4 minute read

AMBIENTE

I FIORI CAMBIANO COLORE PER SURRISCALDAMENTO E OZONO A causa della crisi climatica stanno alterando la loro tinta modificando il prezioso contributo degli impollinatori

di Giacomo Talignani

Fiori color cambiamento. I segnali della crisi climatica in corso sono ovunque: dai ghiacciai che si sciolgono al ghiaccio marino artico che sfiora i minimi storici, da mesi come il settembre appena passato fra i più caldi della storia passando per l'innalzamento delle acque sino a fenomeni meteo sempre più intensi. Piccoli segnali, decisamente meno leggibili, ce li stanno però fornendo anche i fiori: a causa del surriscaldamento e dell'ozono stanno alterando i loro colori in maniera tale da modificare il prezioso contributo degli impollinatori.

A raccontarlo sono gli scienziati Matthew Koski della Clemson University, Drew MacQueen dell’università della Virginia e Tia-Lynn Ashman dell'università di Pittsburgh che su Current Biology hanno pubblicato lo studio "Floral Pigmentation Has Responded Rapidly to Global Change in Ozone and Temperature" in cui affermano che negli ultimi 75 anni la colorazione dei fiori è cambiata per rispondere al rapido degrado dello strato di ozono e del surriscaldamento.

La ricerca prova a capire come è cambiato il ruolo di api e altri impollinatori in relazione proprio al colore dei fiori: questi insetti hanno infatti dei fotorecettori ultravioletti che gli permettono di rilevare le tonalità dei fiori a noi non visibili. Secondo i ricercatori la pigmentazione che assorbe i raggi Uv in alcuni casi è cresciuta in relazione ai livelli di ozono, per esempio nei fiori che avevano polline esposto ai raggi UV am-

Negli ultimi 75 anni la colorazione dei fiori è cambiata per rispondere al rapido degrado ambientale

bientali, oppure la pigmentazione è diminuita con l'aumento delle temperature nei fiori che avevano il polline protetto dai petali. Queste variazioni, ci indica il team di esperti, sono «le rapide risposte della pigmentazione floreale al cambiamento globale e che potrebbero avere un impatto sull’impollinazione in modo potenzialmente negativo».

Gli scienziati sono partiti dal fatto che i pigmenti UV servono come una sorta di protezione solare per le piante e così come i raggi UV possono essere dannosi per l'uomo, possono anche danneggiare il polline di un fiore. Più i petali contengono pigmento che assorbe i raggi, meno radiazioni nocive raggiungono le cellule sensibili della pianta. In particolare, Matthew Koski, ecologo vegetale della Clemson University ha scoperto che i fiori esposti a più radiazioni UV, come quelli cresciuti ad altitudini elevate o all'equatore, avevano più pigmenti UV nei petali e si è domandato se il surriscaldamento e l'ozono potessero avere una influenza sui i pigmenti. Così per cercare di scoprirlo ha cominciato a esaminare piante del Nord America, Europa e Australia risalenti al 1941. In totale, 1238 fiori di 42 specie diverse che sono state fotografate nel dettaglio dei petali usando una fotocamera sensibile ai raggi UV. Successivamente, i pigmenti fotografati nei vari anni sono stati confrontati con i dati a livello locale di ozono e temperatura. In questo modo è risultato che il pigmento nei fiori è aumentato nel tempo, in media del 2% dal 1941 al 2017, anche se i vari cambiamenti potevano variare a seconda dei fiori. Per esempio, i fiori con il polline nascosto nei petali, diminuivano il loro pigmento UV con l'aumentare della temperatura, indipendentemente dal livello di ozono e altri si comportavano in maniera differente.

«Abbiamo scoperto che in alcune specie è aumentata la pigmentazione nel corso del tempo, ma alcune, durante lo stesso pe-

riodo, hanno mostrato un piccolo cambiamento o addirittura hanno diminuito la loro pigmentazione, Per capire perché le specie differivano nelle loro risposte al cambiamento globale, abbiamo esaminato la quantità di ozono e il cambiamento della temperatura sperimentato da ciascuna specie nel tempo, che variava abbastanza». © dptro/www.shutterstock.com

I fiori hanno dunque cambiato il loro colore in relazione alla crisi climatica innescata dalle attività antropiche. Si tratta di variazioni di pigmento indistinguibili dall'occhio umano, ma che possono invece essere ben individuate dagli impollinatori, dalle api sino ai colibrì. Per Koski sembra che la maggior parte degli impollinatori preferisca fiori con un motivo che si potrebbe definire a "occhio di bue": punte dei petali che riflettono i raggi UV e pigmenti che assorbono i raggi vicino al centro del fiore. Non è chiaro il perché, ma gli esperti ipotizzano che questo modello potrebbe aiutare a distinguere fiori con particolari caratteristiche da altre piante. Secondo gli scienziati, l'alterazione dovuta a ozono e surriscaldamento potrebbe nel tempo mettere in difficoltà la selezione dei fiori da parte degli impollinatori.

Koski e colleghi, per cercare di risolvere alcuni quesiti, hanno annunciato che dovranno continuare a studiare il pigmento dei fiori. Restano infatti alcuni dubbi sulla relazione fra la crisi climatica e i colori dei fiori. Per esempio, ci si chiede se la pigmentazione UV floreale si adatti rapidamente ai cambiamenti ambientali o se stia rispondendo in modo transitorio alle fluttuazioni dell’esposizione ai raggi UV, oppure quali composti chimici all'interno del fiore siano responsabili dell'assorbimento dei raggi UV; e ancora come il surriscaldamento globale stia influendo sul colore dei fiori nello spettro visibile dall'uomo e infine, più in generale, in che modo i cambiamenti nella pigmentazione UV possano realmente influenzare l’impollinazione. Tutte domande che scaturiscono da quei piccoli segnali, come il cambiamento del colore, che i fiori esprimono nel corso del tempo e che non dovremmo ignorare.

This article is from: