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Le cellule sane del polmone sono in realtà alleate dei tumori
Scoperto il meccanismo con cui le cellule alveolari sane collaborano con quelle metastatiche promuovendone la sopravvivenza e l’adattamento
di Giada Fedri
Il cancro al seno è il secondo tumore più comune al mondo e il primo tra le donne, in cui rappresenta la seconda causa di morte [1]. La quasi totalità dei decessi, circa il 90% [2], non è causata dal tumore primario bensì dagli eventi metastatici successivi [3] che spesso non vengono rilevati fino ad anni o decenni dopo la prima diagnosi [4], [5]. Infatti, solo il 10-15% delle pazienti con carcinoma mammario ha una malattia aggressiva e sviluppa metastasi entro 3 anni, il resto può avere recidive anche 10 anni o più dopo la diagnosi iniziale [6] e comunque il rischio permane per tutto il corso della vita [7]. Nonostante lo sviluppo di nuovi approcci terapeutici e il significativo miglioramento dei tassi di sopravvivenza negli ultimi vent'anni, la malattia metastatica, principalmente alle ossa, ai polmoni e al cervello rimane incurabile [8]. La progressione del cancro che porta alla diffusione metastatica delle cellule tumorali è un processo altamente complesso e poco compreso, che consiste in una serie di eventi che inizia con la perdita delle caratteristiche tipicamente epiteliali in alcune cellule tumorali primarie, che acquisiscono così proprietà simili a quelle mesenchimali in un processo noto anche come transizione epiteliale-mesenchimale (EMT), che permette la degradazione della membrana basale, l’invasione della matrice interstiziale [9] e l’inizio del viaggio verso gli organi bersaglio. Durante questa cascata metastatica multi-step, solo una piccola percentuale di cellule, denominate cellule tumorali disseminate (DTC), riesce ad acquisire le alterazioni genetiche ed epigenetiche necessarie a completare la transizione allo stadio successivo. Di questa piccola popolazione, solo una minima porzione riesce a sopravvivere ed alcune, in seguito a stravaso, rimangono spesso quiescenti negli organi distali subendo lunghi periodi di latenza, noti anche come fasi di dormienza [10].
A onor del vero, evidenze cliniche dimostrano che le DTC rilevate in pazienti prima dello sviluppo di macro-metastasi possono contenere meno aberrazioni genetiche rispetto ai tumori primari o pre-metastatici, suggerendo che la disseminazione delle cellule tumorali è spesso un evento precoce durante la progressione del cancro [11] e questa teoria è supportata da prove sperimentali che indicano che le cellule di tumore al seno possono metastatizzare e rimanere dormienti in un sito secondario anche prima della crescita rilevabile del tumore primario [12]. Tra l’altro, questo fenomeno è stato osservato anche in modelli murini di cancro al pancreas, dove l'EMT e la diffusione delle cellule tumorali nel fegato potevano verificarsi anche prima della formazione del tumore stesso [13]. Queste considerazioni sono alla base della necessità di decifrare i complessi meccanismi che governano la dormienza delle cellule tumorali metastatiche e la fuga dallo stato latente, mentre allo stesso tempo sottolineano l'importanza di sfruttare questa finestra temporale per un trattamento efficace delle metastasi tumorali. Mantenere lo stato di dormienza non è un processo semplice per le cellule cancerose, prevede infatti una serie controllata di meccanismi di sopravvivenza, di mantenimento costante della vitalità, di auto-rinnovamento ottimizzati sia al mantenimento della capacità di tumorigenesi che all’equilibro
di attivazione/soppressione e di proliferazione/ apoptosi che ripristina o previene la crescita aggressiva. E’ durante questo periodo che possono insorgere i tratti genetici ed epigenetici indipendenti che guidano le recidive e che non saranno presenti nei tumori primari originali [14].
In realtà, la maggioranza delle cellule tumorali disseminate non riesce a sopravvivere e proliferare dopo l'arrivo in un tessuto estraneo poiché tutti i meccanismi descritti finora implicano un dialogo incrociato tra le cellule dormienti e il loro nuovo microambiente, che devono sfruttare e modellare per la sopravvivenza. Tra questi, emergono lo switch angiogenico e l'angiogenesi [15], l’immuno-sorveglianza [16] e un'ampia varietà di interazioni micro-ambientali con la matrice extracellulare (ECM) e le cellule stromali, mieloidi e fibroblastiche [17], dove la secrezione di fattori di crescita e citochine è fortemente correlata alla dormienza. E’ proprio la difficoltà di questa delicato equilibrio che seleziona la piccola frazione che resterà vitale ed avrà successo perché oltre alle mutazioni e l’acquisizione delle caratteristiche necessarie alla transizione da tumore primario a metastatico, qualsiasi cellula, incluse quelle cancerogene, hanno bisogno di un ambiente favorevole specifico per poter sopravvivere e riprodursi, anche semplicemente per rimanere vitale nella fase di dormienza.
Questo microambiente specifico, favorevole ed accogliente è tecnicamente definito “nicchia”. Alcuni microambienti tissutali sono più ospitali di altri per le cellule tumorali infatti in alcuni organi come i polmoni, le ossa e il cervello, le lesioni metastatiche vengono rilevate più frequentemente nei pazienti. Ogni organo, o più in particolare ogni tessuto ha delle caratteristiche ambientali tipiche, quindi come fanno delle cellule tumorali originate in un organo, in una nicchia specifica, a sopravvivere in un ambiente totalmente diverso dall’originario? Molti studi hanno confermato la straordinaria capacità delle cellule tumorali di costruirsela ex-novo una volta raggiunto l’organo bersaglio. L'interazione tra le cellule tumorali e l'ambiente metastatico era già stata proposta nel 1889 da Sir Stephen Paget, il quale suggerì che la colonizzazione metastatica di un organo distante non è un processo casuale e che le cellule tumorali possono crescere esclusivamente in un microambiente di supporto [18]. Tuttavia, più di un secolo dopo, siamo ancora in fase di comprensione della complessa interazione tra le cellule tumorali e i microambienti target, le cosiddette "nicchie metastatiche", e diventa ancora più difficile quando i primi cambiamenti dell'espressione dei componenti della matrice extracellulare e della mobilizzazione delle cellule progenitrici del tessuto bersaglio si verificano addirittura già prima che le cellule tumorali arrivino negli organi target come il midollo osseo o il polmone [19]. Le DTC si preparano la cosiddetta "nicchia pre-metastatica" per crearsi in anticipo un microambiente conduttivo per accertarsi la diffusione negli organi scelti, che richiede il rimodellamento e la deposizione aberrante dell’ECM dove la fibronectina, la fibrina e la tenascina sono le molecole maggiormente implicate nella formazione delle reti fibrillari, nella regolazione dell'adesione e nella crescita delle cellule tumorali
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[19]. Studi precedenti hanno infatti dimostrato che la fibronectina dell'ECM può determinare se le cellule tumorali migrate nell’organo bersaglio possano rimanere in uno stato dormiente interagendo con il recettore dell'attivatore del plasminogeno urochinasi (uPAR) nelle cellule tumorali, che, associandosi con l’integrina, aumentano l'adesione delle cellule alla fibronectina [20]. Inoltre, tale associazione genera livelli persistentemente alti di ERK attivo, una pretein-chinasi mitogenica famosa per il suo ruolo chiave nella differenziazione e crescita tumorale in vivo. Al contrario, quando i livelli di uPAR sono bassi e le fibrille sono assenti, le cellule entrano in uno stato dormiente [21].
Pochi anni fa è stato dimostrato che le cellule tumorali metastatiche extravasate utilizzano il meccanismo di polimerizzazione dell'actina per estendere protrusioni simili a filopodia (FLP) contenenti integrina, per interagire in modo attivo con la matrice extracellulare circostante, processo chiave nella proliferazione iniziale [22] e favorito dal programma di EMT. Al contrario, le cellule dormienti e a proliferazione lenta sviluppano pochissimi prolungamenti e placche di adesione allungate nel parenchima polmonare e mostrano bassi livelli di attivazione di ERK [24], suggerendo che la capacità di estendere abbondanti FLP determina in modo critico la capacità delle cellule di cancro al seno di colonizzare i tessuti estranei. In effetti, lo stesso gruppo di ricerca aveva già dimostrato che nei melanomi bloccare la formazione dei FLP aveva ridotto notevolmente la capacità di colonizzare i polmoni, il fegato e il midollo osseo [24].
Sull’onda di questi risultati, una nuova importante ricerca pubblicata su “Nature Cell Biology” e coordinata dal Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Padova e dal Francis Crick Institute di Londra, fa luce sui meccanismi di sopravvivenza e di dormienza delle cellule metastatiche del cancro
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al seno che raggiungono i polmoni. Hanno scoperto che, una volta arrivate nell’epitelio polmonare, le DTC sono aiutate attivamente dalle cellule alveolari sane dei pazienti, e che è proprio questo dialogo dinamico che permette alle cellule metastatiche di sopravvivere nel nuovo ambiente e di creare la nicchia ottimale.
Nello specifico, hanno individuato le cellule epiteliali alveolari di tipo 1 (AT1) come le principali protagoniste di questa interazione, rivelandole come principali effettrici della stimolazione nelle cellule di cancro al seno che hanno raggiunto il polmone dell’espressione di geni specifici per la formazione e il mantenimento di fibrille di fibronectina e dei prolungamenti simili a filopodia necessari all’aderenza e alla sopravvivenza nella nuova nicchia, e alla guida di segnali pro-sopravvivenza dipendenti dall'integrina [25].
Il gruppo di ricerca è riuscito anche ad identificare il gene responsabile di questa "comunicazione collaborativa", il gene sfrp2, già conosciuto in ambito oncologico. Studi precedenti infatti, avevano sottolineato come questo gene fosse over-espresso nei cheratinociti infettati dal virus del Papilloma umano (HPV) [26], come la sua metilazione fosse un potenziale marker per la presenza di cancro al colon-retto [27] e come svolgesse un ruolo di oncogene nel sarcoma [28].
Così come le cellule alveolari di tipo 1 cooperano con le cellule dormienti di tumore al seno metastatico, altre condizioni patologiche hanno mostrato la stessa collaborazione: nei melanomi, i fibroblasti dermici hanno mostrato un impatto profondo sulla progressione della malattia [29] proprio tramite la secrezione della proteina sFRP2. Quest’ultima, attivava una cascata di segnalazione in più fasi nelle cellule di melanoma che si traduceva in un aumento della sopravvivenza, dell'angiogenesi, delle metastasi e dell’invasione nelle cellule polmonari [30] ed era anche correlato alla resistenza alle terapie convenzionali [31].
Per studiare gli effetti di sFRP2 nel cancro al seno metastatico, i ricercatori hanno effettuato esperimenti in vitro utilizzando due linee cellulari metastatiche, una dormiente (D2.0R) e una proliferativa, D2A1 [32]. Le cellule D2.0R persistevano per molte settimane nei polmoni ma senza formare grandi colonie, mentre le cellule D2A1 crescevano in modo aggressivo anche se entrambe, una volta extra-vasate nello spazio alveolare, hanno contattato il parenchima polmonare formando lunghe estensioni simili a filopodia [22] formate da fibrille di fibronectina. In particolare, le cellule alveolari di tipo 1 a stretto contatto con le cellule D2.0R, che in condizioni normali restano quiescenti, iniziavano a proliferare creando delle espansioni di parenchima polmonare attorno alle metastasi dormienti. Inoltre, le cellule AT1 aumentavano a loro volta il numero di cellule dormienti D2.0R sopprimendone l'apoptosi e aumentandone il tasso mitotico infatti, le protrusioni filopodio-simili erano positive per Src fosforilato attivo, una proteina fortemente implicata nei segnali pro-metastatici [23], [33]. In conclusione, la scoperta rivela che sono le cellule alveolari sane che iniziano il cross-talk con le cellule metastatiche, stimolando la produzione di SFRP2 che, tramite l’integrina, si lega alla fibronectina ed è incorporato in una frazione ECM insolubile [34] dove promuove la crescita delle cellule dormienti, la deposizione e l'organizzazione delle protrusioni filopodio-simili ed aumenta le via di segnalazione specifiche per l’attività metastatica, aumentandone il numero e le dimensioni. Ecco confermato che è proprio l'interazione con il parenchima polmonare che permette la sopravvivenza e la dormienza delle cellule metastatiche e la diafonia tumore-stroma [30], [34].
A questo punto, una volta scovati i meccanismi chiave, i ricercatori hanno deciso di testare un farmaco su modelli murini in vivo, la cilengitide (già in sperimentazione per la cura del glioblastoma) che imita il motivo di legame dell'integrina alla fibronectina e ad altre molecole della matrice extracellulare.
I risultati sono stati strabilianti: oltre a ridurre i prolungamenti necessari alla sopravvivenza, ha ridotto il numero di micro e macro metastasi anche quando già stanziate nei tessuti polmonari ed ha eliminato le cellule tumorali silenti disseminate ai polmoni dei topi trattati.
Appurato che le cellule di carcinoma sono altamente sensibili ai segnali provenienti da cellule epiteliali non trasformate in sedi metastatiche, bloccare questo cross-talk è una proposta efficace per colpire le cellule metastatiche silenti, difficili da eliminare. La chemioterapia adiuvante è infatti efficace nel ridurre le recidive entro i primi 5 anni ma inefficiente nel prevenire le recidive tardive tra i 5 ei 15 anni [15] ed in tutti i casi, una volta che le metastasi si sono sviluppate, la malattia rimane per lo più incurabile e il trattamento è limitato alle cure palliative.
La durata prolungata della fase di dormienza è una preziosa finestra di opportunità per l’intervento terapeutico, pertanto è di fondamentale importanza colpire le cellule metastatiche prima dello sviluppo delle recidive e inibire la colonizzazione degli organi più colpiti. Tutto questo è possibile solo decifrando i meccanismi che permettono l’adattamento delle cellule tumorali al nuovo ambiente e alla formazione della nicchia, sviluppando approcci terapeutici che sopprimono le comunicazioni con le cellule sane e il loro microambiente al fine di eliminare le DTC o mantenerle in uno stato perennemente dormiente.
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