meditation places. The territory is organized in sections: energy sources; farming land, water and green wedges designed to channel the wind, newly planted trees and thematic gardens. In order to achieve sustainability, the proposal particularly promotes the implementation of a complex strategy aimed at energy independence: • rehabilitation of the main waterways • construction of four integrated solar and wind power stations in the northern arc • creation of wind corridors based on wedge-shaped tree lines and planning of crops in farming areas. Moreover, the proposal calls for criteria for

INTERPRETATIONS OF LANDSCAPE


Concept del progetto di paesaggio Concept of the landscape project

INTERPRETAZIONI DI PAESAGGIO

the assessment and management of the plan based on: • a multiplicity of designs and works • a multiplicity of funding sources • forms of unitary management of the new park • implementation schedule. (Excerpt from the design report)

Progetto del paesaggio con immagini del contesto Landscape project with images of the context Principali destinazioni Main destinations

STUDIO METAMORPH

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VERSO IL PIANO PARTICOLAREGGIATO DEI GHEZZI – CHIOGGIA TOWARDS THE DETAILED PLAN OF THE GHEZZI – CHIOGGIA di / by ALESSANDRA MUNTONI, MARCELLO PAZZAGLINI, STUDIO METAMORPH con / with CRISTINA AURELI, LAPO PAZZAGLINI

Concorso 2010 Competition 2010

l progetto propone due strategie convergenti e strettamente connesse per ottenere un nuovo paesaggio lagunare, un nuovo waterfront: • la riconoscibilità ottenuta attraverso il disegno del territorio; • la sostenibilità. Per raggiungere questi obiettivi si propone di organizzare le forme del territorio con gli elementi naturali - il vento, l’acqua, il sole ed il suolo – assunti quale principali fonti di energia rinnovabile. La maglia geometricoformale che caratterizza il concept collega dei “traguardi”, costituiti da generatori eolici ad asse verticale e da alberi fotovoltaici, inseriti in punti strategici del tessuto esistente, con quelli predisposti sui bordi ovest della laguna del Lusenzo. Si ottiene così una trama di direzioni libere e selettive allo stesso tempo, sulle quali si impostano le molteplici destinazioni e sistemi infrastrutturali: • il sistema dell’acqua e del verde rimodellato; • il sistema dei percorsi alle varie velocità da quella pedonale a quella automobilistica; • il sistema del costruito. La strategia della sostenibilità attraversa tutti e tre i sistemi.

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Progettazione impiantistica e gestione dell’energia Il sistema progettato prevede tecnologie innovative che producono energia elettrica come pannelli fotovoltaici installati in aree dedicate centralizzate e dislocati su elementi di sostegno specifici (“alberi fotovoltaici”) all’interno delle corti racchiuse dagli edifici, 22

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he design calls for two converging and closely related strategies in order to achieve a new lagoon landscape, a new waterfront: • Recognizability achieved through a designed territory; • Sustainability. In order to achieve such goals, it is necessary to shape the territory by relying on natural elements – wind, water, sun and soil – as main sources of renewable energy. The geometric-formal grid that underlies the concept connects some “landmarks” – vertical axis wind turbines and solar power trees – placed both in strategic spots and on the western fringe of the Lusenzo lagoon. The result is a pattern made by free and selective directions that underlie multiple destinations and infrastructural systems: • The system of water and reshaped green areas; • The system of paths, both slow and fast, from pedestrians to vehicles; • The system of built areas. The sustainability strategy cuts across the three systems.

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Plant design and energy management The system we designed relies on innovative power technologies such as PV panels installed in dedicated centralized areas and mounted on specific supports (“solar trees”) within courtyards enclosed by buildings, as well as vertical axis wind turbines and biomass power generation systems fueled by composite vegetable products (waste materials from agriculture, wooden chips, shredded dry leaves, sawmill by-products). The power thus generated will compensate TOWARDS THE DETAILED PLAN OF THE GHEZZI


insieme a generatori eolici verticali, e sistemi di generazione a biomassa alimentati da composti di origine vegetale (come scarti dell’agricoltura, cippato di legno, foglie secche triturate, sottoprodotti di segheria). L’energia elettrica bilancerà i consumi dovuti alle macchine termiche (pompe di calore ad elevato rendimento) ed agli impianti di forza motrice e di illuminazione interna e urbana. (Dalla relazione)

for the energy used by thermal machinery (high-efficiency heat pumps) and motive power engines as well as interior and urban lighting systems. (Excerpt from the design report)

Vista della laguna di Chioggia View of the lagoon of Chioggia Ponti di Chioggia. Foto di Lapo Pazzaglini Bridges of Chioggia. Photo by The piers of Chioggia

Concept Concept VERSO IL PIANO PARTICOLAREGGIATO DEI GHEZZI

STUDIO METAMORPH

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IL MODELLO GEOGRAFICO DI LE CORBUSIER LE CORBUSIER’S GEOGRAPHIC MODEL di / by FABIANO MICOCCI

a geografia si costituisce come una visione speculare del mondo che lo interpreta e lo trasforma. Il geografo Franco Farinelli specifica, infatti, che la geografia produce modelli che costruiscono il mondo piuttosto che descrizioni che lo spiegano1. Allontanandosi da ogni atteggiamento positivista, Ludwig Wittgenstein spiega che tale modello non è altro che un’immagine del mondo, spesso priva di un riscontro accurato dello stato dei luoghi, che soggiace a ogni ulteriore atto conoscitivo2. In questi termini la geografia offre le fondamenta per ogni azione che abbia come scopo il disegno del mondo, accorciando così quella distanza che la separa dall’architettura, e che Vittorio Gregotti individua relegando la prima ad indagine scientifica che si esaurisce nella pura descrizione del presente spaziale e attribuendo esclusivamente alla seconda la possibilità di costruire proposte3. Un legame ancora più forte tra le due discipline può essere individuato nell’utilizzo da parte di entrambe della geometria, utilizzata per la costruzione di visioni cartografiche, ovvero mappe4. La geometria, infatti, è lo strumento astratto utilizzato sia per comprendere i fattori di distanza che distinguono le relazioni nello spazio che i tipi geografici che producono metafore spaziali5. Su questi presupposti si può affermare che l’architettura, assorbendo concetti dalla geografia, è in grado di produrre nuove realtà cartografiche6 sotto forma di modelli. Attraverso i modelli dunque la geografia costruisce la rappresentazione del mondo con un intento progettuale. Anassimandro, il filosofo presocratico del VI secolo a.C.,

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La mappa di Anassimandro nella versione di Ecatèo di Mileto. Fonte online: http://hist.science.online. fr/greece/geografia/carte_ antiche/108mono.html Anaximander’s map in the version by Hecataeus of Miletus Online Source: http:// hist.science.online.fr/ greece/geografia/carte_ antiche/108mono.html

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METAMORFOSI 06

eography can be considered as a specular vision of the world that is able to interpret and transform it. The geographer Franco Farinelli clarifies, in fact, that geography produces models that build the world rather than descriptions that explain it1. Moving away from any positivist approach, Ludwig Wittgenstein points out that such a model is nothing else than an image of the world, often lacking in an accurate survey of the features of the land, which antecedes any further cognitive act2. In these terms, geography constructs the very foundations of any act that aims to design the world, shortening the distance that separates this discipline from architecture, a separation that is confirmed by Vittorio Gregotti that attributes to geography the role for a scientific investigation that ends in the description of the spatial present while only to architecture the task to make proposals3. An even stronger tie between the two disciplines can be encountered in the application of geometry for the creation of cartographic visions, or maps4. Indeed geometry is an abstract tool that is employed both to understand factors of distance that characterize spatial relations as well as to identify geographical types that can trigger the formulation of spatial metaphors5. Based on these assumptions, it can be said that also architecture, by absorbing geographical concepts, can produce new cartographic realities6 in the form of models. Therefore, geography constructs the representation of the world through models with pure design intents. Anaximander,

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LE CORBUSIER’S GEOGRAPHIC MODEL


elaborò un modello politico e culturale producendo la prima mappa del Terra. Il disegno di tale mappa, oggi tramandato nella versione di Ecatèo di Mileto, è iscritto in un pinax, una tavolozza circolare utilizzata solitamente dai greci per scrivere7, e che situa al centro il Mar Mediterraneo, più precisamente un punto non distinto tra Mileto e Delfi. In questa maniera Anassimandro asserì la centralità e la superiorità della Grecia, luogo della democrazia e dell’uguaglianza, a dispetto delle tirannie asiatiche, il cui territorio si dirama verso il perimetro esterno della circonferenza8. Il disegno stesso della mappa esprime in maniera inequivocabile quest’opposizione: il Mediterraneo, luogo della razionalità, è rappresentato con un bordo certo e continuo mentre le altre terre, dove trionfavano l’irrazionalità e il despotismo, sono scarsamente descritte e risultano piuttosto generiche9. Inoltre la stessa geometria del pinax dichiara la coincidenza tra la democrazia greca e l’ecumene poiché la sua sagoma circolare ricorda sia la forma dell’assemblea degli oratori che il suo funzionamento, in quanto chi voleva prendere la parola andava a occupare simbolicamente il centro dell’aula. Il modello geografico di Anassimandro ha però altre due caratteristiche essenziali, entrambe rivoluzionarie e scandalose per l’epoca10, che indicano come la sua mappa sia stata pensata come un modello. La prima ha a che fare con lo spostamento del punto di vista che dalla superficie terrestre si muove verso lo spazio facendo così coincidere lo sguardo dell’uomo con quello onnicomprensivo della divinità. Il secondo invece riguarda l’utilizzo della geometria per rappresentare il mondo. Anassimandro, che fu allievo di Talete di Mileto, applicò il principio di astrazione della geometria per immobilizzare la natura, intesa fino a quel momento in costante divenire, ma che per la prima volta divenne comprensibile, controllabile e misurabile11. L’omogeneità, caratteristica della rappresentazione geometrica, servì ad Anassimandro per proporre un modello di giustizia nel quale i cittadini sono homoiotes, ovvero tutti uguali, e per indicare le direttive per un IL MODELLO GEOGRAFICO DI LE CORBUSIER

the pre-Socratic philosopher of the Sixth Century B.C., developed a political and cultural model that happened to be the first map of the Earth. The design of this map, today handed down in the version of Hecateus from Miletus, is inscribed in a pinax, a circular palette usually used by the Greeks to write7, which places the Mediterranean Sea, and more precisely a not specified point between Miletus and Delphi, just right at the center of the circle. In this way Anaximander affirmed the centrality and superiority of Greece, the home of democracy and equality, in spite of Asian tyrannies, whose territories disperse towards the outer perimeter of the circumference8. This opposition is unequivocally expressed also by how the map is drawn: the Mediterranean, the place of rationality, is represented with a continuous and exact edge while the other lands, where irrationality and despotism were triumphing, are poorly described and rather generic9. Moreover, the same geometry of the pinax proclaims the coincidence between the Greek democracy and the ecumene because its circular shape reminds both the one of the assembly of the citizens of Athens as well as how the assembly was functioning Le Corbusier, Aircraft: The New Vision, The Studio, Londra, 1935 Le Corbusier, Aircraft: The New Vision, The Studio, London, 1935

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LE NUOVE VIE DELLA SETA. PROCESSO DI RISTRUTTURAZIONE MONDIALE THE NEW SILK WAYS. A GLOBAL RESTRUCTURING PROCESS di / by LEONE SPITA

RI, acronimo di Belt and Road Initiative, è il più grande progetto a livello globale del XXI secolo, una via commerciale tra Oriente e Occidente che collegherà le due estremità del continente eurasiatico. L’aggettivo global non è usato a caso, perché il “continente cinese”, accantonato il ruolo di fabbrica del mondo con manodopera a basso costo, vuole diventare il protagonista della nuova globalizzazione. È un progetto d’espansione politica, infrastrutturale ed economica, che segue una direttrice via terra (road) e una marittima (belt). La prima, cerca di ricreare le storiche rotte commerciali che un tempo vedevano carovane di cammelli, cavalli e asini trasportare merci e idee; la seconda, conquista il largo nelle acque che cingono le masse eurasiatiche e traccia il percorso dei leggendari viaggi di spedizione dell’ammiraglio cinese del XIV secolo, Zheng He. È stata pianificata una rete di infrastrutture per collegare i mercati e i produttori cinesi al Sud-est asiatico, al Mar Caspio e al Mar Nero, alla regione araba, all’Africa e all’Europa. Lungo gli itinerari tracciati sono in costruzione strade, oleodotti, collegamenti ferroviari ad alta velocità e porti. Le ricadute sull’architettura saranno molto importanti non solo perché il ciclopico progetto prevede investimenti per 15 nuovi aeroporti (e la ristrutturazione di altri 28), ma perché l’iniziativa, riguardando le infrastrutture delle telecomunicazioni (linee elettriche e cavi in fibra ottica), sta sviluppando scambi accademici, parchi

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RI is the acronym for Belt and Road Initiative, the largest project at a global level of the 21st century, being a commercial path between East and West that is envisaged to join opposite sides of the ‘Asian continent’. Speaking about a global project is not a random use of the term, because the Chinese continent, beyond being the global factory with the lowest production costs available, aims at becoming the main character of the new globalisation. It is a project of expansion from a political, infrastructural and economic point of view, that follows a land (road) and a sea (belt) path. The land path aims at creating once again the old corridors that once were walked by camels, horses and donkeys for transporting goods and ideas; the other one goes in the deep waters surrounding Asia and follows the legendary expeditions that the Chinese admiral Zheng He made in the 14th century. Infrastructures have been planned to connect Chinese manufacturers and traders to south-East Asia, the Caspian and the Black Seas, the Arab countries, Africa and Europe. Roads are being built on the identified corridors, as well as pipelines, high speed railways and harbours. Architecture will benefit has never before, not only because fifteen new airports are envisaged (and twenty-eight are to be refurbished), but because such project affects telecom, electric lines and optic fibres, it is developing academic exchanges and new technological businesses. In the past the relationships between

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THE NEW SILK WAYS. A GLOBAL RESTRUCTURING PROCESS


industriali e nuove imprese tecnologiche. In passato, le relazioni che univano gli Orienti agli Occidenti non erano solo attive e consolidate; erano le arterie e le vene di un sistema nervoso centrale, a scala globale. Non è un caso che oggi stiano di nuovo risorgendo, imbricate in quello che il presidente Xi Jinping ha definito “il progetto del secolo”; una serie di interventi che cambieranno il volto dell’Asia, dell’Africa e dell’Europa. La portata degli investimenti a guida cinese è senza precedenti, con un trilione di dollari di impegni già assegnati ai citati progetti infrastrutturali. Il piano Marshall, attraverso il quale l’Europa poté ricostruirsi dopo il secondo conflitto mondiale, è stato enormemente inferiore. La BRI coinvolge 65 paesi che rappresentano il 55% del PIL e il 75% delle riserve energetiche mondiali e promette di cambiare la vita di quasi due terzi della popolazione mondiale. I parametri del progetto sono ampi e volutamente vaghi. Presenta numerose sfide e ostacoli, che vanno dal finanziamento dei progetti, all’attuazione e al successo degli investimenti, alla dissonanza regionale tra quei paesi ansiosi di un veloce, possibile, cambiamento e, infine, al ruolo della Cina sia come catalizzatore che come superpotenza. Si formeranno nuovi equilibri globali e un nuovo assetto geopolitico perché la BRI rappresenta «un tipo di conquista che utilizza una politica non aggressiva che passa attraverso il palese consenso dei paesi interessati. Una “conquista consensuale”. «È la strategia delle infrastrutture che crea consenso (…) la contropartita della costruzione delle infrastrutture sono gli accordi economici»1. La comunità degli architetti non può rimanere indifferente, e ancor meno esclusa, da tale cambiamento epocale. Un nuovo paradigma che determinerà un impatto virtuoso, o disastroso, sull’ambiente, sulle città (con la crescente urbanizzazione), sull’approvvigionamento di energia, di risorse naturali e cibo, ma anche sull’assistenza sanitaria, sull’alfabetizzazione e sulle telecomunicazioni. LE NUOVE VIE DELLA SETA. PROCESSO DI RISTRUTTURAZIONE MONDIALE

Easts and Wests were not only active and well established, but rather were the backbones of a global organic system. Such relationships are coming back in the form that President Xi Jinping called ‘the project of the century’; a number of initiatives that will change the profiles of Asia, Africa and Europe. The investments planned by the Chinese government are unprecedented, since more than three thousand billion dollars have already been contracted. The Marshall Plan, that was made available for the European reconstruction after World War II, was almost nothing if compared. BRI involves sixty-five countries generating 55% of the global GDP and 75% of the energy reserves and is expected to modify the life of almost two thirds of the world population. The drivers are willingly wide and vague. Challenges and obstacles are many, starting from the financing, to the implementation and success of the investments, as well as the lack of alignment between countries desiring a quick change and those disliking it and, eventually, the role of China as promoter and super-power. The global equilibria will be created and a new geopolitical asset, since BRI is ‘a type of achievement that uses a non aggressive policy seeking the consent of the interested countries. A consensual achievement. A strategy of infrastructure creating consent (…) backed by economic agreements’.1 Architects cannot avoid considering it, and shall avoid to be excluded from such a revolutionary development. It is a new paradigm that may trigger a positive or terrifying environmental impact, further development of cities, procurement of energy, natural resources, food, need for health assistance, education and telecommunication. Looking back at historical circumstances can still teach a lot. When Alexander the Great conquered western and central Asia,2 he focused upmost on founding new cities, the majority of which were named after him -Alexandria of Aria (Herat), Alessandria Arachosia (Kandahar) and Alessandria of the Caucasus LEONE SPITA

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LA GRANDE HELSINKI GREATER HELSINKI di / by ANTONELLO ALICI

Superato nel 2017 il traguardo dei cento anni d’indipendenza dalla dominazione russa, la Finlandia è protesa al raggiungimento di nuovi prestigiosi obiettivi e, forte della sua posizione strategica tra Oriente e Occidente, si candida ad occupare un posto di primo piano nella mappa mondiale. Al centro di questo processo è il ruolo della sua città capitale, Helsinki, polarità dominante della macroregione che si affaccia sul Golfo di Finlandia, al vertice del triangolo con San Pietroburgo e Tallinn. (figura 1) Guidate dall’emergenza dei cambiamenti climatici e dalle crescenti pressioni migratorie da est, le scelte dell’Ufficio di Piano sono proiettate al 2050, obiettivo il consolidamento del modello di città policentrica in una sempre maggiore alleanza con i comuni contermini per governare la crescita senza compromettere la propria identità e gli alti standard di vivibilità raggiunti1. In tale logica il Sindaco di Helsinki, Jan Vapaavuori, ha recentemente guidato la costituzione di un coordinamento delle 21 maggiori città del Paese (‘C21-cities’) al fine di disporre di un forum permanente di discussione sulle politiche di trasformazione e sulla ricerca di modelli di crescita sostenibile in uno stretto dialogo con il governo centrale. Il forum dei Sindaci ritiene, infatti, che il processo di urbanizzazione non sia ancora sufficientemente prioritario nell’agenda di governo e mostra di non gradire le recenti riforme regionali in materia di servizi sanitari e sociali che contraddicono il modello policentrico. In un processo che vede ampi spazi di partecipazione dei cittadini, il Piano

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aving celebrated its first one hundred years of independence from Russian domination in 2017, Finland is now looking forward to new important achievements and aspires to play a prominent role on the world scene given its strategic position between East and West. As the main pole of the macro-region that looks out onto the Gulf of Finland, at the apex of the triangle that includes Saint Petersburg and Tallinn, its capital city, Helsinki, is bound to play a central role in this process. (figura 1) Guided by the emergency of climate change and by growing migratory pressure from the East, its City Planning Department has formulated a vision for 2050 as the goal for the consolidation of the polycentric city in an increasingly close alliance with neighboring municipalities in order to manage growth without compromising its identity and the high living standards it has achieved1. Within such policy, the Mayor of Helsinki, Jan Vapaavuori, has recently promoted the establishment of a partnership involving Finland’s 21 largest cities (‘C21cities’) in order to create a permanent forum for the discussion of transformation policies and the development of sustainable growth models in close cooperation with the central government. Indeed, the C21 Mayors believe that the process of urbanization still fails to occupy a priority standing in the government’s agenda and criticize the recent regional reforms about health and social services because they contradict the polycentric model. Therefore, with a process that significantly relies on citizens’ involvement, the Helsinki

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di Helsinki si fonda, dunque, sulla densificazione della struttura urbana e sull’espansione del centro verso l’area metropolitana mediante la definizione di una rete di poli urbani attestati lungo le linee del trasporto pubblico. Alla base di questa scelta è evitare lo sprawl e puntare sui valori di un paesaggio di aree verdi aperto su uno straordinario arcipelago. A favorire la vivibilità della città metropolitana - che punta ad essere ‘carbon neutral city’ nel 2050 - concorrono da un lato un ambizioso piano della mobilità che tende a ridurre drasticamente l’uso dell’auto privata a favore di una rete di trasporti pubblici su ferro all’avanguardia e ad assicurare priorità alla pedonalizzazione e all’uso della bicicletta, dall’altro il consolidamento della rete di parchi e aree verdi (‘green fingers’) attraverso la creazione di corridoi verdi trasversali e la valorizzazione del fronte mare che viene progressivamente convertito ad uso ricreativo e residenziale2. Le linee di espansione della città sono già definite verso i poli più dinamici della regione, Espoo ad est, Vantaa a nord-ovest, ma si va consolidando anche un asse trasversale est-ovest servito da una nuova linea della metropolitana, che raggiunge la città giardino di Tapiola ed arriva fino a Matinkylä, e da un asse ferroviario a scala regionale in via di ampliamento. Lo stesso asse favorisce i collegamenti con San Pietroburgo da un lato e con la Svezia dall’altro. Il modello di densificazione urbana proposto disegna una nuova geografia articolata in centri locali, distrettuali e regionali, che garantiscano un adeguato grado di vivibilità e di servizi a tutti i residenti. La previsione di raggiungere entro il 2050, dagli attuali 625 mila, una popolazione urbana di 860 mila abitanti ed una regionale di un milione e trecentomila e garantire 560 mila posti di lavoro, si affida ad una gradualità di interventi edificatori, un terzo lungo le cinque autostrade urbane che confluiscono in forma radiale verso il centro e che saranno riconvertite a viali residenziali (i cosiddetti ‘boulevard’), un terzo come rigenerazione di aree marginali a bassa qualità urbana, il restante trenta per cento in nuove aree, come quella del dismesso aeroporto LA GRANDE HELSINKI

City Plan bets on the densification of the urban structure and on the expansion of the center towards the metropolitan area achieved through the definition of a network of urban poles sited along the lines of public transportation. A key reason for such policy is avoiding sprawl and enhancing the values of a green landscape open onto an extraordinary archipelago. The goal of a highly livable metropolitan city – Helsinki strives to be a ‘carbon neutral city’ by 2050 – relies on an ambitious transport plan based on a network of highly advanced public railway transportation and the prioritization of pedestrian and bicycle traffic to achieve a radical reduction of private car use. On the other side, the plan bets on the consolidation of the network of parks and green areas (‘green fingers’) by creating transversal green corridors and by enhancing the seafront through its gradual conversion to recreation and residential programs2. While the expansion of the city already points towards the most dynamic poles of the region – Espoo to the east and Vantaa to the north-west – there is an additional east-west transversal axis now under development. It will rely on a new subway line serving the garden city of Tapiola and reaching Matinkylä and on an extended regional-scale railway axis to support the connection with Saint Petersburg on one side and Sweden on the other side. The model of urban densification proposed in Helsinki projects a new geography articulated in local, district- and regionallevel centers designed to guarantee an adequate standard of living and services

Il Piano di Helsinki si inquadra nella strategia di sviluppo della macro-regione che affaccia sul Golfo di Finlandia, in un rapporto prioritario con San Pietroburgo e Tallinn. Nella nuova rete di trasporti allo studio è previsto un tunnel per il collegamento rapido HelsinkiTallinn. (fonte: Gulf of Finland. Helsinki-St.Petersburg-Tallinn. Spatial Vision, City of Helsinki, City Planning Department, 2007) Helsinki City Plan is conceived in a close relation with the spatial vision of the Gulf of Finland, in an agreed planning strategy with St. Petersburg and Tallinn. The new network of infrastructures will include a tunnel connection HelsinkiTallinn. (source: Gulf of Finland. Helsinki-St.Petersburg-Tallinn. Spatial Vision, City of Helsinki, City Planning Department, 2007)

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STAD VAN DE TOEKOMST, PROVE DI FUTURO PER LA CITTÀ EUROPEA STAD VAN DE TOEKOMST, EXPERIMENTS OF FUTURE FOR THE EUROPEAN CITY a cura di / edit by ROBERTO CAVALLO, ROBERTA LUCENTE

a città del futuro è la città in cui trasformazione e sviluppo vanno di pari passo con una concentrazione simultanea su economia, ecologia e dimensione sociale. Pertanto, accanto alla politica, alla pratica ed agli strumenti, le aspirazioni della città e gli approcci di pianificazione necessitano di incorporare il bene comune, la prospettiva dei cittadini. Di fronte a una complessità sempre crescente, aumenta la convinzione che i network di istituzioni, professionisti, accademici e cittadini debbano incontrarsi per far fronte alle sfide urbane del futuro. In questo contesto, il progetto di design research «Stad van de Toekomst / City of the Future» è stato avviato dal BNA (The Royal Institute of Dutch Architects) e dal TU Delft DIMI (Delft Deltas, Infrastructures & Mobility Initiative), in collaborazione con il Ministero delle Infrastrutture e delle risorse idriche olandese e con l’Associazione Delta Metropolis; altri partner del progetto sono il Ministero degli affari interni olandese e i comuni di Amsterdam, Eindhoven, L’Aia, Rotterdam e Utrecht. La domanda centrale è: come possiamo progettare e sviluppare un’area di trasformazione in modo integrale in un ambiente urbano attraente e a prova di futuro? Le cinque maggiori città dei Paesi Bassi devono fare i conti con un numero crescente di abitanti. Hanno tutte a che fare con la compattazione e l’espansione. Ognuna di queste cinque città ha designato un’area di trasformazione di 1 × 1 km da far analizzare, indagare e progettare a due team interdisciplinari di architetti, urbanisti, visionari, ingegneri e sociologi – per le cinque città ci sono in totale dieci team

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he city of the future is the city in which transformation and development go hand in hand with simultaneous focus on economy, ecology and social dimension. Therefore, next to politics, practices and tools, aspirations of the city and planning approaches need to incorporate the common good, the citizens’ perspective. While confronted with an ever-increasing complexity, there is a growing belief that networks of institutions, professionals, academics and citizens have to encounter in order to cope with the urban challenges of the future. Within this framework, the design research project Stad van de Toekomst / City of the Future was initiated by the BNA (The Royal Institute of Dutch Architects) and the TU Delft DIMI (Delft Deltas, Infrastructures & Mobility Initiatives), in collaboration with the Dutch Ministry of Infrastructure and Water Management and the Delta Metropolis Association; other project partners are the Dutch Ministry of Internal Affairs and the municipalities of Amsterdam, Eindhoven, The Hague, Rotterdam and Utrecht. The central question is: how can we design and develop a transformation area in an integral way into an attractive and future-proof urban environment? The five biggest cities of the Netherlands have to contend with a growing number of inhabitants. They all have to deal with compaction and expansion. Each of these five cities appointed a 1 × 1 km transformation area to be analysed, researched and designed by two interdisciplinary teams of architects, urbanists, city planners, visionaries, engineers and sociologists – for the five cities there are in total ten multidisciplinary teams of

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multidisciplinari di professionisti coinvolti nel progetto. Inoltre, gli stessi temi sono stati assegnati a più di 50 studenti di TU Delft, IUAV, POLIMI, UNICAL, UNIROMA1 e Rabat, che hanno lavorato insieme in un workshop e durante una Biennale Session alla 16a Mostra Internazionale di Architettura di Venezia. (R.C.) I risultati di questo ultimo livello di confronto, interuniversitario, sono qui presentati a dimostrazione di un metodo di lavoro che evoca implicitamente la dimensione geografica del progetto di architettura, in tutte le sue possibili aggettivazioni. Quella dimensione attraverso la quale la cultura architettonica, rispetto agli equilibri ambientali che la chiamano in causa, può arrivare a convertire il costruito da problema in opportunità. La contaminazione prodotta dal network così creato, consente anche, in questa sede, di riflettere sul contributo che i Paesi Bassi possono dare nella sfida delle prossime visioni di futuro: capitalizzando una tradizione urbanistica illuminata, storicamente impegnata in differenti graduazioni della oggi quanto mai invocata densità, e una capacità necessariamente non comune di gestione delle risorse territoriali, esistenti quando non create; il tutto già tramandato a beneficio dello sviluppo di una indubbia attitudine sperimentale, più volte dimostrata attraverso “testi” non di rado memorabili. Le cinque aree individuate, all’interno di cinque città a loro volta ugualmente esemplificative, campionano situazioni tipiche dei paesaggi costruiti, naturali e infrastrutturali olandesi, ma anche rappresentative di scalarità intermedie rispetto a quelle delle metropoli e ancor più delle megalopoli del pianeta, non per questo meno coinvolte nelle sue dinamiche migratorie, in ragione di congiunture per l’appunto geografiche. Da questa varietà di scale e di situazioni, puntuali e perciò specifiche ma riconducibili a una visione più ampia e di sistema, può derivare un significativo palinsesto di ipotesi per la città del futuro, nelle quali possano trovare concreta legittimazione, nella logica del network, parole e concetti chiave che ancorché necessari diversamente rimarrebbero al livello di meri spot. (R.L.) STAD VAN DE TOEKOMST, PROVE DI FUTURO PER LA CITTÀ EUROPEA

practitioners fully involved with the project. In addition, the same tasks have been assigned to more than 50 students from TU Delft, IUAV, POLIMI, UNICAL, UNIROMA1 and Rabat, working together in a workshop and during a Biennale Session at the 16th International Architecture Exhibition in Venice. (R.C.) The results of this latter level of interuniversity debate are presented here as a demonstration of a work method that implicitly evokes the geographical dimension of architectural design in all its possible declinations. A dimension through which architectural culture, by addressing the environmental issues that require its intervention, may successfully turn the built environment from problem into opportunity. In this circumstance, the contamination achieved by the network thus created is also an opportunity to meditate on the contribution the Netherlands may offer to the challenge implied in the next visions of future. It is an occasion to capitalize on an enlightened urbanistic tradition, historically committed at varying degrees to the now more than ever crucial concept of density, and on a necessarily uncommon ability to manage both existing and created territorial resources – a range of skills already implemented for the development of an unquestionable experimental approach, often illustrated in sometimes memorable “texts”. The five areas selected within five equally exemplary cities sample typical situations of built, natural and infrastructural landscapes in the Netherlands. While they represent intermediate dimensions compared to those of metropolises and even more of megalopolises across the world, not for this are they less affected – due to well-known geographical dynamics – by world-scale migratory flows. This variety of scales and situations, which are specific but at the same time relevant for a larger and systemic vision, may offer a meaningful palimpsest of hypotheses for the city of the future and a solid ground for the confirmation within the logic of network of key words and concepts that, while necessary, would otherwise remain mere slogans. (R.L.)

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FREE SPACE. ENCOURAGING SPACE Rotterdam, Netherlands

Gruppo Di Lavoro/Team Work Università IUAV di Venezia, DACC_ Dipartimento Architettura Costruzione Conservazione Docente/Professor Esther Giani Tutor/Tutor Alessio Tamiazzo Studenti/Students Alberto Allegrini, Elena Ghiacci, Gianfranco Luglio Breda, Mattia Michieletto, Francesca Rocco, Giulio Simioni, Mirco Trevisan (Iuav); Jaione Aramburu Stuar (Visiting Student Iuav); Fikiri Yalvaç, Saskia Gribling (Tu Delft) Professionisti Ed Esperti/Practitioners And Experts Bernadette Janssen

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l caso studio è una città, Rotterdam, che ha già dovuto affrontare nel passato un importante sforzo immaginativo per il proprio futuro: costruita appena dopo la guerra su una tabula rasa seguendo le prime moderate interpretazioni del razionalismo europeo, è una città devota alla complessità e al funzionalismo. I fondamentali principi urbanistici adottati sono ben visibili anche nella struttura del II polo commerciale olandese di Alexanderknoop, dove la troppa specializzazione dell’area la rende una enclave ad alta percezione sociale negativa, anche per la forte caratterizzazione architettonica dei suoi edifici. Le imponenti infrastrutture si pongono come barriere creando limiti e gli spazi verdi, residuali e di bassa qualità, più che luoghi di sociabilità sono elementi di separazione. Alexanderknoop richiederebbe quindi un colto esercizio diagrammatico e di riconcettualizzazione per riformulare, anche in maniera drastica, alcuni dei paradigmi secondo i quali è stato costruito questo frammento di città moderna. Sono stati scelti 5 temi/concetti a ciascuno dei quali sono state affiancate immagini esemplari di città che ne chiarissero la portata e i modi. Una sorta di libero spazio per incoraggiare scelte e strategie dagli esiti già consumati. I temi scelti, velocemente tratteggiati e rappresentati durante il workshop veneziano (Free Space), prefigurano un’immagine nuova di questa parte di città; una città, che cerca di rispondere ai grandi temi della nuova questione urbana: ambiente, mobilità e disuguaglianza sociale.1

he study case is a city, Rotterdam, that in the past already had to face an important imaginative effort for its future: built just after the WWII on a tabula rasa by following the first moderate interpretations of European rationalism, it is a city devoted to complexity and functionalism. These urban planning principles are clearly visible in the structure of the Dutch commercial center of Alexanderknoop, where the overly specialization of the area makes it an enclave with a high negative social perception, also due to the strong architectural characterization of its buildings. The infrastructures are barriers creating limits and the green, residual and of low quality, is an element of separation rather than social places. Alexanderknoop therefore requires highly educated diagrammatic exercises and a reconceptualization to reformulate, even in a drastic way, some of the paradigms according to which this fragment of modern city was built. 5 topics / concepts have been chosen, to which exemplary images of cities have been added as reference, to clarifie aims and methods. A sort of Free Space to encourage decisions which outcomes are already well known and respond to the new great urban themes as environment, mobility and social inequality1.

Note 1. Cfr. Fabian Lorenzo, New urban question: ricerche sulla città contemporanea, 2009-2014, Aracne, Roma, 2014.

Notes 1. Cfr. Fabian Lorenzo, New urban question: ricerche sulla città contemporanea, 2009-2014, Aracne, Rome, 2014. STAD VAN DE TOEKOMST, EXPERIMENTS OF FUTURE FOR THE EUROPEAN CITY


Il caso studio: Rotterdam: Alexanderknoop I tema: ripensamento del cuore di Alexanderknoop. La stazione ferroviaria presente ha già insite le potenzialità per diventare il vero knoop dal quale ripensare tutta la struttura dello spazio pubblico, gestendo flussi e favorendo nuove occasioni di scambio. Anversa è la città portata a riferimento. Il tema: città a misura d’uomo. La lunga tradizione olandese dei woonerf, cioè di spazi di qualità dove l’auto sia ospite e non protagonista, o quella europea dei centri storici, può essere ripresa ed estesa anche in brani di città altamente specializzati. Ferrara è la città portata a riferimento Study case: Rotterdam: Alexanderknoop Topic 1: rethinking the heart of Alexanderknoop. The railway station has the potential to become the real woonerf from which to rethink the whole structure of the public space, managing flows and fostering new opportunities for exchange. Main reference: Antwerp. Topic 2: city on a human scale. The Dutch tradition of woonerf, that is of quality spaces with little car access, and that of European historical centers, can be taken up and extended also in highly specialized city fragments. Main reference: Ferrara

lI tema: attraversamenti. Come tutti i punti notevoli di incrocio di sistemi, sono spazi urbani di rilievo promotori di capacità e fruizione del sistema. Metropoli come Seoul, New York ecc. sono portate a riferimento. IV tema: eco-diversità. La non più eludibile necessità è quella di invertire l’attuale rapporto tra sistemi vegetali e spazi residuali: aprire a nuove relazioni lungo e trasversalmente l’asse ferroviario; costruire continuità urbane ed ecologiche, anche inedite. Molte città russe vivono questo rapporto intimo con la natura, dove il carattere della città sfuma in un confine liquido. V tema: la condivisione, che è uno dei caratteri del vivere contemporaneo, permeando tutti i campi della città, modifica economie e spazi, incoraggiando nuove forme al limite tra pubblico e privato, luoghi intermedi che possono essere utilizzati per nuove pratiche (Cfr. Secchi Bernardo et al, Competenza e rappresentanza, Donzelli, Roma, 2013). Barcellona è la città portata a riferimento Topic 3: crossings. Like all the remarkable points of systems’ intersection, important urban spaces are promoters of capacities and system uses. Main references: metropolises like Seoul, New York etc. Topic 4: eco-diversity. The undoubted need is to reverse the current relationship between plant systems and residual spaces: to open up new relations along and across the railway axis; to set new urban and ecological continuity. Main reference: Russian cities. Topic 5: sharing, which is not something good in itself, nor does it have the strength to counteract problematic conditions, to the relink of social ties, but it is one of the contemporary living characteristics. (Cfr. Secchi B. et al, Competence and representation, Donzelli, Rome, 2013). Main reference: Barcelona STAD VAN DE TOEKOMST, PROVE DI FUTURO PER LA CITTÀ EUROPEA

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LONDRA / VNEB, È QUESTO IL FUTURO DELLA RIGENERAZIONE URBANA? LONDON / VNEB, IS THIS THE FUTURE OF THE URBAN REGENERATION? di / by MARIO FERRARI

ll’apice della sua ascesa a capitale mondiale della finanza Londra si trova di fronte ad un evento inatteso. Il voto per la “Brexit” è certamente un una dichiarazione degli inglesi contro l’Europa, ma anche contro la capitale. Isola nell’isola, la cosmopolita Londra non rappresenta più la tradizionale Inghilterra, come dimostra la distribuzione dei leave e dei remain nel referendum del 2016. Uno dei motivi che ha spinto il popolo inglese a votare per l’uscita dall’Unione Europea è stata la crescente concentrazione degli investimenti pubblici sulle opere londinesi ritenute costose, talvolta frivole. Quello che gli inglesi del leave non hanno compreso è che proprio quegli investimenti hanno moltiplicato il flusso di capitali stranieri, spostando il baricentro finanziario internazionale sul suolo Britannico. Come insegna la storia ad ogni cambiamento economico corrisponde un cambiamento fisico. È questo, con il favore della classe politica, che sta accadendo a Londra: la città affronta una trasformazione senza precedenti nella sua travagliata storia urbana. Contrariamente alle capitali europee che hanno attraversato fasi monocratiche che ne hanno caratterizzato gli aspetti formali, Londra ha mancato l’appuntamento con la storia: il piano di Sir Christopher Wren per la rifondazione dopo la catastrofe del Great Fire non ha trovato il giusto clima, restando irrealizzato. Il nuovo tessuto urbano trafitto dai boulevard e punteggiato da piazze, avrebbe impresso all’intricato e malsano nucleo medievale una nuova matrice. Si sa come è andata: come una cipolla, Londra è cresciuta di strato in strato,

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t the top of its success, London is facing an unpredictable event. Brexit is at the same time a declaration against the EU and the world capital of finance. Some of the reasons for the victory of the “leave” on the “remain”, seat in the growing anger for the expensive public infrastructures which London has funded. What the leave voters did not understand is how important were those investment to attract foreign capitals on Britain’s soil. Indeed, each financial earthquake takes a considerable change in the form of a city and this is what is happening to London. The urban growth of London is troubled. Unlike most of the European capital cities, London missed his date with history. The Sir Christopher Wren’s grand plan for its reconstruction after the Great Fire found a warm welcome and was dropped. Like an onion, until the ninety-eight London grew layer over layer, matching its original form. However, in the last thirty years, the rules have changed; the globalization has leveled the social and morphological differences which make it different from any other global city in the word. How could London change so dramatically in only thirty years? The key moment is 1980, due to the conversion of the Docklands into the biggest office district in Europe. Canary Wharf, south-east along the Thames, is a 190 million of pounds investment by the Reichmann brother’s Olympia & York. This estate speculation assumed that London with its 1,7 million square meters of office space, was a good spot faced to the 3,8

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LONDON / VNEB, IS THIS THE FUTURE OF THE URBAN REGENERATION?


uguale a sé stessa fino agli anni ottanta del novecento. Negli ultimi trent’anni però le regole sono cambiate, la logica della finanza globale sta appiattendo le caratteristiche sociomorfologiche rendendo Londra simile a Shanghai. Come è potuto succedere in soli trent’anni? Il passaggio fondamentale ha luogo all’inizio 1980 con la grande trasformazione dei Docks in quello che sarebbe diventato Canary Wharf, un investimento di 190 milioni di sterline della Olympia & York dei fratelli Reichmann, a sud est, lungo il Tamigi. Con i suoi 1.7 milioni di metri quadri di superficie per uffici, rispetto ai 3.8 di Tokyo ed i 2.8 di New York, Londra costituiva una diversificazione promettente. Per di più la capitale britannica, che lottava per conservare un volto riconoscibile, introdusse nel 1985 il “City of London Plan”: rigide limitazioni allo sviluppo verticale della City con l’intento di difenderne i tipici caratteri vittoriani, bloccando lo crescita delle aree centrali e favorendo lo sviluppo delle aree periferiche, cioè dei Docks. Margareth Tatcher, che percepì il rischio di desertificazione del centro finanziario della città, reagì alla sua maniera: consapevole della pericolosità dell’operazione dei fratelli Reichmann e dell’importanza di difendere il primato della City, contestò il “City of London Plan”, obbligando alle

millions of Tokyo and the 2,8 of New York. Furthermore, London, in the middle of a campaign to stop the rocketing highrise development, in 1985 launched the “City London Plan” to stop all the massive investments in the City which was putting at risk its traditional Victorian look. As a consequence, the area of Canary Wharf became suddenly attractive. Margaret Thatcher sensed the danger coming from the Reichman’s development and challenged the City London Plan, causing the resignation of Stuart Murphy, Chief Architect of London. In 1986 Peter Rees was appointed in his place and a huge amount of building permissions for office building was released. This provoked a temporary crisis for the Canary Wharf expectations and gave the way to the “skyscraperization” of London. Most of what is now happening in the area of the City comes from these decisions which, on one side, have wasted his Victorian look, on the other side have given to London a worldwide known skyline, just like Kuala Lumpur or Dubai. The last political act came from Tony Blair as in 1999 he launched the Commission for Architecture and Built Environment in place of the Royal Fine Art Commission (active since 1924). The main scope of the CABE, -whose original core was steered by Richard Rogers and Stuart Lipton, celebrated entrepreneur, as Chairman- was to provide guidelines for the “eco-cities”, Individuazione dell’area del VNEB Identification of the VNEB area

LONDRA / VNEB, È QUESTO IL FUTURO DELLA RIGENERAZIONE URBANA?

MARIO FERRARI

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GEOGRAFIE D’ACQUA PAESAGGI DI HANOI WATER GEOGRAPHIES LANDSCAPES OF HANOI

di / by CRISTINA IMBROGLINI E GUENDALINA SALIMEI

Porta il vuoto all’estremo, conserva una calma imperturbabile. Tutte le creature si agitano insieme: io contemplo il loro ritorno. Infatti le creature fioriscono, poi ciascuna torna alla propria radice. Tornare alla propria radice si chiama “quiete”. Questo si chiama “restituire il mandato”. Restituire il mandato si chiama “norma”. Conoscere la norma si chiama “illuminazione”. Tao-the-ching (Il libro del Tao) Lao-tsu, VI secolo a. C. Bear the emptiness to an extreme, preserve an imperturbable calm. All creatures stir together: I contemplate their return. In fact the creatures bloom, then each returns to its root. Returning to your roots is called “quiet”. This is called “restore the mandate”. Returning the mandate is called “norm”. Knowing the norm is called “illumination”.

econdo l’happy Planet index, pubblicato nel 2010 come indicatore alternativo al prodotto interno lordo, il Vietnam è al 5°posto (la Germania all’8°gli USA all’19°). Questo indice è misurato sulle aspettative di vita, il grado di soddisfazione per le proprie condizioni di vita, l’impronta ecologica e il consumo di territorio. Hanoi, da Hà (“corso d’acqua”) e ņôi (“in mezzo”), è una città d’acqua. Hanoi, la capitale del Vietnam posta a Nord del paese, è una città che nasce sul delta del fiume Rosso. Sebbene, nel corso dei secoli, abbia progressivamente trasformato aree d’acqua in luoghi di terra, utili per la propria espansione, e sebbene abbia aumento la densità dei vuoti tra l’edificato, congestionando l’originario rapporto tra vuoti, pieni e acqua, Hanoi resta una città d’acqua. L’aspetto straordinario, che qualifica questa città come un luogo dalle caratteristiche del tutto straordinarie,

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he Happy Planet Index, published in 2010 states that, as an alternative indicator to gross domestic product, Vietnam occupies 5th place (Germany 8th and the USA 19th). This index is measured in terms of life expectancy, degree of satisfaction in relation to one’s personal living conditions, ecological footprint and land consumption. Hanoi, from Hà (“waterway”) and ņôi (“in the middle”), is a city of water. Hanoi, the capital of Vietnam, located in the north of the county, is a city that was born on the delta of the Red River. Despite the fact that over the centuriesit has gradually transformed areas of water into places of land utilized for its expansion, and despite the fact that it has increased the density of voids among its built up areas, congesting its original relationship between empty, full and water, Hanoi remains a city of water. Its extraordinary appearance, which qualifies this city as a place with extraordinary

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Tao-Te-Ching (Book of the Tao) Lao-Tzu, 6th century B.C

La densità di popolazione del quartiere delle 36 strade risulta essere nettamente maggiore di quella relativa ad alcune delle città più popolose del mondo The population density of the 36 streets district is much higher than that of some of the most populous cities in the world 70

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WATER GEOGRAPHIES. LANDSCAPES OF HANOI


Foto storica del Quartiere 36 Strade, Hanoi (fine 1800) Historic Photo of 36 streets district, Hanoi (late 1800)

è infatti il rapporto che la città instaura con l’acqua: i laghi,sopravvissuti alla trasformazione del paesaggio paludoso del Delta del fiume Rosso, hanno molti caratteri propri dello spazio pubblico. Sono questi spazi di incontro informale e di interazione sociale, capaci di attrarre attività diverse, caratterizzati da stratificazione e sedimentazione di significati storici e simbolici. La sua origine, le trasformazioni, le tipologie edilizie, le economie sono esito di un processo di adattamento, sfruttamento, resistenza e resilienza rispetto a un ambiente di delta fluviale, le cui dinamiche sono enfatizzate dal clima tropicale monsonico. Diversamente da alcune città d’acqua occidentali come Venezia o Amsterdam, a Hanoi la lunga storia di convivenza e simbiosi con l’acqua non è però immediatamente comprensibile. Del paesaggio paludoso di stagni laghi e zone umide che attirò, più di 4000 anni fa, i primi insediamenti stabili di tribù vietnamite provenienti dalle aree montane del paese, non restano oggi che poche tracce. Dal 1885 al 2005, nei quattro distretti centrali di Hanoi (BaDinh, Dong Da, HoanKiem e Hai BaTrung) le superfici d’acqua laghi, canali, stagni, si sono ridotte del 77% (da 2753 mq a 627 mq) con un decremento da 605 ad 11 unità. Eppure Hanoi presenta molti caratteri propri di una città lagunare o deltizia, elementi di una continua ricerca di equilibrio tra acqua e terra, che sono diventati nel tempo materiali di costruzione del paesaggio urbano: le dighe; il modello insediativo delle tube house; gli specchi d’acqua residuali. Questi temi sono oggi al centro di una nuova attenzione GEOGRAFIE D’ACQUA. PAESAGGI DI HANOI

features, is the relationship that the city establishes with water. Its lakes, which have survived the transformation of the Red River Delta’s marshy landscape, have many features typical of a public space. They are in fact places for informal meeting and social interaction, capable of attracting different activities, characterized by the stratification and sedimentation of historical and symbolic meanings. Its origins, transformations, building types and economies are the result of a process of adaptation, exploitation, resistance and resilience of a river delta environment whose dynamics are emphasized by the tropical monsoon climate. Unlike some western water cities such as Venice or Amsterdam, Hanoi’s long history of coexistence and symbiosis with water isn’t immediately comprehensible. Of the marshy landscape of ponds lakes and wetlands that attracted, more than 4000 years ago, the first stable settlements of Vietnamese tribes from the mountainous areas of the country, there remain today but few traces. From 1885 to 2005, in Hanoi’s four main districts (BaDinh, Dong Da, HoanKiem and Hai BaTrung) the water surfaces of lakes, canals and ponds were reduced by 77% (from 2753 square meters to 627 square meters), with a decrease from 605 to 11 units. Yet Hanoi has many features of a lagoon or delta city, elements of a continuous quest for balance between water and land, which have become over time building materials of the urban landscape: its dams; the settlement model of its tube houses; its residual water mirrors.

Foto Hang Giay Street, Quartiere 36 Strade, Hanoi (oggi) Photo HangGiay Street, 36 streets district, Hanoi (today)

IMBROGLINI, SALIMEI

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IL PROGETTO DEL PASSANTE DI BOLOGNA:

VERSO UN PARCO TERRITORIALE ESPLORARE E RIGENERARE ATTRAVERSO LE INFRASTRUTTURE

THE PROJECT OF THE PASSER OF BOLOGNA:

TOWARDS A TERRITORIAL PARK. EXPLORE THE REGENERATION THROUGH THE INFRASTRUCTURE.

di / by CARLES LLOP – JORNET LLOP PASTOR SLP (BARCELLONA) CRISTINA TARTARI – TASCA STUDIO ARCHITETTI ASSOCIATI (BOLOGNA)

a parola “infrastruttura” evoca le componenti minori della città: da una prospettiva più ampia, l’infrastruttura è allo stesso tempo un concetto oggettivo, si riferisce anche alla capacità di gestire un particolare servizio e persino un’organizzazione, è un concetto sistemico che coinvolge componenti e relazioni, nonché l’idea implicita del management. Le infrastrutture non si collocano soltanto nel sottosuolo ma s’intrecciano con lo spazio urbano: sono un supporto materiale e artificiale. Le principali componenti dello spazio urbano e territoriale possono essere sintetizzate in: morfologia, struttura, metabolismo, paesaggio, reti e tempo. Nel territorio possiamo identificare grandi tipi di infrastrutture: trasporti, energia, rifiuti, ciclo dell’acqua, infrastrutture verdi e reti di telecomunicazioni (ICT). Spesso i loro percorsi risolvono le connessioni tecnocratiche, ma generano un numero di disconnessioni e barriere. Per questo è interessante esplorare le nuove tendenze nel progetto e nella gestione dell’infrastruttura. In tal senso il progetto di integrazione dell’autostrada del Passante di Mezzo di Bologna appare come un esempio ‘raro’, almeno nel panorama nazionale, per verificare nuovi dispositivi volti a migliorare le infrastrutture esistenti e il loro impatto sul territorio e sugli abitanti. Questa esperienza ci ha anche permesso di evidenziare alcune considerazioni generali su come progettare le infrastrutture: • Le infrastrutture dovrebbero essere pubbliche come ‘armatura’ del bene comune, all’interno di una cornice di

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METAMORFOSI 06

he word “infrastructure” evokes the minor components of the city: from a broader perspective, the infrastructure is at the same time an objective concept. At the same time it refers to the ability to manage a particular service and even an organization, and to a systemic concept that involves components and relationships, as well as the implicit idea of​management. Infrastructures are not only located in the subsoil but intertwine with the urban space: they are a material and artificial support. The main components of urban and territorial space can be summarized in: morphology, structure, metabolism, landscape, networks and time. In the territory, we can identify large types of infrastructures: transport, energy, waste, water cycle, green infrastructure and telecommunications networks (ICT). Often their paths solve the technocratic connections, but they also generate a number of disconnections and barriers. This is why it is interesting to explore the new trends in the design and management of the infrastructure. In this sense, the project to integrate the highway of the Passante di Mezzo di Bologna appears as a rare example, at least in the national scenario, to verify new devices aimed at improving existing infrastructures and their impact on the territory and inhabitants. This experience has also allowed us to highlight some general considerations on how to design the infrastructures: • Infrastructure should be public as an “armor” of the common good, within a framework of public partnership

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THE PROJECT OF THE PASSER OF BOLOGNA: TOWARDS A TERRITORIAL PARK


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parternariato pubblico che definisca le forme della concezione, produzione e gestione dell’infrastruttura; Tutte dovrebbero essere multimodali e intermodali in termini di mobilità; Devono soddisfare la funzionalità trasportistica e integrare al contempo altri usi territoriali, con particolare riguardo ai margini e agli ecotoni, evitando barriere e costruendo passaggi territoriali, sia civici che ecologici nel senso più ampio; Quando si tratta di infrastrutture di gestione metabolica (energia, gestione dei rifiuti, ciclo dell’acqua) devono inglobare tutte le loro componenti evitando degrado al contesto. In breve, l’infrastruttura, la struttura e la forma urbana dovrebbero essere considerate come un ‘unicum’ e dunque è necessario anticipare gli effetti che una pianificazione schematica può generare e pianificare i corpi infrastrutturali quali nuove territorialità adattabili nel tempo.

Il Passante esistente e la città di Bologna L’area metropolitana di Bologna, con 1 milione di abitanti, rappresenta la cerniera geografica del sistema dei trasporti italiani per i collegamenti nord-sud, sia per quanto riguarda la rete ferroviaria che quella autostradale. (Fig. 1) Il semianello tangenziale-autostradale di Bologna, costruito tra gli anni ’60 e ’80, interconnette le principali direttrici di traffico nazionale e regionale ed ha la funzione di raccogliere e smistare i flussi provenienti dall’asse centrale del Paese (attraverso le autostrade A1 e A13), dal confine con l’Austria (attraverso l’autostrada A22 del Brennero) e dalla costa adriatica (mediante l’autostrada A14), nonché di servire il traffico locale proveniente dalle zone limitrofe all’area metropolitana bolognese. Tale sistema viario è formato dalla sede dell’autostrada A14 e dalle due carreggiate complanari della “tangenziale”. (Fig. 2)

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Il progetto del Passante di Mezzo, per un arco di 13 km, consiste nell’allargare la sede IL PROGETTO DEL PASSANTE DI BOLOGNA: VERSO UN PARCO TERRITORIALE

that defines the forms of conception, production and management of the infrastructure; All should be multimodal and intermodal in terms of mobility; They must satisfy the transport functionality and integrate at the same time other territorial uses, with particular regard to margins and ecotones, avoiding barriers and building territorial passages, both civic and ecological in the broadest sense; When it comes to metabolic management infrastructures (energy, waste management, water cycle) they must incorporate all their components avoiding degradation to the context. In short, infrastructure, structure and urban form should be considered as ‘unicum’ and therefore it is necessary on the one hand to anticipate the effects that a schematic planning can generate and, on the other hand, it is important to plan infrastructural bodies as new territorialities adaptable over time.

Il Passante esistente e la città Fonte: JLP-TASCA (Fig. 1) The existing Passante and the city. Source: JLP-TASCA (Fig. 1)

LLOP, TARTARI

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CHANEL TESSE LA SUA TELA ALLE PORTE DI PARIGI IL NUOVO CENTRO DI ARTI E MESTIERI DI RUDY RICCIOTTI

CHANEL WEAVES ITS WEB AT THE GATES OF PARIS RUDY RICCIOTTI’S DESIGN FOR CHANEL MÉTIERS D’ART di / by NICOLETTA TRASI

el popolare quartiere di Aubervilliers a Nord di Parigi, Chanel decide di installare la sua nuova ‘manifattura della moda’ investendo circa 45 milioni di euro: il complesso che si completerà al posto di nel 2020 su una friche industrielle nel XIX arrondissement a cavallo tra Parigi e Aubervilliers, sarà dedicato alle imprese artigiane che lavorano per la celebre casa di moda, che attualmente sono sparpagliate in varie zone di Parigi e che finalmente saranno raggruppate in questo elegante complesso progettato da Rudy Ricciotti. Una sorta di scrigno che racchiude ben seicento artigiani in circa 25.000 metri quadrati. Si tratta di un vero e proprio progetto urbano in quanto rientra a pieno titolo nella ZAC Canal - Porte de

N La ZAC Canal-Porte d’Aubervilliers inserita nel grande progetto urbano di Paris Nord-Est, composta da varie ZAC. Da notare e il grande potenziamento con nuovi trasporti The ZAC Canal – Porte d’Aubervilliers framed within the large-scale Paris Nord-Est urban plan that comprises a number of other ZACs. The enhancement of transportation with the addition of new lines is particularly noteworthy

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METAMORFOSI 06

hanel chose the working-class neighborhood of Aubervilliers, in the northern suburbs of Paris, for the construction of its new specialty ateliers. Due for completion in 2020 on a friche industrielle in the 19th arrondissement between Paris and Aubervilliers, the 45-millioneuros development will house the production workshops controlled by the world-famous fashion brand. Once the design is completed, the workshops now disseminated in various areas in Paris will finally migrate in the elegant building designed by Rudy Ricciotti. Over about 25,000 square meters, this new jewelry box will house no less than six hundred artisans. The design is part of an actual urban plan as it fully participates in the ZAC Canal – Porte de Aubervilliers, and will actively accelerate the implementation of its guidelines – rehabilitating a highly blighted sector now managed by the Plaine Commune – an Établissement public territorial (EPT, or a Public Territorial Establishment) that gathers nine municipalities in the northern suburbs of Paris. The partnership is aimed at developing a common project on an evolving territorial sector. As it usually happens, the different urban plans are framed within the ZACs [Zones d’Aménagement Concerté, or Integrated Development Zones] in each municipality. Since the case in question lies within the City of Aubervilliers, it is organized within the ZAC Canal – Porte d’Aubervilliers and managed by Plaine Commune Développement, a branch of Plaine Commune.

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CHANEL WEAVES ITS WEB AT THE GATES OF PARIS


Aubervilliers, e funzionerà come acceleratore di quegli obiettivi - previsti appunto dalla ZAC- di riqualificare questo settore fortemente degradato che ricade nelle competenze di Plaine Commune. Plaine Commune è un Établissement public territorial (EPT) che raggruppa nove comuni a nord di Parigi, comuni federati attorno a un progetto comune, su un territorio in piena mutazione. I diversi progetti urbani sono come sempre, organizzati attraverso le ZAC, all’interno d’ogni comune, e il caso in questione che ricade nel comune di Aubervilliers, è organizzato all’interno della ZAC Canal-Porte d’Aubervilliers e gestito da una filiale di Plaine Commune che si chiama Plaine Commune Développement. Il lotto in cui è stato realizzato il nuovo Centro Chanel, è un terreno di 9.000 metri quadrati a cavallo tra il 19° arrondissement parigino e Aubervilliers, che apparteneva per metà alla Ville de Paris e per l’altra metà a Icade, a Aubervilliers e al gruppo Rouxel; Plaine Commune Développement ha ricomprato i terreni interamente, per poi rivenderli a Chanel. Quasi tutti i terreni della ZAC Canal-Porte d’Aubervilliers sono privati e pertanto l’amenageur ovvero Plaine Commune Développement in taluni casi compra i terreni (come nel caso di Chanel) e in molti casi lavora in partenariato con i proprietari, associandoli nel processo di sviluppo: è una sorta di ZAC a partecipazione condivisa. Un passaggio importante è avvenuto nel 2014, quando tra le varie dinamiche della métropole del Grand Paris, il territorio della Plaine Commune viene identificato come il ‘Territorio della cultura e della creazione’ e il nuovo Centro di Chanel rientra in questa logica. La zona di Porta di Aubervilliers e del Canale di Saint Denis è stata per lungo tempo interclusa dalle imprese dei Magasins Généraux, e uno degli obiettivi iniziali della ZAC (di circa 17 ettari in totale) era quello di portare quest’area da una situazione di enclave ad una situazione di apertura verso il contesto e di creare un quartiere misto con una maggioranza di terziario, per portare nuovo impiego, nonché di predisporre la nuova stazione della linea 12 del métro e il prolungamento del tramway T8. Tra gli altri CHANEL TESSE LA SUA TELA ALLE PORTE DI PARIGI

La ZAC Canal-Porte d’Aubervilliers : il lotto B0 futura sede del Centro di Arti e Mestieri di Chanel The ZAC Canal – Porte d’Aubervilliers: the site B0 will host the future headquarters of Chanel Métiers d’art

The 9,000 square meters area selected for the new Chanel Métiers d’Art straddles the 19th arrondissement of Paris and Aubervilliers and its ownership was shared by the Ville de Paris (one half) and Icade, Aubervilliers and the Rouxel Group (for the other half). Plaine Commune Développement acquired the entirety of the area and sold it to Chanel. Since almost all the areas in the ZAC Canal – Porte d’Aubervilliers are privately owned, sometimes the aménageur [the developer], in this case Plaine Commune Développement, acquires them (as it happened with Chanel) or more often works in partnership with the owners by committing them to participate in the development process: it is a sort of mixed participation ZAC. In 2014, an important step of the process identified the area managed by Plaine Commune as a ‘Territory of culture and creation’ in the frame of the larger policy supporting the Grand Paris metropolitan area – and the new Chanel Centre became part of that policy. For a long time, the area of the Porte d’Aubervilliers and the Canal Saint Denis was an enclave closed off on all sides by the Magasins Généraux establishments. One of the initial goals of the ZAC (that covers about 17 hectares) was precisely opening up this enclave towards its context and creating NICOLETTA TRASI

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Geografia digitale. Dalla cartografia statica alla digitografia dinamica Digital geography. From static cartography to dynamic digitography

La riproduzione della geografia, la scienza che studia e descrive la configurazione e i fenomeni della superficie della Terra, costituisce da sempre la nostra rappresentazione del mondo conosciuto e immaginato, pur conducendo, per qualcuno, a una riduzione del mondo1. E’ interessante verificare come la descrizione dello spazio geografico rappresenta la nostra percezione dello spazio vissuto e vivibile nelle sue trasformazioni e come questa si declini nell’era ultima digitale. La geografia come riferimento, indicazione e strumento di lettura del territorio e del movimento, ha modificato sostanzialmente nel tempo i suoi mezzi espressivi senza tradire, però, in nessun modo alcuni assunti specifici. Tra questi si osserva l’apparente, ma non sostanziale trasformazione di alcune caratteristiche: la rappresentazione geografica, la conoscenza espressa come controllo del mondo, il progetto geografico, l’acquisizione delle informazioni tramite il viaggio.

TERRITORI DIGITALI DIGITAL di / by

Rosalba Belibani

La rappresentazione geografica, descrivendo i territori nella sua evoluzione, dichiara anche gli strumenti utilizzati per la sua interpretazione e realizzazione, contestualizzando le visioni e la raffigurazione del mondo2. Inoltre, conservando nel tempo la sua capacità di mostrare e contenere la visione della Terra esplorata, continua ad esprimere il valore assoluto della conoscenza come controllo di questa. Dalla mappa di Soleto3, da quella di Anassimandro4 fino ai disegni topografici delle cartoteche, la figurazione del luogo mostra come il controllo politico dell’uomo coincida con il territorio descritto, con il suo territorio. Nella contemporaneità questo attributo della geografia ha acquisito con l’avvento delle nuove tecnologie,

Geographic reproduction, the science that studies and describes the configuration and phenomena of the surface of the Earth, has always been our way of representing the world, both known and imagined, although some think it amounts to a reductive vision of the world1. It is interesting to analyze how the description of geographic space represents our perception of the world in its transformations, particularly in the current digital era. As a reference, indication and reading tool of territory and movement, geography has substantially modified its expressive means over time but never betrayed certain specific premises. For example, there has been an apparent but not substantial transformation of some features such as geographic representation, knowledge expressed as control of the world, the geographic project and travel as a way of gathering information. In describing the territories in its evolution, geographic representation also declares the instruments used for its interpretation and implementation by contextualizing the visions and depiction of the world2. Moreover, in preserving in time its ability to show and contain the vision of the known world, it continues to express the absolute value of knowledge as control of such world. From the Soleto map3 to Anaximander’s map4, down to the topographic plans of map collections, the representation of a place shows how the political control of man coincides with the described territory, with his own territory. With the rise of new technologies in the contemporary age, this quality of geography has acquired a stronger, if deceptive, character in terms of control of space. Knowing where you are at all times, being geolocated, erases that dimension of uncertainty and replaces it DIGITAL GEOGRAPHY


un maggiore carattere di controllo dello spazio, ancorché illusorio. Sapere dove si è sempre, geograficamente localizzati, toglie quella dimensione di incertezza e la sostituisce con una vaga e ingannatrice consapevolezza di conoscenza. Lo spazio geografico è un tessuto di segni da interpretare dai planisferi alle carte nautiche e aeronautiche a quelle geologiche, forestali, idrografiche, climatiche, gravimetriche, pedologiche, minerarie, stradali, fino alle orto-foto e ai rilevamenti da satellite. Con l’informazione digitale, la geografia è divenuta un sistema di informazioni molteplici, un G.I.S.5, un database ricchissimo di dati accessibile e condivisibile, implementabile, apparentemente uno strumento di controllo del mondo. La conoscenza della mappa è portatile, il suo accesso persino costante sul cellulare che, grazie alle applicazioni di intelligenza

GEOGRAFIA DIGITALE

with a vague and misleading awareness of knowledge. Geographic space is a fabric of signs offered to our interpretation by world maps to nautical and aeronautical maps, by geographic, forest, hydrographic, climate, gravimetric, pedologic, mining and road maps, down to orthophotograhs and satellite surveys. With digital information, geography has become an information-rich system, an accessible, shareable and implementable GIS5 fraught with data, apparently an instrument for world control. The knowledge of the map has become portable, constantly accessible from smart phones that, thanks to A.I. apps, save frequent movements and known places. Cartographic documents, previously unique manuscripts, are now endlessly reproducible; the reading of the territory is universal and personal at the same time, shareable in

Christian Adrichom, “Mappa antica di Gerusalemme”, 1590 ca Old map of Jerusalem, 1590 ca

ROSALBA BELIBANI

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Scegliere il suono. Architetture sonore vs geografie sonore Choosing sound. Sound architectures vs sound geographies di / by IDA RECCHIA

INTERSEZIONI LINGUISTICHE LANGUAGES’ INTERSECTIONS a cura di / editor

Roberta Lucente

L’interazione tra il suono e l’architettura, la loro interdipendenza legata all’essenza stessa dello spazio vissuto, che si attraversa e inevitabilmente risuona, ci ricorda che lo spazio non è mai muto. Il suono lo rivela completamente. Aggiunge complessità alla visione, ne avvera la completezza di senso - il campo uditivo non coincide mai interamente con quello visuale, quindi lo amplia-, ma la percezione è una forma di selezione, così come l’architettura è selezione. Progettare lo spazio vuol dire operare una serie di scelte, partire da alcune condizioni e non da altre, stabilire cosa far risaltare e cosa trasformare con gesti chiari, seppur complessi, ma sempre comprensibili ai fruitori. Se è così allora l’architettura può scegliere il suono? Può farlo emergere nella percezione di uno spazio, indurlo in uno spazio nuovo? La storia del suono in architettura parte da Vitruvio1 che dota un buon architetto di un orecchio istruito e passa per le innumerevoli architetture dedicate al suono, i teatri, gli auditori divenuti perfetti prima dell’invenzione dell’acustica grazie all’orecchio degli architetti. Nel tempo l’architettura si affianca alla musica che scopre e riscopre lo spazio sino ad essere spazializzata2 o all’installazione d’arte che diventa site specific. Ma una storia sonora dell’architettura potrebbe scriversi anche a partire da edifici che sono diventati stereotipi acustici, probabilmente senza intenzione dell’architetto, come il Parcheggio di Villa Borghese di Luigi Moretti a Roma, uno spazio riverberante in cui il soffitto a cassettoni e a cupole dei due livelli, crea l’effetto di una ovattata micro-eco. O ancora potremmo scriverla leggendo il suono degli spazi ordinari, dei portici e delle gallerie riverberanti, dei piccoli vestiboli dall’acustica asciutta, dei

The interaction between sound and architecture, their interdependence within the very essence of the inhabited space that inevitably resounds as we cross it, reminds us that space is never silent. Sound reveals it completely. It adds complexity to vision and truth to its completeness of sense – the auditory realm never entirely coincides with the visual realm, therefore it expands it – but perception, like architecture, is a form of selection. Designing space means making choices, starting from certain conditions rather than others, establishing what should be highlighted and what should be transformed through clear gestures that, while complex, must always be understandable to users. If it is so, then, can architecture choose sound? Can it make sound emerge in the perception of space, or create it in a new space? The history of sound in architecture starts with Vitruvius1, who prescribed that a good architect should be equipped with a cultivated sense of hearing, and continues with countless architectures devoted to sound – theatres and auditoria, which achieved perfection even before the invention of acoustics thanks to architects’ sense of hearing. Across time, architecture has worked with music that discovered and rediscovered space until it became spatialized2, or with art installations that became site-specific. A sound history of architecture, however, might be written even starting from buildings that have become acoustic stereotypes, probably beyond the very intentions of their architects, such as the Car Park of Villa Borghese designed by Luigi Moretti in Rome, a reverberating space where the coffered and vaulted ceiling of the two levels creates the effect of a muffled CHOOSING SOUND


grandi centri commerciali affollati e dei caffè rumorosi che creano un immaginario sonoro molteplice e quanto mai oggi eterogeneo. Ma cosa diversa è l’intenzione, la scelta del suono per il progetto d’architettura. Gli architetti che per primi si sono avvicinati al suono usandolo come materiale del progetto3 in spazi non espressamente dedicati, hanno spesso beneficiato di interazioni o rimandi culturali a musicisti e artisti, mentre i primi edifici sono padiglioni per le esposizioni internazionali che, agendo in un campo sperimentale e interattivo, hanno proposto di esaltare la dimensione sonora come carattere identitario di un nuovo spazio, adoperando l’effetto acustico come chiave della trasformazione. Nel panorama contemporaneo i padiglioni di Peter Zumthor4 (2000) e Manuel Mangado (2008) ad Hannover e Saragozza ne sono un esempio, il primo adopera spazi a risonanza differenziata, in modo da variare l’alternanza degli ambienti anche attraverso una sensazione acustica e il secondo ricrea una sonorità naturale in uno spazio interno, grazie all’impiego di pavimenti in gomma fonoassorbente, di colonne rivestite di ceramica rigata e all’uso di una pozza d’acqua. Entrambi non dimenticano il Padiglione di Lisbona di Alvaro Siza che determina uno invaso altamente riverberante e aperto al di sotto

SCEGLIERE IL SUONO

micro-echo. On the other hand, we might write such history by reading the sound of ordinary spaces, reverberating porticoes and galleries, the dry acoustics of small vestibules, crowded large shopping malls and noisy cafés that create a varied and now more than ever heterogeneous sound imagination. Deliberately choosing sound for architectural design, on the other hand, is something else. The very first architects who used sound as a material for design3 in spaces not specifically devoted to music often relied on interactions with or cultural references to musicians and artists. The very first buildings of this kind were pavilions designed for international exhibitions that, given their experimental and interactive context, enhanced the sound dimension as the identity feature of a new space, thereby using the acoustic effect as a key for transformation. The recent pavilions designed by Peter Zumthor4 (2000) and Manuel Mangado (2008) respectively in Hanover and Zaragoza exemplify this approach. The former uses differentiated resonance in order to variate the alternation of environments even through acoustic perception, while the latter recreates natural sound in an interior space by relying on sound-absorbent rubber floors, columns clad in furrowed ceramic and the use of a water feature. Both are mindful of the Pavilion designed in Lisbon by Alvaro Siza, a highly reverberant open basin underneath a light curved structure that encloses an iconic perceptive space. Even domestic space has often embraced the challenge of sound. Byker Wall, the building designed by Ralph Erskine in Newcastle, displays a close grid of windows along a noisy street, while the overall shape protectively curves over a natural space. His design even envisioned niches intended to house aviaries5 on open terraces along the interior courtyard so that birdsong might partly heal a natural landscape hurt by the high impact of 1970s large-scale architecture. An even more recent case is Seifert & Stoeckmann’s Living Room House (2007), which becomes a domestic sound installation offering a range of expressions, from calm to syncopated, that integrate the building in an extremely quiet neighborhood in Gelnhausen, Germany.

Ralph Erskine, Byker Wall, 1970. Foto by Akuppa John Wigham via flickr Ralph Erskine, Byker Wall, 1970. Photo by Akuppa John Wigham via flickr IDA RECCHIA

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Isolarchitetti: tra conservazione e innovazione. Ampliamento e restauro del Museo Egizio, Torino Isolarchitetti: between preservation and innovation. Extension and restoration of the Egyptian Museum in Turin

TRASFORMAZIONI TRANSFORMATIONS di / by

Maurizio Petrangeli

Il recente ampliamento e restauro dell’Egizio di Torino, uno dei più antichi musei del mondo interamente dedicato alla civiltà nilotica, considerato - per quantità, qualità e valore dei reperti - secondo solo a quello del Cairo, costituisce l’esito più recente di una lunga ricerca. Isolarchitetti, capogruppo e autore dell’intervento con Carlo Aymonino e ICIS, prosegue infatti il dialogo tra architettura, suolo e sottosuolo che ha avuto inizio con i progetti di Gabetti e Isola e che, a distanza di cinquant’anni, prosegue nell’opera di Saverio Isola, Flavio Bruna, Michele Battaggia, Andrea Bondonio e Stefano Peyretti i quali, da oltre un decennio, affiancano Aimaro Isola nella sua attività. La volontà di far interagire l’architettura con il terreno, di innestare il nuovo nel corpo del preesistente, di coniugare l’espressione della contemporaneità con la riscoperta dei valori e delle radici, ha conosciuto esiti di assoluto rilievo nel Residenziale Olivetti a Ivrea (1968-71), nel Palazzo di Giustizia di Alba (1981-87) e nell’ampliamento del museo archeologico di Torino (1982-94). Risultati che oggi trovano conferma nell’ampliamento del museo Egizio di Torino, sia pure con una notevole differenza. In quelle lontane architetture il terreno veniva esaltato, modellato o scavato, ma testimoniava comunque una scelta di appartenenza e di riscoperta delle storie e dei caratteri del luogo. Nel museo Egizio, viceversa, lo scavo è quasi “obbligato” dalla necessità di ricavare nuovi spazi nel tessuto della città storica, intervenendo sulle volumetrie esistenti pur rispettandone e valorizzandone la presenza in una difficile partita tra la necessità di conservazione e l’istanza di innovazione.

The recent extension and restoration of the Egyptian Museum in Turin, one of the oldest museums devoted to the Nilotic civilization, as well the second most important museum in the world after the one in Cairo in terms of quantity, quality and value of its artifacts, represents the latest result of a long research. Isolarchitetti, group leader and author of the intervention with Carlo Aymonino and ICIS, has been steadily developing the dialogue among architecture, ground and underground initiated by the two original founders, Gabetti and Isola, fifty years ago. The firm currently relies on Saverio Isola, Flavio Bruna, Michele Battaggia, Andrea Bondonio and Stefano Peyretti, who have been working alongside Aimaro Isola for over ten years. A number of exceptional designs such as the Olivetti Housing Complex in Ivrea (1968-71), the Palace of Justice in Alba (1981-87) and the extension of the archeological museum in Turin (1982-94) demonstrate an approach committed to develop an interaction between architecture and the ground, graft the architectural body in pre-existing conditions, and combine the expression of contemporary conditions with the rediscovery of values and roots. The extension of the Egyptian Museum in Turin represents a further implementation of such approach, although with a remarkable difference. In those earlier architectures, the celebration of the ground, either modelled or excavated, always resulted from an allegiance to or a rediscovery of the histories and characters of the place. In the Egyptian Museum, on the other hand, the excavation was almost “dictated” by the necessity of creating new spaces in the fabric of the historical city by working on existing buildings all ISOLARCHITETTI: BETWEEN PRESERVATION AND INNOVATION


Sotto un diverso punto di vista, il progetto coglie la natura della fabbrica del Guarini e la sua duttilità a mutare nel tempo e con il tempo, implementando l’elenco delle funzioni che si sono sin qui succedute: in origine Collegio dei Gesuiti, poi sede dell’Accademia delle Scienze, si è infine trasformata in museo di Storia Naturale prima e in Galleria Sabauda poi. La scelta di privilegiare una lettura diacronica del complesso ha suggerito di recuperare i volumi storici dell’originario museo e della preesistente galleria, restaurati e destinati alle funzioni espositive, mentre al di sotto del cortile sono stati scavati tre nuovi piani che ospitano i servizi di accoglienza, i laboratori di restauro, i depositi e le centrali tecnologiche. Ulteriori spazi sono derivati dal recupero dei sottotetti e dalla soprelevazione dell’edificio di via Duse, che accoglie ora il nuovo roof-garden in acciaio e vetro. Lo studio della fabbrica originaria e delle sue trasformazioni ha così favorito il dialogo tra progetto e preesistenze storiche, in una concezione del restauro che si distacca da un “fare” esclusivamente conservativo. Il percorso di accesso è molto articolato e rovescia quello precedente. Dalla corte del Palazzo si entra nella “manica Schiaparelli” che ospita la biblioteca, la caffetteria e, all’ultimo livello, il ristorante. Da qui si discende ai nuovi spazi ipogei dove si trovano le biglietterie, il guardaroba, il bookshop, i servizi e i laboratori di restauro: ampi lucernari consentono alla luce naturale di penetrare nel sottosuolo assicurando, parallelamente, continuità visiva con la corte e i volumi soprastanti. Da questa quota prende avvio l’itinerario di visita che emerge dalla penombra delle sale interrate verso la crescente luminosità degli ambienti superiori. La risalita al piano più alto utilizza scale mobili che “scorrono” lungo il tracciato del fiume sacro agli egizi: sono infatti accostate a una parete su cui è allestito il “Grande Nilo”, un’opera di Dante Ferretti realizzata con tecnica mista che riproduce il percorso storico del corso d’acqua. L’allestimento è visibile da ogni rampa di scala - dal piano seminterrato fino all’ultimo sbarco superiore - ed è costituito da plastica, tessuti, pittura materica e resine sovrapposti a pannellature modulari in compensato. Giunti al delta del fiume, al secondo piano ISOLARCHITETTI: TRA CONSERVAZIONE E INNOVAZIONE

while respecting and enhancing their presence within a difficult challenge – combining the requirements of preservation with the goal of innovation. From a different point of view, the design captures the nature of Guarini’s building and the way it successfully changed in and with time by serving the different programs it accommodated during its history. Originally a Jesuit Institute, the building later housed an Academy of Sciences, and finally became a museum of Natural History and more recently the Sabauda Gallery. The decision to opt for a diachronic reading of the complex has led to a rehabilitation of the historical sections of the original museum and the preexisting gallery, restored and developed for exhibition purposes, with three new stories excavated below the courtyard to accommodate reception services, restoration workshops, warehouses and technological services. Additional spaces were created by rehabilitating the attics and by adding a new steel and glass roof garden to the building on via Duse. The study of the original building has thus resulted in a dialogue between design and existing historical buildings based on a concept of restoration that is more than a merely conservative “practice”. The particularly articulated access itinerary reverses the previous path. From the Palace’s courtyard, visitors access the “Schiaparelli wing” that accommodates the library, a café and a restaurant at the top level. From here, they descend to the new underground areas that accommodate the ticket office, cloakroom, bookshop, toilets and restorations workshops: large skylights channel natural light into the underground levels and, at the same time, guarantee a continuous visual access to the courtyard and the volumes above. From this level, the actual visit itinerary starts by emerging from the shadowy underground areas towards the growing brightness of the upper environments. The ascent to the upper level relies on escalators that “flow” alongside the river the Egyptians held sacred – from the escalators, visitors may admire a mixed-media installation called the “Great Nile” devised by Dante Ferretti to reproduce the historical path of the river. The installation – made of plastic, fabrics, textured painting and resins

Lo spazio ipogeo del bookshop illuminato dai lucernari in vetro. Foto di Saverio Lombardi Vallauri The hypogeum space of the bookshop illuminated by glass skylights. Photo by Saverio Lombardi Vallauri

MAURIZIO PETRANGELI

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L’unicità del viadotto sul Polcevera The unicity of the viaduct on the Polcevera di / by MARZIA MARANDOLA

CATASTROFI DISASTERS OTHERWERE a cura di / editor

Nicoletta Trasi

Dopo il tragico crollo di un tratto del viadotto il 14 agosto 2018, l’opera di un grande Maestro come Riccardo Morandi, che è stato tra i più importanti progettisti di ponti del Novecento, in Italia e nel mondo, è in via di demolizione. L’eccezionalità di quest’opera, così come tante importanti opere dell’ingegneria italiana del secondo dopoguerra, era anche una prova della volontà di dimostrare che l’Italia, pur uscita sconfitta e impoverita dal secondo conflitto mondiale, arretrata industrialmente e tecnologicamente, con cantieri artigianali e tradizionali, fosse in grado di capacità imprenditoriale e sapienza tecnica tali da raggiungere risultati esemplari. Sono un esempio la costruzione dell’autostrada del Sole (1956-64), le opere per le Olimpiadi di Roma del 1960, l’Esposizione di Torino del 1961 per il centenario dell’Unità d’Italia. Siamo di fronte a cantieri artigianali da cui sono uscite architetture esemplari e uniche per originalità e audacia costruttiva. Opere che è imperativo conoscere al fine di conservarla adeguatamente. Molte di esse, soprattutto le opere infrastrutturali, infatti soffrono di un forte degrado e di ammaloramenti diversi, dovuti sia alla progettazione pionieristica che, soprattutto, all’attuale ambiente fisico divenuto particolarmente aggressivo, nonché in condizioni di traffico decisamente esorbitanti quelle di progetto, senza un’adeguata manutenzione. A seguito del tragico evento di Genova, i quotidiani hanno spesso veicolato messaggi scorretti e tendenziosi, accuse infondate contro il progettista e il progetto, un’icona dell’architettura e

After the tragic collapse of a section of the viaduct on 14 August 2018, the demolition of the entire Bridge over the Polcevera River in Genoa has started. The bridge is a work of Riccardo Morandi, one of the most important bridge designers of the XX century in Italy and worldwide. The exceptionality of this work relies on the outstanding technical knowledge and engineering innovation displayed by that bridge despite the economic and political crisis affecting Italy since after the end of World War II. The ability of shaping sophisticated piece of structural engineering with a craft approach, forced by industrial underdevelopment in the Italian construction sector, is a common feature of the modus operandi of the Italian engineers at that time. The construction of the Autostrada Del Sole, the buildings for the Olimpic Games of Rome 1960 and for the Exposition of Turin 1961, are eloquent examples of such approach. The fame of these unique architectural or infrastructural products is due to their originality and technical audacity despite the use of traditional construction techniques. We, therefore, need to investigate in depth the story behind these masterpieces in order to preserve them as pieces of our recent heritage. Sadly, many of these infrastructures suffer today of severe degradation, showing signs of materials decay. These unexpected ageing manifestations are due to several factors: the pioneering design principles of the structures, the level of air-pollution that lately has become particularly aggressive, the traffic conditions overtaking the past structural loads, and the lack of adequate maintenance.

THE UNICITY OF THE VIADUCT ON THE POLCEVERA


del paesaggio la cui epica storia vale la pena qui ripercorrere per comprenderne l’avanguardia e l’innovazione tecnologica e formale. Il progetto ha inizio nel l960 quando l’Anas, bandisce un appalto-concorso nazionale a invito per il 24° lotto dell’autostrada Genova-Savona che, lungo 2400 metri, comprende, tra varie opere, il viadotto sul Polcevera. Il bando definisce il tracciato viario e vincola la sagoma tipo delle sezioni stradali; la posizione delle pile d’appoggio del viadotto, è invece obbligata dalla densa urbanizzazione dell’area sottostante, e soprattutto dalla presenza del parco ferroviario, cui deve essere garantita sempre continuità di funzionamento. Pertanto è vietato qualsiasi inserto, opere provvisionali comprese, che intralci o modifichi il sedime ferroviario, o che anche solo lo occupi durante il cantiere. Massima libertà è invece lasciata sulla scelta del tipo e del materiale costruttivo, anche se l’impiego di strutture metalliche è consentito solo nel tratto attraversante i parchi ferroviari. Al bando rispondono solo 7 imprese delle 45 invitate; tra esse nel 1961 è la Società Italiana per le Condotte d’Acqua di Roma ad aggiudicarsi l’appalto con un progetto di Riccardo Morandi in collaborazione con l’ingegnere Claudio Cherubini, che garantisce la costruzione del viadotto senza intralci al sottostante traffico ferroviario, che in effetti non subirà interruzioni durante l’intera durata dei lavori, iniziati il 1 luglio 1961. Per gli aspetti ingegneristici l’opera è una sfida straordinaria: costruire un viadotto, alto 40 metri sul parco ferroviario, lungo circa 1100 metri, con un impalcato a doppia corsia largo 18 metri. Morandi elabora un progetto che esalta ulteriormente la straordinaria potenza scultorea del ponte di Maracaibo, commentando la sua fatica genovese, Morandi stesso darà atto della sua qualità: “Oggi il ponte di Maracaibo non mi soddisfa più. Nel viadotto di Polcevera c’e secondo me un progresso, una armonizzazione più profonda, un colloquio più preciso tra opera e paesaggio, colloquio che è fatto di assonanze e dissonanze”1. Il viadotto, realizzato interamente in cemento armato e cemento armato

L’UNICITÀ DEL VIADOTTO SUL POLCEVERA

Following the tragic event in Genoa, newspapers in Italy have blamed the structural designer conveying a wrong message throwing unfounded accuses against the project and Morandi himself. For this reason today is important to retrace and narrate the epical history behind the technical development of this innovative masterpiece giving back the right credit to the designer. The project started in 1960 when Anas launched a national competition by invitation for the 24th lot of the GenoaSavona motorway. 2400-meter-long, it included even the viaduct on the river Polcevera. The competition documents defines road layout and sections. Instead, the position of the viaduct pylons is determined by the dense urbanization in the underlying area and, above all, by the presence of a railway park, whose functioning must be guaranteed. For the engineering aspects, the task is an extraordinary challenge: to build a 40 meters viaduct, about 1100 meters long with a 18-meter double-lane deck, high on the railway park. Morandi develops a project that further enhances the extraordinary sculptural power of the Maracaibo bridge. Commenting the Genoese work, Morandi enhances his ability: “Today, the Maracaibo bridge no longer satisfies me. In the Polcevera viaduct, I see a progress, a deeper harmonization, a more precise dialogue between the structure and the landscape, between assonances and dissonances” 1. Two distinct parts compose the viaduct, made entirely in reinforced concrete and prestressed concrete. The first, with smaller spans, consists of a series of 7 V-shaped pillars, placed over the streets and the industrial buildings below. The second part of the viaduct, the most amazing and innovative one, consists of three balanced systems, set up for larger bays (the largest is 207 meters) to overlap the railway parks of Campasso and Piazza d’Armi beyond the Polcevera river. Two of the three balanced systems are the same, while the third, on the Genoa side, is not a true balanced system, as the tie rods on one side are anchored to the beam of the girder, while on the other side they are drowned in a block of concrete clamped at the scarp wall. The balanced system, the mark of

Vista generale del viadotto del Polcevera per l’autostrada Genova- Savona, 1960–67. Inaugurato il 4 settembre 1967. Foto Acs, fondo Morandi Overall view of the Polcevera viaduct for the GenoaSavona motorway, 1960–67. Opened on 4 September 1967. Photo Acs, fondo Morandi

MARZIA MARANDOLA

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